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CHI AMA IL VINO E PER CHI VUOLE CONOSCERLO
Anno XIII - n. 83 - Euro 5 - Luglio 2015
L A R IVISTA DEL V INO E DEL B UON B ERE
www.euposia.it www.italianwinejournal.com
E ’ boom per le bollicine inglesi Emilia Wine
Fusione vincente Sud Africa
Degustazioni imperdibili dai vigneti del Capo Angela Giacobazzi
L’ost-politik del gruppo Donelli Opera prima, dedicata al fondatore - Verticale in Villa - Valle del Rodano: Grignan les Adhémar - I migliori Mueller Thurgau premiati a Cembra - Mille Miglia con Santa Margherita - Degustazione: le birre Regionali Moretti Toscana archistar - Summer Lamb - Formaggi in Carnia - Cava 2014 BIMESTRALE - "Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 NE/VR"
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s o m m a r i o
PRIMO PIANO 12
12-15 Grignan les Adhémar Put-pourri nella valle del Rodano 22-28 Emilia Wine Polo...”frizzante”
DEGUSTAZIONI 16
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Mueller Thurgau I campioni d’Europa
32-39 Sud Africa Vini eleganti da una terra unica 54 Birra Moretti Quattro “regionali”, un grande successo
TERRITORI E FOCUS 32 58
58-63 Regno Unito Cambia passo, e cresce, il vino dei Windsor 64-68 Toscana Buen ritiro dagli “archistar”
70-71 Summer lamb Ricette italiane per carni gallesi
70 I NOSTRI RIFERIMENTI Tel. - Fax 045 591342 - redazione@euposia.it Per inviare cartelle stampa o materiale informativo: Nicoletta Fattori: fattori@euposia.it Per inviare bottiglie da inserire nelle degustazioni cieche: Redazione Euposia - Via Prati 18 37124 Verona (Vr)
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APPASSIONATAMENTE MEDITERRANEO
12a edizione
2016
IL SALONE INTERNAZIONALE DEI VINI E DEI LIQUORI MEDITERRANEI
15.16.17 FEB MONTPELLIER FRANCIA www.vinisud.com
PRIMO PIANO
PRIMO PIANO
DEDICATO AL FONDATORE Con Opera Prima, Luca Ferraris ricorda l’impegno del nonno ed indica la strada per il rilancio del Monferrato
< Il desiderio di proporre un vino memorabile, che potesse ricordare i grandi vini di Borgogna a base di Pinot Noir e resistere al tempo mantenendone inalterata la qualità, si sposa perfettamente ai viaggi Oltralpe per ricercare punti di contatto con il Ruchè. Il risultato finale è frutto del lavoro degli uomini che credono in questo progetto, è volontà di dedicare un prodotto inimitabile al
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capostipite Martino - fondatore dell'azienda - attraversando lo spazio temporale, è certezza di costruire un vino unico come un'Opera Prima. Opera Prima di Luca Ferraris nasce da questo insieme di cose oltre che dalla ricerca spasmodica della vigna perfetta, “trovata” attraverso un'inedita combinazione di terroir, esposizione e microclima che, insieme, riescono a garantire i frutti necessari alla realizzazione di un prodotto di altissima qualità. Il vigneto è situato sul versante sud della dorsale collinare che si sviluppa da Castagnole Monferrato e “corre” verso Asti. Suoli ricchi di calcare, poveri, in cui la vite cresce con un vigore modesto. Grazie all'esposizione al sole si ottengono frutti dalle bacche piccole e molto colorate, con un succo molto concentrato. A garantire eccellenza al prodotto concorre anche una volontaria riduzione della produzione ed un conseguente diradamento delle uve, che hanno abbassato la resa a soli 35 quintali di uva per ettaro. Ogni grappolo viene selezionato accuratamente per essere poi fermentato lentamente in botti di rovere. Al termine di questo processo Opera Prima viene svinato e
OPERA PRIMA
lasciato riposare per 24 mesi in tonneaux di rovere da 500 litri, per stabilizzarne colore e affinamento dei tannini, nel contesto della meravigliosa cantina scavata nel tufo, in cui la temperatura rimane costante lungo tutte le stagioni dell'anno. Dal momento della messa in bottiglia, il vino attende il completamento dell'affinamento al buio e a temperatura di cantina per altri 12 mesi, prima di poter essere pronto per la vendita. La storia dell'azienda cominciò quando il bisnonno Luigi emigrò in America e trovò l'oro durante la "Golden rush" in California. Grazie a questi proventi, la moglie Teresa, che era rimasta in Italia, ebbe la possibilità di realizzare i propri sogni. Nel 1921 poté, infatti, acquistare la casa in Via al Castello, dove fino a poco tempo fa era ubicata l'azienda e dove tuttora si trovano le cantine storiche della famiglia. Due anni dopo, il nonno Martino comprò il “Casot”, un
casolare rurale nel mezzo di un appezzamento di 40.000 mq dove oggi sorge uno dei vigneti più rappresentativi dell' Azienda. In seguito impiantò i i vigneti e acquistò alcune botti per vinificare in proprio la produzione, che, inizialmente veniva venduta all'ingrosso ai commercianti dell'epoca, e successivamente in damigiane a consumatori privati. Era sempre il nonno Martino ad occuparsi delle consegne, che richiedevano numerosi viaggi settimanali da Castagnole a Torino a bordo del suo cavallo. Dopo la morte toccò al figlio il quale, in un periodo della forte industrializzazione torinese, decise di emigrare in città come molti coetanei dell'epoca. Mantenne comunque sempre viva la stessa passione di suo padre per i vigneti. Continuò dunque ad occuparsi dei vigneti di famiglia, conferendo le uve alla Cooperativa Sociale del paese. Così fino al 1999 quando, dopo il diploma in Agraria, Luca
Ferraris si insediò in azienda e grazie ad una completa ristrutturazione della vecchia cantina, potè rincominciare a vinificare in proprio le uve provenienti dai vigneti di famiglia. Questa fu la svolta per l'azienda e forse per tutto il mondo del Ruchè: fu la prima azienda in zona ad effettuare i diradamenti delle uve per aumentarne la qualità impostandola esclusivamente per la produzione di vino in bottiglia e di alto livello. La produzione crebbe rapidamente. Si passò dalle 10.000 bottiglie dell'annata 2000 alle 60.000 del 2003, anche grazie alla partnership con Randall Grahm della già famosa Bonny Doon Vineyard (California). Oggi l'azienda produce circa 180.000 bottiglie, di cui più di un terzo di Ruchè, si estende su 37 ettari di cui 30 coltivati a vigneto ed è l'azienda agricola a gestione famigliare più grande che si trova nell'area dei sette comuni del Ruchè. >
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News VILLA FRANCIACORTA: UNA GIORNATA CON L’EXTRA BLU IN VERTICALE a Franciacorta è un territorio tutto da scoprire e godere per le sue bellezze che vanno dai borghi alle ville, dalle cascine ai castelli. La sua notorietà la si deve alle bollicine che hanno fatto il giro del mondo diventando famose per le loro caratteristiche organolettiche. Ma è in questi ultimi anni che il Franciacorta inizia ad affermarsi sul mercato nazionale ed estero per merito di alcune aziende che hanno saputo cogliere tutte le sfumature e potenzialità delle uve ancora inespresse. Una di queste è certamente Villa Franciacorta. E' una delle principali realtà vitivinicole del comprensorio che, oltre a produrre tutte bollicine millesimate docg, da anni si è “assunta” anche l'onere di fare cultura, promuovere e far conoscere le diverse tipologie di vino del Franciacorta. Paolo e Roberta Bianchi sono gli anfitrioni della moderna ed antica azienda che ogni anno raccoglie attorno a sé amici, giornalisti ed operatori del settore per degustare annate che si perdono nel tempo e commentarle. Quest'anno la XXI edizione di Villa in Verticale, l’appuntamento annuale con i prestigiosi Franciacorta della maison Villa, Paolo e Roberta l'hanno dedicata all’Extra Brut “Extra Blu”. In degustazione dieci annate: 1993, 1994, 1997, 1998, 1999, 2000, 2001, 2006, 2007 e 2008 che hanno rivelato un millesimato dal carattere inconfondibile capace di narrare la storia del terroir.
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L’enologo Corrado Cugnasco ed Ermes Vianelli, responsabile della produzione, hanno illustrato l’excursus evolutivo che ha caratterizzato le diverse vendemmie negli anni di riferimento. La degustazione tecnica è stata guidata dai sommelier Nicola Bonera e da Alessandro Scorsone. Le annate più gettonate e apprezzate sono state: 1994, 1997 e 1993 con uno strepitoso 2000 che sembra stupire con il botto.. «Extra Blu racconta il mare che è ‘nascosto’ nei nostri terreni - dice Paolo Pizziol - il colore blu intenso dell’etichetta e il nome che abbiamo scelto per l’Extra Brut sono così un’anteprima visiva dell’antico e profondo mare che i terreni di casa Villa
fanno riemergere in questi millesimi. Un patrimonio di sostanze organiche e minerali che si traduce in una impareggiabile ricchezza e complessità esaltata dalla piacevole freschezza e sapidità di questo vino». Ha aggiunto Roberta Bianchi: «Per le degustazioni verticali non serviamo bottiglie conservate sui lieviti con dégorgement tardif, che peraltro potrebbero prevedere liqueur correttivi, ma bottiglie già sboccate e dosate all’epoca, nessun segreto quindi, ma la voglia di condividere con gli amici le rare bottiglie da collezione». Villa in Verticale è indubbiamente uno degli appuntamenti più attesi perché offre la possibi-
lità di verificare nel bicchiere la longevità della tipologia di vino degustato e lo stato di “salute” in bocca e al naso. Questo vuol dire fare cultura e far conoscere la realtà delle bollicine Franciacorta nelle sue varie sfaccettature. Per questo Paolo e Roberta meriterebbero un premio per l'impegno e la passione che ogni giorno dedicano all'arte del fare il vino. Nella foto, Paolo e Roberta nel piazzale dell'azienda con l'ammiraglia della Citron, la DS5, un auto dal designer moderno, slanciata, sicura e lussuosa. E' una ibrida dai consumi molto contenuti, 18 kml nel misto, considerando che è un 2000 con
dentro 180 cavalli che si fanno sentire nelle diverse condizioni di guida, sia nel cambio automatico sia manuale. E' un concentrato di tecnologia che impressiona quando ci si siede al posto di guida, sembra di essere in una cabina di pilotaggio di un aereo, tanti sono i comandi. Tanta innovazione in un auto nata 60 anni fa con lo “squalo”, fece innamorare tutti, e che oggi con la DS5 continua a far sognare per merito degli ingegneri del gruppo francese che hanno saputo interpretare modernamente la storia di questa auto. Come lo è per le bollicine di Villa Franciacorta, una storia iniziata nel 1960 che non finisce mai di far sognare. (Enzo Russo)
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FIOR D’OF: LA GRAPPA SI RINNOVA
ior d'OF Barrique è l'innovativa proposta dei Maestri Distillatori Of Bonollo, l'ennesimo esercizio di stile in cui si esprime tutta l'esperienza e la passione per l'arte della distillazione della dinastia Bonollo di Padova. E' un'acquavite ottenuta a partire da un blend di uve assai ricche di aromi, fra le quali vi è la "firma sensoriale" delle varietà autoctone Corvina e Rondinella, le uve del celebre e pregiato vino Amarone della Valpolicella. Fior d'OF deve il suo bouquet delicatissimo e persistente ed il suo gusto inimitabile al sistema unico di distillazione Bonollo: impiegando l'alambicco discontinuo bagnomaria, il ventaglio delle componenti aromatiche fruttate fiorisce delicatamente fino a raggiungere il suo massimo potenziale. Si manifesta sin da subito un carattere franco e delicato, che viene poi affinato attraverso il lento invecchiamento in barrique
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A settembre il “Grappa-day” Sabato 12 settembre, in occasione dell'undicesima edizione di "Grappa Day", il tema principale sarà "Grappa, distillazione e sostenibilità - il ciclo virtuoso della distilleria finalmente in primo piano" ma come consuetudine - sarà l'occasione per affrontare in modo complessivo e strutturato il mondo della grappa. Ovvero, il distillato italiano più celebre nel mondo: racchiude l'eredità secolare di un Paese con una grande vocazione vinicola. La grappa avvolge con i suoi aromi complessi, regala calde emozioni e piacevoli sensazioni; tecniche diverse di distillazione insieme a sapienti interventi da parte dei "mastri distillatori" combinati con eventuali periodi più o meno lunghi di invecchiamento in contenitori differenti (per capacità e legni) aprono universi infiniti di gusti e abbinamenti. La grappa è assai versatile e viene utilizzata anche in cucina come ingrediente nella preparazione di diversi piatti.
di rovere francese. Da qui derivano le tonalità vanigliate e leggermente speziate che si fondono con le delicate note fruttate derivate dall'uva. Giusto mix tra tradizione ed innovazione Fior d'OF Barrique è un distillato nobile, ricercato, squisitamente ricco, rigorosamente invecchiato. Fior d'OF Barrique è sorprendentemente morbido, raffinato, franco e distintivo, adatto ad un consumatore edonista e ambizioso, ma anche curioso ed evoluto, che sa apprezzare i piaceri della vita. Fior d'OF Barrique è un'esperienza sensoriale nuova, emozionante, dedicata in modo particolare ai cultori della filosofia produttiva Of Bonollo, apprezzata sia dal pubblico maschile che femminile più esigente ed esperto, ma anche in grado di appassionare chi per la prima volta si avvicina ad un esercizio sensoriale di così alto profilo.
News
ALBERTO CORDERO DI MONTEZEMOLO RICONFERMATO PRESIDENTE DELL’ALBEISA iconfermato il vertice dell'associazione Albeisa, fondata nel 1973 per promuovere e valorizzare i vini dell'albese attraverso l'omonima e caratteristica bottiglia. Giovedì 12 giugno il consiglio di amministrazione ha riaffidato il mandato per i prossimi tre anni ad Alberto Cordero di Montezemolo, dell'Azienda Agricola Monfalletto che a 34 anni prosegue quindi nella guida della più rinomata realtà dedicata alla promozione dei produttori di Langhe e Roero. Albeisa è conosciuta in tutto il mondo anche per essere l'organizzatrice dell'evento Nebbiolo Prima, anteprima mondiale di questi tre grandi vini, definito "wine summit italiano per eccellenza". L'associazione ha quindi deciso di continuare a puntare sui giovani ma anche su nuovi volti e sulle "quote rosa" nel cda, a conferma di come il gioco di squadra sia un punto fondamentale nella politica di Albeisa. «Sono chiaramente felice di potere ricoprire questa carica importante per altri tre anni - ha commentato soddisfatto Alberto Cordero di
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Montezemolo (il primo a sinistra nella foto) -. Sono stati riconfermati i componenti del consiglio di amministrazione e ne sono stati accolti di nuovi, tutte donne». L'incremento della produzione è uno degli obiettivi principali per i prossimi tre anni: «Nel complesso prosegue - i soci di Albeisa sono molto soddisfatti di come sta procedendo la nostra attività: solamente nel 2014 sono state prodotte e commercializzate 16 milioni delle nostre bottiglie speciali ma abbiamo pianificato di continuare ad aumentare questi numeri già nel corso del 2015». Una soddisfazione che emerge anche dall'ultima edizione di Nebbiolo Prima, evento clou organizzato dall'associazione: «Crediamo molto in questa anteprima internazionale, diventata punto di riferimento sia in Italia sia a livello globale - continua il presidente -. Quest'anno abbiamo ospitato cento giornalisti provenienti da trentacinque Paesi e, di pari passo, aumenta la partecipazione dei produttori. Questa crescente adesione permette quindi alla stampa di settore di avere una
visione sempre più globale del territorio, trasmettendo i nostri valori e quelli dei nostri vini a migliaia di appassionati e consumatori in tutto il mondo». La bottiglia Albeisa risale agli inizi del 1700, quando i produttori dell'albese, orgogliosi dei propri vini, per contraddistinguerli da altri, adottarono una bottiglia dalla forma diversa che chiamarono con questo nome. Nel 1973, grazie all'intuizione di Renato Ratti, partì il progetto "albeisa" in collaborazione con l'industria Vetrerie Italiane di Dego. Sedici produttori decisero quindi di unirsi e riutilizzare l'antica bottiglia Albeisa, adattandola alle esigenze moderne e scrivendo in rilievo il nome Albeisa. L'Unione Produttori Vini Albesi è l'organismo che gestisce l'utilizzo della bottiglia con l'impegno costante a diffonderne l'uso, nel rispetto di precise regole e rappresenta circa 250 soci. Nebbiolo Prima, anteprima internazionale di Barolo, Barbaresco e Roero, organizzata in collaborazione con il Consorzio di Tutela, è il principale evento organizzato dall'Albeisa. Euposia Giugno-Luglio 2015
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News LE MARCHESINE, PIOGGIA DI RICONOSCIMENTI FRA DUSSELDORF E LA LOMBARDIA a bella stagione è arrivata, si respira un aria nuova ovunque in Franciacorta e alle Marchesine - Passirano (Bs), un azienda che da sempre rispetta il territorio e la sua integrità applicando al proprio operare i criteri della più alta qualità raccogliendola in bollicine uniche che, scelte tra le referenze delle vasta gamma di produzione ben si adattano a questo periodo dell'anno ad essere degustate nelle varie occasioni, dall'aperitivo ad interessanti abbinamenti a tavola. Come per esempio il FRANCIACORTA DOCG SECOLO NOVO BRUT MILLESIMATO, premiato nel 2013 da una giuria internazionale, quale migliore vino italiano dell'anno. Nasce da selezioni clonali di uve Chardonnay con vendemmia a mano. Le bottiglie vengono accatastate in locali di affinamento per almeno 36 mesi che portano il vino ad assumere un particolare profumo e sapore con un lungo e finissimo perlage. Si presenta di colore giallo paglierino brillante con riflessi oro-verde. Al naso si percepisce la nocciolina tostata, margarina, note mentolate e di cedro candido. Avvolgente e rotondo al gusto e grande equilibrio tra acidità e sapidità. Nell'insieme è un vino elegante e dalle grandi occasioni. Oppure il FRANCIACORTA BLANC DE NOIR MILLESIMATO 2009, un Pinot Nero in purezza vinificato in bianco che conta pochi precedenti sul territorio. O il FRANCIACORTA ROSÉ BRUt, fatto con uve Chardonnay e Pinot nero. Dal perlage finissimo e persistente, con profumi di fiori e frutti di bosco. Aroma fine e complesso, il sapore è asciutto e secco. Un piacere berlo alla sera in compagnia. Queste sono alcune eccellenze che escono dalla cantina Le Marchesine. L'artefice di questo successo è il patron de Le Marchesine Loris Biatta, che ha saputo costruire negli anni una importante realtà vitivinicola, oggi
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conosciuta per la qualità delle sue bollicine e che oggi la vede protagonista sul mercato italiano ed estero. Per questo impegno è stato premiato a Dusseldorf in occasione del Prowein nello stand di Euposia, perchè ha sempre saputo mantenere uno standard qualitativo di alto livello delle varie tipologie di bollicine e valorizzare il territorio. Oltre a questo importante riconoscimento, Le Marchesine sono state anche protagoniste del "Premio Letterario Il Tombolo", che si è svolto a Cantù lo scorso 30 maggio. Una manifestazione che fa parte della campagna "Il Maggio dei Libri", promossa dal Centro per il libro e la lettura del Ministero dei Beni e delle
Attività Culturali e del Turismo, in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l'UNESCO, con il supporto della Presidenza del Consiglio
Nazionale Comuni Italiani. Il Premio Letterario nazionale nasce online sul social network di Facebook ed è riservato a sole donne scrittrici. I dieci libri più votati sono stati poi selezionati dal giudizio di una giuria formata da scrittori, giornalisti ed editori: Paolo Giomo - Editore comasco New
Euposia; Chiara Pappalardo studentessa universitaria; Annalisa Monfreda - Direttore del settimanale Donna Moderna; Laura D'Incalci - Giornalista del giornale la Provincia di Como e scrittrice. I tre libri che hanno raccolto il maggior punteggio sono stati: 1. Sequestro di persona a Torino, di Luisa MARTUCCI - Editrice Epsil, 2014 2. Il mondo a testa in giù, di Anna R. ROSSI - Editrice Epsil, 2014 3. Una vita per decostruire, di Elena LAZZARI - Editrice Epsil, 2014 Nelle foto: a pagina 10, Loris Biatta premiato da Alessandro Scorsone e da Gianni De Bellis, vicepresidente dei Sommelier tedeschi; in questa paginaLoris Biatta mentre premia la vincitrice Luisa Martucci con una magnum Franciacorta Rosè
dei Ministri, della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e dell'Associazione
Press; Nicola Dante Basile Giornalista del Sole 24 Ore; Enzo Russo- Giornalista
Millesimato. Nell'altra, la giuria con tutte e tre le finaliste. (Enzo Russo) Euposia Giugno-Luglio 2015
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TERRITORI
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POT-POURRI DI CULTURE
NELLA VALLE DEL
< La vite, in questa parte meridionale della Valle del Rodano si coltiva dal quinto secolo a.C., grazie ai Fenici, quel popolo perspicace e avventuriero di navigatori e mercanti che, intuendone le potenzialità, dal bacino del Mediterraneo si spinsero a nord, piantando così i primi ceppi di vite. Anche i Romani ne furono affascinati, e proprio in
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RODANO
questa zona si trova la «Villa du Molard», che rappresenta la più importante villa dedicata alla viticoltura dell’epoca romana e che risale al 50 d.C. e che si estendeva su circa due ettari producendo una quantità di vino pari a 2500 ettolitri di vino all’anno . Il vino qui si è prodotto ininterrottamente sino al 1885, periodo in cui comparse quella sciagura per il
GRIGNAN
LES
ADHÉMAR
Alla “porta della Provenza, nella bassa Valle del Rodano, un luogo antico riscopre tutte le sue potenzialità coi suoi vitigni tradizionali di Magda Beverari
mondo vitivinicolo europeo che prende il nome di filossera. La coltivazione della vite in questi territori ricomincerà solo nel 1965, grazie alla spinta dei grandi domaines nella parte più a nord della denominazione, che nel 2010 ottiene il nome di « Grignan-lesAdhémar ».
