e-FARCORO 3-2015

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Farcoro

Quadrimestrale dell’AERCO Associazione Emiliano Romagnola Cori

n° 3, settembre-dicembre 2015

PRIMO PIANO

La lezione di Arturo Benedetti Michelangeli a vent’anni dalla sua scomparsa

Centenario della Grande Guerra AERCO NOTIZIE

Corsi AERCO in partenza Rassegne e concerti di Natale


FARCORO

Quadrimestrale dell’AERCO Associazione Emiliano Romagnola Cori Settembre - Dicembre 2015 Edizione online: www.farcoro.it Autorizzazione del Tribunale di Bologna N° 4530 del 24/02/1977 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - CN/BO. Direttore Editoriale Niccolò Paganini Comitato di Redazione Andrea Angelini Matteo Unich Grafica e impaginazione Elisa Pesci

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indice

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EDITORIALE di Niccolò Paganini

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PRIMO PIANO

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LA LEZIONE DI MICHELANGELI

di Gian Paolo Minardi

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PRIMO PIANO

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LA GRANDE GUERRA

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LA GRANDE GUERRA

NATURALI ARMONIE

di Mauro Pedrotti

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CHE VUOL DIRE “ZE I ALPINI MAESTRO?”

di Mario Lanaro CONTO CENTO, CANTO PACE

di Matteo Unich e Manuela Bartolotti

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ALLA SCUOLA DEL CANTO GREGORIANO

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CORALITA’ INFANTILE

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di Fulvio Rampi IL CORO FARNESIANO

di Mario Pigazzini

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CORALITA’ GIOVANILE AD EXPO...IN CRESCENDO

di Fabio Pecci

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IGIENE VOCALE

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IL REFLUSSO GASTROESOFAGEO

di Daniele Farneti

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AERCO NOTIZIE -NOVITà AERCO -PROGETTO ITINERA E CORSO TRIENNALE DI COMPOSIZIONE CORALE -FESTIVAL INTERNAZIONALE DI RIMINI -CORO MONTE CUSNA AL CONCORSO PIGARELLI -TRENODIA -RASSEGNE E CONCERTI DI NATALE

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editoriale

In questo ultimo numero dell’anno vogliamo dedicare ampio spazio a due importanti anniversari che abbiamo celebrato e ricordato in tutta Italia: l’anniversario della morte di Arturo Benedetti Michelangeli e il centenario dall’entrata in guerra del nostro Paese nella sanguinosa prima guerra mondiale. Il grande pianista viene presentato da due articoli che ne mettono in luce le capacità umane e musicali e l’eccezionale rapporto avuto con il nostro mondo corale attraverso il lavoro di armonizzazione di alcuni brani per il Coro della SAT. Il 24 maggio scorso una bellissima iniziativa organizzata da Feniarco, denominata “Conto cento, canto pace” svoltasi all’Arena di Verona ha visto centinaia di coristi intonare alcuni tra i più significativi canti alpini. Un modo per parlare, attraverso la musica, di pace e di quanto sacrificio serve, alle volte, per conquistarla. Accogliamo all’interno, due diverse testimonianze dell’avvenimento corredandole con un contributo di Mario Lanaro su un suo atelier svolto nell’ultimo Festival di Primavera, a Montecatini Terme, dal titolo “Ta-pum! Guerra e pace”. Fin dall’inizio della mia direzione della rivista ho insistito con articoli riguardanti il mondo della coralità infantile e giovanile, riconoscendone il valore unico e prezioso. Iniziamo, da questo numero, a presentare le varie realtà della nostra regione e non potevamo farlo se non con il Coro Polifonico Farnesiano di Mario Pigazzini, vero fiore all’occhiello della nostra Emilia-Romagna. Infine, parte del mio editoriale lo voglio lasciare per accogliere una lettera del presidente di Feniarco sul mancato arrivo dei fondi del Fus a sostegno delle attività corali dell’Associazione. Niccolò Paganini direttore editoriale Carissimi coristi, cori, presidenti, direttori, compositori, musicisti e appassionati tutti della musica e del canto corale, le indiscrezioni abbiamo appreso dalla stampa e da altre fonti di comunicazione che riferivano circa l’esclusione di Feniarco dai contributi del FUS per il triennio 2015-2017, hanno trovato purtroppo conferma nel recente decreto apparso sul sito del Mibact. Siamo molto sorpresi e amareggiati per una simile decisione perché essa va a penalizzare i nostri cori associati, oltre 2700, con i loro direttori e coristi che costituiscono quel tessuto musicale, corale, sociale, educativo, di inclusione sociale, oltreché di ricerca e di salvaguardia di quello straordinario patrimonio corale-musicale, colto e popolare, della nostra nazione. Feniarco, con la collaborazione delle Associazioni Regionali di tutta Italia, ha saputo costruire un sistema e un network di alto profilo conquistando stima e considerazione in campo nazionale, europeo, internazionale e pertanto meritevole del sostegno da parte del Ministero. Tra le molte cose, abbiamo realizzato a Torino nel 2012 uno dei più bei festival della storia della coralità europea, ai cui vertici siamo stati chiamati per meriti conquistati sul campo. Per queste motivazioni facciamo appello al Ministro Franceschini, assieme ad altre istituzioni musicali colpite dal recente provvedimento, affinché voglia rivedere le recenti decisioni e assicurare alla nostra federazione quelle risorse necessarie al proseguimento della sua importante attività su tutto il territorio nazionale. Carissimi tutti, vi ringrazio sentitamente per le molte attestazioni di solidarietà, vicinanza e sostegno che in questi giorni abbiamo ricevuto perché la notizia è già circolata velocemente sui mezzi di comunicazione. Raccoglieremo i vostri suggerimenti e vedremo di coordinare le diverse iniziative a sostegno del nostro lavoro e del nostro straordinario team di segreteria. Nel frattempo vogliamo sperare che il Ministro accolga questa nostra accorata istanza. Sante Fornasier Presidente FENIARCO

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primo piano

la lezione di michelangeli di Gian Paolo Minardi

A vent’anni dalla scomparsa l’immagine di Bene-

detti Michelangeli appare ancora avvolta da quell’alone che ha isolato la personalità del grande interprete entro una sfera quasi inattingibile, un mito affidato solo alle suggestioni di testimonianze discografiche (che lui considerava con sospetto) e che ha finito per celare il profilo più autentico dell’uomo. Lasciando in ombra quegli aspetti che costituivano parte integrante della sua arte, come la ricerca di un rapporto più diretto con la natura quale dimensione dello spirito, quel suo appartarsi che non era, infatti, un fuggire dal mondo, come si é voluto spesso leggere quella sua riservatezza, talora al limite della scontrosità, ma al contrario un modo per conoscere meglio il mondo, riflesso nella stessa essenza della musica. Fin dall'inizio di quella sua carriera così prodigiosa possiamo riconoscere, nel ripercorrerne con la memoria l'intero arco di oltre mezzo secolo, il segno costante di questo suo tendere ad una rivelazione di ciò che la musica racchiude e che sembra ogni volta svanire nel nulla, se non fosse la magia della forma a trattenerne la memoria, come ci invitano a riflettere i versi di Gottfried Benn:

materia che si fa suono, da cui l'impossessarsi dello strumento come passaggio obbligato, tramite strenuamente necessario. Perché se tale obiettivo trovava la prima radice nelle doti straordinarie che madre natura gli aveva dato, quella sua stupefacente precocità, quelle doti pianistiche miracolose, è altrettanto vero come dietro tale dotazione naturale operasse l’idea di servizio, appunto. Che era artigianalità, controllo assiduo, pazienza, scavo inesausto, lavoro, una parola questa che Michelangeli prediligeva: non parlava mai di studio, ma di lavoro. E proprio su questa tensione continua, la stessa che Michelangeli chiedeva ai suoi allievi verso i quali dedicava non minore impegno, credo si sia creato, in modo non poco equivoco, il mito della “perfezione”, che è diventato il termine tuttofare in cui racchiudere l’immagine del nostro interprete. Un termine che Michelangeli peraltro ha sempre respinto: " Non so cosa voglia dire, é una parola che non ho mai capito: per me perfezione significa limitazione. L'evoluzione é un'altra cosa". Termine ambivalente

la forma, il gesto della forma che si diede, ci demmo é vero, tu sei terra ma la terra devi scavarla. E Benedetti Michelangeli la terra la scavò, con dedizione eroica, come se ogni esito raggiunto non fosse che un precedente al passo successivo. Uno scavo che muoveva dunque da una visione dell'insieme intesa come essenzialità, come rifiuto anche di tutto ciò che non appartenesse a tale ordine di necessità intrinseca. Ecco allora la scelta di vita, la semplicità come tramite per ricreare con animo terso quel piccolo frammento del mondo che é racchiuso entro il vibrare della forma musicale, la forma fatta di suono, di

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anche, perché insieme all’assolutezza del dominio tecnico della tastiera si celava in esso un senso del limite cui, infatti, il velo della perfezione faceva da mascheramento. In altre parole si riteneva che una volta toccata la perfezione Michelangeli rimanesse sempre uguale, ripetitore di se stesso; impressione alimentata dalla minor visibilità dell’ultimo periodo. In effetti Michelangeli negli ultimi anni, e non solo per motivi legati alla sua salute, aveva ridotto le occasioni pubbliche. Era un segno ulteriore della tensione riflessiva che lo sospingeva a scavare sempre più a fondo entro ad ogni opera; e nel contempo un segnale indubbio di un progressivo distacco, come una vera e propria dissociazione, da un mondo che sembrava ormai rispondere a ragioni più vicine a quelle degli affari, del commercio, che non a quelle della musica: la quale é invece un'arte lenta, che richiede pazienza, assiduità, riflessione. Come il lavoro di Michelangeli, appunto, che nasceva, in una simbiosi unica, dal testo musicale e dallo strumento. Con esiti sempre sorprendenti, come avveniva ad ogni nuova occasione d'incontro col pubblico, dove l'approdo precedente, pur stampato nella memoria con la forza ineludibile delle grandi interpretazioni, serviva a dar la misura delle nuove conquista. Mi è difficile dimenticare quell’ultima Sonata di Beethoven, ascoltata, a Bregenz e ancora a Londra agli inizi degli anni '90, che aveva assunto un'evidenza drammatica impressionante: dove l'interprete sottolineava le dissonanze con un’incisività dilaniante, come pure scatenava i contrasti ritmici, gli accenti, gli sforzati come mai si sarebbe potuto immaginare. Una sequenza di sorprese, dunque, gli ultimi concerti, fino a quello estremo, la serata di Amburgo del 7 maggio 1993, programma interamente debussyano, addirittura inquietante, per la vividezza che andava sprigionandosi da ogni Prélude, da ognuna delle Images , la ricchezza vitale che andava liberandosi da quella lingua spesso enigmatica, che la forma lascia appena intuire. Una forma che la visione di quell'ultimo Michelangeli rendeva flessibile e pur sempre essenziale; una forma legata ad un melos sotteraneo, virtuale molto spesso, in quanto affidato soltanto a poche note, e che tuttavia sprigionava tutto il suo respiro infinito. Un melos incantato e disincantato insieme, con quei rapinosi slanci subito sedati e richiamati entro un più assorto contemplare.

