IL FUTURO PARTE CON L’IDROGENO
All’interno: Listino prezzi materiali di interesse per la meccanica varia n. 782 - Costo orario medio dell’operaio n.29 - Rilevazioni statistiche prestazioni di personale gennaio 2023
Poste Italiane S.p.A.Spedizione Abbonamento postale70%LO/MI 735 NUMERO 3 2023
L’Industria Meccanica – pubblicazione bimestrale di ANIMA/Confindustria
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Hanno collaborato a questo numero
Pierangelo Andreini, Daniele Bettini, Igor Giroletti, Mauro Ippolito, Fulvio Liberatore
In copertina
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’INDUSTRIA MECCANICA 735 | 6
SOMMARIO N. 735
10 Donne e Uomini al timone
12 RUBRICA | 400 caratteri
13 Gender pay gap, ci pensa la nuova direttiva UE di Lucrezia Benedetti
14 Istruzione: quella priorità negata che rallenta il progresso di Pierangelo Andreini – Vicepresidente ATI
EFFICIENZA&ENERGIA
38 Il futuro parte con l'idrogeno di Daniele Bettini
44 La grande partita del gas rigenerato
EXPORT&MERCATI
22 Un nuovo impianto codicistico doganale di Fulvio Liberatore — Team Ricerca Easyfrontier Technologies
27 Componenti e impianti destinati all’utilizzo di idrogeno: come garantire sicurezza e conformità
di Igor Giroletti – Head of NDT & Metallurgical Analysis Department, Laboratorio OMECO, ICIM Group
30 L'idrogeno ci salverà?
di Mauro Ippolito, iBan First
LOGISTICA&MOVIMENTAZIONE
48 Il mondo della logistica 4.0 tra digitale, IA e sicurezza di Elena Prous
55 RUBRICA | i 400 caratteri
57 RUBRICA | Tecnologia, novità da tenere d'occhio
65 Tabelle ANIMA - Bianche, Blu, Arancio
SOMMARIO N. 735
In copertina Serena Gianoli
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46
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Ricardo Coen
nuovo head of strategy
VMLY&R Italy
Sociologo e giornalista, con una lunga esperienza internazionale in numerose agenzie, tra cui Wieden+Kennedy Brasil, Saatchi & Saatchi Italy, Wunderman Thompson Brasil, GTB Brasil, WPPe Publicis Le Pub Milan. Lavorerà a diretto riporto di Francesco Lucchetta, chief strategy officer, il manager che guida il team strategico dell’agenzia creativa del Gruppo WPP.
Marta De Cunto
client director di Ciaodino
La digital agency indipendente Ciaodino, realtà con un posizionamento già consolidato nelle aree paid media e Seo, lancia la nuova business unit specializzata nel retail media e nei marketplace. La nuova divisione sarà guidata da Marta De Cunto, client director e responsabile della nuova unit, che in precedenza ha lavorato in Kiliagon.
Stefania Duico
Donne e Uomini
nuova chief strategy officer di Torcha
Torcha, il progetto editoriale attivo sui social fondato da Marco Cartasegna, annuncia un piano di rafforzamento del proprio organico a partire dalla new entry Paola Passoni, che entra con il ruolo di chief strategy officer.
senior director marketing Netflix per Italia e Grecia
Netflix annuncia la promozione di Stefania Duico al ruolo di senior director marketing per Italia e Grecia. Nel suo nuovo ruolo, la manager si occuperà di coordinare il team, basato a Roma, incaricato di sviluppare le campagne marketing sugli show Netflix e di lavorare con i partner dei due paesi sulle campagne di promozione del servizio e dei suoi contenuti.
guida del team creativo di Together
Il team creativo di Together, agenzia di comunicazione integrata, casa di produzione e partner media del gruppo OneDay, continua a evolvere e da oggi ha una nuova guida. Erika Mameli arriva in Together dopo un’esperienza di 12 anni in Bitmama, prima come copywriter e poi come client creative director.
nuova responsabile marketing & communication Sb Italia
Perfetti, che riporterà al CEO Massimo Missaglia, si occuperà di definire la strategia di marketing e di comunicazione, al fine di aumentare la brand awareness dell’azienda e valorizzare il suo posizionamento sul mercato nazionale, supportando gli obiettivi di business e strategici.
nuovo direttore del quotidiano Domani
Il CdA del quotidiano di Carlo De Benedetti, Domani, ha deciso di affidare la direzione della testata al già vicedirettore Emiliano Fittipaldi, giornalista autore di diverse inchieste, compresa quella su Vatileaks.
nuova chief marketing officer di Barilla
Già vice president global marketing di Barilla Brand, la manager guiderà le strategie di marketing e lo sviluppo del business del gruppo emiliano nell’attuale contesto di trasformazione digitale.
