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E-COMMERCE/VEEPEE

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BUYERS' OPINION

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PLAYER DELLE FLASH SALE

Nuovi progetti anche nella Penisola

Parla il country manager Italia

Veepee: anche in Italia la parola chiave è partnership

L’e-tailer, che ogni anno investe circa 100 milioni di euro in ricerca & sviluppo, ha un legame particolarmente forte con il nostro Paese, dove il potenziamento della relazione con i brand va di pari passo con nuovi servizi, pensati anche per le nuove generazioni

DI ALESSANDRA BIGOTTA

Su 66 milioni di iscritti su Veepee, l’etailer leader nelle flash sale con ricavi complessivi pari a 3,8 miliardi di euro nel 2020, 12 milioni sono italiani. «Un Paese sul quale stiamo focalizzando diversi progetti, in base a una visione B2B first, per offrire ai marchi partner servizi complementari alle loro strategie», spiega il country manager Andrea Scarano. «In particolare - prosegue - abbiamo lanciato di recente anche nella Penisola InShop, che permette ai brand di connettere a una nostra flash sale lo stock presente fisicamente nelle loro rete di negozi, per una gestione in real time

InShop, Brandsplace,

Re-cycle e Re-turn: quattro keyword per le nuove strategie

integrata». Da citare inoltre Brandsplace, «un marketplace dove sono i marchi a dettare le regole, nel senso che possono dare risalto ai loro prodotti, scegliendo l’identity e l’immagine che più li rappresenta, in un ambiente premium e avvalendosi della customer base di Veepee». Un fronte caldo è la sostenibilità, con alcuni servizi che, dopo essere stati lanciati con successo in Francia, sono in dirittura d’arrivo anche da noi. «Si tratta di Re-cycle e Re-turn - sottolinea il manager -. Il primo permette al brand di raggiungere i propri clienti attra-

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1. Andrea Scarano 2. Le cifre clou dell’etailer 3. Uno shopping user-friendly è alla base del successo di Veepee 4.La sede di Veepee a Parigi (© Vincent Fillon)

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verso un evento esclusivo sulle nostre piattaforme: gli utenti hanno la possibilità di rendere dei prodotti usati del marchio e in cambio ottengono un voucher da utilizzare per un nuovo acquisto, nei negozi fisici o online del marchio stesso». Questi prodotti «possono essere donati, riciclati o sottoposti a un trattamento per essere venduti nel mercato second hand: l’obiettivo è dare loro una seconda vita, coinvolgendo attivamente il cliente». Quanto a Re-turn, che in Francia conta già due milioni di account registrati sulla piattaforma dedicata, «è un servizio volto alla gestione dei resi tramite una piattaforma C2C ad hoc, in cui l’utente che vuole fare un reso può rivenderlo direttamente agli altri utenti. I clienti che comprano hanno uno sconto aggiuntivo, offerto da Veepee come incentivo all’acquisto». Scarano precisa che «dare una nuova vita ai prodotti è al centro del nostro modello fin dalla sua creazione nel 2001, vendendo gli stock delle marche con le flash sale, oppure commercializzando articoli tech ricondizionati e accessori di lusso di seconda mano». Per il 2021 l’obiettivo di Veepee è consolidarsi come leader in Europa, dove è presente in 10 Paesi, rafforzando ulteriormente la relazione con i brand e diventando loro partner digitale per le strategie promozionali. Un ruolo chiave spetta poi alle nuove generazioni di clienti, «un terreno fertilissimo per noi - conclude il manager - che raccontiamo e proponiamo decine dei migliori brand al giorno con offerte incredibili. Diamo la possibilità anche ai più giovani di scoprire nuovi marchi e avvicinarsi a nomi premium o del mondo del lusso, che forse in un altro contesto non avrebbero mai approcciato». 

LA SHOPPING EXPERIENCE NON PUÒ FARE A MENO DI UN’EXPERTISE OMNICHANNEL EVOLUTA

CEGID SUPPORTA PIÙ DI 1.000 BRAND INTERNAZIONALI, MOLTI DEI QUALI DELLA MODA E DEL LUSSO, NELLA TRASFORMAZIONE DIGITALE E OMNICANALE, GRAZIE ALLA PIATTAFORMA CEGID RETAIL. CON MARIO DAVALLI, COUNTRY MANAGER SOUTHERN EUROPE, FACCIAMO IL PUNTO SULLE NUOVE SFIDE DEI RETAILER, SUI PASSI FALSI DA EVITARE E SUGLI ASSET DA SFRUTTARE

Alla CEO Roundtable on Digital Excellence del 26 maggio è parso ancora più chiaro come per i retailer del fashion & luxury l’omnicanalità non rappresenti più solo un’opzione, ma una priorità. In questo contesto un ruolo chiave spetta a realtà come Cegid, fondata nel 1983, con sede principale a Lione e uffici in 15 Paesi, 3mila collaboratori e un fatturato 2020 di 498 milioni di euro. Infatti Cegid supporta oltre 1.000 brand - con 75mila punti vendita in 75 Paesi - nel loro processo di trasformazione digitale e omnicanale, attraverso la piattaforma per il commercio unificato Cegid Retail. Alla CEO Roundtable Mario Davalli (Country Manager Southern Europe di Cegid), ha parlato dei servizi su cui le aziende del fashion & luxury devono puntare dopo lo choc della pandemia. «Fondamentali per i retailer sono lo stock in tempo reale e la sua corretta gestione - spiega -. Il cliente deve poter trovare instore tutto ciò che cerca e in tempi veloci». Necessaria inoltre una gestione ottimale del CRM, «affinché tutti i dati presenti in azienda arrivino direttamente ai sales assistant. Solo così questi ultimi possono gestire al meglio la relazione con i clienti stessi». Il vero hub del servizio è oggi il punto vendita: «I processi che prima erano tipici della sede, come la spedizione dall’e-commerce, ora vengono fatti direttamente in-store», fa notare Davalli, aggiungendo che «Il tema mobility è centrale. C’è sempre meno cassa fisica e, per contro, una mobilità totale in modo da riconoscere il cliente in-store, mentre la vendita multicanale è ormai un’abitudine e crescono i pagamenti in mobilità». Impensabile che i sales assistant non abbiano dimestichezza con i device mobili, dovendo gestire quotidianamente le vendite a distanza. Lo store associate è più che mai multitasking: «Deve saper gestire strategie omnicanale complesse - osserva il manager di Cegid - come il ritiro fuori dal negozio, le modalità BOPUS (Buy Oline Pick-up Instore) e BORIS (Buy Online Return In-store) e il servizio Ship From Store. Gli occorrono strumenti centralizzati che lo aiutino a orientarsi al meglio». Ma per ottenere il meglio dalla tecnologia il punto di partenza restano le strategie human-centric: «Il retail - conclude Davalli - è ancora fortemente legato all’intrattenimento e all’esperienza, a maggior ragione in periodi difficili come questo. La tecnologia è dunque il mezzo per rendere questo settore a prova di futuro, senza rinunciare alla componente umana».

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