La vita, appunto, che faceva irruzione attraverso l'ammicco ironico, pudicamente poi riassorbito nell'arabesco, lo scatto quasi gestuale che si fa graffito sonoro per poi perdersi nello spazio indefinito, per scomparire in quei silenzi che l'ultimo Michelangeli aveva scavato come attoniti interrogativi; e pur sempre segmenti di una forma ideale. Per dire quanto lavoro, quanta vita fosse passata dal puro cristallo degli esordi; da lasciar ancora pensare a quali altri approdi, se il discorso non si fosse arrestato dopo quella stregata serata amburghese.

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naturali armonie di Mauro Pedrotti

Nel mondo della musica la collaborazione del

sincera - produce le prime armonizzazioni, costruite su una serie di bellissimi canti piemontesi, lombardi e provenzali. La pastora e il lupo, La bella al mulino, La scelta felice, Lucia Maria, Il maritino, La mia bela la mia aspeta: nuovi titoli che si aggiungono al repertorio del coro, ma che soprattutto impongono una decisa svolta nella sua evoluzione.

grande pianista Arturo Benedetti Michelangeli (o ABM, come è spesso chiamato) con il Coro della SAT suscita sempre stupore: egli infatti è conosciuto universalmente come interprete eccelso di Chopin, Debussy e Ravel, ma non come compositore e tantomeno quale armonizzatore di canti popolari. I 19 canti armonizzati da ABM per il Coro della SAT rappresentano l’ unica attività compositiva con la sua firma e questo giustifica certamente lo stupore degli “addetti ai lavori”. Ma come nasce questa eccezionale collaborazione? Per rispondere seppur brevemente a questa domanda dobbiamo fare un salto indietro nel tempo e raccontare una storia straordinaria sia dal punto di vista artistico che da quello umano. Nel 1936 il Coro della SAT – già noto anche fuori dal Trentino come interprete “nuovo” del canto popolare - si esibì al Teatro Grande di Brescia. Nell’intervallo tra la prima e la seconda parte del concerto un giovanissimo pianista, il futuro grande ABM appunto, suonò alcuni pezzi con il fratello Umberto violinista; conobbe quindi i fratelli Pedrotti e i loro coristi e si innamorò del “suono” caratteristico del coro: fu un incontro premonitore, una scintilla che si rinnovò nel 1949, quando ABM fu chiamato al Conservatorio di Bolzano per tenervi la cattedra di perfezionamento. Nella stessa città viveva e lavorava Enrico Pedrotti, uno dei fratelli fondatori del Coro della SAT ed ecco che un’altra parte di un disegno magico si materializza. La prima scintilla di Brescia ha dato i suoi frutti, favorendo un rapporto umano ed artistico che, da allora, è cessato solo con la morte del Maestro, nel 1995. Il nuovo incontro tra il Maestro ed Enrico Pedrotti e, quindi, il Coro della SAT – l’inizio di una frequentazione assidua, di una stima reciproca e di un’amicizia

Come reagisce il coro, nato con le spontanee armonizzazioni “ad orecchio”, a quelle novità musicali? Nel volume dedicato ai 19 canti popolari armonizzati da ABM, pubblicato nel 1997 dalla Fondazione Coro della SAT, scrivevo: “Create le partiture, spetta ora al coro tradurle in suoni. La prima, ardua prova affrontata è proprio ”La pastora e il lupo”. E’ il 1954. Non ho vissuto direttamente, per ragioni anagrafiche, quel periodo del coro, ma ho potuto assorbirne il fascino attraverso i racconti dei protagonisti: mio padre, i miei zii e pochi altri personaggi “storici”. Mi pare infatti di essere lì, nello studio fotografico dei fratelli Pedrotti (che allora ospitava anche il coro dopo che, per anni, le prove si erano tenute in casa mia, in via Grazioli a Trento), a sentire il contrasto tra le esclamazioni di meraviglia di chi ha una preparazione musicale tale da consentire l’immediata percezione della bellezza di quelle armonie, ed i mugugni e brontolii dei meno aperti alle novità. Questi ultimi, per la verità, meritano pure qualche attenuante! Siamo infatti lontanissimi dalla placida omofonia e dai comodi accordi della “Pastora” di Pigarelli con cui i coristi avevano convissuto dalla fondazione del complesso sino al primo dopoguerra. Stesso racconto, stessi personaggi: la pastorella, l’agnello, il lupo, il cavaliere, il salvataggio della vittima, la sconfitta del lupo, il bacio quale “prezzo” da pagare (anche se la versione trentina qui diverge chiaramente e chiude con la morte dell’agnello ed il pianto sconsolato della bella pastora). Ma le differenze sugli aspetti musicali sono enormi. Nella melodia, nella struttura, nel ritmo, nell’armonia. Quell’atmosfe-

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ra sognante così palpabile nel canto piemontese è una porta aperta attraverso la quale Michelangeli si lancia con l’energia di chi da tempo aveva qualcosa da dire ed ha finalmente trovato il modo di scaricarsi, di esprimere la proprie emozioni artistiche al di fuori del pianoforte, dei suoi prediletti Chopin, Debussy e Ravel”. Siamo in un altro mondo, in un mondo fantastico in cui si legano, inaspettatamente, quei timbri inconfondibili con la voce umana che racconta storie tramandate dalla tradizione orale. Per un decennio, fino al 1959, gli incontri tra ABM ed il Coro della SAT si moltiplicano: a volte a casa di Enrico Pedrotti a Bolzano, a volte nello studio fotografico del fratelli Pedrotti a Trento, dove a quei tempi il coro provava. Qualche suggerimento da parte del maestro stimolava l’attenzione e l’impegno dei coristi. Ecco il ricordo di Lino Zanotelli, uno dei protagonisti di quella straordinaria esperienza: “In piedi, sostenendosi il mento con la mano, ad occhi chiusi, con un tenue dolce sorriso, esprimeva grande gioia e soddisfazione, nel sentire la nascita dei suoi canti. Ascoltava in silenzio la fusione delle parti; al termine, con un filo di voce (com’era sua abitudine) quasi timoroso, quasi da non sentire, con un cenno del capo:”Bene”!” Nel 1959 il Maestro termina il suo compito presso il Conservatorio di Bolzano; si diradano, ma non cessano i suoi incontri con il Coro della SAT. E le partiture continuano ad arrivare, anche se con intervalli più o meno lunghi tra una e l’altra. Ogni volta per il coro è una festa e al tempo stesso una fatica: perché i coristi si dedicano con passione ad assorbire le sempre nuove soluzioni armoniche o ritmiche proposte: se ne “La pastora e il lupo” troviamo i cromatismi e gli accordi sospesi, ne “La bella al mulino” i glissati, nel “Maritino” e in “Lucia Maria” il pizzicato quasi strumentale, ne ”La mia bela la mi aspeta” il passaggio tra il maggiore e il minore, ne “Le maitinade del Nane Periot” i continui cambi di tonalità; “La scelta felice” si distingue invece per la melodia affidata ai baritoni, “La Brandolina” gioca tutto sul ritmo, mentre “Era nato poveretto” ripresenta una scala cromatica discendente nel finale. Arrivano poi “La blonde”, che vede nell’ultima strofa un passaggio cromatico delizioso affidato ancora ai baritoni; “Entorno al foch” con il ritornello di stampo squisitamente pianistico e ”Le soir à la mon-

Benedetti Michelangeli durante le prove del Coro SAT

tagne” dove ABM esprime tutto il suo amore per la montagna. Il coro non si limita ad imparare i nuovi canti: li registra anche regolarmente, a partire dal 1956. La produzione discografica esalta la trasformazione artistica del Coro della SAT, ne diffonde le doti interpretative e la fama di complesso orientato verso il canto popolare trattato non più in modo grezzo e “povero”, bensì sorretto da un impianto armonico di grande valore musicale. E le armonizzazioni di Michelangeli contribuiscono in maniera determinante all’evoluzione artistica del coro.

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Dopo i canti piemontesi e lombardi segue una serie di canti trentini, sottoposti al Maestro durante le visite a Rabbi, dove egli soleva trascorrere brevi periodi di riposo. Ecco quindi “Serafin” la cui raffinatissima elaborazione asseconda con naturalezza la non comune suddivisione del ritmo in 5/4; “La figlia di Ulalia” con l’accompagnamento particolarmente ricco della parti centrali; “Che fai bela pastora”, dove i bassi sono protagonisti di una insistente pulsazione ritmica che accompagna tutto il canto; “I lamenti di una fanciulla”, con i falsetti che richiamano atmosfere espressioniste; e, ancora, l’apparente semplicità di “Io vorrei” e infine “Vien moretina “, dove è illuminante l’indicazione dinamica apposta nell’ultima battuta: ben cinque “p”, ad indicare il dissolversi del suono nel silenzio e nell’”aria fina” della montagna. Siamo verso la fine degli anni ’70 e un lungo periodo di silenzio fa presagire che supporre che la “vena popolare” del Maestro si sia esaurita: per fortuna non è così, c’è ancora spazio per un’ultima gemma finissima. Una dolce ninna nanna, tratta dai ricordi della mia nonna paterna, dal titolo “’Ndormènzete popin” riesce a destare in Michelangeli il desiderio di riaccostarsi allo strumento che, dopo il pianoforte, ama di più: la voce umana, anzi “la voce” del Coro della SAT. E l’ultima elaborazione di ABM di una melodia semplicissima e quasi banale, affidata ad un solista, è a dir poco straordinaria. L’andamento cullante, tipico della ninna nanna, è sorretto dalle voci gravi, che oscillano cromaticamente, mentre le voci superiori inseriscono delle armonie sofisticate, qualche volta dissonanti: un vero capolavoro. Il coro rimane sbalordito, ancora una volta, dalla novità, dalla genialità, dalla capacità di trasformare un semplice ricordo familiare in un gioiello musicale; e si dedica anima e corpo all’assorbimento dell’ultima magia di Michelangeli. Siamo nel 1983: impegnato nella registrazione di un nuovo disco negli studi Teldec a Berlino, il coro include il nuovo canto nel programma. Le difficoltà del pezzo fanno temere ai tecnici lo sforamento dei tempi previsti di utilizzo dello studio e un trattenuto nervosismo serpeggia nel grande locale insonorizzato. Ma sono timori ingiustificati: due sole prove e la ninna nanna nasce, con naturalezza, come si addice ai veri capolavori.