Paola Passoni
Erika Mameli
Ilaria Lodigiani
Natasha Perfetti
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Emiliano Fittipaldi
BIOECONOMIA
Webinar e laboratori organizzati in tutta Italia
Lo scorso 25 maggio è stato il Bioeconomy Day, iniziativa lanciata dal Cluster Italiano della Bioeconomia Circolare SPRING e da Assobiotec, Associazione nazionale di Federchimica per lo sviluppo delle biotecnologie. L’obiettivo è stato quello di raccontare che cosa è la bioeconomia e quali sono le soluzioni che già oggi ritroviamo nella nostra quotidianità: dalle applicazioni in bioplastica, ai cosmetici bio-based, passando per i bioprodotti per uso agricolo, i biocarburanti, i biomateriali per l’edilizia, l’industria automobilistica, il tessile, ecc. Si sono tenuti oltre 20 eventi articolati in appuntamenti dal vivo e online che coinvolgono imprese, centri di ricerca, università e istituzioni, indirizzati a ricercatori, professionisti, ma anche semplici famiglie, da Milano a Catania passando per Bologna, Torino, Firenze e Trieste.
RICICLAGGIO
Imballaggi a base cellulosica
Comieco, Consorzio Nazionale per il Recupero e il Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica, conferma la piena operatività ed efficienza del sistema della raccolta e del riciclo di carta e cartone. Con il contributo ambientale più basso d’Europa (5 euro/t), consolida la garanzia di ritiro verso i
Gender pay gap, ci pensa la nuova direttiva UE
di Lucrezia Benedetti
Nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 10 maggio 2023 sono state pubblicate, in merito al gender pay gap, le nuove regole sulla trasparenza degli stipendi in busta paga.
SOCIETÀ
Aumenta il prezzo della pasta
Oggi il grano duro per la pasta viene pagato in Italia oltre il 30% in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (cioè circa 36 centesimi al chilo), mentre il prezzo della pasta è aumentato il doppio dell'inflazione (+17,5% a marzo sull'anno precedente). Un paradosso, tanto che il Codacons ha annunciato un esposto all'Antitrust per sollecitare l'apertura di una istruttoria sul fenomeno del caro-pasta. Assoutenti ha stimato inoltre che il prezzo medio della pasta è oggi pari a circa 2,13 euro al chilogrammo, ricordando che lo scorso marzo la media stava attorno a 1,70 euro. Considerato che ogni italiano consuma circa 23 chilogrammi di pasta all'anno, l'aumento su base annua del prezzo della pasta del 25,3% rappresenta una grossa spesa. Sempre Assoutenti ha stilato una classifica delle province dove spaghetti e maccheroni costano di più: Ancona è in testa con 2,44 euro al chilo, seguita da Modena (2,41) e Cagliari (2,40).
e Diversità. La ricerca del Cref si concentra geograficamen te sull’Europa 28+ (Ue con Uk e Macedonia, Montenegro, Norvegia, Svizzera, Turchia) e sul periodo 2000-2016 che è particolarmente significativo per la produzione di brevetti verdi in Europa. Infatti circa il 30% delle innovazioni verdi mondiali sono state sviluppate in Europa (European Patent Office) in quegli anni, mentre nel 2000 l’attività brevettuale nel settore delle innovazioni tecnologiche legate alla mitigazione e all’adattamento al cambiamento climatico era quasi inesistente nella maggior parte dei paesi.
Non è il primo intervento fatto dall’Unione europea per contrastare la disparità salariale e va sottolineato che, la normativa comunitaria, include le discriminazioni nei confronti delle persone non binarie e, più in generale, la discriminazione intersezionale.
