l'Industria Meccanica 710 - luglio-agosto 2017

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710 LUGLIO

AGOSTO 2017 MAGAZINE UFFICIALE ANIMA | CONFINDUSTRIA

IO, TI RICONOSCO COLLABORO, SCELGO, IMPARO. È INNOVAZIONE NON FANTASCIENZA. SONO LE TECNOLOGIE CHE RIVOLUZIONERANNO LA FABBRICA (E LA VITA) In questo numero: intervista a Salvatore Majorana, IIT

Oil&Gas: saldare una pipeline in condizioni estreme Contratti: di chi è veramente il design made in Italy? Verso Expo Dubai: come aprire una società in free zone

All’interno: Listino prezzi materiali di interesse per la meccanica varia n. 717 - Costo orario medio dell’operaio n. 23 - Rilevazioni statistiche prestazioni di personale gennaio 2017


Dall’imballaggio alla consegna, progettiamo e gestiamo la vostra logistica integrata; con cura, con voi.

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Un uomo meccanico in fabbrica? Il robot che prende decisioni. Lo mettereste mai in una fabbrica? Lo farete. Magari non avrà l’aspetto di un uomo o di un bambino, come iCub, il robot umanoide dell’istituto italiano di Tecnologia che abbiamo voluto sulla copertina di questo numero. Ma dalla ricerca che ha progettato i suoi sensori, dalla tecnologia che gli permette di rimanere in equilibrio, o dalla sua pelle artificiale sensibile al tatto, possono nascere sistemi di ausilio per il lavoro in fabbrica, oppure “cobot” capaci di gestire con precisione carichi pesanti, visori in grado di riconoscere forme e funzionalità di un oggetto. Un robot, insomma, è “una piccola fabbrica intelligente”, come ci ha detto in un’intervista Salvatore Majorana, direttore del technology transfer all’IIT. È la scienza che si trasforma in innovazione concreta, insomma. Ed è solo attraverso l’innovazione che il piano Industria 4.0 può essere l’occasione per un balzo evolutivo per l’industria italiana. E non soltanto un incentivo fiscale per ammodernare il parco macchine o per un investimento a breve termine. Non a caso Open to innovation! è anche il titolo dell’evento dell’Assemblea generale di Anima di quest’anno, in programma l’11 luglio al Museo della scienza e della tecnologia di Milano. In questo numero dell’Industria Meccanica la tecnologia è il tema principale. Raccontiamo, per esempio, come l’italiana Bonatti abbia sviluppato un proprio sistema di saldatura per l’oil&gas che è diventato presto uno dei principali fattori di successo dell’azienda. Anche la sezione logistica è in tema 4.0, focalizzata sui carrelli elevatori. Come in ogni numero trattiamo poi i diversi temi utili per migliorare il business delle imprese. Nella sezione dedicata a sicurezza e ambiente si arricchisce il nostro approfondimento sulle normative legate allo smaltimento dei Raee. Parliamo poi di export, con un particolare focus su Dubai e gli Emirati Arabi: spieghiamo infatti le modalità di apertura di una società in virtual free zone (con l’Expo 2020 che si avvicina). Non può mancare il tema energia: ci concentriamo allora sulle politiche energetiche mondiali e italiana. Infine trattiamo ancora lo scottante caso dei trasporti eccezionali, costretti a rimanere fermi negli stabilimenti. Approfondimenti tecnici e recensioni completano questo numero dell’Industria Meccanica.

L’Industria Meccanica - Pubblicazione bimestrale di ANIMA/Confindustria Registrazione Tribunale di Milano N. 427 del 17.11.73 Direttore responsabile Giuseppe Bonacina - bonacina@anima.it Direttore editoriale Alessandro Durante - durante@anima.it Comitato editoriale Michele Bendotti, Giuseppe Bonacina, Sandro Bonomi, Maurizio Brancaleoni, Alberto Caprari, Alessandro Durante, Paola Ferroli, Andrea Orlando, Mario Salvi Comitato tecnico-scientifico Pierangelo Andreini, Antonio Calabrese, Roberto Camporese, Pietro Luigi Cavallotti, Alessandro Clerici, Rodolfo De Santis, Marco Fortis, Ennio Macchi, Giovanni Riva, Pietro Torretta, Giuseppe Zampini Redattore Carlo Fumagalli - fumagalli@anima.it Segretaria di redazione Cinzia Alchieri - alchieri@anima.it - Tel. 02 45418.211 Hanno collaborato a questo numero: Laura Aldorisio, Pierangelo Andreini, Danilo Bonato, Stefano Bonfanti, Silvia Borghi, Franco Canna, Nico de Corato, Veronica Di Luca, Natalia Franchi, Dante Ghisi, Mauro Ippolito, Federico Musazzi, Matteo Mussi, Irene Nava, Sabrina Suardi Impaginazione Abc Production Fabio Lunardon - lunardon@anima.it Responsabile della pubblicità Mario Salvi - salvi@anima.it Direzione e Redazione ANIMA Federazione delle Associazioni Nazionali dell’Industria Meccanica Varia e Affine Via Scarsellini 13 - 20161 Milano | Tel. 02 45418.500 - Fax 02 45418.545 www.anima.it - anima@anima.it Online: www.industriameccanica.it | Twitter: @IndMeccanica Gestione, amministrazione, abbonamenti e pubblicità A.S.A. Azienda Servizi ANIMA S.r.l. Via Scarsellini 13 - 20161 Milano - Tel. 02 45418.200 Abbonamento annuo (6 numeri) Italia 80 euro - Estero 110 euro Si comunica ai Sigg. abbonati che, avvalendosi del contenuto dell’art. 74 lettera C del D.P.R. 26.10.1972 N. 633 e del D.M. 28.12.89, A.S.A. S.r.l. non emetterà fatture relative agli abbonamenti Stampa Bonazzi Grafica - Sondrio - www.bonazzi.it È vietata la riproduzione di articoli e illustrazioni de “L’Industria Meccanica” senza autorizzazione e senza citarne la fonte. La collaborazione alla rivista è subordinata insindacabilmente al giudizio della Redazione. Le idee espresse dagli autori non impegnano né la rivista né ANIMA e la responsabilità di quanto viene pubblicato rimane degli autori stessi.

Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ROC N. 4397

La Redazione - @IndMeccanica

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8 RUBRICA | Donne e uomini al timone 11 RUBRICA | i 400 caratteri

46 Il carrello 4.0 al 250% di Laura Aldorisio

Brevi dal mondo dell’industria

14 I Bond per investire in innovazione 16 Approfondimenti tecnici 18 Una politica coerente e mirata per guidare la transizione energetica

52

di Pierangelo Andreini, Politecnico di Milano

22 Etichettatura energetica: facciamo ordine a favore del consumatore di Federico Musazzi

24

SICUREZZA&AMBIENTE 52 Normative ambientali per la gestione del fine vita delle apparecchiature elettriche ed elettroniche: scenari e prospettive di Danilo Bonato, Consorzio Remedia

56 Batterie esauste. Come trattarle per garantire la sicurezza degli addetti ai lavori? di Sabrina Suardi, Gruppo Safe

60 RsppItalia.com e la sicurezza sul lavoro 24h su 24h AUTOMAZIONE&PRODUZIONE 26 Saldare e non toccare

63 Ansia? No, grazie di Dante Ghisi

30 Iperammortamento, 4 domande e 4 risposte 32 IT+OT=SPS

In copertina: iCub, il robot sviluppato dall’Istituto Italiano di Tecnologia, Foto D. Farina © IIT, 2016 Elaborazione grafica ABC Production

di Franco Canna

36 Intervista a Salvatore Majorana di Carlo Fumagalli

SOMMARIO N. 710

46

La velocità è la forma di estasi che la rivoluzione tecnologica ha regalato all’uomo. (Milan Kundera)

LOGISTICA&MOVIMENTAZIONE

5 | LUGLIO AGOSTO 2017



64 Di chi è il mio design? Alcune regole per una risposta certa di Matteo Mussi e Silvia Borghi

68 Trattare l’acqua negli impianti di casa per efficienza e risparmio di Stefano Bonfanti

70 La vera sicurezza è la formazione

74 EXPORT&MERCATI

74 Dubai. Come aprire una società in free zone in tempo per Expo 2020 di Nico de Corato

78 Un’alternativa al protezionismo? Free trade agreements di Veronica Di Luca, Easyfrontier

82 L’economia guarda ad est. Arabia Saudita e Russia nuovi padroni del petrolio. di Mauro Ippolito, Wings Partners

84 I ponti che fanno crollare l’export e creano gli “esodati” dei trasporti eccezionali di Alessandro Durante

87 Il greggio scende ma Omc sale 88 A Host 2017 le food technologies sono 4.0 90 Un App per spingere la mobilità elettrica in Italia di Natalia Franchi

SOMMARIO N. 710

92 Le valvole italiane che fanno girare il mondo

I computer sono inutili. Essi possono dare solo risposte. (Pablo Picasso)

95 RUBRICA | Recensioni 96 ABBONAMENTI 97 TABELLE ANIMA – BIANCHE, BLU, ARANCIO 7 | LUGLIO AGOSTO 2017


Ugo Pettinaroli

Alessio Rossi

Ugo Pettinaroli, presidente di Avr, associazione valvole e rubinetti, federata ad Anima, è stato eletto presidente Ceir, associazione europea dei costruttori di valvole e rubinetti. Rimarrà in carica fino al 2019. Ugo Pettinaroli è amministratore delegato della Fratelli Pettinaroli SpA e Ceo del Gruppo Pettinaroli. Il presidente Pettinaroli sarà affiancato dal vicepresidente Carlos Velazquez del gruppo spagnolo Roca.

Alessio Rossi è il nuovo presidente dei Giovani Imprenditori per il triennio 2017-2020. Entra nella squadra di Vincenzo Boccia come vicepresidente di Confindustria. Alessio Rossi è presidente esecutivo di Imaco SpA. Nel 2014 Rossi ha costituito una società di venture capital che investe direttamente nel capitale di rischio delle startup innovative. Nel 2015 ha fondato l’associazione benefica “Impresa da Bambini” e nel 2016 l’associazione ha lanciato la campagna “Adotta una Scuola” per intervenire nelle zone colpite dal sisma.

Fausto Fustini

Andrea Orlando

All’assemblea Assoferma dello scorso giugno, è stato eletto come nuovo presidente Fausto Fustini dell’azienda Cisa Spa. Rimarrà in carica fino al 2019. Il neoeletto ha ringraziato tutti i presenti e in particolare il suo predecessore Bruno Cavestri di Antipanic Srl al quale si è rivolto dicendo: «Ho lavorato con lui parecchi anni ed è lui che mi ha trasmesso il valore che ha l’associazione e quello che rappresenta per il territorio nazionale». Fustini ha poi delineato il programma: «Ritengo che abbiamo delle opportunità di far ascoltare ulteriormente la nostra voce a livello europeo. Metterò tutto il mio impegno ed esperienza in questo nuovo ruolo e per il quale sono onorato di rappresentare tutti gli Associati».

Il Direttore Generale di Anima, Andrea Orlando, è stato nominato vicepresidente Uni, in qualità di delegato di Confindustria. «Da quando mi sono occupato di normazione ho avuto la possibilità di toccare con mano l’importanza che le norme rivestono per le aziende in termini di crescita, supporto alla competitività delle aziende e tutela dei prodotti. La delega all’Industria 4.0 è una grande sfida». La nomina a vicepresidente Uni è un ritorno alle origini se si pensa che nel 1921, l’ente di normazione nasceva all’interno dell’ufficio Tecnico Anima come Ufficio Norme per l’Industria Meccanica.

RUBRICA | Donne e Uomini al timone

Presidente del Ceir

Presidente dei giovani imprenditori di Confindustria

Presidente di Assoferma

Vicepresidente Uni

l’industria meccanica 710 | 8


Donne e Uomini

Gian Luca Cremonesi

Fabio Sabbadini

Francesco Agostino

Ana Cruz

L’assemblea dei soci di Air Liquide Italia ha nominato, lo scorso maggio, Gian Luca Cremonesi presidente del consiglio di amministrazione, succedendo in questa carica a Maurizio Scarpa, che ha ricoperto l’incarico negli ultimi 10 anni. Il consiglio di amministrazione ha nominato, con decorrenza 1° giugno, Francesco Agostino direttore generale e amministratore delegato di Air Liquide Italia, succedendo a Frédéric Lamouroux, che ha guidato il gruppo in Italia dal 2012.

Con il Fuorisalone 2017 diventa pienamente operativo il nuovo management team Geberit Italia. Giorgio Castiglioni, direttore generale è oggi affiancato da Fabio Sabbadini nel ruolo di direttore vendite mentre a capo di marketing e product management è arrivata Ana Cruz. “Con questo assetto Geberit conferma l’importanza del mercato italiano e l’intenzione di investire ulteriormente nello sviluppo di una strategia a supporto del claim ‘dentro e fuori parete’ spiega Giorgio Castiglioni”.

Presidente del consiglio di amministrazione

Direttore vendite di Geberit

Direttore generale e amministratore delegato di Air Liquide Italia

Marketing e product management di Geberit

9 | LUGLIO AGOSTO 2017


ANIMA PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE: UN SERVIZIO DI SUPPORTO QUALIFICATO PER LE AZIENDE NEL PROPRIO BUSINESS ESTERO PRESENTA

FOCUS PAESE 2017: PER TROVARE LE RISPOSTE CHE CERCHI

Federazione Anima a supporto delle Aziende del comparto, presenta i nuovi incontri di approfondimento su alcuni Mercati Esteri selezionati per aree di prospettico sviluppo e interesse per la filiera meccanica, con l’obiettivo di dare strumenti e orientamenti concreti ai problemi che le imprese si trovano ad affrontare nella loro attività di estensione delle opportunità commerciali all’estero.

NUOVI PAESI - NUOVE DATE 2017

Perché lo sviluppo Export di qualunque azienda necessita sempre più di CONOSCENZA e STRATEGIA su mercati, opportunità e nuove dinamiche.

17 MAGGIO => RUSSIA

RELATORI DEI FOCUS: ICE + collegamento Skype con corrispondenti Locali | Studi Legali internazionali | Istituti Bancari internazionali | Professionisti Sviluppo Business Estero | Esperti in tematiche doganali | Consolati e Ambasciate

PARTECIPANTI DEI FOCUS: Responsabili Export, amministrativi, imprenditori e manager, direttori marketing/vendite, in generale tutti coloro che si trovino ad essere coinvolti nell’internazionalizzazione d’impresa. I FOCUS SI RIVOLGONO: sia aziende in fase di start up sui Paesi, sia coloro che già vi svolgono una attività, ma desiderino implementarla, modificarla o abbiano specifiche problematiche da affrontare. I Focus Paese ANIMA non sono convegni generalisti, ma incontri specialistici concreti, volutamente riservati a massimo 20 partecipanti, per favorire l’interazione e il confronto diretto tra aziende e relatori, professionisti autorevoli in ambito internazionale.

8 FEBBRAIO => CINA 22 MARZO => IRAN 10 MAGGIO => USA new

14 GIUGNO => DUBAI - EMIRATI 28 GIUGNO => MESSICO 5 LUGLIO => VIETNAM

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20 SETTEMBRE => IRAN post elezioni new 11 OTTOBRE => MAROCCO 8 NOVEMBRE => ARGENTINA LO SAPEVI? LA PARTECIPAZIONE AI FOCUS PAESE ANIMA PUO’ ESSERE FINANZIATA A FONDO PERDUTO ATTRAVERSO I FONDI INTERPROFESSIONALI PER LA FORMAZIONE CONTINUA. INFORMATI O CHIEDI ASSISTENZA SULL'UTILIZZO DI FONDIMPRESA A internazionalizzazione@anima.it

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i 400 caratteri

CARRELLI

Filiale per Milano e Monza Brianza La filiale Lombardia di Om Still si trasferisce a Lainate, nell’edificio del quartier generale dell’azienda e vicino al centro usati aziendale che verrà inaugurato a breve. La filiale copre le province di Milano e Monza Brianza con 60 persone: dagli addetti alle vendite ai tecnici esterni, dal service agli addetti all’usato e al noleggio; inoltre è in grado di evadere gli ordini in 24 ore su tutto il territorio di competenza.

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ENERGY MANAGEMENT

SIMULAZIONE

Strumenti software per la digitalizzazione delle imprese

Ridurre i costi con l’analisi dei dati

Guida autonoma: Hexagon acquista Vires

Sap propone due nuove iniziative: Sap Cloud Trust Center e Sap Transformation Navigator. Inoltre Sap Leonardo è ampliata con nuove funzioni integrate con le applicazioni già esistenti. Tra le altre novità, Sap ha rafforzato la partnership con Google, e Sap Cloud Platform ora offre un ambiente multicloud che consente ai clienti di sviluppare app utilizzando provider di infrastruttura di loro scelta.

Abb ha realizzato il pilot dell’Ability electrical distribution control system con il Consorzio di bonifica veronese. Il sistema di controllo di distribuzione elettrica basato sulla piattaforma cloud Microsoft Azure che raccoglie, elabora e archivia i dati, e consente di ridurre notevolmente i tempi di manutenzione degli impianti e i costi operativi, offrendo ai clienti informazioni in tempo reale

Hexagon acquista Vires, ed espande così il portfolio di simulazione accelerando la strategia di guida autonoma. L’azienda tedesca Vires è un fornitore di soluzioni software che supportano sviluppo, test e validazione di tecnologie di guida con conducente e a guida interamente autonoma. Prodotto centrale dell’azienda è Vires Virtual test drive, che supporta un’ampia gamma di ulteriori strumenti e servizi.

11 | LUGLIO AGOSTO 2017


ESSERE SOCI ANIMA CONVIENE! CONVENZIONI E PARTNER ANIMA | LUGLIO 2017 Federazione ANIMA, attenta alle crescenti esigenze su aspetti produttivi, strategici e gestionali delle proprie aziende associate, ha sviluppato e costantemente arricchisce un esclusivo programma di proprie convenzioni e accordi con partner strategici di business. I settori coinvolti sono i più vari e ciascuno contribuisce a un concreto supporto nell'attività aziendale quotidiana dei Soci ANIMA. Le schede dettagliate delle convenzioni sono disponibili per i Soci all'interno dell'area riservata del sito ANIMA (inserendo le chiavi di accesso). Inoltre… tutti i Soci usufruiscono in modo automatico anche dei vantaggi legati alle Convenzioni di Confindustria, in quanto ANIMA appartenente al Sistema Confindustriale.

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TRATTAMENTO SUPERFICI

ESPLORAZIONE E PRODUZIONE

Auto solare con prestazioni elevate

Il Gruppo Omsg si espande

Tre nuovi contratti in Messico per Eni

A giugno Omsg ha consolidato il proprio posizionamento con l’acquisizione della storica Carlo Banfi. La Carlo Banfi ha legato il proprio nome in modo particolare alla produzione di granigliatrici abbinate ai settori di filo e barre metalliche, filo in matassa, impianti di sabbiatura automatici per sabbiatura Interno boiler, granigliatrici per fonderia, sabbiatrici per carrozze ferroviarie, pallinatrici per molle e molle a balestra, granigliatrici a tunnel per carpenteria metallica, e impianti di granigliatura speciali.

Eni si è aggiudicata 3 delle 10 aree offshore nel bacino di Sureste, nel Golfo del Messico. Lo rende noto la Commissione nazionale degli idrocarburi (Cnh), l’agenzia federale responsabile dell’appalto e della firma degli accordi di esplorazione ed estrazione di petrolio e gas in territorio messicano. Le aree che verranno sfruttate dalla società italiana, da sola o come membro di partnership si estendono su 1.590 kilometri quadrati.

Scm Group affianca l’Università di Bologna nel progetto Onda Solare per la creazione di un nuovo modello di auto elettrica solare. Potrà raggiungere i 120 km/h, con autonomia di 500 km. Il nuovo progetto parteciperà a ottobre 2017 alla World solar challenge in Australia, dopo i successi dell’auto elettrica alimentata a pannelli solari Emilia 3. Obiettivo del progetto? Creare in meno di due anni un’automobile solare dalle elevate prestazioni.

TELECONTROLLO

Una nuova illuminazione pubblica Il comune reggiano di Montecchio Emilia è stato premiato per il progetto “Smart lux”. Con la sostituzione di 2.400 punti luce sull’intero territorio comunale ha consentito un risparmio sui consumi del 65%. Il progetto è stato realizzato con una forma di partnership pubblico/ privato con Cpl Concordia, utilizzando un innovativo sistema di telecontrollo e telegestione. La rete di connessione digitale potrà essere utilizzata in futuro per ulteriori servizi pubblici.