Benedetti Michelangeli insieme a Mario e Silvio Pedrotti

Nel 1997 il Coro della SAT ha realizzato la prima monografia della sua storia discografica, dedicata appunto ai 19 canti armonizzati da Arturo Benedetti Michelangeli; nel 2015, in occasione del ventennale della scomparsa del grande pianista, torna a dedicarsi all’opera forse più importante musicalmente di tutto il suo repertorio. Il nuovo compact disc uscirà in novembre e sarà un omaggio riconoscente all’artista eccelso per la straordinaria avventura di amicizia e di comunione artistica di cui egli ha saputo onorarci.

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la grande guerra

che vuol dire “ze i alpini”, maestro ?

di Mario Lanaro

Due occhi curiosi mi guardano in attesa di risposta: è una giovanissima corista che con la sua classe sta partecipando al

Festival di Primavera voluto dalla Feniarco. Montecatini, aprile 2015, Tapum! Guerra e Pace è il mio atelier che riunisce scolaresche e insegnanti delle scuole medie da tutta l’Italia. Tre giorni molto belli, pieni di musica e voglia di fare. Anche un’orchestra di un indirizzo musicale di Perugia. All’interessata corista ho chiesto di leggere ad alta voce il testo di Monte Pasubio, uno dei brani più famosi di Bepi De Marzi sulle parole di Carlo Geminiani. 2° strofa 1° periodo A Sulla strada del Monte Pasubio bom borombom bom bom borombom, 2° periodo A soto i denti ghe ze 'na miniera bom borombom bom bom borombom. 3° periodo B Ze i alpini che scava e spera de ritornare a trovar l'amor. 4° periodo C Ma gli alpini non hanno paura, bom borombom bom bom borombom. 5° periodo C Ma gli alpini non hanno paura, bom borombom bom bom borombom. 3) Altri effetti: onomatopee a coro unito o diviso, eco, suoni tenuti, rumori, mimica facciale, passi e movimenti del corpo. 4) Musica il testo. 5) Ascolta la melodia originale. 6) Canta la melodia originale con la rilettura pianistica di M. Lanaro

Ze i alpini = Sono gli alpini, e i denti... la miniera... e perché scavando trovano l’amor? Spiego, racconto, descrivo e mi impressiona l’attento silenzio. Prima di tutto la lettura, declamata, a tutto coro oppure a singoli cantori (...i due occhi curiosi di prima). Nella scheda didattica c’è il testo, la melodia con le parole sillabate, ma anche una fase preparatoria con sei spunti per il lavoro in classe:

Non c’è bisogno di richiamare l’attenzione: gli alunni cantori già conoscono le regole di base del Far coro. Si lavora bene. A loro chiedo di leggere ad alta voce e di lasciare che una parola esca dal verso, come se un evidenziatore magico andasse a prelevarla, proprio quella e non altre.

1) Leggi il testo e trova i giusti appoggi per una corretta declamazione dei versi. 2) Prova a renderlo maggiormente espressivo con altre timbriche, pause, opp. accelerando e rallentando la declamazione.

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la grande guerra

Ed ecco: lenta sale una lunga colonna viene a galla dalla I strofa. Gli alpini formano la lunga fila e salgono sul Pasubio, vanno al fronte ad ostacolare l’avanzata del nemico. Il coro inizia a marciare sul posto mentre la giovane lettrice (ora conosce il significato di quel Ze) declama al microfono. E’ già teatro, è già musica. La consapevolezza del dolore e dell’orrore della guerra, della paura, del freddo c’è tutta. Anche il pubblico al concerto finale lo percepisce e si commuove. Poi arriva la melodia di De Marzi ben studiata nel suo girovagare attorno al terzo grado, quello “cantabile”, per il primo e terzo verso, alternati all’onomatopeico bom borombom che diventa un grande schermo su cui “proiettare” lo struggente racconto. Poi il canto prende il volo e con una progressione arriva al Ma gli alpini non hanno paura sulla nota più acuta, è il ritornello/climax che si ripete ad ogni strofa. Ottima costruzione, impeccabile nell’esposizione della strofa articolata sui cinque periodi simmetrici: A A – B – C C 1° periodo A: 1° frase (4 batt.) con testo – 2° frase (4 batt.) onomatopea 2° periodo A: idem 3° periodo B: progressione con anabasi (moto melodico ascendente) 4° periodo C: 1° frase (4 batt.) con testo – 2° frase (4 batt.) onomatopea 5° periodo C: idem Dopo il testo, dopo la linea melodica per ultimo arriva la mia rilettura pianistica che sradica il canto dalla sua matrice omoritmica, tipica del canto alpino per coro maschile, senza le “distrazioni” del contrappunto, con la parola scolpita da tutte le voci che sillabano, respirano, accentuano insieme. Il canto è dato qui ad una voce in tessitura media (dall’originale Lab M a Do M), adatto alla pratica corale nelle scuole o per programmare in tempi brevi una specifica richiesta di repertorio sulla Grande Guerra. La parte pianistica crea un habitat in continua evoluzione, a cercare combinazioni armoniche, timbriche e ritmiche non sempre “a portata d’orecchio”, evita il già sentito e chiede al pianista una disinvolta eleganza. La direzione non ha particolari difficoltà e può essere un ottimo esercizio per novelli direttori. 1° strofa: dei blocchi accordali aprono con l’ostinato di minima/semiminima restando fedeli alla scrittura omoritmica originale. Tonalità di Do Magg. con la melodia che inizia sul III.

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2° strofa: l'ostinato lascia lo spazio ad una scrittura avvolgente che sale sopra il canto; l’atmosfera è mossa dalla brezza delle crome e dalle appoggiature. Il canto nasce come V di la min. (già alla batt. 44 la 1° strofa chiude al relativo minore). Lo spostamento del centro tonale crea una diversa prospettiva.

3° strofa: altra “sorpresa”, stavolta come V di La Magg. (già da batt. 87). Prima della fine tornerà l’ostinato iniziale sul Do Magg.

Uno sguardo alla progressione (periodo B).

Le scale per moto discendente (sempre in progressione) si muovono per moto contrario rispetto al canto che guadagna forza e speranza salendo per grado congiunto dal Fa verso il Do del Ma gli alpini come indicano i riquadri sulle note in battere.

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Cimitero di guerra sul Monte Pasubio

Cantare ad una voce può sembrare riduttivo (un po’ da gitanti in pullman), ma se il direttore è preparato e convinto anche il cantore che si sente sminuito capirà che la monodia permette maggior attenzione al senso della parola, miglioramento della pronuncia e della varietà timbrica: il cantore sul palco è un attore, pur nella sua posizione fissa; la sua voce è il suo costume di scena e durante il concerto diverse sono le situazioni e i personaggi da interpretare. Per questo il timbro dovrebbe essere molto più curato e vario, mentre i nostri cori (mi riferisco qui ai maschili di derivazione popolare) cantano il dolore del Maledeta la sia questa guera con lo stesso colore del Dammi o bella il tuo fazzolettino. Sono quattro le melodie che ho arrangiato in altrettante riletture pianistiche. Tre di queste presentate da un coro maschile (Gruppo Corale di Bolzano Vicentino, diretto da Francesco Grigolo) che ha proposto con lo stesso impegno e passione i brani a quattro voci a cappella e i canti ad una voce con accompagnamento pianistico in un programma dedicato alla Grande Guerra. Nessun cedimento o superficialità nel passare ai brani all’unisono: segno di intelligenza e maturità. In questi giorni le stesse composizioni formano il programma d’apertura della mia Classe di Esercita-

zioni Corali al Conservatorio Dall’Abaco di Verona. Non sono gli occhi di una undicenne, ma la curiosità è la stessa, anche l’impegno e la consapevolezza della struggente bellezza di questi canti. Si tratta – come sempre – di dare ad ogni repertorio la sua giusta dignità e di saperlo proporre dentro un preciso spazio esecutivo. Non esistono repertori di “serie A o B”, ma direttori e cori e di livelli diversi. Di seguito propongo la versione completa di Monte Canino (una delle quattro riletture), nella parte di canto e pianoforte, con una breve analisi a fine brano.

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la grande guerra

L’Introduzione dà al cantore la nota di partenza (notare il Sol sul battere di batt. 4) ma anche il giusto andamento e ambientazione. Non ti ricordi… e inizia il racconto: sopra il pedale di Sol le quinte vuote della mano destra (con raddoppio della nota bassa) creano una scala di Mib dal III grado (modo frigio) di doppia ottava con arrivo a batt. 18. Qui è richiesta la capacità di leggere dall’alto: ai miei allievi parlo di un immaginario elicottero che si alza dal suolo in modo che l’occhio possa vedere oltre le case, le piazze e i palazzi, per cogliere le vie e tutto il rione. Due rimbalzi discendenti di raccordo (batt. 19) sempre sul Sol e la 2° strofa apre sulla tonica più appagante di Mib Magg. A dire il vero il “quasi sol minore” della I strofa suscita un po’ di incertezza, dato che tutte le versioni corali armonizzano la melodia nel modo maggiore. Rimane il pedale al basso (prima su tonica Sol, ora su tonica Mib) ma già trova altre profondità (vedi il do minore di batt. 29). Non più quinte vuote, ma una successione di triadi più pastose che ripercorrono la strada precedente verso l’acuto. La 3° strofa (batt. 36) muove ritmicamente con l’inserimento di crome, la scrittura diventa più densa a cercare (e trovare) soluzioni emotivamente più accese. Anche qui, come nelle altre riletture, ogni strofa ha una sua “realizzazione scenica”, una sua regìa. Il canto mantiene sempre le stesse note e durate, ma il panorama è in continuo mutamento, con finestre che si aprono su nuovi paesaggi e lasciano entrare aria fresca. E’ il momento di chiudere: la Coda finale aggiunta viene annunciata da una Cadenza d’Inganno (V-VI, batt. 50/60). L’inciso melodico di inizio strofa è per due volte vocalizzato (Uh) e, per ultimo, ripete le stesse parole di inizio Non ti ricordi. Il Sol finale prolungato (V sull’armonia di Do Magg. con 9°) rimane in attesa: il racconto potrebbe continuare dentro di noi.

