FarCoro Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale- 70% CN/BO
n. 3 / 2020
Quadrimestrale dell’AERCO Associazione Emiliano Romagnola Cori
Primo Piano Virtual choir ‘La rosa bianca’
Musica dell’anima Quando l’innovazione incontra l’antichità
Aerco notizie Aerco Academy
FarCoro
n. 3 / 2020
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FARCORO Quadrimestrale dell’AERCO Associazione Emiliano Romagnola Cori settembre - dicembre 2020 Edizione online www.farcoro.it Autorizzazione del Tribunale di Bologna N° 4530 del 24/02/1977 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale 70% - CN/BO. PRESIDENTE Andrea Angelini presidente@aerco.emr.it DIRETTORE RESPONSABILE Niccolò Paganini direttore@farcoro.it
Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 DI NICCOLÒ PAGANINI
La lettera del Presidente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 DI ANDREA ANGELINI
Primo Piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 La Rosa bianca, un fiore di speranza... DI DANIELE VENTURI
Stile - Musica dell’anima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 Quando l’innovazione incontra l’antichità... Intervista al m° Fulvio Rampi DI LUCA BUZZAVI
COMITATO DI REDAZIONE Francesco Barbuto francescobarbuto@alice.it Luca Buzzavi lucabuzzavi@gmail.com Mario Lanaro mariolanaro@libero.it Michele Napolitano napolitano.mic@gmail.com
Storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 La trdizione corale russa: la formazione delle correnti profane e religiose DI MARGARITA YASTREBOVA
Tecnica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 Il giusto movimento - parte seconda DI LUCIO GOLINO
GRAFICA E IMPAGINAZIONE Elisa Pesci STAMPA Tipolitografia Tipocolor, Parma SEDE LEGALE c/o Aerco - Via Barberia 9 40123 Bologna Contatti redazione: direttore@farcoro.it +39 347 9706837 I contenuti della Rivista sono © Copyright 2009 AERCO-FARCORO, Via Barberia 9, Bologna - Italia. Salvo diversamente specificato (vedi in calce ad ogni articolo o altro contenuto della Rivista), tutto il materiale pubblicato su questa Rivista è protetto da copyright, dalle leggi sulla proprietà intellettuale e dalle disposizioni dei trattati internazionali; nessuna sua parte integrale o parziale può essere riprodotta sotto alcuna forma o con alcun mezzo senza autorizzazione scritta. Per informazioni su come ottenere l’autorizzazione alla riproduzione del materiale pubblicato, inviare una e-mail all’indirizzo: farcoro@aerco.it.
IN COPERTINA m° Leonardo Morini
Storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 L’enigma del manoscritto DCCLVII della biblioteca Capitolare di Verona DI MAURIZIO SACQUEGNA
Repertorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 Concorso di composizione Corinfesta - brani seccondi e terzi classificati
Commento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62 Dialogo tra un maestro e una corista-Intervista a Leonardo Morini DI CAROLINA AIMI
AERCO notizie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 Concorso online video AERCO AERCO Academy
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VII Concorso internazionale di composizione corale ‘Komos’ 65 anni del CAI Bologna e ‘cantiamo ancora’ Il CAI Mariotti di Parma compie 50 anni ‘Firmamento’ di Giacomo Monica
Editoriale Associazione Emiliano Romagnola Cori
PROF. NICCOLÒ PAGANINI Direttore Responsabile
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n. 3 / 2018
Carissimi lettori, ho sempre creduto che gli incarichi di responsabilità debbano avere un termine, per dare spazio ad altri, per rinnovarsi, per creare nuove opportunità. Quando una persona si trova ‘al comando’ per tanti anni rischia spesso che la carica passi da servizio a ‘regno’. Quindi, al termine del mio settimo anno alla direzione di FarCoro, ho deciso di fare spazio a qualcun altro. Coordinare una rivista corale è una bella opportunità che ti dà la possibilità di ascoltare tante persone e di raccontare tante esperienze. È un prezioso punto di vista sulla vita associativa. Sono stato molto fortunato e sono consapevole che tutto questo mi mancherà. Sono stati anni molto formativi per me e per questo devo proprio ringraziare tante persone. Grazie a Fedele Fantuzzi e a Puccio Pucci che hanno accolto la mia candidatura e mi hanno indirizzato a muovere i primi passi in questo settore. Grazie ai miei colleghi redattori, Francesco Barbuto, Luca Buzzavi, Mario Lanaro e Michele Napolitano. Abbiamo costruito in questi anni una bella squadra che ha reso più semplice il mio incarico. Grazie a Elisa Pesci che mi ha aiutato nella grafica e nella gestione del sito. Grazie ai componenti della Commissione artistica e ai Delegati provinciali che in tante occasioni mi sono stati vicini con proposte e suggerimenti. Ringrazio anche i tanti collaboratori che hanno proposto un loro lavoro in questi sette anni, perché hanno reso la rivista uno strumento interessante, utile e formativo a tutti i nostri lettori. Infine, il ringraziamento più grande va al nostro Presidente, Andrea Angelini, al quale sono succeduto nell’incarico. Sono grato a Lui per la disponibilità, per la competenza, per la grinta e la determinazione che sono stati stimoli indispensabili per fare bene. Grazie per la fiducia riposta in me e grazie per essere una persona che ascolta e con la quale ci si può confrontare, anche a fronte di opinioni diverse.
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L’ultimo grazie lo rivolgo a Voi lettori, associati e non: spero che abbiate potuto apprezzare l’impegno e la passione che hanno caratterizzato questi anni.
Le interviste impossibili
Storia rdi
Claudio Monteve
Musica dell’anima o
Rossini, un crescend lungo 150 anni
In che direzione
andare?
Alcune copertine di FarCoro degli anni 2013-2020
coro
Lascio il giornale nelle ottime mani di Sandro Bergamo, un direttore con grande esperienza e competenza che non ha bisogno di presentazioni. Auguro buon lavoro a Lui e alla redazione. Corali saluti a tutti e buona musica!
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La lettera del Presidente Associazione Emiliano Romagnola Cori
DR. ANDREA ANGELINI Presidente AERCO
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LA LETTERA DEL PRESIDENTE
Chi desidera vedere l’arcobaleno deve imparare ad amare la pioggia! Tra le tante maledizioni che si possono lanciare a coloro che proprio simpatici non ci sono ce n’è una che rispecchia perfettamente i momenti che viviamo: ‘Che tu possa essere il presidente di...durante una pandemia!’ In effetti, se ripercorro questi lunghi mesi, dallo scorso febbraio sin ad ora, oltre ai tanti problemi professionali, familiari (quelli che tutti più o meno abbiamo toccato con mano) si è aggiunta anche la difficoltà di rappresentare compiutamente i cori della nostra regione.
Un’attività come quella contrassegnata quasi esclusivamente dalla componente artistica si riduce a ben poco se questa caratteristica viene silenziata in attesa di tempi migliori. Premesso quindi che non è stato facile re-inventare di sana pianta la missione e il modus operandi di AERCO, è anche vero che, insieme con tutti i collaboratori, ho accettato il compito come una sfida, dura ma che si sta rivelando di forte crescita professionale ed umana. Sicuramente l’era tecnologica entro la quale siamo immersi dalla mattina alla sera ci ha aiutato e non poco. Come avremmo potuto non spezzare quel filo conduttore che lega le attività corali se tutto questo fosse successo anche solo 30 anni fa? Probabilmente, in quest’ultimo caso, ci saremmo fermati e basta! Al massimo ne avremmo parlato al telefono (quello rigorosamente fisso), lagnandoci forse meno di ora ed aspettando, romanticamente, la fine del diluvio universale. Le scelte sul cosa fare sono state ponderate e condivise con il consiglio direttivo, la commissione artistica, il gruppo di redazione e lo staff che ringrazio profondamente per la loro capacità e duttilità verso le situazioni che sono mutate più volte, dapprima precipitando in un baratro angosciante, indi risalendo verso una speranzosa china per poi affossarsi nuovamente. Abbiamo provato a dare un’alternativa ai nostri associati, e nemmeno troppo arida, per continuare il comune lavoro di crescita e di condivisione. La rassegna Voci nei Chiostri Virtual, il Concorso Nazionale di esecuzione Corale Online, il Concorso per Compositori, i webinar, l’Assemblea Generale Online, i Corsi di alfabetizzazione (alcuni di questi terminati in modalità remota), l’attività di supporto sulla normativa covid, la Rivista
FarCoro (che ha continuato ad essere prodotta normalmente), l’attività social capillare e molto altro sono risultate modalità nuove - anche per noi - con cui i cori hanno dovuto confrontarsi per non cedere allo sconforto. Lo so che il gusto è diverso ma in tempi di magra si gradisce anche pane e salame!
Non so di preciso che cosa ci aspetti nei prossimi mesi…Quello che posso dirvi è che, cercando di essere ottimisti, abbiamo programmato largamente in presenza gli eventi del 2021, riservandoci comunque l’attivazione di un piano B qualora non ci siano ancora le condizioni di sicurezza. Il mio è un invito a non mollare ora, per continuare il nostro progetto di rete corale durante il prossimo anno, quello del cinquantesimo; come dice lo scrittore Paulo Coelho ‘chi desidera vedere l’arcobaleno deve imparare ad amare la pioggia’. Consentitemi, infine, un mio personale ringraziamento a Niccolò Paganini che firma l’ultimo numero di FarCoro; a lui va tutta la mia stima per questi anni di preziosa collaborazione per il bene della coralità.
LA LETTERA DEL PRESIDENTE | 5
Primo piano
Il progetto, assai articolato, del virtual choir La Rosa Bianca, nasce su invito dell’amico Andrea Angelini, attuale Presidente di AERCO. L’idea principale che ha animato questo progetto è stata quella di dare la possibilità ai cantori della nostra Regione e non, di esprimere il proprio canto in forma corale, nonostante la difficile situazione venutasi a creare a causa della pandemia da Covid-19 e delle successive restrizioni ad essa connesse.
La Rosa bianca, un fiore di speranza... DI DANIELE VENTURI
DANIELE VENTURI Diplomato in Musica corale e direzione di coro al Conservatorio G.B. Martini di Bologna e in Composizione presso il Conservatorio G. Frescobaldi di Ferrara. È fondatore e direttore del coro d’ispirazione popolare Gaudium (1992) e dell’ensemble vocale Arsarmonica (2006). Ha in catalogo oltre centotrenta composizioni scritte per i più disparati organici e circa duecento elaborazioni corali. Diverse sono anche le sue pubblicazioni discografiche ed editoriali. Svolge attività didattica come docente esterno in diversi Conservatori ed Università italiane e straniere.
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PRIMO PIANO
Sentirsi parte di una grande comunità corale, specialmente in un momento così complesso e drammatico, ha rappresentato una spinta interiore molto forte per ciascun cantore, alleviando, allo stesso tempo, i sentimenti di disagio, di ansia e di paura assai diffusi tra le persone in quei giorni. Naturalmente l’unica forma di canto corale possibile durante quella terribile situazione di chiusura è stata quella del coro virtuale. Così assieme alla Commissione Artistica AERCO diretta da Gianluigi Giacomoni, che si è molto adoperato perché questo progetto potesse realizzarsi, abbiamo cercato la formula più efficace per costruire un progetto musicale che potesse coinvolgere il maggior numero di cantori. Inizialmente mi venne chiesto di scrivere una composizione corale, della durata di circa cinque minuti, su una bellissimo e assai noto testo del poeta parmense Attilio Bertolucci (1911-2000) dal titolo: Vento. I contenuti di questa poesia erano assai affini al contesto e parevano trarre ispirazione dalla drammatica e surreale condizione creatasi dopo il lockdown. Così mi buttai a capofitto nel comporre. La prima idea che mi venne alla mente fu quella di scrivere un brano a molte voci e dal carattere decisamente polifonico. Leggendo e rileggendo il testo, fino a memorizzarlo alla perfezione, stralci di esso mi riaffioravano alla mente in continuazione. Così anche di notte durante il sonno, inevitabilmente disturbato, senza soluzione di continuità
un vortice di suoni e di fonemi comparivano nei miei pensieri; contribuendo ad alimentare la mia fantasia e, di conseguenza, la mia immaginazione creativa. Pensai, riprendendo la prima idea di una affastellata moltitudine di suoni, di scrivere per un coro misto a otto voci, idealmente spazializzato ad avvolgere di suoni l’ascoltatore. Non però a un coro misto strutturato come un doppio coro battente alla veneziana, ma bensì a un reale coro a otto voci, in cui ciascuna voce, soprano, contralto, tenore e basso, fosse sdoppiata o come si dice in gergo divisa a due. Avevo nella mente che i suoni si dovessero inseguire. Così come, in quel periodo, ciascuna persona inseguiva la libertà perduta. Dopo la prima stesura, avvenuta di getto, nella quale cercai di fissare sul pentagramma le prime embrionali idee musicali, ne seguì un’altra assai più sofferta e travagliata. In questa seconda fase lavorai fortemente sulla scrittura corale; quasi ad imitare un orafo che tramite una lima finissima togliesse materia da un particolare oggetto prezioso. Così, allo stesso modo, cercai di sfrondare la scrittura da tutto ciò che mi parve superfluo. Il fine di questo lavoro certosino fu quello di raggiungere un giusto bilanciamento tra la scrittura musicale e il testo stesso; prestando molta attenzione a cesellare la tensione musicale e emotiva all’interno della composizione stessa. Ne uscì un brano di forte impatto drammatico, emotivo e evocativo ma, ahimé, un poco troppo complesso per un’esecuzione corale in forma virtuale. In quest’ultima modalità, infatti, il problema più importante è rappresentato, nel montaggio finale delle voci, dalla difficoltà di ottenere una perfetta sincronia tra di esse. Tale sincronismo è assai arduo da realizzare in special modo quando la scrittura musicale prevede una forte alternanza tra suoni e pause e, più in generale, un andamento decisamente contrappuntistico delle voci. Dopo un breve periodo di riflessione assieme al Presidente AERCO decidemmo di organizzare un incontro via skype che coinvolgesse la Comart AERCO, per poterci così confrontare sulle idee e sul come procedere nella realizzazione del progetto stesso. Dopo un lungo scambio di pareri e giunti ad una sorta di punto morto, tra me e me pensai: ma io ho già scritto un brano su testo di Attilio Bertolucci e allora perché non utilizzare quel lavoro giovanile e non ripensarlo per coro virtuale? Proposi al Presidente e ai componenti la Commissione Artistica l’idea di utilizzare questa mia composizione giovanile e di ripensarla per un grande coro virtuale. Tutti furono favorevoli e rincuorati e così nei giorni successivi cominciai a lavorare su quella mia vecchia composizione per coro a tre voci miste: La Rosa Bianca, per soprano, contralto e baritono, che nel 1999 avevo
