G i a m p i e r o
R a s p e t t i
Il senso de l n u m ero
Dedico il mio libro a te. Giampiero Raspetti
Perché x dev'essere uguale a un numero?
h a f a t t o ?
Chiara Leonelli
m a l e
Disegni di
4 26 40 62 78 86 96 106 108 118 122 130 134 136
C h e
LA MIA MANIA METODO IL SENSO DEL NUMERO SENSO DEL NUMERO NEGLI ANIMALI SENSO DEL NUMERO NELL’UOMO PRIMITIVO SENSO DEL NUMERO NELL’UOMO CIVILIZZATO I NOMI PRAENOMEN, NOMEN, COGNOMEN CALENDARIO EVOLUZIONE INSEGNAMENTO LE NOSTRE RADICI ARRIVEDERCI esercizi
Giampiero Raspetti
Il senso del numero
4
MANIA
1
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Sono davvero soddisfatto di aver coltivato l’interesse, appena laureato, specializzazione Analisi Numerica, per la storia della matematica. Mi sono così inoltrato nel lato umano della disciplina riuscendo a ghermire il senso, il calore, il sapore delle sue scoperte. Più mi appassionavo al suo sviluppo storico, più ne penetravo l’essenza. La passione per la storia della matematica comporta inevitabilmente una conoscenza approfondita delle sue parole, degli etimi stessi. Ipotenusa2 è forse, in assoluto, uno dei vocaboli più noti, ma quante persone ne conoscono storia e significato? Non moltissime, credo... Ho così rivolto i miei interessi culturali allo studio della nascita e dell’evoluzione di idee, parole e storie matematiche presso antiche civiltà, oltre quelle greche ed indiane, laboratori quest’ultime delle preziose conquiste che oggi, di norma, troviamo nei programmi scolastici. Nelle pagine di destra farò spesso riferimento alle radici indoeuropee3 di alcune parole. Inizio con ma come... matematica4 e con namas come... numero5. Si parla di radici poiché il genere umano, non è apparso sulla terra, come ormai inequivocabilmente attestato, all’improvviso, magari alto, biondo e con gli occhi azzurri... tutt’altro! Anche nel linguaggio l’homo, pur se sapiens, non è nato
m
L’ e s s e n z a d e l l a m a t e m a t i c a è l a s u a l i b e r t à .
George Cantor
LA MIA
k
1 .
M
A
N I
A
Gli antichi che stabilirono i nomi e le ragioni dei vocaboli, non ritenevano malvagia la mania. La considerarono invece arte sublime, quella che permette di conoscere il futuro... ... la ritenevano bella perché derivante da influsso divino e con tale persuasione le imposero il nome... ... i moderni, inserendovi molto rozzamente una t, l’hanno chiamata mantica... ... gli antichi concordano nell’affermare che la follia proveniente da Dio vale molto più della saggezza che ha origine umana... ... chi, investito da vera follia e sospinto da divino furore, era liberato da ogni male... ... ... vi è poi follia e invasamento che proviene dalle Muse e prende possesso di anime delicate e pure; le vivifica e le entusiasma nel canto lirico e in altre poetiche composizioni; infonde ordine e bellezza in vicende d’eroi ed educa le generazioni future... ... Chi giunge alle porte della poesia privo della follia ispiratrice delle Muse, convinto di diventar poeta per virtù d’arte, resta a metà... di fronte alla poesia dei folli, la poesia dei savi scompare... ... Dobbiamo dimostrare che è per noi grande fortuna che tale mania sia nata dagli dèi. Certo questa dimostrazione sembrerà inaccettabile per il pensiero razionale, ma persuasiva per gli uomini saggi. Platone, Fedro, XXII-XXIII
5
SJ Lec
Etimologia? Tutto dipende da quel primo ululato.
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imparato, come argutamente suggerisce l’adagio popolare. Le sue prime biascicanti emissioni vocali si riferivano ad un repertorio di oggetti o di azioni simili che, nel corso dei tempi, si è ampliato, raffinato, consapevolizzato, originando parole con significati omogenei, spesso affini. Ogni suo primo vagito si chiama radice. Lentamente da ogni radice, che assumeva significati Pagina6 ampi anche se vicini, si è sviluppato un albero con rami e foglie, via via presentando significati sempre più minuti e differenze precise: le nostre parole quotidiane. Son dette indoeuropee, tali radici, in base alla ipotesi (molto sostanziata) di una lingua originaria comune, da cui moltissime altre lingue sarebbero derivate. Nutro notevoli perplessità nel credere ad un Adamo primigenio che, rivolto alla sua costolare Eva, abbia, subito dopo averla adocchiata, inanellato frasi del tipo: Gentile Signora, mi permetta di ossequiarLa e di proporLe di intrattenerci in un sollazzevole oroscopo... o forse preferirebbe indaffararsi in un toccante scambio di opinioni sulla dinamica delle falde tettoniche?
Le annuali inondazioni del Nilo cancellano le tracce di confine. Occorre, ogni anno, restituire ai contadini gli stessi campi.
2 . IP OT ENUS A
La matematica non assegna campi clientelari poiché sa fissare uno stesso angolo per tutte le misurazioni! upoteinousa (ipotenusa) da upoteino e questo da upo (sotto) e teino (tendo a forza): quando tutto è ben teso, l’angolo tra i due cateti è retto. Il lato sotto l’angolo retto è chiamato, ovviamente, IPOTENUSA! Tavola disegnata da Agnese Sembolini
7
SJ Lec
Lei mi chiede, bella signora, quanto tempo ci mettono i miei
pensieri a nascere. Seimila anni, o adorabile!
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3. LE LINGUE INDOEUROPEE Tra gli 8.000 e i 9.000 anni fa, si è diffusa, a partire dall’Anatolia, una vasta famiglia linguistica che comprende i seguenti sottogruppi o lingue: indoiranico (sanscrito, hindi, bengali, persiano), armeno, tracofrigio, greco, macedone, illirico (albanese), dialetti italici (osco-umbro, venetico, ligure) tra i quali anche il latino da cui sono derivate le lingue romanze (italiano, francese, spagnolo, portoghese, romeno), celtico (scozzese, irlandese, gallese, bretone), germanico (goto, tedesco, inglese, olandese), baltico (lettone, lituano), slavo (russo, ceco, polacco, sloveno, serbo), l’antico ittito, le lingue anatoliche e il tocarico. Studiosi di linguistica comparata quali Schlegel, Bopp, Grimm, muovendo dall’osservazione delle numerose affinità fonetiche, morfologiche, lessicali esistenti tra molte lingue europee ed asiatiche, giunsero alla formulazione dell’ipotesi di una lingua originaria comune (indoeuropeo), da cui esse sarebbero derivate. L’antica area delle origini doveva essere compresa tra il Reno, gli Urali e la Germania meridionale. 9
Il rispetto consiste nel valorizzare l’individualità di ogni persona,
Annie Gottlieb
interpretative ed elaborative, al suo originale modo di costruire il pensiero, di tracciare la sua mappa logica e culturale, in modo compatibile con i suoi tempi e con le sue esperienze. I miei convincimenti mi condussero verso una scuola che non condizionasse, ma fosse in grado di promuovere, nell’allievo, una solida e fiera autodeterminazione. Tra l’educere e l’educare, non ebbi dubbi di sorta. I due verbi, che formalmente differiscono solo per una e/a, riguardano entrambi il mondo della educazione, ma i loro significati sono chiaramente divergenti, anzi sottendono modalità e comportamenti diversi e sono apportatori di conseguenze profonde e difficilmente conciliabili.
il modo con cui ognuno manifesta la propria unicità.
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Indeciso tra un lavoro, in India, con IBM calcolatori e la cosiddetta missione di insegnante, scelsi quest’ultima, con un chiodo fisso: cercare, per quanto possibile, di proporre la matematica in modo storicoproblematico, perché risultasse di stimolo al pensiero autonomo o potesse comunque essere recepita dallo studente come una sfida alla sua intuizione ed alle personali capacità
3.1
S A N S C R I T O
Filippo Sassetti, nel XVI secolo, aveva individuato una somiglianza di alcune parole sanscrite con l’Italiano, ma l’affinità tra il sanscrito e le altre lingue europee più diffuse risultò più evidente nel 1786, quando Sir William Jones della East India Company presentò alla Royal Asiatic Society un saggio in cui dimostrava che la lingua sanscrita era riconducibile allo stesso ceppo linguistico delle lingue germaniche e delle lingue classiche più conosciute. La parola Sanscrito è un calco dal termine Samskrta (perfezionato, ornato), nome con cui si distingue dalle lingue pracrite (Prakrta, naturale), lingue correnti sviluppatesi parallelamente al sanscrito e parlate anche dal popolo non colto. Il sanscrito fu fissato nella sua forma definitiva dal famosissimo grammatico Panini, vissuto nel IV sec. aC, autore dell’Asthadhyayi, un trattato grammaticale in otto libri, scritto interamente sotto forma di aforismi. RADICE Elemento irriducibile di una parola e parte fondamentale di una famiglia di parole. 11
Elias Canetti
Per timore di complicazioni egli rimase analfabeta.
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Al loro interno si celano due concezioni opposte dell’essere scuola e dell’avere società. La prima prende in considerazione la parola educazione derivandola dalla maieutica socratica7; detto in latino, educere, ex ducere, aiutare cioè il giovane a tirar fuori, a far nascere le sue idee, a sviluppare in modo autonomo la propria mente. Come se fossimo levatrici, appunto. La seconda deriva dal senso di sottomissione, dal libro delle regole, dal latino educare, cioè nutrire, travasare, assorbire quello che viene dettato e versato dall’alto. Poiché l’insegnamento contiene anche queste due opposte maniere di modellare una società, ne deriva che, di norma, pochissimi siano i
4 .
M A T E M A T I C A
La radice indoeuropea ma - men ha il doppio senso di misurare e di pensare, cioè misurare con la mente. In sanscrito mati è pensiero, mata dottrina, medha intelligenza, madhas scienza, arte medica, madaya insegnare. Il greco mathematiké (téchne, arte) significa che concerne il sapere, la scienza, e si collega a mathema disciplina, studio, scienza, derivando da manqanw (mantano) imparo, capisco, intendo, misuro e pondero le idee. La maqhsij (matesis) è la dottrina, lo studio, la scienza per eccellenza. Mantano è affine a manteuo, investigo e a mantica cioè a mania…
4.1
da
M
a
MA
m fenicio min greco mi latino em inizialmente indica le onde e l'acqua. E’ una labiale di agevole pronuncia per i bambini e così si vuole abbia dato origine alla parola mamma.
ma Radice sanscrita che porta al senso di misurare: sanscrito matr greco mether lat mater quindi madre significa la misuratrice, la ordinatrice, rispetto alle diverse funzioni attribuite nella famiglia comare cum matre, che tiene a battesimo il figlio altrui immantinente in manu tenente, mentre si tiene in mano, cioè subito, senza indugio immenso composto da in e mensus, e questo da metiri, misurare, che è senza limiti mano la misuratrice per eccellenza
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Confucio disse: Persone di agghindato aspetto e di parole artificiose sono raramente virtuose. Lun-Yu
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liberi testimoni educativi, ruolo questo estremamente difficile e delicato mentre gli istruttori, i ripetitori cioè, quelli sempre rispettosi del potere dominante, che mal s’accorda, in genere, con i valori più nobili dell’uomo, si sprecano! Ed hanno, quest’ultimi, un consistente potere, soprattutto nel perbenismo. Costituiscono la metà buona del cosmo, ordinati, appunto... non un capello fuori posto, timorati di tutto. I loro saperi spaziano anche dall’astrologia alla mistica, ma il loro forte è indubbiamente la memoria, la Grande Sorella. Gli Evaristo Galois invece, logici, matematici, divergenti, impertinenti, donnaioli... sono scomodi, scoprono cosa c’è sotto, sono sinceri, non ipocriti e poi, guarda un po’, non credono né a favole né a streghe, sono irriverenti verso l’autoritarismo becero ed emanano, ma solo nei confronti delle persone colte, fascino e carisma autentici! Certo che è più facile studiare e far studiare a memoria, senza alcun vero sudore della mente, al riparo da logica e da spirito critico. Ripetere a memoria, d’altra parte, è importante perché ci differenzia... dalle lenticchie! Molto più rilassante è la passività, rispetto all’attività; più comodo sostituire le chiacchiere alle azioni, i racconti degli elfi alla ricerca dei fatti, per cui i legionari della sottomissione ed i cultori di privilegi, in folta schiera, si abbarbicano attorno a misteri, centri di potere, televisioni, lezioni narcotizzanti, pratiche per la circonvenzione di ingenui e di incapaci e così campicchiano
mansueto da manus e suetus, istruito a venire sotto la mano mantenere manu-tenere, tenere in mano, tenere fermo e fisso, conservare nel medesimo stato materia misura poiché la materia è quantità misurabile memoria rappresentare al proprio pensiero mese il misuratore dell’anno metro lo strumento misuratore metropoli da metro e polis, città madre mimo imitare, cioè misurare i gesti degli altri Minerva divinità che i Romani importarono dall’Etruria, in cui era conosciuta come Menrva, da manas che si ricollega al latino mens, mente. Dea della sapienza, dei saggi consigli, della intelligenza, protettrice delle scienze. Come protettrice dei medici fu chiamata Minerva Medica morale regola, misura delle azioni mostrare avvertire e quindi far pensare Mnemosine Dea della memoria, figlia di Urano e di Gea. Zeus se ne innamorò e si unì a lei trasformatosi in un giovane e bel pastore. Nella Musogonia, Vincenzo Monti descrive la nascita delle 9 figlie, dette Muse: Tr e v o l t e e s e i l ’ o n n i p o s s e n t e p a d r e Della figlia di Urano in grembo scese, Ed altrettante avventurosa madre Di magnanima prole il Dio la rese: Di nove io dico vergini leggiadre Del canto amiche e delle belle imprese.
Musa che ha il pensiero rivolto a qualcosa. Clio alla storia, Euterpe alla musica, Talia alla danza, Erato ai versi amorosi, Polinnia alla retorica, Calliope alla poesia epica, Urania all’astronomia.
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SJ Lec
Tutti vogliono il vostro bene. Non fatevelo portar via.
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sperando che sopravviva, per loro, il domani birbone. Da una parte quindi, la scuola e la società dell’educere, ove si forma il responsabile, sempre, delle proprie azioni, coerente e dignitoso, in cui vige la meritocrazia, il pensiero critico e creativo, il dubbio sistematico, la ricerca, il comportamento rivoluzionario... coloro che non delegano, ma pagano di persona... a petto nudo, la croce sulle spalle e gli sguardi rivolti al bene degli altri... (morirò per voi...ricordate?). Ho appena descritto gli uomini liberi. Dall’altra, la scuola e la società delle certezze, delle regole assolute... non hai che da impararle a memoria e ripeterle tutta la vita. Ripetere i ragionamenti dei Grandi, si diceva ai tempi della mia prima formazione scolastica, allena ai grandi ragionamenti! La verità è lì, non hai che da ingurgitarla e ripetere tutto a memoria. Ma non farti domande, non porti perché... studia e ripeti! CREDI A ME! IO VOGLIO IL TUO BENE!
5. N U M E R O Dalla radice sanscrita namas, cibo, porzione assegnata e da nam-ati, esser devoluto; in greco nemw (nemo), distribuisco, elargisco, spartisco e quindi amministro, regolo, da cui nemesij (nemesis), distribuzione, attribuzione a ciascuno del giusto e nomoj (nomos), legge, uso, regola, costume, disposizione. In latino numesus che, per rotacismo, (passaggio di una articolazione fonetica a r (ro), r, specialmente nel caso della s intervocalica), diventa numerus, ente che specifica la quantità. Non avremmo potuto ragionare intorno all’universo se non avessimo visto né gli astri, né il sole, né il cielo. L’osservazione del giorno e della notte, dei mesi e degli anni, ha generato il numero e procurato a noi la cognizione del tempo e l’indagine sulla natura dell’universo. Platone, Timeo, XVI, 47
Nel numero non penetra menzogna perché la menzogna è avversa e nemica alla natura, così come la verità è Filolao connaturata e propria alla specie dei numeri. Filolao di Crotone, pitagorico. Da costui Dione comperò, per incarico di Platone, i libri pitagorici. Diogene Laertio, VIII
Tutto è edificato sull’ordine numerico, Cosmos... Mundus, ordinato, pulito, senza macchia... omnia munda mundis. 17
GC Lichtenberg
Ci s ono mo lt i uomini c he le ggono pe r non dov e r pe n sare .
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Niente di più falso: essere guardoni, credere ciecamente o ripetere i grandi ragionamenti allena solo alla non autonomia mentale! Crea pappagalli, topastri, ocarelle, gallinastre, miciarelle.... tutti obbedienti, perbenisti, i senza vergogna, molto, molto timorati dei potenti... il futuro yes-people! Una sorta di rituale delle idolatrie, un catechismo in cui si cerca più o meno consapevolmente di allevare il più gran numero possibile di allineati, non divergenti, politicamente indifferenti, dogmatici, estremisti quindi, all’occorrenza, manipolabili e veri e propri ribelli. Questa situazione è purtroppo fotografata da tutte le indagini mondiali sull’educazione in cui gli studenti italiani, mediamente, sono in posizione non dignificata rispetto alle capacità critiche ed a quelle di decodifica di un documento: rispetto al capire, insomma!
5.1
N O M A D E
Dalla stessa radice sanscrita namas. Nemw significa anche condurre al pascolo quindi il nomade è colui che ha e dà una porzione assegnata, pascolo e pastura (e non ha dimora stabile).
5.2
N E M E S I
...storica, con i significati di attribuzione di giustizia ma anche di giusta vendetta. Nella Teogonia (v. 223) Esiodo presenta Nemesi, figlia della Notte, come una dea che distribuisce a ciascun uomo la sua sorte, felicità o sventura, secondo giustizia e merito. In un’età posteriore, con Pindaro ed Erodoto, cominciò ad apparire solo come apportatrice di sventura. Vendica e punisce i prepotenti, abbatte la loro superbia, impone rovine e affanni a chi ebbe dal destino troppa felicità. Ripristina così la giusta misura in modo che l’uomo possa riflettere su di sè e divenire consapevole della sua condizione umana. Una sorta di livella in vita. 19
Giacomo Leopardi
L’insegnare non è quasi altro che assuefare.
20
Ma quanto sarà allettante assuefare ripetitori, giovani che mangiano, Leopardi lamentava, quello che i loro insegnanti hanno digerito? Credo non si tratti di un innocente gusto: il meccanismo ha origini lontane, è collaudato, architettato da un potere iniziale ed inerziale che per imporre fievoli certezze e colossali privilegi, combatte la scienza distorcendo la realtà, in un contorsionismo di storie senza capo né coda, intorno all’uomo, sulle razze, tra le speci, sulla morale, sui comportamenti.
6.