MARIO LANARO Cantare in coro per ascoltare e ascoltarsi, per sviluppare il senso musicale, per viaggiare nel tempo, per una formazione artistica e umana. Con questi principi Mario Lanaro, didatta preparato e appassionato, propone un canto corale duttile, mirato, vario dal 1994 al “Dall’Abaco” di Verona, precedentemente al Conservatorio di Rovigo e per un decennio a Trento. Divulgare la musica è il suo impegno quotidiano. Lo fa in mille modi diversi: tenendo seminari per direttori e insegnanti, collaborando con realtà a livello nazionale, creando progetti innovativi. La sua produzione corale fa parte dei repertori di molti cori italiani e stranieri. Pubblica con Sikorski, A coeur Joie, Carrara. All'esperienza trentennale come docente ha affiancato nel tempo l'impegno nella direzione di coro e orchestra, ensemble vocali e strumentali; nella ricerca, nell'insegnamento della coralità nella scuola dell’obbligo inventando “Scrivi che ti canto” (Società del Quartetto di Vicenza) un concorso di poesia e musica, conosciuto ed apprezzato grazie al repertorio pubblicato su antologie e alla serie di videolezioni su web “Fare un bel coro, istruzioni per l’uso”. Nel 2011 al Malibran di Venezia porta in scena il suo musical “La fabbrica di cioccolato” (da R. Dahl). Nel 2012 pubblica “Esperienze Corali” (Ed. Carrara, Bergamo), un metodo di direzione che sta ottenendo ottimi consensi.

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conto cento, canto pace di Matteo Unich

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l Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio…” Il 24 maggio in questione era quello del 1915, e segnava l’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale. Il Piave ha mormorato parecchio, e probabilmente sussurrato, pianto (a metà circa di questo cammino secolare si situa sulle sue sponde la tragedia del Vajont, con i quasi 2000 morti di Longarone, Erto e Casso) e urlato nei cento anni che ci separano da quella data. Proprio in occasione del centenario, domenica 24 maggio 2015 ha avuto luogo l’iniziativa, promossa dall’ASAC Veneto “Conto cento canto pace”, che ha visto radunati nello spazio – ormai irrevocabilmente destinato a manifestazioni artistiche – dell’Arena di Verona numerosissimi cori provenienti da tutta Italia (diciannove regioni su venti) e convenuti per fare memoria dell’evento bellico e contemporaneamente esortare alla pace come valore assoluto della convivenza tra i popoli. Chi scrive ha partecipato, con il coro da lui diretto, alla manifestazione areniana. A livello organizzativo la macchina dell’ASAC ha funzionato alla grande: se proprio vogliamo trovare il proverbiale pelo nell’uovo, la distribuzione dei biglietti, divisi nelle due tipologie “coro” e “ospiti-pubblico”, concentrata in un unico punto si è dimostrata un po’ un collo di bottiglia, ma con un poco di pazienza (e i coristi ne hanno sempre tanta, figuriamoci i Maestri!) tutto si risolveva. Ciascun coro aveva il proprio segmento di Arena a disposizione, e dal momento che tutti si erano presentati con le loro sgargianti divise o costumi il colpo d’occhio, nell’Arena inondata di sole (per fortuna, visto che i giorni precedenti e quelli successivi sono stati di maltempo) era veramente eccezionale. Alle 19 tutti i cori erano dentro il catino areniano e si è presentato il Maestro Carlo Pavese per fare le prove dei brani che tutti avevamo imparato nelle settimane precedenti, e che erano riportati nel corposo fascico-

lo che veniva distribuito a tutti all’ingresso. Il primo approccio all’inevitabile “Signore delle cime” è stato decisamente traumatico, ma con dolcezza, pazienza e fermezza il M° Pavese è riuscito nell’improbo compito di far andare insieme tutta un’Arena cantante. Le prove si sono svolte in un clima sereno e festoso, mentre il pubblico raggiungeva lo spicchietto di gradinata che gli era destinato, visto che i cori occupavano quasi interamente l’Anfiteatro. Verso le 20 abbiamo terminato le prove e i più previdenti hanno cominciato a scartocciare panini e cibarie assortite, mentre gli altri si sono limitati a guardare con invidia (e fame…). La serata prevedeva anche interventi di autorità politiche e corali, una presentatrice, un attore, una banda di dimensioni assai generose, un’orchestra d’archi con gruppo di percussioni e i cori: quelli sul palco e quelli in platea e gradinata. Dopo i convenevoli ini-

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ziali il coro della SAT – unico ad esibirsi da solo – ci ha proposto una dozzina di brani del suo repertorio, raggiungendo le consuete vette vocali e interpretative che hanno fatto di questo sodalizio uno dei complessi più seguiti e “copiati” della nostra coralità. Dopo di loro è stato il turno del coro di voci bianche e femminili, ottenuto “fondendo” sotto la guida del M° Roberta Paraninfo numerosi cori di questa tipologia, diviso nelle tre sezioni canoniche di soprani, mezzosoprani e contralti, vestite ciascuna con un colore della nostra Bandiera; con l’ausilio degli archi e delle percussioni hanno eseguito alcuni brani della raccolta “Songs of Sanctuary” di Karl Jenkins, partendo dal conosciutissimo “Adiemus”. Sulla stessa falsariga il coro di voci maschili, diretto dal M° Mario Lanaro, ottenuto nello stesso modo e comprendente anche il coro della SAT, e i cui brani erano introdotti – non accompagnati – da una chitarra classica e una fisarmonica. Infine il coro misto, di più di ottocento voci, che con l’ausilio della banda di 90 elementi ha presentato la Missa Brevis di Jacob de Haan sotto la direzione del M° Pasquale Veleno. A ben guardare tutti o quasi i brani presentati nella serata hanno robuste radici nell’epoca contemporanea (Jenkins e de Haan sono tuttora viventi) e dimostrano che il canto corale, anche sotto l’aspetto compositivo, è ancora vivo, vitale e in ottima salute. A raccordare le varie esecuzioni c’erano i canti dei cori sugli spalti e quelli generali, ai quali partecipavano anche il pubblico e i cori in palcoscenico. Erano i momenti di maggior coinvolgimento anche emotivo, aperti dall’Inno di Mameli (che ha un nome: il titolo ufficiale infatti è “Il canto degli italiani”, e Mameli ha scritto solo il testo, la musica è di Michele Novaro)

e chiusi dall’anch’esso inevitabile “Va pensiero”, passando attraverso cose diciamo ovvie, come “Tapum” o “La leggenda del Piave”, o meno ovvie come “Il canone della pace” o “Signum”, ottenuta da un canone di Thomas Tallis. Inutile, ovviamente, cercare un livello artistico in queste esecuzioni, tanto più che purtroppo bisogna ammettere che non tutti i coristi si rendevano conto dell’indispensabilità del guardare il Maestro in quei momenti: parecchi stavano con il naso immerso nello spartito e cantavano non rendendosi conto di essere o parecchio avanti o parecchio indietro rispetto al passo del Direttore, totalmente avulsi dal contesto corale, e incuranti degli interventi che i Maestri del proprio coro o di altri cercavano di riportarli alla giusta sincronia. Ora, se questo non era un problema in canti prevalentemente all’unisono od isoritmici (Va pensiero, giusto per citarne uno) perché la massa se li portava via, nei canoni questo diventava davvero un problema. Nonostante questi problemi i canti d’insieme sono stati i momenti più “caldi” dell’intera manifestazione. La scelta dei canti e dei brani recitati ha ovviamente fatto riferimento alle tematiche della guerra e della pace, ed ha fornito numerosi spunti di riflessione personale. Il canto corale, l’essenza stessa del coro, che riassume e valorizza le differenze e le porta ad essere, sotto forma di polifonia, maggiori della somma dei singoli, è di per sé un inno alla pace. E chiudiamo citando il poeta – e uomo politico – senegalese Léopold Sédar Senghor: "Là dove senti cantare fermati, i malvagi non hanno canzoni".

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conto cento, canto pace di Manuela Bartolotti

E’ stata un’occasione straordinaria per i cori di Par-

tando fino alle stelle, che la vita, la bellezza, la comunione nell’arte vincono sempre e sovrastano tutto il male procurato dagli uomini. La ferita dolorosa della guerra è stata riscattata con la musica. Il futuro e la pace nelle nostre mani, hanno scritto i bambini nel loro striscione. Anche nelle loro voci: Conto cento canto Pace.

ma (Coro Voci di Parma e Coro Mariotti) e soprattutto per i bambini della Scuola Primaria Edith Stein con le loro famiglie, la partecipazione alla manifestazione “Conto cento, canto pace” che si è tenuta il 24 maggio all’Arena di Verona in occasione dell’anniversario dell’inizio della Grande Guerra e organizzata dall’ASAC Veneto. Insieme a corali provenienti da tutta Italia, alcune sul palco, altre sugli spalti, i piccoli qui condotti dalla maestra di musica Francesca Carra, hanno vissuto un’esperienza emozionante in una cornice prestigiosa e suggestiva. Particolarmente toccanti sono state le esecuzioni dell’Inno di Mameli e della Leggenda del Piave, quindi il Canone della Pace, per il quale l’audace maestro Carlo Pavese ha coinvolto l’intera Arena dividendola in settori e poi alternando e sovrapponendo le voci con un effetto davvero stupefacente. E per chiudere l’immancabile e solenne “Va Pensiero” di Verdi. Sembrava un’impresa impossibile, invece il direttore torinese è riuscito a far cantare insieme 14000 persone, di cui 5600 appartenenti a 203 cori provenienti da tutta Italia. Una magia nella limpida notte di Verona, come magia e segnale di speranza è stato celebrare i 100 anni dall’inizio di un sanguinoso conflitto mondiale con un concerto per la pace. Un bel modo per ricordare i tanti sacrificati nelle trincee e nei campi di battaglia dire a voce alta, can-

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gregoriano

alla scuola del canto gregoriano

Cantori Gregoriani di Fulvio Rampi Con il patrocinio di:

Cantori Gregoriani

Q c m c p l s d t t a t e d n i a d

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uesto volume è frutto di un’avventura trentennale condivisa nel segno del canto gregoriano. I Cantori Gregoriani nascono nel 1985 a Milano nelle aule del Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra per iniziativa del loro direttore Fulvio RamAlla scuola ificio Istituto di Musica Sacra docentePontificio Istituto Ambrosiano pi, allora di semiologia gregoriana presso del il Roma di Musica Sacra - Milano medesimo istituto dopo aver attinto come canto allievo gregoriano all’autorità di Luigi Agustoni.. La comune esperienza didattica maturata ‘alla scuola del canto gregoriano’ a cura di di ha rappresentato il vero punto di partenza inFulvio vista Rampi un progetto corale ambizioso e articolato. Il gruppo, interamente formato da laici, ha sempre avuto la consapevolezza di non incarnare l’ideale di un coro monastico che canta la liturgia come regola di vita. Tale limite strutturale, tuttavia, è divenuto col forma tempo e in di modo sempre più chiaro la vera cifra Studi in manuale identitaria dell’ensemble, in un contesto culturale ed ecclesiale che necessita di profonde rimotivazioni per una riscoperta del canto proprio della Chiesa a cura di Codice Cattolica nonché patrimonio fondativo della musica Fulvio Rampi occidentale. 0 Il lavoro dei Cantori è divenuto sempre di più un interrogare gli antichi neumi, le forme, il repertorio: non per voler ritrovare antiche sonorità perdute per 980sempre, pagine, quanto 17x24 cm, brossura piuttosto per cercare di assumere l’atISBN 978-88-940823-0-2 teggiamento che il gregoriano suggerisce come risposta conveniente e come riconsegna sonora della Parola. La forza straripante dell’antica monodia liturgica ha spronato i Cantori allo studio sistematico e, attraverso di esso, alla preparazione e alla realizzazione di innumerevoli proposte concertistiche e discografiche degne di stareeditore nel panorama musicale internazioMusidora via Francesco Nullo, 11 nale. All’attività artistica, costantemente affiancata 43125 Parma - Italy - tel. +39.0521.252564 dall’aggiornamento della disciplina semiologica, si è email: musidora.libri@libero.it aggiunta col tempo l’attività didattica, anch’essa soweb: www.musidora.it stenuta dalle medesime intenzioni e concretizzatasi nella promozione autogestita di corsi, accademie, se-

Alla scuola del canto gregoriano

Cantori Gregoriani 30° anno di attività (1985-2015)

Alla scuola del canto gregoriano Studi in forma di manuale a cura di

Fulvio Rampi

minari e conferenze. L’attività del gruppo si è da sempre configurata anche come rapportoecon i luoghi e la loro storia, con Un nuovo aggiornato manuale le pietre e i mattoni di edifici nati per il culto e che di risuonare canto legregoriano talvolta fanno melodie con un accento, un colore proprio e unico. Cantando il gregoriano perin conoscere le radici, la grammatica, particolare nelle calme e accoglienti proporzioni diilgrandi o piccoleearchitetture romaniche, si svela pensiero la perenne attualità a poco a poco un mondo mirabile a misura umana diinun e celeste, cui tesoro la melodia,inestimabile l’architettura e le forme sembrano prender vita dalla stessa sorgente. A ciò si della cultura europea. aggiunge il fondamentale rapporto col pubblico, al quale è offerta la possibilità di contatto con una tradizione capace di parlare al cuore dell’uomo contem-

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poraneo che si ponga in relazione con l’esperienza da cui il canto scaturisce; in molte circostanze il canto gregoriano è stato motivo di incontro con comunità ecclesiali radunate per la celebrazione liturgica, evento al quale il gregoriano è primariamente destinato. La storia dei Cantori Gregoriani è anche una storia di incontri e collaborazioni: musicisti, cantanti, gruppi vocali e strumentali, biblisti, teologi, attori hanno condiviso progetti artistici e svariate iniziative mirate alla promozione del patrimonio gregoriano. Non poteva mancare, a sigillo di un multiforme progetto culturale, il filone editoriale, iniziato nel 1993 con la pubblicazione della rivista specialistica «Note gregoriane» e culminato con la produzione del presente volume, anch’esso realizzato nel segno della collaborazione con illustri studiosi del mondo accademico e monastico.

considerata alla luce delle sedimentate acquisizioni, degli studi più recenti e delle nuove prospettive della semiologia gregoriana – si integrano vicendevolmente in un percorso tracciato a più mani e che affronta spesso temi comuni, ma da punti d’osservazione differenti. Così, ad esempio, la decisiva vicenda storica, iniziata a metà del XIX secolo, che va sotto il nome di restaurazione gregoriana e che ha visto protagoniste le gigantesche figure dei monaci benedettini di Solesmes, non si esaurisce in una trattazione storica, ma investe necessariamente e da vicino tanto la questione melodica quanto la questione ritmico-estetica, ampiamente considerate nei rispettivi capitoli. Dopo i significativi contributi sul repertorio ‘parallelo’ dei tropari, sul repertorio dell’Ufficio Divino e su alcuni aspetti della vocalità in relazione alle concrete esigenze della prassi esecutiva di questo repertorio, il volume è completato da un prezioso e originale itinerario bibliografico che porta a sintesi il percorso storico-notazionale attraverso la dettagliata descrizione dei libri di canto gregoriano pubblicati lungo i secoli, a partire dalle prime edizioni a stampa.

Gli studi monografici – ciascuno a firma di un diverso autore – che compongono il presente volume, sono suddivisi per capitoli, a loro volta disposti in forma di manuale, con il dichiarato scopo di favorire un approccio sistematico al canto gregoriano attraverso l’offerta di un nuovo e aggiornato strumento didattico. Il lettore – studente di Conservatorio, direttore di coro, cantore, operatore liturgico-musicale o altro – è condotto per mano e guidato alla scoperta di un vero tesoro: storia, liturgia ed estetica – quest’ultima

per eventuali prenotazioni del Volume: - Oreste Schiaffino (ed. Musidora - Parma), via F. Nullo, 11 43125 Parma mail: musidora.libri@libero.it tel 0521 - 252564

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l’esperienza del Coro Farnesiano dalle voci bianche alle voci giovanili di Mario Pigazzini

apprezzare e scoprire capolavori musicali e polifonici altrimenti preclusi. Chi canta leggendo è protagonista del canto, perché è lui a costruirlo. L’alternativa è l’imitazione, erroneamente ritenuta la forma di canto più immediata. In realtà l’imitazione consente un’esecuzione approssimata e limita grandemente il repertorio. Chi va a orecchio, infatti, ricorda quel che può e col tempo fatalmente dimentica. Dopo i quattro anni propedeutici i bambini entrano finalmente nel coro. Lì incontrano ragazzi più grandi che diventano il loro esempio più concreto del “cantare in coro”. Il coro è inoltre un esempio di comunità vera, dove tutti si sentono partecipi. E’ come un mosaico formato da tante tesserine. Non esiste la tessera più importante. Basta toglierne una qualsiasi che, ovunque sia, si vede il buco. Ognuno ha la sua importanza. Se manca qualcuno, anche fra i piccoli, lo si sente. Il Coro Giovanile, composto esclusivamente da ragazze dai 15 ai 24 anni provenienti dalle Voci Bianche, è la naturale prosecuzione del lavoro didattico‐ artistico degli anni precedenti. Il notevole bagaglio di esperienze maturate permette loro di affrontare repertori molto impegnativi con un livello vocale di rilievo. Le ragazze, di età diverse, formano un gruppo molto compatto, che pur di partecipare alle prove, riescono a superare le difficoltà che comportano le scuole superiori, l’università e il lavoro. Il Maestro Goitre, in “Validità del canto corale”, si esprime in questi termini: “ Il coro è infatti una comunità nella quale si deve

Il percorso delle Voci Bianche e del Coro Giovani-

le Farnesiano inizia con i Corsi Propedeutici all’età di cinque anni. I primi corsi sono la scoperta dei ritmi, dei suoni, del canto e della musica. L’alfabetizzazione musicale viene condotta con una metodologia che segue il naturale sviluppo delle capacità del bambino. Le prime formule del linguaggio musicale sono proposte con giochi ritmici e melodici che portano il bambino a dotarsi di un bagaglio di conoscenze e di competenze musicali. Il canto, fin dai primi momenti, rappresenta l’ideale strumento di contatto con la musica. Con i corsi propedeutici il bambino raggiunge un livello di conoscenza del linguaggio musicale che gli permette di leggere con facilità un brano musicale a prima vista. Il possesso di questa competenza musicale, l’educazione all’orecchio attraverso la propria voce, lo accompagnerà poi tutta la vita. Gli consentirà di

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coralita’ infantile

tendere al massimo controllo della personalità per la maggior omogeneità possibile di suono e di colore; ciascuno deve dare il meglio di se stesso a favore del risultato artistico del complesso senza che nessuno dei suoi componenti ne possa menar vanto mentre d’altra parte qualunque piccola distrazione, una emissione incontrollata del suono, un segno dinamico non rispettato, possono danneggiare tutto il coro e rendere inutile un lavoro di preparazione durato settimane e forse mesi interi. Non è forse questo il migliore specchio della società in cui viviamo? Dove tutti dovrebbero tendere a dare il meglio di se sessi per il bene comune mentre la mancanza di un singolo individuo può essere delitto contro l’intera comunità entro cui egli vive? E allora perché non diamo al canto corale il giusto posto nella graduatoria dei mezzi educativi, degli svaghi, dei metodi correziona-

li, delle attività di gruppo? Perché le autorità non tengono in considerazione e non sostengono queste iniziative con mezzi adeguati e con cauto discernimento? Facile è la risposta: perché mai ebbero modo di provare che cosa significhi, oltre il fatto musicale, cantare in coro. Un proverbio tedesco dice: ”là dove senti cantare, fermati; gli uomini malvagi non hanno canzoni”; sarà forse paradossale, ma contiene certamente una fondamentale verità: il cantare in coro educa alla tolleranza verso gli altri, all’umiltà, alla perseveranza, all’amore verso la comunità, tutte componenti dell’uomo sociale.”