I suoli qui sono geologicamente molto diversi tra loro e geograficamente sono situati all’inizio del clima mediterraneo, inverni miti e ventosi ed estati calde e secche, questa regione la chiamano anche Drôme Provençale o porta della Provenza, ma non è ancora Provenza! Il terroir è perfetto per la viticoltura, ma non solo ;
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TERRITORI
GRIGNAN
Avviata prima dai Fenici,m poi dai Romani, la vitivinicoltura nella “porta della Provenza” è stata interrotta per quasi uns ecolo dalla filossera, per poi riprendere nel 1965. I vitigni sono quelli “classici” della Valle del
qui la vigna, circondata da lavande e querce da tartufo, dolcemente cullata sui rilievi in valle, crea dei paesaggi pieni di charme, con i piccoli villaggi che, arroccati sulle sommità delle colline ricamano magnifiche tele. I terreni si caratterizzano per la loro origine argillo-calcarea, la diversità da zona a zona è la chiave di successo delle apprezzabili nuances dei vini AOC Grignan-lesAdhémar. I vitigni sono quelli tradizionali della Valle del Rodano :grenache, syrah, cinsault, carignan, mourvedre, marselan per i rossi, marsanne, roussanne, viognier, grenache blanc, clairette et bourboulenc per i bianchi. La situazione geografica sopra menzionata e la particolare conformazione del terreno sono le condizioni ideali per produrre vini eleganti, armoniosi ed equilibrati. Si potrà trovare l’aspetto aggraziato dei crus del nord e una certa gourmandise tipica del sud della valle del Rodano. Lo stile di questa denominazione si è affermato nel corso del tempo, e la definizione più appropriata è probabilmente quella che li definisce vini di seduzione. I bianchi sono secchi e rinfrescanti, giocano molto sulla finezza, con un fruttato delicato in gioventù che si tramuta in frutto tenero e morbido dopo qualche anno. I rosé mantengono le loro sfumature fresche ma accoglienti: fruttati ed eleganti, di saignee o di presse man-
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ADHÉMAR
Rodano: grenache, syrah, cinsault, carignan, mourvedre, marselan per i rossi, marsanne, roussanne, viognier, grenache blanc, clairette et bourboulenc per i bianchi
tengono una discreta persistenza in bocca. I Rossi hanno un carattere forte, dal colore franco e diversi tra loro : morbidi o ruvidi secondo il terroir e l’assemblaggio. Un aspetto estremamente interessante di questa denominazione, che rispetta una tendenza sempre più presente, è la particolare vocazione alla produzione di vini a basso impatto ambientale. E ‘ il caso ad esempio del neonato Domaine Baron D’Escalin, i cui ettari, situati nella zona più settentrionale del Sud della Valle del Rodano, sono baciati dal sole e accarezzati dal maestrale, condizioni perfette per una viticoltura sostenibile. Baron D’Escalin è il risultato della passione di alcuni investitori del Belgio e del Lussemburgo che, come Fenici e Romani, innamoratisi di questo clima perfetto hanno acquisito 180 ettari di cui 60 in precedenza appartenenti al famosissimo Domaine Michel Chapoutier. I vigneti vengono coltivati senza impiego di funghicidi ed erbicidi, merito del terreno sassoso su cui sono piantate le vigne che vantano un’età media tra i 30 e i 40 anni contornati da piante di lavanda ed ulivi. Inoltre, tutti i materiali impiegati in produzione vengono scelti con criteri di sostenibilità non solo ambientale, che si tratti di etichette o di carta riciclata, tutto viene
prodotto rigorosamente Oltralpe per ridurre al minimo l’impatto del trasporto, persino i tappi in sughero sono francesi, del Var, una particolare varietà che si trova quasi esclusivamente intorno al Mediterraneo e che costituisce in percentuale lo 0,01% di tutta la produzione mondiale di sughero. LA DEGUSTAZIONE Nel 2013 viene realizzato un lavoro di riposizionamento della gamma di prodotti. Ne escono tre vini: un vino premium, “Domaine d’Escalin” e due vini di gamma intermedia “l’Esprit d’Escalin” e una microcuvée “Jardin d’Escalin”. Dal 2015 si produce anche un rose’, il Rose d’Escalin, un vino elegante e curato. L’ESPRIT D’ESCALIN PREZZO 9,50 55% Grenache 45% Syrah, provenienti da vigneti coltivati in viticol-
tura ragionata. L’eccezionale terroir permette di produrre un Syrah dal profilo organolettico piu’ ‘settentrionale’ e delle Grenache dalle note fruttate, segno di riconoscimento di questi vigneti. In questo vino troviamo un’ottima sintesi di questi due vitigni, il naso e’ fresco, con un richiamo ai frutti rossi e la ciliegia. In bocca rivela aroma di amarena e spezie dolci. Un buon equilibrio tra frutti e struttura. LE ROSÉ D’ESCALIN : PREZZO 11,50 Raffinato in degustazione, presenta un colore brillante, con riflessi leggermente dorati, un naso fresco e minerale, delle note di agrumi e spezie dolci. Al palato rivela una pienezza che si manifesta in primis con note vive di fiori di sambuco e agrumi, in particolare buccia di limone. Si apre poi con armonia su una nota florare e minerare di pietra focaia. Potremmo definirlo un vino
adatto a soddisfare gli amanti della freschezza d’estate, ma in grado di abbinarsi perfettamente ad un piatto elaborato. Perche’ in fondo, anche se lo si beve in aperitivo, il vino ideale lo si bene a tutto pasto. >
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News
MÜLLER THURGAU, ANIMA TRENTINA iamo reduci dalla XXVIII Rassegna Vini Müller Thurgau di Cembra, appena conclusasi: l'occasione giusta per fare il punto sulla varietà bianca oggi forse più apprezzata del Trentino. Tra i vini bianchi, il panorama produttivo nazionale vede il Müller Thurgau nella parte bassa della superficie vitata (1.200 ettari di vigneti coltivati), superato da Sauvignon, Riesling, Pinot Bianco, Pinot Grigio e Chardonnay. La produzione italiana di Müller Thurgau è il 7,3% di quella europea, mentre quella del Trentino è il 75,2% di quella totale italiana (cioè 902 ettari di vigneti). Il Trentino è dunque indiscutibilmente leader nazionale della produzione di Müller Thurgau, un'attività che coinvolge oltre 1.300 conduttori agricoli, quasi tutti impegnati nel Trentino Müller Thurgau D.O.C. A questi si aggiungono gli oltre 500 agricoltori che si avvalgono della I.G.T., suddivisa tra Vallagarina Müller Thurgau I.G.T. e Vigneti delle Dolomiti Müller Thurgau I.G.T. La produzione trentina di uve Müller Thurgau è complessivamente di quasi 92.000 quintali a certificazione D.O.C., mentre oltre 10.000 quintali sono con certificazione I.G.T. La produzione in volume è di oltre 64.000 ettolitri per la D.O.C. e di circa 7.200 ettolitri per la I.G.T. Nell'ambito della produzione enologica del Trentino, il Müller Thurgau costituisce uno dei quattro vini bandiera del territorio provinciale: tra i bianchi, oltre al Müller Thurgau, c'è il Nosiola, mentre i rossi vedono spiccare il Teroldego e il Marzemino. A queste varietà si aggiungono le bollicine dello spumante Trento D.O.C. L'apporto del Müller Thurgau è tutt'altro che trascurabile: esso rappresenta infatti oltre il 12% del totale della produzione vinicola trentina, quasi un quarto dell'intera produzione di bianchi: su un totale di oltre 25 milioni di bottiglie di vino bianco prodotte in Trentino, oltre 6 milioni sono di Müller Thurgau nelle varie tipologie. Tra i vini tranquilli di bandiera della produzione trentina, il Müller Thurgau si pone al vertice per numero di bottiglie prodotte. I numeri testimoniano così l'importanza del Müller Thurgau nel panorama enologico trentino, un vino
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A destra, Bruno Pilzer, presidente della Rassegna del Mueller Thurgau
che intende essere sempre più protagonista sia sui mercati sia sul territorio locale, nel suo duplice ruolo di produttore di ricchezza per i contadini che lo coltivano nei vigneti di alta collina o di montagna e come elemento fondamentale per la cura e per la valorizzazione del territorio, grazie ai tanti esempi di micro - appezzamenti spesso scolpiti nei pendii delle montagne, sostenuti da arditi muretti a secco che caratterizzano le valli come quella di Cembra. Nell'ambito della Rassegna 2015, si è svolto anche il tradizionale Concorso Enologico Internazionale, che ha allineato le migliori produzioni italiane e straniere di vini Müller Thurgau. Le etichette partecipanti sono state 59. La Giuria del Concorso ha assegnato 17 medaglie (14 ori e 3 argenti), che hanno premiato 12 Müller Thurgau italiani e 5 tedeschi. (Piero Valdiserra)
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VINCITORI DELLA
XXVIII RASSEGNA
MEDAGLIE D'ORO Winzerverein Hagnau (D) 2011 Müller Thurgau "Hagnauer Burgstall Beerenauslese" Fondazione Mach (I) Trentino Doc Müller Thurgau 2014 Vivallis (I) Trentino Doc Müller Thurgau "Vigna Rio Romini" 2014 Azienda Agricola Bellaveder Trentino Doc Müller Thurgau "San Lorenz" 2014 Concilio (I) Müller Thurgau "Ronch" Trentino Doc 2014 Abbazia Di Novacella (I) Müller Thurgau Doc Alto Adige Valle D'isarco 2014 Winzerhof Stahl (D) 2014 "Herrschaftsberg" Müller Thurgau Damaszeiner Stahl Winzerverein Hagnau (D) 2014 "Hagnauer Burgstall" Rivaner Qualitätswein Trocken Cantina Sociale Mori Colli Zugna (I) - Trentino Dop Müller Thurgau 2014 "Vini Del Gelso" Cantina Aldeno (I) Müller Thurgau "Athesim Flumen" Doc 2014 Società Agricola Zanotelli Elio E F.lli (I) Trentino Doc Müller Thurgau 2014 "Le Strope" Cantina Mezzacorona (I) "Castel Firmian" Müller Thurgau Superiore Trentino Doc ‘14 Cantina Aldeno (I) Müller Thurgau "Enopere" Trentino Superiore Doc 2014 Cantina Produttori Valle Isarco (I) Alto Adige Valle Isarco Müller Thurgau "Aristos" Doc 2014
MEDAGLIE D'ARGENTO Weingut Kuhnle (D) Weingut Merkle (D) Cantina Produttori Bolzano (I)
2014er Rivaner Qualitätswein 2014 Müller Thurgau "Hochebene" Trocken Alto Adige Valle Isarco Doc Müller Thurgau 2014 Euposia Giugno-Luglio 2015
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SANTA MARGHERITA VALORI IN GARA a gioia di Juan Tonconogy e Guillermo Berisso, argentini, su Bugatti T40 del 1927, è chiaramente impressa sui volti del pilota e del navigatore vincitori dell’edizione 2015 della Mille Miglia, la più famosa corsa italiana. La bottiglia per festeggiare è già pronta: una magnum del 52 Prosecco Superiore Docg Santa Margherita che segna il “ritorno” della famiglia Marzotto alla competizione che ha reso famosa un’intera generazione della dinastia industriale vicentina.
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Con l’edizione 2015 della Mille Miglia - infatti - ha preso corpo la sponsorizzazione biennale che il Gruppo Vinicolo di Fossalta di Portogruaro (proprio quest’anno festeggia l’80.mo anniversario della sua fondazione ad opera del conte Gaetano Marzotto) ha siglato nello scorso autunno e che rompe un vero e proprio tabù: la presenza dei grandi brand dell’enologia italiana a fianco degli sport motoristici, un accostamento lasciato sinora ai big mondiali del Cava e della liquoristica internazionale.
Il gemellaggio Mille Miglia-Santa Margherita vuole ricordare un periodo molto particolare della corsa e della storia imprenditoriale Marzotto: il quinquennio 1950-1955 quando i quattro fratelli - Vittorio, Umberto, Giannino e Paolo - dei gentleman-driver con più di una chance per passare al professionismo lasciarono un segno indelebile nella storia dell’automobilismo europeo, gareggiando e spesso battendo i più grandi campioni del tempo come
Alberto Ascari, Juan Manuel Fangio e Stirling Moss. Giannino Marzotto, vincitore delle edizioni del 1950 e del 1953 della Mille Miglia (unico ad aver bissato il successo in quella che era una delle più dure competizioni) con la sua Ferrari «Uovo», detiene anche il record del più giovane vincitore della competizione (22 anni). Suo fratello Vittorio fu a sua volta un’altra figura di rilievo: dopo due ritiri nel 1951 e 1952 fece un Euposia Giugno-Luglio 2015
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News
capolavoro nell’edizione del 1954, arrivando al primo posto di classe con la Ferrari Sport 500 Mondial e al secondo posto assoluto dietro a Alberto Ascari, campione di Formula 1 nel 1952 e nel 1953. Oltre alla Mille Miglia i fratelli Marzotto hanno conquistato un Gran Premio di Monaco, partecipato alla 24 ore di Le Mans e sono stati protagonisti della Targa Florio e della Coppa delle Dolomiti. Non sono state partecipazioni fini a se stesse, quanto esperienze importanti nel percorso di formazione gestionale e manageriale di quattro imprenditori che negli anni seguenti furono in prima linea nelle aziende di famiglia. E questa componente “valoriale” ha animato lo spirito della scuderia Santa Margherita che quest’anno ha schierato ben
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tre vetture in gara: Stefano Marzotto, figlio di Vittorio, e Mauro Peruzzi su Lancia Aprilia del 1953; Ettore Nicoletto Sebastiano Marzotto su Fiat 8V del 1952 e Giulia De Toni -Sofia Peruzzi su Lancia Lambda Tipo 221 Spider Ca.sa.ro del 1928. Un “ritorno” nella più classica tradizione italiana competizione, inovazione, gusto di vivere - che ha contagiato anche gli altri equipaggi in gara, oltre 200, provenienti da 35 Paesi diversi, rappresentando oltre sessanta diverse case automobilistiche. Nelle foto di Giò Martorana, in queste pagine, alcuni passaggi della Mille Miglia Santa Margherita di quest’anno: dal pit-stop in Piazza Vittoria a Brescia, alla tappa di Verona, sino all’arrivo nuovamente a Brescia.
C HALLENGE E UPOSIA CONCORSO INTERNAZIONALE RISERVATO AI VINI SPUMANTE METODO CLASSICO
8ツー EDIZIONE BARDOLINO, VERONA, HOTEL CAESIUS THERMAE & SPA RESORT 13, 14 NOVEMBRE 2015 PARTNER: GRAND JURY EUROPテ右N VINISUD MONTPELLIER & SINGAPORE AMERICAN CHAMBER OF COMMERCE IN ITALY, MILANO DESA, DEUTSCHLAND SOMMELIER ASSOCIATION THE ITALIAN WINE JOURNAL AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI BARDOLINO SUL GARDA HOTEL CAESIUS THERMAE & SPA RESORT
FRIZZANTE POLO
< Uscendo dall'autostrada del Sole a Reggio Emilia e percorrendo la comoda provinciale, dopo 15 km si arriva ad Arceto di Scandiano, dove ha sede Emilia Wine (Società Cooperativa Agricola), una struttura di recente costruzione, moderna che si fa subito notare per la sua imponenza e architettura. Arredata di tutto punto con le più recenti tecnologie, dalla cantina esce il Reggiano DOC Lambrusco, che va dal colore rosato più o meno intenso al rosso rubino. Si presenta con una bella spuma, con un gradevole profumo che varia dal fruttato al floreale. E' fresco, fragrante e molto gradevole al palato. Il Presidente Davide Frascari, appena rientrato da un giro in Europa per promuovere e far conoscere i “suoi
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Lambruschi” di terra reggiana, vocata per conformazione geografica alla coltivazione della vite e alla produzione di vitigni ideali per la vinificazione, ci riceve in un ampia sala con il direttore generale Gian Paolo Gavioli della Casali Viticoltori. «Emilia Wine è nata - ci dice Frascari soddisfatto, viso sorridente, una figura imponente ma cordiale ed ospitale come sanno essere gli emiliani doc - dall'unione di tre cantine della stessa dimensione, due sono a nord della Via Emilia, Correggio e Prato di Correggio e una a sud, Arceto nella zona pedecollinare. Il tutto nasce dalle esigenze commerciali vista l'evoluzione del mercato, da come stanno cambiando le regole alle dinamiche commerciali, abbiamo costatato che per
Sempre più protagonista sui mercati, sempre più globale nelle sue strategie: questo il frutto della fusione fra Correggio, Prato e Arceto di Enzo Russo
poter crescere bisognava aumentare le dimensioni e quindi la volontà di unirsi, creare sinergie e forza commerciale, permettendoci dopo solo sei mesi di acquistare la Casali Viticoltori. Questo ha dimostrato che l'operazione Emilia Wine è stata vincente, che abbiamo la forza di competere sui mercati mondiali con determinazione con le nostre tipologie di vini. Mi auguro che questa operazione commerciale non sia ancora finita, spero che nei prossimi mesi o anni altre Cantine Sociali possano entrare a far parte della neonata Società Cooperativa». Che tipo di Lambrusco producete? «Noi abbiamo due tipologie di prodotto all'ingrosso e l'80% del fatturato arriva dal vino sfuso. In queste due
categorie abbiamo il Lambrusco e Lancellotta. Per quanto riguarda il Lambrusco, conosciamo le dinamiche commerciali, per Lancellotta, che ha la prerogativa del colore naturale, alcune multinazionali lo acquistano per la lavorazione di sottoprodotti. La richiesta è in forte aumento, dovremmo aumentare la produzione ma nel contempo vogliamo anche capire quale strategia adottare per questi mosti e vini, unici nel suo genere. Infatti, le barbatelle del Lancellotta hanno provato a piantarle in altri Paesi ma i risultati sono stati negativi, perché soltanto da noi ci sono tutte quelle peculiarità che ne permettono la coltivazione: il territorio, il microclima e la varietà. Questi tre fattori danno origine a questo colore natu-
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L’INTERVISTA
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In queste pagine: Davide Frascari, a sinistra, Presidente di Emilia Wine e, sopra a fianco della Toyota Rav 4, Gian Paolo Gavioli, direttore generale della Casali Viticoltori, la più antica cantina nel distretto del
rale che ha delle caratteristiche particolari uniche». Quali sono i compiti di Emilia Wine? «Partendo dal fatto che Emilia Wine ha anche una funzione sociale, perché rappresentando 726 soci viticoltori che hanno famiglia, ha una enorme responsabilità che si traduce in crescita, una prospettiva di lavoro e di redditività. Poi ad Emilia Wine mancava l'ultima parte della filiera del vino, l'impianto dell'imbottigliamento e la rete commerciale. Ed è per questo che nel 2014 abbiamo proposto ai soci di comprare la Casali Viticoltori, la più antica azienda del distretto del Lambrusco, 115 anni di storia e attività. Con questi 4 marchi: Correggio, Prato di Correggio, Arceto e Casali Viticoltori è chiaro che lavorando questa enorme quantità di Lambrusco, si condizionano anche le sorti della denominazione del Lambrusco, perché a Reggio Emilia, Emilia Wine è il secondo gruppo dopo le Cantine Riunite & CIV». Quanto Lambrusco producete annualmente? «Nel 2014 abbiamo pigiato 358 mila quintali di uva, di cui il 50% Lambrusco. Poi abbiamo la Spergola, un viti-
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Lambrusco, acquisita nel 2014; nella pagina a destra, una veduta aerea della Casali Vini, chiamata a diventare una delle eccellenze produttive e qualitative del gruppo Emilia Wine.
gno autoctono a bacca bianca nella zona collinare di Scandiano». Voi producete un 50% di Lambrusco, 45% di Lancellotta e un 5% di bianco, a chi viene venduto? «Una parte viene imbottigliata con l'etichetta Emilia Wine, quindi con il marchio Arceto, Prato e Correggio, una parte, quella più pregiata, viene confezionata dalla Casali Viticoltori che rappresenta un po' la gamma top e poi la parte prioritaria, come volume, viene venduta sfusa in cisterne a imbottigliatori della zona ma anche fuori. Emilia Wine, in seguito al nuovo disciplinare di produzione del Lambrusco, che ha fortemente voluto, dove il sottoscritto è anche Presidente del Consorzio dell'Emilia, l'ente che ha portato avanti la modifica del Disciplinare di Produzione, dimostra quanto c'abbiamo creduto. In pratica si afferma che gli imbottigliatori che sono fuori dal territorio di origine del Lambrusco, potranno continuare ad imbottigliare il Lambrusco dell'Emilia ma saranno obbligati ad acquistarlo solo se tutta la fase produttiva, inclusa la seconda fermentazione per renderlo frizzante naturalmente viene eseguita nelle zone di pro-
duzione. Altro piccolo tassello contro le sofisticazioni. Quindi Emilia Wine. in base a questo cambiamento, ha fatto un importante investimento in 6 autoclavi da 600 ettolitri e nelle prossime settimane avremo uno dei maggiori impianti di frizzantatura dell'area del Lambrusco con una capacità di 6 mila ettolitri per poter servire anche gli imbottigliatori fuori dalla zona di produzione. Questo vuol dire aver portato a “casa” ancora un pezzo di filiera che prima era in mano agli imbottigliatori lontani, ma soprattutto l'aver aggiunto un ulteriore controllo sulla qualità e la genuinità del Lambrusco, un vino antico e nel contempo moderno al passo con i tempi. Schietto come la gente che lo produce». Con queste ultime parole, il presidente Frascari ci lascia nelle mani di Gian Paolo Gavioli, da alcuni mesi direttore generale della Casali Viticoltori, con una forte esperienza
maturata a livello mondiale. Ci accompagna a Pratissolo di Scandiano, pochi chilometri di distanza, la piccola azienda ma di una enorme importanza a livello strategico, situata su una collinetta circondata da vigneti, da dove si può ammirare un bellissimo panorama. Un gioiello a cui è stato affidato il compito di produrre vini di alta qualità. «La stiamo ristrutturando in alcune sue parti - dice Gavioli mentre ci fa vedere i macchinari e la bottaia interrata che diventerà presto un “salotto”- per renderla moderna e accogliente, perché desideriamo farla diventare una cantina che produce e promuove i migliori vini di qualità di tutto il comprensorio. Sarà allestito uno spazio per manifestazioni e poi una sala per la degustazione di vini in abbinamento ai nostri prodotti locali». Partiamo dall'inizio, quando nasce la cantina Casali?