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Sulla rivista online puoi trovare altre notizie di impresa, economia e industria. Visita industriameccanica.it e seguici su Twitter @IndMeccanica


I bond per investire in innovazione

RUBRICA | Approfondimenti tecnici

Il profilo adeguato “M

all’utilizzo dei bond è quello di aziende sane e solide e che prevedono un investimento in tecnologie 4.0 a partire da 2-3 milioni di euro in su.

eccanica Bond 4.0” è un progetto di sistema che consente alle imprese di ottenere il capitale necessario per finanziare progetti di investimento di medio-lungo termine, necessario per acquisire nuovi impianti, fare migliore ricerca e sviluppo, investire in brevetti o acquisire altre imprese. Federazione Anima ha trovato nel Politecnico di Milano il partner scientifico del progetto “Meccanica Bond 4.0”, assieme a Banca Finint, uno dei più rilevanti operati finanziari nel comparto dei bond. Si tratta di uno strumento che offre agli investitori la possibilità di diversificare il rischio e alle imprese l’opportunità di avere a disposizione risorse di capitale consistenti attraverso un’operazione di cartolarizzazione di sistema. Cosa sono i bond? Sono titoli di debito (obbligazioni) che, a seguito delle innovazioni legislative introdotte negli anni recenti, consentono alle imprese, anche di piccola e media dimensione costituite come società di capitale, di diversificare le tradizionali fonti di finanziamento del debito bancario. Dal 2013 questa tipologia di strumenti ha consentito di raccogliere 11 miliardi di euro a beneficio di oltre 200 imprese. L’Industria 4.0 è una leva competitiva necessaria. Professionisti ed esperti accompagnano l’imprenditore alla ricerca della migliore soluzione. Alcuni settori sono già all’avanguardia sul 4.0 e sono di esempio alla filiera e ai concorrenti. La quarta rivoluzione industriale, grazie ai benefici messi a disposizione dal piano nazionale, oggi è possibile. Il profilo adeguato all’utilizzo dei bond è quello di aziende sane e solide e che prevedono un investimento in tecnologie 4.0 a partire da 2-3 milioni di euro in su. I bond sono misure compatibili con i benefici previsti dal Piano Industria 4.0, come il superammortamento e il credito d’imposta su R&S. Per informazioni: www.i4punto0.it

l’industria meccanica 710 | 14


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RUBRICA | Approfondimenti tecnici

Legislazione, Direttive

Aggiornamento della Guida all’applicazione della Direttiva Macchine: nuova bozza dalla Commissione Il Comitato Macchine della Commissione europea ha condiviso un’ultima bozza di aggiornamento della Guida all’applicazione della Direttiva Macchine 2006/42/CE. La Commissione ha presentato il testo come revisio-

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ne definitiva e intende pubblicare in breve tempo il documento in maniera ufficiale. Ai componenti del Comitato Macchine è stato lasciata ancora qualche settimana per la presentazione degli ultimi commenti. Nel corso degli ultimi due anni il Comitato Macchine ha lavorato all’aggiornamento della Guida esistente. Buona parte dei suggerimenti di modifica sono stati implementati. Un Gruppo editoriale continuerà a lavorare per discutere tutti i punti sui quali non è stato trovato un accordo all’interno del Comitato Macchine e aggiornare di conseguenza la Guida.


approfondimenti tecnici Legislazione, Direttive

Direttiva 2000/14/CE – Al via lo Studio per la valutazione e l’impact assessment Prendono il via le attività per lo sviluppo dello “Studio di supporto per la valutazione e l’impact assessment della Direttiva 2000/14/CE concernenti l’emissione acustica ambientale delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all’aperto”. Lo studio verrà pubblicato nel mese di maggio del 2018. I lavori sono guidati da Valdani Vicari e Associati (gruppo VVA) e da un consorzio di cui fanno parte il Danish Technological Institute (DTI), Tecnopolis Group (TG), il Joint Institute for Innovation Policy (JIIP) e Van Dijk Management Consultancy (BVDMC). Le attività di sviluppo proseguiranno per dodici mesi, nel corso dei quali potranno esserci attività di consultazioni pubbliche e non. Legislazione, AMBIENTE

Garanzie finanziarie raccolta RAEE Sulla Gazzetta Ufficiale del 27 maggio 2017 è stato pubblicato il Decreto 9 marzo 2017 n. 68 relativo alle modalità di prestazione delle garanzie finanziarie da parte dei produttori di apparecchi elettrici ed elettronici domestici ai sensi della Direttiva RAEE. Il ministero dell’Ambiente ha rilasciato il regolamento sulle modalità di prestazione delle garanzie finanziarie a carico del produttore di AEE. Per i RAEE professionali il finanziamento della gestione dei rifiuti elettronici è garantito attraverso l’organizzazione di sistemi individuali o con la partecipazione ai sistemi collettivi. Con il DM 9 marzo 2017 n. 68, in vigore

dall’11 giugno, sono state messe a punto le modalità di prestazione di queste garanzie, definendo: • soggetti obbligati, beneficiario e durata • tipologie, caratteristiche e modalità di prestazione • modalità di calcolo della garanzia • obblighi di comunicazione al Centro di Coordinamento. Legislazione, Direttive

Da direttiva a Regolamento: novità per gli apparecchi a gas Si allargano gli orizzonti e si mira con precisione l’obiettivo. Il mercato cambia e l’evoluzione si rispecchia passo passo nella normativa. La Direttiva 2009/142/CE “In materia di apparecchi a gas” lascia spazio al Regolamento (UE) 2016/426 relativo agli “Apparecchi che bruciano carburanti gassosi”. Non un tecnicismo ma una necessità. Il mercato dimostra che l’esigenza non è limitata agli apparecchi a gas. I sistemi di combustione diventano la parola d’ordine. L’applicazione del Regolamento sarà immediata in tutti i Paesi della UE, garantendo ai fabbricanti un percorso identico in tutti gli Stati Membri. È il dato più significativo: il Regolamento, infatti, a differenza della Direttiva, non deve essere recepito favorendo così una chiarezza per l’approccio al mercato. Il Regolamento è in vigore dal 21 aprile 2016 e sarà applicabile dal 21 aprile 2018. Assotermica, l’associazione dei costruttori di apparecchi e componenti per impianti termici, sta formando i fabbricanti sulle procedure operative che riguardano la certificazione degli apparecchi a gas nella prospettiva dell’entrata in vigore del Regolamento. Si applica a apparecchi e componenti a uso domestico e non, prodotti o introdotti nel mercato UE. Il GAR si estende ad apparecchi fino-

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ra non coperti da GAD né da PED. Si verificherà un’armonizzazione della legislazione UE a carattere tecnico. La direttiva andava revisionata per adeguarla al New Legislative Framework, un dispositivo europeo che riguarda tutti i settori e riferito alla commercializzazione del prodotto. L’obiettivo è garantire la sicurezza di impianti a gas e i loro componenti, per la salute umana e di animali domestici. Durante l’anno Assotermica continuerà a condividere, assieme a tutti gli attori coinvolti, le informazioni necessarie al mercato. Il passaggio deve essere gestito dai fabbricanti. È un passaggio critico ed epocale che implica cambiamenti per la filiera. C’è un documento, messo a punto da un organo tecnico della Commissione, che contiene FAQ utili a chiarire taluni passaggi ma esistono ancora aree di incertezza da chiarire.

Contenuti a cura dell’area tecnica Anima Per iscriversi alla newsletter: tecnico@anima.it


Una politica coerente e mirata per guidare la transizione energetica

L’America di Trump volta le spalle agli accordi sul clima, ma i numeri invitano a ripensare alcune mosse. Nel frattempo l’Italia ha l’occasione di puntare sull’energia verde come leva di competitività economica.

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onostante il cambiamento di rotta del nuovo piano energetico Usa “An America first energy plan”, che punta allo sfruttamento dei giacimenti di carbone e di shale oil e gas nazionali per potenziare il grado di autonomia e ridurre i costi energetici, il resto del mondo mostra di credere ancora nella necessità di incrementare lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica per assicurare la sostenibilità della crescita. Il piano fa leva su circa 50.000 miliardi di dollari racchiusi in rocce di scisto, riserve di petrolio e gas naturale non sfruttate esistenti nel sottosuolo americano, e sul rilancio dell’industria del carbone, per costruire infrastrutture pubbliche, strade, ponti, scuole, ecc., con i ricavi che si possono ottenere dalla nuova energia prodotta. Questo attenuando i vincoli ambientali e semplificando la burocrazia in modo da renderli meno onerosi e dare una spinta all’industria e all’agricoltura americana, così da incrementare l’occupazione e i salari per milioni di statunitensi. Tuttavia, le ragioni del piano sono anche politiche, perché oltre ad essere un bene per l’economia, la nuova amministrazione ritiene che raggiungere l’indipendenza energetica dal cartello dell’Opec e dalle eventuali nazioni ostili agli interessi americani sia un fattore di forza e di maggior sicurezza. Per dare la misura della volontà di realizzare il piano,

di Pierangelo Andreini, Politecnico di Milano l’industria meccanica 710 | 18


nonostante le proteste degli ambientalisti, a fine marzo il presidente americano Donald Trump ha firmato vari decreti, già esecutivi, che eliminano numerose regolamentazioni ambientali che erano state introdotte dal predecessore Barack Obama per porre gli Usa alla guida degli sforzi internazionali sul cambiamento climatico. E ciò proprio nella sede dell’Epa (l’Environmental Protection Agency, fondata da Nixon nel 1970 con lo scopo di proteggere ambiente e salute attraverso la puntuale applicazione di apposite leggi approvate dal Congresso) di cui vengono ridimensionate le competenze e per la quale la legge di bilancio federale, presentata anch’essa nelle scorse settimane, prevede tagli di quasi un terzo dei fondi da assegnare e la riduzione di circa tre mila dei dipendenti. Le disposizioni si estendono alle direttive del Clean Power Plan del 2015 (peraltro già soffocate da battaglie legali) introdotte per raggiungere i traguardi di riduzione delle emissioni sottoscritti dagli Usa nell’ambito degli accordi dell’Onu sul clima di Parigi. Nello specifico sono stati neutralizzati, tra l’altro, la norma che impone agli enti federali di considerare l’impatto sul clima nelle loro decisioni, e di valutare il costo sociale del rilascio di gas serra, e i vincoli sulle emissioni delle centrali termoelettriche, in particolare a carbone, che il piano imponeva di ridurre del 32% dai livelli del 2005 entro il 2030. Tra il resto del mondo che sta a guardare, c’è chi osserva, però, anche negli Usa, che indirizzare la politica energetica di una grande potenza richiede tempi lunghi. Una volta stabilita la direzione da prendere, gli impianti per lo sfruttamento dell’energia non si costruiscono dalla sera alla mattina. Di fatto, solo ora si stanno vedendo i risultati degli otto anni di costante attenzione alle energie rinnovabili dall’amministrazione Obama, che aveva fatto della causa ambientalista uno dei suoi cavalli di battaglia. Così, ad oggi, gli Stati Uniti hanno triplicato la loro produzione di energie verdi rispetto al 2008, grazie agli incentivi fiscali concessi agli impianti eolici e solari, in sinergia con gli esempi virtuosi di giganti del consumo energetico pulito, quali Google, Microsoft e Amazon, pur rimanendo gli Usa, con il 15% di elettricità prodotta da fonti rinnovabili, sempre ampiamente sotto la media mondiale, che si aggira sul 24%. In tal modo solare ed eolico stanno crescendo a passo di carica, con l’eolico che ha recentemente superato la produzione di energia idroelettrica, da sempre la prima delle rinnovabili nel Paese. Un distacco che è destinato a crescere, non essendovi significativi programmi di costruzione di altre dighe, anzi di qualche dismissione. Al

contrario le Wind Farm nascono come funghi, sia negli stati costieri, che sfruttano la conformazione dei fondali per impianti offshore, sia in quelli interni, che non hanno petrolio, ma possono offrire vento a profusione, e anche negli stati ricchi di petrolio, come il Texas, dove gli aeromotori prosperano, convivendo felicemente con i pozzi petroliferi. Ora, però, essendo innegabile che la crescita delle rinnovabili è avvenuta a scapito del carbone, di cui il presidente si è fatto paladino, davanti alle scelte della nuova amministrazione sono in molti a chiedersi cosa succederà di questo cammino di successo. Una previsione non facile, per molti osservatori superflua, in quanto pensano che alla fine deciderà il mercato perché, vincerà sicuramente l’energia offerta al consumatore al prezzo più competitivo. Ma se il criterio economico ha sin qui favorito le risorse fossili, adesso i continui miglioramenti tecnologici stanno incrementando l’efficienza degli impianti solari ed eolici, riducendo il costo dell’energia verde che può rimanere competitiva anche in caso di soppressione di benefici fiscali. Senza tener conto, peraltro, che nella valutazione economica complessiva vanno conteggiati i vantaggi per il clima e la quantità di posti di lavoro che creano le rinnovabili. Perché negli Usa la produzione di elettricità da queste fonti impiega maestranze in continua crescita, per di più fortemente specializzate, superiori a quelle impegnate nella produzione di energia elettrica da carbone, gas e petrolio, messi insieme. Lo dicono i dati pubblicati dal dipartimento dell’Ener-

Indirizzare la politica energetica americana richiede tempi lunghi. Per molti osservatori il mercato sceglierà da solo l’energia offerta al prezzo più competitivo.

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gia (DoE), secondo i quali i lavoratori dell’eolico (oltre 100.000) sono cresciuti del 32% dal 2015 ad oggi, e le proiezioni assicurano che non si tratta di un fenomeno passeggero, anzi, per il Dipartimento del lavoro la domanda di tecnici nel settore eolico sarà quella che aumenterà di più nel corso dei prossimi dieci anni. Quindi, la deregulation ambientale avviata dal presidente Trump potrebbe non servire a rilanciare comparti economicamente in declino quali il carbone, che dal duemila ha visto gli addetti dimezzati, ma perdendo in tal modo solo 50.000 lavoratori poco specializzati. C’è da dire inoltre che le energie rinnovabili sono strenuamente difese dalle organizzazioni ambientaliste (che hanno un considerevole peso politico) e godono ormai ampiamente del favore del pubblico, che è sempre più attento alla sorgente dell’energia che utilizza. Nel frattempo crescono le preoccupazioni per il clima, tanto più che in questo mese è previsto il raggiungimento del nuovo picco di concentrazione della CO2 in atmosfera, che sarà prossimo alle 410 ppm, scarsamente scalfibile, visto che l’Onu ritiene che con le politiche correnti l’emissione annua di gas climalteranti si ridurrà assai poco da qui al 2030. E questo mentre l’Aie stima che, anche applicando l’accordo di Parigi (Cop 21 di fine 2015) e la successiva dichiarazione di Marracheck (Cop 22 di fine 2016), alla medesima data la temperatura media globale potrà superare di 2,7 °C quella preindustriale, con la possibilità che alcuni effetti risultino irreversibili. Senza considerare i forti dubbi della sua possibile attuazione, stante la nuova posizione Usa, emersa anche nel G7 Energia di Roma del 10 aprile scorso, e i 100 miliardi di dollari annui che si dovrebbero sborsare in favore dei paesi in via di sviluppo per aiutarli ad attuare i loro impegni in difesa dell’ambiente. Dunque un momento in cui l’incoerenza di politiche, fatti e messaggi accresce il clima di incertezza, e non facilita il coordinamento degli sforzi e l’allocazione degli investimenti per la sostenibilità della crescita e il benessere delle prossime generazioni. Ne danno testimonianza gli stessi americani. Da una parte l’attuale direttore dell’Epa, Scott Pruitt, che da procuratore generale dell’Oklahoma era ricorso in tribunale per impugnare le misure introdotte dalla precedente amministrazione di riduzione della CO2 emessa dagli impianti termoelettrici, il quale nega la validità scientifica dell’affermazione secondo cui le emissioni sono causa di cambiamenti climatici, e il responsabile dell’Ufficio del Budget della Casa Bianca, Mike Mulveney, che ha definito gli sforzi contro l’effetto serra uno spreco di denaro pubblico. Dall’altra esponenti, come il direttore

Il paradosso: la produzione di elettricità da fonti rinnovabili in Usa impiega maestranze superiori a quelle impegnate nella produzione di energia elettrica da carbone, gas e petrolio, messi insieme. del World Resources Institute, Andrew Steer, che ritiene che nel demolire le iniziative sul clima, l’amministrazione spinge il Paese a ritroso. Neutrale la posizione dei petrolieri, la cui associazione, l’American Petroleum Institute, ha assicurato che lavorerà con Amministrazione e Congresso sulle politiche energetiche del futuro, ma con riserve, visto che per esempio Exxon Mobil ha chiesto che gli Usa rimangano nell’accordo di Parigi, considerato efficace per affrontare i rischi del cambiamento climatico. Questo contrasto o incertezza delle posizioni in un settore cruciale quale quello dell’energia preoccupa gli osservatori, perché indebolisce la continuità e coerenza delle politiche internazionali e di quelle nazionali nel resto del mondo. E ciò quando l’entrata di internet e del digitale nelle fabbriche sta radicalmente trasformando i sistemi di produzione, dando il via a una nuova era nell’industria e aprendo di fatto la quarta fra le rivoluzioni industriali, con imprese sempre più connesse, integrate, automatizzate e flessibili nei cicli produttivi che richiedono sistemi energetici innovativi, performanti, sostenibili, in altre parole efficienti da un punto di vista economico e ambientale. Un’incertezza gravida di rischi

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In Italia è importante non sprecare i risultati ottenuti dagli investimenti in energia rinnovabili: sia per la tutela del clima, sia per accrescere il grado di autonomia per un paese come il nostro, dove il vezzo politico di dire sì a tutti e di ammettere contraddizioni nella pianificazione energetica ha affossato i ripetuti tentativi di programmazione. Mentre gli imprenditori appaiono ormai persuasi, e da tempo, che l’incremento dell’utilizzo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica sono driver formidabili per la crescita, così come mostrano di ritenere che l’onere del raggiungimento dei target indicati dalla Ue al 2030 (– 40% di CO2 emessa, + 30% di efficienza energetica e + 27% di rinnovabili), se condiviso ed equamente ripartito, avrà il positivo effetto di consolidare la transizione a modelli di produzione e consumo più consapevoli e performanti, stimolando l’innovazione e accelerando il ricorso a tecnologie di avanguardia per consumare meno e meglio. Ciò in tutti i settori. In quelli delle costruzioni e dei trasporti, dove la pressione dei target stimola un’urbanistica sostenibile e la realizzazione di sistemi edificio-impianto evoluti, alimentati da fonti rinnovabili, mentre l’esigenza di ridurre l’inquinamento, specie urbano, genera una mobilità cittadina alternativa sempre più elettrica ed efficiente. E in quello industriale, dei servizi e agricolo, dove le tecnologie per

l’impiego dell’energia verde e l’efficienza sono molteplici e la difficoltà ad investire sin qui verificatasi, complice la crisi, offre margini di miglioramento assai ampi. Basti pensare all’ingente quantità di energia tuttora sprecata, dovuta al basso rendimento dei motori. D’altronde, a prescindere da ogni vincolo politico o normativo, c’è da dire che la transizione incombente a industry 4.0, cui più sopra ho fatto cenno, chiede l’impiego di sistemi e componenti ad alte prestazioni nei processi produttivi e nel building industriale e già di per sé costituisce un potente vettore verso la sostenibilità. Quindi, in ogni caso, anche se molto rimane da fare, la scelta dell’efficienza e del ricorso alle fonti rinnovabili appare ad un tempo irreversibile e vincente per l’Italia. Pertanto il rischio da evitare è quello di sprecare il risultato sin qui ottenuto ed occorre invece continuare ad azionare questa leva, sia per la tutela del clima, sia per accrescere il grado di autonomia e ridurre l’onere del crescente import di fossili, sia perché l’energia, verde o risparmiata, sta diventando un grande affare in termini di competitività economica. A tal fine la continuità che serve, più che quella dei sussidi economici in progressivo esaurimento, che già gravano pesantemente, visti i 12 miliardi l’anno abbondanti che vengono tuttora prelevati dalle bollette, la può dare una politica inflessibile, coerente e ben mirata. Una politica che aggredisca il fronte normativo, per semplificarlo e facilitare gli interventi, specie quando sono limitati e le istallazioni sono di piccola taglia, e che interessi anche la riforma dello stesso mercato elettrico, che deve essere adeguato alle peculiarità delle rinnovabili intermittenti, che sono le più diffuse. Un mercato ormai saldamente avviato verso una prospettiva che sconta il progressivo aumento delle quote di energia verde e orienta gli operatori ad una parallela contrazione degli investimenti sul termoelettrico e che rischia di modificare lo scenario di complessiva eccedenza della capacità di generazione in uno in cui l’abbondanza di elettricità può mutarsi in carenza. E ciò con ovvi problemi per l’equilibrio del sistema, che sta faticosamente cercando di integrare il mix tra elettricità verde e da fossili con investimenti e tecnologie innovative. Di nuovo quindi la necessità di dare continuità all’azione, agevolando gli interventi per l’efficienza e la realizzazione e il potenziamento delle installazioni nei siti con elevata disponibilità di fonti rinnovabili, favorendo il miglioramento dell’esercizio con manutenzioni e upgrading d’avanguardia, promuovendo il ricorso ai sistemi di accumulo e la formazione di maestranze altamente qualificate.

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Etichettatura energetica: facciamo ordine a favore del consumatore La revisione di una direttiva europea ha scalato le classi energetiche di Federico Musazzi

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opo poco meno di due anni si è concluso l’iter di revisione della direttiva quadro europea 2010/30 sull’etichettatura dei prodotti connessi all’energia. La direttiva è un potente strumento informativo per l’utente finale, aggiornato sulle possibili classi energetiche che caratterizzano una molteplicità di prodotti (dai grandi elettrodomestici ai televisori fino agli apparecchi per il riscaldamento). Oggi si possono mettere a con-

fronto le caratteristiche prestazionali in modo semplice e immediato. Nuovi prodotti, nuova sensibilità Conseguentemente, nel corso degli anni l’etichettatura energetica ha contribuito a un incremento dell’offerta di nuove tecnologie sempre più efficienti per un posizionamento nelle classi più elevate.

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Un apparecchio in classe A è indubbiamente più appetibile di uno stesso apparecchio in una classe energetica più bassa perché il suo utilizzo durante tutto il ciclo di vita può contribuire ad un maggior risparmio energetico. L’etichetta energetica ha saputo quindi creare questa sensibilità nel comune cittadino. Una nuova classificazione a diverse velocità La necessità di aggiornare la direttiva si è manifestata soprattutto per i cosiddetti elettrodomestici “bianchi” (frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie) per i quali vi è ormai un sovrappopolamento delle classi più elevate, che rendono al consumatore più difficile capire quale sia la reale differenza tra un prodotto etichettato A++ e uno A+++. Nell’estate del 2015 la Commissione Europea per prima aveva proposto di “riscalare” tutte le classi verso il basso dalla A alla G anziché dalla A+++ alla G. Ciò però non teneva conto che per alcune categorie di prodotti, in particolar modo quelle del riscaldamento e della produzione di acqua calda sanitaria (caldaie a condensazione, pompe di calore, apparecchi ibridi, solare termico), l’etichettatura energetica era appena partita e questa ridefinizione delle classi avrebbe avuto l’unico effetto di trascinare verso il basso anche le tecnologie più innovative con il risultato di renderle meno appetibili. Si sarebbe così creata una distorsione di mercato con un forte rallentamento del processo di efficientamento energetico del parco installato di impianti di riscaldamento in Italia ed in Europa, che molto spesso sono obsoleti e quindi con alti consumi ed elevate emissioni. Basti ricordare che circa l’80% dei consumi di un’abitazione è dovuto al riscaldamento e alla produzione di acqua calda, ma non vi è ancora una sensibilità diffusa su quali siano le potenzialità derivanti dall’ammodernamento dell’impianto termico. Il ruolo dell’Italia Fin dalla pubblicazione della prima bozza legislativa, tutte le filiere europee del mondo della termoidraulica si sono subito mosse e in questo contesto l’Italia ha difeso un’industria di assoluto rilievo. In questi due anni Assotermica ha incontrato numerosi interlocutori istituzionali, che hanno immediatamente colto le specificità segnalate per il settore e più recentemente, per l’esattezza lo scorso 25 aprile, il Parlamento europeo, il Consiglio degli Stati membri e la Commissione hanno raggiunto un accordo sulla riforma riguardante l’etichetta energetica. La pubblicazione definitiva nella Gazzetta Ufficiale

dell’Unione europea è prevista per fine luglio. In sostanza si sancisce il principio secondo il quale la Commissione Europea entro il 2023 dovrà adottare nuove scale di etichette per tutti i prodotti ad eccezione di quelli con riferimento ai Regg. 811/2013, 812/2013 e 2015/1187. Per questi, l’adozione di nuovi Regolamenti per la ridefinizione delle etichettature energetiche avverrà invece entro il 2030. Ora si guarda avanti: investimenti e sorveglianza di mercato Come auspicato tale decisione offre la possibilità a tutto il comparto della climatizzazione di pianificare le proprie strategie industriali e di comunicazione potendo contare su un’etichetta stabile per un medio-lungo periodo. E’ innegabile che le caratteristiche del settore siano molto differenti da quelle ad esempio degli elettrodomestici per i quali, come si diceva, è stata pensata una riclassificazione con tempistiche più strette. Per tutti gli ambiti di applicazione, inoltre, la direttiva così come rivista prevede l’adozione di un database contenente gli elenchi dei nuovi prodotti, che sarà obbligatorio a partire dal 1 gennaio 2019 e servirà alle Autorità nazionali per esercitare la sorveglianza di mercato. Il sondaggio di Assotermica In questo contesto in continua evoluzione Assotermica, l’associazione dei costruttori di apparecchi e componenti per impianti termici, ha anche concluso una survey su tutta la filiera per capire quale sia il livello di conoscenza dell’attuale etichetta energetica e quali effetti stia producendo sui mercati di riferimento. 1200 risposte utili ricevute principalmente da installatori e manutentori, ma più in generale da una variegata platea di professionisti. Questo primo risultato è stato raggiunto grazie alla rete di contatti delle aziende associate e anche alla diffusione tramite i canali di Mostra Convegno Expocomfort. Un’analisi macro di quanto ricevuto dimostra quanto i controlli di mercato da parte delle Autorità preposte siano visti come uno strumento fondamentale per garantire l’affidabilità dei dati dichiarati in etichetta e come un progetto di etichettatura degli apparecchi già installati, in affiancamento all’attuale etichettatura del nuovo immesso sul mercato, possa servire a stimolare la riqualificazione del parco caldaie esistente. Per quest’ultimo, l’associazione sta lavorando con l’obiettivo di avviare un progetto con le Istituzioni entro la fine anno.