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coralita’ giovanile

ad expo... in crescendo di Fabio Pecci

Il Coro Note in Crescendo di Riccione ha preso par-

Una scommessa quindi, vinta ! A questo proposito sentiamo di dover ringraziare innanzi tutto AERCO per la fiducia dimostrata al nostro coro. E ancor di più vogliamo anche su queste pagine di FARCORO ringraziare alcune persone che hanno reso possibile la nostra partecipazione e con un’organizzazione direi impeccabile hanno fatto si che le nostre coriste possano portare dentro di se un ricordo bellissimo, fonte di stimoli futuri. Grazie quindi a Sante e Marco Formasier per FENIARCO, a Francesco Leonardi per I.F.C.M., a Patrizia Alli per l’associazione Jubilate e a Fabiana Mencarelli di Padiglione Italia.

te alla rassegna nazionale ‘Vivaio di Voci’, che porta ad esibirsi a Expo 2015 un solo coro per ogni regione italiana. L’iniziativa è curata dalla Federazione Nazionale FENIARCO e dalla Federazione Internazionale ( I.F.C.M. ) che si avvalgono del supporto dell’associazione Jubilate e della direzione di Padiglione Italia. Va sottolineato lo sforzo organizzativo ( immane e tra mille difficoltà spuntate lungo il cammino) sostenuto da FENIARCO e I.F.C.M. Si è trattato di una scommessa, per portare la coralità in un ambito inusuale. Situazione completamente diversa da un concerto, una rassegna, un concorso; ma questa iniziativa ha fatto conoscere a migliaia di persone ogni week end un aspetto coinvolgente della coralità, mostrando l’entusiasmo di tanti giovani impegnati da anni nei loro cori di appartenenza. Questo ha certamente contribuito ad attenuare una percezione dell’attività corale, che può essere limitativa. I cori sono stati capaci di attrarre, entusiasmare, coinvolgere tantissime persone; persone che forse non avevano mai ascoltato un concerto corale e che magari pensano al coro come a qualcosa di relegato all’ambito eucaristico o ad un mondo di nicchia.

Sabato 19 e domenica 20 settembre le coriste riccionesi guidate dal direttore Fabio Pecci hanno vissuto momenti di gioia ed esperienze straordinarie esibendosi in due dei giorni di maggior affluenza di pubblico registrati dall’Esposizione universale di Milano. Sabato 19 si è addirittura sfiorato il sold out che è fissato a quota 250.000 presenze. Le 6 esibizioni ufficiali, previste a al Padiglione Italia nei due giorni di presenza, si sono svolte di fronte a

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coralita’ giovanile

un pubblico folto; basti pensare che la fila per l’ingresso ha raggiunto fino a 6 ore di attesa. Tra il pubblico anche l’Assessore Regionale alle Attività Produttive, Palma Costi che, ammaliata dalle voci del coro, ha subito richiesto fosse ospitato anche al padiglione della Regione Emilia-Romagna, che aveva un testimonial d’eccellenza: la Ferrari di Vettel. Accanto al rosso della Ferrari sono spuntati i foulard azzurri che contraddistinguono il coro riccionese che, ha improvvisato un flsh mob al termine dello spettacolo dell’Albero della Vita. Entusiasti i fortunati 2.000 spettatori e i vertici della Regione presenti all’evento. Il flash mob al padiglione Emilia-Romagna non è stato il solo, infatti, le ragazze hanno improvvisato

canzoni dei Beatles e del repertorio popolare Della nostra regione a cappella in fila al ristorante e sul decumano; anche al padiglione della Polonia, dove il pubblico è rimasto sorpreso ascoltando la versione a tre voci del ‘Gaude Mater Polonie’. A conclusione di un’esperienza così esaltante il un mio personale pensiero di gratitudine va rivolto alla imponente “macchina organizzativa” che ha consentito alle 34 coriste dai 13 ai 24 anni d’età di approdare a Expo 2015, una macchina organizzativa fatta esclusivamente di genitori volontari, quelli dell’associazione ‘Le Allegre Note’ che dedicano tempo ed energie per sostenere l’attività corale dei propri figli.

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igiene vocale

Il REFLUSSO GASTROESOFAGEO: questo sconosciuto? di Daniele Farneti

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i reflusso gastroesofageo se ne sente parlare quotidianamente, non fosse altro che per il numero delle persone che riferiscono di soffrirne. Definirlo uno sconosciuto non sembra, oggi, più veritiero. Il reflusso gastroesofageo è un evento frequente e non necessariamente patologico (è usuale nel periodo post-prandiale), dovuto alla risalita verso l’alto di materiale contenuto nello stomaco (succhi gastrici, acidi) o nel duodeno (succhio duodenali, basici o alcalini). Questo evento diviene sintomatico quando il contatto con i succhi acidi produce una infiammazione della mucosa del viscere con cui viene a contatto. La flogosi può manifestarsi a livello esofageo (consideriamo l’esofago organo bersaglio di tale condizione, inducendo una esofagite) o a distanza, in senso più alto, verso altre sedi, inducendo diverse condizioni patologiche: - faringe: faringiti, bolo, difficoltà di deglutizione - laringe: laringite, edema, rossore, granulomi aritenoidei - cavità nasale: riniti persistenti, sinusiti - cavità dell’orecchio medio (attraverso la tuba): otiti recidivanti - cavità orale: stomatite, carie, erosioni dentali. L’interessamento di questi distretti può avvenire in assenza di segni tipici o endoscopici di esofagite, ponendo il medico di fronte a non poche difficoltà di tipo diagnostico. Questi sintomi di infiammazione, infatti, vanno differenziati dagli stessi sintomi indotti su questi organi da numerose altre patologie. L’immagine e la tabella che seguono riassumono queste condizioni.

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La risalita di succhi acidi verso l’alto può avvenire per cause diverse: - ridotta pressione dello sfintere esofageo inferiore (quella valvola che separa lo stomaco dall’esofago) - abnorme motilità esofagea - ridotta o abnorme resistenza della mucosa esofagea - ritardato svuotamento gastrico - aumento della pressione intra-addominale (come nel canto, ad esempio) - ipersecrezione gastrica. È una condizione molto frequente: stime per difetto indicano che il 4%-10% di pazienti che si rivolgono ad un otorinolaringoiatra presentano questa condizione e interessa il 50-78% di pazienti con disfonia o raucedine. Clinicamente occorre distinguere fra una patologia da reflusso gastroesofageo (Gastroesophageal reflux disease: GERD) da un reflusso laringofaringeo (Laryngopharyngeal reflux: LFR) le cui manifestazioni soggettive peculiari sono rappresentate da disfonia, disfagia, globo, tosse cronica, raclage. La distinzione, in senso patogenetico, deriva dalla maggiore sensibilità all’azione della pepsina attivata(enzima gastrico) sulla mucosa della faringe e del laringe. Reflussi possono realizzarsi per tempi più brevi (per poter indurre esofagite) e più volte nella giornata. In soggetti con LPR possiamo avere così manifestazioni atipiche da reflusso senza esofagite (rigurgiti e dolore retrosternale). La connotazione di un LPR deriva dalla documentazione del contatto dei succhi acidi o alcalini in esofageo e ipofaringeo (pH-manometria nelle 24 ore). Nell’ambito di una patologia da reflusso, più sfumati e di difficile connotazione sono i disturbi della deglutizione (disfagia), rispetto al “bolo”, che non altera la progressione dell’alimento attraverso le alte vie digerenti.

Persone che soffrono di tali disturbi possono presentarsi a noi con sintomi veramente diversi. Occorre indagare molto bene, con domande semplici ma precise, su quali sono i disturbi principali e quelli apparentemente meno importanti.

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A che soffre di questi disturbi può essere anche proposto un questionario che indaga i propri disturbi. Di seguito ne riportiamo uno molto noto, il Reflux symptom Index (RSI), proposto da Peter Belafsky nel 2002. Il paziente esprime con un numero da 0 a 5 (0: assenza di problema, 5: problema severo) la gravità del sintomo indagato. Un punteggio finale superiore a 7 è indicativo di una condizione di disturbo.

I segni clinici dell’azione degli acidi sul laringe possono essere diversi. Il LPR è associato a diverse patologie laringee: disfonia tensiva, edema di Reinke, globo, iper-irritabilità laringea, laringospasmo, ritardata guarigione delle ferite, laringite posteriore, laringiti diffusa, granulomi aritenoidei, stenosi glottica e sottoglottica, anchilosi articolari cricoaritenoidea, carcinoma del laringe. Altri segni atipici possono essere rappresentati da raucedine mattutina, prolungato tempo di riscaldamento vocale (maggiore di 20 a 30 minuti), alitosi, frequente raclage, xerostomia (secchezza della cavità orale), lingua patinata,

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sensazione di ingombro in gola (globo), vellichio (sensazione di solletico fastidioso), disfagia (difficoltà alla deglutizione), rigurgito di contenuto gastrico, mal di gola cronico, lingua a carta geografica, tosse notturna, tosse cronica o ricorrente, difficoltà respiratorie (soprattutto di notte), polmonite da aspirazione, asma e laringospasmo, morti in culla nei neonati. Come abbiamo visto le manifestazioni del contatto degli acidi sul faringe e laringe (o altri organi a distanza) può determinare un numero estremamente alto e diversificato di disturbi: alcuni sono estremamente chiari e tipici, altri sono meno frequenti e più insidiosi. È una condizione frequente nel professionista della voce, che sovente utilizza volumi, e quindi pressioni sottoglottiche, elevate che possono agevolare cedimenti dei sistemi difensivi dello sfintere esofageo inferiore. Anche una alimentazione non corretta e sregolata può agevolare tale condizione, o alcune abitudini voluttuarie (alcool, fumo). Di igiene vocale abbiamo già parlato. Quando sussitono condizioni con segni tipici (dolore retro sternale o rigurgiti) o atipici (segni da LPR, segni respiratori, disfagia, eccetera) occorre consultare inizialmente il proprio medico quindi lo specialista foniatra se a prevalere sono i segni di interessamento del laringe. Le prime regole da ripristinare sono quelle di regolare lo stile di vita e la alimentazione. La tabella che segue fornisce alcuni suggerimenti.

Esami specifici e farmaci adeguati andranno prescritti dagli specialisti del settore. Vale sempre la regola, per il professionista della voce, di sottoporsi a controlli specialistici periodici.

