Lina Aloia
Io? Team RobSten Romanzo RPF (real person fiction)
ISBN: 978-88-96895-89-4 © 2012 Falco Editore Piazza Duomo, 1 – tel. 0984.23137 87100 – COSENZA E-mail: info@falcoeditore.com www.falcoeditore.com
Finito di stampare nel mese di ottobre 2012 da Grafica Pollino Srl – Castrovillari (CS) per conto di Falco Editore è vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, non autorizzata dall’Editore in ogni Paese
Da qualche parte ho letto che Manzoni, mentre scriveva I promessi sposi, si alzava ogni mattina contento di ritrovare tutti i suoi personaggi. Susanna Tamaro, Va’ dove ti porta il cuore
A mio nonno
A Robert e Kristen per essere entrati nella mia vita e avermi fatto sognare; a tutti i TEAM ROBSTEN come me.
“Qual è la cosa migliore dell’interpretare Bella Swan?” Kristen Stewart: “Puoi baciare Edward Cullen!” “Qual è la cosa più bella di dare anima e corpo ad un vampiro come Edward Cullen?” Robert Pattinson: “Baciare Kristen Stewart!”
Questo libro è un’opera di fantasia. Dialoghi e luoghi citati sono invenzioni dell’autrice e hanno lo scopo di conferire veridicità ai fatti narrati.
Capitolo 1
♂ Robert Pattinson. La prima volta che avevo sentito quel nome era stato all’incirca tre settimane prima. Cath, Catherine Hardwicke – la regista che mi aveva scritturata nel suo prossimo film, nonché intima amica del mio fidanzato Mike – mi aveva chiamata per dirmi che gli avrebbe fatto un provino per la parte del mio co-protagonista. Si trattava di uno script tratto da un best seller internazionale: Twilight. La favolosa storia d’amore tra Edward Cullen, un vampiro di novanta e passa anni intrappolato nel suo corpo da adolescente, e Bella Swan, un’umana introversa e un po’ imbranata. Quando Cath mi aveva offerto la parte, ne ero rimasta sorpresa e lusingata. Non avevo accettato subito. Mi ero presa del tempo per pensarci. Era una cosa grossa. Un ruolo davvero importane. Si parlava anche di sequel. Avevo voluto rifletterci bene. Così, dopo aver letto per bene il copione e valutato la situazione insieme a Ruth, la mia agente, avevo accettato. Da quel momento in poi, iniziò la caccia all’Edward perfetto. Prima di proporre Robert, Cath, Stephenie Meyer – l’autrice del libro – e io visionammo decine e decine di altri attori senza alcun risultato. Erano tutti bravi, bellissimi anche, ma mancava sempre quel qualcosa che avrebbe dovuto farci dire: Sì, è lui! senza esitazioni. Quando tre settimane prima Cath mi aveva telefonato per dirmi che c’era questo ragazzo londinese, appunto Robert, che sembrava avere le caratteristiche che stavamo cercando, mi ero ritrovata a pensare che non ne avremmo ricavato un ragno dal buco come al solito: Stephenie considerava il suo Edward l’uomo perfetto, impossibile da trovare nel mondo reale, e Cath era molto esigente. Sapeva quello che voleva e 9
non si sarebbe mai accontentata di un attore mediocre. Lei voleva un attore speciale. Un Edward, non perfetto, ma quasi. «Sta per arrivare…», la voce di Cath, squillante e carica di entusiasmo, interruppe i miei pensieri. Andai a sedermi sulla poltrona. Eravamo nel salotto di casa sua. Lei aveva questa fissazione che gli uffici della Summit Entertainment fossero troppo formali per poter dar luogo a dei veri provini. Secondo lei, il suo salotto, più accogliente e per niente simile ad un ufficio, metteva più a proprio agio le persone, permettendogli d’esprimersi meglio perché non in soggezione. Lei era così. Non come i soliti registi, lei era alternativa; con quel briciolo di follia in più che la rendeva unica nel suo genere. «Quando ho visto le sue foto, non mi aveva convinta, ma quando ho visto il video del provino che ha mandato da Londra… non te lo so spiegare, ha qualcosa che… lo vedrai con i tuoi occhi» stava dicendo a Stephenie «Hai detto così anche l’ultima volta…» le fece notare lei ridendo. «Robert non è come gli altri…», riprese Cath, «lui è il tipico ragazzo bello e dannato… potrebbe essere davvero quello che cerchiamo». Mentre ascoltavo i loro discorsi carichi d’aspettativa per l’imminente incontro, un bip attirò la mia