La direttiva UE, 2023/970 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023, chiede agli stati membri di introdurre misure volte ad eliminare il gender pay gap entro il 7 giugno 2026. L’obiettivo della direttiva è quello di scoraggiare e si spera eliminare la differenza retributiva tra uomini e donne perché, anche se nel 2023, in molti paesi, a parità di condizioni, non viene percepita la stessa retribuzione e questo in base al sesso. Il divario retributivo di genere è ancora molto presente, a volte anche molto elevato, e l’Italia sfortunatamente non è esclusa dalla classifica dove, soprattutto nel settore privato, le differenze si sentono di più.
Cosa cambia con la direttiva UE?
Nello specifico la direttiva impone un principio di trasparenza. Le imprese operanti all’interno dei paesi membri dovranno comunicare le informazioni relative agli stipendi dei lavoratori dipendenti e questi avranno il diritto di conoscere i dettagli delle retribuzioni medie individuali e generali suddivisi per genere. Quindi, qualsiasi clausola che impedisca di diffondere la propria retribuzione è vietata.
Più nello specifico prima, durante e anche dopo il rapporto di lavoro, deve essere garantita una trasparenza sugli stipendi in busta paga e pari trattamento retributivo. La busta paga di un lavoratore e di una lavoratrice assunti dalla stessa azienda, a parità di condizioni, orario di lavoro e inquadramento, deve essere identica. Inoltre, devono essere neutrali anche i sistemi di valutazione professionali tra uomini e donne. Ovviamente le regole
devono essere recepite sia dalle aziende pubbliche che da quelle private. Nell'Unione europea le donne guadagnano in media il 13% in meno rispetto ai colleghi uomini e il divario retributivo di genere è rimasto immutato negli ultimi 10 anni. Va considerato inoltre che la disparità retributiva espone le donne a un maggiore rischio di povertà e contribuisce al divario pensionistico, che nel 2018 si attestava intorno al 30%.
Per i datori di lavoro che non si adeguano sono previste sanzioni proporzionali alla violazione infranta, ed è previsto il risarcimento per i lavoratori che sono stati danneggiati per danno morale e opportunità perse, comprese le retribuzioni arretrate e i bonus non pagati. Inoltre, le aziende con più di 250 dipendenti devono presentare una relazione annuale sul divario di genere, mentre le aziende con meno dipendenti devono presentarla ogni tre anni.
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ISTRUZIONE: QUELLA PRIORITÀ NEGATA CHE RALLENTA IL PROGRESSO
di Pierangelo Andreini – Vicepresidente ATI
Da tempo si parla di Società 5.0, di un modello di convivenza collaborativo, ugualitario e libero; abilitato dall'uso di tecnologie avanzate che implementano soluzioni innovative per fronteggiare la crisi della politica e la sfida posta dalla necessità di incrementare efficienza, produttività, tutela dell'ambiente, inclusione ed emancipazione sociale. A tal fine, connettendo sinergicamente governi, istituzioni, servizi, imprese, stakeholder e singoli individui. È una società sostenibile, dunque, in tutte le accezioni del termine, ambientale, economica, sociale e istituzionale. Una società sempre più intelligente che migliora la qualità della vita, introducendo e utilizzando paradigmi che generano progressivamente nuove forme organizzative e di valore.
Un tema e un obiettivo, noti e discussi ripetutamente, anche da chi scrive, come cinque anni fa, nel febbraio del 2018 nel portale di ICIM con un editoriale dal titolo: "Quel percorso della conoscenza che porta da Impresa 4.0 a Società 5.0". Rileggendolo ora, con il senno di poi, mi rendo conto che lo scritto peccava di ottimismo, giustificato in parte dal messaggio costruttivo che desideravo dare ai visitatori del sito, non scevro tuttavia da una presentita preoccupazione. Scrivevo infatti «[…] i rischi di una nuova regressione sono più politici che economici: il consolidarsi o l’indebolirsi della globalizzazione, un possibile conflitto militare […] incertezze di carattere generale, che interessano più o meno tutte le economie, cui si aggiungono quelle sulla salute dell’ambiente, la sicurezza dei territori, la cyber security». Più avanti dicevo «Oggi il fatto che l’unione di intelligenza artificiale, automazione e robotica sta rivoluzionando il lavoro e che l'automazione totale o parziale già interessa, a livello globale, circa 1/6 delle attività produttive, manifatturiere e dei servizi, è cosa nota in quelli che sono i suoi effetti. Che la tecnologia stia influenzando la natura della società in misura tale che la vita sta cambiando drasticamente è addirittura un assioma. Ma che nei prossimi venti anni il progresso potrà essere tre volte maggiore di quello che si è verificato nel secolo passato, con successivi raddoppi dello stock di conoscenze in manciate di anni e poi di mesi, è scarsamente percepito. Come pure che saremo in grado, in linea di principio, di manipolare i materiali biologici esattamente come nel corso del tempo l’umanità ha imparato ad elaborare quelli minerali e metallici (vedi ora la questione posta dalla prospettata diffusione e consumo della così det-