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aerco notizie

novita’ Aerco Commissione Artistica M° Pier Paolo Scattolin (Direttore Commissione Artistica) M° Caterina Centofante M° Giacomo Monica M° Fabio Pecci M° Renzo Rossi M° Daniele Venturi M° Andrea Angelini (Presidente AERCO - membro di diritto) M° Niccolò Paganini (Direttore della Rivista FARCORO - membro di diritto)

Comitato di Redazione M° Niccolò Paganini (Direttore editoriale FARCORO) M° Giovanni Acciai M° Luca Buzzavi M° Michele Napolitano M° Cristian Gentilini

L'AERCO ha cambiato sede! Siamo lieti di comunicare che dal mese di Settembre 2015, l'AERCO ha cambiato sede: Via Barberia 9 40123 - Bologna Tel/fax 347.7795318 E-mail: ufficio@aerco.emr.it È aperta con il seguente orario: lunedì, mercoledì, venerdì: ore 9.30 - 12.30 martedì e giovedì: ore 9:30 - 12:30, reperibilità cellulare al 347.7795318 (Gian Marco Grimandi) sabato e domenica: chiuso

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PROGETTO ITINERA

direttori itineranti

Finalità: realizzazione di un percorso circuitante di attività direttoriale e concertistica per i cori (voci bianche, giovanili, adulti etc.) all’interno (ma non esclusivamente) dell’Associazione. Obiettivi: produrre una rete di qualificante attività concertistica e formativa per cori e direttori; approfondire da parte dei direttori la tecnica della prova adattata con diverse metodologie a seconda della propria esperienza e di quella del coro ospitante; promuovere auto-aggiornamento dei direttori sulla tecnica direttoriale, sul repertorio, sullo stile espressivo e sulle fonti musicali; promuovere l’esercizio di adattabilità del coro a nuove espressioni gestuali e di concertazione; incremento dell’attività concertistica dei cori nella realizzazione di progetti dell’associazione. Modalità: il circuito dei direttori si instaura consentendo al direttore ospite qualche prova ed un concerto (o parte del concerto) del coro ospitante su un repertorio per lo più (ma non esclusivamente) già conosciuto o comunque concordato con il coro ed il direttore “naturale”; per questa prima edizione del progetto sono prevedibili 5-7 cori ospitanti e altrettanti direttori; direttori e cori possono iscriversi in maniera rispettivamente disgiunta. Costi: premio incentivante per i “cori ospitanti” e rimborso spese per i “direttori itineranti” (vitto e alloggio) Tutoraggio: il ruolo di tutor consiste nella presenza (anche attiva se richiesta) da parte di alcuni direttori dell’Associazione; chiunque può entrare in questo ruolo.

CORSO TRIENNALE DI COMPOSIZIONE CORALE SU MATERIALE POPOLARE Il corso è indirizzato a coloro che vogliano approfondire la composizione musicale per coro partendo da un materiale o un testo popolare. Il percorso didattico è strutturato seguendo lo standard dei corsi di composizione adottati in varie accademie europee. Il corso prevede 16 incontri annuali della durata di 5 ore ciascuno per un totale di 80 ore complessive. Si alternano lezioni di carattere individuale con lezioni collettive. Docenti e Materie: Candace Smith: elementi di lettura cantata e vocalità Claudio Vignali: elementi di teoria musicale e lettura della partitura Pier Paolo Scattolin: contrappunto, improvvisazione e composizione corale in stile Matteo Giuliani: analisi e informatica musicale Giacomo Monica: approccio all’armonizzazione e all’elaborazione corale Daniele Venturi: ear training, armonia e composizione corale libera Iscrizioni: le iscrizioni si ricevono entro il 19.12.2015 Per informazioni più dettagliate http://aerco.emr.it/corsocomposizione/

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festival corale internazionale citta’ di rimini di Andrea Angelini

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uattro giorni di full immersion nella musica corale costituiscono una bella costante, al Teatro Novelli e alla Chiesa di San Giovanni Battista, entrambi a Rimini. L'appuntamento è infatti giunto alla nona edizione. Di che si tratta? Del Concorso Corale Internazionale Città di Rimini, un evento che favorisce l'incontro tra culture ed esperienze musicali diverse tra persone che condividono la passione per la musica. Numerosi, anche quest'anno, i Paesi rappresentati dai diversi cori partecipanti: Polonia, Repubblica Ceca Lettonia, Svezia, Svizzera, Croazia, Serbia, Slovenia, Spagna, USA ed Indonesia. Al pubblico affezionato e a coloro che sono intervenuti come spettatori è stata offerta una serie di esibizioni e concerti tenuti da aggregazioni culturali e musicali con repertorio, esperienza e vocalità molto variegati. La giuria, presieduta da Ko Matsushita (Giappone) e formata dai compositori e direttori di coro Vytautas Miskinis (Lituania), Graham Lack (UK), Ivo Antognini (Svizzera), Francisco Carbonell (Spagna) e Fabio Pecci (Italia) ha espresso il proprio parere riguardo ai programmi presentati dai cori, all'impressione artistica, fedeltà esecutiva...Per la categoria Musica Sacra, il primo premio è stato vinto

dal coro Aurum (Spagna). Tra i cori a voci pari si è distinto il Coro Calicantus (Svizzera) che ha conquistato il primo premio, mentre il primo classificato tra i cori a voci miste è risultato il Gitasurya Student Choir (Indonesia). Sempre interessante e sorprendente la categoria con repertorio folk e spiritual che ha visto vincitore il Coro Zero8 (Svezia) con una coinvolgente performance. Precisa, delicata e comunicativa l'esecuzione delle ragazze del Youth Choir Gaismina (Lettonia) che ha vinto la categoria Cori Giovanili. Oltre all'aspetto prettamente competitivo ogni coro ha avuto l'opportunità di esibirsi in concerto, e suscitare sensazioni, ed emozioni diverse. Ma, chi è stato il vincitore del Gran Premio, nella serata finale? Le sonorità nordiche, la preparazione e la capacità interpretativa dei ragazzi dello Zero8 hanno conquistato giuria e pubblico, aggiudicandosi il trofeo finale, consistente in 5.000 Euro e la medaglia donata dal Presidente della Repubblica Italiana. Il premio è stato consegnato dal Vice-Presidente FENIARCO Gianni Vecchiati. La direzione artistica della manifestazione è di Andrea Angelini, e l'appuntamento è per il prossimo Settembre 2016, dal 22 al 25.

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IL CORO MONTE CUSNA SUL PODIO DELLA CORALITÀ ITALIANA di Francesco Trapani

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n’affermazione di altissimo prestigio quella del reggiano Coro Monte Cusna, secondo classificato nel 1° Concorso Nazionale per Cori Maschili intitolato a Luigi Pigarelli. Nella stupenda cornice di un Garda illuminato da un radioso sole autunnale, sabato 24 e domenica 25 ottobre si è svolta ad Arco di Trento questa competizione canora, in memoria di quella grande figura di musicista che fu appunto Luigi Pigarelli, che nei primi decenni del Novecento seppe dare una veste musicale di assoluto rilievo al canto popolare, troppo spesso relegato tra le cenerentole della musica. Partecipava al concorso il meglio della coralità nazionale, cori anticipatamente selezionati da una giuria in base ai precedenti artistici e alle significative affermazioni nel campo della coralità popolare. Tra i cori preselezionati, vi era, appunto, il Coro Monte Cusna, di Reggio Emilia, una delle realtà più apprezzate, a livello nazionale, della coralità popolare a quattro voci virili. Le qualità e la fama del coro reggiano, non sempre così riconosciute a Reggio (nemo propheta in patria!) si basa su di un palmarès di altissimo valore: non solo i successi in diversi concorsi nazionali (1° classificato a Genova 1985, 2° a Ivrea 1999, 1° a Brentonico 2004), ma anche diversi concerti nei più prestigiosi conservatori italiani (G. Verdi di Milano, C. Monteverdi di Bolzano, G. Verdi di Torino) e in alcuni dei teatri classici più rinomati (Regio di Parma, Zandonai di Rovereto, Valli di Reggio Emilia ecc.). Proprio in questi templi della musica classica il canto popolare, se sapientemente eseguito, può stare alla pari con qualsiasi genere di musica, come affermò Claudio Abbado a proposito del canto popolare: “Questo canto è l’espressione più spontanea e naturale e il coro è la forma più immediata di far musica insieme”. L’importanza del Concorso di Arco è confermata anche dal numero dei cori selezionati, ben 24 (una rarità), di cui tredici trentini, a testimonianza della capillare diffusione del canto popolare, e di cori esecutori, quasi in ogni vallata e in ogni paese del

Trentino; gli altri undici cori erano stati scelti da varie parti della penisola (Emilia, Piemonte, Abruzzo, Veneto). L’appuntamento era appunto nella graziosa cittadina di Arco, nel grande salone delle feste del Casinò Municipale, eredità lasciata dagli imperatori d’Austria, ove la stessa “ Sissi “ fu ospite nel 1889: qui la Federazione Cori del Trentino ha promosso e gestito questo Concorso, meritatamente vinto dal Coro Cima Tosa di Fiavè (TN). Il coro Monte Cusna, diretto da Alessandro Marzani, presentava quattro canti di grande respiro musicale: Maitinada (armonizzato da Luigi Pigarelli, cui era intitolato il Concorso), Son Barcaròl (Antonio Pedrotti), Siam Prigionieri (Renato Dionisi) e Lucia Maria (Arturo Benedetti Michelangeli), autentiche sinfonie di non facile esecuzione per gli ardui incroci melodici, per la sonorità degli accordi e per la complessità del ricamo armonico. La giuria, di assoluto rilievo in questo campo (fra i giurati c’era Mauro Pedrotti, il direttore del Coro della Sat di Trento), ha apprezzato, del Coro reggiano, l’altissima precisione esecutiva, la sonorità delle interpretazioni, la profondità armonica e il sapiente equilibrio dei reparti, riconoscendo ed elogiando il valore artistico della direzione di Alessandro Marzani, che da sei anni è alla guida del Coro. La definizione della graduatoria finale si è giocata sul filo dei centesimi di punto, a testimonianza del fatto che il punteggio del Coro reggiano, applauditissimo anche dagli altri cori nella passerella finale, era vicinissimo alla valutazione migliore.

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Trenodia: ovvero “[se]… questo è l’uomo” di Guerrino Parri

Bologna, Cimitero Monumentale della Certosa.