«Nasce nel 1900 dalla famiglia Casali nella Rocca di Scandiano, un territorio famoso in primis per il vino bianco la Spergola, che nel '500 veniva venduto nelle piazze di Firenze. Siamo in un area pedecollinare, dove il Lambrusco nasce dai vitigni del Grasparossa, Montericco, Maestri e Marani. Poi si produce anche un’uva bianca, la Spergola, per decenni confuso con il Sauvignon ma che dopo attente ricerche nel 2000 è visto essere un’uva autoctona. La Casali vini nasce principalmente per i vini spumanti e frizzanti. Dall'inizio del “900 fino al 1950 solo metodi classici, fermentati in bottiglia, quindi a seguire si sviluppano vini prodotti col metodo Charmat. Rimane sempre un’azienda legata al territorio con una gamma di prodotti ampia, 23 tipologie, perché ha sempre sperimentato. Negli anni '80/'90 produce il primo Euposia Giugno-Luglio 2015
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L’INTERVISTA cru di Lambrusco doc Reggiano, poi arriva il Lambrusco rosato fatto con il Grasparossa, Salamino, Maestri e Marani con un packaging particolare, l'etichetta sottile trasversale, poi ripresa da altri produttori. Per il suo colore rosa è stato chiamato Rosa Casali, un prodotto destinato al
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mondo femminile, vincendo anche molti premi importanti. Fu un’importante innovazione, sia di packaging sia di prodotto. L'altro vino che rappresenta la bandiera dell'azienda e del territorio è il metodo classico Cà Besina, una Spergola al 100% selezionata nel vigneto dal quale prende il nome situato sulla collina intorno alla cantina, viene vinificato verso la metà di agosto selezionando le uve a più alta acidità e fatto fermentare per sei anni sui lieviti. Ha una longevità eccezionale» Che vigneti sono quelli che circondano l'azienda? «E' la Spergola, i vigneti sono stati impiantati nel 1979 quando la Casali si trasferì da Scandiano. Negli anni '70 la Spergola veniva considerata un Sauvignon, quindi c'era un po' di misto quando sono state piantate le barbatelle, stiamo lavorando per analizzare meglio la produzione dei vari vitigni di Sauvignon, — Spergola e poi anche i vitigni di Sgavetta. E' stata una fantasia, una sperimentazione. La Casali segue la produzione anche di altri 30 ettari di Lambruschi. Noi cerchiamo di valorizzare al massimo le uve del territorio. I tre principali prodotti sono: Lambrusco nelle diverse tipologie, Spergola e Malbo Gentile, un prodotto tipico del territorio che noi lavoriamo producendo un mosto parzialmente fermentato, particolare, perché rimane molto fresco nonostante il contenuto zuccherino. Perfetto per donne, per giovani da 18 a 40 anni che magari non cercano un
vino complesso e preferiscono un prodotto frizzante tipico dell'Emilia». Oltre ai vini frizzanti, che cosa producete? «Ovviamente la nostra peculiarità sono gli spumanti, i frizzanti e di seguito ci sono vini fermi bianchi e rossi, passiti. Poi ci divertiamo, si fa per dire, a fare delle sperimentazioni, perché la nostra ricerca sui vini e sviluppo non finisce mai, ci sono sempre delle potenzialità inespresse in certe uve, bisogna scoprirle, farle venire fuori. Dalla nostra cantina escono 23 tipologie di vini». Avete anche un laboratorio, qual'è il suo supporto nella qualità del vino? «E' molto importante. La sua prima funzione è quella di assicurarci che il vino da noi sia conforme a dei parametri molto rigidi e che sia adatto al consumatore. Poi serve per fare le analisi del prodotto, sia in entrata sia in uscita, specialmente nel metodo Charmat dove c'è una fermentazione continua, come se fosse una vendemmia che dura 365 giorni. Quindi questo processo va sempre tenuto sotto controllo per prevenire alterazioni od altro. Infine c'è il certificato di qualità che necessariamente deve essere supportato dalle analisi chimiche». I vigneti qua attorno, che tipo di vino danno? «Le uve di questa collina producono il Cà Besina, punta di diamante per la produzione del metodo classico. Sei anni in bottiglia e uno in affinamento. Da queste uve nasce anche un vino fermo Potoria, che è l'altro appellativo della Spergola, e che fatto maturare raggiunge una gradazione di 14°. Abbiamo anche selezionato dei Sauvignon dove sperimentiamo nel
farli frizzanti, passiti e poi delle grappe». I due metodi classici classici, veramente eccezionali, degustati al Vinitaly, nascono in questa cantina? «Assolutamente si. Era il Cà Besina 2007 e il 2009 in punta, ancora in lavorazione perché in questi anni il fattore climatico ha inciso sull'acidità e quindi l'abbiamo presentato non dosato che è poi la tendenza del momento». L'happy hour ha notevolmente contribuito all'aumento del consumo delle bollicine, le vostre scelte aziendali sono state condizionate
da questo fenomeno? «Da noi il metodo classico nasce per un confronto con lo champagne. Negli anni '70/'80 Massimo Casali e l'enologo, si sono confrontati con lo champagne andando a visitare diverse cantine francesi. Da lì nasce la “sfida” per fare anche da noi un vino di classe, importante che non avesse nulla da invidiare al noto champagne e con caratteristiche organolettiche uniche». Da quando è Direttore generale della Casali? «Dal primo ottobre 2014. Professionalmente nasco nel 1987 al Consorzio Nazionale Vini/Coltiva, che raccoglieva un gruppo di cantine sociali in tutta Italia, —: una importante esperienza nella quale mi sono occupato di tutti i mercati esteri. Poi il presidente di Emilia Wine Davide Frascari e il suo vice Renzo Salvini mi hanno proposto un progetto di valorizzazione del territorio molto ambizioso che guardava lontano, da realizzarsi con ampio respiro attraverso la Casali, un’antica cantina che conoscevo molto bene per i suoi trascorsi e che però aveva bisogno di una “iniezione” di modernità e interventi strutturali per renderla competitiva e accrescere la produzione di Lambrusco, con tre obiettivi: una crescita sia quantitativa che qualitativa e valorizzazione del territorio che significa un sereno futuro per tutto il comprensorio. Questa è la grande sfida che ho accettato, con entusiasmo e passione. Scandiano poi è anche il posto dove sono nati i miei figli. Un destino quindi». A parte la quantità, la qualità come la si ottiene? «La qualità nasce dalle persone e dal territorio, è una combinazione importante. Oggi noi abbiamo 726 produttori con 2.000 ettari di vigna dove vengono selezionati i migliori vigneti del territorio, diamo indicazione su come seguire e curare la vigna per ottenere la migliore qualità di Lambrusco che deve soddisfare non solo il consumatore sotto casa, ma anche quello cinese, brasiliano, australiano, russo. Quindi debbo fare un Lambrusco di qualità fresco, profumato e spumeggiante, che sappia interpretare alla perfezione le nuove tendenze di consumo fuori casa ma anche i gusti della nuova generazione. Deve essere un
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prodotto popolare ma importante, che esprima tutte le principali caratteristiche del territorio ove nasce e della gente che lo produce: schietto, sincero, semplice ma mordente ed esuberante». Quali sono i rapporti con i produttori che vi conferiscono le uve? «C'è un rapporto quotidiano con il nostro staff di agronomi, siamo sempre a disposizione, facciamo sempre incontri per informarli sulle nostre esigenze, come per esempio l'utilizzo di trattamenti, il programma della campagna». E per i solfiti cosa state facendo? «L'anidride solforosa è un additivo già contenuto nel vino, quindi bisogna cercare di produrli con la più bassa presenza tenendo anche conto che bisogna
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essere realisti, perché il vino ha bisogno di questa sostanza per difendersi, perché ha la tendenza a diventare aceto e quindi noi abbiamo la necessità di produrre un vino dove ci sia quel giusto equilibrio tra salute e qualità. Perché ci sia un basso contenuto di anidride solforosa, bisogna lavorare molto bene l'uva e poi nelle fasi successive all'imbottigliamento. Questa è la sfida». Lei in questi ultimi 30 anni ha girato il mondo, si è fatto un’idea del mercato più facile da conquistare? «Non c'è una ricetta per un cliente più facile o difficile da conquistare, ci sono sempre una serie di condizioni determinate dal caso. Ci sono gli importatori, gli intermediari, la Grande Distribuzione e il consumatore finale. Il cliente più facile non esiste, esiste la capacità di un'azienda di adeguarsi ai tanti clienti e situazioni nel mondo. Oggi in Italia, circa il 50% del vino viene esportato di cui l'80% viene esportato in 12 Paesi». La Casali quante bottiglie produce e dove vengono commercializzate? «Sono circa 900 mila di cui il 50% vendute all'estero sul mercato russo, Stati Uniti, Giappone e una trentina di altri paesi come ad esempio la Thailandia. Come gruppo imbottigliamo circa 2 milioni di bottiglie, con una forte presenza tra Reggio, Modena e Parma». Dall'incontro con Frascari e Gavioli, una persona molto concreta, sensibile e determinata che crede fortemente nel progetto di sviluppo della Casali e del territorio, si deduce che fare il vino non è un hobby, ci vuole passione e competenza. Perché fare il vino è un arte, perché l'arte nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana che porta a forme di creatività poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate o acquisite e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall'esperienza. Nella sua accezione odierna, l'arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni. L’arte non si definisce perché produce quadri e non automobili, ma perché produce qualcosa di migliore rispetto alla media, come il vino. Ed è questa la funzione che deve avere il vino, che è poi anche l'obbiettivo della Casali Viticoltori, trasmettere emozioni al palato. >
News MARCHESI DE’ FRESCOBALDI RAFFORZA LA PRESENZA AL CARCERE DELLA GORGONA rosegue il progetto sociale “Frescobaldi per Gorgona”: sono infatti iniziati i lavori per raddoppiare il piccolo vigneto curato direttamente dai detenuti dell'ultima “isola carcere” in Italia, nell'arcipelago toscano, sotto la guida di Lamberto Frescobaldi, presidente della Marchesi de'Frescobaldi, e del suo staff. Un nuovo ettaro di Vermentino si aggiunge a quello gia' in produzione e che ad oggi ha regalato tre vendemmie. La produzione e' un numero selezionatissimo di bottiglie numerate, dalle 2700 del 2012 alle 3200 della vendemmia 2014, di vino bianco a base di uve Insonica e Vermentino battezzato appunto “Gorgona”. L'obiettivo “Frescobaldi per Gorgona” è dare ai detenuti la possibilita' di imparare il mestiere del viticoltore e di fare un'esperienza professionale concreta in vigna sotto la supervisione degli agronomi e degli enologi della storica azienda vitivinicola toscana, che ha avuto in affitto per 15 anni le vigne dell'isola. Attualmente nei vigneti della Gorgona lavorano, a rotazione, sei dei settanta detenuti che vivono sull'isola. «Anche questo secondo ettaro di vina ha uno scopo profondo, coinvolgente ed educativo per i detenuti - ha sottolineato Lamberto Frescobaldi -. E' un modo per insegnare loro un mestiere e dar loro anche qualcosa a cui pensare per portare la mente altrove». «Con questo nuovo ettaro - ha concluso - puntiamo a portare, nei prossimi anni, la produzione a circa 6 mila bottiglie che raccontino l'unicità di questo luogo ma
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anche l'eccellenza italiana». Le novità 2015 vedono tra i partner, dopo Pinchiorri e Bocelli solo per citarne alcuni, anche Cescot, agenzia espressione di Confesercenti Firenze, attiva nel campo della formazione. Obiettivo è quello di sostenere un detenuto meritevole offrendogli un corso di formazione di sei mesi nel settore della ristorazione e uno stage in un ristorante di Firenze. «Per i detenuti imparare un mestiere sull'isola ha un significato enorme - sottolinea Santina Savoca, neo Direttrice del carcere di Gorgona -. Il vero obiettivo dell'Amministrazione Penitenziaria sull'isola non è solo quello di farli stare in condizioni migliori rispetto agli altri contesti penitenziari, quanto quello di offrire loro delle opportunità lavorative qualificate, che vadano un po' al di là dei lavori domestici quali per esempio il giardinaggio o le pulizie, ma che diano delle professionalità e competenze spendibili poi all'esterno.
In questo contesto si inserisce l'esperienza lavorativa offerta dai Frescobaldi che è al momento per i detenuti la più importante e duratura nel tempo. Stiamo cercando ogni tre mesi di dare un po' a tutti la possibilità di accedere a questa opportunità, per la quale c'è tanta aspettativa tra i ragazzi. Spero di riuscire anche con il Provveditorato ad aprire l'isola ai soggetti privati il più possibile perché da soli come Amministrazione Penitenziaria risulta veramente molto difficile. Riuscire dunque a ripetere l'esperienza dei Frescobaldi anche in tutti gli altri settori dell'isola, dal panificio al caseificio, dalla cura degli animali alla pesca: sono davvero tante le opportunità lavorative, mi auguro di decollare anche qui». Euposia Giugno-Luglio 2015
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News
VERONAFIERE CON AM-CHAM PER CONQUISTARE GLI STATES ell'anno di Expo - e del centenario dalla fondazione dell'American Chamber of Commerce in Italy (1915-2015) - Veronafiere punta con ancora maggior decisione al mercato statunitense sottoscrivendo un “Accordo di Collaborazione” con AmCham Italy che, d'ora in avanti, sarà il partner privilegiato nello scouting di nuove opportunità oltreoceano. L'accordo è stato sottoscritto nei giorni scorsi dal Dg di Veronafiere, Giovanni Mantovani, e dal Consigliere Delegato di AmCham Italy e Director of Italian Relationships US Pavilion Simone Crolla, e rappresenta una opportunità importante per il sistema Verona alla luce non soltanto dell’Expo, ma anche della possibile finalizzazione del negoziato di libero scambio fra Europa e Stati Uniti, T-TI. In particolare, AmCham Italy supporterà Veronafiere nelle relazioni istituzionali negli Stati Uniti, nello scouting di nuove
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opportunità di business fieristico e nella promozione delle principali manifestazioni scaligere presso il sistema imprenditoriale statunitense. E dopo l' “AmCham Wine Excellence Award” assegnato nel corso degli ultimi quattro Vinitaly a eminenti figure del sistema vino italiano e statunitense (negli anni scorsi, Anthony Terlato, Severino Barzan, Gianni Zonin, Constellation Brands e Gruppo Italiano Vini, mentre l'edizione 2015 sarà assegnata nel prossimo autunno, al Padiglione Vino dell'Expo), AmCham Italy si farà promotrice di altri “Excellence Award” nei settori trainanti dell'offerta merceologica di Veronafiere. Quanto sia strategico questo accordo lo sottolinea anche la decisione di creare la figura “Special Advisor”, una figura di coordinamento fra le due istituzioni per rendere veloci e snelle le relazioni, affidata al manager veronese Alessandro Pigozzi, già responsabile AmCham per
Verona. «Dal 1915 AmCham Italy ha la missione di sviluppare le relazioni commerciali fra Italia e Stati Uniti - sottolinea Simone Crolla - e mai come ora si avverte un forte interesse statunitense per le opportunità offerte da una ancora più stretta cooperazione industriale e commerciale fra i nostri Paesi. Questo mood attraversa molti settori economici, inclusi quelli di in cui è operativa Veronafiere. Nonostante gli USA siano già fra i principali partner commerciali dell'Italia, le opportunità per le nostre imprese sono ancora numerose ed interessanti. Penso, ad esempio, allo sviluppo del settore agroalimentare, con un focus particolare sul settore vinicolo, non soltanto nelle città più note, ma anche negli Stati più interni, meno conosciuti dagli italiani, ma ricchi di prospettive di crescita». Per Veronafiere, anche il possibile l'ingresso in uno dei diversi Comitati operativi nazionali di AmCham.