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AUTO ZION PROD ZION


OMANE E DUNE


AUTOMAZIONE&PRODUZIONE

Saldare e non toccare Dal deserto messicano alla steppa kazaka. Un innovativo welding system per posare pipeline da record.

di Alessandro Durante

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complimenti del colosso del­ l’oil&gas TransCanada sono un riconoscimento difficile da ottenere. Diventano un evento eccezionale se, come nel caso del progetto El Oro Mazatlan Pipeline, vengono indicati dallo stesso committente come un record «da Guinness dei primati». I numeri aiutano a spiegare l’enormità della performance ottenuta dall’italiana Bonatti di Parma: più di 300 saldature al giorno con un tasso di riparazione medio pari allo 0,6%. Oltre 420 km di tubi posati passando attraverso ogni tipo di terreno, superando fiumi, paludi e montagne nel clima tropicale messicano. E completando il progetto 6 mesi prima del previsto. E poi c’è il caso di Kashagan, uno dei più vasti campi petroliferi offshore al mondo situato nel Mar Caspio Settentrionale, al largo delle coste del Kazakistan. È conosciuto tra gli operatori e i contractor per le condizioni ambientali estreme, soprattutto in inverno, quando si registrano temperature di 30°C sottozero e impetuose perturbazioni a carattere nevoso scendono dalla Siberia. Il suo sviluppo, reso estremamente complesso dall’ambiente circostante, comprende l’estrazione di greggio assai pesante e ricco di zolfo sotto forma di idrogeno solforato. «Un bel biglietto da visita, in effetti» dice Oliviero Corvi, direttore della business unit pipeline di Bonatti, «ma questi risultati nascono da molto lontano». Bonatti, infatti, ha dedicato un vero e proprio team allo sviluppo di soluzioni innovative in uno dei settori principali per il business della compagnia: la posa di pipeline. Un innovation team che nel tempo ha ideato, progettato, sviluppato e prodotto un sistema di saldatura meccatronico in grado di ridurre drasticamente i tempi di saldatura dei tubi dando allo stesso tempo maggior possibilità agli operatori di monitorare la qua-

Posa di pipeline nell’ambio del progetto Kashagan Pipeline Replacement, in Kazakhstan

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lità del giunto richiedendo sempre minori interventi correttivi e quindi seguendo fedelmente le specifiche. «Si è trattato di una necessità che abbiamo sentito nel corso delle lunghe giornate passate in mezzo al deserto o nelle steppe siberiane dove diventa essenziale ridurre al minimo gli errori, mantenere elevato il ritmo di posa e liberare tempo per la gestione degli imprevisti che sono ovviamente sempre all’ordine del giorno» spiega Antonio Segadelli, fra gli artefici di questa innovazione «abbiamo provato e riprovato in ogni condizione a sviluppare soluzioni che permettessero agli operatori di dedicarsi più alla verifica e al controllo che alle singole operazioni in sé». Facendo una ricerca di mercato si è capito che la macchina che sognavano non esisteva. Così l’hanno costruita. «Questo ci ha portato a sviluppare un sistema di saldatura “full mechanized” che ha nella semplicità il suo fattore critico

Kashagan Pipeline: per Bonatti una saldatura a piena penetrazione senza sostegno con inverter di saldatura in corrente alternata di successo» continua Segadelli, «solida, affidabile, facile da usare e di comoda manutenzione». Per migliorare le proprie performance, insomma, Bonatti ha operato sul miglioramento della tecnologia a disposizione, sull’efficienza nella manutenzione e sulla ricerca di soluzioni, per quanto possibile, automatizzate. Un esempio di innovazione veramente trasversale che identifica perfettamente quella “visione laterale” che i guru dell’innovazione cerca-

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no di trasmettere in tanti convegni in giro per il mondo. Bonatti l’ha condensata un sistema di saldatura automatica. Semplice, no? Case history: Kashagan Pipeline Il prodotto viene inizialmente desolforato in installazioni offshore nel Mar Caspio (D-Island), dove il giacimento è collocato. Per mezzo di due pipeline parallele diametro 28” (rispettivamente olio e gas), il semilavorato viene inviato all’onshore proces-


sing facility per la lavorazione finale. Il sistema di pipeline che collega la D-Island con l’onshore processing facility si sviluppa per circa 96 km. Di questi, 62 km attraversano il Mar Caspio fino a raggiungere una palude costiera di 4 km e i restanti 30 km si estendono nella steppa kazaka. Il replacement delle pipeline di Kashagan è stato eseguito utilizzando tubi in acciaio al carbonio grado X60 di spessore 15,6 millimetri con clad interno di 3 millimetri in lega di Nickel Inconel 625. Dal punto di vista della saldatura, questa particolare tipologia di tubi rappresenta uno fra i più alti livelli di difficoltà tecnico/ operativa che ci si possa aspettare nell’esecuzione di una pipeline. La sfida raccolta da Bonatti è stata di sviluppare un procedimento di saldatura automatica rivoluzionario e mai adottato da nessuno in precedenza, ovvero la saldatura della prima passata a piena penetrazione senza sostegno e con inverter di saldatura in corrente alternata. Alla difficoltà naturale rappresentata dal tipo materiale e dalle condizioni ambientali si è aggiunta, per Bonatti, una specifica di saldatura estremamente restrittiva che prevedeva per la root pass un criterio che per difetti volumetrici come le porosità dava come diametro massimo accettabile 1.0 mm e per difetti lineari (mancanze di penetrazione, incollature) tolleranza zero, indipendentemente dalle dimensioni. L’intero spread di saldatura, composto da mezzi cingolati “paywelder” attrezzati con il sistema di saldatura “Bnt Rob.E 10:01”, è stato spedito per via aerea con il velivolo da trasporto più grande al mondo: l’Antonov 225 Mriya. Risultato: ottima produttività, bassissime percentuali di riparazione per un anticipo di tre mesi sulla data di fine cantiere.

Come funziona il welding system di Bonatti Il sistema di saldatura BNT ROB.E 10.01 è un sistema meccatronico studiato per l’esecuzione di saldature testa-testa su tubi di qualsiasi spessore e diametro superiore a 10”. Il controllo del processo e dei parametri di saldatura, è gestito dall’unità di controllo “Cn” che recepisce ed esegue le istruzioni del programma di saldatura dedicato (controllo attivo). Per mezzo di una rete di sensori installati sulle apparecchiature, l’unità di controllo è in grado di effettuare la registrazione e la verifica dei parametri di saldatura in tempo reale (controllo passivo). In caso di incongruenza tra i parametri del programma di saldatura e quelli registrati, il sistema sospende il processo di saldatura segnalando l’anomalia e quindi permettendo maggiore tempestività ed efficacia nell’intervento dei tecnici. Tale sistema di controllo conferisce importanti vantaggi in termini di produttività, qualità e garanzia nella ripetitività: l’intervento degli operatori di saldatura sui parametri di saldatura è escluso o fortemente ridotto poiché direttamente gestiti dall’unità di controllo. Ne risulta un calo dello stress dell’operatore il quale dedica maggiore attenzione ad altri aspetti come le temperature di preriscaldo e interpass, il deposito delle passate, la pulizia e la cura della saldatura. L’utilizzo dei programmi di saldatura riveste importanza primaria nel caso di saldature di acciai legati o leghe di nickel. Questi materiali presentano infatti un range di stabilità dell’arco elettrico e saldabilità estremamente ridotti se comparati alla saldatura di acciai al carbonio tradizionale. La disponibilità dei parametri di saldatura in tempo reale e la loro registrazione, consente agli assistenti di saldatura di avere sotto controllo un’importante fase dell’intero processo coadiuvandoli nella quotidiana attività di supervisione e risoluzione dei problemi. Gli impianti, i programmi di saldatura e i procedimenti sono sviluppati dal dipartimento saldatura Bonatti sulla base delle esigenze di ogni progetto. Nello studio delle parametrizzazioni i fattori dimensionali e metallurgici vengono interpretati rispetto al contorno ambientale, spesso estremo, in cui ci si troverà ad operare.

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Iperammortamento: 4 domande e 4 risposte

AUTOMAZIONE&PRODUZIONE

Pubblicato nuovo elenco di FAQ da parte del ministero dello sviluppo Economico Il costo di una macchina o di un impianto per il laboratorio di R&S di un’azienda manifatturiera può beneficiare dell’iperammortamento anche se il laboratorio non è un impianto di produzione in senso stretto? L’utilizzo del bene in un laboratorio non è di per sé moto di esclusione dal beneficio dell’iperammortamento. È necessario tuttavia che il bene soddisfi i requisiti tecnici richiesti dalla legge di bilancio, soddisfi le 5 caratteristiche obbligatorie e 2 delle 3 ulteriori caratteristiche è che l’azienda svolga un’attività di trasformazione di materie prime o semilavorati e/o realizzazione di prodotti. Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 3 comma 6 lettera b) del DL 23 dicembre 2013, n. 145 e nel rispetto degli altri requisiti previsti dalla norma, le quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio possono beneficiare del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo. •••••••••••••••••••••••• Tra gli esempi esplicativi della voce “Macchine, strumenti e dispositivi per il carico e lo scarico, la movimentazione, la pesatura e la cernita automatica dei pezzi, dispositivi di sollevamento e manipolazione automatizzati...”, la circolare 4/E non include le gru edili automontati e le gru a torre, mentre fa espresso riferimento alle gru mobili e alle gru a portale.

Il mancato richiamo deve essere interpretato come un’esclusione dal beneficio? La circolare 4/E cita solo alcuni esempi. Tutti i dispostivi per il carico e lo scarico, la movimentazione e la pesatura automatica dei pezzi, che rientrano nella categoria di macchine operatrici e motrici, possono essere agevolati. Tuttavia si specifica che i dispositivi, oltre a soddisfare i 5+2 vincoli, devono essere anche mezzi a guida automatica o semi-automatica. •••••••••••••••••••••••• La caratteristica obbligatoria dell’integrazione automatizzata nel caso di integrazione con il sistema logistico della fabbrica può ritenersi soddisfatta se il sistema di handling comunica attraverso il sistema gestionale di produzione col magazzino che si trova in un altro sito della fabbrica e non presso il sistema di handling? L’integrazione con il sistema logistico può ritenersi soddisfatta se il magazzino (o qualsiasi altro sistema di inventory), oltre a scambiare informazioni, è in grado di tenere traccia dei prodotti/lotti realizzati mediante appositi sistemi di tracciamento automatizzati (ad esempio codici a barre, tag Rfid) e se contemporaneamente il sistema logistico, tramite appunto tali sistemi, è in grado di registrare lo stato (ossia informazioni quali dimensioni, tipologia, posizionamento nel magazzino, ecc.) dei beni, lotti o semilavorati oggetto del processo produttivo.

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•••••••••••••••••••••••• La caratteristica obbligatoria dell’integrazione automatizzata nel caso di integrazione con altre macchine del ciclo produttivo può ritenersi soddisfatta nel caso di una macchina che riceve istruzioni e dati dal sistema gestionale di produzione in funzione dei dati trasmessi allo stesso dalla macchina che ha eseguito la fase di lavorazione precedente? Sì, la comunicazione tra le due macchine (M2M) avviene in maniera automatica attraverso il sistema gestionale di produzione: le due macchine possono essere considerate integrate tra loro. In particolare, per quanto concerne la comunicazione M2M, questa è da ritenersi tale se il segnale/informazione/messaggio è univocamente identificato e ha un protocollo che lo renda integrabile anche all’esterno del contesto industriale in cui si trova; ciò vuol dire che la comunicazione deve avvenire con un protocollo riconosciuto internazionalmente (ad es. standard Ethernet (Tcp/Ip)) e che ci sia una configurazione basata sull’esistenza di un hub/router centrale il cui ruolo è quello di collezionare e processare i dati (ricevuti via cavo o in modalità wireless) da diversi dispositivi. Inoltre, per comunicazione si intende lo scambio di un dato o di una richiesta specifica e non di un segnale acustico o visivo.

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IT+OT=SPS

RUBRICA: SPS Italia Hub

Parma, nell’edizione 2017 della fiera Sps l’elemento focus è stata la digital transformation e il binomio tra Automazione e IT. Lo dimostrano le scelte espositive delle aziende presenti, che hanno abbinato qualità a contenuti tecnici e comunicativi importanti, e presentato demo applicative concrete, anche collegate via cloud a siti produttivi reali

di Franco Canna

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S

ul fatto che, nell’anno del piano nazionale industria 4.0, l’automazione fosse “viva” non si nutrivano dubbi: è questo infatti l’ambito al quale fanno riferimento gran parte delle tecnologie abilitanti per la manifattura connessa, quell’Industria 4.0 di cui con sempre più insistenza si parla. I dati recentemente resi noti da Fabrizio Scovenna, neo eletto presidente di Anie Automazione, lo confermano: già nel 2016 il settore ha raggiunto in Italia un volume d’affari aggregato di 4,3 miliardi di euro, con una crescita complessiva del 4%, ma punte a doppia cifra in comparti come quello delle tecnologie wireless.

Una fiera adulta In un contesto così effervescente, con tutti gli incentivi fiscali finalmente a “regime”, non poteva non essere centrale il ruolo di una fiera come Sps Italia, giunta quest’anno alla settima edizione, alla prova di maturità, in un anno in cui la crescita dei volumi espositivi ha spinto gli organizzatori a rivedere significativamente il layout: nuovi padiglioni, doppio ingresso, nuovi spazi esterni. Un “make-up” che i visitatori hanno dimostrato di apprezzare: all’incremento a doppia cifra di espositori (+15%) e superficie espositiva (+20%) ha fatto infatti seguito il nuovo record dei visitatori: 33.134 (+16%) operatori che hanno scelto la tre giorni di Sps Italia come momento per informarsi e fare business.

Risposte 4.0 Chi ha scelto di visitare Sps Italia ha potuto trovare risposte alle proprie richieste d’innovazione, grazie alle diverse iniziative che hanno arricchito i contenuti di questa edizione. Lo dimostrano il successo dell’area Digital, dove sono stati presenti i protagonisti del mondo It, l’interesse suscitato dalle tavole rotonde e dai convegni, i quesiti risolti allo sportello informativo Pronto 4.0 organizzato in collaborazione con Anie e PwC, la curiosità per l’area esterna dedicata al Farm 4.0 e, non ultima, l’affluenza registrata al padiglione 4 per le innovative applicazioni dell’area Know How 4.0, di cui vi abbiamo offerto una ricca anteprima sullo scorso numero. «L’idea che ci ha spinto a fare quest’area era dare al vi-

sitatore l’opportunità di sperimentare gli aspetti importanti di questo nuovo modo di gestire la fabbrica”, ha detto Giambattista Gruosso, professore del Dipartimento di Elettronica, informazione e bioingegneria del Politecnico di Milano, che ha curato l’esposizione. “Il filo conduttore che abbiamo chiesto di mettere in evidenza è quello dei sistemi collaborativi. Si sono quindi viste all’opera le tante facce della collaborazione tra digitale e automazione, quindi il tema della raccolta e dell’analisi del dato, così come la collaborazione tra le macchine, che si scambiano informazioni, e tra uomo e macchina, perché ci sono sistemi che permettono all’operatore di intervenire in modo sempre più preciso con la robotica e la meccatronica».

L’operation incontra l’IT L’interesse è stato vivo per tutte le tecnologie in mostra in fiera, dai motori alle interfacce operatore, dai componenti per quadri elettrici ai sensori di visione, ma ci sono pochi dubbi sul fatto che l’elemento caratterizzante di questa edizione sia stato il focus sulla digital transformation e sul binomio tra Automazione e It. In particolare – val la pena sottolinearlo – si è dimostrato davvero notevole lo sforzo che quest’anno gli espositori hanno profuso nell’abbinare scelte espositive improntate a una elegante qualità a contenuti tecnici e comunicativi di grande spessore. Mettere in mostra demo applicative concrete, in qualche caso collegate via “cloud” con l’area Know How 4.0 o con siti produttivi reali, ha sicuramente richiesto un notevole impegno organizzativo, ma i benefici si sono visti chiaramente. Del resto è anche così che una fiera diventa davvero attrattiva, se è vero, come è vero, che in fondo in fiera si viene anche per vivere un’esperienza totale che non si può vivere davanti a uno schermo.

4.0 in azione Dal cibo alla ceramica, dal vetro alle macchine utensili, la fabbrica digitale e connessa inizia ad “attecchire” in quelle società storiche, di famiglia, che compongono lo zoccolo duro dell’economia nazionale. Nelle tavole rotonde SPS Italia 2017 ha puntato i riflettori sui loro modelli di innovazione, invitando gli imprenditori a raccontare come i loro fornitori di tecnologia hanno cambiato il loro modo di fare business. Per Icam, produttore di cioccolato, il salto alla digitaliz-

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RUBRICA: SPS Italia Hub zazione spinta degli impianti avviene attraverso Rittal, fornitore di attrezzature per il condizionamento e di celle frigorifere. Apparecchiature strategiche in un’azienda che produce cibo, spesso destinato ai mercati esteri. «Il cioccolato migliore è quello che si produce con massima tecnologia, che permette di controllare i parametri», osserva il vicepresidente, Plinio Agostoni. «I nostri processi sono riportati a un computer centrale, in cui ogni passaggio parla con il precedente e con il successivo. In questo modo c’è un grande controllo della qualità e la tracciabilità è totale. Abbiamo la possibilità di sapere dopo anni cosa è successo a un chilo di cioccolato». Altro caso interessante è quello della Graniti Fiandre, azienda modenese che ha scoperto il 4.0 quando non aveva ancora questo nome. «Già da 10 anni i nostri operatori hanno un iphone, che all’epoca era un ipod,

per controllare alcuni parametri di macchina», spiega il dirigente Claudio Brandoli. Dalla partnership con Bonfiglioli la Graniti ha sviluppato una nuova tipologia di impianto, estremamente flessibile e modulare. «Per essere efficiente, il processo ceramico deve passare per modifiche impiantistiche», spiega. La Bonfiglioli ha fornito una serie di quadri pre-cablati, che la società ceramica conserva in magazzino e può installare a seconda dei bisogni su nuovi impianti. «Non servono processi di progettazione e fornitura specifica», puntualizza Brandoli. «Il “mattoncino”, ossia lo schermo, è già pronto e versatile per la maggior parte delle nostre necessità». E poi c’è la storia della Zani di Saronno che produce presse meccaniche per stampare a freddo le lamiere. I suoi clienti principali sono le grandi case automobilistiche, che adoperano le apparecchiature della società lombarde per modellare i propri autoveicoli. «Ai nostri clienti interessa la produttività degli impianti», osserva Yarno Riva, direttore vendite. «Un fermo ha costi esagerati e questo ci obbliga a monitorare le nostre macchine per migliorare sempre di più l’efficienza». Per questo Zani ha avviato una sperimentazione con Siemens. «Utilizziamo il loro sistema in cloud Mindsphere, che ci permette di controllare i dati di vita della macchina e li rende disponibili a noi e ai clienti. Ora l’obiettivo è implementare questo sistema con l’analisi dei dati e speriamo che i risultati ci permettano di arrivare alla manutenzione predittiva. Stiamo lavorando a come legare i dati tra di loro, per estrarre le variazioni delle macchine che portano al guasto delle componenti». L’aspettativa dell’azienda è di rientrare di questi investimenti tra 2-3 anni, perciò l’auspicio, conclude Riva, è «che il piano nazionale sia esteso, perché i tempi sono un po’ stretti, specie per la costruzione dei macchinari».

Appuntamento a... La prossima edizione di SPS Italia si terrà a maggio 2018, ma l’appuntamento con l’automazione sarà già per il prossimo autunno: il 26 settembre 2017, presso la Mole Vanvitelliana di Ancona, tornerà il Forum Meccatronica; a fine ottobre a Verona si terrà la due giorni del Forum Telecontrollo. E poi, proprio come è accaduto quest’anno, Messe Frankfurt Italia organizzerà una serie di eventi di avvicinamento all’appuntamento di Sps Italia, attraverso un percorso che farà tappa in diverse aree della penisola per dare voce alle esperienze d’automazione delle imprese del territorio.

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INTERVISTA

SALVATORE MAJORANA: L’UOMO CHE TRASFORMA L’INNOVAZIONE SCIENTIFICA IN PRODOTTI REALI di Carlo Fumagalli

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Un esoscheletro robotico per spostare grandi carichi. Un tessuto intelligente capace di monitorare i parametri vitali di chi li indossa. Una fonte di energia portatile. Una spugna “mangia-petrolio”. Un’etichetta intelligente. «Che mestiere faccio? Mi occupo di “violentare” i miei colleghi costringendoli a pensare l’innovazione scientifica in termini di prodotto». Lo dice ridendo Salvatore Majorana, 45 anni, direttore del technology transfer all’Istituto italiano di tecnologia. Di fatto il suo lavoro è immaginare un’applicazione reale per le innovazioni epocali che gli scienziati dell’istituto di Genova sviluppano ogni anno. Lui che la scienza ce l’ha nell’albero genealogico (lo zio altro non era che quel geniale Ettore Majorana che decretò insostenibile il modello atomico da premio Nobel di Bohr, e che corresse il principio di indeterminazione di Heisenberg), sa che il mercato premia non le tecnologie ma i prodotti, e l’uso dell’innovazione in cicli industriali. «Di fronte alla spiegazione sul meccanismo di un bombardamento a doppio fotone» ci spiega, «mi devo chiedere: a che ci serve?»

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iCub, il cucciolo di robot, sviluppato dall’IIT è la piattaforma di ricerca sulla robotica umanoide più diffusa al mondo. Foto: A. Abrusci-iit

Probabilmente il vostro progetto più famoso è iCub, il bambino-robot capace di apprendere. Perché la ricerca studia i robot? Un robot è in sé un piccolo capolavoro di integrazione. Una palestra alla quale partecipano discipline diverse, fra progettazione meccanica, elettronica, software, elaborazione dei dati, ma anche sensoristica tattile e sistemi di ascolto e decodifica della voce.

Il tutto in un unico oggetto evoluto. Disegnando un robot dobbiamo progettare sistemi che fondono fra loro informazioni di natura diversa. Con algoritmi pensati per raccogliere stimoli: se il robot cammina deve capire in che ambiente si trova, attivare un sistema di motori e delineare una strategia di comportamento. Lo costringiamo, insomma, a ragionare in termini integrati per poter fare delle scelte.

Fare delle scelte? Certo, in un ambiente che cambia in continuazione alcune scelte vanno prese sul posto. Lo stesso avviene in una fabbrica: le logiche dell’industria 4.0 permettono sempre più di adattare il ciclo produttivo senza dover riprogrammare le fasi del lavoro. Si può dire che il robot sia una piccola fabbrica intelligente.

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Tuta sensorizzata per la lettura dei movimenti del corpo. I robot del progetto Andy saranno in grado di interpretarli per aiutare l’uomo in attività lavorative. Foto: D. Farina-iit

Ma non avete davvero l’idea di mettere un robot umanoide in ogni fabbrica… Così com’è? No. Non nel brevissimo periodo almeno. Ma ciò che impariamo facendo vivere queste macchine in mezzo a noi (per ora nei laboratori ma presto nella vita di tutti i giorni) può essere trasferito a un braccio che lavora con precisione a un tornio. O ancora: il robot che ha imparato a camminare può diventare un esoscheletro che aiuti i lavoratori a scaricare grossi stress fisici.

Ergonomia di processo quindi. Ci state lavorando in questo momento? Lavoriamo molto sui sistemi di ausilio. Posso citare ad esempio il progetto Andy, finanziato dall’Ue, che vede l’Istituto italiano di tecnologia coordinare un consorzio a cui partecipano partner come Fca, Audi, Airbus, Abb, Daimler e molti altri. Nasce dall’esperienza dei robot umanoidi e si occupa di sviluppare ausili per migliorare le condizioni di lavoro in fabbrica e ridurre gli infortuni.

Quindi parliamo di impatto della tecnologia anche sulla sicurezza dei lavoratori. Parliamo di spostamenti di carichi negli stabilimenti, ripetitività dei gesti nell’assemblaggio di parti minute, stazioni di lavoro dove la postura è particolarmente scomoda. La robotica ci può aiutare a invertire il trend: invece di logorarsi, un lavoratore recupera efficienza.