attenzione. Presi il cellulare dalla borsa e lessi il messaggio che mi era arrivato. Ancora 3 ore e sarò fuori dal set. Lo so, non ci vediamo mai. Hai ragione ad arrabbiarti con me. Stasera per farmi perdonare ti porto a cena. Non abbiamo ancora festeggiato per il tuo nuovo film. Quindi non ammetto obiezioni. Mike Sorrisi leggendo quel messaggio. Mike era davvero molto dolce. Mi venne una fitta allo stomaco ripensando a quando, qualche sera prima, l’avevo rimproverato per il fatto che non ci vedevamo abbastanza. Non che non ne conoscessi la causa, ma in quel periodo mi mancava tanto. Era impegnato nel girare un nuovo film e anche io ero nel pieno delle riprese di Adventureland. Lavorava duramente dall’alba al tramonto e quando finiva di girare, era esausto. Come potevo dargli torto? Ma ero contenta che quella sera saremmo usciti, dovevamo approfittare di tutti i momenti liberi, 10
di lì a poco sarei partita per Portland e ci saremmo visti ancor più di rado. Iniziai subito ad armeggiare con i tasti del cellulare per rispondergli. «È qui, è al cancello» mi informò Cath con un gran sorriso. Mi liberai del telefono e mi ricomposi. Gli avrei risposto dopo. Restammo in silenzio scrutandoci in volto a vicenda, in attesa. Poi bussarono alla porta. «Si può?» domandò una voce dal leggero accento inglese. «Entra pure, Robert» gli disse Cath scattando in piedi e aprendogli la porta socchiusa. «Salve!» salutò lui con un gran sorriso e portandosi i capelli indietro con una mano. «Ti stavamo aspettando», fece Cath dandogli la mano. «Lei è Stephenie Meyer, l’autrice del libro» presentò subito dopo. «Piacere di conoscerla» sembrava davvero impacciato. «Ti prego, chiamami Stephenie, dammi del tu!» disse lei porgendogli la mano. «Allora piacere di conoscerti, Stephenie» e abbozzò un sorriso timido. Era molto più alto rispetto a me. Più alto rispetto a molti, in realtà. L’osservai attentamente: pantaloni di jeans e felpa nera aperta che lasciava intravedere una t-shirt bianca dalla fantasia rock. Davvero cool! Chissà dove l’aveva acquistata… chissà se potevo spillargli quest’informazione senza sembrargli una matta! I suoi capelli erano davvero impossibili. Nelle foto che mi aveva mostrato Cath, non aveva quel taglio di capelli. Forse erano dovuti a qualche sua recente interpretazione o, semplicemente, adesso li portava più lunghi. Tra le mani teneva stretto qualcosa di lanoso che non riuscii ad identificare. Teneva lo sguardo basso, fisso sui suoi piedi. Non aveva esagerato Cath quando parlò dell’aria da bello e dannato… «Lei è Kristen Stewart, o meglio, la nostra Bella Swan» mi presentò Cath. «Ciao», mi alzai dalla poltrona sorridendogli e gli porsi la mano. «Ciao Kristen» ricambiò il sorriso e mi diede la mano che era fredda e tremolante. 11
Era davvero agitato, più di quanto desse a vedere. Chissà se era davvero carino come sembrava…
♀ Era per le nove e mezza o per le dieci? Per le nove e mezza, decisi. Il taxi andava a rilento. Venice Beach non era mai stata più trafficata. Il conducente continuava a sbirciarmi dallo specchietto retrovisore. Si capiva lontano un miglio che ero teso. Mi sentivo carico d’ansia. «È ridicolo solo il fatto che mi presenti a questo provino! Non mi daranno mai la parte, non sono abbastanza bello per interpretare Edward Cullen» avevo detto alla mia agente al telefono poco prima. «Rob, vai e basta!»m mi aveva ripreso lei. «Ci sarà un motivo se la Hardwicke ti vuole lì, mi ha telefonato non so quante volte nell’ultima settimana, mi ha chiamato anche stamattina per confermare l’incontro di oggi…», l’avevo fatta alterare. «È ancora tutto da vedere…» era più forte di me, riuscivo a vedere solo il bicchiere mezzo vuoto. «Fai quel che devi e basta. Ci vediamo più tardi. Spero di raggiungerti al più presto, c’è talmente tanto traffico. Tu sbrigati. Chiamo per dire che stai arrivando», poi aveva riattaccato, lasciandomi da solo con mille interrogativi. Il fatto che la mia agente fosse più in ritardo di me aveva un non so che di tragico e, al tempo stesso, di comico. Non ero mai andato a un incontro così importante da solo. Steph – Stephanie Ritz – aveva sempre creduto in me; non so per quale folle ragione, ma era così. Sapevo che le dispiaceva non arrivare in tempo, ma sapevo anche che, una volta conclusosi l’incontro, l’avrei trovata fuori ad aspettarmi. Questa consapevolezza mi aveva dato una motivazione in più: avrei avuto qualcuno con cui andare a sbronzarmi dopo l’imminente, devastante provino. Provino che non volevo nemmeno fare, ma Nicholas Frenkel, il mio manager, aveva insistito davvero tanto, così alla fine mi ero lasciato convincere da Steph. 12