Il suono della voce umana ci avvolge. É il Coro Euridice. La musica corre nell’aria ed evoca in tutti noi emozioni. Il suono diventa ricordo, vibrazione umana. L’armonica a bocca, il violino, ma soprattutto la voce del coro che viaggia nell’aria tra suono e silenzio. Sono echi di melodie popolari, di canti della tradizione che tutti conosciamo. E’ il ricordo in musica, è il ricordo nel canto, la memoria nel canto. A un certo punto il suono delle voci modula dal suono puro, etereo al suono graffiante, ingolato, popolare e i brividi corrono nel corpo. “La Somalia Bella” così struggente, “Oh Barbiera” accendono l’animo popolare in un susseguirsi di citazioni e di alternanza tra musica e parole. La Trenodia si sviluppa, prende forza. Il suono vellutato, analogico, anch’esso quasi umano dell’organo cessa e il coro a cappella si invola con un linguaggio fatto di improvvisazioni nel terzo movimento. L’Alea così mirabilmente composta e la fine

Chiostro meraviglioso. Cipressi. La luna nel cielo, serata mite. Le luci piccole, migliaia, a ricordo di tante persone, di tante vite, di tante storie. La guida ci chiede silenzio, quel silenzio che permette l’ascolto, l’attenzione, la riflessione. Inizia il nostro viaggio fatto di passi nelle vie del cimitero, al buio, all’interno di loggiati e cappelle. Arriviamo al sacrario e qui ci accoglie un Cristo di bronzo, meraviglioso, sofferente, dal volto umano, tanto umano. Sotto il Cristo una voce, e cominciano a risuonare parole, ricordi, versi di grandi della poesia italiana nel ricordo di una guerra, la Grande Guerra. Continua il nostro percorso tra lapidi, monumenti funebri e piccoli lumini fino all’ossario comune. Qui, illuminati da piccole fiaccole “i custodi del tempo”, due statue suggestive raffiguranti dei soldati: il “Bocia” e il “Vecio”, come dicono a Bologna. Sono i guardiani di ben tremila vittime, maggior parte italiane, ma anche austro-ungariche, soldati gravemente feriti e morti negli ospedali di Bologna, primo avamposto sicuro di quella tragica e terribile guerra. Questo è il luogo della memoria collettiva di una città, di un popolo, di una nazione. La Grande Guerra o anche prima guerra mondiale. 600 mila italiani caduti, 9 milioni di vittime per il conflitto in tutto il mondo, 7 milioni di vittime civili non solo per i diretti effetti delle operazioni di guerra ma anche per le conseguenti carestie ed epidemie. Non c’è luce, gli occhi si abituano e piano piano la luna fa affiorare questo luogo della memoria. I pensieri corrono e la voce recitante ci porta nuovamente nello spazio del ricordo. Sono ancora frasi, racconti, immagini di un popolo, di un’intera generazione tra i 17 e i 24 anni sterminata, di una guerra intollerabile, incomprensibile. Il gruppo si muove e riprende il suo cammino e arriviamo ad un chiostro interno.

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tecnica esecutiva ci conducono tra cluster sonori, magma di frequenze, glissati, voci recitanti, in un turbinio di effetti vocali. Mescolato sapientemente affiora a sprazzi il testo poetico “Natale” di Ungaretti. Scorrono davanti a noi le varie sezioni: l’odio, il dolore, l’irreparabile, la speranza. Si, la speranza che ha subito il disastro, ma pur sempre speranza. Siamo all’ultimo tempo: Catarsi. Il coro si mescola nuovamente al suono dell’organo e il vocalizzo sul tema dell’Adagio for Strings di Samuel Barber ci fa compiere la catarsi, la purificazione. La musica termina e il suono del coro lascia spazio al silenzio. Sono vari secondi di meraviglioso silenzio, la musica nata dal silenzio torna nel silenzio. Parte l’applauso, lungo, composto, caloroso e vivo. Pier Paolo Scattolin e il Coro Euridice ci hanno donato un alto momento di riflessione. La Trenodia ci ha condotti in uno spazio temporale in cui le voci, i suoni e le parole ci hanno fatto vibrare come strumenti con un linguaggio innovativo e attuale. Le citazioni musicali della tradizione hanno risvegliato in tutti noi la forza e la bellezza delle nostre origini. La forza della vita risuona chiara in questa lamentazione funebre. La Trenodia ha mosso i suoi primi passi in questo scenario suggestivo e di grande forza evocatrice verso altre rappresentazioni future, verso altri lidi dell’animo umano.

Appuntamenti estivi alla Certosa 2015 - Venerdì 25 settembre 2015 Trenodia: ovvero “[se]… questo è l’uomo” prima assoluta dell’opera di Pier Paolo Scattolin composta in occasione del centenario dalla Grande Guerra Interpreti: Coro Euridice Gianluca Caselli, armonica Maiu Kull, violino Federico Bettini, attore Direttore: Pier Paolo Scattolin

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nativitas rassegne e concerti del periodo natalizio

> 5 dicembre Rassegna “Fiocchi di Note”, Chiesa di Albareto(Pr), ore 21. Coro Voci della Val Gotra, Corale Contrappunto, Coro et laboro

> 12 dicembre “CONCERTO di NATALE” , Pieve di San Michele Arcangelo, ore 21 Coro Tomas Luis De Victoria , Coro di Redù di Nonantola

> 5 dicembre Concerto Lastra a Signa (FI), ore 21 Coro Euridice

> 12 dicembre Replica Saggio Workshop “Dialogo Pastorale al Presepio di Nostro Signore” di Anerio, Chiesa di San Vincenzo de Paoli Bologna, ore 21 Coro Euridice

> 7 dicembre “O Virgo Splendens”, Chiesa di Santa Maria Assunta-Castelfranco Emilia, ore 21 Coro Tomas Luis De Victoria , Coro di Redù di Nonantola

>13 dicembre “E le stelle stanno a guardare”, Teatro Corte-Coriano, ore 17 Ensemble Amarcanto Con Ohana E Coro Popolare

> 8 dicembre “Concerto di Natale”, Centro Insieme di Novellara (Re), ore 15.30 Coro Giaches de Wert

> 13 dicembre “Concerto di Natale”, Chiesa S.Pietro-San Giovanni in Marignano, ore 17 Coro Marignanensis

> 8 dicembre “Aspettando insieme il Natale”, Santuario Madonna del Casale-Casale, ore 19. Gruppo corale strumentale L.Benizzi, Coro Magnificat, Corale Nostra Signora di Fatima

> 17 dicembre “Concerto di Natale”, Accademia nazionale di Scienze, lettere ed arti-Modena, ore 17 Coro Tomas Luis de Victoria

> 10 dicembre “Concerto Natalizio”, Eremo di Ronzano – Bologna, ore 21 Coro Euridice

> 18 dicembre XVI Rassegna: "Cantando il Natale, per chi soffre" , Teatro della casa "Provvidenza di S.Antonio da Padova", ore 21. Coro Lavaredo (Padova) - Coro giovanile (Thiene) - Coro Genzianella di Roncogno (TN)- Coro Esseti Maior di Scandiano

> 12 dicembre “CONCERTO di NATALE”, Centro sociale XXV Aprile di Correggio, ore 21 Coriste per caso > 12 dicembre “Natale in Coro”, Basilica Cattedrale di Parma, ore 16 Rassegna Natalizia di cori scolastici

> 19 dicembre “An amazing Christmas”, Chiesa Nostra Signora di Fatima -Rivabella di Rimini, ore 21, Corale Nostra Signora di Fatima

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> 19 dicembre “Concerto di Natale”, Teatro Comunale Montefiore Conca, ore 21.15 Coro Lirico della Regina

> 26 dicembre “Incanto di Natale”, PIEVE DI SECCHIANO CHIESA SANTA MARIA ASSUNTA , ore 16.30. Gruppo Corale strumentale L.Benizzi

> 19 dicembre “Hodie Christus Natus est”, Chiesa della Riconciliazione-Rimini,ore 21 Coro Jubilate Deo

> 26 dicembre “Concerto di Natale”, Chiesa S.Pietro-San Giovanni in Marignano, ore 17 Coro Marignanensis

> 20 dicembre “Concerto di Natale”, Centro comm.le Le Befane di Rimini, ore 1730 Coro Lirico della Regina

> 27 Dicembre "O NATA LUX", Chiesa Parrocchiale di Neviano Arduini (PR), ore 17 Cantori delle Pievi, Coro San Benedetto, Gruppo Cantori del Fuso

> 20 dicembre “Feliz Navidad”, Chiesa di Carpegna, ore 21.15 Coro Città di Morciano

> 27 dicembre Villa Minozzo, Corale Il GIGANTE e BANDA di VILLAMINOZZO > 27 dicembre “Grande concerto di Nata- le”, Chiesa ss. Trinita', parrocchia S.Maria Maddalena celle-rimini, ore 21 coro Spes Mariae Sanctissimae

> 20 dicembre “Holy Holy Holy Concerto di Natale”, Chiesa Vecchia-Riccione, ore 16 Coro Città di Riccione > 22 dicembre “Concerto di Natale”, Teatro AstraBellaria, ore 21 Corale Bellaria Igea Marina

> 27 dicembre “An amazing Christmas”, Sala dell’Arengo, Rimini, ore 18 Corale Nostra Signora di Fatima

> 23 dicembre Auditorium “Rita Levi Montalcini” Mirandola, ore 21, Filarmonica "G:Andreoli" con Nehemiah H.Brown & Faith Gospel Choir

> 27 dicembre “Holy Holy Holy Concerto di Natale”, Chiesa San Lorenzo-Riccione, ore 16 Coro Città di Riccione

> 23 dicembre, Teatro comunale di Canossa, "Coro Canossa" e "Schola Cantorum Canossa" , "Piccole Voci di Canossa" e cori parrocchiali di Roncaglio e di Monchio delle Olle

> 3 Gennaio 2016 “Concerto di Natale”, Febbio, CORALE IL GIGANTE > 6 gennaio 2016, “Concerto dell’Epifania”, Chiesa S. Sepolcro-Parma, ore 17, Coro San Benedetto

> 24 dicembre “Concerto di Natale”, Cattedrale di San Leo, ore 23.15 Schola Cantorum Duomo di San Leo

> 6 gennaio 2016 “Incanto di Natale”, Chiesa dell’Istituto Maccolini-Rimini, ore 16. Gruppo corale strumentale L.Benizzi

> 26 dicembre “Concerto di Natale” Chiesa di Santo Stefano a Novellara (RE), ore 15.45 Coro Giaches de Wert > 26 dicembre “Concerto di Santo Stefano”, Chiesa San Benedetto-Pr, ore 16.30, Coro San Benedetto

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