PERCHE’ CIO’ CHE E’ ACCADUTO… NON ACCADA PIU’…

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PERCHE’ CIO’ CHE E’ ACCADUTO… NON ACCADA PIU’…


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Foibe Lì roccia, lì buio, lì morte. Legati, gettati nel buio, vittime: vittime ancora della follia, dell’odio, della violenza. Donne, uomini, vecchi, bambini: tutti gettati nelle foibe. Luoghi aspri, duri, macchiati di sangue d’altre vittime. Paura. Le foibe: il nulla. Letizia Forichiari


Foibe


La Legge 30 marzo 2004, n. 92

Art. 1. La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale Giorno del ricordo al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della piÚ complessa vicenda del confine orientale.


n. 92


La storia Negli anni dal 1943 al 1947 nei territori dell'Istria furono rastrellate, deportate e uccise migliaia di persone, per lo piĂš Italiani. L'inizio dell'eccidio risale al 1943, subito dopo l'armistizio, nell'Istria abbandonata dai soldati italiani e non ancora controllata dai Tedeschi, quando i partigiani slavi gettarono nelle foibe (fosse rocciose profonde fino a 200 metri) centinaia di cittadini italiani considerati "nemici del popolo". Ma fu nel 1945, durante i quaranta giorni dell'occupazione jugoslava, che la carneficina delle foibe raggiunse l'apice dell'orrore.



Le vittime venivano condotte nei pressi della foiba; qui gli aguzzini bloccavano polsi e piedi con filo di ferro ad ogni singola persona con l’ausilio di pinze e, successivamente, legavano gli uni agli altri sempre tramite fil di ferro. I massacratori si divertivano, nella maggior parte dei casi, a sparare al primo malcapitato del gruppo che precipitava rovinosamente nella foiba trascinando con sÊ gli altri. Lo sterminio fu condotto senza distinzioni politiche, razziali ed economiche, seguendo le direttive del Maresciallo Tito. Furono arrestati fascisti, anti-fascisti e partigiani, cattolici ed ebrei, uomini, donne, vecchi e bambini, industriali, agricoltori, pescatori, poliziotti e carabinieri, militari e civili.



La persecuzione, la violenza, le esecuzioni, determinarono l'esodo che nel dopoguerra allontanò quasi tutta la popolazione italiana dall'Istria. La Foiba di Basovizza è in origine un pozzo minerario: esso divenne, però, nel maggio 1945 un luogo di esecuzioni sommarie per prigionieri, militari, poliziotti e civili, da parte dei cosiddetti “titini”. Erano stati dapprima destinati ai campi d’internamento allestiti in Slovenia e successivamente giustiziati a Basovizza. Nel 1980, in seguito all’intervento delle associazioni combattentistiche, patriottiche e dei profughi istriani-fiumanidalmati, il pozzo di Basovizza e la Foiba n.149 vennero riconosciute quali monumenti d’interesse nazionale. Il sito di Basovizza, sistemato dal comune di Trieste, divenne il memoriale per tutte le vittime degli eccidi del 1943 e 1945.


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Il 10 febbraio 1947 il Trattato di Pace sanciva la cessione alla Jugoslavia dei territori dell’Istria, Fiume e Zara. Questo fatto causò un esodo forzato verso l’Italia, le Americhe e l’Australia di circa 360.000 italiani, sloveni e croati che fuggivano da quelle zone per non subire le angherie del regime totalitario del maresciallo Tito. Anche il campo di Servigliano accolse questi profughi.



"Perché la notte". Una bambina vede sconvolgere la sua vita in un baleno, il tempo di una notte. Anzi “la notte” sarà la grande colpevole ai suoi occhi di aver ingoiato tutto, i giochi, i peluches, la sua cameretta intera. Andrà via su un vagone merci provando a ritrovare quanto ha perso. Ma le stesse cugine, zii … “italiani non di confine”, la chiamano slava e sputano a terra quando passa.



