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Gatti di razza

Gatti di razza

Quanto è buona la ciotola?

di Paola Cane È stato a lungo ritenuto che l’appetibilità degli alimenti per gatti sia determinata dalle caratteristiche sensoriali come gusto e olfatto. A causa delle particolari caratteristiche morfologiche del gatto, però, fra i fattori che influenzano il gradimento di un cibo ci sono anche la texture, nonché la dimensione e la forma della crocchetta.

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Tra i vari fattori capaci di determinare il successo (o il fallimento) di una linea di alimenti per animali domestici di sicuro vi è la palatabilità, ovvero la facilità con cui un alimento viene accettato e quindi consumato. La valutazione della palatabilità nell’alimentazione umana viene generalmente eseguita tramite analisi sensoriali che hanno l’obiettivo di descrivere, misurare e interpretare le caratteristiche organolettiche percepibili grazie ai sensi. Esse sono condotte tramite specifici “panel test” in cui si valutano colore, forma, consistenza, odore e sapore di un determinato alimento, spesso affiancati da esami chimico-fisici finalizzati a valutare in maniera oggettiva la presenza di eventuali alterazioni ancor prima che esse possano essere percepite dai sensi umani. Sappiamo bene, purtroppo, che quando si tratta di pet food la determinazione della palatabilità presenta specificità che rendono le classiche valutazioni riservate ai prodotti alimentari per uso umano del tutto inadeguate.

COME IL BABY FOOD / Anzi, se proprio dovessimo fare un paragone con un prodotto destinato al consumo umano dovremmo pensare che la valutazione della palatabilità del pet food presenta difficoltà analoghe a quelle che si riscontrano nel campo del baby food. Esattamente come i neonati, infatti, gli animali non posso esprimere le preferenze tramite il linguaggio. Esattamente come per i neonati, il consumatore finale è un soggetto diverso dal responsabile delle scelte di acquisto, per quanto anche quest’ultimo faccia le proprie autonome valutazioni e associ a ciascun prodotto un elenco di convinzioni positive o negative sulla base della propria soggettivissima percezione. E infine, esattamente come i neonati, anche gli animali hanno recettori del gusto e uno sviluppo dei sensi diverso rispetto a quelli di un uomo adulto.

I TEST / Nonostante la valutazione della palatabilità presenti quindi non poche difficoltà, per l’industria del pet food

risulta essenziale valutare l’appetibilità dei prodotti, tramite l’uso di sistemi o protocolli che a oggi risultano abbastanza definiti. Come sappiamo, infatti, i metodi più comuni per valutare l’accettabilità di un alimento per cani e gatti sono il test monadico a ciotola singola e il test a doppia ciotola. Il test a ciotola singola misura l’assunzione del cibo, cioè se il cane o il gatto consumano una quantità di cibo adeguata a mantenere il peso corporeo, indipendentemente da qualsiasi elemento di paragone, senza fornire informazioni sul grado di gradimento del cibo, dato che invece risulta dal test a doppia ciotola. Tali test includono, inoltre, la registrazione della durata dell’alimentazione, a partire dall’ingestione della prima crocchetta fino all’ultima, e l’osservazione di aspetti comportamentali inclusa, ad esempio, l’eventuale esitazione prima dell’alimentazione. Tuttavia, a seconda delle condizioni di somministrazione, del numero di soggetti, della loro alimentazione precedente e della durata di tali test, non sempre si tratta di strumenti capaci di tenere pienamente conto della complessità dell’esperienza alimentare dei pet e di rappresentare con fedeltà quello che sarà il comportamento dei consumatori a quattro zampe una volta che il prodotto verrà somministrato nelle casa.