P A G I N A
La radice sanscrita pag-pak-pek significa unire, legare. Ricca la generazione di parole: pace il cessare della guerra mediante patti; pacco; pecora (latino pecus, pecoris), animale da sempre in branco, unito agli altri; pugno; paese (pangese); palo (sostegno alle viti), patto. Pagina, latino PAGERE, convertito in PANGERE, ficcare, infiggere, fissare, congiungere ed anche comporre. In origine significava pergolato di viti poi, colonna di scrittura. Giulio Cesare, sostenitore del purismo linguistico, come appare anche dai frammenti Dell’analogia, inviava al Senato lettere, per la prima volta da lui ridotte in paginae, a forma di libretto di memorie. Quelle pagine favorirono il passaggio dal papiro arrotolato, volumen, a quello che noi oggi chiamiamo libro. Epistulae quoque eius ad senatum extant, quas primus videtur ad paginas et formam memorialis libelli conuertisse, cum antea consules et duces nonnisi transuersa charta scriptas mitterent. Sembra, da alcune sue lettere inviate al Senato, che sia stato il primo a dividerle in pagine e a dar loro la forma di memoriale, mentre consoli e generali avevano sempre scritto i loro rapporti su tutta la larghezza del foglio. C. Svetonio Tranquillo, Le vite di dodici Cesari, Vita Divi Iuli, Vol. I, 56.
La denominazione di liber in luogo di volumen e di codex comincia ai primi del II sec dC. 21
Oscar Wilde
L'egoismo non consiste nel vivere come ci pare ma nello
esigere che gli altri vivano come pare a noi.
22
Un potere che teme l’eterna ghirlanda fiorita. Così tanti maestri, così pochi testimoni! La tunica di Cristo non è più lacera e polverosa... oggi è indiamantinata! E dai diamanti non nasce niente!
7. PLATONE, Menone,
X V. . . .
2 piedi
Menone In che senso dici, o Socrate, che reminescenza è quello che chiamiamo apprendimento? Puoi farmi capire? Socrate Non è facile, ma voglio provarci. Chiamami uno dei tuoi servi. Me Volentieri. (Ad un servo) Vieni qua tu. So E' greco e sa il greco? Me Perfettamente: è nato in casa. So Ebbene stai attento se ti pare che egli ricordi o impari da me. (Al servo) Dimmi, B C giovanotto, sai che una figura come questa (ABCD) AB=BC= è un quadrato? Servo Sì. =CD=DA So Un quadrato ha dunque quattro lati eguali? Se Certamente. D So E non ha eguali anche queste linee A (EG, FH) che passano per il mezzo? F Se Sì. So E una superficie come questa (ABCD) non potrebbe anche essere maggiore o minore? G E Se Senza dubbio. So Se il lato AD fosse di due piedi e il lato AB di due, di quanti piedi H quadrati sarebbe l'intero? Diventa di due volte due piedi? Se Sì. So E quanto fanno due volte due piedi? Fai il conto e dimmelo. 4 piedi Se Quattro, Socrate. quadrati So E non ci potrebbe essere un'altra superficie, doppia di questa ma che abbia, come questa, tutti i lati 2 piedi eguali? Se Sì.
23
Nicolas de Chamfort
Godi e fa’ godere, senza far male né a te né a alcuno:
ecco, io credo, tutta la morale.
24
So E allora di quanti piedi quadrati sarà? 8 piedi ? quadrati Se Di otto. So Orsù, provati a dirmi quanto sarà lungo ogni lato di essa. Il lato di questo quadrato è di due piedi; quanto sarà ? quello di un quadrato doppio? Se E' chiaro: sarà doppio. So Affermi dunque che da una linea doppia si genera una superficie doppia. E questa linea AD A D diventerà doppia, se le si aggiungerà D N dal punto D un'altra linea DN di eguale lunghezza? Se Certo. So Da questa linea AN dunque deriverà il quadrato di otto piedi, quando si abbiano quattro linee siffatte? Se Sì. So Ebbene, servendoci di questa K I L AN, disegniamo quattro lati eguali (AN, NL, LI, IA). 4 4 E questo (ANLI) sarà così quel che tu affermi, un quadrato, B M C di otto piedi? Se Senza dubbio. 4 4 So Ma in esso non ci sono questi quattro quadrati qui N D A (ABCD, BIKC, CKLM, DCMN), di cui ciascuno è uguale a questo (ABCD) di quattro piedi? Se Sì. So E dunque non diventa quattro volte tanto? Se E come no? So E quel che è quattro volte tanto, è forse doppio? Se No, per Zeus. So Ma quant'è? Se Quadruplo. So Sicché, giovanotto, dalla linea doppia si genera una superficie non già doppia ma quadrupla. Se E' vero.
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L'americano che per primo scoprì Colombo fece una brutta scoperta. GC Lichtenberg
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M E T O D O Sono così rimasto non solo colpito, ma anche esaltato, lo confesso, dall’idea, poi consapevolizzata, che uno studio adeguato della matematica, diverso e discosto dagli usuali propinamenti scolastici, possa anche rivelarsi un’eccezionale cartina di tornasole per distinguere e/o caratterizzare due opposte visioni della società: educante o repressiva, per uomini liberi o per cultori di privilegi. La storia della matematica mi apparve così importantissima per concorrere all’affermazione della metodologia della (sana) motivazione, la sola che per me abbia significato, tanto nella prassi scolastica quanto nelle iniziative culturali, sociali e politiche. Mi riferisco ad un apprendimento-insegnamento noto come problem solving, quello che i matematici italiani chiamano euristica. Ricordate l’eureka di Archimede? Detto latinamente, ars inveniendi, arte del ricercare, trovare, scoprire, capire, arte del non ripetere. Nelle sue valenze sociali è testimonianza, vivere insieme le problematiche (magistrale esempio ne è il volontariato). Pontificare è il suo contrario. Nel versante politico significa produrre e realizzare progetti sostenibili e validi culturalmente. Fumoseria ideologica è il suo opposto.
So Perché quattro per quattro fa sedici: non è così? Se Certo. So E una superficie di otto piedi quadrati da quale linea si ottiene? Un quadrato di otto piedi non è doppio di questo (ABCD) e metà di quest'altro (AILN)? E non si otterrà esso da una linea più lunga di AD, ma più corta di AN? Se A me così pare. So E dimmi: questa linea (AD) non è, dicevamo, di due piedi, e quest'altra (AN) di quattro? Se Sì. So Però il lato di una superficie di otto piedi deve essere più lungo di due piedi, ma più corto di quattro. Se Non fa una piega. So Ebbene, cerca di dirmi quanto, secondo te, sarà lungo. Se Tre piedi. L K I So Perciò, se deve essere di tre piedi, prenderemo la metà 4 4 di DN. Perché AD misura P Q due piedi e DO uno. B C M E così due AB e uno BP e si ha il quadrato APQO che tu dici. 4 4 Se Preciso preciso. So Ma, se AO è di tre piedi e D O A N AP di tre, tutto il quadrato non sarà di tre piedi per tre? Se Mi pare. So E quanto fa tre per tre? Se Nove. So Ma il quadrato doppio di quanti piedi doveva essere? Se Di otto. So Allora neppure da un lato di tre piedi si avrà un quadrato di otto. Se Eh no! So Ma da quale, L K I allora? Se Per Zeus, Socrate, io non lo so davvero. So Queste linee (DB, BK, KM, MD), C M che vanno da un angolo all'altro, B non tagliano in due ciascuno di questi quadrati? Se Appunto. D A N
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De Crescenzo
l i b r i d i n o s o . u n S o n o
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Dopo la laurea, come d’uso, si comincia a studiare davvero ed io mi appassionai moltissimo alla genesi delle conquiste del pensiero logico ed operativo, delle vittorie dell’uomo sui problemi concreti che la realtà ha presentato, ma anche ai metodi ed alle tecniche dell’insegnamento ed agli studi di psicologia genetica, particolarmente rivolti, ovviamente, alle primissime conoscenze dei bambini. Scoprivo così non solo il lato umano, ma anche la semplicità, la bellezza, la moralità della disciplina8 costatando come tutto fosse estremamente facile e naturale. Nell’insegnamento, mi convincevo, tutto sarebbe dovuto essere impostato a facilità e naturalezza. Certo, luoghi comuni, frutto di ignoranza, affibbiano alla matematica fama di aridità. Alcuni, se sentono parlare della poesia della matematica, inorridiscono addirittura! Anche qualche mio insegnante di matematica tuonò: è così perché... è così!, ma non era però così tanto convincente! Qualche sparuto gruppetto di istruttori ancora s’affanna nel presentare la matematica solo come palestra di staticità intellettiva: questa è la regola, imparala, ti servirà... Se quei pochissimi tapini rimasti a rovinare la mente di sfortunati giovani continuano ad etichettare la matematica, nelle sue analisi iniziali, d’ingresso, come
So E ora bada: quanto è grande questo spazio (DBKM)? Se Non lo so. So In questi quattro quadrati (ABCD, BIKC, CKLM, DCMN) ogni linea non ha tagliato interamente per metà ciascuno di essi? Se Sì. So E quante metà ci sono in questa figura (DBKM)? Se Quattro. So E in quest'altra (ABCD)? Se Due So E quattro rispetto a due che è? Se Il doppio. So Questo quadrato (DBKM), dunque, di quanti piedi risulta? Se Di otto. So E da quale linea si ottiene? Se Da DB. So Da quella che va da un angolo all'altro d'un quadrato di quattro piedi? Se Sì. So E questa linea i geometri chiamano diagonale*, o diametro**, e, come tu affermi, o servo di Menone, da essa si otterrà il quadrato doppio. Se Senza dubbio, Socrate. So Che ti pare, Menone? Ha egli risposto nulla che non sia una sua opinione? Me Null'altro che questo. So Eppure egli non sapeva, come dicevamo poc'anzi. Me E' vero. So E queste opinioni erano in lui insite o no? Me Sì. So Ed ora in lui, come in un sogno, si sono d'un tratto ridestate; e le saprà, non perché gliele ho insegnate, ma per via di semplici domande, riattingendo egli stesso da sé la scienza. Me Sì. So E il riattingere da sé in se stesso la scienza non è ricordare? Me Certo. So Sicché, dunque, la scienza, che ha ora costui, o dovette acquisirla un tempo o l'ha sempre avuta? Me Sì. So E però, se l'ha avuta sempre, è stato anche sempre sciente; e se l'ha acquisita un tempo, non l'avrà certo
29
Baltasar Gracian
La fantasia giunge più lontano della vista.
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arte della dimostrazione (che si apprezza, di solito, solo dopo la laurea), ovvero... arte di saper ripetere a memoria.... se addestrano pensando solo a se stessi perché, dopo tanta onorata carriera, conoscono ormai a menadito i loro amati teoremi e non nutrono alcun desiderio di indursi in esaltanti indagini, né di improvvisare davanti agli studenti, né di dar piglio alla formulazione di nuove intelligenti ipotesi e alla ricerca di soluzioni originali; se non hanno mai provato a pensare in proprio alle ragioni della dimostrazione, costruendosela da soli, se hanno percorso il pensiero degli altri senza vivificare il proprio... (si sappia, detto per inciso, che la tradizione indiana e quella cinese fanno sì che i matematici espongano soltanto i risultati dei loro teoremi, lasciando ai loro allievi dimostrazioni e commenti, volendo così incoraggiare capacità critiche e creative). Se dunque gli istruttori delle nostre scuole si comportano come gli aristotelisti nei confronti di Archimede (lettera ad Eratostene9) o come i colleghi tedeschi di Federigo Enriques, uno dei padri della matematica dello scorso secolo, che, al suo accorato appello ma non vi accorgete, colleghi, che è così? - okkorre dimostrationen! - rispondevano - ma vi giuro, colleghi, non può che essere proprio così! - dimostrationen, dimostrationen, immer! colleghi, mi gioco la testa che è così! non sarebbe una dimostrazionen, kollega!... allora... allora povero il nostro studente... da intelligente che è, saremo riusciti a mortificarlo, a togliergli il gusto del congetturare, a convincerlo, forse, di essere mancante (deficiens)!
acquisita in questa vita. E se non l’ ha imparata in questa vita, non è evidente che la possedeva e l’aveva appresa in altro tempo? Me E' chiaro. So E questo tempo non è quello in cui non era ancora uomo? Me Sì. So Se, dunque, così durante il tempo in cui è, come durante quello in cui non era, uomo, sono insite in lui delle opinioni vere che, ridestate da domande, diventano conoscenze, non è forse vero che la sua anima le avrà apprese da sempre? Giacché è chiaro che nella perpetua durata del tempo o si è o non si è uomo.
! ! ! ! i e va
* Diagonale da dia, traverso e gonus, angolo ** Diametro da dia, traverso e metron, misura
31
Friedrich Nietzsche
Quando non si capisce, si prende un’aria solenne.
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Quello studente che, invece, una volta imbroccata, anche mediante sollecitazioni maieutiche, o semplicemente attraverso una discussione alla pari, una via risolutiva, una volta elaborata una risposta giusta e autenticamente personale ad un quesito posto, sarà così fiero di sé che di lì in poi terrà sempre acceso il sacro fuoco della matematica e, conseguentemente, non sarà più costretto o a far finta di capire, studiando tutto a memoria, o a smettere di studiare la nobile disciplina. Occorre però avere consapevolezza del come sia davvero indispensabile che tutti gli insegnanti, di tutte le discipline, sappiano proporre un omogeneo metodo di insegnamento. E’ urgente, innanzitutto, introdurre una forte meritocrazia! La pagellina di fine anno non deve essere consegnata solo allo studente; si elabori anche per l’insegnante... non da parte della presidenza dell’Istituto, per carità di Dio!
Molti sono invece i metodi oggettivi per stabilire e far vincere la vera meritocrazia nella scuola!
8 . E S S E N Z A D E L L A M AT E M AT I C A Individua la problematicità, il fondamentale dal secondario, il probabile dall’irrilevante; imposta i problemi sintetizzandone le vere coordinate, i punti di partenza e quelli di arrivo; studia le possibili strategie di soluzione, scopre le regole comuni. Sa leggere la realtà con occhi disincantati ed acuti. Spirito critico della matematica Stabilite alcune premesse, sa dedurre coerentemente e rigorosamente. Non conosce teorie belle e teorie brutte, ma teorie vere e teorie false, da sottoporre a controllo universale. Capacità logica della matematica Presenta un pensiero divergente che amplia gli schemi dell’esperienza e crea nuove ipotesi; intuisce, fa domande, inventa, scopre laddove altri trovano normalità e regolarità; è capace di giudizi indipendenti, da tutto e da tutti, tranne dalle proprie oggettive regole. Creatività della matematica Non riconosce alcun valore al principio di autorità. Accetta solo quello che è dimostrato. Moralità della matematica Si interessa alla interazione ed alla trasformazione sociale, essendo scienza delle relazioni e linguaggio della scienza. Valenza sociale della matematica Si oppone alla massificazione, a formare cioè uomini standard, esseri impersonali, oggi incapaci di pensare con la propria testa, domani ribelli od esecutori di ordini. Umanesimo della matematica
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Francois de La Rochefoucauld
E’ più necessario studiare gli uomini che i libri. 34
Qui ista il vero centro delle riforme scolastiche, Signor Sarsi, non le spicciole amenità che a volte hanno dilettato alcuni responsabili della istruzione italiana, i loro esperti e i loro dirigenti, divisi per gruppi di potere partitico o per confraternite regionali. Coloro che non di rado, unici in Europa, dando ascolto a sirene di malintesa libertà di coscienza e di distorta libertà di insegnamento, hanno sostenuto svendite, nel tempio o fuori di esso, di fogli chiamati diplomi. Altro che sana concorrenza tra istituti in nome della cultura, altro che meritocrazia! Altro che scuole private in cui, si dice, l’impegno è diverso ma rigoroso! In moltissime basta solo pagare la retta! Fino a quando questi lei non sa chi sono io.... abuseranno delle tante persone oneste? Tornando alla skolh, al tempo libero da altri impegni cioè, se nella scuola proliferano istruttori che pretendono dagli studenti massicce pagine da studiare a memoria, allora l’insegnante educatore... passa per quello sbagliato, se va bene.... in genere è meglio conosciuto come il sovversivo o il ribelle. Preside e colleghi non lo vedranno di buon occhio. Sarà però amato dagli studenti e un educatore a questo solo è interessato. Ho appena confessato che, nonostante io abbia sempre avuto un rapporto eccellente con la quasi totalità dei miei studenti (con i lampantemente sciocchi o con i razzisti depositari del
8.1
LA MATEMATICA E’ UN UMANESIMO
Come letteratura, musica e pittura sono le tre grazie dell’arte e dei sensi, così aritmetica, geometria e logica sono le regine della scienza e della ragione. La distanza che sembra separare questi due gruppi di bellezze, le prime sensuali e dionisiache le seconde fredde ed apollinee, sembrerebbe incolmabile. E proprio sul mito della loro distanza si fonda quell’incomprensione nota come separazione delle due culture, che si può e si deve cercare di sfatare... Incominciando a scavare si scopre subito che alcuni scrittori di valore sono stati in realtà matematici di professione: l’Omar Khayyàm del Rubaiyyàt, lo Stoker di Dracula, il Carroll di Alice, via via fino al Bertrand Russell della Storia della filosofia occidentale e al Solženicyn del Gulag... Ancora più profondi di quelli con la letteratura sono i rapporti della m con la musica, enunciati per la prima volta da Pitagora. L’idea pitagorica che musica, m e natura siano essenzialmente coincidenti ha ispirato scienziati quali Keplero e Newton, spingendoli a ricercare e trovare nelle leggi dell’armonia musicale il segreto dell’universo. Inversamente, la m ha fornito alla musica dapprima il linguaggio numerico per esprimere la teoria dei rapporti armonici e poi le strutture geometriche sulle quali si basano le composizioni polifoniche e dodecafoniche. Ancora oggi alcuni dei massimi esponenti della musica contemporanea, da Pierre Boulez a Philip Glass, sono laureati in m. Passando alla pittura, i legami con la m diventano addirittura autoevidenti. L’arte figurativa parla spesso attraverso il linguaggio matematico, dai triangoli e quadrati del cubismo alle rette e cerchi del disegno geometrico, e altrettanto spesso trova suoi modelli o sue modelle nella m, dai solidi di Leonardo alle figure geometriche di Kandinskij. Viceversa intere branche della m, dalla geometria proiettiva alla teoria dei gruppi di simmetria, sono state ispirate e stimolare da problemi artistici... Dunque, non solo arte e scienza non sono separate, ma proprio nella m si situa il corpo calloso che collega i due emisferi della sensorialità e della razionalità e il ponte di collegamento fra le due culture. Piergiorgio Odifreddi, Il computer di Dio, Raffaello Cortina Editore
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GC Lichtenberg
Tu t t o v a i m p a r a t o n o n p e r e s i b i r l o m a p e r a d o p e r a r l o .
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pensiero debole non c’è mai stato niente da fare...) non sono riuscito a portare a compimento il mio progetto educativo. Gli studenti erano spesso chiamati da altri insegnanti a ripetere a memoria... premiati se ben masticavavano10, appunto, quel poco che l’insegnante aveva digerito. Per molti diventava tutto più facile... Manifestare invece apertamente il proprio pensiero, esporre a pubblico giudizio intuizioni e logica personali, mostrare di sapere o non sapere intus legere... può davvero terrorizzare qualcuno! E non mi riferisco solo ai discenti! Uomini semplici e liberi scelgono di mostrarsi comunque e sempre così come sono, come natura li ha generati o come si sono autodisegnati, altri invece non riescono ad accettarsi, affollano le schiere di Sua Maestà Ipocrisia, disprezzano e condannano, pubblicamente, mentre, nel loro privato, sono irresistibilmente ed inequivocabilmente segnati dagli stessi peccati che condannano! Sed, quod licet Jovi! Double face nella vita e nell’insegnamento non ce la faranno mai a non essere che bacchettoni delle regole e asserviti al nozionismo ed alla memoria narcotizzante! Serve a poco dunque un insegnante che educa... la scuola tutta, a cominciare dagli ausiliari, deve essere scuola dell’educere...