dedicato ad un coro di ragazzi. La grande energia e il duro lavoro svolto nel comporre Vento 19 li reinvestii totalmente in questa nuova composizione; che ha rappresentato per me una notevole sfida. In primis preparai le versioni midi della semplice e breve composizione, registrando anche le parti vocali cantate da me, qualora qualche cantore avesse preferito studiare su una voce umana vera anziché su una voce sintetizzata. La data di consegna dei lavori fu fissata al giorno 20 maggio 2020, termine di scadenza nel quale ciascun cantore doveva far pervenire alla segreteria di AERCO il proprio video, nel quale interpretava la propria linea vocale. Mi accorsi già dalla fine di aprile che il progetto stava assumendo proporzioni assai ampie, in particolare dalle tante e-mail ricevute, nelle quali ciascun cantore mi richiedeva lumi su come studiare e interpretare questo mio brano. La partitura pur sembrando ad una prima lettura di semplice esecuzione, in realtà ad uno studio più attento, svela diverse difficoltà, in particolare, ma non solo, dal punto di vista interpretativo. All’interno delle sedici misure di questo brano sono presenti diverse difficoltà esecutive, che emergono in maniera lampante, soprattutto se il cantore stesso proviene dalla pratica di generi musicali assai distanti rispetto alla musica classica contemporanea. Si tratta, infatti, di un pezzo che pur utilizzando un linguaggio ancora saldamente ancorato alla tonalità, richiede una certa flessibilità esecutiva; specialmente nei momenti di carattere espressivo e in quelli in cui la scrittura musicale diviene madrigalistica. Una delle maggiori difficoltà esecutive di questa composizione è sicuramente connessa all’aspetto ritmico. Nella scrittura musicale, infatti, sono presenti diverse figurazioni ritmiche particolari, la cui decifrazione abbisogna di diverso tempo di studio, in particolare se il cantore non è in possesso di una solida formazione musicale. Nei giorni successivi alla scadenza d’invio dei video Andrea Angelini mi telefonò per comunicarmi il numero di cantori che avevano aderito. In prima battuta credetti che mi volesse fare uno scherzo e stentai a credere a ciò che mi comunicò al telefono. Ben duecentosettantatré cantanti provenienti da Italia, Lituania, Russia e Filippine avevano accettato il nostro invito, mettendosi in gioco in prima persona, prestando la loro voce per il nostro progetto. Seguì quindi una fase nella quale dovetti scaricare, su un potente computer dedicato, i vari file video. In seguito cominciai ad estrarre solamente l’audio, tramite l’utilizzo di un ottimo programma di audio editing che abbreviò di
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molto i tempi di estrazione. Quindi cominciai il duro lavoro di ascolto di ogni singolo file audio. In primis per ottenere un risultato accettabile, nella fase successiva di audio editing, dovetti selezionare quei file che dal punto di vista tecnico non palesassero, già ad un primo ascolto, particolari difetti tecnici quali: rumori di fondo, fruscii, interferenze o ciascun altra imperfezione non aggiustabile nella fase successiva di audio editing. In seconda battuta svolsi un’ulteriore selezione che aveva come parametro principale quello dell’aderenza alla partitura. Così, pur a malincuore, dovetti scartare quei file audio nei quali il cantore commettesse errori gravi come: sbagliare la parte, non rispettare il ritmo indicato, sbagliare il testo, avere un’intonazione incerta, ecc.. Quindi con le tracce audio aventi i margini indispensabili per essere ‘ripulite’ da piccole imperfezioni, cominciai il lavoro di montaggio audio vero e proprio. Durante questa fase lavorai su ciascun file per togliere quei difetti, inevitabili, spesso presenti nelle registrazioni quando le sorgenti sonore derivano da attrezzature diverse e non di qualità professionale. Successivamente divisi le moltissime voci in due grandi cori, cercando di bilanciare al meglio le voci di soprano, in netta maggioranza, con le altre. I due cori nella mia mente dovevano avere caratteristiche timbriche decisamente diverse e così destinai il secondo coro alle voci più chiare, facendo particolare attenzione a inserire tutte le voci di bambini o di ragazzi in questo secondo gruppo corale. Tra una rifinitura del montaggio e un’altra, periodo che ha comportato un lavoro costante di oltre venti giorni, nella mia mente ‘disegnavo’ la partitura virtuale che poi, in seconda battuta, fissai su carta. In essa erano presenti gli elementi principali strutturali, musicali e compositivi quali: la gestione della forma, la dialettica musicale, le tensioni armoniche, la minore o maggiore rarefazione del suono, i punti d’ingresso dei vari cori, ecc.. I cori virtuali creati, nel complesso, sono stati dodici e con essi ho ricreato tutti gli effetti ‘elettronici’ come il delay, il chorus, ecc.. Ma non elettronicamente, ma bensì con il materiale stesso; tramite una mirata gestione della densità del suono. Nella mia mente infatti il brano finito doveva assumere i connotati di una musica acusmatica, alla quale, in seconda battuta, sarebbe stato aggiunto un video e nel caso di un’esecuzione live anche un triplo coro spazializzato all’interno di una chiesa: uno a destra, uno al centro e uno a sinistra del pubblico e eventualmente qualche cos’altro ancora. In seguito a non pochi ripensamenti la versione finale della composizione è stata strutturata per cori spazializzati,
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PRIMO PIANO
quartetto di sassofoni, elettronica preparata e video. Dopo un lungo lavoro di ‘scrittura’ e ‘riscrittura’ sono arrivato ad un risultato che mi parve abbastanza soddisfacente. Utilizzo le virgolette perché in realtà per riscrivere questa composizione non ho utilizzato l’inchiostro ma bensì il suono. Tramite le voci dei cantori, utilizzate come ‘inchiostro sonoro’, ho scritto, cancellato e riscritto più volte questa mia composizione fino ad arrivare ad un punto in cui il suono fosse vicino alla mia idea iniziale: ‘un’infinita polifonia spaziale’. L’unico elemento che mi mancava, all’interno della composizione, era l’antitesi data dalla tensione musicale e dialettica che volente o nolente non ero ancora riuscito ad ottenere. In poche parole all’interno della composizione mancava la dissonanza, come antitesi alla consonanza. L’alternanza tra consonanza e dissonanza è indispensabile in una composizione della durata di quasi otto minuti perché essa possa ‘stare in piedi’. Così pensai di inserire in parallelo al ‘brano corale’, un altro mio lavoro più recente Voci (2019) per quartetto di sassofoni. Si trattava di una particolare composizione scritta per un progetto SIMC e dedicata al Quartetto di sassofoni del Conservatorio ‘G. Rossini’ di Pesaro, diretto da Stefano Venturi. Disponevo di quest’ultimo brano di una registrazione live di buona qualità e cominciai a lavorare elettronicamente il file audio perché esso ‘coprisse’ la gamma di registro del suono lasciata ‘scoperta’ dalla mia realizzazione acusmatica de La rosa Bianca. Per ciò che riguarda il quartetto di sassofoni la mia idea era quella di creare elettronicamente una sorta di ‘doppio coro battente alla veneziana’. Pensai che come nel doppio coro esisteva un coro acuto e uno grave, così potevo anche io ricreare questa ‘idea di suono’ tramite lo spostamento delle altezze originali dei due ‘cori di sassofoni’. Così ho proceduto lavorando elettronicamente, in particolare, sul pitch, trasponendo, rispetto ai suoni originali, di dodici semitoni sotto il primo coro e di dodici semitoni sopra il secondo coro. Naturalmente nel montaggio tra i dodici ‘cori vocali’ e i due ‘cori strumentali’, molto impegno ed energie sono state dedicate alla creazione di una particolare ‘stanza virtuale’ nella quale i vari suoni si fondessero alla perfezione. In seguito creai due versioni della parte elettronica della composizione finita. La prima in stereofonia a due canali e la seconda in dolby surround 5.1 a sei canali. Dopo aver esportato i file audio ho creato una partitura visuale per cori spazializzati, elettronica preparata, video,
Attilio Bertolucci
coro misto e quartetto di sassofoni dal vivo. Giunti a questo punto con il Presidente AERCO ci siamo confrontati nuovamente per decidere a chi affidare la direzione virtuale, e successivamente dal vivo, del coro e del quartetto di sassofoni e la realizzazione del video. Dopo alcuni contatti abbiamo avuto la grande fortuna che ad accettare il ruolo di direttore fosse Tim Sharp, Executive Director of the American Choral Directors Association, il quale con grande umiltà, coraggio, capacità, determinazione e professionalità ha accettato di dirige virtualmente il coro; dimostrando grande maestria. In seguito lo Studio Rec Audio, diretto da Krzysztof Janik, ha completato l’opera realizzando un video di grande suggestione e in perfetta sintonia con il testo di Bertolucci e con la mia musica. Il progetto ha potuto essere realizzato grazie all’interessamento di Simone Cagozzi e alla generosità della famiglia Bertolucci che ha dato il permesso di poter utilizzare i testi del grande Attilio. Ora non ci resta che incontrarvi alla prima della composizione che si terrà, Covid permettendo, a Bologna nel dicembre 2020.1 In questo modo potrete entrare, in prima persona, nel caleidoscopico mondo poetico di questa composizione di arte totale, fatto di suoni, colori, immagini e poesia.
1 Concerto rimandato stante il perdurare dell’emergenza Covid-19
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Stile Musica dell’anima
Bentornato al maestro Fulvio Rampi tra le pagine di FarCoro. Lo ringraziamo per aver accettato di essere con noi per un’intervista che presenterà il suo innovativo Video-Manuale di Canto Gregoriano.
Quando l’innovazione incontra l’antichità... Intervista al m° Fulvio Rampi DI LUCA BUZZAVI
FULVIO RAMPI
diplomato in organo e composizione organistica con Luigi Molfino, ha conseguito il Magistero e il Dottorato in Canto Gregoriano presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra sotto la guida di Luigi Agustoni. Successore dello stesso Agustoni alla cattedra di Canto Gregoriano presso il medesimo Pontificio Istituto, ha al suo attivo numerose pubblicazioni. Nel 1985 ha fondato i Cantori Gregoriani, un ensemble professionistico a voci virili, del quale è direttore stabile. Con tale gruppo svolge una intensa attività discografica, didattica e concertistica in Italia e all’estero. Dal 1998 al 2010 è stato direttore della Cappella Musicale della Cattedrale di Cremona. Nel 2010 ha costituito il Coro Sicardo di Cremona, un ensemble polifonico col quale svolge regolare servizio liturgico nella chiesa di S. Abbondio in Cremona, dove è anche organista titolare. Attualmente è titolare della cattedra di Prepolifonia al Conservatorio di Musica G. Verdi di Torino.
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STILE
Come e quando è nata la sua passione per il Canto Gregoriano? Avevo vent’anni, ero studente di organo, dirigevo cori e mi interessavo di canto corale sacro; ho avuto la fortuna, a quell’età, di conoscere grandi maestri, a cominciare dal mio insegnante di organo Luigi Molfino e poi il ‘mitico’ Luigi Agustoni, il mio primo insegnante di Canto Gregoriano al Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra di Milano. Il primo approccio al canto gregoriano, le prime lezioni, quegli strani segni che non assomigliavano alle note ma che dicevano molto di più, sono stati un’autentica folgorazione. Dopo il diploma di organo e il magistero al PIAMS, lo stesso Agustoni mi ha proposto di affiancarlo come assistente: mi pareva un sogno e nel giro di un paio d’anni sono diventato il suo successore in quella prestigiosa istituzione. Un incarico da far tremare i polsi e che ha segnato indelebilmente il mio percorso professionale. Il gregoriano è così: dopo una prima vaga ‘infatuazione’ iniziale che ti fa intravedere in modo confuso un immenso tesoro nascosto, occorre cambiare passo, prenderlo sul serio e accettare la sfida impossibile di uno studio senza fine. È un po’ come misurarsi con la Bibbia: ci si sente infinitamente piccoli e inadeguati, ma non si finisce mai di ringraziare chi ci ha condotto per mano alla ricerca e alla scoperta della perla preziosa. Il Canto Gregoriano: una riscoperta attualizzabile o un ‘giro al museo’? Un giro al museo può essere utile solo se propedeutico ad
‘Il Gregoriano non è il canto della nostalgia, ma della memoria, senza la quale non ci può essere alcun futuro’
uno sforzo di ricerca sistematica. Una ricerca che, paradossalmente, toglie il Gregoriano dal museo dove lo abbiamo visitato, per collocarlo nella sua sede ‘propria’, la Liturgia della Chiesa. La vera sfida radicale, oggi, al di là delle infinite e stucchevoli diatribe tra opposte fazioni, è la riflessione sul suo vero rapporto con il Culto Divino; per semplificare in modo estremo, occorre rispondere chiaramente alla domanda: il Gregoriano è ‘funzionale’ o ‘essenziale’ alla Liturgia? La risposta a questa domanda apre scenari diametralmente opposti in ordine ad una sua attualizzazione. In altre parole, il gregoriano ‘è’ o ‘accompagna’ la Liturgia? Nei fatti, anche se non so quanto consapevolmente, la risposta è sotto gli occhi di tutti, ma lo studio serio del Gregoriano porta inevitabilmente a smentire una sua natura puramente ‘funzionale’, a vantaggio di una sua ‘essenzialità’ liturgica. Da qui, a mio parere, occorre ripartire per scoprirne l’enorme portata ‘profetica’. Il Gregoriano non è il canto della nostalgia, ma della memoria, senza la quale non ci può essere alcun futuro. Lei ha scritto diversi testi specialistici e divulgativi. A quale di essi è più affezionato? Ogni mia pubblicazione riflette in realtà un tentativo di approccio al Canto Gregoriano da diverse angolature, dalla pura grammatica notazionale all’essenza del suo progetto generale che si nutre di testo, forme, stili, modi, formule e quant’altro. Non saprei scegliere un libro in particolare, perché ogni sforzo editoriale, pur essendo l’esito di uno sguardo diverso, è ugualmente mosso dal desiderio di conoscenza. Qual è stato il rapporto tra la prassi esecutiva maturata con il gruppo professionale dei Cantori Gregoriani e la sua produzione teorica? Ho fondato i Cantori Gregoriani nel 1985, il primo anno di docenza al PIAMS milanese. Con la ‘benedizione’ del prof. Agustoni e del Preside, ho raccolto i migliori allievi dell’Istituto, provenienti da varie regioni, per formare una schola gregoriana maschile: da lì è nata un’esperienza meravigliosa - e, grazie al Cielo, non ancora conclusa – di amicizia, ricerca e condivisione nel ‘segno’ del Canto Gregoriano e della sua interpretazione. Abbiamo cercato di mettere in pratica le sempre nuove acquisizioni teoriche che, grazie al contributo della Semiologia Gregoriana, hanno gettato nuova luce su questo repertorio. Abbiamo inciso una trentina di CD, tenuto centinaia di concerti e corsi in tutto il mondo per far conoscere questo immenso tesoro ritrovato. Abbiamo sempre inteso la prassi esecutiva non come ricerca illusoria di una ‘fotocopia’ di presunte esecuzioni medievali, ma come risposta sonora concreta e attuale alle infinite informazioni degli antichi codici del X e XI secolo, che con i loro neumi in campo aperto ci hanno consegnato per sempre l’esegesi dei testi sacri fatta propria dalla Chiesa e che spetta a noi farla ridiventare suono in obbedienza al pensiero originale. Da dove è nata l’idea del suo nuovo Video-Manuale? Si tratta di un’alternativa o di un ausilio alla letteratura cartacea? L’idea di un Video-Manuale è nata da un’emergenza (la pandemia da Coronavirus), ma si è presto mutata in una nuova e originale proposta di approccio al Canto Gregoriano. Non si tratta, ovviamente, di un’alternativa didattica: al contrario, è da intendersi come strumento propedeutico alla letteratura cartacea e alle indispensabili lezioni in presenza, uniche situazioni in grado di affrontare ‘dal vivo’ i problemi riguardanti la vocalità, l’interpretazione, la direzione del repertorio gregoriano con la presenza di un docente. Ce ne vuole parlare più nel dettaglio? Com’è articolato? Il Video-Manuale è strutturato in 5 corsi a livello progressivo, di facile fruizione, pensato per tutti coloro che vogliono intraprendere un cammino di conoscenza del Canto Gregoriano a partire dai primi elementi fondamentali, per poi accedere progressivamente e in modo approfondito allo studio delle notazioni in campo aperto attraverso il metodo
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I Cantori Gregoriani
della Semiologia Gregoriana, a sua volta funzionale all’interpretazione e alla prassi esecutiva di questo sterminato e affascinante repertorio. Cinque corsi di 2530 lezioni ciascuno, di durata variabile dai 15 ai 30 minuti a lezione, per un totale di 135 lezioni e circa 45 ore complessive. Un lungo itinerario, lungo il quale l’allievo è condotto per mano alla scoperta dei segreti della melodia gregoriana e del ritmo che gli antichi notatori gli hanno assegnato attraverso un sistema di scrittura musicale che si imparerà a conoscere da vicino e che rappresenta l’indispensabile chiave d’accesso alla corretta esecuzione dell’antica monodia liturgica. Come è possibile fruire di questo strumento? I cinque corsi sono disponibili e acquistabili singolarmente sulla piattaforma UDEMY a costi particolarmente contenuti. I riferimenti per l’acquisto sono disponibili sul mio sito personale (www.fulviorampi.it) ad una pagina specifica (www.fulviorampi.it/videomanuale).