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Anche la robotica collaborativa va in questa direzione. Avete aperto progetti in questo senso? Sì, l’approccio collaborativo è al centro degli studi sulla robotica, dalle soluzioni per la chirurgia e riabilitazione agli interventi sulla catena di produzione in fabbrica. Prenda il caso di Avio Aero. Hanno un processo di qualificazione del prodotto estremamente esigente, e lavorano una quantità di pezzi bassa ma dall’elevata complessità. Quando hanno pensato di introdurre nello stabilimento sistemi per alleggerire i carichi nell’assemblaggio dei motori ci hanno chiesto di pensare a robot capaci di migliorare il lavoro delle persone. Ci abbiamo lavorato per 3 anni.

E cosa avete sviluppato? In questo caso un braccio robotico capace di processare l’assemblaggio di parti meccaniche con precisione misurabile. Lavora in autonomia e coesiste con la presenza dell’uomo. E abbiamo poi sviluppato sistemi di ispezione per la verifica della qualità.

Con macchine che prendono decisioni da sole come sta cambiando il lavoro? Il sistema evolve, lo stesso dovrà fare il lavoro. A indicare la qualità non sarà più la logica dei pezzi al minuto, ma un throughput dell’intera filiera in rapporto all’uscita sul punto vendita, o l’apprezzamento del sistema finale. L’innovazione consente alle imprese di mantenere un alto livello. Allo stesso tempo costringe tutti i lavoratori a crescere professionalmente. Cambiare è difficile, soprattutto per chi non è più giovanissimo. Ma il “piano Calenda” non ha trascurato fondi per questo.

La formazione rischia di diventare però un punto dolente per le aziende. Mi viene in mente l’adagio secondo cui un Cfo dice al proprio amministratore delegato: “Non vorremo davvero spendere così tanto per la formazione dei dipendenti?! E se poi se ne vanno?”

E l’Ad cosa risponde? Beh, risponde: “E cosa facciamo se poi non li formo… e rimangono?”. Se c’è un aspetto che abbiamo imparato dalla globalizzazione è che se non facciamo qualcosa, la farà qualcun altro. Non bisogna avere dubbi sul fatto che il mondo è in movimento.

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C’è da correre insomma. E in questo senso la ricerca non sta investendo solo in robotica. Si sta investendo molto sui nuovi materiali. La scienza guarda, per esempio, alle frontiere della nanotecnologia: supporti capaci di essere flessibili o rigidi a seconda delle necessità, oppure materiali assemblati atomo per atomo.

Un esempio di materiale “del futuro”? Il mondo del grafene, ad esempio, promette di produrre sulla manifattura lo stesso impatto che ha avuto il silicio per l’elettronica. È un singolo strato di atomi di carbonio che estraiamo dalla grafite, più resistente dell’acciaio e con maggiore conduttività elettrica e termica. Abbiamo brevettato un metodo per ridurlo a inchiostro, stamparlo e miscelarlo ad altri materiali.

Che applicazioni può avere in ambito industriale? Come spesso succede per i materiali, le applicazioni possono impattare ambiti molto diversi, dalla modifica delle proprietà meccaniche di materie plastiche alla produzione di sensori biometrici o batterie di nuova generazione. La facilità con cui può essere stampato, ad esempio, ci porta nella dimensione dell’internet of things. Un’elettronica stampata che sfrutti le proprietà dei materiali bidimensionali come il grafene, il nitruro di boro e molti altri (in natura ve n’è centinaia di strutture bidimensionali dalle proprietà straordinarie, e stiamo appena iniziando a conoscerle) può essere, per esempio, indossata. Immagini allora una tuta funzionalizzata, grazie alla quale sia possibile monitorare i parametri del lavoratore che la indossa in tempo reale: si potrebbero organizzare turni e carichi in maniera personalizzata, in modo da ridurre stress e infortuni, e aumentare la produttività.

Verso quali altre soluzioni per industria si orienta la vostra attività di ricerca? L’energia è un’altra direzione importante. Uno spin-off nato dal nostro istituto ha sviluppato, per esempio, una micro-turbina che sfrutta l’energia dissipata dalla decompressione del gas: viene catturata e trasformata in energia elettrica capace di alimentare sistemi di telecontrollo, strumenti o attuatori. Il tutto in maniera “portatile”.

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La spugna oleofilica nanotecnologica sviluppata dal gruppo Smart Materials dell’IIT che è in grado di separare olio e petrolio dall’acqua. Applicazioni industriali e nel campo del risanamento ambientale. Foto: D. Farina-iit

Alcuni casi in cui avete lavorato direttamente insieme a un’azienda? Un progetto nato grazie all’interessamento di Edison è stato il prototipo di una spugna a base di poliuretano trattato: è capace di assorbire il petrolio versato in acqua. Altre volte le innovazioni migliori nascono dall’incontro tra la ricerca e le riflessioni di un imprenditore.

Per esempio? È il caso della Omet, azienda di Lecco che costruisce macchine per stampa roll to roll. Alcuni anni fa ha iniziato a chiedersi come sarebbe cambiato il suo settore. E ha avviato con noi uno studio per definire una tecnologia capace di superare il concetto di inchiostro inerte per creare micro-pannelli fotovoltaici stampando sostanze organiche fotosensibili su pellicole di plastica.

Significa poter eliminare batterie o connessioni alla rete e rendere autonomi una serie di dispositivi? Significa questo. Ma non solo. Sto immaginando un’etichetta su una bottiglia in grado di raccontarci la bevanda che contiene, o di leggerci le ultime notizie come un telegiornale, o di veicolare uno spot pubblicitario.

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Progetto Europeo Robo-Mate per lo sviluppo di un esoscheletro per lavori pesanti da utilizzare in ambito industriale Foto: D. Farina-iit

Abbiamo parlato di scienza e tecnologia. Inutile ricordare che di Majorana con la “j” ce ne sono pochi in Italia, com’è lavorare all’Iit con un cognome così importante? Lavorare all’Iit è un’esperienza avvincente, ma questo dipende da un gruppo di scienziati capaci e motivati e da un sistema di regole molto chiaro. Ettore Majorana è stato un assoluto fuoriclasse e farei fatica a immaginare “quel” Majorana oggi in Iit. Era un personaggio poco abituato a divulgare le sue scoperte: pensi che quando gli fu assegnata la cattedra di Fisica a Napoli fu quasi costretto dagli amici a pubblicare uno studio che aveva lasciato nel cassetto per due anni, come un fascicolo qualunque, e gli scienziati che studiarono quell’equazione riuscirono a impiegarla solo 30 anni dopo. Impressionante. Soprattutto per chi, come me, si dedica a tradurre in applicazione pratica l’attività della scienza.

Ma se Ettore fosse con noi oggi, e lavorasse all’Iit, lei avrebbe il coraggio di dirgli: “Ok, bellissima tecnologia, ma che ci facciamo?” Sì. Glielo chiederei. E sarebbe affascinante poter ascoltare i suoi argomenti. Sono certo (Sorride) che troverebbe il modo di convincermi.

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LOGI CA & MOVI MENT


ISTI& ITA-


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Il carrello 4.0 al 250% LOGISTICA&MOVIMENTAZIONE

Fare industria 4.0 significa cambiare dinamiche all’interno della fabbrica. La logistica all’interno dell’azienda è uno dei dipartimenti chiave della produttività efficiente. Che il carrello sia 4.0 può essere determinante.

di Laura Aldorisio

I

l carrello è una parte del processo produttivo», sottolinea con chiarezza Davide Santi, responsabile after sales Toyota Material Handling Italia. «É un’applicazione che incrementa il valore. Costituisce l’opportunità di introdurre funzionalità intelligenti che assistono l’uomo». Il ministero dello Sviluppo economico e l’Agenzia delle entrate da qualche settimana hanno pubblicato la Circolare n.4/E per chiarire l’elenco delle tecnologie che beneficiano della misura dell’iperammortamento secondo il Piano nazionale dell’Industria 4.0. I carrelli industriali sono compresi. «È da tempo che ci occupiamo non solo del mezzo ma dell’analisi del processo che si

vuole attuare all’interno dell’azienda», conferma Francesco Benazzi, responsabile supporto tecnico Toyota Material Handling Italia. «Andiamo alla fonte cercando di capire quali siano i requisiti specifici, come ridurre i costi, aumentare la logistica e la sicurezza in azienda. Nella valutazione dell’obiettivo si capiscono quali sensori e quali dati è utile acquisire. L’aspetto tecnologico è al servizio dell’obiettivo che ci si pone». Analizzando alcune case history quel che emerge è che le aziende hanno bisogno di ripulire le dinamiche aziendali da inefficienze perché solo un processo snello è pronto a introdurre intelligenza e macchine 4.0.

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Perché avere un carrello industriale 4.0? «Possiamo acquisire delle informazioni essenziali per una maggiore efficienza, produttività e sicurezza», dice Loreno Leri, responsabile Marketing di Om Carrelli Elevatori. «Dai dati si può risalire all’utilizzo della macchina e a chi l’ha utilizzata. Abbiamo una piattaforma web che registra il funzionamento del carrello, evidenziando eventuali danni e permettendo una prevenzione efficace. È un controllo non sull’operatore bensì sul prodotto, un’opportunità di migliorare il lavoro svolto e la sicurezza. Favorisce anche il controllo dei costi».

Come un carrello può essere considerato 4.0? «Grazie a dispostivi sviluppati dalle stesse aziende produttrici. Si tratta di software e applicazioni. Abbiamo integrato nelle nostre aziende professionisti con competenze informatiche», continua Leri di Om Carrelli Elevatori. Le aziende del settore si stanno già organizzando. «Abbiamo già sviluppato dipartimenti che studiano soluzioni adeguate a ogni esigenza», conferma Claudio Bortolotti, sales manager Toyota Material Handling Italia. «Il dipartimento Academy lavora sull’aspetto umano, consulenziale del processo, l’area logistics solution studia le applicazioni di automazione e logistica e un altro reparto, che chiamiamo prodotti di service, le soluzioni legate alla sicurezza delle macchine e dell’uomo. Ci troviamo pronti. Il 4.0 è un insieme dei tre componenti».

elettronici a microprocessore e sistemi di trasmissione tipicamente di tipo CAN-Bus o Controller Area Network. 2. Interconnessione ai sistemi informatici di fabbrica con caricamento da remoto di istruzioni e/o part program. Come farlo? Il carrello 4.0 è tipicamente dotato di un terminale che riceve informazioni dal sistema gestionale del magazzino o dal Warehouse Management System dell’azienda utilizzatrice. 3. Integrazione automatizzata con il sistema logistico della fabbrica o con la rete di fornitura e/o con altre macchine del ciclo produttivo. Come farlo? L’integrazione con il sistema logistico della fabbrica nel carrello 4.0 si realizza con sistemi di tracciamento automatizzati quali ad es. i terminali dati di cui al punto precedente ed eventualmente lettori di codici a barre e/o lettori di tag RFID o Radio-frequency identification. 4. Interfaccia tra uomo e macchina semplici e intuitive. Come farlo? I moderni carrelli 4.0 sono dotati di interfacce operatore per il monitoraggio e/o il controllo della macchina stessa, interattive e personalizzabili a seconda delle esigenze dell’utilizzatore. 5. Rispondenza ai più recenti parametri di sicurezza, salute e igiene del lavoro. Come farlo? I carrelli industriali rispettano i requisiti di sicurezza imposti dalla Direttiva Macchine e dalle pertinenti norme costruttive di prodotto (Serie UNI EN ISO 3691 e ulteriori normative da esse richiamate).

È 4.0 se: L’associazione dei costruttori di sistemi sollevamento, elevazione e movimentazione, Aisem, ha pubblicato la linea guida sul carrello industriale 4.0. L’iperammortamento si applica ai carrelli automatici o semiautomatici, cosiddetti Agv, automated guided veichle cioè senza operatore, ma anche ai carrelli con operatore. Quest’ultima tipologia, se equipaggiata con determinati sistemi, è da considerare 4.0 e quindi iperammortizzabile. Secondo la Circolare n.4/E, i requisiti obbligatori che il bene strumentale deve possedere sono i seguenti: 1. Controllo per mezzo di CNC, Computer Numerical Control, e/o PLC, Programmable Logic Controller. Come farlo? I carrelli 4.0 sono dotati di controlli

Per poter beneficiare dell’agevolazione fiscale, i beni devono inoltre essere dotati di almeno due tra le seguenti caratteristiche: A. Sistemi di telemanutenzione e/o telediagnosi e/o controllo in remoto B. Monitoraggio continuo delle condizioni di lavoro e dei parametri di processo mediante opportuni set di sensori e adattività alle derive di processo. C. Caratteristiche di integrazione tra macchina fisica e/o impianto con la modellizzazione e/o la simulazione del proprio comportamento nello svolgimento del processo (sistema cyberfisico).

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I dispositivi 4.0 Un elenco, non esaustivo, delle tipologie di sistemi che, se montati sul carrello in maniera non singolare ma combinata, possono renderlo soggetto ai benefici dell’iperammortamento: Sistemi di fleet management (registrazione di statistiche operative, gestione dati di manutenzione, protezione contro usi non autorizzati, registrazione di eventuali incidenti, ottimizzazione dei percorsi ecc.). Sistemi di gestione dei flussi dei carichi movimentati con terminali a bordo macchina in grado ad esempio di ricevere e visualizzare ordini di trasporto\percorso e registrare on-line i prelievi e i depositi effettuati sia tramite scansione di codici a barre che tramite sistemi di rilevamento automatico Sistemi di ausilio alla navigazione nelle corsie strette Sistemi di ausilio alla navigazione tramite geolocalizzazione Sistemi intelligenti di rilevamento e prevenzione degli infortuni

La legge di bilancio prevede inoltre che possa essere iperammortizzabile l’installazione di singoli “Sistemi per l’assicurazione della qualità e della sostenibilità” e di singoli “Dispositivi per l’interazione uomo macchina e per il miglioramento dell’ergonomia e della sicurezza del posto di lavoro in logica 4.0”. L’installazione di sistemi/dispositivi quali quelli sopracitati su carrelli già in esercizio come attività di after-sale, può dunque essere soggetta ai benefici dell’iperammortamento. Nell’allegato B della legge di bilancio sono citati anche i beni immateriali che possono essere acquistati da utilizza-

tori per poter gestire e interagire con flotte di carrelli industriali in logica 4.0. La domanda che corre nelle aziende è «qual è l’arco temporale della rivoluzione 4.0? Il ministero dello Sviluppo economico ha previsto 12 mesi di incentivi. Io mi auguro che sia solo l’inizio. Un percorso di questo genere richiede un periodo dai tre ai cinque anni», chiude Davide Santi, responsabile after sales Toyota Material Handling Italia. «Decifrare la normativa ha richiesto del tempo. Ne serve ancora per favorire la pianificazione del mercato e ottenere un ritorno importante».

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SICUREZZA&AMBIENTE

Normative ambientali per la gestione del fine vita delle apparecchiature elettriche ed elettroniche: scenari e prospettive Verso un sistema aperto: da agosto 2018 si aggiungono all’elenco alcune tipologie di

apparecchiature di Danilo Bonato direttore generale Consorzio Remedia

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Cosa si intende per installazioni fisse di grandi dimensioni? I produttori auspicano un approccio omogeneo su scala europea Componenti di impianto: è probabile che entrino a far parte della direttiva Raee

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entre a Bruxelles si discute della Direttiva Europea sull’economia circolare, che introdurrà nuove regole ma che offrirà anche nuove opportunità per la gestione del fine vita dei prodotti da parte delle imprese, il dibattito tra chi si occupa di normativa ambientale si sta focalizzando sul tema dell’allargamento dell’ambito di applicazione del Decreto relativo alle apparecchiature elettriche e elettroniche (Aee). Occorre infatti ricordare che, ai sensi della normativa vigente, sono considerate apparecchiature elettriche ed elettroniche le apparecchiature che dipendono, per un corretto funzionamento, da correnti elettriche o da campi elettromagnetici, le apparecchiature di generazione, di trasferimento e di misura di questi campi e correnti. L’insieme di apparecchiature rientranti nel campo di applicazione è inoltre definito nel dettaglio sulla base

di una lista che indica espressamente tali prodotti. Ci sono però importanti novità in arrivo; secondo quanto disposto dal decreto legislativo 49 del 2014, a partire dal 15 agosto del 2018 l’elenco delle specifiche tipologie di prodotto rientranti nelle nuove sei categorie cambia, rispetto all’elenco precedentemente vigente, in due modi: alcune tipologie di apparecchiature vengono espressamente aggiunte all’elenco; viene disposta la ridefinizione stessa del principio dell’elenco, che viene considerato non esaustivo. La lista di apparecchiature che definisce il campo di applicazione del sistema non dovrà più essere considerata un elenco chiuso, come nel sistema attuale, ma un elenco non esaustivo: per questa ragione, il sistema in attivazione dal 15 agosto 2018 viene denominato sistema aperto (o open scope nella Direttiva CE 19/2012). In altre parole, questa ridefinizione comporta una sostanziale modifica del criterio che identifica l’ambito di applicazione del sistema: a partire dalla suddetta data verranno considerate Aee tutti gli altri apparecchi elettrici ed elettronici che rientrano nella definizione sopra riportata, per i quali non sia prevista una specifica esclusione. Questo significherà dover assicurare il rispetto degli obblighi e delle responsabilità per la gestione di un insieme di apparecchiature più ampio di quelle attualmente considerate. L’impatto di questo ampliamento è una tematica ancora aperta, in Italia come in Europa, dal momento che, malgrado il principio del campo di applicazione aperto, esistono numerose incertezze sulla corretta distinzione tra i prodotti. Gli impatti sono tutt’altro che banali; le aziende che diventeranno “produttori di Aee” ai sensi della normativa di riferimento saranno tenuti a marchiare i propri prodotti, a inserire indicazioni puntuali sulla modalità di gestione del fine vita dei prodotti nelle istruzioni, a iscriversi al Registro dei produttori di Aee presso le camere di commercio, ad apporre il numero di iscrizione sulla documentazione commerciale, e a effettuare le dichiarazioni annuali di immesso sul mercato. Tutte attività che vanno programmate con grande attenzione e in largo anticipo rispetto alle scadenze previste. Le esclusioni esplicite introdotte dalla normativa a partire da agosto 2018 riguardano pochissime situazioni molto circoscritte e in particolare: apparecchiature per la sicurezza nazionale; utensili industriali fissi di grandi dimensioni; Installazioni fisse di grandi dimensioni. Uno degli aspetti più controversi nell’interpretazione della norma riguarda proprio quest’ultimo punto. Cosa

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si deve intendere esattamente per installazioni fisse di grandi dimensioni? Verranno fornite indicazioni specifiche in termini di peso o volume a livello comunitario o ogni Stato membro definirà regole differenziate? Ovviamente i produttori auspicano un approccio omogeneo su scala europea, in modo da limitare il livello di complessità da affrontare sui mercati internazionali nel recepire correttamente la normativa. Un altro tema delicato riguarda i componenti di impianto. Oggi questi non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva Raee ma in futuro è molto probabile che ne faranno parte. Cavi, sistemi di automazione, apparati di ogni genere che per il loro funzionamento richiedono la disponibilità di corrente elettrica potrebbero presto essere considerate apparecchiature elettriche ed elettroniche, con tutto quello che ne consegue in termini di conformità alla direttiva europea sui Raee. L’ultima parola, almeno in Italia, spetterà al comitato di vigilanza e controllo, che non solo dovrà chiarire e confermare le indicazioni da fornire ai produttori ma sarà anche chiamato a definire nel dettaglio modalità e tempi con cui l’allargamento alle nuove apparecchiature dovrà essere gestito dal centro di coordinamento Raee e dai sistemi collettivi dei produttori. Fortunatamente le associazioni di riferimento dei produttori stanno già lavorando per assicurare alle aziende una maggior chiarezza rispetto all’estensione del nuovo ambito e ai passi che dovranno essere effettuati da qui ad agosto 2018. Una delle aree di attenzione riguarda proprio le scelte da compiere non solo (e non tanto) a livello nazionale ma, più in generale, su scala europea. Non si può pensare, infatti, che ogni paese faccia scelte diverse, obbligando così i produttori a rispettare obbligazioni differenziate negli Stati membri della Eu in cui commercializzano i propri prodotti, sostenendo in questo modo oneri burocratici e costi che farebbero male all’industria Europea. Un approccio omogeneo a livello Europeo all’introduzione dell’ambito di applicazione aperto in tema di Aee e indicazioni chiare e tempestive sugli adempimenti da soddisfare sono elementi essenziali per ridurre i costi e la complessità nell’introduzione di queste importanti novità, che strizzano l’occhio ai modelli di economia circolare in fase di introduzione in numerose aziende.