9 . ARCHIMEDE A ERATOSTENE SALUTE Ti ho precedentemente inviato dei teoremi da me trovati, scrivendo di essi gli enunciati e invitandoti a trovare le dimostrazioni, che non avevo ancora indicate.... Vedendoti diligente ed egregio maestro di filosofia, decisi di scriverti e di esporti nello stesso libro le caratteristiche di un certo metodo, mediante il quale ti sarà data la possibilità di considerare questioni matematiche per mezzo della meccanica. Sono persuaso che questo metodo sia non meno utile anche per la dimostrazione degli stessi teoremi. E infatti alcune delle proprietà che a me dapprima si sono presentate per via meccanica sono state più tardi da me dimostrate per via geometrica, poiché la ricerca compiuta per mezzo di questo metodo non è una [vera] dimostrazione: è poi più facile, avendo già ottenuto con questo metodo qualche conoscenza delle cose ricercate, compiere la dimostrazione, piuttosto che ricercare senza alcuna nozione preventiva. .... ho voluto quindi, avendolo scritto, pubblicare quel metodo, sia perché ne avevo già prima parlato (sicché non sembri che abbia fatto un vuoto discorso) sia perché son convinto che porterà non piccola utilità nella matematica: confido infatti che alcuni dei matematici attuali o dei futuri, essendo stato loro mostrato questo metodo, ritroveranno anche altri teoremi da noi non ancora escogitati. Scriviamo dunque come primo teorema quello che pure per la prima volta ci apparve per mezzo della meccanica: che ogni segmento di sezione di cono rettangolo è uguale ai quattro terzi del triangolo avente la stessa base e uguale altezza; dopo di ciò ciascuno dei teoremi veduti con lo stesso metodo: alla fine del libro scriviamo le dimostrazioni geometriche di quei teoremi dei quali ti mandammo prima OPERE DI ARCHIMEDE, UTET gli enunciati. Questo scritto venne felicemente ritrovato dal grande filologo danese J. L. Heiberg nel 1906. Particolare è la sua importanza: è profondamente diversa da tutte le altre opere di Archimede che ci sono giunte, poiché non fornisce dimostrazioni rigorose dei teoremi, ma offre deduzioni compiute con l’impiego della meccanica, con un metodo che Archimede dichiara privo di vero valore dimostrativo. Come scrisse H. G. Zeuthen (Bibi. Math., 1906-07, 3 Fo1ge, 7 Bd, p. 342): in questo scritto Archimede.... ci fa guardar dentro la sua officina matematica.
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O. Wilde
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il giorno dopo dovrebbero essere chiusi fuori dalla scuola.
La scuola dovrebbe essere il luogo piĂš bello di ogni cittĂ e paese:
cosĂŹ bello che i bimbi disobbedienti, per punizione,
1 0 . Jonathan Swift, I VIAGGI DI GULLIVER L’autore visita la grande Accademia di Lagado. Descrizione delle arti alle quali si dedicano gli studiosi. ... Il primo ricercatore che vidi era sperduto, la faccia e le mani sporche, barba e capelli lunghi, stracciato e sbruciacchiato in varie parti; i vestiti, la camicia, la pelle erano tutte dello stesso colore. Aveva dedicato otto anni ad un progetto per estrarre i raggi solari dalle zucche. Questi li avrebbe chiusi in fiale di vetro, pronti per riscaldare l’aria in estati rigide e inclementi. Mi disse che nutriva la segreta speranza di potere, con altri otto anni di studio, dotare della luce solare, e ad un prezzo modico, i giardini del governatore. Per il momento si lamentava che i suoi fondi fossero all’asciutto e mi pregò di lasciargli qualcosa a titolo d’incoraggiamento del suo ingegno, tanto più che era stata una stagione proibitiva per le zucche... ... In un’altra stanza ebbi il piacere di conoscere un inventore il quale aveva trovato un nuovo modo di arare la terra con i porci, risparmiando fatica e la spesa dell’aratro e delle bestie. Consiglia il metodo seguente: in un acro di terra si seppellisce, alla profondità di venti centimetri e ad una distanza di quindici, una certa quantità di ghiande, castagne, datteri ed altra frutta di cui i maiali sono ghiottissimi; poi si portano seicento di questi animali sul campo dove, in pochi giorni, rigireranno tutta quanta la terra alla ricerca del cibo, rendendola non solo pronta ad essere seminata, ma perfino concimata dal loro sterco... ... Venne poi la volta della scuola di matematica, dove l’insegnante seguiva un metodo inimmaginabile a noi europei: si scrivevano, con inchiostro composto di tintura cefalica, enunciati e dimostrazioni su una sottile ostia. Lo studente doveva trangugiarla a stomaco vuoto e per tre giorni era tenuto a pane ed acqua. Quando l’ostia veniva digerita, la tintura cefalica saliva al cervello portando con sé anche gli enunciati matematici. Fino ad allora i risultati si erano dimostrati inferiori all’aspettativa; questo era dovuto a qualche inesattezza nella dose, ma anche alla disubbidienza di questi ragazzacci recalcitranti i quali si liberano della pozione disgustosa prima di averla digerita, oppure non rispettano la dieta alimentare richiesta.
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Il buon Dio deve volerci proprio bene: viene da noi sempre col cattivo tempo.
GC Lichtenberg
IL
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SENSO
DEL
NUMERO
Kronecker disse: I numeri interi li ha fatti il buon Dio, tutto il resto è opera dell'uomo. Numeri come dono divino, regale base per costruire il resto? Ma c’è mai stato un dono divino? Davvero Prometeo11 ci ha donato il fuoco e Atena12 la saggezza? O, viceversa, l’uomo si è guadagnato, in milioni di anni e attraverso inenarrabili sofferenze, tutto, ma proprio tutto, da solo? La scienza, ormai inconfutabil-
mente, è donazione esclusiva dell’uomo a se stesso, nonostante molte, aberranti, avversità. Quante le torbide azioni compiute dai nemici della scienza e della verità (seppure sempre relativa, ma in continuo, progressivo, perfezionamento), così vittime di palpitazioni ideologiche, di ossessioni, di protervia, di debolezze...
11 . P R O M E T E O Il titano Prometeo (che significa avveduto, quello che pensa prima), fu figlio di Iapeto e di Clymene, fratello di Atlante, di Menezio e di Epimeteo (che s’accorge di un fatto dopo che è avvenuto). Secondo Eschilo, Zeus voleva sterminare la stirpe umana, ritenuta rozza e brutale, per forgiarne una migliore. Prometeo, amico degli uomini, si oppose; recò loro il fuoco rubato ad Efesto e li civilizzò insegnando diverse arti: l’architettura, l’astronomia, la scrittura, l’aritmetica, la navigazione, il vaticinio, la medicina. Zeus, per punizione, mandò sulla terra Pandora col suo funesto vaso. Prometeo avvertì suo fratello Epimeteo, ma questi, capendo sempre dopo, si lasciò ammaliare da Pandora (così chiamata perché ogni dio le dette un dono). Finì allora la vita beata degli uomini: Pandora fece uscire dal vaso tutte le sciagure. Quando lo richiuse vi era rimasta solo la speranza. Prometeo, secondo Esiodo, con il dono del fuoco arreca tutti i mali di una vita lontana da quella primitiva, tranquilla e semplice; per opera della donna giunge nel mondo la morte, il grande male, perché col moltiplicarsi degli uomini la vita immortale è divenuta impossibile. Il re degli dèi, più che mai adirato, ordinò ad Ermes e ad Efesto d’inchiodare Prometeo ad una rupe del Caucaso, ove un’aquila gli doveva rodere il fegato sempre rinascente. 41
SJ Lec
t e n e b r e . l e i l l u m i n a n o n o n r o g h i I
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Sciocca operazione quella di rendere difficile la comprensione della scienza, di bistrattarla, in particolare nell’insegnamento scolastico, di trattarla sovente come insieme di regole dubbie, scritte da persone strane, forse insane, quasi una sorta di congiura dei soliti avversari politici... così piena di formule da mandar giù, così vuota di risorse per la sua ricerca, di finanziamenti per preparare gli insegnanti, per attrezzare i laboratori. A volte la si trasmette, calpestandola, come catechismo. Spesso capita di dover assistere all’autoesaltazione di bravi intellettuali disinvoltamente dichiaranti che, per loro fortuna, non hanno mai capito niente di matematica... due parole in meno ristabiliscono la pura verità! Ma fanno comodo uomini dalla logica zoppichina, strumentale, finalizzata.... La televisione (nel contenzioso tv pubblica - tv privata vince la tv spenta) ne è esempio eclatante: appena sufficiente in alcuni programmi di smascheramento untorelli (solo quelli di piccolo cabotaggio), è però del tutto negativa in quanto stabilmente al servizio di partiti e di potenti e per la nauseabonda presenza di donnine di ogni età e di ometti che predicono il futuro, rendendo
Luciano (Dialoghi degli dèi - Prometeo e Zeus) narra che Zeus stesso tolse il supplizio a Prometeo: PROMETEO Liberami, Zeus, ho già sofferto terribilmente. ZEUS Liberarti? Dovresti avere catene ancor più pesanti e il Caucaso intero sulla testa e sedici avvoltoi non solo a roderti il fegato ma anche a cavarti gli occhi, per aver aiutato quegli animali degli uomini e per aver rubato il fuoco. E dell’inganno fattomi nella distribuzione delle carni, servendomi ossa nascoste nel grasso e serbando il migliore boccone per te, che dovrei dire? P E non basta ancora la pena che ho sofferto, inchiodato sul Caucaso, a nutrire del mio fegato la crudele aquila divoratrice? Z Questo è niente rispetto a quello che devi soffrire. P Se mi libererai sarai ricompensato, o Zeus, perché ti farò una rivelazione della massima importanza. Z M’inganni ancora, o Prometeo? P E a che scopo? Tu sai dov’è il Caucaso e non ti fanno difetto le catene se trovi che t’ho ordito qualche inganno. Z Prima rivela. P Se ti dico dove stai per andare, mi crederai anche quando ti predirò il resto? Z E perché no? P Tu vai da Teti, per fare l’amore con lei. Z Sì, questo è vero. Ma poi? Perché ho l’ìmpressione che mi stai dicendo delle verità. P Non unirti con la Nereide, o Giove, perché, se ella concepirà da te, il figliuolo che nascerà ti farà quello che tu facesti a Crono. Z Vuoi dire, che mi toglierà la signoria? P Non sia mai, o Zeus, ma se ti unisci con lei, questo pericolo ti minaccia. Z E allora, tanti saluti a Teti! Per questo che mi hai detto, Vulcano ti sciolga.
Per Luciano Prometeo meritò il castigo di Zeus: E poi mi stanno a dire che Prometeo Non meritava d’esser inchiodato A quelle rupi? Egli ci diede il fuoco, Ma niente altro di buono. Fece un male, Per qual, cred’io, tutti gli Dei l’abborrono: Le femmine formò! Numi beati, Che brutta razza! Ora ammògliati; ammòglia. Tutti i vizi con lei t’entrano in casa.
Ad Atene Prometeo divideva il culto con Atena, perché molti erano ritenuti gli elementi di somiglianza. Esiodo: Teogonia; Eschilo: Prometeo incatenato; Apollonio Rodio: Argonautiche, II; Platone: Protagora; Aristofane: Gli uccelli; Catullo: Carmi; Orazio: Odi; Epodi; Seneca: Medea; Monti: Il Prometeo; Carducci: Prometeo; I due Titani; Goethe: Prometheus.
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La scienza non è una collezione di fatti più di quanto un ammasso di pietre sia una casa. Poincaré
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felici alcune servette, profetizzando che sposeranno il loro principe azzurro13 o che, se è bel tempo, ma proprio bello, potrebbero uscire anche senza ombrello. Io, né principe né azzurro, mi riprometto, partendo dalla base e cioé dal senso del numero, di dimostrare progressivamente quanto la matematica, linguaggio della scienza e quindi condizione fondamentale perché ci sia scienza, possa risultare semplice e naturale e quanto bisogno si abbia, nel mondo, in Italia in particolare, di conoscere matematica e scienza. Allora, cos’è il numero? Ma soprattutto cosa c’è alla base del calcolo, dell’aritmetica14, dell’algebra... della matematica, di tutta la scienza che ha costruito, bene o male, il mondo15? C’è un dato di nascita in noi, una percezione naturale, un istinto, che precede il concetto di numero, che permette cioè di accorgersi della presenza fisica di alcuni corpi ottenendone una reazione cosciente? Cosa c’è alla base di alcune innate consapevolezze della numerosità, delle forme, dei colori....?
12.
A T E N A
Figlia, senza madre, di Zeus nacque, come narra Esiodo (Theog. 886 seg.), dal capo di Zeus, dopo che questi ebbe inghiottito Metis (la prudenza), sua prima moglie. Così narra Luciano (Dialoghi degli dèi - Efesto e Zeus): EFESTO Che debbo fare, o Zeus? Eccomi al tuo comando, con la scure affilata che con un colpo taglierebbe di netto anche un sasso. ZEUS Bene, o Efesto: spaccami il capo in due. E Mi metti alla prova per vedere se sono pazzo? Dimmi cosa vuoi veramente ch’io faccia. Z Proprio questo, che tu mi apra il cranio: e se non ubbidisci proverai un’altra volta la mia collera. Devi colpire con tutta la forza e senza indugio, perché ho le trafitture del parto che mi straziano il cervello. E Bada, o Zeus, che non combiniamo qualche guaio; la scure è affilata, e farà sangue: non ho le mani di Ilizia io. Z Colpisci senza paura, o Efesto: so io ciò che è bene. E Colpirò: non posso far altro, visto che lo comandi ... Ma che è? una fanciulla in armi? Gran male, o Zeus, avevi nel capo: a ragione eri cosi irritabile: covavi sotto la meninge una sì tanta vergine, e armata di tutto punto. Avevi un accampamento nella testa, e non lo sapevi. E lei salta, balla la danza pirrica, agita lo scudo, vibra la lancia ed è compresa da divino furore e, in più, in breve tempo è diventata molto bella. Ha gli occhi azzurri, che le stan bene sotto quell’elmo. O Zeus, io t’ho aiutato a partorirla, in compenso dammela in sposa. Z Chiedi cosa impossibile, o Efesto: ella vuol rimanere sempre vergine. Io per me non ti dico di no. E Questo volevo: al resto penserò io: la rapirò. Z Se ti riesce: ma so che desideri l’impossibile.
Atena veniva quindi considerata come la personificazione della prudenza di Zeus. Avendo un carattere di una serietà quasi virile, si considerava come propria a lei una austera virginità (Parqenoj). Protettrice delle città, si diceva che favorisse tutto ciò che è bene per i cittadini, l’agricoltura, le arti e il commercio, e che, con l’acuto suo ingegno, avesse scoperto varie utili cose, come l’aratro, le briglie del 45
GC Lichtenberg
Il senso della presenza e della quantità non richiede certamente una conoscenza del numero, anzi, lo precede, ne è base, e nemmeno richiede il saper confrontare due insiemi (cognizione questa di numerosità relativa). Sostituiamo alla parola quantità la parola numerosità ed entriamo nel cuore della questione.
Chi ha meno di quanto desidera deve sapere che ha più di quanto vale.
Le innate capacità numeriche codificate nel nostro genoma sono quelle che consentirebbero, in presenza di alcuni oggetti, di notare anche una loro diminuzione, se ne è stato sottratto, senza avvedersene, qualcuno; o permetterebbe di accorgersi senza difficoltà di una variazione incrementativa se ne è stato aggiunto, sempre ad insaputa, qualcun altro.
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cavallo, il carro, la navigazione, l’uso del fuoco; avrebbe inoltre esercitato e insegnato ogni arte femminile. Dea anche di ogni sapere e scienza. Per l’acutezza e la penetrazione del suo sguardo era chiamata Glaukwpij, dall’occhio splendente. Era considerata la dea della guerra condotta con avvedutezza ed ordine, al contrario di Ares considerato dio del combattimento feroce e sanguinario. Alla greca Pallas Athena corrisponde la romana Minerva, nome tratto dalla parola minervare, affine a mens e a memini. Una pioggia violentissima seguita da una schiarita smagliante seguì la nascita di Atena. I mitografi videro in Atena la personificazione del lampo che disperde le nuvole e riconduce il sereno luminoso. Contese con Era e Afrodite l’onore di essere giudicata la più bella fra le dee (dietro giudizio di Paride) e non essendo riuscita vincitrice, durante la guerra di Troia parteggiò per i Greci. Quando si dovette decidere qual nome dare alla capitale dell’Attica, gareggiarono Atena e Posidone; fu deciso alla fine di concederlo a quello dei due che avesse fatto alla città il dono più utile. Posidone, battendo col tridente la terra, ne fece balzar fuori un cavallo, Atena fece nascere l’ulivo e poiché il suo dono venne considerato il più utile, la città fu chiamata Atene. Nel Partenone, tempio a lei dedicato sull’Acropoli di Atene, aveva una statua di avorio e d’oro, famosissima opera di Fidia. Esiodo: Teogonia; Pindaro: Olimpica; Callimaco: Ai lavacri di Pallade; Omero: Iliade e Odissea.
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JW Goethe
Per capire che il cielo è azzurro dappertutto non è necessario fare il giro del mondo.
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Tutto ciò, ribadisco, non ha alcun bisogno della conoscenza del numero, ma ne è presupposto. Quello che si è sviluppato, ab origine, è il senso della numerosità e il saper comparare, a livello di sensazione, insiemi diversi per numerosità. Capire che l’insieme delle stelle in cielo è più numeroso di quello degli amici seduti attorno al fuoco, è una prima germinante conquista del pensiero e non fa alcun ricorso al numero.
1 3 . SENECA IL VECCHIO, Suasorie 4, 1 3 Chi formula profezie per volere di un dio deve avere certamente un destino fuori dal comune, non può essere stato rinchiuso nello stesso utero da cui noi, uomini ignoranti, nasciamo; chi riferisce gli ordini di un dio dovrà avere nel suo aspetto qualcosa di divino. L'uomo cui è lecito atterrire Alessandro deve essere un grande e avere una natura superiore a quella che la sorte riserva agli uomini. Deve avere i suoi antenati fra le stelle, deve trarre la sua origine dal cielo, un dio lo deve riconoscere come suo profeta. Colui che rivela il futuro alle genti non può essere soggetto al comune limite della vita, deve essere esente da tutte le restrizioni imposte agli uomini dal fato... Coloro che si sono dedicati, come vanno dicendo, alla conoscenza del fato, studiano accuratamente il giorno in cui si è nati e considerano la prima ora di vita rivelatrice di ciò che accadrà in tutti gli anni futuri; valutano i movimenti dei pianeti, la direzione del loro corso e se il sole trovandosi in opposizione sia stato ostile o se invece abbia brillato pacificamente. Se la luna sia stata piena o nascente, o se abbia nascosto il capo oscuro nella notte. Se Saturno abbia trasmesso al neonato l'inclinazione per l'agricoltura, o Marte al soldato la disposizione per la guerra, o Mercurio all'uomo d'affari l'intuito per il profitto, o se la dolce Venere abbia dato il proprio favore al bimbo, o se Giove lo abbia sollevato da una condizione bassa a una elevata. Tanti dèi in agitazione intorno a un solo essere! Annunciano il futuro: a molti dissero che sarebbero vissuti a lungo ma il loro ultimo giorno li sorprese senza che avessero alcun timore; ad altri annunciarono una morte imminente ma quelli sono sopravvissuti, vivendo un'inutile vita; promisero un'esistenza felice a molti neonati ma la sfortuna li colpì con ogni male. E’ incerta la sorte della nostra vita: chi ha ideato queste finzioni non credeva in esse e voleva solo mettere alla prova l'intelligenza di ciascuno.