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STILE
‘Il Video-Manuale, di facile fruizione, è pensato per tutti coloro che vogliono intraprendere un cammino di conoscenza del Canto Gregoriano per poi accedere allo studio delle notazioni in campo aperto attraverso il metodo della Semiologia Gregoriana’
Storia
È indubbio per qualsiasi lettore interessato al tema, che la musica russa così come la conosciamo, con i balletti di Diaghilev, le messe di Kastalskij e i concerti per pianoforte di Rachmaninov, abbia rimodulato e sviluppato ciò che ha preso in prestito dalla società e cultura occidentale. È essenziale però per comprenderla, e quindi per gustarla al meglio, dedicare un po’ di tempo all’illustrazione del contesto in cui si sviluppa ciò che era la tradizione musicale russa ancora incontaminata dai contatti con l’Europa.
La tradizione corale russa: la formazione delle correnti profane e religiose DI MARGARITA YASTREBOVA
MARGARITA YASTREBOVA
Diplomanda al liceo classico ‘Foscarini’ di Venezia, appassionata di storia, storia della musica e musicologia, canta nel complesso vocale e strumentale ‘Antonio Lotti’.
Partiamo dal fatto che la tradizione popolare è definibile ‘autentica’ solo fino al X secolo, punto decisivo della storia russa, in cui avviene la conversione nazionale al cristianesimo. Le più antiche forme di musica popolare russa riguardano le danze popolari, i khorovody, ovvero ‘cori camminanti’, e qualcosa più simile alle res gestae o alle chanson de geste, ovvero ballate di carattere storico (il loro nome tecnico è bylyna, da ‘byl’, ‘passato’). I protagonisti sono gli eroi tradizionali, di dubbia esistenza storica, ma che furono sempre amati da tutto il popolo, dai suoi strati più umili a quelli più elevati. Uno dei personaggi più famosi, Ilya di Murom, liberò, secondo la leggenda, Kiev dai pagani: pur nella sua dubbia esistenza, egli è un santo della Chiesa Ortodossa, che in tal modo canonizzò in un certo senso per la prima volta un simbolo, un’ idea incarnata. La matrice storica risultò sempre di essere di grande vanto e grande fonte d’ispirazione per i musicisti russi, e lo fu anche parecchi secoli dopo: ad esempio, una ballata tratta delle imprese di Igor Svyatoslavičfornisce il soggetto all’omonima opera di Alexandr Borodin rappresentata nel 1890, e le avventure di Sadko, un musicista che incantò il re di una palude, sono immortalate nell’ opera, di RimskiyKorsakov a lui intitolata. Veniamo però alla parte più importante per gli sviluppi della musica corale negli anni a venire: la conversione del principe Vladimir.
STORIA | 13
Nel IX secolo Bisanzio, la potenza cristiana per eccellenza dell’epoca, tentò di ‘esportare’ la propria religione agli stati confinanti, non solo ad majorem Dei gloriam, ma anche per solidificare alleanze, rafforzate da una comune religione, minimizzare i conflitti ai confini e ampliare la propria influenza politica. Il primo, o meglio, la prima reggente ufficialmente battezzata nel cristianesimo fu la regina Olga, secondo le datazioni più precise, nel 957. Tuttavia, la decisione più importante fu quella del principe Vladimir, che, nel 986 , dopo una consultazione con i boiari, inviò dei mandati nelle nazioni confinanti, i cui rappresentanti lo avevano invitato ad abbracciare le rispettive fedi, al fine di valutare quale fosse la religione migliore per il proprio regno. Nella Cronaca degli anni passati del monaco annalista Nestore (XI-XII sec.) la scelta delle religioni ha un evidente impronta agiografica, senza mancare di buona ironia. Quando Vladimir sente da un gruppo di religiosi islamici che il Corano vieta l’ assunzione di alcol, risponde con la leggendaria frase , веселие есть на руси пити ovvero ‘il divertimento in Russia sta nel bere’. Ascoltando gli ebrei Cazari Vladimir rinfaccia a loro il fatto che la loro terra è perduta, segno evidente che il loro Dio li ha abbandonati. Per ultime vengono coinvolte le due chiese cristiane: i messi sono impressionanti dalla bellezza del canto e della celebrazione a Santa Sofia, dicendo che non sapevano se si trovassero in terra o nel cielo. La scelta dunque, è fatta. Non è certo se Vladimir sia stato battezzato a Kiev o nella città di Cherson, che aveva precedentemente assediato ed espugnato. Dopo il battesimo ottiene la mano della principessa Anna Porfirogenita, sorella dell’Imperatore. Tornato a Kiev in trionfo, Vladimir ordina a tutto il popolo di radunarsi sulle rive del fiume Dnepr per ricevervi dentro il battesimo. Sul piano musicale, la conseguenza maggiore fu la diffusione del canto bizantino per fini liturgici, che finì poi per omologarsi alle tradizioni musicali già esistenti. Esso comincia ad essere trascritto con tratti definiti da Marco Croci adiastematici di rammento: ‘....adiastematici, nel senso che non indicano le altezze reali e le dirate delle note costituendo un semplice promemoria; di rammento, in quanto usati per melodie già conosciute’. Un’altra importante innovazione sempre coeva al metodo adiastematico di rammento è la affermazione dello ‘znamennyj’, canto esclusivamente per voci maschili solo a cappella. Lo znamennyj presenta una serie di caratteristiche ben riconoscibili: estensione melodica molto limitata (raggiunge raramente la sesta maggiore) e andamento sillabico sulle vocali e con dei primi abbellimenti e melismi chiamati ‘anenaiki’. Non
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STORIA
bisogna confondere lo znamennyj con un modo: è infatti un termine-ombrello per una vasta categoria di modalità di canto, Il modo chiamato ‘kondakarnyj’ è il tipo in assoluto più antico, e il punto del suo massimo splendore è da collocarsi nei secoli XI-XII. Il suo nome deriva dal nome del canto liturgico ‘kondakion’ e riprende in massima parte le similarità con la musica paleobizantina, persino nella notazione neumatica. Scompare completamente nel XIV secolo dall’uso liturgico, a causa del cambio del tipico liturgico di riferimento da quello del monastero di Studion a quello del Patriarcato di Gerusalemme. Il canto detto ‘stolpovoj’ nella tradizione liturgica russa è usato per la totalità dei libri liturgici russi (liturgie, vespri, veglie di tutta la notte, Te Deum, requiem...). Il suo nome deriva da ‘stolp’, che era il nome tecnico del ciclo di otto settimane in cui è organizzato il temporale del rito bizantino. Contiene il manuale di celebrazione per i giorni feriali (vespro, veglia, mattutino e liturgia) e per la domenica (tutti i precedenti più il piccolo vespro ove manchi l’ufficiante parato e l’ufficio di mezzanotte), diviso negli otto toni (modi di lettura salmodica e di accentazione leggermente diversi tra loro), impiegati ciascuno per una settimana, per un totale appunto di otto settimane. Un altro tipo di znamennyj è il canto ‘putevoj’ e la sua nascita è ancora un mistero per la medievistica. Compare per la prima volta nel primo quarto del XV secolo, e ha sempre avuto un carattere minore rispetto al kondakarnyj. Dalla seconda metà del XVI secolo assume un carattere completamente autonomo e venne impiegato anche nel genere popolare. Per un lettore occidentale tuttavia potrà apparire più interessante il canto ‘demstvennyj’; la sua particolarità sta nel primo timido uso di polifonia, prima per tre e poi per quattro voci, sempre rigorosamente maschile. La prima testimonianza risale al 1441. Uno scisma, anche musicale. Per apprendere appieno i meccanismi della contaminazione occidentale, bisogna dare un’occhiata allo scisma religioso che la precedette. Verso la seconda metà del XVII appare in Russia un gruppo di entusiasti religiosi detta degli Zelatori di pietà, animati dal desiderio di riformare Chiesa e società russa, rendendoli più vicini a un ideale di vita cristiana. Per realizzare questo scopo si dedicarono al miglioramento dell’apparato liturgico russo, cercando di uniformare i testi contrastanti che circolavano sul territorio russo, arrivando a un compromesso laddove vi fossero contrasti evidenti. I due esponenti più in vista di questa società (nonché due acerrimi nemici nel futuro prossimo) furono il carismatico arciprete Avvakum e il metropolita Nikon, futuro patriarca
Monumento al Principe Vladimir, Mosca-piazza Borovitzkaya
di Mosca, e all’epoca arcivescovo di Novgorod. Presto Nikon guadagnò il rispetto e la fiducia dello Zar Aleksej, e con esse guadagnò anche il soglio patriarcale di Mosca. Con il potere conferitogli cominciò a proporre riforme liturgiche, o meglio, delle modifiche dei riti e dei modi di celebrazione, col pretesto avvicinare di più i libri e i testi sacri, e quindi la liturgia, al tipico costantinopolitano, che era visto come modello nonostante le corruzioni che aveva subito dopo la restaurazione del culto delle icone e soprattutto dopo l’inizio della turcocrazia, ma con lo scopo non dichiarato dell’avvio di un processo di occidentalizzazione. L’opposizione che tuttavia incontrò nel clero e nel popolo, legati alla loro antichissima tradizione che in taluni punti (come il segno di croce) si era mantenuta fedele alla pratica dei primi cristiani, modificata invece tanto dai greci quanto dai latini, fu straordinaria, ma nondimeno, con anche violente repressioni, la riforma nikoniana fu attuata d’imperio. Lo scisma che ne derivò tuttavia (che il lettore occidentale può trovare in parte simile alle azioni dell’arcivescovo Lefevre dopo il Vaticano II) varò due tradizioni della musica liturgica differenti. Furono proprio i cosiddetti vecchi credenti, i fedeli che presero la parte dell’antico rito, ad opporsi al nuovo tipo di canto liturgico, allo stesso tempo conservando intatte alcune tradizioni del canto a loro coevo, come la notazione neumatica, considerata già obsoleta, e un tipo di accentazione differente. La grande novità introdotta subito da Nikon appena salito al soglio fu il tipo di canto chiamato ‘partesnyj’. La sua denominazione deriva dal termine latino ‘partes’, perché i brani musicali propri di questo genere dovevano essere
letti e scritti per parti separate. Agli inizi fu semplicemente uno ‘znamennyj polifonico’ con un tenore o una voce maschile più acuta e un basso profondo che facesse le veci del bordone. Il periodo intermedio del partesnyj è legato all’identificazione con i modelli occidentali, ad esempio il kant, composizione devozionale solitamente in tre strofe molto diffuso in Polonia e in Ucraina, paesi in cui l’ influenza occidentale era sempre presente. Lo stile musicale dei kanty, sia per quelli sacri che per quelli profani, era fondato sulla tripartizione delle voci, con il movimento parallelo delle due più acute. L’armonia era quindi prevalentemente diatonica, e la maniera di esecuzione sillabica, con molte ripetizioni di parole singole soprattutto nelle composizioni chiamati ‘vivatnie’, (da ‘vivat!’) eseguiti durante i banchetti e i ricevimenti ufficiali, molto in voga durante il regno di Pietro il Grande. Le ridondanze di queste parole, assieme al loro senso, era evidenziato da melismi e dalle imitazioni del dialogo tra le varie voci. Alla diffusione delle melodie è da collegarsi il fenomeno della controfattura, ovvero dell’esistenza di un’ unica melodia per più testi diversi. Nelle notazioni dell’epoca si possono notare tra le indicazioni per l’esecuzione la frase ‘eseguire a modo di’, largamente utilizzata anche nei cori delle chiese. La massima fioritura del partesnyj, che segna, in un certo senso la sua ‘legittimità’ anche in uso ecclesiastico, è però lo stile ‘kontsertnyj’, ‘da concerto’, altrimenti chiamato ‘partesnyj kontsert’. Mantenendo tutte le caratteristiche del partesnyj, il kontsertnyj fu ideato per l’esecuzione in chiesa, in momenti cerimonialmente poco significativi, come la comunione del clero o come breve stacco musicale prima della comunione dei fedeli.
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Tecnica
Prima di riprendere il discorso sulla ricerca del ‘giusto movimento’ nella musica del 18° secolo, è opportuno dedicare la seconda parte di questo articolo all’ esame di diverse importantissime testimonianze d’epoca, per meglio comprendere la corretta lettura ‘storica’ dei segni di battuta più importanti e controversi: ‘Alla breve’, ‘Tempo ordinario’ e ‘battute dispari’.
Il ‘giusto movimento’ Criteri storici per stabilire la scelta dei tempi musicali nel Settecento DI LUCIO GOLINO
PARTE SECONDA
LUCIO GOLINO
E’ diplomato ai Conservatori di Trento e Bolzano in clarinetto, musica corale, strumentazione per banda e composizione. Trasferitosi a Vienna, frequenta la ‘Universität für Musik und darstellende Kunst’, diplomandosi in Direzione d’orchestra ed in Direzione di coro con il massimo dei voti. Fra il 1996 ed il 2003 dirige il celebre coro dei Wiener Sängerknaben, conducendolo con successo in numerose tournèe internazionali. Ha diretto concerti nella Carnegie-Hall di New York e nelle maggiori città degli USA, in Canada, alla Philharmonie di Berlino, al Gewandhaus di Lipsia, al Musikverein di Vienna e nei maggiori centri culturali europei, in Sudafrica (Cape-Town, Durban, Johannesburg, Pretoria) ed in Giappone. Ha diretto l’Orchestra della Radiotelevisione austriaca al Konzerthaus di Vienna. E’ attivo come assistente musicale al Teatro dell’Opera di Vienna e dirige il coro di voci bianche della Wiener Volksoper.