Dopo aver interpretato Cedric Diggory in Harry Potter, avevo girato un altro unico film indipendente su Salvador Dalì e, sinceramente, non nutrivo più alcuna speranza riguardo alla carriera d’attore. Mi ero rassegnato. Quando era uscito fuori questo provino, ero già deciso a mollare tutto per concentrarmi sulla mia musica. Quando Steph me ne aveva parlato, mi ero messo a ridere. Figuriamoci… attraversare l’oceano per sentirmi dire un altro no. Poi, però, mi aveva parlato della modalità del provino. Avrei dovuto incontrare Kristen Stewart, la ragazza che aveva avuto la parte della protagonista nel film. Conoscevo quella ragazza, non personalmente, ovvio, ma di recente l’avevo notata in un film. Ne ero rimasto letteralmente affascinato. La sua interpretazione era stata davvero… così… La verità è che mi ero preso una cotta per la ragazza di Into the wild. Chi non se l’era presa? E mi piaceva l’idea d’incontrarla. Quindi mi ero detto: Perché no? Al massimo, mi avrebbero riso in faccia e rispedito in Inghilterra, di certo non mi avrebbero fucilato. Arrivato a casa della Hardwicke – luogo insolito per fare un provino – suonai al citofono. Il cancello si aprì senza che nessuno chiedesse chi fossi. Guardai meglio. Ovvio, c’era una telecamera. Arrivato alla porta d’ingresso, mi venne ad aprire una ragazza bionda. «Robert Pattinson, giusto?» mi sorrise cordiale. Non aveva l’aria d’essere una domestica, forse una collaboratrice o la segretaria. «Dovrei essere io…» risposi dopo qualche secondo. «La stanno aspettando, da questa parte» mi fece cenno di seguirla. Percorremmo un corridoio stretto e lungo con le pareti tappezzate di poster di vecchi film, alcuni in bianco e nero, altri a colori, più recenti. Degni della casa di una vera regista. Ci fermammo di fronte ad una porta di legno massiccio tinta di bianco. «Siamo arrivati» mi disse studiando la mia faccia imbambolata. «Grazie…». La ragazza mi salutò con un cenno del capo e un sorriso divertito, poi sparì nel corridoio. Mi sentivo paralizzato. Forza Rob, non mordono mica!, dissi a me stesso. Tolsi il cappello e cercai di sistemare i capelli meglio che potessi, poi bussai alla porta che era semichiusa. «Si può?» chiesi gentilmente. 13
«Entra pure, Robert» rispose la Hardwicke aprendomi. «Salve!» salutai sfoggiando un gran sorriso. «Ti stavamo aspettando», mi disse. «Lei è Stephenie Meyer, l’autrice del libro» «Piacere di conoscerla» dissi educatamente. «Ti prego, chiamami Stephenie, dammi del tu» fece lei porgendomi la mano. L’afferrai un po’ timoroso. «Allora, piacere di conoscerti Stephenie» le sorrisi. «Lei è Kristen Stewart, o meglio, la nostra Bella Swan». Guardai la ragazza che era seduta su una poltrona poco distante da dove mi trovavo io. «Ciao» si alzò e mi venne incontro porgendomi la mano. «Ciao, Kristen» ricambiai il sorriso e le diedi la mano. Era davvero carina. Molto più magra che sullo schermo ma comunque bella. Arrossii leggermente pregando intimamente che nessuno se ne accorgesse. Dopo aver chiacchierato lì in salotto, un po’ per formalità, un po’ per rompere il ghiaccio, mi fecero provare una scena con Kristen. La Hardwicke, cioè Cath – così mi aveva pregato di chiamarla – ci accompagnò in un’altra stanza. Mentre la seguivamo tutti lungo il corridoio, non potei fare a meno d’osservare Kristen. Il suo aspetto rivelava i suoi diciassette anni, indossava dei normalissimi jeans blu e una felpa aderente gialla, ai piedi un paio di Converse nere. Tipico vestiario da teenager. I capelli erano disordinati, forse