Perché la Notte fiaba originale di Lorella Rotondi La favola è la versione “magica” di un fatto autobiografico. Lorella Rotondi è figlia di madre istriana, profuga a nove anni. Allevata dai racconti della nonna materna, Lorella è cresciuta conoscendo una storia mai incontrata nei libri benché laureata in lettere. 1. Perché la notte, mamma, ha vinto muri e porte e arriva nella mia cameretta? 2. Perché la notte, mamma, ingoia i peluches, le bambole, le trottole e pure i libri della Buonanotte? 3. Perché la notte, mamma, finì per mangiarsi la nostra casa e ci buttò fuori oltre i confini della notte?



4. Perché la notte, mamma, ci spinse su un treno con la paglia e il puzzo di animali e ci disse “Italiani, andate via! Questa non è più casa vostra”? 5. Perché la notte, mamma, fece del tuo pianto la linea d’argento e di luna del nostro cammino forzato lontano dagli amici, dalla nonna Julka, dagli zii?… 6. Perché la notte, mamma, spinse i tuoi fratelli giù in mare dal Quarnaro o dalle bocche strette e secche della terra, nelle foibe senza fiori? 7. Perché la notte, mamma, ci lasciò senza un bacio, così di mattino, lungo un binario?



7. Perché la notte, mamma, ci lasciò senza un bacio, così di mattino, lungo un binario? 8. Perché la notte, mamma, ci rese il mare, ma non gli scogli e non fu più lo stesso nuotare e giocare al trasparente gioco del sale? 9. Perché la notte, mamma, non insegnò ai nuovi vicini e ai parenti di lì che eravamo italiani proprio come loro? 10.Perché la notte, mamma, non ingoiò pure i bambini che mi tiravano le trecce, le madri cattive che sputavano in terra e mi dicevano slava? 11.Perché la notte, mamma, ora che tu non ci sei e io sono madre non mi restituisce l’argento e la luna dei tuoi occhi di quella notte per farne gioielli?



12.Perché la notte, mamma, è così notte in certe notti di confine, di roba e gente a mucchi come tutto fosse paglia? 13.Perché la notte, mamma, odora di bestia e copre la colonia del babbo al mattino, del latte bevuto in corsa, del pane nel fondo della tasca per il tempo che sarà?




GIORNATA DELLA MEMORIA



Alcuni Ebrei si salvarono grazie all’aiuto di chi li nascose, a rischio della propria vita. Queste persone sono state riconosciute “GIUSTI TRA LE NAZIONI”, a Gerusalemme, in Israele, c’è il loro nome e un albero piantato. Anche ad Offida abbiamo dei Giusti: le famiglie di Talamonti Adelino e Talamonti Camillo hanno una medaglia, un certificato d’onore , il loro nome scritto nel Giardino dei Giusti di Gerusalemme e un albero a loro dedicato. Nel 2015 ad Offida, vicino alla chiesa di Santa Maria della Rocca, è stato inaugurato il Giardino dei Giusti per onorare queste famiglie. Ogni anno il 6 marzo si celebra la Giornata dei Giusti, istituita dal Parlamento Europeo nel 2012 e dal Parlamento Italiano nel 2017, per onorare la memoria di quelli che si sono battuti, si battono e si batteranno per la difesa dei diritti umani.


E’ importante conoscere i fatti del passato per combattere l’indifferenza, perché l’indifferenza ti impedisce di capire l’altro e quando ci si arrende all’indifferenza, magari pensando di proteggersi, allora i diritti di tutti sono in pericolo.