News ACQUA SAN BENEDETTO SI RAFFORZA AL SUD: RILEVATA LA FONTE CUTOLO RIONERO cqua Minerale San Benedetto S.p.A. annuncia l'acquisizione delle Fonte Cutolo Rionero in Vulture Srl, lo stabilimento lucano che ha rappresentato un simbolo non solo per la Basilicata, luogo in cui sorge. Prima azienda a capitale interamente italiano di tutto il mercato del beverage analcolico, Il Gruppo Veneto - 681.3 miloni di fatturato nel 2014 , 1.800 dipendenti nel mondo e una capacità produttiva soltanto in Italia di 18 milioni di pezzi al giorno - è attivo nelle acque minerali con i marchi Acqua Minerale San Benedetto, Primavera-Acque d'Italia, Acqua di Nepi e Guizza. L'acquisizione della Fonte Cutolo Rionero in Vulture rappresenta la concretizzazione di una strategia tesa a valorizzare la realtà delle reti di acque locali di alta qualità, fortemente radicate nel territorio italiano, avvicinando così l'Azienda ai bisogni dei consumatori e riducendo l'incidenza dei trasporti. La Cutolo Rionero in Vulture è una fonte di acqua effervescente naturale che darà la possibilità a San Benedetto di vantare nella propria offerta un'ulteriore acqua che, per caratteristiche organolettiche, andrà ad affiancare l'Acqua di Nepi. A conferma delle potenzialità del marchio, molto rinomato al Sud, innanzitutto la sua storicità tanto da aver rappresentato, in passato, il terzo gruppo che imbottigliava acque minerali in Basilicata. «Nonostante il difficile contesto economico attuale, - spiega Enrico Zoppas, Presidente Acqua Minerale San Benedetto S.p.A. - da azienda al 100% italiana, crediamo nel
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mercato nazionale e, con l'acquisizione di questo stabilimento che per anni è stato simbolo e motore produttivo del Sud e l'avvio della produzione di quello di Viggianello, confermiamo il nostro impegno per lo sviluppo e la tutela del territorio con investimenti importanti a favore dell'occupazione, sia diretta che attraverso l'indotto. Da Gruppo leader e innovativo nel panorama del beverage analcolico, - aggiunge Zoppas abbiamo voluto scommettere nuovamente sulla Lucania, mettendo in primo piano la valorizzazione dell'acqua minerale, adottando una serie di comportamenti virtuosi che ci consentano di salvaguardare il territorio che la circonda per garantire che tale dono prezioso possa arrivare anche alle generazioni future nella sua integrità e nelle
sua purezza». L’investimento arriva in concomitanza all'avvio della produzione del nuovo impianto per l'imbottigliamento dell'acqua minerale Fonte del Pollino di Viggianello in provincia di Potenza. A poco più di un anno dalla firma dell'accordo con la Regione Basilicata, sono uscite dallo stabilimento le prime bottiglie di acqua minerale a marchio San Benedetto Fonte del Pollino dirette sulle tavole degli italiani. A regime, lo stabilimento raggiungerà una capacità produttiva di circa 100 milioni di bottiglie/anno, con la possibilità di raddoppiare tale capacità. Lo stabilimento di Viggianello è un modello all'avanguardia di design, tecnologia, sicurezza e rispetto ambientale: non solo riduce l'incidenza dei trasporti, ma è approvvigionato dal punto di vista energetico da fonti rinnovabili, grazie ad impianti fotovoltaici di ultima generazione che producono energia per una potenza pari a 315 kW. La scelta di Viggianello e della Fonte Cutolo Rionero in Vulture è legata anche alla volontà di rafforzare la presenza di San Benedetto nel Meridione, un'area che sta diventando sempre più importante nel panorama nazionale - rappresenta più di un quarto delle vendite di acqua minerale in Italia - e sempre più strategica nell'espansione di un Gruppo tutto italiano. Nel Sud Italia, il Gruppo San Benedetto potrà contare su due poli strategici nel Sud che testimoniano la sua determinazione a scommettere nella forza di un grande Paese nonostante il difficile contesto economico. Euposia Giugno-Luglio 2015
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SUD AFRICA
FASCINO I MMUTABILE Sempre alto l’interesse verso i vini della Regione del Capo dove crescono le realtà affidate a donne imprenditrici
< Con quasi quattrocento vendemmie sulle spalle, il Sud Africa non può essere “catalogato” nella viticoltura “moderna”, ma appartiene a pieno titolo nella grande atoria dell’enologia con un prestigio ed un fascino con pochi paragoni al mondo. E il vino era e resta un emblema di un Paese in costante trasformazione, di un’economia guida dell’intero continente capace di attrarre - nonostante le non poche difficoltà di un regime democratico ancora molto giovane - capitali, competenze, nuovi progetti di sviluppo. Sul vino scommette molto anche il Governo di Pretoria coi suoi programmi di sviluppo del settore primario - soprattutto quelli rivolti all’imprenditoria femminile - a fronte di una domanda crescente in Africa e nei principali mercati di sbocco internazionali, e delle gradi potenzialità di integrazione con un altro settore economico vitale del Paese, il turismo. Euposia ha degustato alcune Cantine simbolo della tradizione e dell’innovazione del vino sudafricano. NEL
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MADIBA
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"House of Mandela" è una maison-negociant avviata dalla figlia del primo presidente della “nuova” RSA, Nelson Mandela, Makaziwe, e dalla nipote, Tukwini, grazie ad una collaborazione con tre cantine del Western Cape e ad un progetto sociale di fair-trade rivolto ai lavoratori delle aziende vinicole. Avviata otto anni fa, dopo non poche riflessioni da parte della famiglia, “House of Mandela” oggi esporta in diversi Paesi e produce tre linee principali: la "Royal Riserve" (Chardonnay, Cabernet sauvignon e Shiraz); la "Thembu Collection" i cui proventi sono in parte finalizzati ai programmi sociali, anch'essa basata su varietali; e la "Deep River", due blend a base cabernet sauvignon-merlot e Chenin blanc-Chardonnay. Alle tre linee si aggiungono poi uno Chenin blanc e un Cap Classique Brut a base Chardonnay e Pinot noir. «Tutti conoscono il presidente Mandela e la sua storia politica - sottolinea la figlia Makaziwe - ma noi volevamo raccontare anche la storia di Nelson Mandela come uomo, la sua famiglia, le sue origini reali e la complessità della sua famiglia. La vite, in fondo, come pianta
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A sinistra Nelson Mandela, primo presidente nero del Sud Africa; sopra, la figlia Makaziwe e la nipote, Tukwini, titolari di “House of Mandela”. Nella pagina seguente, Nondumiso Pikashe (al centro) una delle titolari di Ses’Fikile
gono - appunto - reinvestiti in programmi di salute, istruzione ed energia destinati specificamente ai dipendenti delle tre cantine. simboleggia assai bene questi valori. Quando abbiamo deciso di avviare questa impresa, ci siamo affidati ad un team di professionisti (fra i quali l'ex presidente dell'istituto dei MW, Lynn Sheriff ) per aiutarci a scegliere le aziende vinicole cui affidare la produzione dei nostri vini. Abbiamo voluto lavorare con aziende vinicole a conduzione familiare. Abbiamo voluto lavorare con realtà dalle buone pratiche di lavoro, che trattano bene i loro dipendenti. E volevamo cantine che conservassero il terreno per le generazioni a venire. Dopo aver esaminato settanta produttori, abbiamo scelto Hartenberg, Fairview e Thelema. Queste cantine lavorano per noi e noi siamo presenti in tutto il processo produttivo e nella vinificazione. Vogliamo vini che riflettano un nostro stile e la nostra storia». Una parte dei profitti della "Thembu Collection" ven-
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LA DEGUSTAZIONE CAP CLASSIQUE BRUT N.V. Le uve provengono da due distretti vinicoli precisi, Paarl e Malmesbury, quest'ultimo particolarmente noto per la vivida espressione del frutto presente nei suoi vini. Cap classique, quindi rifermentazione rigorosamente in bottiglia, minimo dodici mesi sui lieviti. I profumi sono molto netti e puliti, di fiori e frutta a pasta bianca, con note citrine molto aggraziate. Il palato è coerente, molto fresco, con una bella acidità ed una lunga persistenza . Ritornano le note di pompelmo, mela, su un finale sapido e minerale, con una lunga nota più morbida. Molto piacevole, invitante alla beva. Non ancora distribuito in Italia. KLEIN CONSTANTIA: L’ICONA
Giù il cappello, qui siamo davvero davanti ad uno dei "più grandi" vini del mondo. Celebrato in tutto il 700 e l'800, l'unico e ultimo vino di Napoleone Bonaparte a Sant'Elena, acclamato dalla letteratura vittoriana, erede diretto della prima vigna piantata nel 1685 da Simon van der Steel, Klein Constantia ha attraversato più di tre secoli di storia dell'enologia mantenendo il suo carattere di preziosa unicità. Le prime vigne in Sudafrica furono impiantate dagli Olandesi della Compagnia delle Indie Orientali nel 1651 da Jan van Riebeeck ed appena trent'anni dopo, Simon van del Steel scelse la vallata del Western Cape prospiciente la False Bay (poco più a sud rispetto a Capetown) per impiantare i propri vigneti. La scelta derivò da un attento studio di diversi suoli, provenienti da territori diverse, dove prevalsero le terre rosse ricche di graniti disciolti delle colline della penisola del Capo. La prima proprietà comprendeva l'intera vallata e i vitigni impiantati provenivano in larga parte dalla
Germania e dalla Catalogna. Alla sua morte, nel 1711 la proprietà venne divisa per essere in parte poi rilevata nel 1777 da Hendrik Cloete i cui due figli, alla sua morte, nei primi dell'Ottocento divisero ulteriormente la proprietà dando vita a "Groot Constantia" e "Klein Costantia". Nel frattempo, i vini di Constantia erano divenuti famosi, rivaleggiavano nelle Corti europee con Yquem, Tokay e Madeira rappreEuposia Giugno-Luglio 2015
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sentando uno dei prodotti più "cool" dell'epoca. Jane Austen, Charles Baudelaire, Charles Dickens inseriscono il "Vin de Constance" nelle loro opere e soltanto l'arrivo della filossera, alla metà dell'Ottocento, in Sudafrica, interrompe una serie ininterrotta di successi. Con la filossera arriva il declino e Klein Constantia continua nel suo peregrinare alla ricerca di nuovi proprietari: nel 1912 arriva una ricca famiglia americana; nel 1954 passa al loro nipote; nel 1968 viene nuovamente ceduta a Duggie Jooste che inizia la "ricostruzione" di Klein Constantia realizzando una nuova cantina e ristrutturando la dimora patrizia che rappresentava il cuore dell'azienda. Nel 1985 "ritorna" il "Vin de Constance" sui mercati mondiali e sino al 2011 la sua famiglia si
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impegna nel rilancio di questa parte nobile del vino del Capo. Nel 2011 nuovo passaggio di mano: arrivano due finanzieri - Zdenek Bakala (titolare del fondo d'investimento internazionale BXR) e Charles Barman (JP Morgan e BXR & Partners) - che nel 2012 si fondono con Bruno Prats (titolare di Château Cos d'Estournel, Viña Aquitania in Cile, Iberica Bruno Prats a Alicante e nel Valle del Douro, Chryseia) e Hubert de Boüard (a sua volta proprietario di Château Angélus e di Château La Fleur St. Gorge) partner in un'altra cantina, Anwika, a Stellenbosch. Le vigne sono posizionate sui versanti scoscesi delle colline fra i 70 ed i 340 metri sul livelli del mare e sopra i 150 metri la brezza proveniente dall'Oceano è costante. I vigneti sono rivolti a sud e ad est, ma sono ubicati in una delle zone
più fredde del Capo e questo permette ai Sauvignon blanc ed al Muscat de Frontignan di crescere e maturare nelle migliori condizioni. La degustazione KLEIN CONSTANTIA ESTATE SAUVIGNON BLANC 2014 L'annata è stata equilibrata e questo ha portato a ideali condizioni di maturazione delle uve; la vendemmia si è svolta nelle primissime ore del mattino per preservare l'integrità del frutto; vinificazione in acciaio con sette mesi di permanenza sui lieviti. Al naso i profumi sono molto netti, complessi ed ampi. Il palato è fresco, ricco di note fruttate tropicali con un finale minerale molto persistente. Questo sarebbe l'entry level…bontà loro. KLEIN CONSTANTIA METIS SAUVIGNON BLANC 2013
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Il nome indica l'ispirazione francese di questo Sauvignon blanc le cui uve provengono tutte dai vigneti posti nelle più alte parcelle di KC. Il nome è un tributo alla cooperazione franco-sudafricana che ha ispirato questo vino ed è un ibrido fra la Protea (simbolo della RSA) e il francese iris. Vendemmia manuale, lunga fermentazione a freddo, utilizzo di lieviti indigeni, permanenza sui lieviti per dieci mesi in acciaio. Inizialmente chiuso al naso, si apre successivamente col frutto molto marcato, con note citrine, tropicali e di piccoli frutti a bacca nera. Il palato è molto elegante, di bella freschezza, ricco. Si ritrovano tutte le note fruttate dell'olfatto più spezie che si fondono in un lungo, bellissimo, finale sapido e di pietra focaia. KLEIN CONSTANTIA "VIN DE CONSTANCE 2009" La vendemmia, nel 2009, è iniziata a fine gennaio ed è stata completata alla fine di aprile. In questi tre mesi la vendemmia ha raccolto, in più passaggi, i grappoli migliori nelle venticinque parcelle di vigneto dove viene coltivato il "Muscat de Frontignan". Selezione dunque manuale e raccolta dei grappoli più integri e maturi. Questi vengono pressati in maniera soffice, macera-
zione a freddo sulle bucce per due settimane per poi passare alla fase di fermentazione, da sei mesi ad un anno a seconda dell'annate, in botti da 500 litri. Il vino viene invecchiato in una combinazione di botti di quercia francese, minimo 60% , rovere ungherese e acacia francese per un periodo di quattro anni, sempre sui propri lieviti. Non viene fatto nessun travaso, nessun movimento del vino, sino alla fase dell'assemblaggio finale prima dell'imbottigliamento. Nonostante siano passati due secoli dalle ultime "citazioni dotte" già al naso si comprende come un amareggiato Napoleone in esilio trovasse in questo vino il suo ultimo conforto. Potente, bellissimo nel bicchiere di un colore arancio-dorato, ha profumi suadenti ed incredibilmente ampi: frutta essiccata come albicocca ed ananas, torrone, miele. Una botta di dolcezza che, però al palato, incontra una brillante verve acida che la mantiene in riga, senza debordare mai nello stucchevole. Elegante, lungo sul finale dove tornano miele ed albicocca, con note di spezie. Interminabile. Non ha agenti in Italia, e quindi i vini di Klein Constantia si possono comprare soltanto on line dalla tedesca Capreo (www.capreo.com). I prezzi:
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Sauvignon blanc "Metis" 2013, euro 19.95; "Vin de Constance" 2009, euro 62,00, in bottiglia da mezzo litro. Iva inclusa, spedizione no. Grazie a Jacqueline Harris che ci ha guidato in questa grande degustazione. CAPE DREAMS,
UNO CHARDONNAY VINCENTE
All'ultima edizione di "Chardonnay du Monde" in Borgogna ha appena incassato una medaglia d'oro a conferma di un livello qualitativo complessivo raggiunto grazie ad un terroir unico ed ad una costante attenzione alla tecnologia per non sprecare nulla di quanto madre natura riesce a dare. Cape Dreams è una delle realtà coinvolte dal programma governativo Bee (Black economic empowerment), l'affirmative-action promossa dal governo di Pretoria per far crescere l'imprenditoria non-bianca e dare nuove opportunità professionali a quanti erano svantaggiati dal precedente regime. I vini di Cape Dreams provengono dalla famosa Robertson Valley a 140 kilometri da Città del Capo, storicamente conosciuta come la "valle del vino e delle rose", lungo il fiume Breede e il Langeberg Mountain Range. La cantina è stata fondata nel 1964 e dispone di 600 ettari coltivati a vite. E’ completamente attrezzata con moderne tecnologie e il suo team di enologi guarda con estrema attenzione ai mercati internazionali. Robertson Valley è caratterizzata da inverni
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freddi ed estati soleggiate, con una piovosità media annua di 350-400 mm. Anche se le temperature estive possono essere elevate, i costanti venti da sud-est hanno un effetto di raffreddamento sui vigneti. Questo permette alle uve di maturare in modo uniforme e in perfetto equilibrio. Le notti sono fredde e durante i mesi estivi una nebbia avvolge spesso i vigneti fino a tarda mattinata. Il clima secco e la brezza frizzante mantengono i parassiti al minimo, senza bisogno di massicci interventi a difesa delle piante. I suoli della Robertson valley argilla rossa che si alterna a terreno alluvionale sabbioso con una buona ritenzione idrica, ideale per la coltivazione di uve di qualità hanno il più alto contenuto di calcare in Sud Africa, ideale per la vinificazione. Il paesaggio è pianeggiante lungo il fiume Breede con dolci colline ai piedi del monte Langeberg. Cape Dreams produce una linea base coi più classici vitigni (Chardonnay, Chenin blanc, Colombard e Sauvignon blanc per i bianchi; Pinotage, Syrah, Cabernet sauvignon e Merlot per i rossi, un Rosè di Pinotage ed un taglio bordolese di Cabernet sauvignon, Merlot, Syrah e Pinotage) più le Riserve di Pinotage, Cabernet sauvignon e Syrah. Noi abbiamo provato alcuni bianchi della linea base, questa la nostra degustazione al recente Prowein CAPE DREAMS CHARDONNAY 2014 Interpretazione molto moderna di Chardonnay, molto fresco, molto pulito. Elegante, con un brevissimo passaggio in legno. Profumi marcati al naso, con note verdi e di
frutta a pasta bianca. Il palato è coerente, di bella acidità, con ancora in evidenza il frutto, note citrine, una leggera nota burrosa ed un finale molto lungo e sapido. Uno Chardonnay, appunto, molto moderno, assai convincente. CAPE DREAMS CHENIN BLANC 2014 E' il vitigno a bacca bianca che oggi identifica la produzione sudafricana. Anche in questo caso, estrema pulizia al naso. Profumi suadenti, molte ben marcate, dove alla note floreali si aggiungono quelle di frutta a pasta bianca più mature e complesse. Una nota verde, assai gentile, completa il corredo aromatico. Il palato è immediatamente appagante, la beva invitante, un vino diretto che poi amplia le proprie potenzialità e diventa assai complesso. Intrigante, note fruttate più calde, finale minerale di grande lunghezza. Ha un grandissimo potenziale. CAPE DREAMS COLOMBAR 2014 Si tratta di Colombard in purezza, vitigno aromatico inizialmente usato per la produzione di brandy e cognac. Note più calde e tropicali, miele all'olfatto. Palato coerente, molto ampio e suadente. Torna la frutta tropicale, con note aromatiche del vitigno, finale di spezie dolci, sapido e molto aggraziato. SES’FIKILE: QUALITÀ IN “ROSA” Questa cantina è controllata al 100% da imprenditrici e tutte le uve provengono dalla regione di Wellington. Tecnologie moderne si fondono con la lunga tradizione produttiva locale. CHENIN BLANC 2012
Un bell’esempio della capacità produttiva di Ses’Fikile: molto fresco, croccante, dal perfetto equilibrio, molto invitante alla beva. PONGRÀCZ: “IL” CAP CLASSIQUE Desiderius Pongràcz - ufficiale di cavalleria ungherese fuggito dal regime filosovietico nel 1956 ed emigrato prima in Namibia e poi in RSA - rappresenta una delle figure-chiave della moderna enologia sudafricana. I suoi studi, il suo lavoro, la sua visione contribuirono enormemente alla costruzione di una fase più moderna e dell’affermazione dei Cap Classique, ovvero degli spumante metodo classico, di cui la sua cantina fu capostipite. Winemaker è una giovane laureata a Stellenbosch di origine italiana, Elunda Basson. BRUT NV 60% pinot noir, poi chardonnay: i vigneti sono raggiunti quotidianamente dalla brezza dell’oceano. Il pinot nero è coltivato a circa 300 metri slm, su profonda terra rossa, mentre lo chardonnay cresce ad una quota più bassa e calda, sui 100 metri slm. Vendemmia manuale fra gennaio e metà febbraio; zero contatto buccia-mosto, fermentazione alcolica e malolattica in acciaio, due mesi sui lieviti. Un metodo classico molto premiato (anche al Challenge di Euposia) di grande raffinatezza e garante di ampia soddisfazione al palato. ROSÉ NV La percentuale del blend non cambia, il colore raggiunto è un rosa abbastanza carico, di bell’impatto visio. Al naso note fresche di piccoli frutti rossi. Palato complesso ricco, di grande soddisfazione. >
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L’INTERVISTA
ANGELA GIACOBAZZI
DALLA SETA DI MARCO POLO AL LAMBRUSCO GIACOBAZZI Inseguendo la passione: è probabilmente la manager italiana più presente in Cina dove guida la “ost-politik” del Gruppo Donelli di Enzo Russo
< Bologna-Mosca-Shanghai, 10.000 Km per complessive 12 ore di volo Aeroflot. E' questo il viaggio, che circa ogni 40 giorni Angela Giacobazzi fa per andare in Cina a promuovere e vendere i vini delle aziende di famiglia: Donelli, Giacobazzi e Gavioli. Come si sa, dopo l'introduzione di riforme economiche nel 1978, la Cina è diventata l'economia dalla crescita più rapida e, a partire dal 2013, è la seconda economia più grande al mondo come PIL ed anche il più grande esportatore e importatore di merci, con una popolazione di oltre 1, 35 miliardi. Angela Giacobazzi ci accoglie a Modena nella sede della holding di famiglia, la Donelli, si muove leggera, apparentemente fragile ma sicura. Ci precede nel corridoio che porta alla sala, arredata da stampe, vetrine con esposte vecchie bottiglie di vino e anche di recente produzione, con al centro un imponente tavolo in noce, dove è fissato il nostro incontro. Poi si volta e sorride, come farà spesso con gentilezza da maestra di cerimonie, per farci accomodare in una
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comoda poltroncina. Pelle chiara, capelli castani che le accarezzano il viso mettendo in risalto i grandi occhi scuri. Una eleganza essenziale, curata nei dettagli, una figura che sembra dipinta ad acquarello ma che nell'insieme sembra aver assimilato molto della cultura cinese: una calma serafica, riflessiva, per niente intimorita dal mondo maschile che la circonda. «Non sono preoccupata - ci dice - cerco di essere pronta alla sfida, perché nella vita non è facile avere queste opportunità e quindi mi sento fortunata». Con i suoi 31 anni, Angela Giacobazzi, responsabile del mercato cinese, ha tutta la stoffa per diventare una futura tycoon. Ma com'è nata questa scelta lavorativa e di vita? «In realtà nasce esclusivamente come una passione, io ho sempre studiato lingue fin da piccola, la mamma mi insegnava le canzoni in inglese facendomi muovere i primi passi nel mondo delle lingue straniere, una passione che mi sono portata dietro negli anni a scuola. Poi nel '97, quando facevo ancora le superiori, andai
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L’INTERVISTA
ANGELA GIACOBAZZI
Nelle foto: a sinistra, Angela Giabobazzi e qui sopra, il padre Antonio nel suo stand allo scorso Vinitaly; nelle pagine seguenti, lo skyline di Shanghai e il nuovo spazio espositivo della Donelli Vini
in Cina per la prima volta con mio padre in occasione dell'inaugurazione di un nostro stabilimento nato grazie ad una joint venture con partners cinesi. Un altro mondo: rimasi affascinata dalla lingua, dalla scrittura, dai suoni, dalla cultura e dai costumi così diversi da quelli del mondo occidentale. Tutto mi colpì, al punto da farmi decidere di intraprendere questo cammino per conoscere meglio il Paese, studiandone la lingua e la cultura. Fu una scelta un po' particolare, quasi "avveniristica", considerando che fino all'ora la Cina, avendo sempre avuto un atteggiamento molto chiuso all'esterno, stava iniziando ad aprirsi ai mercati occidentali. Non c'era quel boom economico che vediamo ora, facevano sì passi da gigante, ma erano molto chiusi. Oggi si vede il potenziale del Dragone e molti giovani hanno deciso per necessità o per sfida di studiare il cinese, io invece, l'ho fatto per passione. Ho avuto anche la fortuna che l'azienda avesse già una operatività su quel mercato e questo mi ha agevolato notevolmen-
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te. Credo che questo approccio sia l'esatta conseguenza degli insegnamenti che ho ricevuto in famiglia fin da piccola: mio padre mi ha sempre insegnato che le cose o si fanno con passione o non si riesce a farle nel modo giusto, quindi non si riesce ad ottenere i risultati sperati. Dunque questa mia passione mi ha visto partecipare in modo naturale allo sviluppo dell'Azienda unendo l'utile al dilettevole. E' stato un approccio giusto, il più semplice per intraprendere questa attività». Angela continua a parlare, mentre il suo cellulare continua a cercarla. «E' una bella sfida per varie ragioni: per una questione culturale e familiare, perché si è sempre desiderosi di dare il massimo per ottenere il risultato aziendale che si riflette anche nell'ambito familiare, visto che le due sfere si fondono completamente, e la sfida, nel mio caso, è anche maggiore perché essendo una donna in un mercato che è più di appannaggio maschile, anche se oggi s'inizia a vedere la presenza del gentil sesso, resta comunque un settore dove l'uomo ha meno diffi-
coltà, soprattutto in un Paese come la Cina. Ci sono settori in cui la maggioranza dei capitali è in mano alle donne e veri e propri colossi industriali sono guidati da esponenti del gentil sesso, ma per quello che riguarda il mercato del vino la realtà è diversa. Sì le donne sono ben viste perché hanno quella grazia e sensibilità che un uomo non ha, però quando si parla di affari, di numeri, la donna è sottovalutata, soprattutto dove ci sono situazioni da dover gestire che spesso non sono semplici. Un esempio sono le cene di lavoro dove i cinesi tendono ad esagerare con i brindisi e le donne si trovano spesso in difficoltà». Quando ha iniziato ad occuparsi del mercato cinese? «Prima ho studiato e approfondito gli studi viaggiando molto per vedere e capire come funzionava la
società civile, economica e politica, appoggiandomi alla nostra sede di Beijing, dove contestualmente venivo aiutata ad inserirmi nel mondo del vino in Cina, un settore tutto da scoprire e interessante. Dopo un tirocinio abbastanza lungo, ma importante per la mia formazione, nel 2009 sono divenuta responsabile per le nostre aziende, del mercato del vino in Cina». In quali città? «E' molto difficile dare dei nomi, la Cina è grandissima, ci sono vari livelli di mercato a seconda che si tratti di metropoli di prima linea, quelle più in vista, come Shanghai e Pechino, oppure città più piccole di seconda o terza fascia come Chengdu, Wuhan e tantissime altre. C'è molto potenziale perchè il vino adesso riscuote un grandissimo successo, i cinesi stanno spostando i consumi da quelli che erano i loro liquori tradizionali, con gradazioni
fortissime, a quello che è invece il consumo del vino, soprattutto di importazione straniera. E' un mercato instabile, è difficile fidelizzare i clienti, è difficile farli affezionare al prodotto o ad una etichetta. Ci si trova ad operare un po' a spot. Ad esempio, c'è il cinese dell'entroterra, di una città che magari non hai nemmeno mai sentito nominare che compra due o tre container. Ovviamente sul momento fai l'affare, ma non è detto che ci sia un seguito. Il più delle volte se torna è per cercare altri vini. Tutto ciò è sinonimo di un mercato imprevedibile ed instabile in cui l'unica arma efficace è la flessibilità dell'azienda e delle produzioni. Fortunatamente non tutte le facce del mercato sono così mutevoli. Abbiamo un importatore molto bravo sulla costa nella regione dello Shandong che riguarda il marchio Euposia Giugno-Luglio 2015
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Donelli. Lo conosciamo da una venti d' anni ed ha l'esclusiva sul nostro marchio da sei. Per quanto riguarda Gavioli e Giacobazzi abbiamo altri importatori che sono disseminati un po' in tutto il Paese, in particolare nelle regioni del Sud dove il mercato è maturo e molto florido da anni, tra Guandong, Hunan, Sichuan e non solo. Sono tutte regioni che fanno da traino al resto del mercato. Naturalmente, poi ci sono Pechino e Shanghai dove la gran parte degli importatori ha sede e magazzini». La vostra sede operativa? «Agli inizi è stata Pechino, una città che in quegli anni rappresentava ancora, sia il centro economico sia politico del Paese.