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TECNICA
a) La battuta Alla breve In merito al ‘tactus alla breve’, retaggio dell’antica notazione mensurale, regnava nel 18° secolo una generale confusione. Come si è visto nello schema delle battute semplici di due e quattro tempi, con il segno del semicerchio tagliato (₵ ) si indicavano (ancora nel 1760) sia il tempo in 2/1, sia quello in 4/2 e diversi tipi di 2/2. Si parlava di Alla breve ‘grande’, ‘piccolo’, ‘pesante’, ‘leggero’, ‘autentico’, ‘suddiviso’, ’effettivo’, di ‘semi-allabreve antico’, di ‘Tempo a cappella’, ‘Tempo maggiore’ ecc. Ulteriore confusione fu causata dal segno ‘2’, usato prevalentemente in Francia, il quale nella maggioranza dei casi indicava un tempo mediamente veloce, ma che non veniva distinto in modo coerente dal ₵. A ciò si aggiungano gli innumerevoli errori di stampa e di trascrizione di cui si lamentano in particolare PRAETORIUS, LOULIÉ, SAINT-LAMBERT, SAMBER e HEINICHEN. Fino a 19° secolo inoltrato, la maggior parte dei trattatisti condivideva l’opinione di KIRNBERGER, BROSSARD e QUANTZ, secondo cui l’Alla breve dovesse essere battuto il doppio più veloce del ‘Quattro ordinario’ (quest’ultimo, il ‘grande’ C barocco - come chiariremo più sotto - era generalmente considerato ‘lento’). Altri autori affermavano, che fosse ‘somewhat faster’. Per JOHANN MATTHESON e JOHANN GOTTFRIED WALTHER Alla breve era sinonimo di ‘molto veloce’
(poiché la semiminima costituisce il suo ‘valore minimo di rilievo’, ossia il valore più rapido che si incontra con maggiore frequenza). Per JOSEPH RIEPL il fatto che venisse eseguito ‘troppo velocemente’ era invece motivo di disappunto. La speciale denominazione verbale ‘Alla breve’ o ‘Alla cappella’ veniva generalmente considerata come indicazione per l’impiego dello stile fugato, o anche come un invito ad assumere un tempo piuttosto scorrevole. Alcuni Maestri non si curavano troppo di un suo impiego regolare (J.S. Bach) o non ne facevano affatto uso (Mozart). In contraddizione con la teoria propugnata dal musicologo tedesco Walter Gerstenberg (1904-1988) e dai suoi scolari intorno al 1950, secondo cui fino ai primi decenni del 19° secolo valesse la legge dell’ integer valor notarum’ (un sistema di durata costante del tactus, da cui risultano varie proporzioni di tempo fra i diversi tipi di battuta) , molti trattatisti del 17° e 18° secolo si espressero sulla questione della battuta Alla breve in termini sorprendentemente flessibili e pragmatici: MICHAEL PRAETORIUS 1619: Nel ₵ si deve osservare ‘ex consideratione Textus et Harmoniae, dove sia meglio assumere una battuta più lenta o più scorrevole’. MARIN MERSENNE 1636: Poichè la battuta ₵ può essere eseguita ‘più veloce o più lenta, decide la velocità colui che dirige il concerto in base al tipo di musica ed al suo contenuto, ossia secondo la sua volontà’ (!) PIER FRANCESCO VALENTINI 1643: Il tactus Alla breve è ‘tal volta adagio, e tal volta presto, e tal volta tra ‘l presto e l’adagio mediocremente, secondo richiedono il stile delle compositioni, e il tal delle parole’. DANIEL FRIDERICI 1649: ‘Nel canto non si deve percepire unicamente un solo tipo di battuta: al contrario, la si dovrà adattare a seconda di come siano le parole del testo. In questo modo si avrà ora un tactus più rapido, ora uno più lento’. JOHANN DAVID HEINICHEN 1728: ‘È cosa logica, che la normale battuta dell’Alla breve si possa più trattenere o più accelerare’. FRIEDRICH WILHELM MARPURG 1763: ‘Poiché nello stile Alla breve esistono diversi gradi di velocità, il movimento sarà più o meno rapido’. Si noti bene, che in tutto il 18° secolo non si troveranno trattati che parlino espressamente di ‘proporzioni di tempo’. Uniche eccezioni: l’artificiale e troppo teorico schema di pulsazione delle quattro ‘categorie di tempo’ descritto da QUANTZ nel suo celebre trattato per flauto e la soluzione piuttosto ingenua proposta da SAINTLAMBERT nel suo Les Principes du Clavecin, che prevede
un’ ‘ottuplicazione’ delle unità di battuta (da C attraverso e ‘2’ fino al 4/8). Nella seconda metà del 18° secolo ‘le pratiche di notazione più antiquate nello stile da chiesa verranno gettate fuori bordo. I compositori della giovane generazione elimineranno la battuta ‘Alla breve’, che era ancora normale nelle fughe degli anni quaranta e cinquanta; a partire circa dal 1770 la maggior parte dei compositori scrive fughe con l’indicazione del ‘grande’ Quattro-quarti [C]’. Nella musica strumentale del periodo galante e classico, la battuta ₵ presenta nuove caratteristiche: sotto l’influsso della musica di danza, acquista uno slancio che si può adattare ai più diversi gradi di velocità (determinati dal valore minimo di notazione e dalla dicitura di tempo). Grazie al fatto di presentare solo un accento forte per battuta, l’ ‘Allabreve’ [sic] mantiene sempre un ampio respiro metrico ed una patina di ‘nobiltà’. b) il ‘grande’ Quattro-quarti (C) – ‘Tempo ordinario’ La ‘battuta intera’ in 4/4 prende il nome di ‘Tempo ordinario’ perché è la matrice dei valori di notazione, così come sono validi ancor oggi: intero, metà, quarto, ottavo ecc. Diversamente dai valori variabili della notazione mensurale: brevis, semibrvis, minima, semiminima, le relazioni aritmetiche fra i valori rimangono inalterate anche in raggruppamenti più piccoli, come 3/4, 2/4, 3/8, 6/8. (Come abbiamo già visto però, il musicista del 18° secolo considerava i ‘tempi’ dei vari tipi di battuta ‘per natura’ diversi fra loro). J. G. WALTHER 1732: ‘Tempo ordinario significa, che tutte le note debbano venire eseguite nel loro valore naturale ed abituale’ - quindi non con valori dimezzati come nel ₵ . Il concetto si riferisce esclusivamente alla battuta C e non è assolutamente sinonimo di ‘tempo giusto’, che è invece il risultato del rapporto tra battuta e valore minimo di notazione (vedi più sopra). L’antico tactus C, detto ‘grande’ Quattro-quarti (che oggi viene confuso spesso col 4/4 del classicismo, che è tutt’altra cosa e di cui parleremo più avanti) viene citato solo da pochi trattatisti, poiché all’epoca era ancora evidentemente molto ovvio. Si legge che valeva la metà del Tactus-Alla-breve e che si usava al posto del più pesante 4/2, senza però indicarne espressamente il tempo (o i tempi) con una dicitura verbale. Anche in assenza di una specifica denominazione di tempo però, il C veniva considerato ‘lento’, ‘molto lento’, ‘molto pesante’ . JOH. BAPTIST. SAMBER 1704: ‘Questo segno (C) indica un canto grave e lento’. Per JOH. DAVID HEINICHEN 1728 si trattava di un ‘tempo IL ‘GIUSTO MOVIMENTO’ | 17
ordinario lento’ da armonizzare in ritmo di crome. RIEPEL 1752 parla di un ‘antico 4/4 o battuta comune con il suo comodo andamento in semiminime’. JOH. GOTTFRIED WALTHER 1732: ‘C; se non ci sono altre indicazioni di tempo va intesa come un Adagio con misura lenta, che gli italiani chiamano tempo ordinario’. DANIEL GOTTLOB TÜRK 1789: ‘Il grande Quattro-quarti possiede una caratteristica di esecuzione robusta, pesante ed un movimento lento’. JOH. PHILIPP KIRNBERGER 1767: ‘La battuta in 4/4 può essere di due tipi. O lo si usa al posto del 4/2 e lo si nomina ‘grande’ quattro-quarti, oppure è il cosiddetto tactus pari normale, anche chiamato ‘piccolo’ quattro-quarti. Il ‘grande’ quattro-quarti ha un movimento ed un carattere assai pesante e si adatta a grandi pezzi sacri, cori e fughe per via della sua espressività. Ottavi e pochi gruppi di sedicesimi sono i suoi valori più brevi. Per distinguerlo dal ‘piccolo’ quattro-quarti bisognerebbe indicarlo con 4/4 anziché con C. Entrambe le misure non hanno nulla in comune, a parte questo segno. Il‘piccolo’ quattro-quarti ha un movimento più vivo. Può contenere tutti i valori fino ai trentaduesimi e lo si impiega in tutti gli stili compositivi’. JOH. ADAM PETER SCHULZ 1794: ‘Il ‘grande’ quattro-quarti’. I suoi valori più rapidi sono gli ottavi, i quali - così come i quarti e le rimanenti note più lunghe - debbono essere suonati sul violino con tutto il peso dell’arco, senza le minime sfumature di piano e forte, eccetto il particolare peso sulla prima nota di ciascuna battuta. Questo stile si presta particolarmente allo splendore espressivo nei pezzi sacri e soprattutto in cori a più voci ed in fughe, data la sua andatura seria e patetica. Alcuni compositori si servono del quattro-mezzi 4/2 invece che di questo tipo di battuta, in cui la gravità dell’esecuzione risulta ulteriormente accresciuta, dato il doppio valore delle note’. FRIEDRICH WILHELM MARPURG 1763 scrive in modo gradevolmente pragmatico (anche se oggi per noi di scarso aiuto): ‘Il giusto valore [del ‘grande’ C] dev’essere appreso nella pratica, poiché il battito del polso è altrettanto poco affidabile, quanto non lo sia il passo d’un uomo’[!] Per i compositori della prima metà del 18° secolo questo tipo di C barocco rappresentava ancora uno standard nello stile da chiesa. Händel usa spesso questa antica misura nei numeri corali dei suoi oratori. Il monumentale esempio qui riportato (Messiah, Nr. 47: ‘Worthy is the Lamb’) mostra chiaramente che le quattro suddivisioni del ‘grande’ C sono quasi egualmente pesanti, in relazione alla struttura metrica | = - - - |, indipendentemente dalle diverse ‘diciture di tempo’ autografe, Largo e Andante:
Dalla ‘pesante’ battuta barocca C, la quale prevedeva financo nell’Allegro un’armonizzazione del ritmo in ottavi e che si conservò nella musica sacra fino alla fine del 18° secolo (Mozart, Requiem KV 626, Kyrie), si distanziò il più brillante ‘piccolo’ quattro-quarti di cui parlava KIRNBERGER più sopra, impiegato essenzialmente nelle arie e nei numeri strumentali solistici ricchi di sedicesimi. Così il ‘piccolo’ C viene descritto anche da JOHANN MATTHESON 1713: ‘C significa, che la misura
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TECNICA
ha quattro suddivisioni e contiene quattro quarti, di cui due sono in battere e due in levare. (| = = v v |) Il suo impiego è frequente in Arie, Allemande, Bourrées ecc. ed ha quasi sempre la medesima velocità, cosicché lo si nomina pure battuta normale’. Nella seguente aria tratta dal ‘Giulio Cesare’ (1724) di Händel si nota chiaramente che la prima metà della misura è considerata ‘pesante’ (‘lunga’), mentre la seconda metà è ‘leggera’ (‘corta’) e funge da ‘levare’ alla successiva misura:
L’Allegro da concerto vivaldiano, sviluppatosi a Venezia nei primi decenni del secolo, possiede un ‘movimento naturale’ veloce. Come il ‘grande’ C della musica sacra, presenta quattro tempi per battuta. Questi risultano dalla combinazione metrica di 2/4 + 2/4 | = V˅ = V | (da non confondersi con la struttura metrica ‘articolata’ del C ‘piccolo’ | = = V V | di cui sopra). Il suo valore minimo costante sono ottavi o sedicesimi ed il ritmo armonico presenta non più di due o tre cambi per battuta. Notare bene nell’esempio seguente (Vivaldi, Concerto in Sol Magg. RV 314) l’entrata del tema ora sul primo, ora sul terzo tempo (+levare): le due parti della misura presentano esattamente lo stesso peso metrico e vengono ancora intese dal compositore come assolutamente equivalenti.
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Questo nuovo stile raggiunge una ‘motoricità’ che toglie al metro del vecchio tempo ordinario C ogni pesantezza: ‘Una musica, di fronte alla cui vitalità l’antico tipo di battuta impallidisce’. Verso la metà del 18° secolo la sinfonia d’opera italiana e l’Allegro galante di QUANTZ e JOHANN CHRISTIAN BACH condurranno il ‘tempo ordinario’ ad una particolare leggerezza e velocità. A partire dagli anni ‘70 viene poi ad imporsi il 4/4 del Classicismo, il quale consta definitivamente di due sole pulsazioni principali per battuta. Presentando una struttura metrica molto particolareggiata e complessa, il nuovo stile classico impone una raffinata gerarchia di accenti principali e secondari nel contesto non solo della singola misura, ma - come ora vedremo - di una o più frasi musicali all’interno della stessa composizione. Dunque, come il C ‘piccolo’, anche questo ‘Tempo ordinario classico’ è costituito dall‘insieme di 2/4+2/4. Come l‘Allegro vivaldiano però, è caratterizzato da un movimento naturale più veloce. Il 4/4 classico presenta inoltre una nuova, particolare struttura metrica: ‘La fusione [di due battute da 2/4] viene attuata indebolendo l‘accento della seconda battuta’ | = V - V | In contrasto con il più pesante C ‘grande’ e col mediamente pesante C ‘piccolo’ vengono dunque così resi possibili: 1. una maggiore differenziazione d‘intensità dei quattro movimenti della battuta; 2. un tempo più scorrevole (grazie alla maggior leggerezza metrica ed armonica); 3. frasi più cantabili ed un legato più plastico (Mozart!). FRIEDRICH WILHELM MARPURG 1776: ‘Per ottenere il vero quattro quarti si esige, che il ritmo [il metro] acquisti una maggiore ampiezza di respiro rispetto al due quarti’. In particolare poi, si assiste al fenomeno squisitamente ‘classico’ dei gruppi di battute articolate in frasi ed in periodi, descritto ancora nel 1824 dal teorico tedesco GOTTFRIED WEBER: ‘Nella nostra grafia musicale è uso considerare che la battuta inizi con un movimento pesante. Così in ogni battuta di due tempi ad un tempo pesante ne succede uno leggero | = ˅V |, mentre nella battuta di tre tempi ad un movimento pesante ne succedono due leggeri | = V V | . Questo non significa però, che ogni tempo pesante debba essere eseguito veramente più forte o con un accento; è più un fatto di peso ‘interno’, il quale motiva con naturalezza il senso ritmico di ogni tempo pesante. Allo stesso modo anche le suddivisioni più piccole saranno differenziate fra loro a seconda del loro peso ‘interno’ nel contesto della battuta. Esiste però anche una simmetria ‘superiore’. Come la battuta consta di due o tre movimenti, così due o tre battute costituiscono le parti di un ritmo più ampio e più ritmi di questo tipo originano le parti di gruppi ancora maggiori. All‘interno di queste gerarchie ritmiche superiori, le battute si distinguono fra loro a seconda del loro maggiore o minore
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TECNICA
peso interno, allo stesso modo dei movimenti della battuta stessa: le battute pesanti si distingueranno da quelle leggere, così come avviene fra i movimenti più pesanti e quelli più leggeri all‘interno della battuta’. c) Le battute dispari Nel 18° secolo - diversamente da oggigiorno - era un dato di fatto, che - pur con la stessa dicitura di tempo - il movimento delle battute dispari fosse più veloce che nelle battute di tipo pari. ALEXANDER MALCOM 1721: ’The Movements of the same Name, as Adagio or Allegro, &c. are swifter in triple than in common Time’. JOHN HOLDEN 1770: ‘Common time is naturally more grave and solemn; triple time, more cheerful and airy. And for this reason, it is generally agreed, that every mood of triple time ought to be performed something quicker, than the correspondent mood of common time’. Una vera e propria spiegazione per questa differenza di tempo fra battute di tipo pari e dispari non è fornita da nessun trattatista; neppure da Mattheson, Quantz, C. Ph. E. Bach, Marpurg, Riepel, i due Rousseau, Leopold Mozart, Scheibe, Kirnberger, Türk e Koch, i quali sicuramente la consideravano ancora cosa ovvia e naturale. Un’importante indicazione a questo proposito viene però fornita da SCHULZ 1774: ‘Proprio in virtù dell’incedere tripartito <gedritte Fortschreitung> dei suoi accenti forti, la battuta dispari presenta una maggiore vitalità in ogni sorta di espressione e quindi si presta molto meglio che la battuta pari per gli stati d’animo vivaci’. ‘Incedere tripartito’ – questa particolare formulazione potrebbe fornirci un indizio riguardante l’essenza naturale delle battute di tipo dispari! La musica vivacemente accentuata dei giullari potrebbe aver agevolato non solo l’’Alla breve’, ma anche le battute ternarie, a liberarsi dall’intellettualistico sistema di proporzioni del passato. L’ ‘incedere tripartito’ si trasferisce alle composizioni di rango più elevato: con battute di tipo dispari vengono composte Ciaccone, Passacaglie, Gagliarde, Correnti ecc.; le antiche danze in due tempi lenti sfociano per regola in una battuta in tre veloce. Infine il Minuetto (dapprincipio suonato e danzato in tempo sorprendentemente mosso) conquista le corti europee e diviene l’esempio classico del tempo in 3/4 ‘per eccellenza’. Riguardo alla varietà dei tempi in tre, riportiamo la seguente testimonianza del tardo Seicento: GIACOMO CARISSIMI 1689 (attribuzione incerta): ‘Esistono non poche persone, che fanno uso di un’unica misura in ogni genere di tripla senza alcuna distinzione ed affermano, che la grande varietà di indicazioni numeriche sia stata ideata dai compositori solamente per tormentare i musicisti, ma sbagliano grandemente […] Basti osservare ed ascoltare la
grande differenza delle triple in Correnti, Sarabande, Minuetti, Gighe e simili; non saranno necessarie ulteriori prove’. I diversi tipi di danze determinano il movimento delle battute in 3/2, 3/4, e 3/8 tramite la loro successione di passi e il loro differente ‘affetto’ caratteristico. La tendenza della battuta in tre mantiene l’intrinseca concezione metrica ‘in uno’, ma il rapporto con l’azione fisica della danza libera la pulsazione ritmica dalla costrizione matematica. GEORG MUFFAT 1695: ‘In 3/2 la battuta vuol essere assai trattenuta, in 3/4 invece è più vivace, ma in Sarabande e in ‘Airs’ sarà tuttavia un po’ più lenta; in Minuetti, Correnti ed altro bisognerà dare un tempo molto fresco’. I trattatisti definiscono un non quantificato aumento di velocità da 3/1 a 3/2, 3/4 e 3/8. Uno dei motivi di questo fenomeno potrebbe essere l’idea di una crescente velocità di movimento, sempre in costante riferimento al valore minimo di notazione contenuto nel pezzo. GOTTFRIED WILHELM FINK 1809 spiega ‘a posteriori’ questo dato di fatto da un’ottica decisamente conservativa: ‘Noi eseguiamo gli ottavi il doppio più veloci dei quarti e questi ultimi allo stesso modo più veloci delle metà e così via. Quest’ ordine di valori è naturalmente radicato in noi, cosicché un Allegro in 3/8 avrà una natura più veloce che lo stesso in 3/4 ossia uno in 3/2 e così via. Più il valore-base di notazione è grande, più noi avvertiremo qualcosa, che ci costringe a rallentare, anche se come dicitura di tempo ci fosse un Presto. L’incoerenza della denominazione dei valori delle note: quarti, ottavi ecc. contro la battuta [in tre tempi], si dimostra qui in tutta la sua evidenza’. Esaminando la musica del 19° secolo, si potrà facilmente constatare il seguente fenomeno: i vari generi di battuta che prima avevano avuto caratteri e tempi differenti, vengono sempre più livellati in unità di misura aritmeticamente unitarie, prive di influsso sulla velocità del tempo e sullo stile d’esecuzione. Sotto l’influsso di BERLIOZ e WAGNER, nel cambio di tempo tra binario e ternario verrà infine ad imporsi la regola: ‘L’istesso tempo’ (semiminima del tempo binario=semiminima del tempo ternario e viceversa). HEINRICH CHRISTOPH KOCH 1802 considerava questo procedimento livellante ancora non come una regola, ma come un’eccezione: ‘L’ istesso tempo, vale a dire: la misura cronometrica vera e propria. Questa Indicazione viene adoperata laddove la misura cambia: ad es. qualora un quattro-quarti venga seguito da un due- o un tre-quarti, dove però i quarti debbano susseguirsi inalterati rispetto al tempo precedente’.