TESTIMONIANZE


A Montedinove, quando i Tedeschi bombardavano, gli abitanti si rifugiavano nelle grotte sotto il paese, una signora che doveva partorire la sua bambina, insieme ai vicini aveva preparato in una grotta in campagna una rete, un materasso, dell’acqua calda e tutto quello che le serviva. Per fortuna il 19 giugno del 1944 i Tedeschi si ritirarono e la signora partorì a casa. La signora si chiamava Olga Caponetti e alla bambina venne dato il nome di Maria Grazia, in nome della Madonna. Il mio bisnonno Savino è stato sei anni in guerra, era il cuoco del battaglione. I suoi fratelli stavano in Romania e in Russia, quello che stava in Russia, Emidio, è morto per la fame, perché aveva avuto da mangiare solo bucce di patate; l’altro invece, Angelo è riuscito a tornare. La nonna di mia nonna ha ospitato i Tedeschi a casa sua, dava loro da mangiare e sperava che qualcun altro avesse fatto lo stesso con i suoi figli di cui non aveva più nessuna notizia. (LUCA ACCIARRI)


La mia bisnonna materna, Maria, è nata in Polonia; la sua famiglia era di Varsavia e aveva una piccola tipografia; lei aveva sette anni quando la Polonia è stata invasa dall’esercito tedesco, nel 1939. In famiglia erano tre figli, due maschi e una femmina, il maschio più grande fu subito prelevato e reclutato nell’esercito nazista. La Polonia, all’inizio della guerra, non combatté gli occupanti tedeschi, ma capitolò subito e la maggior parte della popolazione maschile venne reclutata per combattere sotto la bandiera nazista. Chi non era d’accordo veniva ucciso con tutta la famiglia oppure era costretto a fuggire. La famiglia della mia bisnonna, dopo che il fratello maggiore era stato reclutato contro la sua volontà, lasciò Varsavia e tutti i suoi averi e fuggì in Bielorussia. Hanno percorso più di trecento chilometri a piedi nei boschi e si sono rifugiati a casa di parenti. Il capofamiglia, il papà della mia bisnonna, era rimasto a Varsavia per cercare il figlio, purtroppo in questo modo si sono perse per sempre le tracce di entrambi; la bisnonna Maria invece è sopravvissuta durante la guerra. Quando la Bielorussia è stata invasa dai nazisti, tra i numerosi soldati polacchi, lei cercava di riconoscere oppure di avere notizie dei suoi familiari. I soldati polacchi erano gentili con lei che parlava polacco e cercava suo padre e suo fratello, le offrivano da mangiare e anche le caramelle. Questo è l’ unico ricordo bello della sua infanzia, per il resto soltanto le scene orrende della guerra: la fame, la morte, le uccisioni dei civili, dai vecchi ai più piccoli. (ARIANNA NESPECA)


Il mio bisnonno, Tommaso Pasqualini, ha raccontato a mio padre che, durante la seconda guerra mondiale, fu catturato e fu messo a fare gli zoccoli di legno. La mia vicina di casa, Igina Amadio, morta all’età di 92 anni, mi ha raccontato che quando era ragazzina, più o meno all’età di 12-13 anni, c’era la guerra, lei un giorno, mentre stava andando a lavare i panni, rischiò di morire, ma grazie a mio zio, Armando Marcoionni, morto 4-5 anni fa, si salvò. Mio nonno, Enzo Vittori, di 85 anni ancora vivo e in salute, mi ha raccontato che, quando era piccolo, i Tedeschi andavano a rastrellare le case, ma per fortuna non entrarono in casa di mio nonno. Lui sentiva spesso il rumore degli aerei con le mitragliatrici che sparavano. La notte si doveva restare all’erta. Poi mi ha raccontato che nascondeva le mucche vicino ad un fosso e i suoi beni sotto il fieno. I Tedeschi avevano stabilito il loro comando nella chiesa del Crocefisso. Per specificare meglio questa testimonianza mi ha raccontato che non abitava nella casa dove vivo ora, ma in via Pittura, a San Venanzo. (BENEDETTA PASQUALINI)