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Col passare degli anni il centro economico si è però spostato a Shanghai , quindi abbiamo aperto il secondo ufficio lì, diventando la nostra base. Da lì mi sposto nelle varie città, a seconda delle necessità, per incontrare clienti». Quali sono i vini del gruppo Donelli che esportate in Cina? «Dopo tanti anni di vini rossi fermi, un leit motiv che accompagnava tutti gli operatori del mercato del vino senza dare spazio ad altre varianti, specialmente a quelle delle bollicine, finalmente da circa due anni c'è stata un inversione di tendenza. Il tempo ci ha dato ragione e l'attenzione ha iniziato a spostarsi sempre di più verso i vini frizzanti e spumanti dandoci spazio per poter-
ci sbizzarrire in varie direzioni. Vista l'area e la tradizione di famiglia, il Lambrusco rimane il nostro prodotto principe, però siamo in grado di produrre e fornire altre tipologie di vini frizzanti e spumanti che stanno riscuotendo un discreto successo». In base a quale criterio il consumatore cinese sceglie un vino? «E' un consumatore abbastanza inesperto e questo lo porta a scegliere in base al packaging e al prezzo, mentre per quello che riguarda la qualità del vino, non sempre è un fattore decisivo. Fortunatamente si incontrano sempre più operatori preparati, che hanno frequentato corsi di degustazione e che sono alla ricerca di qualcosa in più di una bella etichet-
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ta ed un prezzo accattivante, ma la maggior parte degli importatori, specialmente quelli che si sono lanciati sul mercato da poco, non conoscono in maniera sufficiente la materia. Il metodo classico non incontra il palato del consumatore medio, ma di quello più esperto, che quasi sempre è un cinese facoltoso, abituato a viaggiare all'estero, che ha avuto la possibilità di venire a contatto con una cultura enogastronomica occidentale affinando così gusti e sapori su tradizioni diverse da quella cinese». E quali sono i vini più richiesti? «Per quanto riguarda quelli fermi, sono sempre stati i rossi di alta gradazione, soprattutto francesi, perché sono stati bravi nel vendere, hanno sempre fatto gruppo e sistema Paese. Invece le bollicine rosé, sono quelle tendenzialmente più apprezzate. Per quanto riguarda il Lambrusco, quando si versa un vino rosso spumante o frizzante in Cina si lascia il consumatore spiazzato. È un vino diverso da quelli che è abituato a vedere, ma quando lo si fa degustare viene apprezzato tantissimo perché incontra il loro gusto in generale, soprattutto nella versione amabile, che si sposa molto bene con tantissimi piatti della loro cucina che è molto variegata». In che senso? «Quando parliamo della gastronomia cibo cinese, non parliamo di una cucina unica, varia da città a città o Regione, un po' come in Italia, e non ha niente a che fare con quella che mangiamo nei ristoranti cinesi in Occidente. Ad esempio, la cucina del Sichuan , della regione centrale, è molto piccante, dove grazie al peperoncino e al tipico Huajiao (letteralmente "pepe fiorito"), un pepe molto aromatico, quasi balsamico che cresce sulle alture di quella regione, cucinano piatti come il Mapo doufu, il Laziji e o il famoso Huoguo (conosciuto in occidente come "Hotpot"), ai quali il Lambrusco si sposa perfettamente. Si va dal piccante al dolciastro, gli ingredienti base sono gli stessi in quasi tutte le regioni: maiale, pollo, manzo, pesce (soprattutto nelle regioni costiere) e tantissime verdure cotte al vapore o saltate nel wok. E' una cucina molTo sana, dove tutto viene cotto, il crudo è rarissimo».". La Cina è un grandissimo Paese che in questi anni ha fatto passi da gigante, con una crescita annua del PIL dell'8/9% ed è sempre in continua evoluzione,
lei ha avuto la possibilità di conoscerla bene per motivi di studio e lavoro, cosa ha notato e l'ha colpita di più in tutti questi anni? «La Cina cambia mese dopo mese, purtroppo alcune cose sono state distrutte in nome del progresso economico e soltanto la memoria può ricordarci l'architettura tradizionale nella sua versione più autentica. Le città oggi vedono spuntare grattaceli sempre più alti e i quartieri storici sono ormai rimasti pochissimi, per lo più ricostruiti in maniera maldestra per lasciare spazio al moderno che avanza velocemente. Per quanto riguarda il vino, dopo anni di "frustrazione", per la forte presenza dei vini francesi, mentre i cinesi quasi ignoravano che l'Italia fosse un Paese produttore di vino, finalmente c'è stata un inversione di tendenza.
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Fino a pochi anni fa, quando dicevo di essere italiana, i miei interlocutori cinesi si lasciavano andare all'elenco dei grandi brand di moda made in Italy, seguivano poi l'elenco delle città più famose e poi quello delle squadre della serie A di calcio. Ma tra un Gucci, un Roberto Baggio, un D&G o una Venezia pronunciati goffamente, non spuntavano mai un Lambrusco, Chianti o Prosecco. Oggi c'è più apertura e curiosità che nasce soprattutto dal cambiamento dei canali di vendita, che prima erano solo quelli tradizionali, dal ristorante al negozio specializzato. Il vino rappresentava un regalo importante, era uno status symbol che indicava ricchezza e raffinatezza nei gusti, un prodotto di lusso che faceva subito impressione. Questa percezione del vino da parte dei consumatori ha spinto per lungo tempo molti importato-
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ri a moltiplicare i prezzi anche dei vini scadenti. I vini entry level non venivano nemmeno presi in considerazione e gran parte dei volumi di vini di alta gamma era appannaggio di membri del Governo e dell'Esercito per i regali ufficiali. Da due anni la politica del governo è cambiata: sono stati introdotti controlli per calmierare le spese folli fatte in occasione delle festività, in questo modo i vini di alta fascia, specialmente quelli francesi, hanno subito un crollo dei volumi, andando però a beneficio dei vini di fascia media e degli entry level. Ai canali di vendita tradizionali si è poi aggiunto quello on line, una innovazione resa possibile dai giovani che hanno viaggiato all'estero e che, venendo a contatto con la cultura occidentale e con il consumo generalizzato di vino, si sono resi conto delle variegate produzioni esistenti e dell'esistenza di
ottimi vini a prezzi contenuti. Questa intuizione ha reso possibile avvicinare la massa , un potenziale enorme, facendo conoscere nuovi vini a prezzi accessibili, finora sconosciuti. Oggi assistiamo a trend molto diversi rispetto a quelli di pochi anni fa: le vere vendite vengono effettuate nei supermercati on line che stanno facendo concorrenza a quelli reali e che hanno un grandissimo successo. Ognuno può comprare qualsiasi cosa, farsela mandare a casa e pagare con la carta di credito. Anche i nostri prodotti sono presenti su questo canale, in un Paese come la Cina rappresenta ora il massimo dell'efficacia commerciale: elimina molti passaggi così da lasciare che i prezzi rimangano competitivi, è facilissimo ed immediato creare le promozioni rivolte al consumatore e, grazie ai corrieri, è possibile effettuare vendite in maniera capillare raggiun-
gendo anche i consumatori sparsi nelle aree più remote del Paese». Come è il carattere delle persone, è facile instaurare rapporti d'amicizia? «Non è come l'amicizia che intendiamo noi, è un Paese dove c'è un po' di chiusura, un po' più di pudore, però sono persone molto cordiali e ospitali, soprattutto nei confronti degli stranieri verso i quali c'è anche molta curiosità». E' mai stata invitata a casa di famiglie? «Mi è capitato, e l'atmosfera che si respira, è come da noi, la famiglia è uno dei capisaldi della società, e per loro come per me, il cibo è un'espressione culturale importantissima. I cinesi, come noi italiani, amano la loro terra e le loro tradizioni, quindi entra in campo anche l'orgoglio di far assaggiare i piatti tipici della propria città allo straniero in visita». Il piatto cinese che maggiormente l'ha colpita e incuriosita? “Senza dubbio serpente grigliato, non so dire quale specie fosse, l'ho mangiato un po' di tempo fa a Dongguan. Viene aperto sulla griglia per poi essere mangiato infilando degli stecchini da una parte all'altra della spina dorsale, a mo' di spiedino, è tenero e il sapore sembra quasi quello di un pesce. Ho mangiato anche il coccodrillo, ma la carne di colore bianca è un po' stopposa, non la mangerò più. Quando mi sposto per lavoro, magari sto in giro parecchi giorni, una mia amica cinese anni fa scherzava, dicendo che avrei dovuto fare una raccomandazione scritta per i miei clienti per non farmi portare in ristoranti dove si mangiano insetti o cani. Mio padre, invece, molti anni fa ha mangiato gli scorpioni fritti, dicendo che erano buoni.. l'ho preso in parola!». Quando arriva a Pechino o Shanghai, quali mezzi usa per spostarsi? «Preferisco la metropolitana, per quanto sia affollata
nelle ore di punta, è rapida e puntuale. Uso anche il taxi di sera quando ho delle cene di lavoro. Quasi mai di giorno perché con il traffico che c'è si rischia di rimanere imbottigliati per molto tempo, sembra di essere nell'esodo di Agosto in Italia. Diventa stressante muoversi in auto, perché si sa a che ora si parte ma non quando si arriva. Le macchine sono tante, ma ci sono anche molte biciclette e motorini che sono autorizzati a circolare anche sui marciapiedi». Pechino e Shanghai sono due grandi città, cosa offrono? «Sono città in cui tutto sembra possibile, tutto esiste ed è a portata di mano. Per certi versi sono città molto più comode delle nostre. Per esempio, quando mi capita di rientrare in hotel all'una di notte dopo una trasferta e non ho potuto cenare, posso uscire e trovare subito un ristorante aperto. Oppure se ho bisogno di comprare altro ci sono negozietti aperti 24h con una vasta selezione di articoli alimentari e non. Ci sono sempre serate e manifestazioni di ogni genere, locali di intrattenimento, bar, negozi illuminati a giorno. Insomma un' offerta che va oltre le nostre aspettative mettendo in difficoltà le scelte più semplici». Come vede il futuro del Gruppo Donelli in Cina? «Lo vedo prospero e florido, nel senso che mio padre dice sempre che bisogna essere i primi a credere in quello che si fa e si vende, altrimenti non si riuscirà mai a raggiungere l'obbiettivo e a convincere il proprio interlocutore. Il mercato c'è e noi abbiamo tutte le carte in regola per raggiungere il consumatore in maniera efficace». Appena il tempo di salutarci, Angela è già al telefono con la segretaria per prenotare il volo, è già pronta per fare un “salto di tre settimane in Cina”" e noi siamo pronti per fare un “salto di ritorno a Milano”. >
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News
E’ NATA VITEVIS, IL VINO VICENTINO PUNTA AL MERCATO INTERNAZIONALE nata ufficialmente Vitevis, la nuova realtà vitivinicola della provincia di Vicenza che unisce tre storiche cantine del territorio – la Cantina Colli Vicentini di Montecchio Maggiore, la Cantina di Gambellara e la Cantina Val Leogra di Malo – capaci di raggiungere nel 2014 un fatturato complessivo di 34 milioni di euro e decise a migliorare le proprie performance economiche già a partire da quest’anno. Nella sede della Cantina Colli Vicentini, a Montecchio Maggiore, è stato firmato l’atto costitutivo della nuova cantina e sono stati nominati gli organi di rappresentanza. Presidente di Vitevis è stato eletto Gianni Mazzocco, affiancato dai due vicepresidenti Luciano Arimini e Silvano Nicolato, mentre l’incarico di direttore generale è stato affidato ad Alberto Marchisio, già vice presidente del Consorzio dei Vini dei Colli Berici. «La nascita di Vitevis – sottolinea il presidente Gianni Mazzocco –
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consente al vino di Vicenza non solo di affacciarsi con maggior forza sul mercato internazionale in un momento in cui i consumi dei vini italiani all’estero fanno registrare una nuova crescita, ma di farlo a compimento di un processo di fusione che ha permesso di valorizzare al meglio i punti di eccellenza delle tre cantine fondatrici e di tutelare il lavoro dei 1.500 soci viticoltori conferitori coinvolti». Proprio dall’approvazione delle rispettive assemblee dei soci era partito lo scorso aprile il cammino della nuova realtà vitivinicola vicentina, la cui produzione media annua è di circa 370mila quintali di uva, grazie a un vigneto complessivo che si estende per oltre 2.200 ettari. Un moderno impianto produttivo e i nuovi investimenti possibili grazie al processo di accorpamento consentiranno a Vitevis di arrivare a produrre in breve tempo diverse milioni di bottiglie tra vini fermi e spumanti. Al di là dei numeri, fondamentale è la visione strategica con cui è
nata Vitevis: a fronte di un’unica gestione delle tre cantine fondatrici, queste ultime manterranno la propria identità di origine, come è ben visibile anche dal sito web della nuova realtà vitivinicola (www.vitevis.com) andato on line in contemporanea con la firma dell’atto costitutivo. Sul sito web è visibile anche il logo scelto per Vitevis: una grande “V” circondata da una spirale che riprende il capitello ionico del Palladio, richiamando il forte radicamento territoriale. Accanto a una produzione differenziata in base ai diversi mercati di riferimento e che comprende tutte le Doc del territorio (Colli Berici, Gambellara, Lessini Durello, Prosecco, Soave e Vicenza) oltre ad alcuni vini Igt veneti, Vitevis proporrà una linea esclusiva di vini biologici, il cui consumo è in crescita sia in Italia sia al di fuori dei confini nazionali: sede naturale di questa produzione sarà la Cantina Val Leogra, chiamata a valorizzare i territori collinari e la linea verde del territorio.
News LE CANTINE RUINART PATRIMONIO MONDIALE DELL’UNESCO partire dal 5 Luglio 2015, le "Vigne, Maison e Cantine della Champagne" sono entrate a far parte della prestigiosa lista del Patrimonio Mondiale dell'Unesco nella categoria “Paesaggi Culturali”. Frédéric Dufour, Presidente della Maison Ruinart, ha dichiarato: «Siamo molto felici per questa notizia. Tutto ciò valorizza il nostro impegno per sostenere il nostro patrimonio e incoraggiarci maggiormente a rispettarlo e mantenerlo vivo». Sin dalla sua fondazione quale prima Maison de Champagne, nel 1729, la priorità di Ruinart è sempre stata quella di condividere il suo “savoirfaire” e patrimonio tramandandolo alle generazioni future. Nel 1931, le cantine Ruinart erano le uniche ad essere incluse in un decreto del Ministero dell'Istruzione Pubblica e delle Belle Arti come luogo naturale e monumento di valore artistico, storico, scientifico e pittoresco. Profonde fino a 38
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La Doc Venezia a favore della produzione interregionale di Pinot Grigio omunicare al mondo i Vini di Venezia, stabilizzare le produzioni e soprattutto chiudere positivamente la partita del Pinot Grigio. Sono questi i tre obiettivi che si è posto il rinnovato CdA del Consorzio Vini Venezia. Il nuovo Consiglio di Amministrazione ha confermato alla presidenza Giorgio Piazza, coadiuvato dai riconfermati vice presidenti Pier Claudio De Martin e Franco Passador. «Governare e valorizzare il nuovo fenomeno Pinot Grigio è, secondo me, una delle priorità del mondo vitivinicolo veneto – afferma Giorgio Piazza - Serve un salto di qualità notevole sposando da parte di tutti l'unico percorso attuabile, quello della Doc interregionale, che differenzierà inequivocabilmente il Pinot Grigio da tutti gli altri, italiani e non. Dal canto suo, il Consorzio Vini Venezia è disponibile ad aprire i confini della sua Doc Venezia Pinot Grigio e
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metri, sviluppate su tre livelli e lunghe 8 chilometri, queste bianche cattedrali sotterranee offrono ai visitatori provenienti da tutto il mondo uno spettacolo magnifico.
trasformarla in una grande Doc che abbracci la produzione del Pinot Grigio interregionale di qualità». Nel nuovo consiglio di amministrazione hanno fatto l’ingresso tre ‘quote rosa’; si tratta di Isabella Collalto, Lucia Paladin e Astrid Scala. Il nuovo CdA è così composto: Tersilio Bellotto, Antonio Bonotto, Riccardo Bonotto, Virgilio Bozzetto, Isabella Collalto, Pierclaudio De Martin, Francesco Favro, Roberto Galli, Giancarlo Guidolin, Sergio Luca, Lucia Paladin, Franco Passador, Giorgio Piazza, Jean Pierre Regini, Astrid Scala, Mauro Stival, Loris Vazzoler e Luca Zuccarello. Sono stati anche nominati i Presidenti dei Comitati di denominazione: per la DOCG Lison Francesco Favro, per la DOCG Malanotte del Piave Antonio Bonotto, per la DOC LisonPramaggiore Mauro Stival, per la DOC Piave Giancarlo Guidolin e per la DOC Venezia Lucia Paladin. «Siamo orgogliosi di questa classificazione prestigiosa che permette alle nostre Maison de Champagne e all'intera regione di brillare ancora di più a livello internazionale. E' un riconoscimento molto speciale per tutti gli uomini e le donne che hanno contribuito allo sviluppo della regione, guidati dalla loro passione, coraggio e ricerca dell'eccellenza» ha aggiunto Frédéric Dufour. Euposia Giugno-Luglio 2015
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Vino & motori CITROEN PICASSO C4 EXCLUSIVE UN PIACERE VEDERLA, ANZI GUIDARLA a Picasso C4 Blue HDi 150 S&S EAT6 EXCLUSIVE l'abbiamo provata andando a Dusseldorf in occasione del Prowein, una delle più importanti manifestazioni vinicole dove “sfilano”, come se fossero una passerella, le più svariate tipologie di vino provenienti da ogni angolo della terra. Da Milano sono 1.300 Km, percorrendo l'autostrada per il Brennero, Austria e poi Germania, dove in alcuni tratti non c'è limite di velocità. E' qui che il due litri turbodiesel a sei marce mette in mostra tutte le sue qualità. E' un attimo passare dai 130 ai 200 km orari, i suoi 150 cv si sentono, mordono l'asfalto con grinta, sicurezza e silenziosità. Nessuna vibrazione e ottima tenuta di strada. Un piacere guidarla e sentirla affidabile. Al ritorno, in Austria abbandoniamo l'autostrada per la provinciale verso le Alpi, dove la strada si inerpica tra paesini e una folta vegetazione. E' sorprendente come la monovolume si trovi a suo agio. Ben aderente e sicura, affronta le curve e i tornanti con agilità con il cambio automatico e
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a volte usando quello manuale per sorpassi veloci e sicuri. 2.600 chilometri neanche stancanti, perchè il sedile di chi guida ha una regolazione lombare elettrica e funzione massaggio, invece per il passeggero a fianco, il sedile è relax con estensione comfort per le gambe e funzione massaggio, può riposarsi tranquillamente come se fosse a letto. Anche i consumi sono molto contenuti, con un litro 16,7 km. Non male con i tempi che corrono. Ma vediamola da vicino l'ultima nata dalla Casa Citroen, dove gli ingegneri si sono cimentati nel renderla “appetitosa” per gli amanti del volante. Si presenta con una linea
morbida e accattivante con cerchi in lega da 17” che danno all'occhio subito un senso di sportività. La sorpresa è quando ci si mette al posto guida, sedili in pelle, sembra di entrare in un salotto modernamente arredato, in attesa degli ospiti. Colpisce subito la luminosità interna, la possibilità per tutti gli occupanti (cinque posti) di gestire autonomamente il clima e l'opportunità di avere a portata di mano tanti di quei piccoli confort che siamo abituati a trovare nel salotto di casa.
Luci diffuse per i viaggi notturni, tavolini con spot di lettura integrati, frigobar e persino sofisticate alette parasole scorrevoli che, scoprendo l'enorme parabrezza, fanno filtrare una quantità di luce straordinaria. La posizione di guida rialzata da la sensazione di essere padroni della strada e l'ampia superficie vetrata ampliano il campo visivo, reso ancora più favorevole dall'intelligente conformazione assunta dai montati anteriori del tetto. E poi ci sono i comandi. Le varie funzioni sono per la
maggior parte raccolti sul piantone dello sterzo o nelle sue vicinanze, in maniera tale che per azionarli non è mai necessario staccare le mani dal volante. Anche la leva del cambio è posizionata in prossimità del volante. Più piccola di quella classica, gestisce la retro la marcia e quella in avanti. Oppure si può optare per quella manuale per chi desidera essere indipendente e padrone della vettura.