Georg Friedrich Haendel
Wolfgang Amadeus Mozart
IL ‘GIUSTO MOVIMENTO’ | 21
Storia
Il codice DCCLVII1 fa parte della collezione di manoscritti risalenti al XV secolo posseduti dalla Biblioteca Capitolare di Verona. Come gli altri manoscritti della collezione, anche DCCLVII solleva molti interrogativi, più di quanti ai quali attualmente possiamo dare risposta; innanzitutto si hanno poche ipotesi concrete su dove, quando e perché è stato copiato. Le prime analisi sulla filigrana, fecero supporre tuttavia che il manoscritto in questione fosse stato compilato a Verona circa agli inizi del 1500 sebbene non si sapesse quando fosse arrivato in Biblioteca Capitolare.
L’Enigma del manoscritto DCCLVII della biblioteca capitolare di Verona DI MAURIZIO SACQUEGNA MAURIZIO SACQUEGNA Dottore
di
Musicologia,
ricerca
in
insegnante
e
Direttore di Coro veronese, è
attualmente
docente
di Storia della Musica e Tecnologie Musicali presso il Liceo Coreutico Buonarroti e il Liceo Musicale Campostrini di Verona, dei seminari di Retorica e Paleografia Musicale Rinascimentale presso l’Accademia per Direttori di Coro P. Righele. Direttore artistico di diverse formazioni corali, è fondatore e direttore artistico rispettivamente delle sez. Maschile e Femminile del Gruppo Vocale Novecento di San Bonifacio (VR) e dal 2012 è tra i fondatori e componenti del sestetto virile EsaConsort. Dal 2015 è consulente artistico per la consulta provinciale ASAC di Verona e dal 2018 fa parte della Commissione Artistica regionale dell’ASAC Veneto. Oltre all’intensa attività concertistica è vincitore, alla testa del Gruppo Vocale Novecento, di diversi premi a concorsi nazionali ed internazionali di canto corale. È impegnato nella pubblicazione di edizioni moderne di musica rinascimentale ed altre pubblicazioni scientifiche.
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STORIA
Il manoscritto DCCLVII si presenta piccolo e ben copiato (misura 217 per 325 mm), sono assenti iniziali, decorazioni, o altri segni distintivi di proprietà. Gli unici segni di testo scritto si riducono a pochi schemi illustranti brevemente i rudimenti della musica (cc. 59 e 68), e una pagina singola (c. 60) contenente quelli che sembrano essere gli esercizi ad intervalli. Questa antologia è stata copiata presumibilmente da uno scriba professionista il quale, secondo una nota posta a fine del manoscritto, a 67 v., fu pagato in natura il 17 ottobre di un anno, purtroppo, non riportato.2 Un attento studio del manoscritto in situ tuttavia mostrò chiaramente i segni che la musica fu accuratamente corretta e, in parte, rivista da una seconda mano, probabilmente in un periodo posteriore. Le sessantacinque composizioni contenute in DCCLVII non hanno né il testo né incipit del testo, in sporadici casi vi è l’attribuzione ad un dato compositore.3 Le concordanze, tuttavia, rivelano che quasi tutte le composizioni sono pezzi o secolari o estratti di brani sacri di una specie che spesso ha fatto strada in manoscritti prevalentemente secolari.4 il repertorio incluso in DCCLVII è molto simile a quello dell’Odhecaton di Petrucci5 e dei numerosi chansonniers compilati in gran numero in Italia e nel Nord Europa negli ultimi decenni del XV secolo. Tra gli autori riconosciuti in quaranta composizioni su sessantacinque totali, vi
sono: Herich Isaac (1450 ca. 1517) in sei composizioni, Jacob Obrecht (1457/58 -1505) in due composizioni, Johannes Tictoris (1435 ca. - 1511), Josquin Desprez (1450 ca. - 1521) in due composizioni, Alexander Agricola (1457 ca. - 1506) in sette composizioni, Johannes Martini (1440 ca. - 1497/98) in sei composizioni, Loyset Compére (1440/45 ca. - 1518) in due composizioni, Johannes Touront (1450 ca. - 1480 ca.), Firminus Caron (1430/40 ca. - 1475 ca. ) in tre composizioni, Petrus Congiet (1480 ca. ), Jean Japart (1474 – 1507) in due composizioni, Hayne von Gizeghem (1445 ca. - dal 1476 al 1497), Antoine Busnois (1430 – 1492) in due composizioni, Walter Frye (?? - 1474 ca.), Enrique Urrede (?? - 1488), Gaspar van Weerbeke (1445 ca. - dopo 1516), Robert Morton (1430 – 1479) e Johannes Regis (1425 ca. - 1496 ca.). Costoro sono tutti compositori e cantori franco fiamminghi i quali, come è noto, ebbero grande fortuna in Italia tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500. Il fatto che le loro musiche furono riportate in DCCLVII è un’ ulteriore prova di come queste fossero ‘di moda’ anche nella Verona del primo ‘500. Risulta tuttavia difficile capire come questo manoscritto poteva essere utilizzato in connessione con servizi in una cattedrale. Secondo alcune ipotesi, il manoscritto potrebbe essere stato di proprietà di qualcuno collegato con la cattedrale, un canonico, magari, con un gusto per la musica; nel qual caso avrebbe funzionato come qualsiasi altra antologia di musica profana del XV o dell’inizio del XVI secolo. Il fatto che il manoscritto non presenti testo solleva diverse questioni: era destinato a sole esecuzioni strumentali? I brani copiati in DCCLVII e ai quali è stata attribuita la paternità sono di diversa genesi: alcuni nascono come musiche vocali, altri invece erano composizioni strumentali già all’origine. Considerando ciò non vi è alcuna prova che veda le parti musicali modificate in modo da essere eseguite esclusivamente da strumenti (come invece accade chiaramente in: Roma, Biblioteca Casanatense, MS 2856) anche se, come noto, la letteratura musicale per voce e per strumento, fino all’affermarsi di una letteratura specifica per strumento dal tardo XVI secolo e, ancor più, dall’inizio dell’epoca barocca, mostrava spesso caratteristiche simili e corrispondenti alle peculiarità delle linee vocali le quali, successivamente, potevano essere diminuite a piacere dagli strumentisti più abili. Di ciò è prova il fatto che
Biblioteca Capitolare di Verona
molto spesso in quest’epoca le stesse parti vocali erano raddoppiate se non addirittura sostituite da strumenti melodici come cornetti, lisarde, bombarde, serpentoni, dulciane etc. Qual’era infine la funzione di DCCLVII? Le musiche in esso contenute erano effettivamente musiche vocali ricopiate senza testo poiché vi era l’esigenza di udirle solo suonate? E in questo caso, per quali occasioni? Fu compilato solo come un campionario esemplare di musiche che andavano per la maggiore in quel periodo e in quel luogo? O fu un vero e proprio manoscritto d’uso destinato ad uno o più organici? Le questioni sono evidenti, le risposte molto meno.6 Oltre alla destinazione del manoscritto, molto interessante ed enigmatica risulta la questione delle musiche per le quali gli opportuni confronti non sono riusciti a trovare la paternità; ben venticinque composizioni. È possibile che le composizioni anonime siano degli stessi autori riconosciuti e riportati in precedenza; se così fosse, non essendoci riscontri in altri manoscritti o stampe dell’epoca, DCCLVII sarebbe l’unico testimone fino ad ora rinvenuto di queste musiche, ma non essendoci in esso indicazioni specifiche il dubbio rimarrebbe e ci si dovrebbe basare solo su un’analisi stilistica la quale, in ogni caso, non potrebbe rispondere in maniera esaustiva a questo fondamentale quesito. Un’altra ipotesi è che le composizioni anonime possano essere di musicisti locali che abbiano provato ad imitare il complesso stile fiammingo; se così fosse, potrebbe essere validata la tesi secondo la quale il manoscritto potesse essere un mero quaderno di ricopiatura ed esercizi di contrappunto. In virtù di quanto sostenuto, può risultare interessante STORIA | 23
vi era l'esigenza di udirle solo suonate? E in questo
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riportare di seguito la trascrizione musicale di una di queste composizioni anonime, contenuta a c. 15v., secondo ltare interessante riportare la trascrizione i seguenti criterididiseguito edizione: 1) Non essendo presente nel manoscritto me, contenuta a c. 15v., secondo i seguenti criteri dila denominazione delle voci, nella trascrizione sono stati usati i termini generici «Voce 1, Voce 2 e Voce 3». enominazione2) delle voci, nellanote trascrizione I valori delle e delle sono pausestati sono dimezzati per rispettare il segno di diminutum posto nell’indicazione di 3». tactus e, inoltre, per agevolare una lettura corretta delle mezzati perpartiture rispettareanche il segno diminutumcorali postoe strumentali che dalledicompagini olare una lettura corretta delle partiture anche non hanno esperienza in questo tipodalle di repertorio; 3) Le chiavi originali figurano all’inizio di ciascuna perienza in questo tipo dimusicali repertorio; nella trascrizione trascrizionevengono vengono impiegate le o di ciascunacomposizione, composizione, nella moderne chiavi di violino, violino-ottavizzata e basso, ottavizzata e basso, corrispondenti alle estensioni delle corrispondenti alle estensioni delle singole voci; 4) Le indicazioni di tempo utilizzate nella trascrizione sono izione sono «₵» per di tactus originaria di perl'indicazione l’indicazione di tactus originaria di Tempus – diminutum.imperfectum cum prolatione imperfecta – diminutum. 5) Le barre di battuta sono collocate nei singoli pentagrammi di ogni voce ma non tra i pentagrammi; pentagrammi di ogni voce ma non tra i pentagrammi; in a sono state inserite le legature di valore; virtù del posizionamento delle barre di battuta sono state ndicate in trascrizione una legatura quadrata posta inserite le con legature di valore; 6) Le ligaturae presenti nelle fonti sono state indicate in trascrizione con una legatura quadrata posta sopra le note. are, MS DCCLVII, pp. V – VI. 7) I segni di alterazione presenti nei testimoni sono riportati integralmente e posti davanti alle rispettive note; le alterazioni proposte (musica ficta) figurano sopra le note interessate.7
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STORIA
NOTE 1. RISM B/IV: 5,562-65. = VerBC757 = ms DCCLVII, Biblioteca Capitolare di Verona e SPAGNOLO, I manoscritti della Biblioteca Capitolare di Verona. 2. La presumibile note di pagamento riporta quanto segue: A li 17 otobris / Fazoli 3 cum una peza / drapis 2 camise 2 con un zupon. 3. Se si escludono quelle segnate a matita da Giulio Cattin nella seconda metà del XX secolo. 4. Le concordanze sono riscontrabili in: ADLER e KOLLER, Sechs Trienter Codices…I. Auswahl; BROWN, A Florentine Chansonnier from the Time of Lorenzo the Magnificent; CATTIN, ed, Italian Laude and Latin in MS Capetown, Grey 3.b.12; EVANS, ed, Johannes Martini, The Secular Works; HEWITT, ed, Harmonice Musices Odhecaton; HUDSON, Hayne van Ghizeghem, Opera Omnia; KENNEY, Walter Frye, Opera Omnia; LERNER, Alexander Agricola, Opera Omnia; LERNER, Heinrich Isaac, Opera Omnia; WOLF, ed, Heinrich Isaac, Weltilche Werke. 5. PETRUCCI, Harmonice Musices Odechaton A.. 6. BROWN, Introduction, in: Verona, Biblioteca Capitolare, MS DCCLVII, pp. V – VI. 7. Le alterazioni non sono state proposte nelle sensibili precedenti le cadenze poiché il periodo di composizione dell’opera risulta lontano dalla propensione alla tensione verso la tonalità che si ebbe invece nella seconda metà del XVI secolo. Sono state invece inserite laddove l’ambito delle consonanze o il disegno imitativo delle voci lo suggerissero o lo imponessero e per evitare tritoni laddove non concessi dalle regole del contrappunto. Sul problema della musica ficta si veda: cfr. APEL, Die Notation; BENT, Diatonic ficta; BENT, Accidentals; BERGER, Musica Ficta; HAYDON, The Case.