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Gli animali sono amici così simpatici; non fanno domande, non muovono critiche. George Eliot
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Il senso del numero è una categoria di base, una grandezza, potremmo dire, fondamentale, un istinto naturale. Molti animali, lo sappiamo, nascono con lo stesso senso del numero che accompagna dalla nascita noi umani. Ma gli animali, risulta, non conoscono numeri né sanno contare (al pari di tanti di noi, del resto). Tutti gli eclatanti casi di animali che, si dice o è stato detto, conoscano o abbiano conosciuto i numeri, in realtà costituiscono solo numeri da circo... come il cavallo di Wilhelm von Osten, Hans, cavallo tedesco. Wilhelm, non era addestratore di un circo, ma un seguace delle teorie di Darwin e voleva dimostrare quanto grande fosse l’intelligenza degli animali. Insegnò al suo cavallo aritmetica e musica. I risultati apparvero inizialmente eccezionali: Hans, cavallo tedesco, era in grado di risolvere problemi di matematica e anche di compitare delle parole! Gli spettacoli nei quali veniva presentato der kluge (astuto) Hans si svolgevano davanti ad un pubblico disposto in semicerchio attorno all’animale. Domande: Quanto fa a+b? Von Osten disponeva davanti all’animale a oggetti da una parte e b oggetti al loro fianco e il teutonico cavallo batteva con lo zoccolo una serie di colpi pari alla somma richiesta. Era anche in grado di addizionare due frazioni e la risposta veniva fornita battendo prima tante zoccolate corrispondenti al valore del numeratore, poi, dopo un intervallo, tante corrispondenti a quello del denominatore. Si narra conoscesse anche i divisori di un numero. Nel settembre del 1904, una commissione di esperti concluse, dopo un esame approfondito, che non vi era alcun trucco. Hans si accingeva alla composizione di ballate e di rondò quando intervenne il miscredente O. Pfungst.
14. A R I T M E T I C A Arte dell'unire e del porre in ordine. Dalla radice indoeuropea ar che ha il senso di unire, disporre, mettere in ordine. in greco
ariqmoj (aritmos) ordine collegamento disposizione numero
e questi da
arariskw (ararisco) mettere insieme connettere
armonia
arte arto articolo Articolo
Proporzione, connessione, adattamento. Sintesi di parti diverse formanti un tutto proporzionato e concordante: accordo di voci, consonanza; disposizione gradevole di parole nel verso o nel periodo; buon accordo fra persone connessione, collegamento membro articolato del corpo parte di organo separata dalle parti contigue mediante un’articolazione elemento grammaticale di connessione
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Mark Twain
Sarebbe peggio se tutti pensassimo allo stesso modo; sono le
differenze di opinione che ci fanno progredire.
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L’ipotesi di lavoro del miscredente era che il cavallo, di per sé, non avesse alcuna capacità matematica e che dunque il suo padrone, o magari qualcuno del pubblico, conoscendo la risposta trasmettesse all’animale un segnale, indicandogli quando veniva raggiunto il numero esatto e quando quindi doveva smettere di battere con lo zoccolo. Per dimostrarlo, Pfungst fece in modo di dissociare le conoscenze del cavallo da quelle del suo padrone. Cominciò con lo scrivere una semplice addizione a caratteri cubitali su un pannello, in presenza di von Osten, poi sistemò l’animale in modo che solo lui potesse vedere il pannello e rispondere alla domanda. Pfungst modificava surrettiziamente il problema prima di mostrarlo al cavallo. Il padrone credeva che il problema fosse quanto vale a+b mentre ad Hans, cavallo di Germania, si chiedeva di rispondere alla domanda quanto vale c+d. I risultati di questo esperimento non lasciarono dubbi: quando il padrone conosceva la risposta il cavallo non sbagliava mai. Quando invece il padrone non sapeva quale fosse la risposta esatta, il cavallo faceva un errore che, molto spesso, coincideva con la risposta che il suo maestro riteneva fosse giusta. Era dunque von Osten, e non Hans, che risolveva i problemi di aritmetica. Il cavallo si limitava a cogliere i pur minimi cenni della testa o delle sopracciglia del padrone che annunciavano invariabilmente quando doveva smettere di battere con lo zoccolo. Pfungst non aveva mai messo in dubbio la buona fede dell’addestratore, i cui segnali riteneva del tutto inconsci e involontari. Persino in assenza di von Osten, il cavallo continuava a rispondere correttamente, forse percependo la tensione del pubblico che cresceva all’approssimarsi del numero esatto dei colpi di zoccolo.
15.
M O N D O
AËTIUS, II 1, 1: Pitagora fu il primo a chiamare COSMO la sfera delle cose tutte, per l'ordine che esiste in essa. Si suppone che i termini stessi di filosofia (amore della saggezza) e di matematica (ciò che si impara) siano stati coniati dallo stesso Pitagora per descrivere la propria attività intellettuale. Marziale, nel terzo Libro dei suoi Epigrammi, prende di mira Gellia e il suo profumo: Per dove passi tu, Gellia, ci pare che il profumiere Cosmus traslochi e che si sparga cannella versata da flaconi di vetro. Non compiacerti, o Gellia, di esotici aromi. Penso che il mio cane, profumato, potrebbe avere un simile olezzo. Il nome del profumiere, Cosmus, deriva dal greco kosmew (kosmeo), mettere in ordine, adornare. Il termine è oggi molto in uso come cosmetica. Kosmoj (Kosmos) e Mundus, parole oggi usatissime, esprimono il concetto di ordine e, in primo luogo, l’ordine cosmico ovvero l’universo, il mondo. Mundus indicò anche ciò che è pulito (il manzoniano omnia munda mundis). Poiché munditia significava sia eleganza sia pulizia, immunditia indicò ovviamente il contrario di munditia e, quindi, la sporcizia, ma nello stesso tempo munditia significò anche ciò che si getta via per fare pulizia, cioè la cosiddetta, in romanesco, monnezza. Mondare significa tanto pulire quanto privare qualcosa della buccia, per cui mondina indica l’operaia addetta alla monda nelle risaie, ovvero all’estirpazione delle erbacce. Mondano, relativo al mondo cioè, assume il significato di uomo che fa vita di società, dedito ai piaceri terreni. Tale parola è recepita con valenza positiva. Mondana, riferita ovviamente alla donna, è recepita con valenza negativa...
53
GR
L a v i ta , n o n l a m a t e m a t i c a , m i h a i n s e g n a t o c h e l a s o m m a d i ta n t i u n o p u ò
e s s e re ze ro e la somma di tan ti ze ri può c ostituire una c if ra mostruosa.
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Tornando dunque non al numero ma al senso della quantità, definiamo sensazione numerica la facoltà di cogliere le differenze relative di due gruppi di oggetti, differenze ovviamente sempre più nitide e cristallizzate, tanto più i gruppi siano abbastanza ristretti. E’ bene sottolineare l’aggettivo ristretto, quantitativamente esiguo, cioè. Ma quanto esiguo? Beh, sicuramente possiamo prendere in considerazione l’unità, il singolo elemento, altrimenti parleremmo di una umanità senza sensi o che, al più, potrebbe vivere nella Flatlandia (terra piatta, in due dimensioni) descritta dal reverendo Abbot. Lo zero16 invece, quindi l’assenza o la non presenza, la mancanza cioè, è un concetto posteriore alla presa di coscienza dell’esistenza di un oggetto.
16.
L O
Z E R O
Dizionario di latino: la parola zero è tradotta con nullus numerus, non esiste quindi il nome identificativo. La numerazione additiva dei romani, in cui il valore assoluto di una cifra si aggiunge ai valori delle altre, non poteva servirsi dello zero e, a dire il vero, la stessa mente concreta degli antichi greci non poteva concepire il vuoto come un numero e tanto meno attribuire al vuoto un simbolo. Lo zero viene così introdotto in Italia dal grande Leonardo Pisano, detto il Fibonacci, filius Bonacci, nel 1202, nel suo famosissimo Liber Abaci (Libro dell’abaco). Il Fibonacci apprese le meravigliose conquiste del pensiero matematico in Arabia, dai matematici locali che, a loro volta, l’avevano apprese dai matematici-astronomi indiani. La loro era una numerazione posizionale e la parola sifr (in sanscrito sunya) significava colonna vuota, che rappresentava cioè il nulla o l’assenza di unità. Fu così, grazie all’introduzione del sifr, che si è potuta abbandonare, in Italia, la numerazione additiva (con la quale staremmo ancora nel medioevo perché rende impossibile qualunque calcolo appena un poco articolato). Già... ma come chiamarlo in Italia? Leonardo dice che alla pronuncia di quel nome sembrava uscisse dalle labbra degli arabi un venticello simile al nostro zephyrus e così egli lo chiamò. La parola divenne, nel tempo, zefiro, zefro e, documentato dal 1491, zero. Un adattamento della parola araba più vicino all'originale è quello della parola cifra (spagnolo, cifra; francese, chiffre; tedesco, Ziffer) col valore di segno o valore numerico. In inglese cipher vale tanto cifra, quanto zero.
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Leonardo da Vinci
Nessuna umana investigazione si può dimandare vera scienza,
se non passa le matematiche dimostrazioni.
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Naturale è la vista, l’accorgersi di una presenza concreta. Si ha mancanza, in natura, solo di qualcosa di già visto e che in quel momento non c’è. I nostri antenati non hanno mai notato l’assenza di un frigorifero o di un televisore, all’interno della loro grotta, ma solo, eventualmente, la mancanza dei loro utensili, di sassi, di uomini, di pecore... che avevano già visto e per i quali, solo per i quali, si accingevano al riconoscimento di alcune caratteristiche, oltre a quelle dei colori, delle forme, ecc. Questi accorgersi, riconoscere, ricordare, cosa sono se non una capacità della nostra mente, la funzione di alcuni circuiti neurali che alloggiano nella nostra corteccia cerebrale? 2...3...? Per certo uno o più circuiti svolgono la funzione di miniregistro, in grado di fissare in memoria una certa quantità di grandezze numeriche. Si tratta di un vero e proprio minilaboratorio che permette la percezione del numero allo stesso modo di quello della sensazione del colore, della forma o della posizione degli oggetti e offre, sia all’animale sia all’uomo, un istinto del numero, un’intuizione diretta delle quantità numeriche. Le domande che ci poniamo e alle quali cerchiamo di dare risposte sono: quanti oggetti memorizza naturalmente questo miniregistro e che differenza c’è tra il nostro, quello dei nostri antenati, degli attuali selvaggi, degli animali? Dovremo fare particolare attenzione perché l’uomo, nel corso della sua evoluzione, ha saputo e potuto sviluppare un meccanismo supplementare: il linguaggio17 e, più in generale, la capacità di immaginare un vasto sistema di simboli scritti e orali.
1 7 . ALFABETO GRECO
57
Scuola pitagorica
d e l l ’ uni ver s o . le g g e l a è nu m e r o Il
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Tutto ciò può disturbare e confondere l’analisi del problema: quale sia cioè il senso innato del numero. Il nostro miniregistro mentale sa memorizzare (registrare nella sua memoria, inserire tra i suoi dati, nei suoi cassetti naturali), per certo un oggetto, una realtà concreta. Abbiamo la certezza che sappia memorizzare anche la doppia unità, quindi l’alterità..., ma poi? Ed ancora: tale facoltà, nel corso dei secoli, dal sapiens sapiens ad oggi, ad esempio, è cambiata, magari notevolmente? E le differenze tra le capacità innate dell’uomo e quelle di alcuni animali sono tanto evidenti o addirittura non paragonabili o sono molto vicine, addirittura simili? Oppure esiste un nocciolo duro, un denominatore se non comune, molto simile, per tali attitudini di percezione selettiva, tra i nostri progenitori, alcuni popoli non molto civilizzati, i cuccioli dell’uomo e alcuni animali? Cercheremo di dimostrare come tutti, in pratica, nasciamo con in testa un miniregistro che valuta, memorizza, in media, da due a tre unità!18 Tale facoltà appartiene ai nostri sensi, tatto compreso, a patto che non si utilizzino le dita per una specie di corrispondenza biunivoca dita-oggetti perché, in questo caso, si entra in una fase ulteriore, molto affascinante, ma successiva, e che non appartiene però solo agli elementari sensi dell’uomo ma anche ad altre proprietà e ad altre capacità. Mi riferisco ad una raffinatissima struttura mentale che individua e interiorizza la corrispondenza bunivoca, base esclusivamente (a quanto ne sappiamo oggi) umana, del contare. Il contare sembra essere infatti un attributo esclusivamente umano, mentre alcune specie di animali sembrano possedere un rudimentale senso del numero, affine al nostro. Aristotele19, anche se ne Le parti degli animali ci dice tutto della loro costituzione e della funzionalità di ogni loro organo,
18.
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Bertrand Russel
La vita organica, ci dicono, si è evoluta gradualmente dal protozoo al filosofo, e questa evoluzione,
ed altrettanto tutto ci dice di come si riproducano ne La riproduzione degli animali... non ci ha invero illuminato al proposito di un eventuale senso del numero nel mondo vegetale. Noi ignoriamo se il mondo vegetale ne abbia coscienza, se sia cioè in possesso di consapevolezze magari della presenza esterna o del senso della numerosità, se ci osserva o è solo osservato. Bisognerebbe saperci comunicare.
Disgraziatamente, chi ce lo assicura è il filosofo, non il protozoo.
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ci assicurano, rappresenta senza dubbio un progresso.
1 9 . Naturale aspirazione degli uomini alla conoscenza Tutti gli uomini sono protesi per natura alla conoscenza: ne è un segno evidente la gioia che essi provano per le sensazioni, giacché queste, anche se si metta da parte l'utilità che ne deriva, sono amate di per sé, e più di tutte è amata quella che si esercita mediante gli occhi. Infatti noi preferiamo la vista a tutte le altre sensazioni, non solo quando miriamo ad uno scopo pratico, ma anche quando non intendiamo compiere alcuna azione. E il motivo sta nel fatto che questa sensazione, più di ogni altra, ci fa acquistare conoscenza e ci presenta con immediatezza una molteplicità di differenze. E' un fatto naturale, d'altronde, che tutti gli animali siano dotati di sensibilità, ma da tale sensibilità in alcuni di essi non nasce la memoria, in altri sì. E appunto perciò questi ultimi sono più intelligenti ed hanno maggiore capacità di imparare rispetto a quelli che sono privi di facoltà mnemoniche. Nella vita degli altri animali, però, sono presenti soltanto immagini e ricordi, mentre l'esperienza vi ha solo una limitatissima parte; nella vita del genere umano, invece, sono presenti attività artistiche e razionali. E negli uomini l'esperienza trae origine dalla memoria, giacché la molteplicità dei ricordi di un medesimo oggetto offre la possibilità di compiere un'unica esperienza. Anzi, pare quasi che l'esperienza sia qualcosa di simile alla scienza e all'arte, ma in realtà l'esperienza è per gli uomini solo il punto di partenza da cui derivano scienza ed arte. L'arte nasce quando da una molteplicità di nozioni empiriche venga prodotto un unico giudizio universale che abbracci tutte le cose simili fra loro. Aristotele, Metafisica - I (A), 1
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S E N S O 20 D E L N U M E R O N E G L I A N I M A L I 21 La capacità di distinguere le quantità, rudimento di un istinto matematico, non è proprietà esclusiva del genere umano22. Tale capacità, non risulta, infatti, vitale solo per l’uomo. Per un animale che mangia frutta è, ad esempio, importante, prima di arrampicarsi, individuare l'albero che ne è più provvisto.
Per un gruppo di animali, ai fini stessi della sopravvivenza, conta molto sapere se un altro, minaccioso, gruppo sia più o meno numeroso del loro. Nel secondo caso si potrebbe scegliere di mantenere la posizione, altrimenti potrebbe essere più saggio darsela a gambe.
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20.
S E N S O
Dal latino sentire (participio presente sensus), percepire con il corpo o con l’intelletto. Facoltà di ricevere impressioni prodotte da stimoli esterni o percezione di oggetti esterni. 20.1. SENSO COMUNE Facoltà intellettuale che fa distinguere l’utile e il dannoso per la comunità degli uomini. 20.2. BUON SENSO COMUNE Senso comune raffinato dallo studio e dalla meditazione. 20.3. BUON SENSO - AFORISMI Il buon senso è la cosa del mondo meglio ripartita. Infatti, ognuno pensa di esserne così ben provvisto che, se anche egli è della più difficile accontentatura in ogni altro campo, non desidera averne più di quel che ne ha. Cartesio I vecchi amano dare buoni consigli per consolarsi di non poter più dare cattivi esempi. Francois De La Rochefoucauld Pur essendo il mondo pieno di sciocchi, non c’è nessuno che si creda tale o appena appena abbia il sospetto di esserlo. Gracia’n Baltasar
Niente produce un effetto simile a quello di un buon luogo comune: ci rende tutti uguali. Oscar Wilde I microscopi e i telescopi, in realtà, confondono il limpido buonsenso. Johann Wolfang Goethe La prima prova di buon senso è nel non pretendere di risolver tutto col buon senso. Ugo Bernasconi
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Questa ipotesi fu verificata qualche anno fa da Karen McComb, della School of Biological Sciences, University of Sussex, e dai suoi colleghi, inglesi e keniani. I ricercatori fecero ascoltare la registrazione del ruggito di diversi leoni ad alcuni piccoli gruppi di leonesse del Parco Nazionale del Serengeti, in Tanzania. Quando il numero dei ruggiti diversi era superiore a quello delle leonesse del gruppo, esse si ritiravano; ma quando erano in maggioranza, le leonesse mantenevano la posizione e si preparavano ad attaccare gli avversari. Sembrava pertanto che fossero in grado di confrontare la percezione del numero facente capo a due sensi diversi: il numero dei ruggiti che udivano e il numero di leonesse che osservavano, un compito che pare richiedere un senso del numero abbastanza astratto. Ne Il numero linguaggio della scienza23 Tobias Dantzig descrive interessanti esperienze riguardanti un uccello e le uova del suo nido, la vespa solitaria, il genus eumenus e la storia di una cornacchia.