Nonna Rosa che ha 88 anni mi ha raccontato che quando è scoppiata la seconda guerra mondiale non c’erano i soldi. Le famiglie dovevano portare tutti i loro averi di valore in comune, come ad esempio le pentole fatte di rame, allora si cucinava col paiolo. C’erano alcune persone che depositavano anche le fedi. Quando arrivarono le truppe tedesche e passavano lungo le strade, portavano via le mucche, i maiali, le pecore e i polli. Un giorno che mia nonna era uscita, i Tedeschi le sono entrati in casa e si sono nascosti dentro l’armadio, quando è tornata ha capito che c’era qualcuno ed è subito scappata via. Un’altra volta, sempre a casa della mia bisnonna, un Tedesco portò via un maiale grande e lo ammazzò; poi costrinse le donne anziane a pulire le galline, così se le portò via già belle e pronte. I Tedeschi, quando entravano nelle case, portavano via anche la biancheria, custodita nei bauli, e se qualcuno si rifiutava di dare loro quello che volevano, rischiava di essere ucciso. (YLENIA CAPRIOTTI)


Nonna Lidia aveva 6-7 anni quando le veniva raccontato dal nonno paterno che nel 1944 arrivarono i Tedeschi a Roccamonfina. Presero tutto il cibo dalle case e fecero prigionieri gli uomini che poi portarono in Germania. Subirono la fame, solo raramente gli veniva dato del cibo, le bucce delle patate; questa brutta avventura durò per fortuna solo 5-6 mesi, visto che poi arrivarono gli Americani. Per tornare a casa trovò vari mezzi, ma la maggior parte del viaggio fu a piedi. Nonna Gabriella racconta che un giorno dell’anno 1944 due Tedeschi armati entrarono in casa della madre incinta di suo fratello, ordinando a suo padre di farli mangiare, poi rovistarono per tutta casa, portando via cibo e quei pochi valori che avevano, ridendo dicevano -Arrivare Americani…Arrivare Americani… Portare zucchero…Portare zucchero…Prima di andare via, andarono in cantina ed aprirono le botti, sprecando tutto il vino. Un giorno due fratelli della mamma, che erano carabinieri, videro passare una donna nuda seguita da due Tedeschi in mezzo alla campagna. Dopo che furono passati, li attaccarono alle spalle dando loro tante botte. Subirono una causa, ma vinsero loro e tutto il paese fece festa ai due carabinieri che aiutarono e salvarono quella povera donna. (GIULIA ROSETTI)


Mio nonno Gabriele, che ha 77 anni , mi ha raccontato che quando era piccolo, ha vissuto il periodo della seconda guerra mondiale; si ricorda quando i Tedeschi rubavano le mucche ai contadini. Ma lui, con i suoi amici, la mattina presto, le portava vicino al fosso per non farle rubare. I suoi genitori avevano una grotta sotto la casa, coperta da un mucchio di legna, dove nascondevano la carne fresca. Tre fratelli che vivevano in contrada Lava furono fucilati dai Tedeschi, perché in quella giornata era stato ucciso uno di loro; anche se i tre fratelli non erano colpevoli, i Tedeschi per farsi rispettare e per mettere paura dovevano uccidere qualcuno. Quando la guerra stava per finire i fascisti volevano mantenere il loro potere, a chi non li rispettava facevano bere l’olio di ricino che ti faceva stare male per una settimana: vomito e diarrea. Quando c’era la guerra si lottava sempre per sopravvivere. C’era la fame, tanta paura, tanto disordine. Tutti i giorni si piangeva, perché arrivavano notizie di persone care che erano morte, tutti gli uomini dai 17 anni in su erano infatti obbligati ad andare in guerra. La famiglia di mio nonno è stata fortunata: nel 1939 il mio bisnonno è ritornato a casa, perché è nato mio nonno, il quarto figlio, il primo dei quattro fratelli aveva 15 anni, così nessuno di loro ha fatto la guerra. (GIORGIO BARTOLOMEI)