Con la nuova tecnologia Stop&Start i consumi si riducono: quando ci si ferma il motore va in stand-by automaticamente con ripartenza quasi istantanea senza rumori o vibrazioni toccando appena l'acceleratore. Colpisce la moderna plancia per la tanta tecnologia: al centro in alto il conta giri, la velocità, controllo dei consumi di carburante, i chilometri percorsi e da percorrere. Sotto un pratico touchscreen permette di gestire il navigatore, la radio con lettore multimediale. Oltre a un sofisticato sistema di climatizzazione che permette di gestire il clima da quattro diversi punti, la monovolume francese è dotata di molti confort, eccone alcuni:
Accensione automatica dei fari Tergicristallo automatico con sensore pioggia - Regolatore di velocità - Sensori di parcheggio posteriori - Telecamera di retromarcia con visualizzazione sullo schermo - Portellone posteriore apribile elettricamente - Volante in pelle pieno fiore e regolabile in altezza e profondità. Concludendo, la Citroen C4 Exclusive ha risposto positivamente a tutte le nostre sollecitazioni di guida, sicura, maneggevole, sportiva al punto giusto e familiare. (Enzo Russo) Euposia Giugno 2015
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Vino & motori TOYOTA RAV4: MODERNA SICURA ED ELEGANTE Vent'anni di vita e non li dimostra. La nuova Toyota RAV4 MY'14 Lounge è sempre più in forma, al passo coi tempi. Si fa subito notare per la sua linea moderna, elegante che trasmette fiducia e sicurezza. E' massiccia, solida ed equilibrata in tutta la sua struttura. Gli ingegneri giapponesi non hanno lasciato niente al caso, l'hanno “costruita” con meticolosa attenzione, curando ogni particolare, come per esempio il portellone per il carico dei bagagli dotato di movimento elettrico. Ma vediamolo nel suo insieme questo SUV 2000 D da 124 cv., con cambio manuale a sei marce più la retromarcia a trazione integrale elettronica. Il posto guida rialzato, con regolazioni meccaniche, è ben posizionato e offre un ampia visuale della strada dando sicurezza e padronanza. L'abitabilità è molto generosa per 4/5 persone ed
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è facilmente accessibile. E' comoda e silenziosa, specialmente in autostrada, dove dimostra tutte le sue doti, dalla sicurezza alla stabilità e aderen-
za sull'asfalto e poi ci sono i consumi parsimoniosi di carburante, con la 6 marce fa 20 kml mentre nei percorsi misti si arriva ai 14. Si fa valere anche sulle strade sterrate di campagna e sui terreni accidentati. In città è maneggevole e
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plancia si fa notare per il rivestimento in pelle e per il sistema multifunzionale touch-screen: navigatore, connettività Usb/iPod, radio, telecamera posteriore per il parcheggio. Funziona tutto, e funziona bene, dal climatizzatore bizona ai sensori del parcheggio. A sostegno della sicurezza attiva, i
nuovi sistemi per il controllo dei fari abbaglianti, dell’angolo cieco e del cambio di carreggiata. Non mancano, inoltre, i sedili riscaldati e una serie di comodità come l’abolizione della chiave per entrare in auto e per avviare il motore e il sistema elettrico di apertura/chiusura del baule. E poi c'è la sicurezza: 7 airbag SRS (frontali, laterali, tendina anteriori e posteriori, ginocchia lato guida); disattivazione airbag frontale lato passeggero; sistema di monitoraggio pressione pneumatici; abitacolo indeformabile ad alta protezione; ABS + EBD + BA; assistenza alla partenza in salita (HAC) e barre anti-intrusione nelle portiere. Un sogno e una realtà che dura da vent'anni. (Enzo Russo)
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BIRRA MORETTI, RITORNO ALLA TRADIZIONE PIÙ VERA mmettiamolo: da un lato c’è la voglia di recuperare quello “spazio a sinistra” della grande industria della birra che il fenomeno delle birre artigianali in Italia ha reso enorme; dall’altro quello di offrire ai consumatori “normali”, quelli che fanno la spesa tutti i giorni nei grandi supermercati, birre “speciali” in grado di rappresentare sia tradizione e qualità di marca sia la voglia di “unicità” rappresentata dall’artigianalità. Il boom delle birre artigianali ha reso palese la voglia di novità, di microproduzioni, da parte dei consumatori e la fine di una narrazione - quella dei grandi colossi del settore - che facevano vanto esclusivamente delle loro dimensioni: avere cento marche di birra diverse fatte da due, tre produttori al mondo, tutto poteva fuorchè affascinare. D’altro canto, il fenomeno delle birre “artigianali” ha visto diventare protagonisti non soltanto i “grandi” microbirrifici, oppure i precursori come Teo Musso, ma anche presentarsi sul mercato realtà, vere e proprie “biere du garage” che, spesso, dal garage farebbero bene a non uscire. Per questo, sulle “speciali”, oppure sulle edizioni riservate alla ristorazione, si sono lanciati tutti i produttori nazionali. Questa estate hanno però debuttato “le Regionali” di Birra Moretti e questo, per il birrificio di Udiche che palesava orgoglioso in etichetta il suo essere “biere furlana” è un graditissimo ritorno al “territorio”. Perchè Birra Moretti - passata nel 1987 ai canadesi di Labatt’s per poi entrare nel gruppo Arnhauser-Bush e quindi per finire in dote ad Heineken - è riuscita a mantenere, nonostante tutti questi passaggi internazionali, il suo dna italiano, arrivando a preservare al meglio i sapori delle “vecchie” Moretti - quelle prodotte nel birrificio di Piazzale Venezia, a Udine, che riempivano di profumo di “cotta” l’intero centro storico, e a San Giorgio di Nogaro, nella Bassa friulana. La “regionalità” inoltre sazia a sufficienza la voglia di artigianalità, di legame coi sapori di casa propria, di buona parte dei consumatori di birra, con la garanzia del processo produttivo e degli standard qualitativi della birra del “baffone”, da un secolo simbolo della
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Orso Maria Guerrini, attore teatrale, e “Baffone” della pubblicità Moretti inaugura lo stand del birrificio all’Expo di Milano
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genuinità e del saldo attaccamento alle radici della Moretti prodotta sin dalle origine con le più stringenti regole tedesche. Queste le quattro Regionali: la Friulana (lager a bassa fermentazione con l’aggiunta di mele renetta prodotte in Friuli); la Siciliana, dove la caratterizzazione territoriale nasce dei fiori degli agrumi; la Piemontese, ambrata, dove nella fermentazione entrano anche i mirtilli rossi della Val Sangone ed il Riso di Baraggia biellese e vercellese Dop; la Toscana, infine, dove in fermentazione arrivano a supporto l’orzo della Maremma e le castagne. In degustazione presenta note più amare, di erbe aromatiche e pino. LA DEGUSTAZIONE FRIULANA MORETTI Lager, bassa fermentazione, grado alcolico 5.9 Colore giallo paglierino, molto floreale al naso, con grandi sensazioni di freschezza al palato. Una acidità più marcata, grazie alle mele renetta, e note floreali anche sul finale del palato. Molto piacevole ed invitante alla beva.
SICILIANA MORETTI Lager, bassa fermentazione, grado alcolico 5.8 I fiori d’arancio conferiscono profumi e freschezza al palato, con piacevoli note aggrumate, moderatamente amara, ricca e persistente. PIEMONTESE MORETTI Lager, bassa fermentazione, grado alcolico 5.5, ambrata. Piemonte terra di sapori più forti e potenti e questa Moretti cerca di centrare la tipicità. Note di caramello di mirtillo, ancora erbe aromatiche. Una birra “rotonda” capace di soddisfare anche un bier-lover dei più integralisti. TOSCANA MORETTI Lager, bassa fermentazione, grado alcolico 5.5. Color del miele, realizzata con l’orzo della Maremma, presenta un carattere forte e deciso. Dal gusto pieno, imponente, ricco di sensazioni di erbe aromatiche, farina di castagne e note più silvestri di pino. E’ la birra che ci è piaciuta di più per intensità e carattere. Euposia Giugno-Luglio 2015
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CAVA: LE BOLLICINE CATALANE SOFFRONO IN GERMANIA E SORRIDONO IN FRANCIA tempo di bilanci per il Cava, il metodo classico catalano, che - dopo le clamorose fuoriuscite degli anni scorsi, sta cercando di risalire la china puntando sui vini di maggior pregio come le Reserva e le Gran Reserva. A Barcellona sono stati preentati i dati dell’annata 2014 che registrano una dimensione complessiva del vigneto di oltre 33mila ettari, di cui 11.718 sono destinati alla coltivazione del macabeo, 15mila fra xarel-lo e parellada, mentre gli internazionali (che tanto piede sembrava stessero prendendo andando a modificare il carattere autenticamente catalano del Cava) sono fermi rispettivamente a 2.900 ettari per lo chardonnay e poco più di 800 per il pinot noir. Rispetto al picco del 2010, le cantine che producono Cava sono scese a 244, praticamente lo stesso livello del 1990 e circa il triplo delle Cantine attive nel 1980. La produzione in bottiglie è leggermente risalita rispetto al 2013: siamo arrivati a 242 milioni di bottiglie da 0.75 e di queste oltre 87milioni vengono consumate in Spagna; altre 111 milioni vengono bevute all’interno dell’Unione europea (con una contrazione del 5,3% rispetto al 2013 grazie alla crescita della spumantistica italiana), mentre “oltre-Unione” vanno 43 milioni di bottiglie con una crescita del 2,36%. Interessante notare come, nonostante le polemiche sul referendum catalano dello scorso autunno, la Spagna non ha “castigato” la produzione spumantistica locale, con una crescita dei consumi interni di oltre 7 punti percentuali. Per la bilancia dei pagamenti iberica, comunque, il totale delle esportazioni nel 2014 ha raggiunto i 154 milioni di bottiglie, quasi 5 milioni in meno rispetto all’esercizio precedente: un vero e proprio campanello d’allarme cui si è cercato di rispondere con eventi a Londra ed all’Expo di Milano. Forse non le migliori location, dato che le delusioni maggiori arrivano dalla Germania, primo compratore al mondo di Cava, che ha tagliato di un terzo secco i propri acquisti, fermandosi a 30.5 milioni di bottiglie. In un anno sono sparite 10 milioni di bottiglie, ma dal picco del 2000 (51 milioni di bottiglie vendute) manca davvero tanto! Una batosta che porta così il Belgio molto vicino ad insi-
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La presentazione dei dati economici del Cava al Consejo Regulador di Barcellona
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diare la prima posizione negli acquisti, a 30,4 milioni di bottiglie, e questo - scherziamo! - sembra essere proprio il frutto del gran lavoro dei negoziatori spagnoli con la Commissione... Cala del 3,5% anche il mercato inglese, che si ferma a poco più di 28 milioni di bottiglie, che non viene rimpiazzato dagli Usa (nonostante il boom dei locali e ristoranti spagnoli di Restalia) che si fermano a 18 milioni di bottiglie, con una crescita del 2% e poco più. Troppo poco per un mercato - quello statunitense - che sta diventando molto sensibile alle bollicine e dove i principali competitori spagnoli, gli Italiani, stanno consolidando anno dopo anno tassi di crescita assai importanti. Con gli Usa finiscono i mercati a doppia cifra. Nelle posizioni di rincalzo è importante la forte crescita in Francia, più 16%, a oltre 6 milioni di bottiglie vendute il che testimonia come la crisi economica morda le tavole dei “cugini” che a costosi Champagne e onesti Cremant preferiscono Cava e Prosecco a prezzi di “saldo”. Cresce forte il Brasile, più 30 %, superando il milione di bottiglie; raddoppia la Cina ma con numeri da supermercato (appena 600mila bottiglie), mentre
continua il crollo del mercato italiano che si è più che dimezzato in pochi anni: da un milione a 400 mila bottiglie vendute, scontando qui l’assenza di una strategia commerciale in un mercato produttore assai difficile, a onor del vero. Le vendite all’estero dei Cava premium - Reserva (15 mesi sui lieviti) e Gran Reserva (minimo 30 mesi) sono inferiori agli 8 milioni di bottiglie e questo significa che il consumatore percepisce il Cava come un Prosecco e non come uno Champagne; di conseguenza, è disposto a spendere meno, molto meno, delle richieste avanzate legittimamente dai Cava di maggior pregio. Un vero peccato perchè un andamento come questo rischia di buttare fuori dal mercato la “moneta buona”: il Cava con soli 9 mesi di invecchiamento rappresenta l’89% delle vendite, 215 milioni di bottiglie, lasciando ai Premium le briciole del mercato. Ultima nota: i Rosè. Arrivano a 20 milioni di bottiglie e da questa cifra non si schiodano ormai da anni. Quanto alla tipologia, il Brut va per la maggiore, l’Extrabrut ed il Nature vanno essenzialmente nella sola Spagna; stabile il semi-Seco a un quinto della produzione. Euposia Giugno-Luglio 2015
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TERRITORI
CAMBIO DI PASSO Sale a 6,3 milioni di bottiglie la produzione inglese che adesso cresce con decisione nel marketing e nel posizionamento nei grandi eventi sportivi. Ed ha una nuova suggestione: la Scozia di Carlo Rossi (degustazioni di Magda Beverari)
< Che qualcosa sia cambiato nel percepito, nella narrazione che gli stessi produttori inglesi fanno dei loro vini, lo si capisce dalle scelte di comunicazione fatte nelle ultime settimane. Scelte che hanno puntato in alto, molto in alto per gli standard di realtà molto giovani: il torneo di Wimbledon e la America’s Cup. Del primo, nella patria del tennis, si sa tutto e cosa rappresenti nella vita quotidiana del Regno Unito. Lì, per la prima volta in 138 anni di storia del torneo, un vino inglese, un Pinot grigio di Bolney Estate, è stato scelto per la mescita al pubblico. Per l’America’s Cup - quest’anno per la prima volta da anni senza una partecipazione italiana - un altro produttore di peso, Nyetimber (vincitore del Challenge Euposia nel 2009) ha deciso di supportare per un triennio lo sforzo di Sir Charles Benedict Ainslie (nella foto a destra, il velista inglese col maggior numero di medaglie olimpiche) nel portare finalmente a casa la Coppa persa nel 1851.
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Due scelte che hanno fatto parlare tutto il Regno Unito, facendo già incassare a Bolney Estate ed a Nyetimber (sua anche la bottiglia celebrativa dei 200 anni dalla vittoria a Waterloo) un ROI alquanto interessante. L'ultima “suggestione” - adesso - viene dalla Scozia, dove Christofer Trotter ci lavorava da quattro anni, e adesso finalmente è giunta l'ora per l'assaggio grazie anche ad una annata abbastanza calda: il 2014 sarà ricordato anche come l'anno del primo imbottigliamento di vino scozzese, precisamente del vino ricavato da viti che crescono e si fortificano ad Upper Largo, a nord di Edimburgo, dove lo scorso anno l'estate ha portato temperature record di 21,4 gradi: perfette per la varietà di vite Solaris . La terra del whisky può ora contare su un manipolo di ben quattro "wineries" e sono: “Areonaig Hotel” nel Perhshire, “Dalrossasch Wineyard” nella contea di Aberdeen, “Momentum Vineyard” a Fife, “Poly Croft Vineyard” nelle Outer Ebridi.
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Il successo del manipolo dei pionieri, ottenuto soprattutto grazie allo spumante metodo classico o Metodo Merret, Camel Valley, Ridgeview, Nyethimber, ha fatto scuola. Da sud a nord, dalle Channel Islands alla Scozia, un fiorire di cantine, alcune delle quali solo boutique, per il momento, ma che testimoniano della bontà di un processo che ha in tre capisaldi fondamentali, ingresso nel sistema europeo delle certificazioni agroalimentari (anche se per ora non c'è un sistema sul modello italiano o francese delle doc), grande efficacia delle politiche di marketing e sostegno delle
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Istituzioni governative, alcuni dei fattori di successo sperimentati sin qui. Inghilterra terra di vini bianchi, ma non solo. Per parlare di questo boom abbiamo intervistato Julia Trustram Eve, nella foto qui in alto, a destra, direttore generale della più efficace organizzazione di marketing del vino britannico, “in charge” dalla fine del 1993. La Gran Bretagna è diventata meta di affascinanti "suggestioni enogastronomiche, impensabili solo qualche decennio fa. Si può stilare oggi una “English wine route” come itinerario e quali sono i consigli da dare ad un enoturista? «Rispondo incominciando dalla fine della tua domanda. Basta guardare una mappa della Gran Bretagna pubblicata sul nostro sito istituzionale sempre aggiornato English Wine Producers per trovare interessanti proposte. Il periodo migliore è da giugno a settembre. E si possono far interessanti abbinamenti anche con la nostra grande produzione casearia. Nello splendido castello di Cardiff dal 21 al 23 settembre prossimo, si svolgerà un favoloso festival dedicato all'eccellenza dei nostri formaggi che non ha nulla da invidiare rispetto ai più blasonati francesi, e che anzi possono anche affascinare ulteriormente. Infine, sempre più presenti sono nei ristoranti anche di Londra menu' dove puoi degustare un menù tipico inglese ed anche di stagione, servito con i nostri vini
ENGLISH SW
STORIA
E GEOLOGIA: LE BASI
DELLA MODERNA RINASCITA
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a storia della coltivazione della vite in Inghilterra si rifà ad origini lontanissime. Sebbene l'isola fosse stata invasa da Cesare nel 55 a.C. ed effettivamente conquistata dall'imperatore Claudio nel 43 d.C., solo nel 280 Probo Marco Aurelio darà il permesso di coltivare la vite in quella lontana marca. Il venerabile Beda nella sua “Storia ecclesiastica del popolo inglese” del 731 fa menzione delle uve prodotte nella regione, mentre Re Alfredo il Grande, durante il suo regno che durerà fino all'899, adottò le prime sanzioni per i danni causati ai vigneti. L'estensione capillare si verificò però nel IX secolo allorché la Chiesa introdusse il vino nel rito. Esistono altre conferme a tali specializzazioni agricole. Per esempio il Domesday Book, l'inventario delle proprietà inglesi, fatto redigere da Guglielmo I nel 1086, cita dettagli di 38 vigneti nel sud del paese.La produzione di vino subirà comunque una serie di contraccolpi a partire dal periodo normanno, quando Enrico II d'Inghilterra sposò Eleonora d'Aquitania che portò in dote il ducato omonimo. Da quella regione, conosciuta oggi come Bordeaux, un fiume di vino a basso prezzo, per lo più il rosso e leggero Claret, invase il mercato inglese e tale esportazione continuò sin oltre il 1451 allorché il Bordolese cessò di far parte della corona britannica. Tra queste due date, la diffusione della peste bubbonica nel 1348 che ucciderà metà della popolazione, portò grave detrimento ad una coltivazione che richiedeva molta mano d'opera. Ma il colpo decisivo si ebbe nel 1536 con lo smantellamento dei monasteri, deciso da Enrico VIII dopo la rottura con la Chiesa cattolica: notoriamente ad ogni monastero situato in zone climatiche adatte, corrispondeva un vigneto. Seguì un lungo periodo di stagnazione, interrotto soltanto nel XVII secolo quando diventò di moda tra i grandi proprietari terrieri farsi il vino. Come oggi. Le poche vigne rimaste fino alla prima guerra
mondiale vennero, anche in quella fase, penalizzate dalla penuria di zucchero da aggiungere al mosto per aumentare la gradazione alcolica. Il revival si ebbe negli anni cinquanta quando si incominciarono ad importare in Gran Bretagna ibridi di vitigni adatti ad un clima continentale, sperimentati negli istituti di ricerca agraria francesi e tedeschi. Dal punto di vista geologico, sud dell'Inghilterra e Champagne hanno lo stesso suolo. Un altro dei motivi che hanno fatto la fortuna dei metodo classico British. Centinaia di migliaia di anni fa, una sorta di istmo correva a circa 30 metri sopra l'attuale livello del mare tra l'Inghilterra e la Francia, approssimativamente all'altezza di Dover e Calais. A nord-est di questo limite, ghiaccio fuso e acqua provenienti dalla Scozia e dalla Scandinavia alimentavano un enorme lago, bloccato a nord da un muro di ghiaccio, l'attuale mare del Nord. Ad un certo punto, per qualche motivo - forse un terremoto - le acque sempre più abbondanti devono avere tracimato, creando una gigantesca cascata verso sud-ovest. La prima ondata risalirebbe a 425 mila anni fa e sarebbe divenuta in breve tempo torrenziale, qualcosa come un milione di metri cubi d'acqua al secondo. «Avevo sempre immaginato una fuoriuscita d'acqua meno violenta, più simile a un fiume che ad un'inondazione - ha commentato Philip Gibbard, geologo dell'Università di Cambridge - ma le recenti osservazioni sono convincenti, è difficile metterle in dubbio». Una seconda ondata, forse ancora più potente della prima, sarebbe avvenuta 200 mila anni dopo, durante l'ultima Era Glaciale, e avrebbe conferito allo Stretto di Dover le attuali dimensioni. Da allora la Gran Bretagna divenne un'isola, connessa al continente soltanto durante i brevi periodi di bassa marea. Lo studio, condotto dai geologi dell'Imperial College di Londra e dell'UK Hydrographic Office è stato pubblicato su Nature. Euposia Giugno-Luglio 2015
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fermi e spumanti. Un esempio nella importante catena di Bumpkin. Poi a Marylebone per il formaggio c'è la bellissima cheeseroom La Fromagerie a Moxon Street». Che iniziative avete approntato per promuovere l'aumento del consumo nel mercato domestico del vino e degli sparkling rispetto agli champagne e quali sono stati i risultati? «L'interesse per il vino inglese ha visto un ulteriore deciso incremento quest'anno con l'edizione 2015 della English Wine Week. Si tratta di una grande campagna di marketing dedicata all'aumento dei consumi nazionali di vino inglese. Già nel 2014 si verificò un enorme interesse e quest'anno abbiamo così festeggiato il rilascio di cifre da record per la campagna 2014, che ha visto un +42% sul 2013, con oltre 6 milioni di bottiglie prodotte e che coinvolge tutto il Paese. Per entrare in clima, l'evento viene preceduto dalla London Wine fair, che nel 2016 sarà alla sua 35 edizione, in primavera, e che quest'anno ha visto un record di oltre 10.000 visitatori, da 80 paesi del mondo assaggiando un'infinità di vini provenienti da tutte le aree geografiche. Si tratta di uno degli eventi piu' importanti dedicato esclusivamente al Trade e che si svolge nella bellissima location di Kenisngton Olympia». Avete celebrato il record di sempre, come vedi il futuro per il vino british? «I dati di produzione per il 2014 il raccolto nel Regno Unito sono stati appena pubblicati e rivelano una significativa crescita dei volumi, battendo tutti i record di produzione del settore: 47.433 ettolitri , l'equivalente di 6,3 milioni di botti-
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glie (75cl). Ciò rappresenta un aumento del 42% in volume sul 2013 che già aveva registrato il record di 4.45 milioni di bottiglie. Oggi viene garantito più spazio nella distribuzione ai vini inglesi, sia fermi che spumante: Marks & Spencer ha appena aggiornato in modo significativo la loro gamma di vini, introducendo vigneti da tutto il Regno Unito, e Waitrose continuare ad aumentare la quota di mercato riservata al vino inglese e gallese - ora ha un elenco di oltre 100 referenze inglesi e gallesi - e ha registrato un incremento del 177% delle vendite di vini inglesi rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Non c'è dubbio - sottolinea Julia Trustram Eve - il futuro è certamente brillante: crescono gli ettari vitati, ci sono maggiori volumi per soddisfare la domanda, il riconoscimento internazionale si sta consolidando grazie ai numerosi premi conquistati in vari Challenge internazionali. Inoltre, il prossimo anno il Regno Unito ospiterà la International Cool Clima Wine Symposium, e non poteva esserci un momento migliore per mettere la nostra industria al centro della scena mondiale del vino» LA DEGUSTAZIONE NYETIMBER Siamo in presenza della più antica cantina inglese, citata già nel 1086 nel “Domesday Book” come “Nitimbreha”, tenuta delle “South Downs” donata da Guglielmo il Conquistatore al barone normanno suo vassallo Roger de Montgomery. Dopo mille passaggi di mano oggi è posseduta dall’imprenditore olande-
se Eric Heerema che ha chiamato Cherie Spriggs (master al Wine Research Centre di Vancouver ed all’Università di Aledalide, con esperienze professionali in Australia, McLaren e Hunter Valley; in Nuova Zelanda, Central Otago; in Ontario e nella Vancouver Island) alla guida del suo team di enologi. Nyetimber lavora esclusivamente uve di proprietà (ha la più vasta superficie vitata del Regno Unito) ed utilizza soltanto i tre vitigni classici della Champagne: Chardonnay, Pinot Meunier e Pinot Boir. CLASSIC CUVÉE 2009 Quasi sicuramente la più bella annata di questo top di gamma che ha vinto tantissimi premi internazionali e che stupisce sempre per la sua eleganza e finezza. Assembleaggio: Chardonnay 55%, Pinot noir 26% e Pinot meunier al 19. Perfetto all’esame visivo, con un perlage davvero fine, all’olfatto mostra una grazia sorprendente con note di melone, frutta a pasta gialla matura, con note tropicali ed aggrumate che si fondono sul più classico sentore dei lieviti come crema pasticcera e pane appena sfornato. Il palato è molto fresco, di una bella acidità che promette una buona capacità di invecchiamento. E’ complesso, con note minerali sul finale ben marcate. Prezzo: 27,50 £ *** COATES & SEELY Nel 2006, Christian Seely, direttore generale del Gruppo Axa Millesime (proprietario tra gli altri di Château Pichon-Longueville, Château
LE KEY
CIFRE DELLA CRESCITA
FACTS
CANTINE ETTARI
ATTIVE
VITATI
BOTTIGLIE RETAIL
PRODOTTE
VALUE
1994
2004
2014
123
n.a.