Obblighi dei produttori ai sensi della Direttiva RAEE I Produttori di AEE (nella nuova accezione dell’ambito aperto) dovranno:

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Iscriversi a un sistema collettivo AEE (se già non lo hanno fatto) Iscriversi al Registro dei Produttori di AEE e/o aggiornare i prodotti di iscrizione Conseguire gli obiettivi minimi di recupero e riciclaggio Determinare il contributo ambientale e finanziare il sistema di raccolta e riciclo Effettuare le dichiarazioni annuali di immesso sul mercato al Registro Apporre sulle apparecchiature il simbolo del “bidoncino barrato” Informare i clienti in merito alle modalità di corretto smaltimento delle apparecchiature a fine vita (RAEE) Offrire servizi di ritiro gratuito “uno contro uno” per le AEE Professionali Prestare le garanzie finanziarie previste dal decreto



SICUREZZA&AMBIENTE

Batterie esauste. Come trattarle per garantire la sicurezza degli addetti ai lavori? Il recupero del piombo è un business in crescita, se gestito correttamente di Sabrina Suardi Gruppo Safe Consorzi Ecoped, ecoR’it, Ridomus ed Ecopower per la gestione di Raee, pile e accumulatori esausti

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Una delle classi professionali più a rischio è proprio quella degli addetti al riciclo di batterie. S

entiamo sempre più spesso parlare di economia circolare come uno strumento in grado di rivoluzionare per sempre il concetto di economia al quale siamo abituati. Un’inversione di rotta, necessaria per tutelare l’ambiente e preservare la nostra salute, in cui tutte le attività produttive vengano ripensate affinché gli scarti di uno possano diventare risorse per un altro. Da rifiuto a risorsa, da costo a nuovo valore. Ed è da qui, infatti, che sta pian piano nascendo un nuovo modello economico, con strategie di sviluppo e modelli di consumo capaci di tenere il passo con un futuro più sostenibile. Basti pensare alle batterie al piombo che contengono acidi e altre sostanze che possono rappresentare una grave minaccia per l’ambiente e per la salute umana, ma che al contempo possono divenire, se correttamente trattate, materie prime seconde estremamente ricercate. “Non è tutto oro quel che luccica” recitava Shakespeare ne Il mercante di

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Venezia… la duttilità, la densità e la resistenza fanno del piombo un metallo molto richiesto in edilizia, nella produzione di batterie e di proiettili per armi da fuoco e come refrigerante nei reattori nucleari. Il suo valore è persino quotato in Borsa e stabilito sulla base del “piombo cash seller” presso il London Metal Exchange. Partiamo però dal principio, il piombo è un metallo altamente velenoso. I suoi componenti sono tossici sia per ingestione che per inalazione, possono danneggiare il sistema nervoso e causare diverse patologie a danno del cervello e del sangue. Proprio a causa dei preoccupanti effetti che il piombo può avere sulla salute umana e sull’ambiente, nel tempo, si è cercato di diminuirne l’utilizzo, ritirando per esempio dal commercio le vernici contenenti il metallo e abbandonandone l’uso nella benzina in favore di altri additivi. Non a caso, l’esposizione – accidentale e professionale – alle sue polveri può provocare il saturnismo, una gra-


La sfida per il futuro: rivoluzionare il trattamento delle batterie al litio per ottimizzarne le risorse secondo i precetti dell’economia circolare ve malattia i cui ultimi stadi possono addirittura dare origine a convulsioni, ipertensione ed edema cerebrale, e infine la morte. Esempi simili sono presenti in letteratura. L’intossicazione accidentale era infatti piuttosto frequente in passato tra artisti e persino imperatori: Beethoven, Van Gogh e Caravaggio si ritiene presentassero alcuni dei sintomi più comuni del saturnismo, molto probabilmente contratto attraverso l’esposizione prolungata ai colori ricchi di questo metallo. Stessa sorte per Caligola, Domiziano e Nerone che all’arte però preferivano il vino. Sarebbe stato questo, addolcito con diacetato di piombo, a provocar-

ne la malattia. Oggi, invece, una delle classi professionali più a rischio è proprio quella degli addetti al riciclo delle batterie, ecco perché è estremamente importante contare su una filiera del rifiuto efficacemente controllata. Quali caratteristiche deve avere, quindi, il corretto trattamento di tali rifiuti per garantire la sicurezza degli addetti e quella dell’ambiente? «La valutazione da fare in questo campo non è solo quella relativa ai rischi meccanici o termici dell’industria, ma sono da valutare soprattutto i rischi chimici dati dalla presenza di polveri di piombo sul posto di lavoro» spiega il direttore generale di

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Ecopower, Giuliano Maddalena, che dal 2012 lavora per dare una risposta concreta alla necessità di trasformare in modo sostenibile le batterie esauste in una risorsa. «L’obiettivo primario era e continua ad essere la scelta di operatori che non cerchino di ottenere il maggior valore rappresentato dal metallo al minor costo possibile, mettendo a repentaglio la salute degli addetti alle varie fasi di riciclo». Per garantire una filiera sicura la parola d’ordine è quindi “prevenzione”. «Significa controlli estesi negli impianti di trattamento utilizzati dal Consorzio» continua Maddalena, «che possono voler dire, ad esempio, verificare la presenza di sistemi di aspersione per abbattere le polveri volatili, verificare la dotazione dei lavoratori con adeguate protezioni (dispositivi di protezione individuale) e la previsione di controlli periodici sui valori di piombo nel sangue». Un’attività delicata, ma essenziale. La fonte odierna più produttiva di piombo è proprio il riciclo, che permette il recupero del metallo puro, senza alcuna distinzione rispetto a quello che si trova in natura. Il riciclo è fondamentale sia a livello economico sia ambientale: in assenza di recupero, l’unica soluzione possibile sarebbe quella di stoccaggio in discariche idonee all’accoglimento di rifiuti tossici, con evidenti ricadute sui costi da sostenere affinché non si registrino ripercussioni su uomo e ambiente. «Non conta solo il risultato ma come ci si arriva a quel risultato» conclude Giuliano Maddalena, «una delle prossime sfide sarà proprio cercare di capire come rivoluzionare il trattamento delle batterie al litio per ottimizzarne le risorse, seguendo quelli che sono i precetti dell’economia circolare su di un settore in cui sono previste importanti crescite di mercato».



SICUREZZA&AMBIENTE

RsppItalia.com e la sicurezza sul lavoro 24h su 24h L

a sicurezza e la salute sul lavoro sono un costo o un investimento? A convocare esperti del settore per dialogare sul tema in un recente convegno è stata la piattaforma RsppItalia.com. On line da gennaio 2016 è un approdo sicuro per i professionisti che curano i servizi di prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro. Conta già tremila iscritti. Nata dalla sinergia tra importanti associazioni del Sistema Confindustriale in un contesto in cui le imprese sono spesso vincolate dall’eccessiva burocrazia, da meccanismi troppo complessi per accedere alle risorse loro destinate. RsppItalia.com non è soltanto una piattaforma nella quale i professionisti del settore possono aggiornarsi, ma è anche una risposta alle esigenze delle imprese in tema di prevenzione e sicurezza. Un luogo virtuale che crea valore e diffonde best practice. Oltre agli argomenti legati all’applicazione delle disposizioni sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, come la formazione obbligatoria e la sicurezza di macchine e attrezzature soggette a verifica periodica, RsppItalia.com ed esperti si confrontano sulle sfide e le opportunità della quarta rivoluzione industriale. Il Piano nazionale industria 4.0 presuppone, infatti, una rivisitazione nell’impostazione culturale del fare impresa ed è destinato a impattare in modo strutturale il tradizionale modello di gestione dei temi di salute e sicurezza. Si parla di investimenti e risorse destinate tanto agli

aspetti tecnologici (relativi ai beni materiali e immateriali) quanto ai temi organizzativi: dall’interazione uomo-macchina (miglioramento della sicurezza e dell’ergonomia, riduzione degli errori, verifica della qualità del processo produttivo, controllo sistematico delle attrezzature e delle macchine e del relativo corretto funzionamento) alla gestione dei lavoratori (supporto alle situazioni correlate all’invecchiamento della forza lavoro, alla integrazione di lavoratori con disabilità) ai sistemi di controllo (telemanutenzione, telediagnosi, monitoraggio continuo delle condizioni di lavoro). RsppItalia.com è un collettore di norme, accordi e circolari sul tema che spesso risultano difficili da reperire. È a disposizione degli utenti anche la collana degli “Indispensabili” (http:// www.rsppitalia.com/products) che raccoglie una vasta gamma di articoli di esperti che approfondiscono i temi tecnici, giuridici e comunicativi della salute e sicurezza sul lavoro. Così come confermato dall’attuale sistema normativo comunitario e nazionale la gestione della salute e sicurezza sul lavoro si conferma una leva competitiva per le aziende e per tutto il contesto territoriale, che può portare benefici significativi, se correttamente valorizzata e governata. Oltre alle quattro associazioni fondatrici, Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, Confindustria Firenze, Confindustria Genova e Federchimica, hanno già aderito al progetto anche altre associazioni partner del Sistema Confindustria tra cui Anima. l.a.

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Contenuto Redazionale

Da Torino al Mondo in 12 anni, la giovane storia di aizoOn di Paolo Marenco

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Dopo aver parlato nei numeri precedenti de L’Industria Meccanica di Cyber Security e Industry 4.0, i settori in cui aizOn opera, può essere utile conoscere come siamo nati.

Contenuto Redazionale

In questi anni crescere dall’Italia nell’Information Technology non “cosa facile”. Come remare controcorrente. Conosco Franco Cornagliotto, manager torinese nel 2005 in un viaggio insieme nella Silicon Valley, alla fine del lock up con la multinazionale a cui aveva venduto la sua azienda informatica. Guidando tra San Francisco e San Josè riaffiora la sua vena imprenditoriale e la nuova idea. Realizzare una nuova società di consulenza che potesse anche candidarsi a diventare da subito la prima Agenzia autorizzata dal Ministero del Lavoro ai sensi della Legge Biagi (Legge 30, del 14 febbraio 2003), per la somministrazione specialistica. aizoOn nasce così a Torino il 17 ottobre 2005 e due mesi dopo, con quattro sedi e i rispettivi manager, io uno di quelli, viene autorizzata dal Ministero del Lavoro quale agenzia per la somministrazione specialistica nell’ IT. Vi svelo anche il significato del nome aizoOn: non è inglese ma greco, in botanica rappresenta una pianta che non muore mai, tipica dei muri a secco del Mediterraneo bruciati dal sole. aizoOn rimase inoltre l’unica Agenzia specialistica per molti anni. La crescita è stata molto regolare portandoci ad aprire altre sedi in Italia (Bologna, Cuneo, Bari). Nel 2013 il salto internazionale necessario per seguire i clienti e continuare a crescere apriamo aizoOn Usa ed aizoOn Australia, a New York, Cambridge e Sydney. Da allora abbiamo allargato il nostro scopo contribuendo alla risoluzione di problemi con nuove soluzioni tecnologiche. Tra le nostre prime sfide c’è da sempre la Cyber Security, che negli ultimi anni è diventato tema in crescita su scala globale. La realizzazione della piattaforma Aramis, per “sentire” i malware prima che impattino sulla rete aziendale, è stata la prima realizzazione in tal senso a livello europeo. L’impegno su scala globale nelle tecnologie abilitanti di Industria 4.0 è quello che oggi ci vede attivi dall’Australia agli Stati Uniti, per aziende di molti settori. Lesson learned: si può fare e crescere anche dall’Italia, arrivando a oltre 500 ingegneri distribuiti a livello globale, se si da grande attenzione alla scelta e al valore delle risorse umane. In aizoOn si viene accolti con competenza, rispetto e attenzione da parte di tutti: da Roberta che a Genova ti accoglie, a Mara che a Milano cura le selezioni sino al nostro Ceo di aizoOn dal 2005 Silvana Candeloro. L’ultimo colloquio è sempre con lei ed ogni collaboratore dà del tu a Silvana.

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teggiare? La soluzione al problema esiste. Complesso è attivarla e mantenerla. Richiede grande competenza, forte determinazione e… coraggio, doti che risiedono nel genoma di ogni ottimo esperto Hr, il quale le utilizza soprattutto in determinati momenti della vita organizzativa. Vediamoli insieme.

ANSIA? NO, GRAZIE

Ricerca e selezione: cerchiamo i nostri futuri collaboratori preferibilmente in quelle imprese che sappiamo, o presumiamo, avere attivato politiche di gestione del personale in linea con la nostra. Selezioniamoli con attenzione, non solamente sulla base delle competenze tecniche possedute, ma anche di quelle trasversali, tra le quali la capacità di adattamento costruttivo. Un generatore d’ansia organizzativa è infatti il mantra «dove lavoravo prima eravamo meglio organizzati».

Il nemico numero uno dell’ansia organizzativa è il riconoscimento della medesima

Accoglimento: ogni neoassunto, a prescindere dall’incarico che si appresta a ricoprire, va accolto con la gratitudine e con il calore che contraddistingue la nostra impresa. Anche questo contribuisce a prevenire. Inserimento: la fase dell’inserimento nella «tribù», curata con attenzione, genera gli anticorpi necessari per non essere vittime di angosce. Follow-up: ad intervalli a frequenza variabile, il nostro responsabile Hr esegue interventi di rinforzo, focalizzati sulla demolizione delle cause ansiogene, che, spesso, risiedono in carenze comunicative tra capi e collaboratori o tra funzioni aziendali differenti.

di Dante Ghisi

Oggetto di follow-up devono essere anche i collaboratori che sono con noi da tempo. Con loro parleremo di competenze necessarie per ricoprire con successo i ruoli, ma anche di criticità dei nostri contesti organizzativi, ponendo le basi per risolverle. Risolveremo così anche le angosce determinate da senso di inadeguatezza.

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reud definì l’ansia «un enigma la cui soluzione potrebbe inondare di luce l’intera esistenza mentale». Non abbiamo l’obiettivo, qui, di risolvere l’enigma evidenziato dal padre della psicanalisi. Nel numero 709, delineai alcuni elementi favorenti l’ansia organizzativa e posi l’accento sul ruolo determinante della funzione Hr nella gestione della medesima. Ora entriamo più in profondità di quanto già fatto. Che cosa può contribuire a prevenire ed a curare questo stato di forte apprensione, dovuto a timore, incertezza, attesa di qualcosa che non ci sentiamo in grado di fron-

Il nemico numero uno dell’ansia organizzativa è il riconoscimento della medesima. Una volta riconosciuto il sintomo, ne va ricercata con determinazione la causa, scavando, quando necessario, negli anfratti organizzativi. Fino a questo punto, è sufficiente essere degli ottimi «professional». Da qui in poi, dobbiamo fare affidamento sul nostro coraggio. Al coraggio quotidiano, quello che differenzia un manager «committed» da un fruitore di retribuzione, dedicheremo il prossimo intervento.

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Di chi è il mio design? Alcune regole per una risposta certa I casi illustri del design italiano e alcune regole con il codice alla mano di Matteo Mussi e Silvia Borghi* *Matteo Mussi e Silvia Borghi dello Studio Lawtelier Avvocati Associati si occupano di proprietà intellettuale, diritto della concorrenza e diritto commerciale.

Diamante è la macchina da bar progettata nel 1955 da Bruno Munari ed Enzo Mari per La Pavoni

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er creare prodotti che incontrino il gusto e le attese del pubblico le aziende collaborano con famosi designer o con soggetti all’avanguardia nel disegno industriale. Si pensi alla macchina da bar “Diamante” progettata nel 1955 da Bruno Munari ed Enzo Mari per La Pavoni o alla macchina per caffè espresso “Diva”, disegnata da Andreas Seegatz per Ilcar Bugatti o, ancora, alla caffettiera 9090 ideata da Richard Sapper per Alessi e, infine, a quella creata da Carlo Colombo per Fratelli Guzzini nell’ambito dell’iniziativa denominata “The Coffe Project”. Gli esempi sono innumerevoli e di grande successo. In tempi più recenti a Milano, durante il Salone del Mobile 2017, si è potuto assistere alla presentazione della prima cappa per cucine al mondo realizzata in carta, frutto della collaborazione tra Faber SpA e il mastro cartaio fabrianese Sandro Tiberi. La ricerca nel campo del design industriale a volte porta alla interazione tra rinomate aziende che operano in settori tra loro anche molto distanti: si pensi al caso della cucina “Curvarossa”, risultato della collaborazione tra Arrex Le Cucine e la casa motociclistica Ducati oppure alla sinergia tra Victorinox e Tiffany per la realizzazione di una particolare versione del celebre coltellino svizzero. I prodotti di design si distinguono nel mercato e ricevono premi illustri. Così è avvenuto per il banco a pozzetti per il gelato “Bellevue”, insignito, nel 2014, del premio Compasso D’Oro e realizzato dalla società Ifi SpA su progetto del designer di fama internazionale Marc Sadler. Il design è un argomento di grande attualità per le aziende e uno strumento che, se ben conosciuto, anche nei suoi profili giuridici, può diventare strategico per lo sviluppo e il successo di un’azienda.

Codice alla mano In base all’art. 31 del Codice della proprietà industriale (D.Lgs. 30/2005), “Possono costituire oggetto di registrazione come disegni e modelli l’aspetto dell’intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale ovvero dei materiali del prodotto stesso ovvero del suo ornamento, a condizione che siano nuovi e abbiano carattere individuale”.

Diva è la macchina per caffè espresso disegnata nel 2005 da Andreas Seegatz per Ilcar di Bugatti12

NUOVI I disegni e i modelli si considerano “nuovi”, ai sensi dell’art. 32 del Codice della proprietà Industriale, se nessun disegno o modello identico è stato divulgato anteriormente alla data di presentazione della domanda di registrazione. CARATTERE INDIVIDUALE Un disegno presenta, invece, il requisito del “carattere individuale”, ai sensi dell’art. 33 del Codice della Proprietà Industriale, se l’impressione generale che suscita nell’utilizzatore informato (ossia nel designer, nello studioso di design o nel soggetto che si avvale del prodotto per la propria attività professionale) differisce dall’impressione generale suscitata da qualsiasi altro disegno o modello che sia stato divulgato anteriormente. Analoghe disposizioni si trovano nel Regolamento (CE) N. 6/2002 del Consiglio del 12 dicembre 2001 sui disegni e i modelli comunitari. Soddisfatti i requisiti di novità e individualità, il design è tutelabile mediante registrazione che, a livello italiano

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e di Unione europea, dura cinque anni, a decorrere dalla data di presentazione della domanda, e può essere prorogata per periodi di altri cinque anni fino ad un massimo di venticinque anni dalla data di presentazione della domanda di registrazione. Chi è il soggetto del design? Un tema nevralgico in fatto di design è quello che riguarda l’individuazione del soggetto cui fa capo il diritto di effettuare la registrazione del disegno o modello e conseguentemente anche i diritti da essa derivanti, in particolare quelli di sfruttamento economico. La regola generale al riguardo è dettata dall’art. 38 del Codice della proprietà industriale, il quale prevede che di norma il diritto alla registrazione spetta all’autore del disegno o modello e ai suoi aventi causa. Tuttavia, nella pratica quotidiana può essere problematica l’applicazione di tale principio generale, poiché l’autore del design e il soggetto che poi commercializza il prodotto che lo incorpora quasi mai coincidono. Normalmente, infatti, si verifica che l’autore di un disegno industriale sia un lavoratore dipendente oppure un libero professionista (designer di professione, architetto, ecc.), mentre il soggetto che commercializza il prodotto di design, un’azienda. Si tratta di scenari in cui si confrontano due opposti interessi, quello dell’azienda e quello dell’autore del design, nei quali non sempre l’applicazione della regola generale appena vista è in grado di fornire una soddisfacente ed equilibrata composizione degli interessi in gioco.

Il caso del lavoratore dipendente E così, con particolare riferimento al caso dell’autore lavoratore dipendente, sempre l’art. 38 del Codice della proprietà industriale dispone che, salvo patto contrario, la registrazione per disegni e modelli che siano opera di un lavoratore dipendente spetti al datore di lavoro se l’attività di creazione di disegni e modelli rientra tra le mansioni del lavoratore dipendente, fermo restando il diritto di questi ad essere riconosciuto come autore. Tuttavia, per il caso in cui l’autore lavoratore dipendente sia addetto a mansioni diverse dall’attività di creazione di disegni o modelli, la legge nulla di specifico dispone, con la conseguenza che, in tal caso, troverà applicazione il principio generale sopra visto in base al quale il diritto alla registrazione spetterà al suo autore e dunque al lavoratore dipendente. Peraltro, va notato che, in tal caso, in capo al datore di lavoro non è nemmeno previsto dalla legge un diritto di opzione sul design realizzato dal proprio dipendente. Con riferimento a quelle figure di lavoratori dipendenti che non annoverano tra le loro mansioni quella della creazione di disegni o modelli, può essere opportuno per le aziende valutare se negoziare, di volta in volta, col dipendente, un contratto di cessione ad hoc del diritto alla registrazione oppure inserire nei contratti di lavoro apposite clausole volte a stabilire, una volta per tutte, che il dipendente cede in via preventiva all’azienda (dietro pagamento di un compenso) il diritto di registrazione e di sfruttamento economico di ogni disegno o modello

La 9090 è la caffettiera ideata da Richard Sapper per Alessi nel 1979

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Bellevue banco a pozzetti per il gelato realizzato dalla società Ifi Spa su progetto del designer di fama internazionale Marc Sadler nel 2013

eventualmente ideato durante il rapporto di lavoro e che sia attinente al campo di attività dell’impresa. Il caso del libero professionista Anche per il caso in cui il design sia frutto dell’opera di un libero professionista su commissione di un’azienda, la legge nulla dispone di specifico con la conseguenza che il diritto alla registrazione spetterà, secondo la regola generale, al suo autore, vale a dire al libero professionista. Infatti, nonostante in tal caso ci si trovi di fronte a un contratto d’opera, si ritiene che ad esso non si applichi il principio secondo il quale il committente (cioè, l’azienda) acquista a titolo originario i diritti sui risultati dell’attività commissionata ma piuttosto prevalga la regola generale di cui all’art. 38 del Codice della proprietà industriale. Il designer libero professionista e l’azienda possono comunque – ed anzi è vivamente consigliabile – stipulare un contratto per regolare espressamente la concessione dei diritti patrimoniali connessi alla registrazione del disegno/modello così come l’eventuale trasferimento in capo all’azienda anche del diritto alla registrazione. Il caso della co-creazione Infine, un caso del tutto particolare è quello in cui il design sia il risultato della collaborazione di due autori. Affinché vi sia “co-creazione” del disegno o modello occorre che il contributo dato dai coautori, per la realizzazione del design, non si limiti al mero suggerimento di spunti o alla messa a punto di dettagli minori. In altre parole, è necessario che entrambi i coautori siano intervenuti in modo sostanziale in una o più fasi del processo di ideazione del design.

Nel caso di co-creazione del disegno o modello, si ritiene che al rapporto tra i coautori si applichi la disciplina generale della comunione dei diritti della proprietà industriale, prevista dall’art. 6 del Codice della proprietà industriale. Detto norma prevede che, se un diritto di proprietà industriale appartiene a più soggetti, le facoltà connesse a tale diritto sono regolate, salvo convenzioni in contrario, dalle disposizioni del codice civile relative alla comunione. In altre parole, i coautori potranno esercitare, anche individualmente, gli stessi diritti che spettano ai comproprietari di un bene, secondo il principio di cui all’art. 1102 c.c. in base al quale “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”. Anche in caso di contitolarità dei diritti della proprietà industriale, le parti possono derogare alle previsioni di legge, stipulando appositi contratti che prevedano a chi compete la registrazione del disegno/modello e a chi spetta l’esercizio dei diritti patrimoniali connessi al design. Anzi, in un contesto di contitolarità di diritti, è senz’altro consigliabile regolare contrattualmente i rapporti tra i contitolari. In conclusione, alla luce di quanto sopra illustrato, emerge chiaramente l’opportunità di regolare con appositi contratti scritti ogni rapporto esistente tra impresa e ideatore di un design o modello, poiché, specie nei casi non regolamentati espressamente dalla legge, è concreto il rischio di chiedersi “di chi è il mio design?” senza riuscire a darsi una risposta certa, ovvero di scoprire a posteriori che quello che si credeva essere “il mio design”, in realtà sia di titolarità di altri.

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Trattare l’acqua negli impianti di casa per efficienza e risparmio Con semplici accorgimenti è possibile risparmiare più del 20% della bolletta sull’acqua sanitaria e più del 10% della bolletta del riscaldamento di Stefano Bonfanti

T

ra i requisiti minimi legati all’efficienza energetica che un edificio deve possedere, le nuove normative impongono anche l’obbligo del trattamento dell’acqua del circuito di riscaldamento e dell’impianto sanitario.