La famiglia di mia madre è originaria di Monte San Martino, paese vicinissimo a Servigliano, dove si trovava il campo di prigionia. A poche ore dall’armistizio un gruppo di soldati inglesi fuggì dal campo, aprendo una breccia nel muro e si diresse verso la valle. Il loro destino si incrociò con quello della zia di mio nonno, Maria Livi, che attraversò il fiume Tenna con una pentola di pasta sulla testa, per sfamare quei poveri soldati inglesi stanchi e affamati che il regime fascista chiamava nemici, ma che lei aveva visto come delle persone da aiutare. Tra quei soldati c’era Keith Killby e fu lui che diversi anni dopo tornò in Italia per cercare e ringraziare chi gli salvò la vita. Espresse la sua gratitudine fondando il Monte San Martino Trust, una organizzazione finanziata dalle famiglie dei soldati inglesi, grazie alla quale molti studenti italiani hanno potuto trascorrere un mese in Inghilterra per imparare la lingua inglese. Il mio bisnonno Costantino, ha partecipato alla battaglia di Cassino, guidava uno dei camion di munizioni. Scampato alla morte, fuggì per tornare a casa. Camminò per settimane, durante le quali patì la fame e trovò rifugi di fortuna. Una volta arrivato a casa era irriconoscibile, ma vivo. Il mio bisnonno Giuseppe e suo fratello Francesco erano, come tutti, arruolati nell’esercito fascista. Nel marzo del ’43 tentarono la fuga, il mio bisnonno riuscì ad arrivare a casa, invece suo fratello fu catturato dai Tedeschi e deportato in un campo di concentramento in Germania per due anni. Di quei due anni Francesco ha raccontato molto poco, perché era troppa la sofferenza che aveva visto e vissuto. (FILIPPO FERRI)


Prima dell’inizio della seconda guerra mondiale, il mio trisavolo, Giuseppe Poggi, lavorava in Africa come camionista nelle colonie e possedeva due camion. Allo scoppio della guerra fu fatto prigioniero ad Addis Abeba, in Etiopia e condotto a Johannesburg, in sud Africa. Poi fu portato in Inghilterra e per nove mesi la famiglia non ha saputo più niente di lui. E’ riuscito a salvarsi, perché ha lavorato in cucina. Il mio bisnonno, Alfredo De Angelis, una volta fatto prigioniero, riuscì a scappare insieme a tre compagni e tutti si rifugiarono in una stalla. Sognò Sant’Antonio che gli disse che si doveva nascondere in una chiesa vicina. I sacerdoti, capito il problema, li fecero travestire da preti e così poterono tornare con il treno a casa. Al primo figlio maschio il mio trisavolo diede il nome di Antonio, in onore del santo che lo aveva salvato. Il mio bisnonno Modesto Tozzi è stato prigioniero prima in Sardegna, dove ha preso la malaria in forma leggera, poi in un’isola della Grecia, dove è stato liberato dagli alleati. Il mio bisnonno Giovanni Traini è stato prigioniero nell’ex Jugoslavia e in Germania. Faceva il cuoco, e sbucciava le patate tutto il giorno e ne mangiava le bucce. Si alzava la notte per rubare le patate nei campi vicini, raccoglieva inoltre le radici delle piante e le foglie della cicoria. Raccontava che una notte, mentre era intento a trovare le patate, inciampò nei corpi di numerose persone , morte di stenti. Era arrivato a pesare trentacinque chili e non riusciva a sollevare il tubo per pulire le grandissime pentole. Molto spesso doveva scavare le buche per sotterrare i morti. (GIULIA TRAINI)