135
1.035
761
1.884
2.4 milioni
n.a.
6.3 milioni
11.5 milioni sterline
n.a.
30 milioni sterline
PREZZO
A BOTTIGLIA
5 sterline
n.a.
25 sterline sparkling wines
PREZZO
A BOTTIGLIA
5 sterline
n.a.
10 sterline vini fermi
Suduiraut e Quinta do Noval) iniziò a pensare che produrre un vino sparkling britannico di altissima qualità poteva essere un’ottima idea. Obiettivo principale, unire il metodo tradizionale utilizzato in Champagne con la migliore tecnologia per produrre un vino spumante che esprimesse le caratteristiche del terroir inglese e il savoir faire dell’enologia francese. Così assieme all’amico Nicolas Coates trovò un terreno argillo-calcareo perfetto nel North Hampshire Downs che completarono con l’impianto di Chardonnay, Pinot Noir e Pinot Meunier. Suolo argillo calcareo e clima nordico costituiscono le condizioni perfette per un eccellente spumante, caratterstiche queste comuni in Champagne e nel North Hampshire. Vendemmia rigorosamente manuale in bins… per mantenere freschezza e rispettare al massimo gli aromi delle bucce. I produttori sono convinti che la menzione “English Sparkling wine” non renda giustizia alla qualita’ del prodotto, troppo ovvio e letterale. Con il numero crescente di spumanti inlgesi che nelle degustazioni alla cieca battono quelli francesi e l’apprezzamento del trade, Coates&Seely hanno deciso così di qualificare il loro vino come «Britagne», con un richiamo alla parola Champagne
e quindi ad una tradizione di ben 300 anni. BRUT RESERVE NV Assemblaggio : 65% Chardonnay 35% Pinot Noir Dosage : 10g/L Si tratta di un assemblaggio di 2010 e di riserva 2009 affinato in bottiglia per 3 anni. Color giallo paglierino, con perlage molto fine, all’assaggio si rivela ricco ed elegantemente strutturato, con note di mela verde e ortica, si puo’ percepire anche un sentore affumicato. La bocca e’ asciutta, con un perlage molto morbido e un’acidita’ che ricorda il limone, tipico degli sparkling inglesi. Prezzo : 27.95£ ROSE’ NV Assemblaggio : 65%Pinot Noir, 35% Pinot Meunier Dosage : 9.0 g/L Questo rose’ viene prodotto utilizzato uve che provengono dalle due parcelle del domaine, rispettivamente Wooldings ed Exton Park, che si trovano l’una di fronte all’altra. Color Rosa pallido e struttura leggera, sentori di fragola e rosa canina, palato vibrante dall’acidita’ spiccata che chiude con un leggera nota amara, ma piacevole. > Euposia Giugno-Luglio 2015
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IL VOLTO ARCHI-STAR DELLA TOSCANA Un milione di enoturisti, per un giro dâ&#x20AC;&#x2122;affari di 850 milioni di euro: dal Chianti classico alla Maremma, venticinque destinazioni faranno crescere questo business
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MODELLO RIOJA?
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< Toscana. Wine Architecture, ovvero un circuito di 25 cantine d'autore e di design, contemporanee per le loro strutture, firmate da grandi maestri dell'architettura del XX secolo e per lo spirito culturale che le anima: a selezionarle e a metterle in rete è stata Ci.Vin - Società di Servizio Associazione Nazionale Città del Vino - che ha ideato il progetto, con la Regione Toscana che lo sviluppa e lo finanzia in gran parte e la Federazione alle Strade del Vino, dell'Olio e dei Sapori di Toscana che lo realizza. La Toscana è la regione italiana in cui, sin dalla prima metà degli anni '90, si è maggiormente concentrata la realizzazione di cantine griffate da grandi architetti italiani e stranieri (Mario Botta, Renzo Piano, Tobia Scarpa, tanto per citarne solo alcuni): edifici di altissima qualità architettonica, cui sono associate tecnologie innovative di costruzione e produzione, nonché un rinnovato rapporto estetico fra spazio di produzione e prodotto lavorato. Espressione di scelte progettuali che favoriscono la bioarchitettura, sperimentano modalità di integrazione innovative tra le nuove tecnologie nel campo dell'energia (riduzione dei consumi energetici, uso dei materiali locali, controllo tecnologico attraverso centrali informatizzate intelligenti), ma anche la riduzione dell'impatto visivo attraverso sistemi di verde. Perfettamente integrate con il paesaggio, sono un qualificante e contemporaneo biglietto da visita non solo delle aziende, ma di tutto il territorio circostante. Ad esse si affiancano cantine che ospitano installazioni artistiche e che hanno sviluppato rapporti interessanti con l'arte moderna, creando un sistema culturale e produttivo vitale e innovativo: tutte quante
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insieme, nel progetto "Toscana.Wine Architecture", costituiscono un percorso d'autore e design contemporaneo unico in Italia, gioielli d'arte nel paesaggio toscano tanto quanto i grandi monumenti del passato, che hanno fatto di questa regione una delle principali destinazioni turistiche italiane. A renderle, nel loro complesso, uniche è anche il fatto che le Cantine d'autore sono attualmente il più importante fenomeno di committenza privata alla grande architettura e la loro alta contrazione sul territorio toscano rappresenta una vera ricchezza per il patrimonio artistico -culturale della regione. All'attrazione di questi nuovi templi dell'architettura si coniuga quella del vino, per il quale la Toscana è destinazione leader in Italia, con un milione circa di enoturisti nel 2013 e un volume d'affari stimato attorno agli 850 milioni di euro. Le cantine che hanno aderito a "Toscana.Wine Architecture" sono 25, situate nelle 6 province toscane di Livorno, Grosseto, Arezzo, Siena, Firenze e Pisa. Tutte le 25 cantine hanno aperto i battenti per visite e degustazioni. Questi i loro riferimenti: PROVINCIA DI FIRENZE 1. FATTORIA LA MASSA Panzano in Chianti (Firenze) Autore: Arch. Bernard Mazieres Proprietà: Giampaolo Motta Tel: 055 852722 Mail: info@fattorialamassa.com Web: www.lamassa.com 2. CANTINA ANTINORI San Casciano Val di Pesa - Loc. Bargino (Firenze) Autore: Arch. Marco Casamonti Studio Archea Associati
Proprietà: Marchesi Antinori Tel: 055 2359700 Mail: visite@antinorichianticlassico.it Web: www.antinorichianticlassico.it PROVINCIA DI GROSSETO 3. ROCCA DI FRASSINELLO Gavorrano - Loc. Giuncarico (Grosseto) Autore: Arch. Renzo Piano Proprietà: Paolo Panerai Tel: 0577 742903 Mail: info@castellare.it Web: www.castellare.it/ita/introFrassinell o.html 4. LE MORTELLE Castiglione della Pescaia - Loc. Ampio Tirli (Grosseto) Autore: Studio Idea di Firenze Proprietà: Fam. Antinori Tel: 0564 944003 Mail: visite@lemortelle.it Web: www.antinori.it/it/passionein-evoluzione/le-mortelle 5. COLLE MASSARI Cinigiano - Loc. Poggi del Sasso (Grosseto) Autore: Arch. Edoardo Milesi Proprietà: Fam. Tipa Tel: 0564 990496 Mail: info@collemassari.it Web: www.collemassari.it 6. CANTINA PIEVE VECCHIA Campagnatico (Grosseto) Autori: Arch. Cini Boeri e Enrico Sartori Proprietà: Soc. Agr. Pieve Vecchia Tel: 0564 996452 Mail: info@cantinapievevecchia.com Web: www.cantinapievevecchia.com 7. TENUTA DELL'AMMIRAGLIA Magliano in Toscana - Loc. La
Capitana (Grosseto) Autore: Arch. Piero Sartogo Proprietà: Marchesi de' Frescobaldi Tel: 0564 50411 Mail: info@frescobaldi.it Web: www.frescobaldi.it PROVINCIA DI SIENA 8. CASTELLO DI FONTERUTOLI Castellina in Chianti - Loc. Fonterutoli (Siena) Autore: Arch. Agnese Mazzei Proprietà: Marchesi Mazzei Tel: 0577 73571 Mail: enoteca@fonterutoli.it Web: www.fonterutoli.it 9. CANTINA DI MONTALCINO Montalcino - Loc. Val di Cava (Siena) Autori: Studio Ing. Corrado Prosperi di Arezzo - Arch. Tommaso Giannelli di Montalcino Proprietà: Soc. Agricola Cantine Leonardo da Vinci Tel: 0577 848704 Mail: info@cantinadimontalcino.it Web: www.cantinadimontalcino.it
10. BADIA A COLTIBUONO Gaiole in Chianti - Loc. Monti di Sotto (Siena) Autori: Arch. Piero Sartogo e Natalie Grenon Proprietà: Fam. Stucchi Prinetti Tel: 0577 74481 Mail: badia@coltibuono.com Web: www.coltibuono.com 11. TENUTA CASTELGIOCONDO Montalcino (Siena) Autori: Arch. Piero Sartogo Proprietà: Marchesi de' Frescobaldi Tel: 0577 84131 Mail: info@frescobaldi.it Web: www.frescobaldi.it 12. SALCHETO Montepulciano (Siena) Autori: Team Tecnico guidato da Michele Manelli Proprietà: Lavinia Tel: 0578 799031 Mail: info@salcheto.it Web: www.salcheto.it 13. CANTINA ICARIO Montepulciano (Siena)
Autori: Studio Valle Progettazione Proprietà: Az. Icario Tel: 0578 758845 Mail: info@icario.it Web: www.icario.it 14. CASA VINICOLA TRIACCA Montepulciano (Siena) Autore: Arch. Alessandro Piccardi Proprietà: Fam. Triacca Tel: 0578 757774 Mail: santavenere@triacca.com Web: www.triacca.com 15. CANTINE DEI Montepulciano (Siena) Autore: Arch. Alessandro Bagnoli Proprietà: Fam. Dei Tel: 0578 716878 Mail: info@cantinedei.com Web: www.cantinedei.it PROVINCIA DI LIVORNO 16. RUBBIA AL COLLE Suvereto (Livorno) Autore: Arch. Massimo Pagliari Proprietà: Fratelli Muratori Tel: 0565 827026 Mail: rubbia.alcolle@arcipelagomuratori.it Euposia Giugno-Luglio 2015
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Web: www.arcipelagomuratori.it/tenute/r ubbia-al-colle 17. PETRA Suvereto - Loc. San Lorenzo Alto (Livorno) Autore: Arch. Mario Botta Proprietà: Vittorio Moretti Tel: 0565 845308 Mail: info@petrawine.it Web: www.petrawine.it 18. GUADO AL MELO Castagneto Carducci - Loc. Murrotto (Livorno) Autore: Arch. Giulio Carlo Crespi Proprietà: Michele e Attilio Scienza Tel: 0565 763238 Mail: info@guadoalmelo.it Web: www.guadoalmelo.it 19. TENUTA ARGENTIERA Donoratico (Livorno) Autori: Arch. Stefano e Bernardo Tori Associati Proprietà: Fratelli Fratini Tel: 0565 773176 Mail: info@argentiera.eu
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Web: www.argentiera.eu 20. DONNA OLIMPIA 1898 Bolgheri - Loc. Migliarini (Livorno) Autore: Arch. Carlo Gran Von Rex Proprietà: Donna Olimpia 1898 srl Tel: 030 2279601 Mail: hospitality@donnaolimpia1898.it Web: www.donnaolimpia1898.it 21. FATTORIA DELLE RIPALTE Capoliveri - Loc. Ripalte (Livorno) Autore: Arch. Tobia Scarpa Proprietà: Fattoria delle Ripalte Soc. Agricola Tel: 0565 94 211 Mail: info@fattoriadelleripalte.it Web: www.fattoriadelleripalte.it PROVINCIA DI AREZZO 22. PODERE DI POMAIO O GREEN WINERY Località Pomaio (Arezzo) Autori: Arch. Marisa Lo Cigno Geom. Pier Ferruccio Rossi Proprietà: Pomaio Società Agricola S.S. Tel: 0575 371400
Mail: info@pomaio.it Web: www.pomaio.it 23. IL BORRO Loro Ciuffenna - fraz. San Giustino Val d'Arno (Arezzo) Autore: Arch. Elio Lazzerini Proprietà: Fam. Ferragamo Tel: 055 977053 Mail: ilborro@ilborro.it Web: www.ilborrowines.it PROVINCIA DI PISA 24. CAIAROSSA Riparbella - Loc. Serra all'Olio (Pisa) Autore: Arch. Michael Bolle Proprietà: Eric Albada Jelgersman Tel: 0586 699016 Mail: info@caiarossa.it Web: www.caiarossa.com 25. TENUTA PODERNOVO Terricciola (Pisa) Autore: Arch. Giorgio Pedrotti Proprietà: Fam. Lunelli Tel: 0587 655173 Mail: podernovo@tenutelunelli.it Web: www.tenutapodernovo.it
News GORGONZOLA DOP: É RECORD DI PRODUZIONE GRAZIE A CONSUMI INTERNI ED EXPORT l 2014 segna un record storico nella produzione di forme di Gorgonzola Dop dal 1976, anno in cui è partito il monitoraggio dei dati riferiti al numero di forme marchiate. Nell'anno in esame, infatti, le forme prodotte hanno raggiunto quota 4.443.538 forme. E' quanto emerge dall'Assemblea Annuale dei soci tenutasi nel padiglione CIBUS è Italia ad Expo. L'Assemblea è l'unico momento dell'anno che vede insieme tutti i produttori di Gorgonzola DOP, riuniti nel Consorzio di Tutela, per fare il punto sulla produzione e sulla valorizzazione di quest'importante formaggio per l'economia italiana, terzo prodotto caseario per giro d'affari nel nostro paese. I dati di produzione ed esportazione che sono stati presentati dal Presidente del Consorzio, Renato Invernizzi, la produzione del 2014 ha fatto registrare un +6,4% con ben 267.928 forme in più rispetto al 2013. La produzione analizzata per tipologie ha visto quella ottenuta con latte proveniente da agricoltura biologica perdere ulteriormente interesse, solo lo 0,51% del totale prodotto, pari a circa 22 mila forme. In lieve, ma costante crescita, invece, la tipologia piccante che rispetto al 2013 è aumentata di circa 50 mila forme arrivando a coprire il 10% circa del totale prodotto. Le uniche due regioni italiane che producono Gorgonzola Dop, ovvero Piemonte e Lombardia, fanno segnare uno scostamento sempre maggiore verso la produzione piemontese pari oggi al 68,5% del totale, con la Lombardia scesa al 31,5%. Per quanto riguarda i consumi, l'anno 2014 si chiude per il Gorgonzola con
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un aumento dei volumi del 4,3% guidato da un incremento dell'acquisto medio di 200 grammi per famiglia. Questo dato è ancora più positivo se si tiene conto che il 2014 ha fatto registrare un andamento su scala nazionale molto negativo per l'intero comparto formaggi (-5,7%) per un totale di 659 milioni di kg in meno venduti pari a quasi 7 milioni di euro persi dal comparto. Riguardo alle aree di consumo il calo registrato al sud, contrariamente al 2013, per l'intero comparto formaggi, si conferma anche per il Gorgonzola che scende di 4 punti percentuale, mentre aumenta sensibilmente in area 1 e 2 (tutto il nord). Il canale di maggior acquisto risulta essere sempre il supermercato dove viene venduto quasi il 50% del Gorgonzola; rimangono stabili iper, discount, ambulanti e negozi specializzati che distribuiscono il rimanente. Prosegue invece il calo della vendita del prodotto a peso variabile al banco (42,7%) rispetto al peso variabile take-away (41%), dato ancora
più pesante se si considera che solo 10 anni fa, la vendita assistita era pari al 75% contro il 20% del take-away! I dati del 2014 rivelano che le aziende italiane scommettono sempre più sull'export; la continua crescita anche nel 2014 ha fatto segnare un +2,66 pari a 1.650 tons di Gorgonzola nel mondo, dato più alto mai registrato che conferma il posizionamento del gorgonzola al terzo posto tra i formaggi Dop italiani. Sempre in costante crescita il consumo nell'Unione Europea con la Germania che guida ancora i paesi importatori con un +12%; rimangono ancora problemi negli Stati Uniti che perdono ulteriore terreno (-13%), mentre i paesi Asiatici fanno risultare, seppur lievemente rispetto al 2013, un aumento nei consumi, in particolare Giappone e Corea del sud, mentre in Cina i consumi scendono a meno di 200 quintali. Incoraggianti sono i primi segnali di export mondiali dei primi mesi del 2015, che indicano ancora un aumento di oltre il 14,4% (elaborazione Clal su fonte Istat). Euposia Giugno-Luglio 2015
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SUMMER LAMB, FRESCHEZZA DAL GALLES
ummer Lamb, ovvero 'agnello estivo', è il nome della campagna che HCC Meat Promotion Wales, l'Ente gallese che promuove le carni ovine e bovine nel mondo, sta lanciando proprio in questi giorni sul mercato italiano per favorire il consumo di carne d'agnello anche in estate. Il mercato dell'agnello in Italia è legato in prevalenza alle ricorrenze pasquali, salvo al Sud dove è consumato con maggiore costanza durante tutto l'arco dell'anno. Il Welsh lamb igp, invece, data la sua produzione naturale che segue l'andamento delle stagioni, è presente soprattutto dall'estate fino alla dell'anno e, grazie alla sua indiscussa qualità e ai nuovi tagli proposti, può stimolare consumatori e ristoratori a consumarlo in momenti diversi in alternativa ad altre tipologie di carne. «L'obiettivo della campagna Summer Lamb è quello di far capire al consumatore italiano che la carne di agnello è leggera, gustosa, altamente digeribile per cui adatta anche come pasto veloce estivo o per un barbecue all'aria aperta" spiega Jeff Martin, responsabile dell'Ente gallese in Italia. "In Galles gli agnelli crescono in totale libertà, su pascoli verdi e incontaminati, e si cibano di erba seguendo l'andamento delle stagioni. Per questo motivo le esportazioni di carne ovina gallese sono più massicce in periodi ben precisi dell'anno, solitamente
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da luglio a dicembre, quando il momento della crescita è ottimale». La campagna Summer Lamb si avvale della collaborazione di Luigi Taglienti, chef stellato e Tre Forchette Gambero Rosso, che per l'occasione ha creato due ricette adatte per il barbecue estivo: "Costoletta di agnello gallese igp alla brace con asparago bianco, lampone e maggiorana" e "Filetto di sella di agnello gallese igp alla brace, bietola e cipollotto". Due proposte di alta cucina facilmente replicabili da tutti i buongustai italiani, vista la facilità e la rapidità con cui questa carne si prepara e si cucina. «"Le ricette dello chef Taglienti sono un esempio di come la carne di agnello gallese sia versatile in cucina conclude Martin - Molti consumatori pensano che questo tipo di carne sia difficile da cucinare e che richieda lunghe preparazioni e tempi di cottura. Niente di più sbagliato: la carne ovina si può cuocere alla griglia o in padella per qualche minuto e consumata al naturale è ancora più buona». Ciò che rende il Welsh Lamb unico è sicuramente il suo gusto: il sapore naturale, dolce e per nulla forte, è infatti l'esito di un'alimentazione naturale composta prevalentemente da erba verde alternata ad erica e a erbe autoctone profumate. L'agnello gallese è inoltre
News garantito igp, il marchio di indicazione geografica protetta che assicura la provenienza da aziende agricole garantite e da macelli controllati. *** LE RICETTE DELLO CHEF LUIGI TAGLIENTI
ASPARAGO BIANCO, LAMPONE E MAGGIORANA
GALLESE IGP ALLA BRACE, BIETOLA E CIPOLLOTTO
Ingredienti per 4 persone Per la costoletta di agnello: 4 costolette di agnello gallese igp del peso di 120 g il pezzo Insaporire le costolette di agnello con sale, pepe e pimento di espellette, cuocerle al barbecue per tre minuti. Lascia riposare la carne per almeno altri due minuti. Per la cottura degli asparagi: 4 asparagi bianchi di media dimensione Mondare e tornire accuratamente gli asparagi e cuocerli al fuoco della brace. Finitura e presentazione: Adagiare la costoletta di agnello alla base del piatto impreziosita con carbone vegetale, aggiungere l'asparago bianco, il lampone e la maggiorana.