Il decreto interministeriale del 26 giugno 2015, infatti, dice che il progettista o l’installatore devono prevedere obbligatoriamente il trattamento dell’acqua a protezione degli impianti termici nuovi e riqualificati. Così facendo è possibile ottenere sia

Schema del corretto trattamento acqua per tutti gli impianti reso obbligatorio dal DMiSE 26.06.2015 e dalla norma UNI 8065. (Filtrazione + condizionamento chimico ACS + condizionamento chimico impianto riscaldamento)

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un risparmio economico sia garantire una migliore efficienza e quindi un minore impatto ambientale. Adottando semplici accorgimenti è possibile risparmiare più del 20% della bolletta sull’acqua sanitaria e più del 10% della bolletta del riscaldamento. Dalle ultime valutazioni Istat le famiglie Italiane nel 2013 hanno speso oltre 42 miliardi di euro per consumi energetici, con una spesa media a famiglia pari a 1700 euro. In alcune zone si è arrivati a spendere anche oltre i 2000 euro per riscaldare la casa e l’acqua. Più del 50% degli immobili in Italia ha oltre i 40 anni di età e negli impianti in essi contenuti sono presenti depositi, calcare e fanghi che diminuiscono drasticamente la relativa efficienza termica ed energetica. Un esempio? Se nell’impianto di riscaldamento ci sono dei termosifoni che sono solo caldi solo per metà a causa della presenza di fanghi di corrosione che creano una vera e propria barriera allo scambio termico, ciò implica tenerli accesi il doppio del tempo per ottenere la temperatura desiderata, disperdendo calore nei fumi di scarico e quindi sprecando denaro. Se, poi, nel circuito di acqua sanitaria


vi è depositato del calcare, anch’esso isolante termico sulle superfici delle componenti dell’impianto (scambiatore della caldaia, serpentini, etc), è necessario tenere accesa per più tempo la fiamma della caldaia per riscaldare l’acqua alla temperatura desiderata. Questo si traduce in maggiore inquinamento e aumento dei costi. Le nuove tecnologie che oggi vengono installate nella realizzazione degli impianti termici sono progettate per garantire efficienza energetica. Questi sistemi, spesso molto sofisticati, sono efficienti se l’acqua che li attraversa è pulita e conforme alle prescrizioni dettate dalla norma UNI CTI 8065. A regolamentare il trattamento dell’acqua a protezione degli impianti di riscaldamento e sanitari oltre alle nuove direttive di luglio sopra descritte, rientrano anche il DPR 412/93, il nuovo DPR 74/13 e il DM 10/02/2014, che completano la filiera delle responsabilità dalla progettazione, all’installazione, alla manutenzione anche dei sistemi di trattamento acqua. Questo tipo di interventi sono semplici e spesso poco invasivi sull’impianto. Le norme, infatti, prevedono solo la filtrazione per trattenere sporco e depositi, il condizionamento pro-

tettivo dell’acqua sanitaria mediante l’utilizzo di dosatori di polifosfati, il condizionamento chimico protettivo dell’acqua del circuito di riscaldamento ed eventualmente (non sempre richiesto) l’addolcimento per abbassare il tenore di calcare. La scelta del corretto trattamento dell’acqua dettato dalle leggi è funzione della potenzialità dell’impianto termico, della destinazione d’uso dell’impianto (impianto destinato alla produzione di sola acqua sanitaria, solo riscaldamento o tutti e due insieme) e dalla durezza dell’acqua (il calcare). Dal progettista o termotecnico all’installatore, dal manutentore al responsabile dell’impianto, (ognuno per la propria parte di competenza) sono responsabili nell’ottemperare alle norme cogenti atte a contenere i consumi di energia e a migliorare l’efficienza energetica degli impianti termici negli edifici. Il DPR 74/13 e i relativi recepimenti regionali, impongono al responsabile dell’impianto (es. proprietario dell’edificio, amministratore di condominio, etc.) di mantenere efficiente e sicuro il proprio impianto termico tramite controlli periodici preveden-

do l’obbligatoria manutenzione degli impianti termici, nonché la verifica della presenza e della funzionalità dei sistemi di trattamento dell’acqua utilizzati per proteggere dal degrado, dalle incrostazioni calcaree e corrosioni e dalla conseguente dispersione termica. Oltre ai consueti test di rendimento energetico mediante l’analisi di combustione dei fumi, la “verifica della caldaia” è accompagnata anche da un obbligatorio controllo delle apparecchiature e prodotti utilizzati per la protezione del circuito di riscaldamento e dell’impianto di acqua calda sanitaria. Il manutentore che effettua i consueti controlli sul generatore termico, dovrà conoscere anche le nuove regolamentazioni sul trattamento dell’acqua e dotarsi degli strumenti necessari per effettuare le dovute verifiche. Inoltre i controlli di efficienza energetica devono essere effettuati sia nel caso della prima messa in esercizio dell’impianto, sia nel caso di sostituzione degli apparecchi del sottosistema di generazione che nel caso di interventi sull’impianto tali da modificare l’efficienza energetica del sistema.

Schema del corretto trattamento acqua per gli impianti con potenza superiore a 100 kw e durezza totale dell’acqua maggiore di 15 °fr, reso obbligatorio dal DMiSE 26.06.2015 e dalla norma UNI 8065. (Filtrazione + addolcimento + condizionamento chimico ACS + condizionamento chimico impianto riscaldamento)

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La vera sicurezza è la formazione L’associazione Anima Sicurezza in campo per qualificare e certificare i tecnici dedicati alla manutenzione delle casseforti e serrature.

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Qualificare i tecnici di manutenzione casseforti e serrature è previsto dalla legge 4/2103 in conformità alla norma UNI EN 11557 L

a cassaforte con la sua serratura custodisce i beni personali dai ricordi di famiglia ai gioielli e gli incassi di una giornata così come risparmi di una vita. Prodotta da aziende familiari e multinazionali e richiesta da privati, uffici, industrie, istituzioni, banche, negozi e media grande distribuzione. Qualificare i tecnici di manutenzione casseforti e serrature è previsto dalla legge 4/2103 “Disposizioni in materia di professioni non regolamentate” in conformità alla norma UNI EN 11557 che identifica i requisiti di conoscenza, abilità e competenza per la qualifica e la certificazione. Secondo il direttore tecnico della Conforti Spa, Luigi Rubinelli, «sono corsi che implementano le attività procedurali e comportamentali del mestiere. Fino a oggi la formazione era affidata ai costruttori e alle professionalità di tecnici indipendenti». Con l’entrata in vigore della normativa 11557, in merito alle attività professionali non regolamentate, l’associazione ha preso spunto per creare un’opportunità per i tecnici che operano nelle manutenzioni della sicurezza passiva. Che cosa deve saper fare? Una formazione a 360° è quanto mai necessaria per un professionista che ha bisogno di essere preparato non solo sul piano tecnico ma anche sulle sfumature relazionali e di consapevolezza della delicatezza che il suo ruolo assume. Rubinelli traccia anche il profilo del tecnico del settore: «Insegniamo ai tecnici come affrontare le richieste di intervento, come preparare e condurre l’intervento, come comportarsi perché la manutenzione di una cassa-

forte non implica solo capacità tecnica, ma anche riservatezza, responsabilità e completa e rispettosa comunicazione con i clienti». Il tecnico deve conoscere le norme cogenti e i rischi relativi all’attività che sta svolgendo, così da affrontare le diverse situazioni nel modo migliore. Oltre ai rischi comuni ad ogni attività lavorativa, il tecnico che opera sulle casseforti corre anche rischi legati ai valori contenuti nelle casseforti. Per esempio durante la manutenzione di un bancomat esiste il rischio rapina.. «Insegniamo a completare la loro professionalità, rendendola parte integrante dell’affidabilità di un prodotto altamente performante, unitamente all’etica professionale richiesta dalla qualifica e dalla certificazione di un tecnico», chiude Rubinelli. Le esperienze degli imprenditori Daniele Lussana della Lem Srl ha certificato tutti i suoi tecnici e riconosce «abbiamo aderito subito per essere pronti. Il mercato richiede una competenza e una qualità sempre più selettive. Ci accorgiamo che spesso i tecnici sanno come lavorare ma non conoscono la normativa vigente. Ogni giorno gli interventi che vengono richiesti all’azienda su tutto il territorio nazionale sono sull’ordine dei cinquanta al giorno. La buona riuscita del contatto con i clienti contribuisce a confermare la positività dell’iniziativa dell’associazione». Fabio Podda di Sistemi Sicurezza Service Sas gli fa eco: «Certificare i tecnici per noi è un valore aggiunto. Fino ad ora erano figure alle quali non veniva riconosciuta una competenza specifica ma identificate come fabbri. Ci abbiamo creduto da subito. Abbiamo certificato tutti i tecnici dell’azienda. Molto utile l’informazione dell’etica professionale. Abbiamo cambiato il metodo di lavoro». Podda racconta che il mercato gode di buona salute. Gli interventi sono nella grande distribuzione per il 70% e per il resto banche e privati. «Si instaura un rapporto di fiducia». L’azienda, aperta 18 anni fa, si è fatta subito conoscere grazie anche a internet, il luogo privilegiato degli utenti per trovare un tecnico che risolva il problema. «C’è questo vuoto di informazione. Il cliente non sa che ci sono aziende che gestiscono la manutenzione delle casseforti e serrature con tecnici qualificati e certificati». Il percorso formativo continua e il calendario prevede già nuove date in autunno, il 20 e il 21 ottobre 2017. L’esame di certificazione è programmato per il primo dicembre 2017. L’associazione Anima Sicurezza sta programmando anche un corso di aggiornamento per i tecnici certificati allo scopo di garantire il mantenimento della certificazione come previsto dalla norma UNI. l.a.

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EXPORT & MER CATI


ORT ERI


EXPORT&MERCATI

DUBAI Come aprire una società in free zone e sfruttare al meglio Expo 2020 di Nico de Corato* *Nico de Corato è consulente per l'apertura di attività in Free Zone negli Emirati Arabi. Collabora con i progetti di Internazionalizzazione di Anima. Per info: dubai@anima.it

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L’

Expo 2020 apre prospettive frenetiche di business grazie all’accelerazione dei progetti in corso nei principali segmenti contract: turistico, residenziale, hospitality, retail e commerciale. Il Ceo di Dubai Investments ha dichiarato che il gruppo si aspetta oltre venti milioni di visitatori nei 6 mesi dell’evento e un’esplosione di progetti edilizi con l’avvicinarsi dell’anno fatidico. Su tutti spicca il progetto di espansione del nuovo aeroporto Al Maktoum International (Dwc), oggi solo parzialmente operativo e che dovrebbe diventare il maggiore del mondo, oltre a porsi come cardine centrale della zona economica Dubai World Central. Proprio vicino al nuovo aeroporto internazionale prenderà vita l’Expo, un sito avveniristico di oltre 438 ettari di estensione. Hok architecture, alla guida di un team di aziende di architettura (con gli studi Populous e Arup in testa), ha svelato il masterplan del sito destinato ad ospitare oltre 25 milioni di visitatori da tutto il mondo. La novità più interessante è senz’altro l’attenzione all’ambiente e all’edilizia ecosostenibile dotata di un impianto fotovoltaico che rivestirà l’intera struttura con l’obiettivo di coprire almeno la metà del fabbisogno energetico complessivo dell’intero sito. Sono inoltre confermati ingenti flussi di investimento nelle strutture di hospitality previsti da tutti i maggiori operatori del settore (Paramount Hotels ad esempio). I maggiori operatori finanziari hanno stimato la necessità di incrementare la capacità ricettiva delle strutture alberghiere di almeno 80 mila nuove stanze entro il 2020, con un volume di business che si stima attorno ai 7 miliardi di dollari, senza contare gli investimenti nel settore immobiliare che arriveranno a generare un incremento di oltre 45 mila unità abitative, con un impatto determinante sul mercato real estate locale. Innumerevoli i progetti contract internazionali già avviati o lanciati dal giorno dei festeggiamenti per l’aggiudicazione dell’Expo 2020: un volume in crescita inarrestabile che ha già raggiunto quota 27 miliardi di dollari Usa. Altri principali driver sono i progetti mastodontici di District One, il parco a tema Meraas (sempre nell’area del nuovo aeroporto e che integra cinque parchi di stile statunitense), e i progetti di sviluppo ed espansione residenziale come l’appalto di Nakheel per le Al Furlan Villas.

In vista negli Emirati opportunità per i settori delle costruzioni e quello della meccanica

Fare affari a Dubai ha un passaggio obbligato: l’apertura di una valida licenza per operare Investimenti per Expo 2020: i settori interessati Ma quali saranno i settori che maggiormente avranno beneficio da questi progetti? Sicuramente quello delle costruzioni e quello della meccanica per la fornitura di tutte le parti necessarie. Ma è anche vero che per entrare (e soprattutto vincere) queste gare è necessario sapere bene come muoversi. Spesso infatti è necessario avere una sede legale già costituita negli Emirati; talvolta non è sufficiente e sono necessarie certificazioni. Oltre ovviamente ad essere competitivi, avere relazioni consolidate con i buyer e così via. Può essere pertanto strategico utilizzare come entry level una controllata/o un ufficio di rappresentanza in free zone per gestire la sola parte commerciale e/o di progettazione del lavoro, salvo mantenere poi la produzione in Italia, almeno inizialmente; quindi delocalizzare o gestire in loco per il nuovo mercato-target tutta la parte “immateriale del lavoro”. Mentre aprire una società “in-land” (cioè fuori dalla free zone) richiede di avere un socio locale emiratino (titolare sulla carta al 51%), versare un capitale sociale, avere un ufficio reale, ecc. Aprire una società in free zone comporta numerosi vantaggi. Le free zone degli Emirati Arabi Uniti sono state create allo scopo di facilitare gli investimenti stranieri; di conseguenza le procedure per insediarsi nelle zone franche sono piuttosto semplici, veloci e relativamente economiche, soprattutto se si considerano soluzioni “virtuali”. Ci sono più di 40 free zone negli Emirati Arabi (più di 20 solo a Dubai) e ciascuna si rivolge ad una specifica categoria commerciale. Aprire una società in free zone offre agli investitori una serie di vantaggi: proprietà straniera del 100%; nessuna imposta sulle società o sul reddito personale; parziale o totale esenzione dai dazi doganali (a seconda dei casi); nessuna lungaggine burocratica (in 10 giorni si ha la licenza); nessun obbligo di assunzione o di residenza. A cui aggiungere in alcune free zone: nessun obbligo di presentazione di registri contabili; nessun obbligo di ufficio; nessun capitale sociale da versare. Ci sono free zone in cui si costituisce un’azienda con poco meno di 5.000 dollari americani. Tutte le licenze negli Emirati arabi hanno un costo annuale di rinnovo. Ma a fronte di questo poi non ci sono altri oneri con questa free zone come dicevamo: ufficio, spese di contabilità, ecc.. A fine anno si decide se rinnovare (basta pagare il rinnovo) o chiudere la società. di Mauro Ippolito, Wings Partners

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Come costituire una società in free zone Quali sono i documenti e le informazioni necessarie per la costituzione di una società in free zone? In realtà ogni free zone ha una regolamentazione differente più o meno complessa. È possibile individuare una soluzione semplificata, con un ufficio virtuale. I documenti necessari sono i seguenti: copia del passaporto di ciascun socio/amministratore della costituenda società; in caso di socio persona giuridica, una visura della società tutti i documenti vanno tradotti in arabo e vidimati dall’ambasciata della nazione originaria e poi dal ministero degli Affari esteri; copia della pagina con il timbro dell’ultimo visto di ingresso negli Emirati Arabi. Le informazioni che il cliente dovrà fornire per la costituzione di una Ltd sono: denominazione della società che in caso di un socio dovrà terminare in “FZ LLE” e in caso di due o piu soci in “FZ LLC”; eventuale nome di backup. E in relazione a ciascuno dei soci e degli amministratori: nome e cognome, data e luogo di nascita e indirizzo di residenza, numero di telefono, email. Infine l’indicazione della categoria commerciale dell’attività della società. Non ci sono particolari difficoltà con una soluzione di questo tipo nella gestione burocratica amministrativa; non è necessario in questo modo, infatti, presentare bilanci o registri contabili. Non serve un fiscalista o un commercialista in loco. La principale difficoltà che possono insorgere tra gli imprenditori sono legate al sottovalutare l’approccio a un mercato estero. Internazionalizzarsi richiede risorse non solo economiche, ma anche un investimento di energie, capacità da parte delle persone coinvolte di superare uno shock culturale, di adattarsi a modi di lavorare che sono diversi da quelli a cui si è abituati. A volte si fa fatica a gestire interlocutori di una città diversa, si pensi quando si deve fare i conti con cultura, lingua, religione, fuso orario diversi. Il momento più opportuno è proprio l’attuale, magari cogliendo le opportunità offerte dalle molte free zone del Paese per aprire branch locali o investire direttamente con una pressione fiscale nulla e una gamma di servizi alle imprese invidiabile. Fare affari a Dubai ha sempre infatti un passaggio obbligato: l’apertura di una valida licenza per operare. Ma questo non implica costi eccessivi, non vuol dire spostare stabilimenti e operai o creare costose strutture; vuol dire solo voler ampliare i propri orizzonti di mercato. Valvole e rubinetti: nella meccanica è il prodotto più esportato negli Emirati L’export della meccanica rappresentata da Anima verso i Paesi del Golfo Persico nell’anno 2016 è stato pari a 2.480

milioni di euro. Del totale esportato nel 2016 verso la regione del Golfo, quasi 770 milioni sono stati destinati verso l’Arabia Saudita, circa 570 mln verso gli Emirati Arabi Uniti e circa 410 milioni verso l’Iran. Insieme assorbono il 68% delle esportazioni della meccanica verso il Golfo. Arabia Saudita Emirati arabi uniti Iran Kuwait Iraq Oman Qatar Bahrein

1% 5%

7% 8%

28%

11%

Ripartizione delle esportazioni di meccanica “Anima” 23% Verso i Paesi del Golfo Persico. Fonte Ufficio Studi Anima Q% 30% 15% 14% 6% 6% 5% 5% 4% 2% 2% 2% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 1% 0% 0% 0% 0% 0% 0% 0% 0% 0% 0%

Emirati Arabi Uniti Valvolame e rubinetteria Pompe Turbine a gas e turbine a vapore Serrature e ferramenta Sollevamento e trasporto Macchine edili stradali minerarie ed affini Impianti aeraulici Attrezz. Frig. Comm. Caldareria Posateria Assotermica Compressori aria Macch. Caffè espresso Forni industriali Motori a comb interna Macchine e Forni per pane Compressori frigoriferi Carrelli Anasta Imp. Finitura Comaca Macchine e imp.ind. Dolciaria Misuratori per gas Macchine e imp.frutta Macch. Imp per molini Macchine e imp per pastifici Distrib. Carburanti Casseforti Turbine idrauliche

17%

2016 172,5 82,8

2015 221,2 79,7

Var% a/a -22% 4%

80,6

173,3

-54%

36,1 34,3

29,7 34,2

22% 0%

30,4

45,6

-33%

28,3 20,2 12,9 9,3 8,6 8,1 6,6 6,2 5,9 4,4 4,1 4,0 3,4 2,6 2,5 1,5 1,4 1,3 0,7 0,5 0,2 0,1 0,0 569,4

29,7 17,1 18,5 10,3 5,1 9,9 5,6 4,3 6,4 4,4 5,2 5,8 4,8 1,3 2,5 1,3 1,3 1,5 3,0 5,4 0,3 0,2 0,0 727,5

-5% 18% -30% -10% 70% -18% 18% 44% -8% 0% -20% -32% -30% 107% 0% 18% 4% -12% -76% -91% -3% -50% -58% -22%

L’export dei prodotti della meccanica rappresentati da Anima, verso gli Eau nel 2016 ha raggiunto il valore di circa 570 mln di €, registrando così una diminuzione rispetto al 2015 (-22%) quando si è raggiunto il valore di 727 mln di €. Le tecnologie principalmente esportate sono Valvolame e rubinetteria, Pompe e Turbine. Queste tre categoria di prodotti costituiscono insieme circa il 60% delle esportazioni complessive della meccanica “Anima” verso gli Eau. Le valvole sono il prodotto di gran lunga maggiormente esportato, per un valore di 172 mln di € nel 2016. Il settore delle pompe ha esportato per una valore pari a 83 mln €, aumentando del 4% il valore raggiunto nel 2015. Le turbine a gas e le turbine a vapore hanno riaggiunto un valore di export di 81 mln €, valore che però nel 2015 fu addirittura più del doppio.

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Caloni Trasporti è una società specializzata nel trasporto nazionale ed internazionale di merci su strada e nella logistica. Dal 1939, CALONI è sinonimo di efficienza ed è una delle poche aziende del settore che ha saputo mantenersi al passo con i molteplici cambiamenti del mercato garantendo un servizio sicuro, flessibile ed efficiente grazie alla sua presenza capillare sul territorio italiano ed europeo. Grazie alle 11 filiali commerciali e agli oltre 60 centri di distribuzione presenti sul territorio nazionale, Caloni Trasporti è in grado di controllare direttamente l’intera rete distributiva italiana. Un partner logistico di fiducia che opera da tutta Italia per l’Europa e da-e-per tutta Italia in maniera efficace, con linee dirette giornaliere e collegamenti programmati. Forniamo una gamma di servizi su misura, coniugando l’efficienza nel trasporto con la sostenibilità dei costi: massima flessibilità per ritiri e consegne comunicazioni tempestive in caso di imprevisti assistenza dedicata e costante grazie ad un Customer Service interno servizi personalizzati attenzione e cura nella gestione dei vostri colli Caloni Trasporti vede il cambiamento come l’opportunità di mettersi in gioco, creare nuove prospettive e credere in nuove idee per diversificarsi ed essere speciale, utilizzando l’arte come espressione del movimento. Caloni trasporti è l’eccellenza in movimento!

Via Strauss, 42 20831 Seregno (MB) Tel. 0362 26561 Fax. 0362 265687 www.calonitrasporti.com info@calonitrasporti.com

www.omgindustry.com


Un’alternativa al protezionismo? Free trade agreements L’origine preferenziale apre le porte all’integrazione dei mercati. Ecco cosa tenere d’occhio.

di Veronica Di Luca, Easyfrontier

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O

gni possibile modello di crescita economica, di spinta propulsiva, di competitività per le imprese italiane nell’ultimo decennio, ha al centro l’esportazione e il rafforzamento degli scambi commerciali che, ad oggi, rappresentano la carta d’identità di un’impresa di successo. Sebbene alcune delle maggiori economie mondiali con cui l’Italia intrattiene rapporti commerciali stabili si orientino da un lato verso un innalzamento delle barriere protezionistiche (Stati Uniti) e dall’altro manifestino un’estrema lentezza nella riduzione delle barriere medesime (Cina e Brasile) – pur dovendo rilevare una crescente attenzione di tali paesi verso uno snellimento delle procedure doganali, soprattutto attraverso l’uso delle information technology – l’Unione Europea ha ritenuto, ormai da anni, di puntare, nell’ambito delle soluzioni possibili per il proprio sviluppo economico, ai Free Trade Agreements - Accordi di Libero Scambio. Fulcro e guida degli accordi è l’origine, concetto filosofico ed emotivo per sua natura. L’origine, che spesso viene accostata al Made in e quindi all’idea seducente di salvaguardia della territorialità dei nostri prodotti, si declina peraltro anche come origine preferenziale, il cui unico effetto è quello di garantire benefici daziari connessi alle merci scambiate. Proprio l’origine preferenziale, ossia quell’origine convenzionale e tecnicolegale regolamentata negli accordi di libero scambio, rappresenta un tool utilizzato in tutto il mondo, perché è riconosciuta come pratica legittima in tutti i paesi aderenti alla World Trade Organization, non infrangendo la regola della cosiddetta nazione più favorita. Ad oggi sono infatti più di 500 gli accordi di libero scambio conclusi nel mondo fra i diversi paesi e depositati presso la World Customs Organization. In particolare l’Ue ha all’attivo oltre 50 accordi con singoli paesi e gruppi di paesi e tra questi val la pena di ricordare quelli con Ucraina e Ghana, entrati in vigore nel 2016, e quello con l’Ecuador, che va ad aggiungersi a Perù e Colombia, da gennaio 2017. E, come noto ormai a tutti, siamo in attesa dell’entrata in vigore provvisoria dell’accordo con il Canada (Ceta - Comprehensive Economic and Trade Agreement) i cui effetti, per altro, si estendono ben oltre la riduzione daziaria. Il 15 febbraio 2017 il Ceta è stato in effetti ratificato dal Parlamento dell’Unione; prima che possa entrare in vigore in via provvisoria, dovrà essere approvato anche dal Parlamento canadese. L’ipotetica data di entrata in vigore sarebbe stata il 1° di aprile, ma è slittata al 1° agosto.

L’Ue ha all’attivo oltre 50 accordi di libero scambio con singoli paesi e gruppi di paesi Le regole di origine Le regole di origine preferenziale utilizzate per accordare trattamenti daziari ridotti o nulli ai prodotti scambiati tra le parti sono contenute in specifici allegati agli accordi e sono caratterizzate dalle lavorazioni o trasformazioni cui devono essere sottoposti i materiali non originari, affinché il prodotto trasformato possa avere carattere originario. Particolare attenzione dovrà essere pertanto posta a dette regole che fissano la soglia delle lavorazioni sufficienti a conferire l’origine preferenziale ai prodotti. L’elenco delle lavorazioni sufficienti si basa su tre meccanismi, anche variamente combinabili: a) Cth - Change Tariff Heading (Cambio di Voce Doganale): il prodotto risulterà originario di un paese o di un gruppo di paesi se è lì ottenuto utilizzando anche materiali non originari di quel paese, di qualsiasi voce doganale, ad eccezione di quella del prodotto stesso; b) valore: il prodotto ottiene l’origine preferenziale quando il costo di tutti i materiali non originari utilizzati non supera una determinata percentuale (solitamente non al di sotto del 25% né al di sopra del 60%) del prezzo franco fabbrica del prodotto; c) lavorazione specifica: i materiali non originari devono essere sottoposti ad uno specifico processo di lavorazione. Le lavorazioni insufficienti, molto simili in tutti gli accordi, sono invece quelle operazioni che, pur magari producendo un salto di voce o più frequentemente rispettando la regola del valore, sono da considerarsi talmente irrilevanti economicamente, da non poter influenzare l’origine dei prodotti. Tra queste vanno ricordate l’apposizione di etichette, marchi e loghi, la costituzione di assortimenti di articoli e, soprattutto, il semplice assemblaggio di parti.

