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PROTEZIONE INTERNAZIONALE

Dal 2018 la Scuola Normale aderisce alla rete SAR che promuove la libertà accademica e protegge i ricercatori a rischio minacciati dai regimi

International protection

Uno sguardo veramente internazionale di una istituzione accademica non può non essere colpito dalle gravissime condizioni in cui, in diverse parti del mondo, si trovano numerosi ricercatori e ricercatrici. Negli ultimi anni, per diversi motivi, moltissimi studiosi e studiose hanno dovuto affrontare violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali, sono stati licenziati dal loro lavoro, imprigionati, sottoposti a indagini e talvolta ad aggressioni, che ne hanno anche provocato la morte. Il recente ritorno del regime talebano in Afghanistan è forse l’e- sempio più paradigmatico, ma i contesti dove la libertà accademica è a rischio sono numerosi. Non da ultimo, lo scoppio della guerra russo-ucraina ha costretto milioni di ucraini a lasciare il proprio Paese, mentre molti cittadini che si sono opposti al governo di Putin hanno deciso di abbandonare la Russia per non rischiare la repressione del regime.

I ricercatori e le ricercatrici che vivono relativamente “più sicuri” si sono organizzati in reti di solidarietà per proteggere i ricercatori a rischio. Una di queste organizzazioni è Scholars at Risk (SAR), una rete di università fondata nel 1999 negli Stati Uniti allo scopo di promuovere la libertà accademica e proteggere i ricercatori a rischio. Negli ultimi anni atenei, istituti di ricerca e associazioni scientifiche sul territorio italiano hanno aderito a SAR e in particolare a SAR Italia, costituitasi nel 2019. Tra gennaio 2021 e dicembre 2022 sono state create novantadue posizioni a tempo determinato presso sedici università italiane per studiosi provenienti da 9 paesi diversi: il numero delle ricercatrici coinvolte è vicino a quello dei ricercatori.

La Scuola Normale Superiore ha aderito alla rete SAR-Internazionale dal 2018 ed è nel direttivo nazionale. Oltre alle attività di advocacy e promulgazione, la Scuola è impegnata in progetti per ospitare ricercatori a rischio. Ha ospitato per un anno, con una borsa di ricerca, una studiosa curda che proveniva dalla Turchia. Nel 2023 ha aperto le sue porte a due ricercatori fuggiti rispettivamente dalla guerra in Ucraina e dal regime autoritario di Putin.

L’esperienza si sta mostrando molto positiva. Questo sia in termini di validità del contributo scientifico dato dai ricercatori ospitati, sia dal punto di vista dell’interesse mostrato dalla nostra comunità accademica – ricercatori, ricercatrici, studenti, personale amministrativo –nel sostenere i progetti. Il coinvolgimento degli studiosi a rischio ha già offerto occasioni importanti di ricerca, dibattito e sensibilizzazione sul tema della libertà accademica nel mondo, argomento ancora poco dibattuto nel nostro Paese e nel contesto europeo. Allo stesso tempo rappresenta una forma attiva di solidarietà e inclusione di cui l’intera società beneficia.

Sebbene molti atenei italiani siano disposti a mostrare forme concrete di solidarietà verso i ricercatori e le ricercatrici a rischio, manca il sostegno finanziario per favorire concretamente il loro arrivo e la loro permanenza. In questo contesto, un fondo nazionale già esistente in diversi paesi europei assicurerebbe loro un sostegno concreto. Un finanziamento esterno agli atenei (ad esempio, in capo al Ministero o ad alcune regioni) garantirebbe maggiore sostenibilità nei confronti di queste pratiche di solidarietà che a oggi sono in mano ad alcuni atenei e più in particolare a singoli ricercatori e ricercatrici.

* Assegnista di ricerca, classe di Scienze Politico-Sociali della Scuola Normale Superiore; ** Professore Associato di Sociologia dei fenomeni politici

A truly international look at an academic institution cannot fail to be struck by the very serious conditions of many male and female researchers in different parts of the world. In recent years, for a variety of reasons, a great number of male and female scholars have faced violations of human rights and fundamental freedoms, have been dismissed from their jobs, imprisoned, subjected to investigations and sometimes to assaults which have even resulted in their deaths. Scholars living under relatively “safer” conditions have organized themselves into solidarity networks to protect researchers at risk. One such organization is Scholars at Risk (SAR), a network of universities founded in 1999 in the United States to promote academic freedom and protect researchers at risk.

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