perché li torturava in continuazione. Se non altro, avevamo qualcosa in comune, anche io litigavo sempre con la mia chioma. Quando arrivammo nell’altra stanza, lì per lì restai di stucco quando vidi che si trattava di una camera da letto. Questa regista aveva sicuramente delle idee molto bizzarre. Mi sentivo in imbarazzo, sapevo di dover provare una scena ma non credevo si trattasse di quella del bacio. Cercai di concentrarmi per entrare nel personaggio, ma ero talmente imbarazzato… Poi Kristen salì sul letto e mi fece cenno di raggiungerla. Bastò un secondo, fu come se nella stanza ci fossimo solo io e lei. Mi faceva un certo effetto starle così vicino. Recitammo le nostre battute e poi la baciai. Inspirai il suo profumo mentre assaporavo il gusto dolce delle sue labbra. Era come se avessi fatto solo quello negli ultimi dieci anni. 14
Sembravamo avvolti in una bolla di sapone, catapultati in un’altra dimensione. Poi l’incantesimo si spezzò. Non so come, nella foga del momento, rotolai giù dal letto. Avrei voluto sprofondare. Kristen mi fissò divertita. Ridevano tutti. Provammo quella scena un paio di volte per poi tornare a conversare tranquillamente nella stanza di prima. La paura che avevo avuto appena arrivato era svanita del tutto. Cath mi spiegò in che modo intendeva impostare le riprese. Restai un tantino perplesso quando mi parlò delle scene d’azione che aveva pensato per Edward e James, l’antagonista della storia. Ma potei tirare un sospiro di sollievo quando captai la parola stuntman e controfigura. Poi bussarono alla porta. «Cath, è arrivata Melissa Rosenberg». Era la ragazza bionda che mi aveva accompagnato lì qualche ora prima. «Certo, arriviamo subito». Cath si alzò dal divanetto. La ragazza mi fissò con un gran sorriso che ricambiai e se ne andò chiudendosi la porta alle spalle. «Stephenie, se non ti dispiace, vorrei che venissi con me da Melissa, ci sono un paio di cose della sceneggiatura che vorrei correggere e mi occorre il tuo parere», prese una cartelletta blu da sopra il tavolino. «Torniamo tra qualche minuto. Intanto, voi servitevi pure da bere, c’è un frigobar lì», indicò un armadietto. «Kristen, ti dispiace fare gli onori di casa?» «Ci penso io» rispose lei. Poi andarono via e restammo soli. «Vediamo cosa offre il convento…» Kristen si alzò stiracchiandosi e andò all’armadietto. «Abbiamo whisky, Coca-Cola, limonata, rhum, Martini, Heineken… cosa preferisci?» mi chiese senza distogliere lo sguardo da dentro il piccolo frigo. «Whisky…» era l’ideale per stendere i nervi. Ma, a giudicare dalla sua faccia, stavo dando l’impressione sbagliata. «Anzi, no... una Heineken!» le dissi precipitando le parole. «Okay» scoppiò a ridere. «Che c’è?» le domandai alzandomi e andando verso di lei. 15
«Niente, solo che...», mi guardò per un breve momento, «lascia stare» e rise ancora. «No, dimmi» insistetti. Ecco fatto, adesso pensava che fossi un alcolizzato. «No, davvero niente» venne verso di me mostrandomi la birra. Prese lo stappabottiglie e con una serie di manovre degne di un acrobata del circo russo, riuscì ad aprirla e me la diede. Poi prese una Coca e richiuse il frigo. «Non mi fai compagnia con un birra?» le domandai curioso. «Non posso» disse mentre faceva andare avanti e indietro velocemente la linguetta della sua lattina per staccarla. «Non puoi? Non dirmi che è perché sei minorenne?» ridacchiai. Mi rivolse un’occhiataccia. «Non lo dirò a nessuno» proposi divertito dalla sua espressione. «Non è per quello, anche se in effetti non potrei anche per quello!» rispose stizzosa. «Allora, qual è il problema?» presi un sorso di birra. «Il fatto è che non reggo molto l’alcool» ammise un po’ imbarazzata. Scoppiai a ridere. «Ehi…» mi rimproverò indispettita. «Scusa, non volevo offenderti. È solo che non posso credere che tu non regga nemmeno una birretta» risi ancora. «Bevi la tua Heineken, Robert» mi disse facendosi sfuggire un risolino in un misto tra il divertito e l’indispettito. Ci sedemmo nuovamente sul divano. Io con la mia birra, lei con la sua Coca-Cola. «Allora, Robert, che ne pensi? Del film intendo, hai letto tutta la sceneggiatura?» domandò. «Credo sia una sceneggiatura buona, è abbastanza scorrevole, abbastanza fedele al libro, credo!» «Hai letto il libro?» era quasi incredula. «Certo, l’ho trovato fantastico». Adesso era stupita. In realtà, non l’avevo proprio letto, c’avevo solo dato un’occhiata veloce. Però… «Dovrei offendermi…» lasciai la frase sospesa. «È solo che non ti facevo tipo da libri, scusa» disse per giustificare la sua reazione. Rimase lì a fissarmi imbarazzata. 16