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Le regole di origine per accordare trattamenti daziari ridotti o nulli ai prodotti scambiati sono caratterizzate dalle lavorazioni o trasformazioni cui devono essere sottoposti i materiali

me del nuovo Codice Doganale, ha ritenuto opportuno, anche su sollecitazione delle associazioni imprenditoriali a livello unionale, proporre una modifica finalizzata a rendere più flessibili i termini di validità della dichiarazione (time framework). In particolare, la dichiarazione dovrà essere resa, a partire dallo scorso 14 giugno, con l’entrata in vigore del Regolamento di Esecuzione 2017/989, con una flessibilità nei termini di validità che andrà dai 12 mesi precedenti alla data di compilazione ai 6 mesi successivi alla data medesima, per una durata non superiore ai 24 mesi dalla data di inizio.

Dichiarazione del fornitore Un ormai noto tormentone per le aziende industriali è rilasciare o ottenere la dichiarazione del fornitore. Il nuovo Codice Doganale, entrato in vigore il 1° maggio 2016, ridefinisce la Dichiarazione del Fornitore (in particolare alla Dichiarazione di Lungo Termine - Long Term Declaration), con alcune nuove regole. In primis la validità: la dichiarazione a lungo del termine del fornitore è valida per due anni a partire dalla data di compilazione, inoltre potrà comunque essere resa una dichiarazione retroattiva con validità di un anno a partire dalla data di compilazione. Un esempio, con data puramente indicativa: Data di compilazione

Tipologia

Dal

Al

1° gennaio 2018

Invii successivi

1° gennaio 2018

31 dicembre 2019

1° gennaio 2018

Retroattiva

2 gennaio 2017

1° gennaio 2018

Inoltre si può evitare di firmarla, sia spedendola elettronicamente, sia inviando una dichiarazione preventiva con cui ci si assume la responsabilità per le proprie dichiarazioni, anche non firmate. La Commissione Europea, nell’ambito del progressivo adeguamento delle nor-

Status di esportatore autorizzato L’Esportatore Autorizzato diventa il soggetto “privilegiato” nello scambio di merci tra paesi accordisti, potendo rilasciare dichiarazioni su fattura a prescindere dal valore della merce esportata, ovviamente solo per le merci per le quali possieda le prove di origine, e abbandonando dunque la “temeraria” pratica dei certificati di circolazione (Eur1, Eur-Med). A proposito di esportatore autorizzato, è stata la Corea del Sud a inaugurare un nuovo modus operandi: i prodotti originari varcano il confine coreano in esenzione o agevolazione daziaria solo se presentati da un operatore che possiede lo status di esportatore autorizzato. La Corea del Sud non accetta EUR1: se non si è esportatore autorizzato, si paga dazio. E non sarà più l’unico paese ad agire secondo tale modalità. Anche in Canada, infatti, niente Eur1, ma dichiarazione di origine e registrazione nella banca dati Rex - Registered Exporter per poter accedere ai benefici daziari destinati ai prodotti originari. Scambio, integrazione, opportunità: sono queste le parole chiave che conducono l’Unione Europea a scegliere gli accordi di libero scambio come strumento favorito di dialogo commerciale tra paesi. Il progetto Dogana Facile di Anima può assistere tutti gli operatori interessati, sia nel conseguimento dello status di Esportatore.

Il nuovo Codice Doganale ridefinisce la validità della Dichiarazione del Fornitore con alcune nuove regole

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Paesi terzi che hanno concluso accordi di libero scambio con l’Unione europea PAESE / GRUPPI DI PAESI

NOMENCLATURA PAESE / GRUPPI DI PAESI AL DZ AD BA CARIFORUM

2009 2007 2009 2008 EPA applicato in via provvisoria da 29.12.2008

ANNO DI ENTRATA IN VIGORE / NOTE

ALBANIA ALGERIA ANDORRA BOSNIA HERZEGOVINA CARIFORUM (Paesi area caraibica) CENTRAMERICA (Honduras*, Nicaragua*, Panama*, Costa Rica**, El Salvador**, Guatemala***) da *1.8.2013, **1.10.13 , ***1.12.13 CENTRAFICA (Camerun) CEUTA CILE CISGIORDANIA e STRISCIA DI GAZA EPA - Costa d’Avorio EPA - Ghana EPA - Kenia EGITTO EPA - ESA (Mauritius, Madagascar, Seychelles, Zimbabwe) GEORGIA GHANA GIORDANIA ISLANDA ISOLE FAEROER / DANIMARCA ISRAELE KOSOVO LIBANO MACEDONIA MAROCCO MELILLA MESSICO REPUBBLICA DI MOLDOVA MONTENEGRO NORVEGIA

CENTRAMERICA

Applicato in via provvisoria:

CM XC CL PS CI GH KE EG ESA (MU - MG - SC - ZW) GE GH JO IS FO IL XK LB MK MA XL MX MD ME NO

PACIFIC (Fiji e Papua New Guinea )

PACIFIC (FJ e PG)

PAESI E TERRITORI D’OLTREMARE [unilaterale]

PTOM

PERU’ - COLOMBIA - ECUADOR

PE* - CO**- EC*** [ANDEAN]

REPUBBLICA DI COREA SADC - EPA (Botswana - Lesotho - Namibia - Swaziland) SERBIA SIRIA SISTEMA PREFERENZE GENERALIZZATE [unilaterale] SUD AFRICA SVIZZERA + LIECHTESTEIN TUNISIA TURCHIA UCRAINA

KR BW - LS - NA - SZ RS SY SPG ZA CH (+ LI) TN TR UA

2014 2001 2002 2009 Epa applicato dal 28.07.2016 Epa applicato dal 1.12.2016 Epa applicato dal 28.07.2016 2006 EPA applicato in via provvisoria da 14.5.2012 Applicato in via provvisoria da 01.9.2014 Applicato in via provvisoria da 15.12.2016 2006 2006 2006 2006 2009 2006 2008 2005 2001 2000 Applicato in via provvisoria da 01.9.2014 2010 2006 EPA applicato in via provvisoria da Papa Nuova Guinea da maggio 2011, da Fiji da 28.7.2014 2001 Applicato in via provvisoria: da *1.3.2013 e da **1.8.2013, ***1.1.2017 Applicato in via provvisoria da 1.7.2011

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2010 Accordo negoziato ma non firmato 2008 1999 2006 2006 2006 2016


L’economia guarda ad est. Arabia Saudita e Russia nuovi padroni del petrolio.

di aumentare la propria quota di mercato a discapito di quest’ultimi. Ciononostante l’impossibilità di mantenere una produzione elevata, che aveva iniziato ad avere maggiori effetti negativi rispetto agli iniziali vantaggi soprattutto in termini di quotazioni, ha spinto l’Opec a porre un tetto nella propria produzione giornaliera di petrolio (32,5 milioni di barili al giorno) riuscendo anche a coinvolgere paesi non facenti parte dell’Opec (Russia in particolare). Questo ha permesso alle quotazioni del petrolio di risalire stabilizzandosi a ridosso dei 50 dollari al barile per il Wti e dei 52 dollari al barile per il Brent.

La scelta dell’Opec di mantenere invariato l’output di greggio fino a marzo 2018, ripropone l’asse strategico tra i ministri dell’Energia Novak e Al Falih sempre più affiatati, si va verso la creazione di una organizzazione più allargata a beneficio dei paesi produttori di Mauro Ippolito, Wings Partners

L

’andamento del prezzo del petrolio, e gli effetti che esso ha sui consumatori finali, continua ad essere oggetto di importanti studi da parte degli analisti sempre più convinti che le sorti economiche di un paese passando anche (a volte soprattutto) dagli effetti che il prezzo del petrolio ha sui prodotti finiti. Basti pensare che le banche centrali guardino sempre più all’andamento del prezzo del greggio per stimare l’andamento dell’inflazione e quindi le politiche monetaria da mettere in atto per favorire la ripresa economica. Il calo delle quotazioni del petrolio nel corso del 2015 è da attribuirsi anche alla faida tra Opec (l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) e i produttori di shale oil o di sabbie bituminose nord americani con l’obiettivo

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WTI

BRENT

2017

2018

2017

2018

$ 52,92

$ 55

$ 55,39

$ 58

Standard Chartered

$ 53

$ 58

$ 56

$ 61

Morgan Stanley

$ 55

$ 55

$ 57,5

$ 57,5

$ 55,15

$ 45

$ 52,20

$ 42

Goldman Sachs

JP Morgan

È indubbio che l’aumento del prezzo del petrolio è un beneficio per i paesi produttori (soprattutto quelli dei paesi medio orientali) senza i quali molti investimenti non si sarebbero registrati e senza i quali molti avrebbero subito contraccolpi importanti. L’avvio di attività immobiliari, quali la costruzione del grattacielo più alto del mondo il Burj Khalifa di Dubai, non sarebbero stati possibili senza gli introiti del petrolio; questo ha favorito anche la tenuta dell’economia mondiale nel corso del post 2008 riuscendo a consumare materiale per la costruzione e continuando a attrarre commesse. Le economie medio orientali hanno di fatto sostenuto la “ripresa” del dopo 2008 anche se a beneficio di alcuni, visto che in altre parti del mondo l’assenza di investimenti continua a deprimere la crescita economica. Allo stesso tempo il recente accordo tra Opec e paesi non-Opec ha gettato le basi per una collaborazione sempre più importante tra Russia e Arabia Saudita spostando l’asse geopolitico verso oriente e mettendo le basi ad accordi commerciali molto più rilevanti rispetto al passato. La scelta di mantenere invariato l’output di greggio fino a marzo 2018, in occasione dell’ultima riunione dell’organizzazione di fine maggio, ripropone l’asse strategico tra Russia e Arabia Saudita con i ministri dell’Energia Novak e Al Falih sempre più affiatati e propensi a dettare le regole sull’andamento del petrolio con la creazione anche di una organizzazione più allargata a beneficio dei paesi produttori. A questo si aggiunge anche una maggiore influenza geopolitica in Medio Oriente ed Oriente a discapito del ruolo ricoperto fino ad oggi dagli Stati Uniti.

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EXPORT&MERCATI

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I ponti che fanno crollare l’export e creano gli “esodati” dei trasporti eccezionali di Alessandro Durante

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A

ziende manifatturiere, trasportatori e manodopera specializzata nello sviluppo di grandi prodotti in pressione rischiano di essere i primi “esodati” dell’industria: le aziende si trovano con ordini già firmati ma rimarranno senza lavoro perché le produzioni non potranno essere spedite con le attuali infrastrutture. Sembra proprio un incubo quello che stanno vivendo le aziende che realizzano manufatti di grandi dimensioni in Italia. I cosiddetti trasporti eccezionali sono, di fatto, bloccati da gennaio 2017 nel nostro Paese. Dopo il crollo di 3 tra cavalcavia e ponti nel periodo che va da fine ottobre 2016 a marzo 2017, infatti, la concessione delle autorizzazioni al trasporto sulle strade italiane di questi carichi fuorimisura è diventata un’incognita. «Ciò che, con le cautele e le attenzioni d’obbligo e in accordo con l’ente proprietario della strada, fino al giorno prima poteva essere trasportato ora non lo è più» dice Bruno Fierro, amministratore delegato di Cannon Bono Sistemi e presidente dell’associazione Ucc (costruttori di caldareria). «Non solo per i carichi da svariate tonnellate, ma anche per quelli ampiamente gestibili dalle nostre infrastrutture, seppur un po’ vintage».

Il parco macchine fermo alla ricerca delle autorizzazioni Anche parlando con i trasportatori i casi non mancano. Un costruttore, ci raccontano, ha già perso due navi, con relativi danni e perdite economiche per il pagamento del “vuoto per pieno” della nave. In un altro caso, ci dicono, un produttore italiano è in attesa di poter spedire della merce a Lione, dove ad attenderlo, però, vi sono già autogrù da 400 tonnellate appositamente noleggiate. Di conseguenza i clienti esteri sono spesso già sul piede di guerra, e in molti casi hanno attivato i loro avvocati per la richiesta dei danni che deriverebbero da una mancata consegna per quella che sarebbe definita come una «problematica italiana». Le domande di autorizzazione, in molti casi, sono state presentate già fra marzo e aprile, e ad oggi non c’è ancora traccia di un nulla osta, anche per carichi più contenuti, con un’attesa che ha già raggiunto i 70 giorni a fronte dei 15 previsti per legge. Un’azienda oggi deve anticipare tutte le spese, con il rischio di non incassare nulla. Ma il danno non è solo per chi produce: le autorizzazioni si accavallano e creano nel cronoprogramma interno delle aziende trasporta-

trici una congestione dei trasporti, con un collasso che porta inevitabilmente a ritardi a catena. «Siamo sempre alle solite» sentiamo dire nei corridoi dei palazzi dei gestori di strade. «I trasportatori e gli imprenditori vorrebbero poter passare con qualunque mezzo e qualunque peso senza alcun vincolo. Non si rendono conto che strade, ponti e cavalcavia sono realizzati per sostenere un certo peso determinato e non qualunque massa». Il ragionamento non fa una piega, ovviamente, ma evidenzia il perenne scontro tra chi fa una richiesta e chi ha il potere di concederla o negarla. E in questo caso c’è un elemento in più da considerare: le aziende di trasporti eccezionali e imprese meccaniche che chiedono di far passare questi manufatti sono espressione di un grande know how di engineering. E con grande esperienza nella produzione e quindi nella movimentazione di manufatti complessi. Insomma, chi sta chiedendo un permesso, trasportatore e azienda committente, sa bene quali siano i pericoli, e si guarda bene dal mettere a rischio mesi di lavoro di centinaia di operai specializzatissimi e diversi milioni di fatturato che quegli stessi dipendenti andranno a pagare.

La dimensione del problema Ma di quanti trasporti stiamo parlando? Non è un calcolo semplice, anche perché sembra che nessuno abbia questi numeri. L’associazione dei costruttori della caldareria italiana Ucc federata ad Anima/Confindustria rappresenta molti produttori di questi mega-manufatti, e ha iniziato nei mesi scorsi un censimento tra le aziende associate e non associate. Obiettivo? Far emergere i carichi eccezionali che oggi sono fermi in officina e, soprattutto, stimare il quantitativo di carichi eccezionali che sono in corso di produzione ma che resteranno fermi nei prossimi 18 mesi. Per avere una dimensione economica «bisogna considerare sia il valore dei carichi, sia i costi indiretti legati alle penali o, per i più fortunati, gli extra costi dovuti all’utilizzo del trasporto fluviale che mediamente costa tre volte quello su strada» spiega Bruno Fierro, «Grave è anche il fatto che anche per i trasporti normali i tempi di concessione delle autorizzazioni diventino sempre più lunghi, apparentemente senza motivo. Nella nostra ricerca stiamo sviluppando una stima a 18 mesi – conclude Fierro – se questa vicenda non troverà soluzione in fretta, tra un anno e mezzo queste aziende non produrranno più questo tipo di manufatti. Almeno non in Italia».

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Il greggio scende, ma Omc sale La fiera ha visto quest’anno anche la presenza di una delegazione targata Anima e Ucc

Franco Nanni, presidente Ravenna Offshore Contractors Associations

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stato un successo inaspettato per tutti. Dal numero degli espositori ai visitatori, agli ospiti stranieri fino al numero di B2B realizzati. Una serie di record soprattutto se confrontati con le due edizioni precedenti e il prezzo del petrolio pari alla metà del 2015, anno in cui ci si attendeva forse una crescita più sostenuta della manifestazione. Che si è invece verificata quest’anno. Ma da dove nasce l’unica fiera dell’ oil&gas italiana? A L’Industria Meccanica lo racconta Franco Nanni, presidente dell’associazione Roca, Ravenna OffShore Contractors Association. “Con alcuni altri amici Ravennati che operavano nel settore già da anni volevamo trovare un modo per ottimizzare le visite dei rispettivi clienti che erano, in realtà, già clienti o potenziali tali per tutti noi. Stessa cosa per i fornitori.” - spiega Nanni -”Ravenna ha il pregio e il difetto di essere fuori dai grandi flussi internazionali perciò venire qui significa necessariamente prendersi un po’ di tempo da dedicare al business. Attorno a questi momenti di incontro i nostri ospiti hanno iniziato a scoprire anche un territorio ricco di storia e bellezza, accogliente, con un clima mite e non dimentichiamolo, una costa che ogni estate richiama turisti da

ogni parte del mondo. Business &Leisure, insomma, il binomio che ha fatto progredire la manifestazione anno dopo anno.” Questa edizione di Omc ha visto anche la partecipazione di una collettiva organizzata da Federazione Anima che ha coinvolto uno spaccato di aziende produttive di vari settori, antincendio, pompe (gruppo Aturia), pressure equipment (Delta enginneering), valvole (Alfa valvole) assieme a società in grado di supportare l’impegno quotidiano delle aziende con servizi ad alto valore aggiunto come la certificazione su moltissimi ambiti industriali internazionali e in particolare statunitensi grazie alla presenza di Icim e di Asme. Con gli amici americani Federazione Anima e l’associazione Ucc hanno siglato un accordo di partnership già da alcuni anni per la reciproca condivisione di normative, applicazioni e soluzioni negli ambiti di maggior interesse per le aziende manifatturiere italiane. Per tutti i partecipanti tanti incontri interessanti e opportunità sviluppate in 72 ore intense e produttive che ci danno appuntamento dal 27 al 29 marzo 2019. Sempre a Ravenna con tutta la sua bellezza. a.d.

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A HOST 2017 le food technologies sono 4.0 Nel mondo delle materie prime di qualità il passaggio al modello 4.0 riguarda prioritariamente i processi produttivi, mentre nella produzione di macchine e attrezzature il cambiamento che riguarda tutta la filiera

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l piano nazionale Industria 4.0 sta portando molte aziende a investire in tecnologie abilitanti per quella che viene definita la quarta rivoluzione industriale. Sono previsti in fiera appuntamenti per approfondire l’applicazione di queste tecnologie nei settori del food?

Intervista a Simona Greco, Exhibition Director di HostMilano Qualità e sicurezza alimentare: processi produttivi intelligenti stanno permettendo di ottenere anche su scala industriale materie prime, semilavorati e prodotti finiti con il livello di “naturalità” tipico delle produzioni artigianali.

Nelle ultime edizioni, accanto alla novità hi-tech presentate dalle aziende lungo il percorso espositivo, è cresciuto costantemente anche il contributo della parte convegnistica. In questo quadro, a Host 2017 dedicheremo sicuramente ampio spazio alle evoluzioni più recenti. Il calendario è ancora in via di definizione, ma posso anticipare che avremo un seminario su Ospitalità 4.0, Servizi E Prodotti Per L’ospitalità Contemporanea dove si parlerà di come progettare spazi d’avanguardia per l’accoglienza, ripensando prodotti-servizi e puntando sulla Digital Transformation. Inoltre le evoluzioni 4.0 sono un tema trasversale presente in entrambi i due nostri award in collaborazione con POLI.Design, HO-

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SThinking dedicato quest’anno al tema “dieci designer per 100 prodotti”, e Smart Label, la nostra “etichetta” di qualità riservata ai prodotti e servizi che introducono innovazioni di rottura. Ci sono settori in cui l’interconnessione dei sistemi di produzione e lo scambio dei dati vengono applicati in modo più significativo? Possiamo dire che la consapevolezza della necessità di passare a un modello 4.0 è diffusa in modo trasversale ed eterogeneo in tutti i settori rappresentati in manifestazione. Nel mondo delle materie prime di qualità, per esempio, il passaggio al modello 4.0 riguarda prioritariamente i processi produttivi, mentre nella produzione di macchine e attrezzature si tratta di un cambiamento che riguarda tutta la filiera, fino al prodotto finito sotto forma di IoT. La possibilità di ricevere feedback costanti e in tempo reale da un’apparecchiatura rappresenta infatti un grosso passo avanti per la possibilità di indirizzare le criticità e le nuove esigenze emergenti in maniera molto più rapida ed efficace. Ci sono richieste particolari per quanto riguarda le nuove tecnologie nella produzione nel settore alimentare? Quali sono gli ambiti di utilizzo più efficaci? Un discorso completo sarebbe molto complesso, perché dovrebbe toccare tutta la filiera. Ma tre aspetti mi sembrano significativi: qualità, sicurezza alimentare e sostenibilità. Per quanto riguarda la qualità e la sicurezza alimentare, i nuovi processi produttivi “intelligenti” stanno permettendo di ottenere anche su scala industriale materie prime, semilavorati e prodotti finiti con un livello di “naturalità” un tempo riservato alle produzioni artigianali. Ad esempio, le capacità di monitoraggio molto più efficaci che possediamo oggi ci permettono di ottenere livelli di presenze microbiche enormemente inferiori ai massimi consentiti per legge. Questo permette di limitare al minimo o eliminare completamente l’utilizzo di conservanti e di molti altri additivi. E sul fronte sostenibilità? Pensiamo per esempio all’acqua, che sarà sempre più scarsa in futuro, o ai terreni o al tema forte dello spreco alimentare.

Oggi l’automazione e i big data partono dal campo e arrivano fino alla confezione sullo scaffale del supermercato o consegnata alla cucina del ristorante: significa produrre e gestire maggiori quantità riducendo al minimo gli sprechi di risorse, con minori costi per le aziende, e maggiore rispetto dell’ambiente. In Italia i consumatori non sono ancora così sensibili i temi della sostenibilità ma la sensibilità sta crescendo, come dimostra il crescente successo del Km Zero. Che trend osservate nel settore delle macchine per il caffè? Le macchine per il caffè sono un esempio paradigmatico delle evoluzioni lungo tutta la filiera. Sono state infatti tra le prime apparecchiature Ho.Re.Ca a sposare il trend dell’internet delle cose, con funzionalità come il controllo da remoto via wi-fi o le interfacce uomomacchina con display touch e intelligenti che consentono di scambiare un numero crescente di informazioni. Questo ruolo d’avanguardia delle macchine per caffè è dovuto all’evoluzione dei format del fuori casa che ne ha cambiato radicalmente e velocemente il ruolo: il caffè infatti si sta diffondendo sempre più in tante tipologie diverse di locali, non solo i classici bar ma anche tipologie innovative come, ad esempio, la caffetteria all’interno di panetterie o di negozi non alimentari. Inoltre il caffè è sempre meno una “commodity”, una bevanda da bere velocemente e magari in piedi, e sempre più una specialità da gustare. Come si sono organizzati allora i produttori? I produttori di macchine si sono trovati davanti a una duplice sfida: da un lato accrescere l’automazione e semplificare al massimo l’utilizzo, in modo da rendere possibile l’estrazione di un buon caffè anche a personale non qualificato, come quello che opera spesso nelle grandi catene; dall’altro, rispondere alle esigenze sempre più raffinate dei “baristas”, veri e propri maestri del caffè ormai alla pari degli chef stellati o dei grandi maestri pasticceri o gelatieri, e dei loro clienti gourmand. Per questo a HostMilano diamo da tempo grande spazio ai baristas, con incontri ad altissimo livello internazionale, perché riteniamo che il confronto diretto con i produttori sia il modo migliore per stimolare una costante innovazione tecnologica. Una sfida che, devo dire, i produttori italiani hanno saputo affrontare brillantemente negli ultimi anni. i.n.