STORIA | 25
TERZO CONCORSO INTERNAZIONALE DI COMPOSIZIONE PER CORI DI VOCI BIANCHE CORINFESTA
THIRD INTERNATIONAL COMPETITION FOR CHILDREN’S CHOIR COMPOSITION CORINFESTA
Pubblichiamo di seguito gli spartiti dei brani secondi e terzi classificati nelle categorie Sezione A: Didattico – pedagogica: verso la Polifonia Sezione B: Artistica: a più voci, una scuola di vita
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TORNADO Testo e Musica: Filippo M. Magi
per Coro di Voci Bianche SA e Pianoforte Presto, al riparo! (q = 180)
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REPERTORIO
A.E.R.CO. | CORINFESTA - III Concorso Internazionale di composizione per Cori di Voci Bianche - 2019 SEZIONE A – Didattico-pedagogica: verso la Polifonia | 3^ classificato
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[2] Tutte le note del brano con la testa a forma di croce (x) vanno eseguite con VOCE PARLATA. L'altezza segnata sul pentagramma discende esclusivamente da ragioni di chiarezza impaginativa e non è pertanto da considerarsi indicativa. TORNADO - per Coro di Voci Bianche SA e Pianoforte © 2019 Filippo M. Magi - filippomaria.magi@gmail.com - Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione e la diffusione non autorizzata.
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A.E.R.CO. | CORINFESTA - III Concorso Internazionale di composizione per Cori di Voci Bianche - 2019 SEZIONE A – Didattico-pedagogica: verso la Polifonia | 3^ classificato
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TORNADO - per Coro di Voci Bianche SA e Pianoforte © 2019 Filippo M. Magi - filippomaria.magi@gmail.com - Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione e la diffusione non autorizzata.
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REPERTORIO
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[miss. 37 - 44: i cantori si guardano attorno e fra loro con aria meravigliata e mimano la sorpresa con i gesti e il viso]
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[miss. 45 - 52: si cantori sono invitati a teatralizzare il testo con posture, sguardi, gesti ed espressioni]
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intenso
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62
già ri - tor-na, ri-bal-ta e ra - pi - sce
[4] Eseguire con evidenza il prolungamento di durata dovuto al punto coronato.
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42 |
REPERTORIO
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[come spaventati, con le mani nei capelli]
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TORNADO - per Coro di Voci Bianche SA e Pianoforte © 2019 Filippo M. Magi - filippomaria.magi@gmail.com - Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione e la diffusione non autorizzata.
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TORNADO - per Coro di Voci Bianche SA e Pianoforte © 2019 Filippo M. Magi - filippomaria.magi@gmail.com - Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione e la diffusione non autorizzata.
44 |
REPERTORIO
a Cecilia Testo di Luciano Daldoss
Nane fagòt per coro voci bianche SSA, pianoforte (wind chimes ad libitum) Paolo Orlandi
Tempo di ninna nanna (e = 106)
Soprano
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CORINFESTA | 45
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Commento
Mi chiamo Carolina Aimi, ho 28 anni e canto in coro da più di 10 ormai, prima nel coro del Liceo G.D. Romagnosi, poi nel coro Quod Libet, infine nell’ensemble Cor de’ Vocali. La grande costante della mia vita corale è il Maestro Leonardo Morini, con cui ho il piacere di dialogare oggi.
Dialogo tra una corista e un maestro Intervista al m° Leonardo Morini DI CAROLINA AIMI
LEONARDO MORINI
Ha conseguito il diploma di organo e composizione organistica al Conservatorio A. Boito di Parma; svolge attività concertistica, didattica e come compositore. Ha collaborato con numerose orchestre e gruppi musicali. È stato clavicembalista degli Orfei farnesiani con i quali ha inciso vari CD per Tactus (incisioni che hanno avuto lusinghiere recensioni sulle importanti riviste specializzate italiane e straniere) e con cui svolge attività concertistica in Italia e all’estero. Dal 1994 dirige il Coro del Liceo scientifico Ulivi, dal 2003 il Coro del Liceo Classico Romagnosi (col quale ha vinto il 17° Concorso Nazionale per Cori Scolastici di Verona), dal 2010 il Coro del Liceo Marconi e dal 1994 il coro Quod Libet, con cui ha vinto un concorso nazionale. Dal 2014 dirige i Cor De’ Vocali che hanno raccolto l’eredità del coro Quod Libet. Svolge attività come compositore. Alcune sue canzoni sono state premiate in diversi concorsi nazionali.
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COMMENTO
Leonardo ‘Leo’ Morini, diplomato in organo e composizione organistica al Conservatorio A. Boito di Parma, è una figura poliedrica che ha costruito la propria carriera musicale con esperienze diverse, dalla musica da camera alla direzione corale, dalla composizione di musical all’insegnamento scolastico. Per noi del Cor de’ Vocali è il cuore e il fulcro di ogni esperienza musicale. Dunque, Leo, ormai sei un’istituzione per i cori scolastici. Come hai cominciato? Era un tuo progetto fin dall’inizio o è stato un caso fortuito? Ho sempre amato cantare in coro, ma nella mia mente non si era mai affacciata l’idea di trovarmi dall’altra parte della barricata e ancora più lontana era l’idea di potermi trovare a capo di una compagine scolastica. Come spesso avviene la tua vita può prendere direzioni che non avevi previsto né progettato. Basta un caso, un piccolo episodio per cambiare il corso degli eventi e lo scenario che avevi immaginato per te. La mia esperienza come direttore di cori giovanili è iniziata nel 1994 assieme ad un piccolo gruppo di studenti del Liceo scientifico ‘Ulivi’ di Parma, riunitisi per realizzare una colonna sonora ad uno spettacolo teatrale su ‘Fra Salimbene’. L’esperienza piacque talmente ai ragazzi che si decise di proseguire come coro autonomo. Erano gli anni che preludevano all’autonomia scolastica e presto si sarebbe introdotto il P.O.F nel curricolo scolastico, di cui l’attività di Canto Corale entrò a far parte. Il nascituro coro del Liceo ‘Ulivi’ segnò l’inizio della diffusione della coralità
nell’ambito dei Licei della città. Di anno in anno nacquero varie formazioni corali di studenti sotto la mia guida, e così a tutt’oggi mi trovo a dirigere cinque cori scolastici. Non avrei mai pensato che questa attività avrebbe assorbito la maggior parte della mia carriera e mi avrebbe regalato così tanto a livello musicale ed umano. Dai cori scolastici al Cor de’ Vocali. Come è nata l’idea? L’idea di una formazione giovanile post scolastica, che potesse dare una continuità a decine e decine di ragazze e ragazzi, costretti ad interrompere l’esperienza del coro dopo la maturità, stava lentamente maturando nella mia mente ma la sua realizzazione, ancora una volta, avvenne in modo fortuito tramite un’esperienza teatrale, che raccolse un piccolo gruppo di coristi provenienti da diversi Licei. Anche in questo caso, insieme ai ragazzi, ci trovammo d’accordo a proseguire, a dare un nome, una forma ed una continuità ad un gruppo che poi sarebbe diventato un coro retto da una vera e propria associazione. Oggi il Cor de’ Vocali è formato da una trentina di giovani ed è una bellissima realtà radicata nel territorio. In questi anni abbiamo avuto tante soddisfazioni, tra concerti, festival, un secondo posto di categoria al concorso Coramare di Sestri Levante ed un recentissimo EP con i nostri brani più rappresentativi. Quando hai cominciato a lavorare con noi hai cambiato in qualche modo il tuo approccio? Ci sono differenze negli arrangiamenti che fai per noi e per gli altri cori? Il Cor de’ Vocali costituisce la tappa di un percorso iniziato nei cori scolastici, che prevede la formazione del corista negli aspetti tecnico-musicali, espressivi e in quelli riguardanti la sfera etico-sociale della partecipazione collettiva. Un gruppo scolastico che frequenta un laboratorio corale affronta, dalle basi, esercizi di vocalità, di respirazione, di sviluppo dell’orecchio e si trova per la prima volta a dover superare le difficoltà che presenta la polifonia. Non bisogna dimenticare, inoltre, che gli ensemble scolastici sono molto eterogenei anagraficamente e quindi, di natura, disomogenei come preparazione dei singoli, a causa dell’avvicendamento nell’iter curricolare. La scelta dei brani e degli arrangiamenti deve essere necessariamente modulata tenendo presente questi fattori.
Occorre avvicinare i ragazzi al linguaggio corale attraverso un repertorio vicino alla loro sensibilità, con qualche prudente incursione nel genere classico. Nel caso del Cor de’ Vocali ho di fronte un coro omogeneo come preparazione, già tecnicamente strutturato e con una sensibilità musicale matura ed aperta, pronta ad allargare i propri gusti. Questo mi permette di osare maggiormente nella scelta del repertorio e nella difficoltà degli arrangiamenti. C’è un modo specifico e unico in cui il nostro coro ti ha ispirato nel tuo modo di fare musica? Ho cominciato ad amare la polifonia da quando ho mosso i primi timidi passi in Conservatorio, da quando la mia voce intonava per la prima volta le eleganti linee di Palestrina o quando le mie mani cominciavano a scoprire i possenti contrappunti bachiani. La musica, la polifonia in particolare, ha cambiato la mia vita ed è come se l’aver appreso tutti i segreti di questa arte mi avesse permesso di entrare in possesso di una sapienza iniziatica. Cominciai a maturare il desiderio di farla conoscere tra i giovani, di farne scoprire la bellezza, di far capire loro quanto sia emozionante sentire la propria voce muoversi in armonia con altre voci, di quanto nella polifonia il tutto condizioni il particolare e il particolare condizioni il tutto. La polifonia è la rappresentazione della realtà. La mia sfida è stata quella di far conoscere questo linguaggio ai giovani attraverso la musica che è più vicina a loro come sensibilità. Da qui la scelta di arrangiare brani di musica pop o rock con una forte presenza del contrappunto, come fossero mottetti di Palestrina. Questa esperienza,
INTERVISTA A LEONARDO MORINI | 65
‘Mi piace pensare all’attività corale come al corso delle stagioni, c’è il momento di chiudersi in casa a riflettere e il momento di uscire per godere della primavera che porterà cose nuove ed inattese; tenere aperta la mente, tenere aperto il cassetto’
maturata negli anni nei cori delle scuole, si è rafforzata fino a diventare la cifra del Cor de’ vocali, ben espressa nel titolo del nostro progetto discografico, ‘Poplifonia’, recentemente prodotto. Prima di parlare di qualche progetto nello specifico: ti aspettavi tutto quello che abbiamo fatto finora? Era nei tuoi programmi? Sono sempre stato convinto che volere è potere. Non ci sono limiti agli obbiettivi che ci si prefigge se si lavora giorno per giorno con pazienza ed amore. Mi sono sempre paragonato ad un contadino che semina il proprio campo. Il contadino attende il frutto del suo lavoro con intima gioia perché sa che il terreno che ha seminato e coltivato con umiltà, tanta pazienza e tanto amore un giorno darà i suoi meravigliosi frutti di cui tutti potranno godere. Un buon direttore deve coltivare il suo coro, alimentarlo senza risparmiarsi, dare fiducia, incoraggiare, responsabilizzare. Il destino e i risultati di un coro sono scritti nelle mani del suo direttore. Qual è il traguardo per cui ti senti più orgoglioso? Raccontami. Ci sono tanti traguardi di cui sono orgoglioso. Uno su tutti è l’essere riuscito a contagiare con il coro, la musica, intere generazioni di ragazzi che rappresentano il futuro dell’umanità. Durante la mia carriera di direttore ho conosciuto decine di alunni alle prese con difficoltà nell’inserirsi nell’ambiente scolastico, mancanza di fiducia in sé stessi, problemi di rendimento nello studio. Il coro ha rappresentato per loro una famiglia in cui poter essere sé stessi, in cui potersi esprimere senza la paura del giudizio, in cui ritrovare la fiducia e la serenità nello studio. Ho visto ragazzi ritrovarsi e rinascere. Non ci può essere traguardo più bello. Del valore didattico della musica si è detto molto, e certo i cori scolastici giocano un ruolo importante per la formazione dei giovani. Pensi che questo sia vero anche per un coro come il nostro? Come vedi il rapporto tra cori scolastici e Cor de’ Vocali in questo senso? Come dicevo prima, nei laboratori corali entrano in gioco non pochi elementi educativi che rappresentano un ruolo chiave nella formazione di un giovane studente. Sull’utilità della musica nella scuola non ci sono dubbi e il coro rappresenta il modo più spontaneo e facile per avvicinarla e viverla in prima persona. Nel coro il sapere e la cultura si fanno sangue, nervi ed ossa. Lo studente impara ad ascoltare e a controllare i propri mezzi espressivi, impara il valore di mettere il proprio contributo al servizio altrui. Nella vita non si è mai finito di imparare, la vita è una continua ricerca della verità, della perfezione oltre l’esperienza scolastica. Il Cor de’ Vocali rappresenta una continuità in questo senso. Insieme siamo alla ricerca, percorriamo una strada che non sappiamo ancora dove ci porterà ma che intanto ci fa vivere l’avventura dello studiare insieme, del crescere insieme, del gustare i nostri progressi, del gioire dei piccoli o grandi successi. Io stesso sto imparando insieme a voi e da voi. Per concludere: hai un sogno nel cassetto, per quanto riguarda il nostro coro? Cosa ti piacerebbe realizzare? Avere sogni nel cassetto significa porsi dei limiti. Una volta aperto il cassetto e vissuto il tuo sogno lo dovrai richiudere. Io preferisco tenerlo aperto, e deporre i miei sogni sulla scrivania, riempirlo e vuotarlo e di nuovo riempirlo... Mi piace pensare alla nostra attività corale come al corso delle stagioni, c’è il momento di chiudersi in casa per riflettere e il momento di uscire per godere della primavera che porterà cose nuove ed inattese, per vivere nuovi progetti. Tenere aperta la mente, tenere aperto il cassetto. Ma ora mi piacerebbe capovolgere questa intervista. Ti farò io delle domande.