Quello che è successo tanti anni fa è stata una cosa molto brutta. I miei nonni non hanno conosciuto personalmente gli Ebrei che sono stati portati nei campi di concentramento, quindi sanno quello che la tv ha raccontato su di loro. Non tutti però sono a conoscenza del fatto che anche molti testimoni di Geova, che vivevano in Germania, sono stati perseguitati e giustiziati a causa della loro fede. Sono stati portati nei campi di concentramento e sui loro vestiti veniva cucito un triangolo viola che li distingueva da altre persone con altri simboli. Anche loro dovettero sopportare la fame, il freddo, la malattia e le torture. E tutto questo perché non volevano rinunciare a fare la volontà di Dio. (JASON DODARO)


Mio nonno materno, Vincenzo Allevi, non ha combattuto nella seconda guerra mondiale, perché era ancora un bambino, però si ricorda qualcosa. Siccome Castel di Lama era occupata dalle truppe tedesche, in quel territorio si erano accampati i soldati della Wehrmacht e i nazisti delle SS che uccisero diverse persone innocenti. Mio nonno cominciava la prima elementare e racconta che diverse volte i soldati tedeschi gli diedero un passaggio sulla camionetta, per andare a scuola e tornare a casa. Questo per dire che non tutti i soldati erano dei fanatici. Alla fine di aprile del ’44 arrivarono le truppe alleate di Americani, Inglesi, Polacchi e Australiani che liberarono dalle truppe germaniche il territorio che va da Castel di Lama fino a sotto Offida. L’inverno del ’44 fu molto duro, perché un aereo inglese mitragliò i Tedeschi uccidendo dei civili innocenti, fu colpito il piccolo tram che collegava Villa Sant’Antonio ad Offida; un proiettile colpì la gamba di una sfortunata ragazza alla quale dovettero amputare la gamba stessa. Fu colpito anche un povero contadino che transitava con le sue mucche, per cui morirono sia lui che le sue bestie. La figura di mio nonno è particolare, perché lucidamente ricorda tante cose; nacque a Castel di Lama il 6 dicembre del 1938, per cui ha compiuto da poco 80 anni. (LORENZO D’ANGELO)


Mio nonno mi racconta che quando sono venuti i Tedeschi in Albania sono stati molto cattivi, torturavano le persone, entravano dentro le case, rompevano tutte le cose e prendevano gli uomini. Li portavano nei campi di concentramento e li torturavano con la corrente, collegavano i fili della corrente alla testa e i prigionieri perdevano la memoria. Anche se era inverno, li lasciavano fuori dal campo nudi, in mezzo al ghiaccio e morivano di freddo. Chi era sopravvissuto veniva ammazzato con il fucile; qualcuno scappava, se ce la faceva. (CLARA MACI)


Il mio bisnonno, mentre era in guerra in Albania, fu catturato insieme ai suoi compagni e fu deportato in un lager dai Tedeschi; fu incaricato di seppellire i cadaveri delle persone uccise nelle camere a gas. Il mio bisnonno decise di fuggire da quel campo di concentramento, ma fu colpito alla caviglia dai proiettili tedeschi e ricatturato. (AURORA AMABILI)


Io non ho potuto raccogliere nessuna testimonianza, quindi racconto il film”Il bambino col pigiama a righe”, che ho visto a casa con i miei genitori Bruno è un bambino tedesco che si è trasferito insieme alla sua famiglia in una nuova casa, vicino ad un campo di concentramento, perché suo padre era un comandante dei Tedeschi. Bruno non sa che vicino casa c’è quella prigione, ma un giorno ci arriva per caso, perché sogna di essere un grande esploratore. Arrivato vicino al filo spinato, incontra un altro bambino che indossa una tuta a righe, il suo nome è Shmuel. Col passare dei giorni i due diventano grandi amici, ma i genitori di Bruno non sanno niente. Un giorno Shmuel era molto triste, perché non trovava più suo padre, allora Bruno gli propone, che lui, essendo un esploratore, lo avrebbe aiutato a ritrovarlo. Il giorno successivo scavano una buca sotto al filo spinato per fare entrare Bruno, dopo aver indossato anche lui una tuta a righe, i due bambini si mettono alla ricerca del padre di Shmuel. Nel frattempo la mamma, la sorella e il padre cominciano a cercare Bruno, perché non era né a casa, né in giardino. Disperati capiscono che il loro figlio è entrato nel campo di concentramento, perché vicino al recinto trovano i vestiti di Bruno. Purtroppo i due bambini finiscono nelle docce a gas: invece di far uscire l’acqua, i Tedeschi uccidevano gli Ebrei con il gas. (MICHELE CIARALLI)