AFFIDABILITÀ / Infatti se, da un lato, l’industria del pet food ha investito significativamente in ricerca e test di appetibilità considerandola uno dei criteri più importanti nella formulazione degli alimenti per cani e soprattutto per gatti, i risultati di tali analisi hanno spesso fornito informazioni limitate e inaffidabili, vuoi per la necessità di migliorare i protocolli, vuoi perché l’appetibilità del pet food dipende innanzitutto dall’animale, ed è quindi imprescindibile comprendere quali siano le percezioni e le preferenze sensoriali degli animali, dovute, molto spesso alle loro caratteristiche morfologiche e fisiologiche. Prendiamo, ad esempio, il gatto. Quante volte nei pet shop abbiamo visto scene di disperazione davanti alla corsia del cat food, con i proprietari intenti ad accontentare felini riluttanti, schizzinosi o divenuti improvvisamente indifferenti verso il loro solito pasto? Il gatto è un carnivoro obbligato altamente specializzato e questo si riflette non solo sulle sue esigenze nutrizionali, nella fisiologia digestiva, ma anche sull’anatomia del suo apparato masticatorio e sulle sue percezioni sensoriali e, conseguentemente, sulle sue preferenze alimentari.

Il test a ciotola singola misura l’assunzione del cibo, cioè se il cane o il gatto consumano una quantità di cibo adeguata a mantenere il peso corporeo, indipendentemente da qualsiasi elemento di paragone, senza fornire informazioni sul grado di gradimento del cibo

UN PALATO SOFISTICATO / Il gatto ha una bocca larga, corta e compatta, con 30 denti: 12 incisivi, otto premolari, sei molari e quattro canini che per conformazione anatomica sono adatti a recidere, tagliare, spezzare e raschiare, ma non a masticare o a triturare. La lingua, dotata di 473 papille gustative (nell’uomo il loro numero varia tra 2.000 e 10.000 in base a caratteri genetici) non è sensibile al gusto dolce ed è ipersensibile al gusto amaro, poiché ciò gli consente di evitare aromi sospetti, spesso associati ad alimenti potenzialmente tossici o avariati. Il gatto, essendo una macchina perfetta, non solo compensa il numero ristretto di papille gustative con un olfatto ben sviluppato, ma molto intelligentemente predilige sostanze e nutrienti adatti alla sua natura di carnivoro obbligato, restando indifferente o dimostrando addirittura avversione per ciò di cui il suo metabolismo non ha bisogno: tale sua caratteristica è stata definita “saggezza nutrizionale”. Tale qualità, tra le altre cose, sembra essere connessa al possesso di strategie di alimentazione flessibili che inducono i gatti a selezionare una dieta ragionevolmente equilibrata, composta da risorse nutrizionalmente variabili, e che spesso nel gatto domestico, alimentato ripetutamente con lo stesso pet food, induce l’animale ad improvvisi rifiuti, come se fosse stanco della solita monotonia alimentare.

QUESTIONE (ANCHE) DI FORMA / È stato a lungo ritenuto che l’appetibilità degli alimenti per gatti sia determinata dalle caratteristiche sensoriali - in particolare olfatto, gusto - e dalle esperienze precedenti: infatti la propensione ad accettare un alimento è influenzata anche da elementi esperienziali e soggettivi, tra i quali l’alimentazione della madre durante la gravidanza e i sapori con i quali l’animale è venuto in contatto nella prima fase della vita, a partire dallo svezzamento fino al sesto, ottavo mese di età. Tuttavia, occorre considerare che proprio a causa della particolari caratteristiche morfologiche del gatto, spesso uno dei fattori che influenza l’appetibilità è la texture del prodotto, nonché la dimensione e la forma della crocchetta, poiché le dimensioni e le forme della bocca dei gatti determinano quali crocchette sono più facili e più gradevoli da ingerire. Ma l’insieme delle caratteristiche sensoriali ovvero di odore, aroma, consistenza, texture ed aspetto sono solo alcuni degli aspetti che influenzano l’accettabilità nel gatto: la comprensione della sua fisiologia e delle sue esigenze nutrizionali è la chiave per produrre un alimento che possa essere gradito del tempo, che non venga improvvisamente rifiutato, risultando “monotono”. Una buona valutazione dell’appetibilità, quindi, proprio per la grande rilevanza, necessita la considerazione di elementi che vanno oltre all’aspetto sensoriale e aromatico e richiede di adottare criteri e protocolli sempre più multidisciplinari e complessi.

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