«Sai, non è molto educato dire a qualcuno che non è tipo da libri. In pratica, è come se mi avessi detto che sono uno stupido, un ignorante» dissi brusco. «Mi disp…», io alzai un dito interrompendola. «Solo perché tu hai già avuto la parte in questo film non vuol dire che abbia il diritto di giudicarmi o di prenderti gioco di me…». Era sempre più scioccata continuava a fissarmi con gli occhi sgranati. Stava per aprire di nuovo bocca, ma la precedetti. «Sai una cosa, non m’importa cosa pensi tu, dopotutto, l’opinione di una ragazzina che non regge nemmeno una birretta non è da prendere nemmeno in considerazione…» la fulminai con lo sguardo più truce che potessi fare. Cercai di trattenere una risata, ma se ne accorse. Mi guardò di sottecchi «Fanculo…» scoppiò a ridere. «Avresti dovuto vederti, sembravi una scimmietta...» risi. «Una scimmietta, eh?» disse dandomi uno spintone. «Per un attimo c’ero cascata davvero, mi hai fatto sentire in colpa» «Sono un attore, giusto?» mi pavoneggiai. Lei mi sorrise. «Sei sempre così o è un caso che tu sia divertente e un po’ stronzo al tempo stesso?» «Tutte e due, credo…» ridacchiai. «Ho paura che sia davvero così…» «Fai bene ad aver paura, ragazzina…» risi ancora. Lei s’irrigidì, poi mi guardò di sottecchi. «Voglio darti una dritta…» mi annunciò. «Sei simpatico, dico sul serio, mi piaci…» «Anche tu mi piaci…». Era vero. «Bene…» fece una pausa. «Allora facciamo in modo che le cose restino così. Perché se t’azzardi ancora una volta a darmi della ragazzina, credo proprio che sarò costretta a mostrarti il lato peggiore di me… e non so se quello ti piacerà» «Adoro le sfide…» ammiccai. Stava per controbattere ma in quel momento entrarono Cath e Stephenie nella stanza. 17
«Scusate l’attesa. Allora, Rob, so che la tua agente è imbottigliata nel traffico, ma non preoccuparti, le ho già detto che può passare da me più tardi così parleremo di te. Tu puoi andare tranquillamente. Per quanto mi riguarda, sei un eccellente attore» mi rivolse un sorriso radioso. «Sia io che Stephenie siamo convinte che tu possa essere perfetto per il ruolo. Vederti recitare accanto a Kristen è stato illuminante…» «Appena ti ho visto entrare da quella porta, mi è sembrato di vedere Edward Cullen» mi disse Stephenie facendomi arrossire. «Grazie». Era quella la risposta da dare in questi casi? Risero tutte e tre. «Naturalmente devo parlare con i produttori della Summit, ma se piaci a noi, sei a metà strada, Robert» Cath sembrava convinta di quel che diceva. Io mi sentivo confuso. Abbassai la testa sorridendo e mi passai la mano tra i capelli. Che stava succedendo? Avrei dovuto fare il provino ed essere scartato, non me l’aspettavo! «Penso che andrò stasera stessa a parlare di te con loro, così entro domani sera potrò darti una risposta sicura…». Mi alzai e loro fecero lo stesso. «Be’, come si dice in questi casi? Mi farete sapere allora…» dissi sorridendo. «Sicuro, e tieni in allerta il tuo manager, ci faremo sentire prestissimo anche con lui». Cath era euforica, m’imbarazzava e mi lusingava al tempo stesso quella situazione. «È stato un piacere, Stephenie» le diedi la mano. «Anche per me, Robert» mi tirò a sé abbracciandomi. Era davvero molto dolce. «A presto, Kristen» la salutai con un cenno del capo. Teneva in mano ancora la Coca, l’osservai per qualche istante. Mi venne da ridere. Le altre due ci guardarono confuse. «Ciao, Robert» mi salutò Kristen non riuscendo a trattenere una risata. Io uscii dalla stanza e mi diressi all’ingresso con passo veloce.
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