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21. A N I M A L I ... kaqaroi\ o)/ntej kai\ a)sh/mantoi tou/tou o(\ nu=n dh\ sw=ma perife/rontej o)noma/zomen, o)stre/ou tro/pon dedesmeume/noi. ... noi stessi puri e privi di questa tomba che ora ci portiamo in giro col nome di corpo, imprigionati in esso come un’ostrica. Platone, Fedro, XXX - 250c Tumulo, cumulo di pietre da cui si riconosce una tomba, in greco si dice shma (sema) mentre corpo, carcassa si dice swma (soma). Platone presenta anche qui una delle sue famose paraetimologie, estremamente suggestive. La parola latina animal, indicava un essere provvisto di anima. Animale indica chi è capace di vita, di funzioni quali la respirazione, il movimento autonomo, la nutrizione e la possibilità di procreare. Appartengono quindi al genere animale, tutti gli esseri viventi dotati delle primarie funzioni vitali e i cui organismi sono composti da cellule, compreso l'uomo. Nella filosofia classica e medievale, i meccanismi vitali erano considerati comuni negli animali e negli uomini, ma si riteneva che soltanto l'uomo avesse un'anima: un dono questo che Dio aveva concesso soltanto all'umanità. Tale dono si esprimeva nell'intelligenza superiore dell'uomo e soprattutto nella sua possibilità di giungere a conoscere la via della salvezza eterna. Dopo la morte, liberato dalla sua parte animale e divenuto pura anima, l'uomo poteva incontrare Dio. E' a questo concetto di anima che si connette l'uso attuale della parola: con anima ci si riferisce, infatti, alla parte immortale e divina dell'uomo, a tutto ciò che attiene la sfera spirituale. Intorno a psicologia, dignità, sentimenti e forme di pensiero degli altri animali la scienza si interroga e dibatte. Esistono anche, per fortuna, movimenti animalisti che si occupano dei diritti degli animali “senza anima”.
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Se un nido contiene quattro uova se ne può sottrarre tranquillamente uno, ma, qualora se ne sottragga un altro,
l’uccello abbandona il nido. Sa distinguere quattro da tre? Od anche quattro da due? Non credo sia proprio così...
Uno su quattro può ancora sfuggire ai sensi, ma due su quattro, il 50%, quella parte che noi indichiamo come la metà, no! Sia come sia, questo comportamento è sempre riscontrabile e riguarda, comunque, quello che noi chiamiamo insieme di elementi o numerosità e quindi... senso del numero.
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22. F O R S E T U T T O Q U E S T O Forse tutto questo avviene in un laboratorio? Sotto una sola lampada di giorno e miliardi di lampade la notte? Forse siamo generazioni sperimentali? Travasati da un recipiente all’altro, scossi in alambicchi, osservati non soltanto da occhi, e infine presi a uno a uno con le pinzette? O forse è altrimenti: nessun intervento? I cambiamenti avvengono da sé in conformità al piano? L’ago del diagramma traccia a poco a poco gli zigzag previsti? Forse finora non siamo di grande interesse? I monitor di controllo sono accesi di rado? Solo in caso di guerre, meglio se grandi, di voli al di sopra della nostra zolla di Terra, o di migrazioni rilevanti tra i punti A e B? 67
Un esempio davvero curioso è fornito da un insetto, la cosiddetta vespa solitaria. La madre vespa depone le uova in celle separate e provvede ciascuna di esse di un certo numero di larve vive di cui i nuovi nati si nutriranno non appena usciti dall’uovo. Ebbene, il numero di queste larve è per lo piú costante per ogni data specie di vespa: alcune forniscono di 5, altre di 12, altre di 24 larve ogni cella. Il caso piú interessante è quello del Genus Eumenus, una varietà in cui il maschio è assai piú piccolo della femmina. La madre sa sempre se l’uovo, ai nostri occhi uguali a tutti gli altri, contiene un maschio o una femmina e prepara opportunamente la quantità di cibo necessaria; non cambia natura né dimensioni delle larve, ma, se l’uovo è maschio depone nella sua cella 5 larve, se è femmina 10. Si tratta dunque di un agire abbastanza ordinato e metodico su quantità discrete e di una dimostrazione di particolare capacità nello svolgere azioni omogenee. Vien da pensare ad un certo.... senso del numero....
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O forse è il contrario: là piacciono solo le piccole cose? Ecco: una ragazzina su un grande schermo si cuce un bottone sulla manica. I sensori fischiano, il personale accorre. Ah, guarda che creaturina con un cuoricino che le batte dentro! Quale incantevole serietà nell’infilare l’ago! Qualcuno grida rapito: Avvertite il Capo, che venga a vedere di persona! Wislawa Szymborska, Vista con granello di sabbia, Biblioteca Adelphi
Wislawa Szymborska nasce in Polonia, nel 1923. Nel 1993 viene insignita in Germania del premio Goethe, nel 1995 in Austria del premio Herder, nel 1996 del NOBEL per la LETTERATURA.
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Un castellano tentò più volte di scacciare dalla sua torre una cornacchia che vi aveva fatto il nido, ma i tentativi andavano a vuoto. Cercava di sorprenderla, ma sempre, all’avvicinarsi di una persona l’uccello se ne avvedeva, abbandonava il nido e restava in guardia, da un albero lontano, per rientrare soltanto quando l’uomo aveva lasciato la torre. Il castellano escogitò un trucco: fece entrare nella torre due uomini di cui però uno solo rimase dentro. L’uccello non si lasciò ingannare dal fatto che l’altro uomo si allontanasse e restò lontano finché non furono usciti tutti e due. Il tentativo fu ripetuto con due, tre e poi quattro uomini, ma sempre senza successo. Furono infine fatti entrare nella torre cinque uomini, di cui uno solo rimase all’interno mentre gli altri quattro uscirono e si allontanarono. A questo punto la cornacchia perdette il conto e, incapace di distinguere tra quattro e cinque, fece ritorno al suo nido ove fu chiassosamente festeggiata. Un’altra dimostrazione delle capacità numeriche degli uccelli è quella offertaci dalla ricercatrice Irene Peppenberg, del Massachusetts Institute of Technology (MIT), che ha addestrato Alex, un pappagallo cenerino, a dire quanti oggetti vedesse su un vassoio, compito che imponeva all’uccello non solo di distinguere quantità numeriche, ma anche di associare a ciascuna di esse la risposta vocale appropriata. Alcune fonti riportano che Alex, oltre a riconoscere 7 immagini e 5 forme geometriche, possedesse addirittura un appropriato concetto di uguale, differente, minore, maggiore.
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23. L A
S C I E N Z A
La scienza non produce teorie belle e teorie brutte, ma soltanto teorie vere e teorie false. La scelta non la fa lo scienziato elaborando argomenti astrusi, ma semplicemente interrogando la Natura. La Scienza interroga solo la Natura. Nessuno scienziato ha mai preteso di dire: questa cosa è vera perché l’ho detta io. Nessuno scienziato ha mai preteso di voler dimostrare un suo personale credo, un suo uzzolo, una sua ideologia, una sua aspettativa mistica. Non sarebbe uno scienziato ma il menestrello di una corte esclusivamente rivolta al potere temporale. Lo scienziato si limita a riportare fedelmente le risposte che i suoi studi ottengono e ad elaborarle. Le sottopone poi alla visione critica di tutto il mondo scientifico affinché questo possa rifiutarle in quanto false o accettarle in quanto (relativamente) vere. Così si cerca di capire i fenomeni. Chi è contro la scienza cerca affannosamente, attraverso bizantinismi, aggettivazioni invero deprimenti, elucubrazioni parentetiche, buonismi, consigli “probi”... di piegarli alla sua ideologia. 71
L’etologo tedesco Otto Koehler ipotizzò, a metà dello scorso secolo, che due basilari requisiti per le conoscenze matematiche fossero la capacità di confrontare le dimensioni di due insiemi presentati simultaneamente e quella di ricordare il numero di oggetti presentati in tempi successivi e dimostrò che gli uccelli sono dotati di entrambe le capacità. Effettuò un esperimento, molto noto, sul corvo Jacob. Jacob di fronte a due scatole, una sola delle quali contenente bocconcini di carne, imparò che per ottenerlo, doveva riuscire ad individuare quella sul cui coperchio c’era lo stesso numero di punti disegnati su un cartoncino che gli veniva presentato contemporaneamente alla scatola, senza, peraltro, che la sistemazione dei punti sulla scatola e sul cartoncino fosse la stessa. Divenne addirittura capace di distinguere due, tre, quattro, cinque e sei punti. Un’operazione questa che dimostrava come l’animale doveva possedere una sorta di senso del numero.
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2 3 . 1 Ciò che originariamente spinse gli uomini alle prime r ic e r c he , fu la me r a v i g l i a . Aristotele, Metafisica - I (A), 2
E’ ovvio che, se ci si dovesse soffermare alla semplice constatazione di un evento meraviglioso, estasiati nella pura commozione del proprio spirito, al massimo si può far poesia. Per fare scienza occorre passare dallo stato di contemplazione a quello di azione, cioè alla produzione di mezzi per analizzare il meraviglioso, scomponendolo e componendolo, mettendolo in relazione con altri eventi, riproducendolo in circostanze analoghe o diverse. E questo senza essere al soldo di ideologie, teismi, finalità di comodo. Occorre chiarire tutto completamente, tanto da arrivare alla meraviglia contraria, da far pensare cioè che si rimarrebbe meravigliati se le cose non andassero proprio così. Se di fronte all’evento ci si industria invece con la superstizione e con la mistica, magari dirigendosi quanto più indietro possibile nel tempo, su antichi scritti e magiche ricette, si cercano solo patetici vantaggi personali. Per fare scienza occorre passare dallo stato di cultore di privilegi a quello di uomo libero. C’è anche chi è perennemente fideista: un mistero qualsivoglia è e sarà sempre un miracolo! Per fare scienza occorre passare dallo stato di ingenua idiozia a quello di consapevole intelligenza. C’è chi, spinto solo dall’ansia della conoscenza, studia per unificare leggi, scoprire mondi, scrivere il libro della natura, rappresentare la dignità dell’uomo.
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Gli animali sui quali si è maggiormente provata l’esistenza di capacità numeriche sono gli scimpanzé. Negli anni ‘80 uno scienziato giapponese, Tetsuro Matsuzawa, insegnò a uno scimpanzé di nome Ali ad usare correttamente i numeri arabi da 1 a 9. Ali usava le cifre arabe per indicare il numero di oggetti contenuti in un insieme con una precisione che poteva arrivare al 95 per cento. Stando ai suoi tempi di risposta, sembra che Ali riuscisse a riconoscere con un’occhiata il numero degli oggetti se essi non erano più di tre, e che nel caso di insiemi più numerosi ricorresse invece al conteggio. Alcune ricerche successive hanno prodotto risultati simili. In uno dei più impressionanti, Sarah Boyson mostrava alla sua scimpanzé Sheba una serie di carte, su ciascuna delle quali era riportato un numero da 1 a 9. Sheba era in grado di abbinare correttamente ciascuna delle cifre stampate sulle carte con un insieme di oggetti - da 1 a 9 - che le veniva presentato. Era anche in grado di effettuare semplici addizioni usando dei simboli. Per esempio, se Sarah estraeva i numeri 2 e 3, Sheba avrebbe estratto la carta che portava stampato il numero 5.
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23.2
L’ i p er ur ani o
Nessun inno giammai, nessun canto di poeta mortale cantò ancora né un giorno canterà con degna canzone, quell’iperuranio luogo che oltre il cielo si stende. Quell’essere privo in tutto di colore e privo di forme; quell’essere che il senso del tatto non perviene a toccare; essere in una plenitudine, cui, unica alla mente che regge il timone dell’anima, è concesso contemplare (e in rapporto a quell’essere è il vero sapere); quest’essere in tale luogo ha dimora. Il pensiero d’un Dio è sostentato da pura intellezione e pura cogitazione. Il pensiero di ogni anima, quando in lunghi intervalli di tempo perviene a scorgere l’Essere, ardentemente gli sorride, contempla la verità, se ne nutre tutto vivo di gioia. E dura finché la rota dei cieli, nel suo circulare giro, non lo torni a riportare al luogo di prima. E in questa circulazione, il pensiero contempla nella pura oggettività l’impartecipata giustizia, contempla temperanza; scienza contempla. E non già scienza cui generazione è inerente; diversa per realtà diverse (realtà che ora noi, in questa vita, chiamiamo enti). Non questa; bensì la scienza in Colui che è nella plenitudine dell’essere intero... E questa è vita di Dei. Platone, Fedro, XXVII
Bellissima, ma sarà bene proporla agli studenti come altissima lirica, assolutamente niente di più!
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Nel 1998, Elizabeth Brannan ed Herbert Terrace hanno dimostrato che la capacità di imparare a distinguere i numeri da 1 a 9 e di associare ad essi dei simboli è posseduta anche dalle scimmie reso. Lo Yerkes Primate Research Centre realizzò un esperimento su altri due scimpanzé - Sherman e Austin - per valutare se fossero in grado di eseguire alcune semplici addizioni. Sherman e Austin sceglievano fra due vassoi contenenti ciascuno due vaschette di cioccolatini quello che ne conteneva il maggior numero. Il fatto che siano animali intelligenti e sociali, in grado, se addestrati, di comunicare con gli esseri umani, ha sollecitato l’idea che potrebbero possedere il concetto cognitivo di numero e, a maggior ragione che dispongano largamente del senso del numero. Rigorosi esperimenti scientifici hanno comunque dimostrato che gli scimpanzé possono essere addestrati a contare oggetti fino a 3 o 4, con molti errori, fino a 6, ma non più in là. Anche la salamandra Plethodon cinereus, un piccolo anfibio brillantementre colorato che abita il Nord America orientale ha a che vedere con la numerosità. Se una di loro è messa di fronte a due tubi, uno dei quali contiene due prede e l'altro tre, si immette immancabilmente nel tubo più ricco di cibo. Proprio come accade ai bambini e alle scimmie, le salamandre si confondono se si presentano loro più di tre oggetti.
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Scienza
Non scienza
Risultato delle operazioni del pensiero codificate teoricamente ed applicate concretamente: teorie riconducibili ad osservazioni fattuali
Dichiarazioni teoriche, senza controllo sul piano pratico: concezioni non riconducibili ad osservazioni fattuali
Compito Registrare fatti e formare teorie per spiegare e predire fenomeni
Imporre predizioni di comodo senza possibilità di controllo
Linguaggio La matematica: è di fatto il solo piano veramente universale fin qui raggiunto dall’uomo
Parole e frasi con un alone indistinto, equivoche, il più delle volte senza alcun senso
Metodo Induzione-deduzione-verificazione
Tecniche varie.. ricette.. consigli..
Finalità metodologica Falsificazione: cercare cioè continuamente di smentire, relativizzare, perfezionare teorie
Nessun cambiamento nel corso dei millenni: più antica è la ricetta, più è magica, più è vera
Contenuti Intero campo della conoscenza
23.3
Posizione delle stelle, ossa, frattaglie, elementi di suggestione appartenenti a concezioni, mistiche, superstizioni
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SENSO DEL NUMERO N E L L’ U O M O P R I M I T I V O Studi antropologici, relativi ad uomini che attualmente vivono in condizioni simili a quelle esistenti agli albori della civiltà umana, hanno rivelato come i selvaggi24 non ancora arrivati allo stadio del contare sulle dita siano praticamente dotati di una ridottissima, quasi nulla, percezione del numero. E’ questo il caso di molte tribú dell’Australia, delle isole dei Mari del Sud, dell’America meridionale e dell’Africa. Edward Curr, autorevole studioso dei popoli primitivi dell’Australia, nel suo libro The Australian race, racconta come soltanto pochi indigeni siano in grado di distinguere il numero quattro e che nessun australiano allo stato selvaggio sia capace di percepire il sette. L’eminente linguista Alf Axelson Sommerfelt, nel suo libro La lingua e la società, rivela i numeri conosciuti dalla tribù australiana
Aranda
NINTA
TARA
TARA-MI-NINTA
Poi una parola che significa molti, oltre.
TARA-MA-TARA
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2 4 . LA BREVE VITA DEI NOSTRI ANTENATI Non arrivavano in molti fino a trent’anni. La vecchiaia era un privilegio di alberi e pietre. L’infanzia durava quanto quella dei cuccioli di lupo. Bisognava sbrigarsi, fare in tempo a vivere prima che tramontasse il sole, prima che cadesse la neve. Le genitrici tredicenni, i cercatori quattrenni di nidi fra i giunchi, i capicaccia ventenni un attimo prima non c’erano, già non ci sono più. I capi dell’infinito si univano in fretta. Le fattucchiere biascicavano esorcismi con ancora tutti i denti della giovinezza. Il figlio si faceva uomo sotto gli occhi del padre. Il nipote nasceva sotto l’occhiaia del nonno. E del resto non si contavano gli anni. Contavano reti, pentole, capanni, asce. Il tempo, così prodigo con una qualsiasi stella del cielo, tendeva loro la mano quasi vuota, e la ritraeva in fretta, come pentito. Ancora un passo, ancora due lungo il fiume scintillante, che dall’oscurità nasce e nell’oscurità scompare. 79
Per Hunt (Murray island, Torres Straits, in “Journal of the Anthropological Institute of Great Britain”, vol. XXVIII, p.13) gli indigeni delle isole Murray (stretto di Torres) si servono dei seguenti numeri:
NETAT
NEIS
NEIS-NETAT
NEIS-NEIS
Poi una parola che significa moltitudine, oltre. Haddon
(The Ethnography of the Western Tribes of the Torres Straits, in “Journal of the Anthropological Institute of Great Britain”, vol. XIX, pp. 305-306) riferisce di altre
tribù dello stretto di Torres
URAPUN
OKOSA
OKOSA-URAPUN
OKOSA-OKOSA
Poi la parola RAS che sinifica una folla, oltre.
80
Non c’era un attimo da perdere, domande da rinviare e illuminazioni tardive, c’erano solo quelle avute in tempo. La saggezza non poteva aspettare i capelli bianchi. Doveva vedere con chiarezza, prima che fosse chiaro, e udire ogni voce, prima che risonasse. Il bene e il male ne sapevano poco, ma tutto: quando il male trionfa, il bene si cela; quando il bene si mostra, il male si acquatta. Nessuno dei due si lascia vincere o allontanare a una distanza definitiva. Ecco il perché d’una gioia sempre tinta di terrore, d’una disperazione mai disgiunta da tacita speranza. La vita, per quanto lunga, sarà sempre breve. Troppo breve per aggiungere alcunché. Wislawa Szymborska Gente sul ponte Libri Scheiwiller
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I Kamilaroi vivono in Australia sulle rive del fiume Darling, nella Nuova Galles del Sud.
MAL BULAN
82
GULIBA
BULAN BULAN
BULAN GULIBA
GULIBA GULIBA
24.1
A B I P O N I
Gli Abipon del Chaco (Paraguay) costituivano un gruppo etnico dell'America Meridionale di lingua guaycurú. Oggi è estinto come entità omogenea. Gli Abipon erano stanziati in origine nel bacino del Bermejo, dove vivevano allo stato di cacciatori-raccoglitori seminomadi. La loro società era di tipo egualitario ed erano organizzati in clan patrilineari; abitavano capanne ad alveare e usavano l'arco semplice; praticavano il tatuaggio, il ratto delle donne, la scotennatura. Dopo i primi contatti con gli Spagnoli impararono a usare il cavallo; questo fatto provocò un radicale cambiamento dei costumi che portò alla formazione di classi sociali e di società militari, all'introduzione della struttura patriarcale, dell'infanticidio, della guerra di occupazione. Nei sec. XVII e XVIII gli Abipon occuparono tutte le regioni fino al Rio Paraná e al Rio Salado, ma la reazione dei coloni spagnoli minacciati dalle loro scorrerie ne provocò la rapida distruzione. 83
Anche i botocudos del Brasile, gli indiani della Terra del Fuoco, i pigmei hanno vocaboli per indicare uno e due. I botocudos dicendo la loro parola per parecchi mostrano simultaneamente i capelli della testa. Lèvi-Strauss (La vie familiale et sociale des Indiens Nambikwara) riferisce
solo delle parole uno, due e molti ed aggiunge che, in questa tribù, altri numeri vengono composti con una specie di indigitatio. I Boscimani del Sud Africa non hanno vocaboli per indicare i numeri, ad eccezione di uno, due e molti e questi sono cosí inarticolati che c’è da domandarsi se per gli indigeni abbiano un significato chiaro. I pigmei d’Africa hanno uno-due-innumerevoli. Non abbiamo ragione di credere che i nostri lontani antenati fossero in condizioni migliori, abbiamo anzi molte ragioni di dubitarne, dato che tutte le lingue europee recano ancora tracce di queste antiche limitazioni. Evidentemente i nostri più antichi antenati in un primo tempo contavano soltanto fino a due, indicando con molti qualsiasi insieme superiore.