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Un’App per spingere la mobilità elettrica in Italia La Esco Gmt SpA ha sviluppato una soluzione evoluta e integrata che rende interoperabili le colonnine di ricarica dei diversi gestori. di Natalia Franchi

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Uno dei limiti alla diffusione della e-mobility in Italia è l’interoperabilità tra le colonnine di ricarica gestite da operatori differenti

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a mobilità elettrica è una delle maggiori innovazioni nell’ultimo decennio. Molte le ragioni. Perché, scardinando il paradigma dei sistemi di propulsione basati sulla “combustione”, ha introdotto un cambiamento radicale. E perché impatta su una filiera variegata, dai distributori di carburante alle officine di meccanica, e necessita che se ne crei una del tutto nuova e differente basata su una infrastruttura di ricarica che ad oggi in buona sostanza ancora manca. Con un dato di chiusura vendite 2016 di 2.560 auto elettriche, l’Italia appare come il fanalino di coda dell’e-mobility europea, e rappresenta una quota di mercato che vale solo lo 0,1% del totale, contro il 2,4% della Svezia, il 9,7% dell’Olanda e il 23,3% della Norvegia. Analogo divario per l’installato dei punti di ricarica, dove l’Italia, con un indice di 0,66 veicoli elettrici/punti di ricarica (il cui numero è stimato in circa 9.000), conferma una posizione di debolezza, come emerge dall’”E-mobility Report” - MIP Politecnico di quest’anno. In questo scenario si inserisce ZapGrid, il sistema evoluto atto alla gestione e all’utilizzo di colonnine di ricarica elettrica realizzato dalla energy service company Gmt SpA, presentato a Padova lo scorso 20 giugno in un convegno dedicato. Il sistema è la risposta efficace al principale limite alla diffusione su larga scala della mobilità elettrica in Italia: l’interoperabilità tra le infrastrutture di ricarica (le cosiddette colonnine) gestite da operatori differenti. ZapGrid, fruibile con Smart phone tramite una semplice App, è stato pensato per mettere in rete le stazioni di ricarica rendendole accessibili a tutti in un’ottica di e-mobility smart. Gmt è una energy service company certificata Uni CEI 11352, qualità ambiente e sicurezza. L’azienda, attiva nell’applicazione di tecnologie efficienti per l’uso razionale dell’energia, con lo sviluppo di ZapGrid ha inteso entrare in un mercato le cui prospettive di crescita non possono prescindere da importanti investimenti in ricerca. L’intervento al convegno di Gianfranco Nicolé, Presi-

dente di Gmt, lo testimonia. «Investire nella tecnologia e nella ricerca è un pilastro fondamentale della nostra società – ha detto – e il progetto ZapGrid nasce dall’esigenza dei nostri clienti di poter utilizzare un servizio completo e flessibile di ricarica in maniera efficace e di facile gestione. ZapGrid permette di gestire le colonnine di diversi produttori in modo semplice e veloce, accedere a statistiche sempre aggiornate e avere sotto controllo in tempo reale lo stato della stazione di rifornimento. Tenere il passo con l’evoluzione sostenibile della nostra qualità di vita è l’imperativo di Gmt». L’esigenza di Gmt di intraprendere percorsi ad alto valore aggiunto per lo sviluppo di una mobilità sostenibile e la formazione di un capitale umano qualificato ad operare in questo nuovo ambito, ha portato ad una serie di accordi con le università di Veneto e Puglia, finalizzati all’assunzione di giovani figure professionali nelle loro strutture. In Veneto, nel 2016, Gmt ha sostenuto in qualità di parte sociale la partenza di un importante corso di laurea magistrale specialistico in Data Science presso la Scuola di Scienze della Unipd. Obiettivo del corso, formare la figura professionale emergente del “data scientist”, esperta in “big data” sia per laureati triennali in Matematica, Statistica, Informatica, Biologia, Economia e Ingegneria, sia per studenti provenienti da lauree triennali in Fisica ed Astronomia, sempre più chiamati ad avere competenze avanzate in statistica e teoria dell’informazione, teoria dei segnali, calcolo numerico e parallelo. Analogamente, in Puglia, Gmt in collaborazione con Cetma e Politecnico di Bari ha reso possibile il progetto “MicroGrid Parking: parcheggio intelligente per la Smart City”. L’iniziativa, prima nel suo genere, si propone di realizzare un parcheggio intelligente per i veicoli elettrici alimentato da un sistema di distribuzione del tipo microgrid, dimensionato in modo da ridurre al minimo gli scambi con la rete. Alla presenza di numerosi rappresentanti delle istituzioni e delle aziende, il convegno si è chiuso con un messaggio forte: l’eccellenza italiana e la volontà di fare sistema permetteranno anche al nostro paese di raggiungere una mobilità elettrica “matura”.

Lanciati anche corsi di laurea specialistici per offrire concrete opportunità di occupazione giovanile in ambito Smart

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Paolo Beretta, vicepresidente AVR interviene al convegno inaugurale di IVS

Le valvole italiane che fanno girare il mondo

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L’edizione 2017 di IVS ha visto più di 300 espositori e 8000 visitatori da tutto il mondo

opo la prima edizione del 2015, la fiera Ivs di Bergamo ha confermato il successo nel 2017. Il 24 e 25 maggio si sono date appuntamento più di 300 espositori e 8000 visitatori di tutto il mondo. Al convegno di apertura del 23 maggio erano presenti Ivan Rodeschini (Ente fiera Promoberg), Olivo Foglieni (vicepresidente di Confindustria Bergamo) Nicola Lener (ministero degli Esteri), Sergio Gandi (vicesindaco di Bergamo), Marinella Loddo, Giampaolo Bruno e Pier Paolo Celeste dell’Ice. Campioni nascosti di un “outperforming” cluster, come indicato dall’analisi presentata da Giuseppe Schirone di Prometeia: «Con un fatturato di 3,5 miliardi, di cui l’80% da export, profittabilità invidiabile e forte propensione all’investimento con incrementi del 12% all’anno nell’ultimo periodo quello delle valvole può essere certamente un settore di riferimento per comprendere le potenzialità della manifattura italiana». A livello europeo l’Italia primeggia nella produzione di valvole industriali con il 31% di produzione, seguono la Germania (25%), Uk (14%), Francia (12%). Stesso discorso per la produzione di parti e componenti dove siamo leader Europei sempre con il 31% di produzione. Anche come quota di mercato mondiale l’Italia si con-

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ferma i vertici. In particolare nelle valvole per l’Oil&Gas dove leader è la Cina (25%), Italia (11,5%) e Germania (11,7%) si contendono il secondo posto. Da notare che nei Paesi dell’area Nord Africa e Medio Oriente l’Italia vanta il 22,8% di market share a fronte del 21% della Cina. Da un punto di vista del ritorno sull’investimento il settore fornisce ulteriori segnali positivi «Con un Roi 2017 stimato dell’11% per il cluster oil&gas, del 13% per l’oleodinamica e del 9% per l’Industriale in genere e un costo del capitale investito pari al 7% circa» afferma Pio di Gregorio di Ubi Banca, «le posizioni finanziarie nette delle aziende del settore, in particolare quelle del territorio bergamasco, hanno solo da domandarsi quali investimenti sia più opportuno fare per proseguire questo trend». Angelo Di Tata, supply chain director di Petrofac, spiega che «La componente Italia nella spend analisys sulle valvole di Petrofac è pari al 25% degli acquisti e in questo comparto le valvole italiane sono considerate benchmark di qualità». Nel triennio 2017-2019 sono previsti investimenti nei paesi del Golfo per 120 miliardi di dollari nel settore oil&gas. Se teniamo conto che per un progetto Epc il 50% dell’investimento è destinato a coprire il costo dei materiali per il progetto e alle valvole ne viene destinato circa un quarto possiamo aspettarci commesse destinate alle valvole per circa 15 miliardi di dollari da qui al 2019. «Saranno decisamente avvantaggiate le aziende che potranno dimostrare un local content significativo» continua Di Tata, «perché tutti i paesi di quest’area devono affrontare il problema dell’ingresso nel mercato del lavoro di migliaia di persone ogni mese. E chi li aiuta a risolvere il problema, da fornitore diventa partner. Con tutte le ricadute del caso». «La qualità dei nostri Prodotti è riconosciuta nel mondo che cerca quotidianamente i nostri prodotti», afferma Paolo Beretta, vicepresidente di Avr, l’associazione nazionale dei produttori di valvole e rubinetti che rappresenta il settore in Anima/Confindustria, «Mentre l’Italia continua a privilegiare solo i bassi prezzi con la cultura del massimo ribasso negli appalti al posto dell’offerta economicamente più vantaggiosa seppur richiamata nel nuovo codice degli appalti pubblici (DL 50 del 19 Aprile 2016). È indubbio che qualunque azienda di valvole in grado di esportare trarrebbe vantaggio dalla “riapertura” di un mercato importante come l’Italia, oggi sostanzialmente “banned” per noi italiani perlomeno nel comparto Industriale», conclude Beretta. Proprio per sottolineare e ribadire la qualità italiana,

grazie alla collaborazione tra ValveCampus, Ivs e Avr viene pubblicato il “Manuale valvole Industriali Avr” tradotto specificatamente in Inglese e con copertina dedicata per gli scopi di formazione del settore valvole industriali. Anche per un colosso come Tenaris Dalmine, attivo dall’acciaio all’Oil&Gas, «essere italiani ha permesso di accedere più facilmente a nuovi mercati» sostiene Paolo Cattaneo, Institutional Relations Manager Competition and Access to Ee market dell’azienda, «altro fattore differenziante è stato il rebranding locale che in tante occasioni ha permesso di accedere a commesse importanti come ad esempio in Nord America, Giappone e Asean». Samuele Furfari Consigliere della Dg Energia della Commissione Europea delinea i futuri scenari europei all’insegna dell’energia rinnovabile. «Fino a che non si farà affidamento solo sull’energia pulita, comunque, i combustibili fossili continueranno a essere fondamentali. La strategia dell’Ue sull’energia punta ad avere un mercato fluido, non più legato alla presenza di gasdotti, senza obbligo di contratti a lungo termine» afferma Furfari, «e il Mediterraneo sarà sempre più centrale per il mercato del gas, che dovrà essere sempre più efficiente». Anche in vista di uno sviluppo del mercato del Gnl nel settore dei trasporti europei». a.d.

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In Europa l’Italia è al primo posto per la produzione di valvole industriali, seguono Germania e Uk


I commenti delle aziende a IVS 2017 Auma Impianti oil&gas: la sicurezza è garantita anche dagli attuatori Con il crollo del prezzo del petrolio sono cambiate anche le richieste dei clienti dei costruttori di valvole e attuatori. Andrea Villa, amministratore delegato di Auma, ha deciso di rafforzare la competitività puntando sulla sicurezza con il sistema fail safe. «Si tratta di un sistema che si attiva automaticamente se manca l’alimentazione elettrica nell’impianto e fa sì che la valvola si chiuda ugualmente, ad esempio in caso di incendio in un impianto petrolchimico», Prossimamente sarà realizzato anche un rivestimento fire proof coating che si trasforma in una sorta di rivestimento ceramico. Dafram Una valvola per sette pozzi Alessandro Panichella, project manager di Dafram, azienda produttrice di valvole a sfera, descrive la Multiport Selector Valve per l’oil&gas, che riunisce in un’unica valvola la produzione di 7 pozzi consentendo un risparmio notevole. «La Multiport Selector Valve è una valvola progettata per applicazioni in pozzi di petrolio. Funge da collettore di 7 pozzi, ma in qualsiasi momento della produzione è possibile controllare la produzione di ogni singolo pozzo» continua Panichella, «In passato sarebbero state necessarie 7 valvole, qui lo stesso lavoro viene svolto con una sola con un attuatore unico e tempo di installazione più rapido». Donelli e Tecnoimballi Valvole industriali: finitura e imballaggio nello stesso posto Donelli, azienda specializzata in sabbiatura e verniciatura industriale, e Tecnoimballi, azienda di imballaggi industriali, condividono l’approccio al mercato offrendo i loro servizi congiunti. «L’integrazione permette numerosi vantaggi non trascurabili» racconta Luca G. Donelli, market development manager di Donelli, «Ad esempio il costruttore di valvole, l’Epc contractor e il cliente finale, possono riunirsi nello stesso posto per verificare lo stato di avanzamento lavori». Manuel Scaravaggi di Tecnoimballi spiega: «Andiamo a imballare in loco nelle aziende ma lo facciamo anche presso di noi, se riceviamo una consegna. Sono diversi i trattamenti aggiuntivi necessari in base alla destinazione, oltre a un trattamento a caldo del legno obbligatorio che realizziamo internamente con i nostri forni».

Eurotec Componenti di valvole per il mercato italiano Alessia Corradini, general manager di Eurotec, azienda tedesca di componenti per valvole industriali ha aperto la filiale italiana da due anni «Da 10 clienti iniziali siamo passati a quasi 120. Le aziende italiane puntano alla qualità, soprattutto nell’oil&gas» spiega Corradini, «Credo ci siano buone prospettive, anche perché i prodotti cinesi svenduti hanno avuto un momento di successo ma hanno anche fatto dei danni: ora si sta tornando a prodotti italiani ed europei di qualità». Ma fare buoni prodotti non sempre è sufficiente «È fondamentale gestire con criterio la catena: produttore, distributore, utilizzatori. A ognuno il suo ruolo». Loclain La valvola “green” recupera l’energia della perdita di carico Loclain è una startup, nasce nel 2015 e inizia a collaborare con Omb, fornendogli le tecnologie per entrare nel mercato delle valvole di regolazione per l’oil&gas. «Le valvole on-off sono state trasformate in valvole che reggono la portata e la pressione dei fluidi» spiega Claudio Gattavari, technical director e co-fondatore di Loclain, «La prima novità è un sensore, Locksense. Applicato sulla valvola permette di verificarne le condizioni di processo: cavitazione, rumore e vibrazioni». È un metodo di manutenzione predittiva, perché l’usura precoce della valvola e danni eventuali all’impianto vengono trovati in anticipo. «L’altra novità è la valvola LocPower, prima valvola industriale di regolazione a recupero energetico» spiega Gattavari, «vengono recuperati 200 Megawatt/h di energia salvata in un anno per una valvola da 2 pollici con 2 bar di salto». Omal Valvole attente all’ambiente e al sociale Omal è specializzata in valvole e attuatori, con un servizio customizzato per ogni cliente. «Realizziamo automazione di processo nelle valvole», racconta Tiziano Belnasi, sales director dell’azienda. «Copriamo diversi settori, dalla pneumatica, all’alimentare, alla farmaceutica, alla chimica, all’acqua oltre all’oil&gas. Inoltre, siamo tra i pochi che hanno le carte in regola per operare nel polo della chimica tedesca». Tra i prodotti più innovativi c’è “Vip”, una valvola brevettata in ambito pneumatico che unisce compattezza, spazi e funzionalità in un piccolo prodotto che integra attuatore e valvola.Lucia Dal Negro, Csr manager dell’azienda, evidenzia una vision da grande azienda. «Abbiamo realizzato un bilancio di sostenibilità: vogliamo essere presenti nel mondo con la qualità italiana ma anche con una produzione attenta alla responsabilità sociale. Da un anno e mezzo facciamo progetti con i partner, per cui nelle nostre valvole c’è sempre “ingegneria sociale”, rispetto di standard ambientali e sociali volontari». i.n.

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Valvole industriali e attuatori - Linee guida per utilizzatori e progettisti di impianto

recensioni

Segreteria Avr (avr@anima.it) Ed. Asa - Azienda Servizi Anima Euro 30,00

Il manuale AVR, riassume le principali tipologie, proprietà e caratteristiche tecniche delle valvole industriali, e fornisce indicazioni agli utilizzatori, ai manutentori ed ai progettisti di impianti sulle valvole e sulle relative funzioni che queste possono assolvere al fine di poter contribuire a fornire un aiuto per effettuare scelte adeguate per l’utilizzo e per gli impieghi che le valvole devono assolvere nel corso del loro esercizio. La stesura delle presenti Linee Guida è stata curata dai massimi esperti in Italia del settore AVR (associazione italiana costruttori valvole e rubinetteria, federata ad Anima).

Ali Reza Arabnia

RUBRICA | Recensioni

Storia e Valori di un imprenditore Con una conversazione tra A.R. Arabnia e M. Vitale Alessandro Zattoni Ed.Piccola Biblioteca d’Impresa Inaz www.inaz.it Euro 10,00 Istituto per i Valori d’Impresa e INAZ presentano in questo libro il caso di Ali Reza Arabnia. Geico Taikisha, società del Gruppo Gecofin specializzata negli impianti di verniciatura per il settore automotive, e al suo amministratore delegato Ali Reza Arabnia che ha compiuto un piccolo miracolo: portare Geico dalle difficoltà economiche a una ritrovata competitività sui mercati internazionali, grazie a scelte controcorrente fondate sui valori, sull’attenzione alle persone e sulla responsabilità sociale. Nel libro, Alessandro Zattoni racconta la storia di Ali Reza Arabnia, dalle prime esperienze professionali che ne mettono in luce le doti di imprenditore e leader, fino all’acquisizione – portata avanti assieme alla moglie Laura – e alla gestione di Geico.

Progettare i collegamenti nelle strutture in acciaio

Giovanni Conticello Sebastiano Floridia Ed. Dario Flaccovio Editore www.darioflaccovio.it Euro 58,00

Nuova edizione del vendutissimo manuale per la progettazione del dimensionamento dei collegamenti nelle strutture in acciaio. Arricchito da un potente software, atteso da tanto tempo, il testo - la cui estesa parte teorica include le formulazioni previste dalla normativa vigente (UNI EN 1993 EC3) - copre con esempi applicativi le situazioni più ricorrenti nelle varie tipologie di collegamenti usate nella carpenteria di acciaio. Il CD in allegato al testo presenta il software ABCjoints che raccoglie le procedure finalizzate alle verifiche strutturali di collegamenti nelle strutture in acciaio nel rispetto della norma europea. 95 | LUGLIO AGOSTO 2017

Agenzie di comunicazione e clienti. Come cambiano le relazioni nel tempo della discontinuità Silvia Biraghi Ed. FrancoAngeli www.francoangeli.it Euro 24,00

Le dinamiche tra cliente e agenzia sono frequentemente caratterizzate da conflitti e tensioni che possono portare al deterioramento del rapporto di business. Cosa accade alle relazioni - e in particolare alle relazioni di business - in questo scenario? Interpretando e sfidando criticamente i punti di vista dei due “protagonisti” - il volume esplora in profondità la dimensione relazionale e, ispirandosi alle teorie dell’assemblaggio e allo Zeitgeist della sharing economy, propone nuove configurazioni e nuove modalità di inclusione dei talenti. Il lavoro di concettualizzazione che ne costituisce le fondamenta si basa sull’analisi di interviste, pratiche concrete e aneddoti che consente di avviare un processo di costruzione dei futuri assetti relazionali cliente-agenzia.

Slow Brand. Vincere imparando a correre più lentamente Patrizia Musso Ed. FrancoAngeli www.francoangeli.it Euro 25,00

A quattro anni dalla prima edizione di questo fortunato testo, Patrizia Musso aggiorna l’analisi di un fenomeno che non sembra diminuire, anzi avanza. Sempre più numerose sono infatti le proposte “slow”: alcuni brand rallentano e allungano i tempi di contatto con i propri consumatori sia nell’advertising tradizionale e digitale, sia nel retail. E, allora, come si diventa uno slow brand oggi? Rileggendo in chiave slow tutti gli strumenti della comunicazione e raccogliendoli in aree tematiche; slow advertising; slow places; slow factory; e il paradossale slow web - il testo enuclea gli elementi portanti di questa efficace trasformazione, arricchendosi di nuovi casi aziendali. Emerge un testo che sarà un costruttivo modello di autoanalisi per le marche e un utile strumento di studio e lavoro per tutti coloro che si occupano di comunicazione, pubblicità e marketing.


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INSERTI ECONOMICI a cura della Redazione e dell’Ufficio Studi ANIMA - per richieste contattare: alchieri@anima.it - redazione@anima.it (disponibili anche in inglese)

Listino prezzi materiale di interesse della meccanica varia | Tabella arancio ultimo aggiornamento n. 717 - 1^ Quindicina di giugno 2017 - pubblicata su questo numero Computo costo orario medio di un operaio del settore della meccanica generale | Tabella azzurra ultimo aggiornamento n. 23 - 31 gennaio 2017 - pubblicata su questo numero Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe prestazioni di personale Italia/estero | Tabella bianca 1° gennaio 2017 “Settore industria meccanica varia ed affine” e “Settore impianti e componenti di grande dimensione per la produzione di energia” - pubblicata su questo numero


TABELLA GENNAIO 2017 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni di personale

IN ITALIA

SETTORE INDUSTRIA MECCANICA VARIA ED AFFINE January 2017

Statistical survey on average tariff quotation for staff ’s services in Italy Sector mechanical and engineering industries

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81 | gennaio febbraio 2017


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l’industria meccanica 707 | 82

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TABELLA GENNAIO 2017 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni di personale in Italia


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TABELLA GENNAIO 2017 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni di personale in Italia


TABELLA GENNAIO 2017 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni di personale

ALL’ESTERO

SETTORE INDUSTRIA MECCANICA VARIA ED AFFINE January 2017

Statistical survey on average tariff quotation for staff ’s services abroad Sector mechanical and engineering industries

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TABELLA GENNAIO 2017 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni di personale all’estero


TABELLA GENNAIO 2017 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni di personale

nei Paesi europei ed extra europei

SETTORE IMPIANTI E COMPONENTI DI GRANDE DIMENSIONE PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA January 2017 Statistical survey on average tariff quotation for staff services in Europe and outside Europe Sector energy generation plants and large components

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TABELLA GENNAIO 2017 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni personale nei Paesi europei ed extra europei


TABELLA GENNAIO 2017 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni personale nei Paesi europei ed extra europei

Janvier 2017

Enero 2017

Relevés statistiques des cotations moyennes des tarifs pour les prestations du personnel en europe et en dehors de l’europe Secteur installations et composants de grandes dimensions pour la production d’energie Estudio estadìstico de las cotizaciones medias de las tarifas por prestaciones del personal en europa y fuera de europa Sector instalacionesy grandes componentes para la producción de energía

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TABELLA GENNAIO 2017 | Rilevazioni statistiche delle quotazioni medie delle tariffe per prestazioni personale nei Paesi europei ed extra europei

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TABELLA N. 22 - 14 GENNAIO Costo| orario di un operaio del settore della meccanica generale TABELLA N. 22 - 2016 GENNAIO| 2016 Costo medio orario medio di un operaio del settore della meccanica generale


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TABELLA N. 22 - GENNAIO 2016 | Costo orario medio di un operaio del settore della meccanica generale


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TABELLE 1^ QUINDICINA DI DIGIUGNO 2017| Listino | Listino Prezzi Materiali di Interesse Meccanica N. 717 (Piazza di Milano) TABELLE 1^ QUINDICINA GIUGNO 2017 Prezzi Materiali di Interesse delladella Meccanica VariaVaria N. 717 (Piazza di Milano)

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TABELLE 1^ QUINDICINA DI GIUGNO 2017 | Listino Prezzi Materiali di Interesse della Meccanica Varia N. 717 (Piazza di Milano)


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TABELLE 1^ QUINDICINA DI GIUGNO 2017 | Listino Prezzi Materiali di Interesse della Meccanica Varia N. 717 (Piazza di Milano)

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TABELLE 1^ QUINDICINA DI GIUGNO 2017 | Listino Prezzi Materiali di Interesse della Meccanica Varia N. 717 (Piazza di Milano)


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