Ingredienti per 4 persone Per i filetti di sella di agnello: 4 tranci di filetto di sella di agnello gallese igp da 120 g il pezzo Lasciare marinare in una busta sottovuoto la carne d'agnello con abbondante nepitella, sale e pepe bianco per almeno 4 ore. Adagiate la polpa dell'agnello sulla griglia del barbecue e lasciate cuocere lentamente, preoccupandosi di mantenere una cottura non troppo prolungata per preservare la qualitĂ della carne. Lasciar riposare per almeno 4 minuti. Per i cipollotti novelli: 4 cipollotti novelli di media dimensione Pelate e tornite accuratamente i cipollotti e cuocerli per almeno 2 minuti in abbondante acqua salata. Finitura e presentazione: Adagiate alla base del piatto un bouquet aromatico essiccato, adagiatevi i cipollotti, la bietola e la polpa dell'agnello.
COSTOLETTA DI AGNELLO GALLESE IGP ALLA BRACE CON
FILETTO DI SELLA DI AGNELLO
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CARNIA , UN GUSTOSO SETTEMBRE ALL ’I NSEGNA DEI FORMAGGI DI MALGA Monti incontaminati, natura selvaggia e silenziosa, un patrimonio d'arte e storia che ben poche zone di montagna possono vantare, tradizioni antiche e prodotti genuini: questo, e molto altro ancora, è la Carnia, terra di boschi, rocce e vallate fra le più belle del Friuli Venezia Giulia, a due passi dal confine con l'Austria. La Carnia ha mantenuto intatti nei secoli i dialetti e le tradizioni della sua gente, sviluppando un turismo a dimensione d'uomo, ecocompatibile, non affollato, tanto che del rispetto ambientale ne ha fatto un portabandiera. Trascorrere una vacanza in Carnia significa, dunque, immergersi in un mondo fatto di autenticità e genuinità, essere accolti in strutture ben attrezzate, di qualità e a prezzi accessibili, siano esse piccoli hotel a conduzione familiare o alberghi diffusi, ricavati dalla ristrutturazione di antiche case di caratteristici paesi. Gli amanti dello sport possono sbizzarrirsi tra mountain-bike, cicloturismo, passeggiate, arrampicate, trekking fra i rifugi, equitazione, free-climbing, trekking a cavallo, parapendio, canoa. Non solo vacanze attive: tutta da scoprire la particolarissima gastronomia della Carnia e i prodotti
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tipici delle sue malghe, la sua storia antica che ha origini celtiche e l'ha vista come protagonista nel periodo romano (come testimoniano il Foro, l'area archeologica e il Museo di Zuglio, l'antico Iulium Carnicum), l'arte, il folclore e l'artigianato, tutti segni di un passato custodito con orgoglio e riproposto con passione. 6 SETTEMBRE A SUTRIO MAGIA DEL LEGNO Sutrio, il paese carnico noto per la lavorazione del legno, domenica 6 settembre si trasforma in laboratorio del legno, mettendo in mostra l'abilità dei suoi artigiani e di artisti ospiti, in una festa che h come scenario l'intero borgo. Intarsio, scultura, incisione, pirografia… in ogni cortile, sotto ogni antico porticato, in ogni piazzetta decine di falegnami e intagliatori lavorano davanti al pubblico, accompagnati dal suono della fisarmonica e di antichi strumenti tradizionali, e un'ottantina di scultori e artigiani provenienti dall'Italia e dall'estero realizzare le loro opere, alcune delle quali di dimensioni monumentali. Accanto agli artisti carnici e friulani, si possono vedere all'opera scultori del Trentino, dell'Austria,
News dalla Croazia e dalla Slovenia e allievi e docenti delle Scuole di Intaglio del Piemonte: sotto le loro abili mani si delineano via via forme e il legno grezzo prende anima. P er capire come, a Sutrio, l'artigianato del legno sia storia antica e tradizione, due tappe sono d'obbligo: la bottega del falegname Conte, rimasta intatta con tutti i suoi vecchi attrezzi, e il Presepio di Teno, realizzato nel
ni decorative e complementi d'arredo. Per i bambini, in programma laboratori didattici e stand dedicati al gioco. Piatti tradizionali si degustano nelle trattorie e negli stand allestiti negli angoli più caratteristici del paese: simbolo della festa sono i cjarsòns, sorta di agnolotti con ripieno a base di ricotta e di una ricchissima varietà di ingredienti (spezie, frutta secca, uva sultanina, erbe aromatiche,
corso di 30 anni di lavoro da Gaudenzio Straulino (19051988), maestro artigiano, che vi ha riprodotto in miniatura architettura e attività della Sutrio di un tempo, con le case, la chiesa, le botteghe, i mulini, le segherie, le malghe. Al legno è anche dedicato un caratteristico Mercatino, dove si trovano piccole sculture artistiche e oggetti d'uso quotidiano, mobili tipici e giocattoli, incisio-
aromi orientali…) di cui si possono gustare molteplici varianti. Pacchetti weekend all'Albergo Diffuso Borgo Soandri (www.albergodiffuso.org). 12-13, 18-19-20 SETTEMBRE A ENEMONZO MONDO DELLE MALGHE: XXXIII MOSTRA MERCATO DEL FORMAGGIO E DELLA RICOTTA DI MALGA
Dopo la stagionatura, avvenuta durante i mesi estivi nelle mal-
ghe, in settembre i formaggi vengono portati a valle e venduti nei caseifici. Settembre è anche il periodo in cui ci si prepara alla transumanza, ovvero il ritorno a valle delle mandrie che, dopo aver passato i mesi caldi negli alpeggi di alta montagna, trascorreranno i mesi invernali nelle stalle dei paesi. Questa tradizione centenaria viene festeggiata ad Enemonzo con la Mostra mercato del formaggio e della ricotta di malga, in programma quest'anno nei due fine settimana dell'12-13 e del 18-19-20 settembre. Un'occasione per scoprire e degustare i formaggi d'alpeggio (il particolare formaggio salato Carnia e le ricotte affumicate) e per assaggiare il miglior formaggio e la migliore ricotta di malga decretati da un concorso che coinvolgerà anche i presenti, in una gara divertente e gustosa. Negli stand gastronomici, menu a base di formaggio, dall'antipasto al dolce. Musiche e danze folkloristiche rallegrano la festa, durante la quale è possibile seguire dal vivo le varie fasi della lavorazione del formaggio e curiosare fra i prodotti del mercatino dell'artigianato. Pacchetto weekend (2 giorni, 1 notte) con pernottamento e cena tipica, entrata ad un museo della rete di Carniamusei, visita ad un'azienda agroalimentare della Carnia con degustazione di prodotti, voucher per degustazioni il giorno della festa. Euposia Giugno-Luglio 2015
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HAPPY HOUR
ALTRO
CHE
SPRITZ...
Campari rilancia su Milano la piacevole consuetudine del welcome drink che su sessanta locali introdurrà al gusto i visitatori dell’Expo
< Campari reinterpreta l’aperitivo, facendolo vivere anche sulla tavola dei migliori ristoranti. Ancora una volta la tendenza parte da Milano, culla e simbolo dell’aperitivo. Durante Expo infatti, 60 tra i migliori ristoranti della città si trasformeranno negli ambasciatori dell’Italian way di un’usanza internazionale, quella del welcome drink a tavola prima del pasto. Dopo il successo della fase pilota testata in 12 ristoranti milanesi di alta cucina tra ottobre e dicembre 2014 (www.welcomedrink.it), Campari ha deciso di proseguire, allargando il circuito a 60 tra i più quotati ristoranti del capoluogo lombardo. Quella del “welcome drink” è una consuetudine già
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comune a molti dei migliori ristoranti nel mondo e Campari, che unisce vocazione internazionale con il legame alla tradizione italiana, propone quest’usanza alla ristorazione del nostro Paese. I barman dei locali d’eccellenza coinvolti si sono messi al lavoro rivisitando cocktail storici e facendo leva sulla grande versatilità e carattere di bitter Campari e con grande creatività, lavorando insieme a chef di rinomata fama, hanno messo a punto originali welcome drink, abbinandoli ad amuse bouche o ad un più semplice “piattino di benvenuto”. L’iniziativa si inserisce nel progetto della campagna Campari “Benvenuti nella Capitale dell’aperitivo” che accoglierà i visitatori di Expo e farà vivere loro
UN CLASSICO
una delle esperienze più tipiche di Milano, quella dell’aperitivo red passion. La città si tingerà di rosso dando il benvenuto agli oltre 20 milioni di turisti attesi; a farlo saranno i locali stessi, oltre ai 60 ristoranti faranno parte del “circuito” anche 50 locali per aperitivo e bar della città. Tutti i locali coinvolti saranno indicati su una mappa distribuita in svariate location milanesi. Campari sempre molto attenta al consumo consapevole e moderato, in un’ottica di “educational”, si inserisce in questo momento di grande interesse per l’enogastronomia, riportando l’aperitivo a svolgere la sua funzione naturale,
SI
RINNOVA
ovvero quella di preparare al pasto stimolando l’appetito (il termine aperitivo infatti deriva proprio da “aperire” cioè aprire, iniziare). Di seguito l’elenco dei locali coinvolti: (petit), A Casa Eatery, Abbotega, Al Mercato, Al Tronco, Artest, Asola, Assaggino di Refettorio, Baretto al Baglioni, Bento, Bice, Casa Tua Osteria, Ceresio7, Cucina del Toro, Dall’Oste 26, Don Carlos at Grand Hotel et de Milan, Dopolavoro Bicocca, Drogheria Parini 1915, El Brellin, Essenza, Filippo la Mantia Oste e Cuoco, Fioraio Bianchi, Giacomo Bistrot, Giulio Pane e Ojo, Globe Restaurant & Lounge Bar, Il
Liberty, Il Ristorante Trussardi alla Scala, Innocenti Evasioni, La Cucina dei Frigoriferi Milanesi, La Maniera di Carlo, La Brisa, La Scaletta, Les Pommes, Les Gitanes Bistrot, L’Essenziale, Lovster & Co, Mamai, Manna, Osteria Brunello, Trattoria Masuelli San Marco, MI-Cucina di Confine, Mimmo Milano, OLEI Ristorante, Pacifico, Pescheria Mattiucci, Porteno, Porteno, Ratanà, Ristorante Giacomo, Rubacuori Restaurant, Sadler, Senza Tempo, Smooshi, Sophia’s Restaurant, T’A Bistrot, Tano Passami l’Olio, Terrazza Bellavista, Trattoria del Nuovo Macello, Wicky’s Wicusine, 28 Posti.za >
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GASTRONOMIA
LA DELLA
VITALITÀ
TRADIZIONE
Continua a crescere l’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo, la prima realtà - avviata nel 1964 - per difendere e promuovere le specialità regionali italiane < I ristoranti Villa Revedin di Gorgo al Monticano (TV) e La Fornace di San Vittore Olona (MI) sono le prime due insegne entrate nel 2015 nell'Unione Ristoranti del Buon Ricordo: altre se ne aggiungeranno nei prossimi mesi, a conferma della vitalità dell'associazione, nata nel 1964 da un'idea di Dino Villani con lo scopo di salvaguardare le tante tradizioni e culture gastronomiche del Bel Paese, che rischiavano di scomparire davanti alla moda allora in auge della cucina internazionale. Oggi come un tempo, nei ristoranti del Buon Ricordo si valorizzano i prodotti del territorio, si privilegia - attualizzandola ed interpretandola - la tradizione culinaria regionale e, a chi gusta la specialità del locale, viene regalato a fine pasto il piatto su cui viene effigiata a colori vivaci e tratto naif dagli artigiani della Ceramica artistica Solimene di Vietri, affinché si ricordi della piacevole esperienza culinaria provata. Le specialità delle new entry 2015, che saranno nel
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menu tutto l'anno, sono per Villa Revedin i Ravioli di Villa al gransoporo e per La Fornace i Ravioli di farro e fagiano nel suo fondo con erba cipollina e lamelle di tartufo nero: i ceramisti di Vietri hanno già realizzato i loro piatti, disponibili quindi nei due locali. Ben nove, quest'anno, i ristoranti del Buon Ricordo che hanno deciso di cambiare la loro specialità e quindi hanno un nuovo piatto a rappresentarli: LA PIANA di Carate Brianza (Monza-Brianza) - Millefoglie di riso croccante con ragù di pasta di salame fresca; Ristorante LE QUERCE di Cantù (CO)Vialone nano con minuta di missoltino al balsamico e verdurine; LOVERA DAL 1939 di Cuneo -Tagliatelle alla Frabosana-Roaschin; Trattoria GUAIANE di Noventa di Piave (VE) Bigoli lagunar; Trattoria FAVORITA di Venezia Lido- Spaghettoni
RISTORANTI
alla Leonard; GRANARO DEL MONTE DAL 1850 di Norcia (PG) - Filetti di maiale su ristretto di verdure, passerina, guanciale e tartuf; LA LUNA NEL BOSCO di Pignola (PZ) - Filettino di maiale nero; LA CONTEA di Neive (CN) Uovo all'occhio di bue tartufato su zuppa mitunà; TAVERNA DEL LUPO di Gubbio - Filetto di maialino al ristretto di Sagrantino con cipollotti di Cannara.
fin dalla sua apertura nel 1976. Il locale, che si trova vicino ad Oderzo, è stato un vero precursore, nella Marca Trevigiana, di un modo di interpretare la ristorazione nuovo per quei tempi, facendo del pesce il protagonista pressoché assoluto dei suoi menu. Vera gioia per gli occhi, oltre che per il palato, la ricca esposizione di scampi, asti-
I NUOVI RISTORANTI DEL BUON RICORDO RISTORANTE VILLA REVEDIN VIA PALAZZI, 4 GORGO AL MONTICANO (TREVISO) Tel. 0422.800033 Chiuso la domenica sera e tutto il lunedì www.villarevedin.it info@villarevedin.it Cucina di pesce in terraferma: è sempre stata questa la caratteristica del ristorante di Villa Revedin,
DEL
ci, branzini, storioni e quanto di
BUON RICORDO
meglio i pescatori dell'Adriatico fanno giungere quotidianamente in porto, viene rinnovata ogni giorno ed è segno evidente di genuinità. La passione degli chef e l'originalità delle loro amabili mani nell'interpretazione delle ricette venete, celebrano la gloria di deliziosi piatti, accuratamente studiati per nulla togliere al vero sapore di mare del pesce freschissimo. Stile raffinato, l'atmosfera calda e accogliente, il ristorante si trova nella parte più recente della cinquecentesca Villa Revedin, oggi prestigioso Hotel a 4 stelle. Il richiamo del mare arriva sulle tavole non solo nelle pietanze che seguono il pescato quoti-
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GASTRONOMIA
RISTORANTI
diano, ma anche dalla luce che filtra dall'alto del luminoso controsoffitto della sala principale, costruito artigianalmente, dove sono incastonati migliaia di vetri colorati di Murano alternati a tendaggi a vela, che richiamano il dolce fluire delle onde del mare. Per una cena romantica a lume di candela o un piccolo banchetto tra amici o parenti, gli ospiti possono scegliere fra la Sala del Caminetto, la Saletta del Pesce Spada o la Saletta Privata del piano terra. Con la bella stagione si cena nell'ampia terrazza affacciata sul parco. Specialità Ravioli di Villa al gransoporo - Il mare e la vicina meraviglia della laguna di Venezia: pochi crostacei sono così graditi al palato degli intenditori come il gransoporo. Una ricetta semplice e nobile a un tempo, per esaltare questa delizia. RISTORANTE LA FORNACE S.S. SEMPIONE, 241 SAN VITTORE OLONA (MI) TEL. 0331.518308 Chiuso il sabato a pranzo www.ristorantelafornace.com info@ristorantelafornace.com E' dal 1990 che la storia della famiglia Poli si intreccia con quella del Ristorante La Fornace, diventato nel corso degli anni un punto di riferimento della ristorazione lombarda. Il 2005 è stato per la famiglia Poli un anno importante, dato che ha suggellato l'inaugurazione del Poli Hotel, elegante albergo a 4 stelle sull'asse del Sempione. Il ristorante si è quindi spostato nella
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DEL
BUON RICORDO
nuova struttura dove ha trovato spazi ed atmosfere ideali. Oggi, locale frequentato e apprezzato da un pubblico eterogeneo di buongustai, La Fornace si propone come indirizzo di ristorazione d'eccellenza non solo per gli ospiti dell'hotel, ma anche per la clientela locale e internazionale già fidelizzata nel tempo. Due le sale, che possono ospitare complessivamente 120 persone. L'atmosfera elegante del ristorante e un servizio curato e discreto si incontrano per rendere perfette tutte le occasioni, dal business lunch alla cena in famiglia, al romantico tête à tête alla cerimonia di classe: qualsiasi siano, in ciascuna di esse si ritrova il tocco della famiglia Poli. Specialità Ravioli di farro e fagiano nel suo fondo con erba cipollina e lamelle di tartufo nero - Tradizione e creatività in questo piatto, dove i sentori della cacciagione si sposano e si uniscono ai profumi autunnali, in un insieme gustosissimo che racchiude in sé essenza e sapori tipici della cucina lombarda. >
euposia Direttore responsabile: Beppe Giuliano (boss@euposia.it) telefono +39 045 591342 Caporedattore: Nicoletta Fattori (fattori@euposia.it) telefono +39 045 591342 Redazione e Degustazioni Via G. Prati 18 - 37124 Verona tel. fax. 045.591342 redazione@euposia.it Hanno collaborato a questo numero. Enzo Russo (Enogastronomia) Carlo Rossi, Giulio Bendfeldt, Magda Beverari, Piero Valdiserra Euposia pubblica in esclusiva gli articoli de
NEL
PROSSIMO NUMERO
Paternoster, la forza del “cadetto” Annamaria Clementi, il top di Cà del Bosco Lamole di Lamole, fascino toscano Domaine Rosier
Impaginazione: ConTesto editore scarl grafici@euposia.it Si ringrazia per il materiale fotografico Giuò Martorana, Santa Margherita Magda Beverari - Archivio Donelli Archivio Moretti - Consejo Regulador del Cava - Toscana Architecture Archivio Campari - Ente Carni
Prosecco San Mor Giv, le novità 2015
Copertina: Andy Caterall English Wine Producers Concessionaria per la pubblicità: Contesto Editore Scarl Per i siti www.euposia.it e www.italianwinejournal.com info@vinoclic.it Stampa: Tieffe Emmeprint - Italy Distribuzione per le edicole Sodip Spa, via Bettola, 18 20092 Cinisello Balsamo Prezzo della rivista: 5 euro Arretrati: 8 euro + spese di spedizione Per informazioni: tel. 045.591342 Editore: Contesto Editore Scarl Via Frattini, 3 - 37121 Verona Iscr. Roc n. 12207 del 02/XI/2004 Registrazione Tribunale di Verona n. 1597 del 14/05/2004
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SETTEMBRE-OTTOBRE 2015