84
24.2
NUK AK-MAKU
Nel sud della Colombia, ai confini della Foresta amazzonica, un gruppo di Nukak-Makú ha deciso di vivere ai bordi di una città e di convertirsi alla civiltà, dopo aver vissuto, da sempre, nell’età della pietra. Un’ottantina di Nukak sono usciti dalla giungla, mezzi nudi e accompagnati da piccole scimmie, e si sono presentati nei pressi della vicina cittadina di San José del Guaviare. Unico contatto con la civiltà Belisario, che conosce lo spagnolo. Vogliono rimanere vicini alla città. Non hanno il concetto del denaro, della proprietà privata e non sanno nemmeno dell’esistenza dello Stato della Colombia. Hanno subito chiesto: su quale razza di strada invisibile camminano in cielo gli aerei? I cittadini di San José stanno provvedendo a fornire loro cibo e vestiti. La gente vuole proteggerli, ma portare cibo ogni giorno non li aiuterà a sopravvivere per molto tempo. Bisognerebbe trovare loro un ruolo nella società. Anche se non è chiaro da quante persone sia composta l’intera popolazione dei Nukak, alcuni antropologi credono che a causa dei contatti avvenuti con la società civile negli ultimi anni (i primi incontri con la civiltà sono datati 1998) si sia sensibilmente ridotta a causa di malattie per noi comuni (come influenza e raffreddori) dalle quali, però, gli indigeni non hanno difese naturali. 85
SENSO DEL NUMERO N E L L’ U O M O C I V I L I Z Z AT O Il senso del numero, ne siamo ormai convinti, è innato. Dovrebbe essere allora possibile trovarne traccia anche nei bambini molto piccoli. Capita spesso di osservare che, di fronte a due mucchietti di caramelle, uno piccolo e l’altro grande, un bimbetto (questo è anche attestato da prove statisticamente rilevanti) pesca dal mucchietto più grande. Rigorosi esperimenti dimostrano invero come il bambino venga al mondo con meccanismi innati di percezione di una piccola numerosità, lo stesso senso presente anche in alcuni animali. Questo senso innato è quindi indipendente dalla capacità di linguaggio. La ricercatrice Karen Wynn ritiene che non solo i bambini, ma anche alcune specie animali utilizzino lo stesso meccanismo: nella mente di ognuno agisce un contatore emettitore di battiti che, a loro volta, sono inseriti in un accumulatore allorché si è in presenza di una nuova entità da memorizzare. Nel cervello di ognuno esistono speciali circuiti neurali dedicati alla matematica. Questo significa che veniamo al mondo con un modulo numerico, con informazioni codificate geneticamente che ci conferiscono un’intuizione delle quantità numeriche.
86
25.
SCRITTURA MANOSCRITTA
Scriviamoli di corsa (corsivo)
87
Nuovi raffinatissimi strumenti, disponibili soltanto da pochi anni, come la camera a positroni, hanno finalmente consentito di visualizzare l’attività cerebrale e avviare nuovi rivoluzionari studi sul cervello, arrivando, tra l’altro, a localizzare anche i circuiti neurali della matematica. Il cervello del bambino è un organo strutturato che impara soltanto ciò che è collegato con le sue conoscenze anteriori. Karen, nella sua tesi di dottorato al MIT in Massachussets, nel 1992 ha illustrato il comportamento di bambini di 5 mesi davanti a un teatrino delle marionette. Il palchetto del teatrino viene occultato da uno schermo. Al bambino vien fatto vedere che una marionetta, tenuta in mano da Karen, entra, dall’esterno, nel teatrino e lì rimane, poiché la mano, da dietro lo schermo, riesce vuota. Poi, viene di nuovo fatta vedere la mano, con una marionetta diversa, eseguire la stessa azione. Il bambino partecipa così allo svolgersi di un’azione e poi di un’altra. Tolto il pannello schermante si vedono due marionette. Le espressioni del bambino danno allora la classica sensazione di normalità. Viene ripetuta la prova, ma, prima di togliere lo schermo, di nascosto, si aggiunge un’altra marionetta, oppure se ne toglie una. Abbassato lo schermo, il bambino vede tre marionette oppure una sola e si dimostra sorpreso: c’è qualcosa di strano adesso nell’aria! Il bambino ha visto uno più uno. Nel tre o nell’uno finale qualcosa non convince... Con questo e altri metodi gli psicologi hanno dimostrato che i bambini piccoli, persino nei primissimi giorni d’età, dimostrano il senso del numero, naturalmente relativamente a pochissime unità.
88
2 6 . A C C U M U L ATO R E MAT EMAT ICO Oltre all’unità, sappiamo distinguere.......
la DUALITA’
la TRIALITA’
89
Il nostro cervello, come già sappiamo, tratta in maniera diversa gli insiemi contenenti al massimo tre elementi da quelli più grandi. Quando si chiede a soggetti adulti di nominare il numero dei punti disposti a caso in un’immagine mostrata loro, il tempo che impiegano per rispondere è quasi identico nel caso di uno e due punti, ed è solo leggermente superiore per tre punti (poco più di mezzo secondo). Oltre il tre, tuttavia, il tempo richiesto comincia ad aumentare rapidamente. Al crescere del numero dei punti, cresce anche quello degli errori. Dunque tutti ci comportiamo come, tra tanti altri, la tribu aborigena dei Warlpiris, e cioè considerando solo tre possibilità: uno, due e molti, in un sistema in cui il conteggio termina con il tre, limite oltre il quale l’insieme viene semplicemente definito grande. Il fatto che quando si superano i tre oggetti il nostro comportamento cambi all’improvviso indica che il cervello si serve, nei due casi, di due meccanismi diversi, che Dehaene, nel suo The Number Sense, presenta con una serie di esperimenti molto convincenti. La percezione della quantità per i numeri fino a tre è istantanea. Non contiamo ma ne percepiamo immediatamente la presenza. Si tratta di una vera e propria subitizzazione. Anche i nostri 2 e 3 altro non sono che varianti grafiche, rispetto alla notazione araba da cui discendono, di due e tre tratti orizzontali sovrapposti, legati insieme durante la storia della scrittura manoscritta25. A partire dal 4, la notazione diventa simbolica e corrisponde ad una capacità quasi esclusivamente umana di superare i limiti della percezione immediata delle quantità numeriche. Ne parleremo nel secondo volume.
90
...persino 4, 5 oggetti, ma solo in posizione e casi particolari...
91
Proviamo ora noi stessi26 a verificare come funziona il nostro accumulatorino matematico. Cercheremo di verificare se anche per noi il senso del numero è davvero limitato. Sappiamo distinguere per certo gli oggetti a partire dall’unità. L’oggetto in sé, la sua unicità, la distinguiamo molto bene. Infatti, nelle precedenti righe ci siamo domandati che collegamento potessero avere con il testo, in un libro quasi tutto, diciamo così, contestualizzato pagina per pagina, il bastone, il fuoco, l’uccello e gli altri oggetti, visto che con il testo c’entravano come i cavoli a merenda. Sono invece la prova che l’unità la distinguiamo molto, molto bene! Altrettanto si può dire per la dualità, come bene si vede nel riferimento 26. Per insiemi contenenti al massimo tre elementi, il riconoscimento della numerosità, ossia del numero degli elementi dell’insieme, sembra pressoché istantaneo e viene effettuato senza contare. Per insiemi di quattro o più elementi, invece, il risultato viene normalmente ottenuto contando. Il tempo necessario per decidere la numerosità di un insieme aumenta in modo lineare passando da tre a sei. Il fatto che in generale il cervello manipoli gli insiemi contenenti non più di tre elementi mediante un processo immediato, istintivo (e inconscio) trova ulteriori conferme negli studi effettuati
92
Dopo il 5 non c’è più alcuna immediatezza... ... il senso del numero si ritrae
93
su pazienti con particolari lesioni cerebrali. Sebbene le lesioni cerebrali spesso interessino vaste aree del cervello distruggendo diverse facoltà mentali, a volte possono essere ben localizzate e avere uno o due effetti molto specifici. I pazienti con lesioni così focalizzate offrono agli psicologi cognitivisti dimostrazioni assai utili, altrimenti impossibili da ottenere. In un caso, descritto sempre da Dehaene, una paziente era stata colpita da una lesione cerebrale che aveva cancellato la sua capacità di contare e perfino di spuntare uno alla volta gli oggetti di una serie. Tuttavia, se le si mostravano non più di tre punti sullo schermo di un computer, la donna era ancora in grado di dire immediatamente quanti fossero. Cosa accade quando ci troviamo di fronte a un insieme contenente ben più di tre soli elementi? Siamo in grado di stabilire quanti siano? Riusciamo a distinguere fra due insiemi di diversa numerosità? Per certo sappiamo che se ci viene chiesto di dire il numero esatto di oggetti contenuti in un insieme di dieci o più elementi, l’unica strategia a cui possiamo ricorrere è quella di contarli uno per uno, o magari a due a due o anche a tre a tre. Se invece ci bastasse anche solo una stima ragionevolmente buona? In quale misura gli esseri umani adulti sono in grado di stimare il numero di oggetti contenuti in un insieme, diciamo, di un centinaio di elementi? Le evidenze sperimentali dimostrano che ce la caviamo meglio di quanto si tenderebbe a pensare; ciò nondimeno, possiamo essere fuorviati da circostanze esterne. Se si chiede a dei soggetti sperimentali di stimare il numero di oggetti stampati27 su una pagina di solito si ottiene sottostima del totale se i punti sono disposti in modo irregolare e una sovrastima se essi sono regolarmente distanziati.
94
2 7 .
I
I
I
O C C H I O !
I
I
I
I
I
I
Quando, in materia di notazione numerica, si sviluppa quella consistente nel rappresentare un numero con una successione di tanti segni simili quanti sono gli elementi della raccolta di oggetti da contare è giocoforza fermarsi a IIII, quattro poichè nessuno è in grado di leggere a colpo d’occhio una successione di cinque tratti, IIIII, di sei IIIIII o, a maggior ragione, un numero superiore. Gerschel
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I
N
O
M
I
Quando la nostra specie ha cominciato a ululare, probabilmente, come abbiamo visto, sapeva riconoscere ed indicare soltanto un elemento, quell’elemento ed un altro e, ma non sempre, i primi elementi ed un altro ancora. Il terzo ed il quarto elemento non ci traggano comunque in inganno: sono semplicemente l’affiancamento, la ripetizione del primo con il secondo e del secondo con se stesso. Oggi noi chiamiamo questi primi elementi (in maniera cardinale): uno, due, ..... tre. Sono quantità che cervelli diversi, per genesi e per età, hanno percepito e percepiscono naturalmente, senza sforzo alcuno.
Per questo motivo fu probabilmente facile, da parte dell’uomo, dar loro un nome.
Anzi, possiamo ben dire che tutto ciò che è chiaramente percepito è anche il solo chiaramente espresso.
Uno, due, ... tre ... assolutamente percepiti erano e sono anche i soli chiaramente espressi con un loro nome, non con una indicazione generica. Uno, due, tre ... sono ancora uguali, in tantissime lingue28.
96
28.
1, 2, 3, ..........
SANSCRITO
eka
dva
tri
GRECO
en
duo
tria
LATINO
unum
duo
tria
FRANCESE
un
deux
trois
RUMENO
un
doi
trei
GAELICO
aon
dà
trì
GALLESE
un
dau
trì
GOTO
ains
twai
threis
INGLESE
one
two
three
SPAGNOLO
uno
dos
tres
TEDESCO
eins
zwei
drei
NORVEGESE
en
to
tre
RUSSO
odin
dva
tri
97
In molte lingue, uno, due e tre sono spesso gli unici numeri che ammettono più generi (maschile, femminile, neutro....)29 o sono gli unici declinabili30.
Neutro viene dalla parola latina neuter, che vuol dire né l’uno né l’altro: né maschile, né femminile. Non si tratta di un vero e proprio ras, oltre, cioè di un termine ampliativo-accrescitivo, ma di un termine che, comunque, si diversifica dai primi due. L’etimologia dei nomi dei primi tre numeri mostra quanto siano antichi. Le parole due e secondo sono spesso sinonimi di altro. L’inglese thrice, proprio come il latino ter, ha il doppio significato di tre volte e di molti. Si può ben vedere una connessione tra il latino tres, tre e trans che vuol dire al di là di... e tra il francese très, molto, e trois, tre. Three (tre), trans (oltre), très (molto), trop, troppo, through attraverso, sono parole con una comune radice indoeuropea e tutto ciò indica, con buonissime probabilità, come un tempo esso fosse il numerale più grande.
98
29.
NUMERI CARDINALI GRECI
I numeri cardinali greci specificano completamente uno, un po’ meno tre e quattro, per nulla due e tutti gli altri numeri. Come si vede fino a quattro ci sono molte specificazioni, da cinque in poi è tutto uguale. VALORE
SEGNO
MASCHILE
FEMMINILE
NEUTRO
1
a’
eij
mia
en
2
b’
3
g’
treij
treij
tria
4
d’
tettarej
tettarej
tettara
5
e’
pente
6
j’
ec
7
z’
epta
8
h’
oktw
9
q’
ennea
10
i’
deka
duo
99
Le parole usate per denotare i primi tre numeri quelli corrispondenti al nostro senso del numero innato - sono molto diverse da tutte le altre. Sono diverse, ad esempio, nel passaggio dal cardinale all’ordinale. In italiano all’uno, due, tre, corrisponde, ordinalmente, primo, secondo, terzo. Gli altri hanno tutti come base il nome stesso del cardinale:... sei-sesto; sette-settimo... dieci-decimo... Tanto per l’italiano, quanto per tutte le altre lingue, eventuali piccolissime variazioni hanno solo lo scopo di facilitare la pronuncia. In inglese, nel caso dei primi tre numeri, i corrispondenti ordinali si denotano con parole completamente diverse da quelle dei cardinali: a one, uno corrisponde first, primo, a two, due corrisponde second, secondo e a three, tre corrisponde third, terzo. A partire da quattro esiste una semplice regola per passare dalla parola che indica il numero cardinale al corrispondente aggettivo ordinale, mediante l’aggiunta del suffisso th. Così four, quattro diventa fourth, quarto, five, cinque diventa fifth, quinto, six, sei diventa sixth e così via. Le parole che denotano i primi due numeri godono anche di significati correlati. Second può essere usato come verbo, secondare, con il significato di favorire, sostenere ed esiste inoltre l’aggettivo secondary, secondario. Anche i numeri ordinali ad essi associati hanno una forma particolare: in francese, per esempio, le parole premier e second sfuggono alla desinenza ième che si applica ai numeri ordinali successivi (troisième, quatrième, ecc.). In tedesco ein/erst, zwei/zweite, drei/dritte, vier/vierte.....
100
29.1
N U M E R I C A R D I N A L I L AT I N I
I numeri cardinali latini specificano completamente uno, un po’ meno due e tre, per nulla tutti gli altri numeri. Come si vede da quattro in poi è tutto uguale.
VALORE
SEGNO
MASCHILE
FEMMINILE
NEUTRO
1
I
unus
una
unum
2
II
duo
duae
duo
3
III
tres
4
IV
quattuor
5
V
quinque
6
VI
sex
7
VII
septem
8
VIII
octo
9
IX
novem
10
X
decem
tria
101
Diamo una visione sinottica, anche se per sole quattro lingue, tanto per tantissime altre il nocciolo concettule non varia:
ITALIANO
FRANCESE
uno
primo
un
premier
due
secondo
deux
second
tre
terzo
trois
troisième
quatre
quatrième
quattro quarto .....
.....
INGLESE
SPAGNOLO
one
first
uno
primero
two
second
dos
segundo
three
third
tres
tercero
four
fourth
quatro
cuarto
.....
.....
Esistono inoltre modi particolari per riferirsi a insiemi di due o tre oggetti. Nel caso di due, parliamo di paio, coppia, duo e abbiamo l’aggettivo doppio. Per il tre, abbiamo le parole triplo, trio, terna. Oltre il tre, d’altra parte, ci serviamo di forme costruite in modo regolare: quartetto, quintetto, sestetto... eccetera. Molte delle parole riferite ad un insieme di due elementi sono limitate a particolari tipi di oggetti, a conferma dell’idea che i numeri innati uno, due e tre sono intimamente connessi agli insiemi di oggetti fisici.
102
3 0 . GRECO: 1, 2, 3, 4, sono gli unici declinabili L’unità è davvero ben specificata!
UNO
eij enoj eni ena
nominativo genitivo dativo accusativo
mia miaj mia mian
DUE
nominativo genitivo dativo accusativo
en enoj eni en TRE
duo duoin duoin duo
nominativo treij tria genitivo triwn dativo trisi accusativo treij tria
Per 2 esistono parole di significato affine: amfw ambo amfoteroi entrambi amfoteron l’una e l’altra cosa QUATTRO
nominativo genitivo dativo accusativo
tessarej tessara tessarwn tessarsi tessaraj tessara
TUTTI GLI ALTRI NUMERI CARDINALI NON SONO DECLINABILI (ad eccezione delle centinaia da 200 in poi, le migliaia e le decine di migliaia... ma questo non riguarda la nostra tesi)
103
Così, diciamo paio di scarpe ma non coppia di sandali... o coppia di sposi ma non paio di coniugi. In inglese ci si esprime con a brace of pheasants per dire una coppia di fagiani, e di a yoke of oxen per dire un paio di buoi. Coppia e paio non sono intercambiabili. In ogni lingua troveremo esempi simili sulla forte impronta che i primi numeri assegnano a varietà e plurivocità, anche se con grandi affinità, a loro significati derivati. A seconda delle lingue esistono le seguenti forme: il singolare, il duale, il triale, il quartale, il paucale e il plurale. Per esempio, l'arabo classico, l'ebraico e lo sloveno hanno una forma di duale sia per i verbi che per i sostantivi. Il duale serve per indicare due persone o due cose, i gruppi di due. E così per il triale... In molte lingue, come in italiano o in inglese, la maggior parte delle parole possiede sia una forma singolare sia una forma plurale. Ma in pochissime, come la lingua australiana aborigena Ngan'gitjemerri, vi sono quattro forme per ogni sostantivo: singolare, duale, triale e plurale. Il Sursrunga, il Tangga e il Marshallese ne hanno addirittura cinque. Analogamente, in genere, nelle lingue il singolare è più frequente del plurale: ciò significa che riconosciamo più facilmente gli individui che non le specie e i generi, o gli insiemi. E il plurale generico è più frequente di quello specifico (duale per le coppie, triale per le terne, eccetera): ciò significa che riconosciamo più facilmente le specie, i generi, gli insiemi che le loro tipologie cardinali. Secondo Lévy-Bruhl, certe tribù primitive oceaniche declinavano e coniugavano al singolare, al duale, al triale, al quadriale, al plurale.