Mia nonna Cocci Maria mi ha raccontato che i suoi genitori hanno tenuto nascosto un Ebreo per 3-4 giorni, l’hanno fatto dormire nel loro letto, mentre loro dormivano nella stalla con tanta paura, perché, se fossero stati scoperti, i Tedeschi li avrebbero uccisi insieme ai figli. I Tedeschi presero loro tutte le cose di valore che avevano: la fede nuziale, la collana e gli orecchini d’oro, i prosciutti e le lonze. Se veniva ucciso un Tedesco, venivano uccisi 5-6 Italiani, infatti a San Martino di Castignano vennero sterminate tre famiglie, perché era stato ucciso un Tedesco. (LORENZO D’ERCOLI)


Mio nonno mi ha raccontato che la seconda guerra mondiale è cominciata il primo settembre del 1939 ed è finita il due settembre del 1945; mi ha detto che quando cominciò la guerra, lui e la sua famiglia sono stati portati e nascosti in una grotta in mezzo alla campagna, mangiavano le bucce delle patate cucinate con una piccolissima candela, giacché una candela grande faceva molto fumo e i Tedeschi li potevano scoprire, per questo cucinavano di giorno. Per bere, la sera quando era buio, così nessuno li vedeva, andavano vicino al fiume e prendevano l’acqua con una borraccia di vetro. Nella grotta non c’erano dei mobili, ma solo una coperta molto grossa e molto pesante per terra che faceva da letto. Stare dentro la grotta era anche un po’ spaventoso, giacché si sentivano gli spari dei soldati. (PESTANA OTTAVI VALERIA)


Mario è mio nonno e durante la seconda guerra mondiale era un bambino, che abitava nella campagna offidana. Mi ha raccontato che i Tedeschi passavano di casa in casa e si portavano via tutto quello che volevano. In particolare ricorda che una volta due militari tedeschi passarono a casa sua, mangiarono, dormirono e portarono via una mucca, lasciando i pidocchi!!! Mio nonno ricorda anche che i proprietari dei terreni andavano a nascondere i loro beni sotto al letame. Dal racconto di mio nonno ho capito che la guerra porta solo tristezza e la mia speranza è che al mondo non ci siano piÚ persone che soffrano a causa delle guerre. (GIORGIO GRIMA)


Il mio bisnonno è andato a fare la guerra in Albania; per sfuggire ai nemici si è nascosto in posti malsani e si è ammalato. Per questo è tornato a casa. A casa della mia trisnonna era nascosta una coppia di anziani ebrei. Quando i Tedeschi andarono via, passarono di casa in casa a prendere tutto ciò che potevano portare via. Per non farli entrare la mia trisnonna mise in corridoio una macchina da cucire e una macchinetta fotografica: in questo modo gli Ebrei non vennero scoperti. (JACOPO FICCADENTI)




LETTURE


“Se questo è un uomo” (Primo Levi)

“Volevo volare come una farfalla” ” ll diario di Anna Frank”


Ringraziamo tutte le persone che ci hanno dato la loro preziosa testimonianza, che siamo più che certi resterà nel ricordo e nel cuore dei ragazzi che l’ hanno raccolta e trascritta e quando questi ragazzi saranno grandi faranno tesoro di quanto appreso dai loro cari e si impegneranno perché ciò che è accaduto non accada più. Alunni e insegnanti classe 4^A scuola primaria Offida


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