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COMMENTO
Carol tu sei una delle mie coriste più anziane. Come hai vissuto il passaggio dal coro del Liceo “Romagnosi” al Cor de’ Vocali? Quali sono le differenze che avverti tra le due realtà? Si è trattato di un passaggio ‘mediato’ da qualche anno nel coro Quod Libet, quindi tra un’esperienza e l’altra ho avuto tempo e modo di maturare, di crescere come corista. Di sicuro sono arrivata più consapevole di quale fosse il mio posto in un coro, non più intimorita come quando al Romagnosi mi ritiravo nell’ultimo angolino dei soprani. Quando ero a scuola ero terribilmente insicura, sia dal punto di vista personale che da quello musicale: ho dovuto aspettare che fossero altri a fare amicizia con me, mi sentivo costantemente inadeguata. Credo che il Cor de’ Vocali abbia rappresentato per me l’esperienza di condivisione e amicizia che la mia timidezza mi ha impedito di vivere a scuola. La sicurezza data dall’esperienza e dall’età mi ha permesso di affrontare la nuova avventura corale in modo molto più attivo e propositivo, ho avuto finalmente la sensazione di poter contribuire anche con idee e lavoro, tant’è che poi sono entrata anche nel Consiglio dell’Associazione. Io per te sono sempre il maestro ‘Leo’, ma hai notato in me un diverso modo di gestire le realtà corali scolastiche e il Cor de’ Vocali? In un primo momento no. Per molti aspetti sei sempre lo stesso maestro, lo stesso amico. Fai le stesse battutacce e gli stessi discorsi infiammati. Vai a scovare gli stessi minuscoli dettagli da cesellare e tralasci le stesse questioni più superficiali (la coreografia è destra-sinistra o sinistradestra? La cambieremo ogni volta). Però, complice anche la maggior confidenza acquisita negli anni, nel Cor de’ Vocali ho visto molti altri lati della tua figura professionale e umana. A noi parli meno da insegnante e più da amico, eppure ci chiedi molto di più. I brani sono più complessi, i ritmi più serrati, le istanze personali tendono ad avere più peso in un gruppo più ristretto e più adulto. E’ un equilibrio difficile e vedo che ti muovi in modo diverso, forse improvvisando tu stesso a seconda della situazione che ti trovi davanti. Di certo non siamo sempre stati un gruppo facile da guidare e ti ho visto affrontare anche decisioni difficili, per quanto sempre guidato dallo stesso spirito ardente. Il Cor de’ Vocali corrisponde ad un modello ideale di coro giovanile? Pensi che ci siano aspetti che potremmo migliorare? Te lo aspettavi così? Devo ammettere che non mi aspettavo nulla del genere: questa esperienza mi sta insegnando molto anche su me stessa, oltre che sulla mia voce. Inizialmente mi aspettavo
una replica di un coro scolastico, più ristretta e più motivata, ma non molto di più. In un primo momento forse è stato davvero così. Con gli anni, però, è diventata un’esperienza totalizzante. Sembra retorico affermare che siamo diventati una famiglia, ma mi sembra un paragone calzante: non sempre andiamo d’accordo, forse a volte ci sentiamo ‘costretti’ alla convivenza, eppure siamo consapevoli di dipendere gli uni dagli altri e alla fine amiamo collaborare per un unico obiettivo. Credo che la cosa più difficile per tutti, per quanto fondamentale per un coro, sia l’ascolto reciproco. In un coro scolastico ti senti una gocciolina nel mare, mentre con te abbiamo intrapreso un percorso di studio personale… Abbiamo scoperto la nostra voce, ma a volte è difficile lasciare che si amalgami di nuovo in un insieme. Tornare gruppo è molto più difficile di quanto sembri, ma imparare ad ascoltare gli altri prima che se stessi è una anche un dono prezioso che l’esperienza corale ci fa.
Tu che hai anche cantato in un coro di adulti, quali sono gli aspetti che lo differenziano da un coro giovanile? Sono d’accordo con te quando dici che è lo spirito del direttore a influenzare il carattere di un coro, quindi in un certo senso non ho trovato grande differenza tra il Quod Libet e il Cor de’ Vocali, considerando che sono sempre stata diretta da te. La convivialità e l’atteggiamento scherzoso con cui si affronta lo studio serio sono gli stessi. In un coro di adulti però mi sentivo sempre quella ‘piccolina’, tendevo a starmene in un angolino e cercavo di osservare e imparare dagli altri, soprattutto le dinamiche interne al gruppo. Nel Cor de’ Vocali mi sono ritrovata ‘veterana’ e quindi, pur avendo tantissimo ancora da imparare, ho trovato molto più coraggio di mettermi in gioco e contribuire alla vita del coro prima e dell’associazione poi. Credo che in generale questo coro abbia caratteristiche di dinamismo, un certo essere vulcanico e in continuo divenire che lo distaccano nettamente dalle altre esperienze che ho avuto. Non si
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Cor de’ vocali
‘Un buon direttore deve coltivare il suo coro, alimentarlo senza risparmiarsi, dare fiducia, incoraggiare, responsabilizzare. Il destino e i risultati di un coro sono scritti nelle mani del suo direttore’
può certo dire che per noi sia solo un passatempo. Quali sono le tue aspettative future per il Cor de’ Vocali? Che domanda difficile! Fare previsioni è certamente impossibile, ma quello che mi piacerebbe vedere – e per cui stiamo già lavorando – è una coesione del gruppo ancora maggiore, che ci permetta di realizzare progetti sempre più ambiziosi. Non è certo la fama che mi interessa, ma ho sempre amato quella scarica di adrenalina data dal lavorare insieme per un obiettivo e vederlo finalmente realizzato. Come quando abbiamo studiato come matti per il concorso di Sestri, senza altro obiettivo che fare una figura dignitosa, e ci siamo sentiti annunciare secondi classificati. Un momento che non dimenticheremo mai e una lezione preziosa, a mio parere. C’è qualche esperienza che ti è rimasta particolarmente nel cuore sia nel coro Romagnosi che nel Cor de’ Vocali ? Dei tempi del liceo ricordo una campale giornata di fine maggio, in cui partecipammo a una rassegna di cori scolastici a Modena, cantando sotto il sole di mezzogiorno in un chiostro, sciogliendoci nelle nostre maglie sempre troppo pesanti e sempre di mille sfumature diverse. Finita la rassegna, ricordo un treno, una corsa dalla stazione al Teatro Regio, un pomeriggio di prove generali per il progetto ParmaIncontra… Era un sabato e quella sera, al cinema con le amiche, dormii per tutta la proiezione, ma ero piena di gioia per quella giornata passata immersa nella musica. Analogamente, con il Cor de’ Vocali direi assolutamente il concorso di Sestri, soprattutto per quel passaggio repentino e bellissimo dalla tensione alla gioia, per i momenti passati a improvvisare insieme agli altri cori, tentando di spulciare un repertorio comune o imparando sul momento. Credo che in quel momento abbiamo colto lo spirito della manifestazione, lasciando che la competizione si esaurisse sul palco e facendo sì che ogni altro momento fosse di condivisione e amicizia tra cori.
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COMMENTO
AERCO notizie
Concorso online video AERCO 2020 DI FABIO PECCI
Corale Zumellese
Aeolian Vocal Ensemble
Non si finiscono più di registrare i danni che l’emergenza covid-19 sta causando al mondo corale internazionale. In AERCO ci siamo chiesti: ‘cosa possiamo fare per i nostri cori e per tutta la coralità in questi tempi così bui?’ E sono nate moltissime prestigiose offerte che sono sulla bocca di tutti in questi giorni. Ho avuto il piacere e l’onore di coordinare una di queste iniziative: il Concorso Corale On Line in Video. I concorsi sono saltati tutti uno dopo l’altro e per i cori che si stavano preparando, si sono inanellate le delusioni. Per far sentire ‘vivi’ i cori, per valorizzare il lavoro svolto precedentemente al lockdown, per ‘tenere pulsante la fiamma’ dell’attività corale, abbiamo pensato di organizzare un concorso in video. Sono state definite 3 categorie: -cori a voci bianche -cori giovanili -cori di adulti Le tre categorie non avevano distinzione di genere o stile; ogni coro doveva inviare uno o due brani con un minutaggio massimo totale di otto minuti. I video sono stati pubblicati sul canale youtube di AERCO e questo ha permesso l’incontro virtuale tra i cori (63 in totale!) e un’ampia diffusione del lavoro di ogni formazione. Il canale youtube di AERCO ha registrato un incremento notevole degli iscritti e le visualizzazioni dei video proposti dai cori sono schizzate alle stelle nell’ordine di svariate decine di migliaia. Grande successo in termini di adesioni che ha portato alla ribalta del web AERCO 5 cori giovanili, 8 cori a voci bianche e ben 50 cori di adulti. Dai cori di montagna al gregoriano, dalla polifonia al pop, dal canto a cappella alle esecuzioni con orchestra, oltre cento brani hanno caratterizzato l’offerta per chi ha voluto ascoltare i cori in concorso. E anche la rappresentanza regionale è stata ampia, dalla
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Valle D’Aosta alla Sicilia, dal Veneto alla Sardegna; in pratica tutta Italia rappresentata e coinvolta in questo progetto, con una discreto numero di cori AERCO tra i partecipanti. Oltre ai tre premi per ogni categoria, la giuria ha assegnato anche il premio per il miglior coro AERCO; un premio è stato anche assegnato dal pubblico tramite i ‘likes’ da esprimere sotto i video preferiti. Alla fine la classifica ha prodotto i seguenti risultati. CATEGORIA CORI ADULTI: Primo Premio (750 Euro): Corale Zumellese di Mel (BL) con punti 485/500 Secondo Premio (500 Euro): Ensemble InContrà di Fontanafredda (PN) con punti 473/500 Terzo Premio (250 Euro): Schola Cantorum ‘Anton Maria Abbatini’ di Città di Castello con punti 463/500 CATEGORIA CORI INFANTILI: Primo Premio (750 Euro): Coro Voci Bianche San Bernardino di Chiari (BS) con punti 455/500 Secondo Premio (500 Euro): Coro VOIXlà di Pont Saint Martin (AO) con punti 452/500 Terzo Premio (250 Euro): Coro Voci Bianche Don Bosco di Arborea (OR) con punti 418/500
gemellaggi potranno riprendere con più tranquillità. Ringrazio AERCO per questa reattività e proposività durante l’emergenza covid-19, che non sono sfuggite ai colleghi di tutta Italia. Dulcis in fundo, ringrazio i colleghi che con me hanno composto la giuria: Silvia Biasini da Cesena, Gianluigi Giacomoni da Parma, Giacomo Monica da Parma e Mauro Marchetti da Roma. Il compito della giuria non è stato semplice considerata la varietà delle proposte, ma con grande professionalità e visione comune abbiamo lavorato in sinergia… anche noi, purtroppo, a distanza. Chiudendo questo breve resoconto, il mio augurio per tutti i cori è di poter tornare il prima possibile alla nostra normalità, alla musica ‘in presenza’ (come va di moda dire oggi), ma soprattutto il ritorno a quell’unione d’animo e di emozioni, che per noi direttori e coristi, è linfa vitale e ragion d’essere. Abbiamo ‘tra le mani’ un patrimonio culturale e sociale di inestimabile valore; resitiamo a questi giorni così irti di difficoltà e scoramento, per tornare più pronti ed uniti di prima.
CATEGORIA CORI GIOVANILI: Primo Premio (750 Euro): Aeolian Vocal Ensemble di Palermo con punti 475/500 Secondo Premio (500 Euro): Il Calicanto di Salerno con punti 468/500 Terzo Premio (250 Euro): Menura Vocal Ensemble di Sesto Fiorentino (FI) con punti 441/500 PREMIO SPECIALE DEL PUBBLICO (250 Euro): Coro Voci Bianche Don Bosco di Arborea (OR) con 4.619 likes
Coro voci bianche San Bernardino
PREMIO MIGLIOR CORO AERCO (Invito alla Rassegna CantaBO 2021): Coro Ferdinando Paer di Colorno (PR) con punti 431/500 Le borse di studio oltre ad essere un aiuto economico in questi tempi così difficili, rappresentano anche un riconoscimento ed uno sprone a ‘non mollare’. Ma l’aspetto più significativo dei questo concorso è stato proprio la grande partecipazione, la varietà delle provenienze e degli stili. Questi cori si sono incontrati ed ascoltati a distanza, conoscendosi e scambiandosi esperienze e repertori, in attesa magari di potersi incontrare quando le rassegne e i
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Coro Paer
AERCO notizie
AERCO Academy DI SILVIA BIASINI
Il termine accadèmia si riferisce, in origine, al nome di una località presso Atene, dove Platone iniziò il suo insegnamento nel 387 a.C. per poi indicare con lo stesso nome la sua scuola filosofica e il complesso delle sue dottrine. Il metodo seguito nell’Accademia era basato sulla discussione: il maestro proponeva un problema e invitava gli allievi a interagire con possibili soluzioni con l’obiettivo di individuare tesi attendibili e convincenti. Al contrario di altre scuole, sembra che vi fosse grande libertà di proporre tesi diverse e contrastanti senza preoccupazioni di ortodossia. Con il trascorrere dei secoli, fermandosi al periodo barocco, il sostantivo Accademia si riferirà a associazioni di studiosi istituite con lo scopo di curare e promuovere le lettere, le scienze e le arti. Ai giorni nostri, con questo vocabolo, intendiamo un istituto di insegnamento specifico delle arti. Con questa premessa si vuole mettere in luce come, nei secoli, di fatto non sia mutato il significato di questo termine che rimane il punto di riferimento per un insegnamento collettivo di carattere superiore. Il punto di vista laboratoriale che scaturisce dall’analisi della scuola di Platone trova grande rilevanza nello studio della musica ai giorni nostri. Quante volte musicisti, direttori di coro, cantanti si ritrovano a dialogare su questioni musicali in qualsiasi situazione della loro vita? Quante volte possono farlo in un istituto specifico? Da qui l’esigenza di AERCO di far nascere una Accademia Corale specifica alla formazione di coloro che si avvicinano al mondo corale in tutti i suoi ambiti. AERCO Academy infatti non si rivolge solamente a direttori di coro ma anche a cantori, compositori, responsabili di associazioni corali e naturalmente a insegnanti che si occupano di formazione scolastica. Quando si parla di coralità non si possono tralasciare le origini del canto corale e della prepolifonia; nell’ambito dell’Accademia di Formazione Corale, non può mancare, dunque, una Scuola Permanente di Canto Gregoriano. La direzione artistica dell’Accademia Corale AERCO è affidata a Andrea Angelini e Silvia Biasini, la direzione artistica
della Scuola di Canto Gregoriano è affidata a Luca Buzzavi con la collaborazione di Michael Guastalla. I corsi, divisi per tipologie, soddisfano le esigenze di appassionati, musicisti alle prime armi e musicisti esperti. Le lezioni si svolgono solamente nei weekend e avranno luogo perlopiù nella nuovissima Scuola di Musica della Fondazione Carlo e Guglielmo Andreoli di Mirandola. Tantissime sono le possibilità di frequentazione della Accademia: corso triennale, corso annuale, percorsi specifici o singole Masterclass. Come è strutturata l’Accademia e quali materie vengono affrontate? AERCO Academy è strutturata in diverse tipologie di corsi: - il percorso completo triennale per direttori di coro comprende 10 weekend in presenza, attività formative online e autosomministrate. Durante i corsi di repertorio corale e Direzione di Coro, gli allievi saranno preparati dai docenti AERCO alle lezioni con i docenti ospiti (Masterclass).
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per il contemporaneo Stephen Layton e per il repertorio russo Alexander Solovyev. Un’attenzione particolare va dedicata alla masterclass ‘un coro per tutti’: una giornata di studio incentrata sull’importanza che riveste il coro in ambito educativo come strumento per l’integrazione. Ospiti della Masterclass i maestri Alessandro Vanzini, Donata Campagnoli e Tamara Proietti e le dottoresse Bettina Barbieri e Sara Roncadi.