104
30.1
LATINO: 1, 2, 3, sono gli unici declinabili UNO
CASO
MASCHILE
FEMMINILE
NEUTRO
nominativo genitivo dativo accusativo ablativo
unus
una unius uni unam una
unum
unum uno
unum uno
DUE CASO
MASCHILE
FEMMINILE
NEUTRO
nominativo genitivo dativo accusativo ablativo
duo duorum duobus duo duobus
duae duarum duabus duas duabus
duo duorum duobus duo duobus
TRE CASO
MASCHILE E FEMMINILE
NEUTRO
nominativo genitivo dativo accusativo ablativo
tres trium tribus tres tribus
tria trium tribus tria tribus 105
P R A E N O M E N 31, NOMEN, COGNOMEN Nella convenzione dei nomi usati nella Roma antica, ogni romano, nato libero o servo liberato, aveva 3 nomi: praenomen
il prenome, cioè il nome individuale che viene imposto alla nascita e che distingue gli individui della stessa famiglia (è il nome proprio come lo intendiamo oggi);
nomen gentilicium
il nome comune a tutti i membri di una stessa gens, una famiglia allargata (equivalente al nostro cognome);
cognomen
il cognome ovvero il ramo in cui si divideva la gens (indicava la famiglia in senso più ampio). Il cognomen comparve ab initio come soprannome o nome personale che distingueva un individuo all’interno della gens (il cognomen non compare in documenti ufficiali fino a circa il 100 aC). A causa della sua origine, spesso il cognomen rifletteva qualche tratto fisico o della personalità.
In Marcus Tullius Cicero, Marcus è il praenomen, Tullius è il nomen gentilicium, Cicero è il cognomen.
106
31.
P R A E N O M E N
I prenomi romani sono i seguenti: Aulus
Appius
Decimus
Flavius
Gaius
Gnaeus
Kaeso
Lucius
Mamercus
Manius
Marcus
Numerius
Publius
Quintus
Servius
Sextus
Spurius
Tiberius
Titus Non esistono, come si può osservare, Primus, Secundus, Tertius, Quartus.
Ben conosciuto, ben identificato! La generalitĂ inizia da Quintus. 107
C A L E N D A R I O
3 2
I Romani chiamarono Calendae il primo giorno di ogni mese, nel quale si convocava (chiamava) il popolo per bandire feste, giochi, giorni fasti e nefasti. I dies fasti erano i giorni in cui si poteva svolgere l’attività giuridica e il magistrato poteva fari (parlare, pronunziare sentenze). I dies nefasti, quelli in cui, per motivi religiosi, il magistrato non poteva rendere giustizia. Ille nefastus erit per quem tria uerba silentur; faustus erit per quem lege licebit agi. Sarà nefasto quello in cui si tacciono le tre parole; fausto quello in cui si potrà rendere giustizia. Ovidio, Fasti, Libro I, [47, 48]. Tre le parole pronunciate dal pretore: do, dico, addico. L’attività del pretore consisteva infatti nel nominare i giudici (iudices dare), nel presentare la legge (ius dicere), nell’assegnare i beni contesi al legittimo proprietario (bona addicere). C’erano poi i giorni divisi (intercisi) in un periodo fasto ed in un periodo nefasto; in questi giorni si offrivano sacrifici agli dèi: la vittima, hostia, veniva immolata gallo l’animale che al mattino, mentre le sue interiora, chiama per la sveglia. exta, erano offerte la sera; il periodo fasto, durante il quale si poteva rendere giustizia, era solo la parte media della giornata, cioè la parte fra l’immolazione dell’hostia e l’offerta dei suoi exta; nefasti erano invece la mattina e la sera. I dies intercisi erano soprattutto le to call vigilie di grandi feste, in cui si chiamare, nella facevano sacrifici preparatori. lingua inglese.
108
32.
C A L E N D A R I O
I Romani computavano i giorni su tre date fisse del loro calendario: le Kalendae, le Nonae e le Idus. Le Kalendae, da cui calendario, cadevano il primo del mese. Il termine deriva da calare, chiamare a raccolta, convocare, poiché nei tempi più antichi, quando appariva la luna nuova, il pontefice minore convocava il popolo nella Curia calabra, sul Campidoglio, nei pressi del tempio di Giunone Moneta (da monere, ammonire, consigliare) posto a fianco dell’edificio del conio (attuale Zecca) da cui il nome moneta che ancor oggi noi usiamo. La monetina era invece chiamata stips da cui stipendio (piccolo, inevitabilmente!). Il pontefice annunziava l’inizio del mese, le Kalendae e fissava le altre fasi della luna, cioè le Nonae, o primo quarto, e le Idus, o plenilunio. Calendae viene dal greco kallw (callo) da cui il latino calo, chiamo, convoco. Il tutto dalla radice sanscrita kar, kal, emettere suono. I Greci non avevano le calende per cui la frase ad graecas calendas (alle calende greche) significa mai, in nessun tempo. 109
Ben conosciuto, ben identificato!
MARTIUS
APRILIS
MAIUS
IUNIUS
QUINTILIS
SEXTILIS
SEPTEMBER
OCTOBER
NOVEMBER
DECEMBER
Il primo mese dell’anno romuleo era Martius, perché dedicato da Romolo a suo padre Marte. Da marzo iniziava il computo degli altri mesi, per cui Quintilis era il quinto mese, Sextilis il sesto e September, October, November e December rispettivamente il settimo, l’ottavo, il nono ed il decimo mese. Sulla denominazione del secondo, terzo e quarto mese Aprilis, Maius, Iunius - gli antichi danno diverse interpretazioni: Aprilis deriverebbe da aperire, aprire, perché in quel mese tutto si apre con la primavera e cioè gli alberi ed ogni altro prodotto della terra cominciano a schiudersi in germogli; un’altra versione collega invece il nome del mese con Venere (Afrodite, da afros, schiuma perché nata nella schiuma); Maius avrebbe tratto il nome dall’essere il mese dedicato a Maia, la madre di Mercurio, oppure perché Romolo divise il popolo in maiores e iuniores, anziani e giovani, perché gli uni difendessero lo stato con il consiglio, gli altri con le armi. Iunius è anche fatto derivare da Iuno-Giunone.
110
Poco conosciuto, nome generico!
R O M O L O
32.1
I L C A L E N D A R I O di ROMOL O
Quando il fondatore di Roma fissò le divisioni del tempo, stabilì che ogni anno fosse di dieci mesi. Certo, o Romolo, conoscevi le armi più degli astri, ed eri più preoccupato a combattere i popoli di confine. Tuttavia v’era qualche ragione che lo mosse, ed egli ha di che giustificare il proprio errore. Il tempo perché il bambino esca dal grembo materno Romolo pensò che bastasse anche per compiere un anno. Per altrettanti mesi dalla morte del marito, la sposa continua a indossare le vesti a lutto nella orbata casa. Dunque a queste cose mirò la cura del trabeato Quirino quando alle rozze genti dette le annue ricorrenze legali. A Marte dedicò il primo mese, a Venere il secondo: questa, materno principio; quello, in quanto suo stesso padre; il terzo fu denominato dai vecchi, il quarto dai giovani, tutti gli altri che seguono, dal numero di ciascuno. Ma Numa non trascurò Giano né le ombre degli avi, e agli antichi mesi ne antepose altri due. Ovidio, Fasti, Libro Primo, [27, 44]
111
NUMA POMPILIO IANUARIUS FEBRUARIUS MARTIUS APRILIS MAIUS IUNIUS QUINTILIS SEXTILIS SEPTEMBER 9° mese ( 7° dell’anno romuleo) OCTOBER 10° mese ( 8° dell’anno romuleo) NOVEMBER 11° mese ( 9° dell’anno romuleo) DECEMBER 12° mese (10° dell’anno romuleo) Ianuarius trae il nome da Janus-Giano, dio dell’entrata e del transito, delle porte (januae) delle abitazioni, come di quelle della città (fores). Dio degli inizi, del giorno, dell’anno, veniva invocato ogni mattina dai sacerdoti come pater matutinus, poiché si credeva che egli, come portinaio del cielo, aprisse, di mattina, le porte dell’Olimpo. A lui era sacro il primo mese dell’anno (Kalendae januariae). Gli si offriva un sacrificio, che consisteva particolarmente in una vivanda di farina; si evitava ogni vocabolo di cattivo augurio, si scambiavano parole amicali augurandosi felicità e l’uno donava all’altro dolciumi, quasi a denotare il desiderio che l’anno scorresse dolcemente. Si stabilì sul colle che venne poi chiamato Gianicolo. Februarius è connesso con il verbo februare, purificare e con una grande cerimonia di purificazione. Fauno era per i Romani il dio della campagna e dei boschi ed il protettore delle greggi e come tale si chiamava Lupercus, il difensore contro il lupo. Sotto questo nome gli veniva celebrata una festa, Lupercalia33, il 15 febbraio, durante la quale si sacrificavano capri e capre con riti e preghiere speciali di espiazione.
112
32.2
CALENDARIO di NUMA
Il più antico calendario fu dettato da Romolo, suddiviso in 10 mesi (4 - Martius, Maius, Quintilis, October - di 31 giorni, 6 - Aprilis, Iunius, Sextilis, September, November, December - di 30 giorni, per un totale di 304 giorni). Era però di scarsa utilità pratica poiché avrebbe, in poco tempo, portato a sfasare vistosamente le date con il naturale ciclo delle stagioni. Numa Pompilio ordinò l’anno in 355 giorni e in 12 mesi. Un ciclo solare di 4 anni di 355 giorni in cui al 2° e 4° anno veniva inserito un mese intercalato di 22 o 23 giorni. Il ciclo risultava di 4 anni di 366 giorni e 6 ore, eccedente di un giorno rispetto al ciclo solare. Lentamente i mesi non corrispondevano più alle stagioni. 32.3
CALENDARIO GIULIANO
Alla situazione pose rimedio, nel 46 aC (detto anno di confusione), Giulio Cesare che, incaricato il matematico alessandrino Sosigene, promulgò il Calendario Giuliano di 12 mesi (365 giorni e 6 ore). Dopo 4 anni (6 ore per 4 anni uguale 24 ore) l’anno presentava un 366° giorno. Mentre noi lo collochiamo alla fine del mese di febbraio, i latini lo inserivano tra il 24 e il 25 del mese che veniva così ad avere due giorni 24, il primo dei quali era regolarmente detto dies sestus ante Kalendas Martias e il secondo dies bis sextus ante Kalendas Martias. Da qui l’appellativo di bisestili attribuito agli anni di 366 giorni. Per tener conto della differenza con il calendario solare, non di 6 ore ma di 5h 48’ 46” fu necessaria un’ulteriore riforma, quella effettuata da papa Gregorio XIII nel 1582. 113
Si toccava la fronte, col coltello ancora intriso di sangue della vittima, a due giovani e quindi si nettavano loro le macchie di sangue con lana intinta nel latte. Dopo il sacrificio i sacerdoti, chiamati Luperci, tagliavano strisce di pelle delle vittime sacrificate e dal luogo del sacrificio, che era il Lupercal sul monte Palatino, percorrevano la città coperti soltanto da un grembiule di pelli tagliate. In una mano stringevano il coltello insanguinato con cui avevano immolato al dio le capre, nell’altra le sferze (februa) con le quali percuotevano le donne per ottenerne la fecondità. Le donne maritate andavano volentieri loro incontro e si lasciavano sferzare dalle cinghie persuase che ciò apportasse la felicità del matrimonio e fosse in pari tempo una purificazione ed una espiazione. Per questa ragione il giorno si chiamava dies februatus, da februare, purificare ed espiare; il mezzo di purgazione, cioè la pelle, era detto februum, e il mese della festa Februarius.
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32.4
CALENDARIO GREGORIANO
Nel 1582 il Papa Gregorio XIII risolse il problema dei 10 giorni in più semplicemente omettendoli: decretò che al 4 ottobre (giovedì) di quell’anno seguisse immediatamente venerdì 15 ottobre. Papa Gregorio riassestò le lunghezze dei mesi nella loro moderna versione e, cosa ancora più importante, stabilì il modo di correggere la lieve inesattezza del calendario giuliano, decretando che sarebbe stato considerato anno bisestile (di 366 giorni) l’anno secolare (1600, 2000 ecc) che fosse divisibile per 400. Questa è la ragione per cui il 1700, il 1800 e il 1900 non furono bisestili, mentre lo è stato l’anno 2000. Oggi lo scarto rispetto all’anno tropico si riduce a 0.0003”. La riforma gregoriana è stata via via accettata da quasi tutti i popoli di religione non cattolica (Inghilterra nel 1752, URSS nel 1918, Grecia nel 1932). 32.5
C A L E N D A R I O A N G L OS AS S ONE
Nel mondo anglosassone il giorno 3 settembre 1752 non è mai esistito e così pure i 10 giorni seguenti. In quell’anno, infatti, la Gran Bretagna e le colonie americane adottarono il calendario gregoriano e si rimisero al passo perdendo 11 giorni. 115
G I U L I O
C E S A R E
IANUARIUS
FEBRUARIUS
MARTIUS
APRILIS
MAIUS
IUNIUS
IULIUS
AUGUSTUS
SEPTEMBER
9° mese ( 7° dell’anno romuleo)
OCTOBER
10° mese ( 8° dell’anno romuleo)
NOVEMBER
11° mese ( 9° dell’anno romuleo)
DECEMBER
12° mese (10° dell’anno romuleo)
IULIUS
quinto mese dell’anno antico; 44 aC, in onore di Giulio Cesare.
AUGUSTUS sesto mese dell’anno antico; 8 aC, in onore di Cesare Augusto. Poiché il mese dedicato ad Augusto era di 30 giorni mentre quello dedicato a Cesare era di 31, per non fare disparità, venne aumentato il mese Augustus di un giorno, accorciando febbraio a 28 negli anni normali e a 29 in quelli bisestili.
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33. L U P E R C A L I A Vi fu infatti un tempo in cui per dura sorte le spose davano rari pegni del loro ventre.… Ai piedi del monte Esquilino v’era un bosco rimasto intatto per lunghi anni, consacrato al nome della grande Giunone. Come giunsero qui le spose con i loro mariti, si prostrarono in terra, in ginocchio, atteggiamento supplichevole. All’improvviso il bosco fu scosso e ne tremarono le cime e la dea attraverso la selva pronunciò strane parole. Un caprone sacro, disse, penetri le madri italiche. Stupì la folla, atterrita da questa frase ambigua. V’era un àugure - il nome s’è perduto negli anni venuto di recente esule dalla terra etrusca: egli sacrifica un caprone: al suo ordine le spose offrono le spalle alle percosse delle strisce di pelle recisa. La luna rinnovava le corna del suo decimo ciclo, e il marito ben presto diventava padre, e la sposa madre. Ovidio, Fasti, Libro II, [429, 448]
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Dio è un fanciullo, e quando cominciò a giocare diede vita alla
Erath
L'evoluzione evolve da miliardi di anni. Sarebbe utile, oltre che intelligente, impegnare, anche per poco, le nostre capacità introspettive nel cercare di penetrare, di sentire la dimensione o il fenomeno miliardi di anni34 ed i suoi conseguenti significati. Dovrebbe fare un certo effetto, specialmente in chi crede che tutto ruoti attorno a lui ed alle sue incrollabili certezze! La matematica evolve, ma solo da qualche migliaio35. Un tempo esiguo al confronto, che non può aver causato grandi cambiamenti nella struttura logica del cervello umano, con un sistema nervoso che ancor oggi risente di primitive, raccapriccianti urla di terrore e vibra tuttora per trauma ancestrali. Quando pensiamo matematicamente utilizziamo abilità mentali impresse nel nostro bagaglio genetico già milioni di anni prima che la matematica venisse sospettata, intravista, formalizzata in modo semplice, intuita. Comunque l’architettura logica del nostro cervello e le conseguenti leggi matematiche hanno subìto un processo di adattamento alla struttura dell’universo, una vera e propria evoluzione: sono sopravvissute solo le teorie matematiche più adatte a meglio rappresentare la realtà. L’evoluzione è lentissima, quella del bagaglio genetico è anche delicatissima, dipendente com’è da mutazioni imprevedibili: migliaia di tentativi falliti, poi... uno favorevole, utile, evolutivo in quanto legato alla migliore sopravvivenza, destinato quindi ad essere tramandato alle generazioni successive. Le culture, al contrario, evolvono molto, molto più in fretta. Non appena nasce l’idea giusta, lo stimolo buono, il
matematica; essa è il gioco più divino che vi sia tra gli uomini.
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E V O L U Z I O N E
34. 15 miliardi 5 miliardi 3,5 miliardi 600 milioni
225-190 milioni 190-135 milioni
135-65 milioni
65 milioni
65-2,5 milioni
A N N I
F A
nascita dell’Universo formazione del pianeta Terra prime forme di vita nelle acque Pangea, completamente circondata dall’acqua (Pantalassa); flora e fauna solo acquatica; primi vertebrati: gli ostracodermi, antenati dei pesci; inizia la vita sulla terraferma: prime piante (tipo felci) e animali (scorpioni); si diffondono le foreste; si formano i continenti; grande sviluppo dei rettili triassico scissione della Pangea; grandi rettili giurassico ricca vegetazione; diffusione dei dinosauri; primi uccelli e mammiferi cretacico: angiosperme; monocotiledoni; tirannosauridi; movimenti orogenetici e cambiamenti climatici; scomparsa misteriosa dei grandi rettili era cenozoica: grandiosi fenomeni orogenetici; deriva dei continenti terziario:
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John von Neumann
Le idee matematiche sorgono nella empiria anche se la
genealogia è spesso lunga e oscura.
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seme fruttifero, il progresso in tutte le sue forme si sviluppa e si espande immediatamente, attraverso linguaggio ed educazione. La necessità, unita alla capacità di risolvere i problemi36, ed al sapersi adattare, sono le molle vincenti. E così solo qualche migliaio di anni è stato sufficiente per costruire l’edificio matematico che oggi conosciamo. Gran parte di ciò che chiamiamo matematica è lo sviluppo degli stimoli e dei pensieri sollecitati da aspetti naturali quali: l’esistenza, la presenza, la mancanza, la grandezza, la forma... La matematica nasce e si sviluppa durante la vita quotidiana dell’uomo: riflessioni in itinere. Non è empiria in sé, ma nasce dall’empiria. Gli enti razionali come i punti, le rette, i piani sono figli della ragione, sono astrazioni che aderiscono alla struttura delle realtà empiriche dalle quali provengono. La matematica dunque è un metodo. Non una disciplina, un cassetto del sapere, quello che contiene formule, costruzioni mentali, astrazioni... è un metodo: il metodo che porta da situazioni fisiche a situazioni mentali, da strutture reali a strutture astratte, che hanno però a che fare con le strutture reali di partenza, risultandone un loro estremo perfezionamento. Siamo tutti dei matematici, in ogni istante, più o meno consapevolmente. Secondo le analisi esposte il nostro cervello non è diverso da quello degli antenati di cinquantamila anni fa e i nostri giovani imparano la matematica con un bagaglio genetico inizialmente destinato alla sopravvivenza nella savana o nelle grotte preistoriche. Del resto è, per il 98%, identico a quello di uno scimpanzé!
mammiferi; pesci; anfibi; uccelli; primati 2,5 mil - 11 .000 quaternario glaciazioni; ominidi: australopiteci; protoantropi (Homo habilis, Homo erectus, tra cui il pitecantropo e il sinantropo); ciottoli scheggiati; fuoco, capanne. Sviluppo dell’ Homo sapiens neanderthalensis; cultura musteriana; schegge e raschiatoi; cannibalismo rituale, seppellimento dei defunti con corredo. Sviluppo dell’Homo sapiens Cro-Magnon. Culture aurignaciana (dalla grotta di Aurignac nell’Haute-Garonne), perigordiano (dalla regione di Périgord), solutreana (da Solutré nel dipartimento di Saòne et Loire), maddaleniana (dalla grotta de La Madeleine a Tursac in Dordogna). Lame di pietra, punte, raschiatoi, bulini; lavorazione dell’osso e del corno. INCISIONI, GRAFFITI, PITTURA SU ROCCIA manifestazioni di credenze religiose e magiche 11.000 anni - oggi Homo sapiens sapiens, l’uomo attuale.