- il corso base annuale per direttori è rivolto anche a chi non ha mai seguito corsi di direzione, si svolge durante i 10 weekend del percorso completo e dà la possibilità di partecipare come uditori alle Masterclass. - il percorso didattico per cantori si svolge ogni anno accademico, comprende almeno 10 incontri serali in presenza e viene attivato in tutte le province dell’EmiliaRomagna. - il percorso ACM, amministrazione, comunicazione e management corale è annuale e prevede 5 incontri online da 3 ore ciascuno di formazione per gestire un’associazione corale. Il piano di studi è diviso in attività caratterizzanti quali tecnica della direzione, vocalità, lettura della partitura, composizione e arrangiamento corale; attività formative complementari come teoria e percezione, introduzione al canto gregoriano, videoscrittura musicale, management e organizzazione e Masterclass sul repertorio corale. Chi sono i docenti dell’Accademia di Direzione di Coro? Caratteristiche principali di AERCO Academy sono la duttilità e la dinamicità che permettono lo studio approfondito di svariati repertori dal barocco, al romanticismo, dal rinascimento alla contemporaneità. Tre sono i docenti di Tecnica della Direzione, Matteo Salvemini, Silvia Biasini e Ilaria Poldi che sapranno accompagnare gli allievi in un percorso strutturato di crescita individuale. Il corso di Lettura della Partitura è tenuto da Nicoletta Conti, eclettica musicista che guiderà gli allievi attraverso l’analisi dell’opera e del compositore. A Erica Alberini e Raffaele Giordani è affidato il corso di vocalità, dizione e consapevolezza corporea. I corsi online sono: Composizione e Arrangiamento corale e Videoscrittura musicale tenuti da Simone Campanini e il corso di Introduzione al Canto Gregoriano tenuto da Luca Buzzavi; mentre il corso autosomministrato di Teoria e Percezione è condotto da Alberto Odone. A grandi nomi del panorama musicale internazionale sono affidate le Masterclass di approfondimento dei repertori. Per la coralità infantile, giovanile e scolastica Tullio Visioli e Dario Piumatti, per il repertorio rinascimentale e barocco, Roberto Gini, Diego Fratelli e Simon Carrington,
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La Scuola di Canto Gregoriano giunta alla 7° edizione entra da quest’anno nella progettualità di AERCO Academy. Comprende una serie di corsi di studio e di approfondimento del canto proprio della Chiesa Cattolica. L’esperienza di Accademia Corale Teleion, in collaborazione con i Cantori Gregoriani, permetterà di affrontare in modo sistematico e rigoroso le antiche fonti manoscritte del Canto Gregoriano. Ampio spazio sarà riservato alla prassi esecutiva e alle esercitazioni d’insieme finalizzate al canto della S. Messa nella VI Domenica di Pasqua, preceduta dai Vespri, presso la Basilica di Santa Barbara di Mantova. La Scuola, triennale, prevede 10 lezioni da svolgersi online di introduzione al canto gregoriano (I anno), semiologia gregoriana (2 anno) e paleografia gregoriana (3 anno) e 3 weekend in presenza che si terranno a Mirandola nella sede di AERCO Academy, a Pomposa nella splendida Abbazia e a Mantova presso la Basilica di Santa Barbara. Durante questi weekend, gli allievi affronteranno il repertorio del Proprio, dell’Ordinario e dell’Ufficio con i maestri Angelo Corno, Giorgio Merli, Luca Buzzavi, Michael Guastalla e Fulvio Rampi, studieranno vocalità con il maestro Spremulli e non mancheranno seminari di approfondimento monografici teorici e pratici con i docenti Matteo Cesarotto e Franco Radicchia. Parallelamente alla Scuola di Canto Gregoriano è nata la Schola Gregoriana Ecce formata da cantori selezionati che si ritrova presso l’Abbazia di Pomposa circa una volta al mese per lo studio e l’approfondimento del repertorio. AERCO Academy vanta il patrocinio e il sostegno della Regione Emilia-Romagna, FENIARCO, ANDCI, AISCGRE, Direzione Musei dell’Emilia-Romagna, Diocesi di FerraraComacchio, Diocesi di Mantova, Accademia Corale Teleion e Fondazione C. G. Andreoli. L’offerta formativa è ampia e variegata e per tutte le informazioni, modalità di iscrizione, piani di studio, costi è possibile consultare il sito: www.aerco.academy oppure scrivere a aercobologna@gmail.com.
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Settima edizione del Concorso Internazionale di Composizione Corale ‘Komos’ DI MARCO BOSCOLO
L’associazione Komos, in collaborazione con AERCO (Associazione Emilia Romagna Cori) e AltrEdizioni Casa Editrice e il patrocinio di Cromatica (Associazione nazionale cori arcobaleno ETS), bandisce il VII Concorso Internazionale di Composizione Corale ‘Komos’, con l’intento di promuovere e diffondere la creatività musicale contemporanea e la cultura LGBTQI. Il concorso è patrocinato dal Comune di Bologna, Assessorato alle Pari Opportunità e differenze di genere, diritti LGBT, contrasto alle discriminazioni, e inserito nel ‘Patto generale di collaborazione per la promozione e la tutela dei diritti delle persone e della comunità LGBTQI nella città di Bologna’. Il Concorso è aperto a persone di qualsiasi età, sesso, identità di genere, orientamente sessuale. Il concorso è dedicato a un brano originale inedito per coro maschile TTBB a cappella della durata massima di 5 minuti, con testo che faccia riferimento a tematiche LGBTQI in lingua originale, non in traduzione (per le lingue diverse dall’italiano e dall’inglese è richiesta una traduzione italiana). La giuria del concorso è composta da Michele Pirani (direttore musicale di Komos), Lorenzo Orlandi (pianista e arrangiatore, ex direttore musicale di Komos), Jack White (compositore, vincitore della sesta edizione del Concorso di Composizione 2 ‘Komos’), Silvia Biasini (membro della Commissione Artistica di AERCO, Associazione Emilia Romagna Cori), Sergio Briziarelli (Commissario Artistico CROMATICA, associazione cori arcobaleno italiani) e Raffaele Pancaldi (Fondatore della libreria LGBT IGOR di Bologna). Per l’invio delle composizioni la data ultima è il 18 gennaio 2021. Tutte le informazioni per le modalità di partecipazione: komos.altervista.org - kcc@progettokomos.it facebook.com/KomosCompetition
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65 anni del Coro CAI Bologna e ‘cantiamo ancora’ DI ANTONIO MEZZETTI
Coro CAI Bologna nel 1967
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Quando un coro festeggia i 65 anni di vita vuol dire che è sopravvissuto ai suoi fondatori, vuol dire che le sue proposte, il suo stile e il suo modo di fare musica hanno trovato, nel corso degli anni, una personalità propria. Fu un primo gruppo di giovani universitari, che cominciò nel dopoguerra a intonare i cosiddetti canti di montagna, quei canti che giungevano dal trentino e, con la sola voce maschile, riuscivano a creare, atmosfere e suggestioni fantastiche. Poi nel 1955 la sezione bolognese del Club Alpino Italiano offrì una sede stabile per le prove e nacque così il Coro CAI BOLOGNA. Riassumere una vita lunga 65 anni non è facile, i ricordi e i racconti si sovrappongono. È una storia piena di incontri e confronti con i più qualificati cori italiani e con illustri musicisti e direttori, con la partecipazione a diversi concorsi corali coronati spesso da vittorie e piazzamenti (tra i quali spiccano i quattro successi al Concorso Nazionale di Ivrea), con l’esibizione in più di 600 concerti e rassegne nei luoghi più diversi, a volte sotto un portico, altre in teatri molto prestigiosi, cantando con gioia particolare in manifestazioni di solidarietà e nelle scuole. Ci sono stati anche momenti di forte difficoltà superati sempre con la grande passione e la determinazione nel voler continuare a cantare. Tre incontri in particolare hanno inciso nella crescita del coro. Agli albori, con le prime difficoltà si decise di chiedere consigli direttamente al più bravo e conosciuto coro dell’epoca: il Coro della SAT. Il famoso coro trentino percepì una tale determinazione, che decise di mandare Mario Pedrotti in persona per fornire suggerimenti. Nacque un sincero e amichevole rapporto che da allora non è mai più venuto meno. Nei primi anni ’70 si instaurò con Paolo Bon, musicologo, ricercatore ed elaboratore che era a Bologna per motivi di studio, una proficua collaborazione che portò all’armonizzazione di alcuni canti per il nostro Coro. Uno
di questi (Chi è che bussa alla porta) riporta una specifica dedica sullo spartito in nostro possesso. Nel 2001 occorre segnalare un altro importantissimo incontro: quello con il Maestro Giovanni Veneri di Parma, musicista, direttore d’orchestra, compositore nonché armonizzatore di canti popolari, dodici dei quali per il Coro della SAT. In quell’anno, nel Duomo di Parma, volle proprio il coro CAI BOLOGNA per cantare alcune sue armonizzazioni in occasione del conferimento di un prestigioso premio musicale. Da allora questo legame di amicizia continua saldamente. Nel coro CAI BOLOGNA si sono avvicendati quattro direttori: ad Alberto Rubini subentrò nel 1966 Mauro Camisa, grande direttore che portò a far conoscere il coro a livello nazionale, passò la mano nel 1998 lasciando la direzione a Umberto Bellagamba, già nell’organico come baritono. Nel 2017 si è verificato un nuovo cambio nella direzione che ora è affidata al giovane Nicolò Zanotti, molto preparato, che ha dato nuovi stimoli al gruppo. Sono passati 65 anni di trasformazioni profonde e di rivoluzioni negli stili, nelle mode e nei gusti, c’è una grande difficoltà, oggi, a reperire nuovi coristi per poter creare in futuro il necessario avvicendamento, ma confidiamo che anche le nuove generazioni riscoprano e si lascino incantare dal canto popolare e di montagna affinché questo patrimonio musicale e culturale non venga mai perduto. Il piacere di cantare insieme, le emozioni che si rivivono tutte le volte che si canta, le atmosfere e le suggestioni che si ripropongono, il gusto nel cercare la giusta esecuzione, la convinzione di fare buona musica sono la dimostrazione che c’è ancora tanta voglia di continuare. Così al raggiungimento del 65° anno, e fiduciosi di
festeggiare altri anniversari, gli attuali 34 elementi sono orgogliosi di presentare un nuovo CD che contiene brani degli inizi e altri di recente apprendimento, con una lusinghiera presentazione del Maestro Giovanni Veneri. Perché, come appare dal titolo scritto in copertina,… CANTIAMO ANCORA!
Nuovo cd del Coro CAI Bologna
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Il CAI Mariotti compie 50 anni DI ENZO PETROLINI
Eravamo a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta e, tra autunni caldi, proteste studentesche, cattedrali occupate e quant’altro stava succedendo in quegli anni movimentati, un gruppo di giovanotti cui piaceva cantare assieme aveva costituito un coro: questo coro si chiamava ‘Corale Astra’ e aveva sede presso la parrocchia di Ognissanti, nel popolare quartiere parmigiano dell’Oltretorrente. Ora, vuoi perché molti dei coristi erano anche appassionati di montagna, vuoi perché la maggior parte del repertorio di allora era costituita dai canti della tradizione montanara, alcuni di loro proposero di chiedere alla locale sezione del Club Alpino Italiano di entrare nel sodalizio e diventare così il coro ufficiale del C.A.I. di Parma. La richiesta venne accolta e nacque così il Gruppo Corale ‘Giovanni Mariotti’ del C.A.I. di Parma che nel nuovo millennio si chiamerà più semplicemente Coro CAI Mariotti. Sotto la guida del primo storico direttore Mario Corradi, il coro muove i primi passi; dopo pochi anni Corradi viene sostituito da Beppe Boldi e saranno queste due prime guide a consolidare le radici della compagine, due guide che il destino ha voluto venissero a mancare proprio recentemente ad un mese circa l’uno dall’altro. Il primo grande mutamento avviene all’inizio degli anni ottanta quando, alla testa del coro, subentra Gianbernardo Ugolotti. Gibi, come tutti lo chiamano, terrà la guida del coro per quasi trentacinque anni, forgiandone la struttura e facendolo maturare sia nella vocalità che nel repertorio. Oltre all’avvento di Gibi il 1980 porta un’altra grande novità nell’attività del gruppo: il 24 maggio di quell’anno, al Teatro Regio di Parma, il Mariotti organizza la prima edizione della Rassegna Corale del ‘Bel Cant’. Da quel momento in poi la Rassegna costituirà per il coro l’evento principale di tutta la stagione, tutta la preparazione dei nuovi canti verrà fatta con l’obiettivo di debuttare sul palcoscenico del prestigioso teatro. La rassegna, che nel 2021 raggiungerà il traguardo della quarantesima edizione, in tutti questi anni ha ospitato le maggiori compagini corali italiane ed ha visto sul palco i più bei nomi della coralità italiana. Nel marzo 2014 Gibi, non riuscendo più, per motivi fisici, a
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seguire appieno l’attività del coro, è costretto a lasciarne la guida ed a questo punto si verifica una vera e propria rivoluzione: sarà lui stesso a proporre la guida del coro a Monica Lodesani, una giovane maestra, allora trentaduenne, con un invidiabile curriculum alle spalle. Monica, dimostrando una grande competenza e passione per il repertorio del Mariotti, i cui componenti, occorre dirlo, erano, e sono tuttora, abbastanza ‘maturi’, prese letteralmente il coro per mano facendo fare ai suoi ‘ragazzacci’, come affettuosamente li chiama, esperienze vecchie e nuove che producono una specie di rinnovamento accettato dai coristi con uno spirito da ragazzini. In tanti anni di attività molte sono state le esibizioni, grandi e piccole, più o meno di prestigio, sia in Italia che all’estero; tuttavia lo spirito con il quale I maestri Ugolotti e Lodesani il coro affronta ogni esibizione è sempre lo stesso: cantare è bello e divertente ed allora si cerca di trasmettere a chi ascolta quello che ogni corista sente quando è sul palco sia che si canti in luoghi prestigiosi sia che ci si esibisca di fronte agli ospiti di una casa di riposo per portar loro un po’ di svago e di allegria. Anzi, probabilmente i momenti più belli e sentiti sono forse quelli in cui ci si trova fuori dall’ufficialità, magari in una chiesetta o nell’angolo di una piazzetta di qualche paesino, da soli, e subito qualcuno esce con la frase di rito: ‘facciamo un canto?’. Ecco che allora si canta per noi, per il piacere di ascoltarci, di stare insieme: questo è l’elisir che ci tiene uniti, che ci fa superare qualsiasi momento anche dei più brutti e che ci fa dire che festeggiamo sì cinquant’anni di attività ma siamo pronti e vogliosi di farne altri cinquanta. AD MAIORA!!!
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Firmamento di Giacomo Monica
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EVENTS 2021 Choir Competitions and Festivals
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15TH INTERNATIONAL CHOIR COMPETITION & FESTIVAL BAD ISCHL March 4-8, 2021 | Bad Ischl, Austria ON STAGE IN ISRAEL March 10-14, 2021 | Tel Aviv, Israel ON STAGE IN VERONA March 25-28, 2021 | Verona, Italy VOICES & WINE ALBA April 7-11, 2021 | Alba, Italy (Piedmont)
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VOX LUCENSIS – CONCORSO CORALE INTERNAZIONALE April 7-11, 2021 | Lucca, Italy
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RIGA SINGS – INTERNATIONAL CHOIR COMPETITION & IMANTS KOKARS CHORAL AWARD May 1-5, 2021 | Riga, Latvia
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11TH WORLD CHOIR GAMES
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6TH INTERNATIONAL CONDUCTOR‘S SEMINAR WERNIGERODE July 17-20, 2021 | Wernigerode, Germany
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12TH INTERNATIONAL JOHANNES BRAHMS CHOIR FESTIVAL & COMPETITION July 21-25, 2021 | Wernigerode, Germany
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7TH VIETNAM INTERNATIONAL CHOIR COMPETITION August 19-23,2021 | Hoi An, Vietnam
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ON STAGE IN FLORENCE May 20-23, 2021 | Florence, Italy SOUND WAVES LINZ May 20-24, 2021 | Linz, Austria ON STAGE IN ALBANIA June 9-13, 2021 | Tirana, Albania
ON STAGE IN LISBON September 10-13, 2021 | Lisbon, Portugal 4TH VOICES FOR PEACE September 26-30, 2021 | Perugia/Assisi, Italy
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10TH CANTA AL MAR – FESTIVAL CORAL INTERNACIONAL October 21-25, 2021 | Calella/Barcelona, Spain
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as of November 2020
SING ALONG CONCERT “ON TOUR” MILAN August 26-30, 2021 | Milan, Italy
4TH KALAMATA INTERNATIONAL CHOIR COMPETITION & FESTIVAL October 7-11, 2021 | Kalamata, Greece
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interkultur.com
July 2-12, 2021 | Flanders, Belgium
ON STAGE IN PRAGUE November 4-7, 2021 | Prague, Czech Republic DEUTSCHE CHORMEISTERSCHAFT 2021 November 5-7, 2021 | Koblenz, Germany VOICES & WINE MÁLAGA November 17-21, 2021 | Málaga, Spain (Andalusia)
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