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L’astratto non è la negazione, è la moltiplicazione del concreto, è un multiconcreto. L L Radice
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I N S E G N A M E N T O Alcune sintesi matematiche, la cui struttura sia abbastanza vicina alla nostra architettura cerebrale, ci sembrano intuitive, altre meno comprensibili. Il cervello impara solo ciò che è collegato con le sue conoscenze di base, quindi anteriori, e costruisce il suo edificio matematico senza ingurgitare astruserie che non può capire e che, per tal motivo, rigetta. Scopo dell’insegnamento è allora nella strategia migliore per porre su piani paralleli, o almeno non divergenti, il bagaglio genetico matematico quasi indifferenziato che è in tutti noi, animali compresi, ed il grande tempio culturale che l’uomo ha creato proprio a partire da quella manciata di sinapsi comuni. Si agevoli e si assecondi il pensiero intuitivo dei discenti, si dia vita a discussioni maieutiche al fine di elaborare la sintesi di pensiero che meglio possa rappresentare il fenomeno in analisi e, attraverso frasi sempre più limate e sempre meno ridondanti (come si fa con le poesie), si cominci a sfrondare e ad astrarre, a sintetizzare e formalizzare. Verrà allora partorita quella che, a ben ragione, potremo chiamare la nostra regola, da confrontare poi con quella della matematica garantita ed ufficiale. Partendo dalla capacità espressiva del giovane, sarà facile giungere alla utilità delle scorciatoie che la notazione matematica simbolica permette. Occorre però ripercorrere, nel cervello di ciascun allievo, la storia della matematica e delle sue motivazioni. Il primum movens sarà allora nel come, cioè nel metodo. Risulteranno fondamentale, per ben riuscire in tale operazione, grandi investimenti statali per migliorare, di
P i t t u r a
g r o t t a d i
r u p e s t r e
A l t a m i r a,
d e l l a
S p a g n a
Le prime manifestazioni dell’arte rupestre (le pitture sulle pareti delle grotte) hanno inizio forse intorno al 30.000 aC. La vera arte paleolitica è riconoscibile solo dopo il 20.000 e culmina intorno al 14.000 - 13.000.
123
Oscar Wilde
L’unico dovere che abbiamo nei confronti della storia è quella di riscriverla.
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molto, la preparazione degli insegnanti, imponendo una rigorosa meritocrazia, mentre per gli istituti scolastici si dovrà ricorrere ad una effettiva concorrenzialità. Non penso certo alla miseria dei concorsi a cattedra dai quali escono, in buon numero, o amichetti o compagnucci o chi non dovrebbe mai insegnare perché supera l’esame solo grazie alla sua poderosa memoria rendendolo, al più, abile al propinamento di pastoni per oche o pappagalli. Meritocrazia significa non solo attribuire grandissimo valore (fino a decuplicare lo stipendio) e potere culturale (totale gestione dell’Istituto) agli educatori carismatici, organizzatori di cultura insieme ai loro discenti. Significa anche dirottare in Arcadia (la Beozia va bene lo stesso), gran parte di quegli istruttori che ripetono ripetutamente regole che il cervello del giovane non accetterà mai, ma che capirà e farà sue solo se le ricreerà da solo37, certo in collaborazione con il docente. Lo studente deve fare congetture intorno ad una qualsiasi problematica. L’insegnante deve intervenire al momento in cui sia necessario modificare una tesi del tutto errata, purchè non inibisca il gusto del congetturare. Il modo migliore per capire e quindi imparare è quello di ipotizzare, di fare, di agire, di concretizzare, di sentirsi piacevolmente protagonista. La scuola non può consegnare ai giovani giustificazioni a posteriori di risultati che cadono dall’alto, tavole che appartengono al limitato sapere dell’istruttore ripetitore. Deve invece sviluppare nei giovani il senso della critica, della ricerca, della scoperta di elementi particolari, di regolarità, di irregolarità, di fenomeni dei quali lo studente stesso formalizzerà regole guida.
35.
M AT E M AT I C A . . . . FA
Nel 1879, in Spagna, nella grotta di Altamira, sui Monti Cantàbrici, furono scoperti molti disegni di animali (bisonti, cavalli, cervi) dipinti in rosso, decorati in nero e ocra. Tutto il mondo conobbe allora l’esistenza di pitture di età preistorica inserite in un complesso così vasto e importante da far meritare alla grotta il soprannome di Cappella Sistina della preistoria. Molte altre scoperte sono state poi effettuate in quasi tutta l’Europa, in Africa, in Asia. Nella lunga vita dell’uomo, dalla sua comparsa sulla terra (qualche milione di anni or sono) e dal suo passaggio all’evoluzione culturale (circa 500.000 anni fa), fino ad oggi, l’inizio della produzione figurativa è relativamente recente. Lo si fa risalire infatti a non oltre il 40-30.000 aC. È il periodo detto paleolitico (dal greco palaios, antico, e lithos, pietra). Alcune scoperte archeologiche suggeriscono poi che l’idea di numero e di figura sia addirittura molto più antica rispetto alla nascita della civiltà e della scrittura stessa: si è trovata traccia di conteggi da parte dell’uomo di Neanderthal, oltre cinquantamila anni fa; si sono scoperti disegni geometrici primitivi su rocce di oltre venticinque mila anni, all’epoca dell’uomo di Cro-Magnon. Particolarmente interessante è la scoperta di ossa di animali, risalenti anche a venticinquemila anni fa, profondamente incise con intaccature riunite in gruppi di cinque o multipli di cinque. Dunque i primi vagiti, le prime urla, le prime radici, rispetto alla comparsa dell’uomo sulla terra, sono proprio di poco tempo fa.
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Socrate
s a p e r e . n o n d i S o
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Il libro di testo deve essere essenzialmente un libro di cultura, quindi si redige in classe e si pubblica in piena autonomia. Questa è anche l’essenza del confronto e della competizione per scuole private o non private, pubbliche o semipubbliche. Il programma di matematica diventa programma di storia della matematica con il corredo di tutto quello che serve per capire (storia, lingue, filosofia, italiano... ecc ecc). La storia ci propone l’umanità, ne mostra ansie e tormenti, difficoltà ed errori; inserisce il matematico nella cultura del suo tempo e quindi ne giustifica i limiti, gli orientamenti e contribuisce ad una visione completa ed unitaria del sapere. Il più freddo teorema diventa il frutto di una appassionata ricerca. L’insegnante deve essere un organizzatore di cultura, in grado di sapere o di rivelare di non sapere ma disponibile a ricercare ed a studiare insieme agli studenti. Durante il mio insegnamento presso il Liceo Classico, quante volte ho scoperto, nella biblioteca d’Istituto, preziosissimi libri di autori greci presenti nella edizione tedesca, in quella francese, in quella inglese, ma non tradotti in italiano. Mi sono domandato e mi domando: perché non si traducono insieme, in classe? Perché non si stampano un po’ di questi libri fatti in casa? I libri di testo elaborati in classe ogni anno si impreziosiscono, attraverso la ricerca, di notizie, riflessioni, argomentazioni, cultura, con il lavoro comune di tanti studenti. Di eserciziari ce ne sono a iosa, nei data base del computer. Basta acquistare, per consultazione, qualche altro libro di testo, d’autore o d’Istituto, per controllare i risultati ottenuti. La scuola deve ormai produrre cultura, non ripetere solo i pensieri degli altri, da altri riportati (si facesse magari uso di documenti autentici o di testi originali, macché, tutto diventa un
36.
RISOLVERE UN PROBLEMA
Risolvere un problema è il compito specifico dell’intelligenza e l’intelligenza è il dono specifico dell’uomo. L’abilità di aggirare un ostacolo, di intraprendere una strada indiretta, là dove non si presenta una strada diretta, innalza l’animale intelligente sopra quello ottuso, innalza l’uomo di gran lunga sopra il più intelligente degli animali e gli uomini di talento sopra i loro compagni di umanità. Niente è più interessante per noi uomini della attività umana. L’attività umana più caratteristica è il risolvere problemi, il pensare secondo uno scopo, l’inventare metodi per raggiungere un fine desiderato. Polya
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Aristofane
Non puoi insegnare al granchio a camminare diritto.
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raccontino banalizzante, fantasioso... o un... bignamino). Si parla, spesso a sproposito, di competitività... come? Facendo elemosina a qualche insegnante di buona volontà con l’assunsione di incaricucci o promovendo tutti, superfannulloni inclusi, così presidi e professori non perdono posto e gli studenti si iscrivono a frotte? O sarebbe opportuno che gli studenti possano iscriversi ai corsi di un insegnante bravo, carismatico e che sappia motivare alla ricerca? E che nelle liste di quelli non proprio bravi possa anche esserci nessun iscritto... e che quest’ultimo istruttore non possa più avere alcun ruolo nella gestione della scuola, mentre potrebbe aspirare benissimo ad un incarico di collaboratore ecologico. O vogliamo diabolicamente insistere in quella ipocrisia della cosiddetta libertà di coscienza, perché i genitori puri, possano iscrivere i loro figli in una scuola ideologica? Ma che c’entra la cultura con l’ideologia? Sfido chiunque a dimostrare quali siano i mirabolanti insegnamenti che rendono, a loro dire, le scuole private, anche quelle con bravi insegnanti, così diverse, innovative, creative rispetto alle scuole pubbliche. Si tratta invero di gruppi di insegnanti che, ad andare bene, arrotondano la pensione ridistribuendo il loro antico sapere oppure di giovani insegnanti costretti a subire anche la terribile amputazione dello stipendio, per accumulare quella manciata di punti gradutoria che potrebbe portarli, sul limitare dell’età pensionabile, all’agognato e sospirato ruolo. Per gli insegnanti di religione invece è sufficiente, per entare in ruolo, la firma benedicente del loro caro vescovo! Anche se la cattedra salta, a loro cosa interessa? Sono di ruolo, loro, alla barba di tutti gli altri colleghi! Proprio come avrebbe voluto il nostro amatissimo Cristo!
37.
CREARE LA MATEMATICA
...la matematica è una creazione della mente umana. Essa non esiste al di fuori della mente umana e prende le sue qualità dalle menti degli uomini che l’hanno creata. Siccome la matematica è fatta dagli uomini ed esiste soltanto nelle loro menti, essa deve essere fatta, o rifatta, nella mente di ogni persona che l’apprende. In questo senso la matematica può essere appresa soltanto creandola. Non crediamo che si possa fare una netta distinzione tra le attività dei matematici che inventano nuova matematica e le attività degli alunni che apprendono una matematica che è nuova per essi. Gli alunni ed i matematici hanno risorse diverse ed esperienze diverse, ma tanto gli uni che gli altri sono coinvolti in uno stato creativo. Vogliamo sottolineare il fatto che la matematica che un alunno conosce è, in un senso reale, un suo possesso, perché l’alunno l’ha creata con un atto personale. Notes on Mathematics in Primary Schools, documento dell’Associazione degli insegnanti di matematica inglesi
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JW Goethe
Tra tutti i popoli, i Greci sono quello che ha sognato nel modo più bello il sogno della vita.
130
LE
NOSTRE
RADICI
VI secolo aC: erede dei matematici egiziani e babilonesi, la civiltà greca (uno degli iniziatori fu Talete) rese la matematica una disciplina in cui regole empiriche tratte dalla quotidianità venivano trasformate in pensiero ordinato e sistematico. Nacquero allora i processi principali su cui basa la sua organizzazione logica: l’astrazione (ricavare una regola generale dall’osservazione di fenomeni diversi), la deduzione (partendo da alcune premesse, ricavare una conclusione coerente con le assunzioni del ragionamento). La geometria si caratterizzò con l’idealizzazione degli enti geometrici. Triangoli, poligoni, cerchi diventano enti liberati dalla materia; enti geometrici razionali, cioè punto senza dimensioni, linea senza larghezza, superficie senza spessore. Astrazioni di altissimo livello. I greci svilupparono la matematica più complessa dell’antichità e le nozioni di questa scienza furono poi conservate e accresciute nel mondo islamico per essere infine trasmesse, nel Basso Medioevo, all’Occidente latino. La cultura greca è dunque una delle illustri basi della civiltà occidentale38: ci ha consegnato opere sublimi di letteratura, gli inizi della filosofia, della storia, le prime analisi della fisica, la generalizzazione nella matematica. L’italiano è una lingua neolatina, ma la civiltà latina si è formata nell’ambito dell’ellenismo, sia pure con caratteristiche sue proprie.
38.
E
L A
B A L L ATA . . .
Ballo: mettere, gettare SIMBOLO Sumbolon, simbolon (contromarca, per indicare le due metĂ o parti corrispondenti di un oggetto che venivano conservate da due diverse persone al fine di potersene servire come segno di riconoscimento). Da sumballw, simballo (mettere insieme, unire), composto di sun, sin (insieme) e ballw, ballo. EMBOLO Emboloj, embolon (cosa appuntita che si introduce). Da emballw (gettare in) quindi schieramento di battaglia a cuneo, rostro ferrato, sperone. Oggi anche formazione estranea, solida, liquida o gassosa, presente nel sangue.
BOLIDE Bolij, bolis (giavellotto, proiettile). Da ballw (scagliare) quindi dardo scagliato, bolide. 131
Oscar Wilde
Tutti coloro che sono incapaci di imparare si sono messi a insegnare.
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Gli uomini di cultura romani parlavano greco e latino. Cicerone usava spesso espressioni greche. Plutarco riferisce che Giulio Cesare gridò le sue ultime parole in greco. Gli imperatori Marco Aurelio e Giuliano scrivevano in greco. Non si può insomma immaginare la civiltà romana senza quella greca. La moderna civiltà di massa è oggi invece dominata dalla scienza e dalla tecnologia, quindi, dalla matematica, che è il linguaggio della scienza. La cultura oggi non si identifica più esclusivamente con quella classica, però, in un mondo governato dalla matematica, la tradizione classica, greca o latina, rappresenta il segno della nostra identità culturale, le nostre stesse radici, di cui abbiamo bisogno per capire più e meglio. In una cultura tendenzialmente massificante come quella moderna, perdere l’identità culturale è un rischio possibile, forse incombente. La produzione industriale che impone gli stessi oggetti su tutti i mercati, i mass media che diffondono informazioni standardizzate, la pubblicità che regola i nostri desideri in funzione dei bisogni dei poteri forti internazionali, sono un rischio per la nostra capacità di pensare autonomamente, per la nostra stessa libertà di pensiero. Lo studio della matematica, inteso a partire dalle nostre radici culturali, o in esse intriso, ci avvia a ritrovare le nostre origini e può aiutarci a portare un contributo rilevante di civiltà e di cultura al villaggio globale in cui siamo ormai costretti a vivere.
DIAVOLO Diaboloj, diabolos (calunniatore, avversario. Da dia, dia (in mezzo a, attraverso) e ballw (gettare) quindi tentatore, calunniatore, seminatore di zizzania IPERBOLE Uperbolh, iperbole (il gettar oltre). Da uper, iper (oltre, al di sopra) e ballw, lancio oltre, esagerazione (ben 4 asintoti!). L’perbole è anche figura retorica che consiste nell’intensificare ed esagerare una espressione. PROBLEMA Problhma, problema. Da pro pro (prima, davanti) e ballw (pongo) quindi proporre, questione da risolvere. 133
Orazio
La let tura che è piac iuta, pi ac e rà anc he se ripe tu ta die c i v olte .
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A R R I V E D E R C I La differenza tra la presenza di un essere isolato o di un gruppo di esseri; la grandezza variabile tra enti della setssa natura; le forme disuguali, dei corpi e degli oggetti; la occasionale presenza di un nuovo ente, la sua scomparsa... tutto ciò ha sicuramente condotto ad alcune embrionali regole o ad abbozzi di comportamento: le osservazioni, la memorizzazione, le differenze, l’ordine, le relazioni. E’ chiaro che latente sull’intero processo conoscitivo è il concetto di esistenza e di unicità. Tratti di similarità tra unicità, tra entità fisiche concrete, concorrono allo sviluppo ed al fiorire di uno dei meccanismi mentali di base per lo sviluppo dell’uomo: una corrispondenza che condurrà, lentamente, alla chiave di volta della matematica stessa:
la corrispondenza biunivoca. Nel prossimo volume ci occuperemo dell’ampliamento del senso del numero, della corrispondenza biunivoca, dei metodi per ricordare e per elaborare quantità superiori al tre, del contare, delle numerazioni. Buona rilettura.
PARABOLA Parabolh, parabola (comparazione, paragone, illustrazione, analogia. Da para, para (accanto, in confronto) e ballw (mettere) quindi metto a lato, paragono, percorso indiretto, racconto allegorico. PARABOLA... PARABOLARE... PARAB’LARE... PARLARE! PARAULARE...
ANCHE PARLARE.... ED ANCHE TUTTO QUELLO CHE AVETE LETTO E’.... MATEMATICA! Arrivederci al prossimo volume: LA CORRISPONDENZA BIUNIVOCA E LA NUMERAZIONE 135
LA TAVOLA DEL DIECI 1 - Elaborare una bibliografia ragionata (cartaceo - elettronico) sulla storia della matematica; confrontare notizie, vagliare l’attendibilità e la serietà dei documenti, degli articoli, dei libri 2 - Ricercare e catalogare, nella loro successione temporale, graffiti e simboli su pietra, legno, osso, foglie, papiri, ostracon 3 - Ricercare storia, nascita, etimologia di tutte le parole ed i simboli della matematica 4 - Organizzare corsi di greco per le parole della matematica, qualunque sia l’istituto di appartenenza 5 - Studiare ed analizzare l’età del sistema solare, della terra, delle sue ere e paragonare quei tempi con la vita che conosciamo ed i tempi che trascorriamo 6 - Seguire, anche attraverso Internet, i risultati delle ricerche di centri universitari specialistici sul senso del numero, delle forme, dei colori da parte di uomini primitivi e di animali 7 - Approfondire la conoscenza di alcuni animali, non solo dal punto di vista comportamentale 8 - Escogitare metodi per provare il senso del numero su animali disponibili. Le ipotesi da seguire, da cambiare, da raffinare, sotto la guida di un educatore, possono contribuire molto a fabbricarsi un ottimo metodo di analisi e di lavoro. Un metodo infatti non è un pacco dono. Un metodo si vive, si attraversa, si realizza con determnazione e continuità, si perfeziona in itinere, anche dietro l’esempio dell’insegnante 9 - Giornata della memoria: ad ogni studente una copia di una testo letterario, filosofico o poetico. Poi discussione e analisi personale di quanto capito dalla lettura stessa 10 - Il vostro insegnante è pagato per essere un educatore: se sa comunichi bene, se non sa lo dica e vada a studiare o a ricercare insieme a voi.
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