ta carne “sintetica”) […] E anche ammesso che le innovazioni tecnologiche che abilitano tutto ciò saranno solo delle piccole modifiche al repertorio ancestrale, è innegabile […] che stanno accelerando l'espansione tecnologica e rendono discontinua la curva dello sviluppo. Scindendola, però, perché la crescita sta avvantaggiando i molti assai meno dei pochi, quelli che costruiscono e trattengono avidamente il sapere tecnico, in quanto il web non è per ora uno strumento di pari opportunità. Pertanto, in assenza del contrappeso di una politica per l’istruzione, non solo tecnico-scientifica, ma anche umanistica, capace di promuovere la crescita consapevole del valore della sostenibilità e della responsabilità e, quindi, in grado di contrastare gli attuali squilibri economici e ambientali che, in ultima analisi, si ritorcono contro l’intera società, il rischio di una crisi epocale, come altre volte è avvenuto, non è solo teorico».
Un esito possibile, ma non scontato
Qui il preavvertimento maggiore espresso nel 2018, che dal 24 febbraio dell'anno scorso, con l'invasione dell'Ucraina, mostra tutta la sua drammaticità e che mi portò a proseguire, allora, scrivendo «[…] E non c’è da tergiversare, dato che la velocità con cui crescono le due culture ha un andamento molto diverso, esponenziale per quella tecnica, lineare per quella umanistica, quella che tra le domande si chiede cosa significa vivere, essere persone e alimenta le ragioni della solidarietà sociale». Percepivo dunque i pericoli, ma sopravvalutavo eccessivamente le valenze del nuovo corso, ritenendo, erroneamente, che queste potessero aiutarci a scansarli. Scrivevo, infatti «Tuttavia, dal modo con cui stanno interagendo gli avanzamenti nei
vari settori sembra che lo sviluppo abbia in sé gli anticorpi per correggere la rotta e attuare una politica al servizio di tutti, capace di ridurre gli squilibri e di generare miglioramenti sia economici che civili […]. Ciò tramite l’analisi dei big data, un’operazione favorita dall’aumento esponenziale del traffico dei dati a livello globale, che sarà gestito in prospettiva sempre di più da data centre cloud, facilitata dal progresso delle tecnologie digitali. Da quanto detto si capisce che ciò che anima e genera la nuova fase della transizione è l’informazione […] È la risorsa di cui si avvale l’economia della conoscenza, per sfruttare la quale il sistema economico sta lasciandosi alle spalle la quarta rivoluzione industriale e avanza verso Industria 5.0. Una nuova condizione, dove la completa integrazione tra uomo e tecnologia, la piena sinergia tra mondo fisico e virtuale e dosi crescenti di intelligenza artificiale producono processi di auto apprendimento che hanno forti ricadute sulla produttività del lavoro, così come sull’intera collettività. Oltre ad assorbire le innovazioni di Industria 4.0, estese ai servizi con Impresa 4.0, l’informazione porta con sé e diffonde i dati che servono, non solo per incrementare l’efficienza, ma anche per comprendere i problemi sociali e aiutare a risolverli. Una completa integrazione significa, infatti, che la connessione collega tutto, industrie produttive, imprese di servizi, organizzazioni pubbliche, apparati, consumatori e utenti, oltre i confini, territoriali, di mansione, di generazione, alla ricerca di un continuo miglioramento dei valori che travalicano quello aggiunto, arrivando a interessare quelli sociali. Significa che l’uomo è immerso in un tessuto produttivo e di servizi che lo istruisce e gli offre possibilità consapevoli di scelta, dove la tecnologia è al suo servizio e non viceversa. Significa che l’intera società diventa 5.0. Una società intelligente che persegue l’intelligenza per rendere responsabile e sostenibile la crescita nel medio e nel lungo termine. Una meta che appare lontana e forse utopistica, ma che potrebbe essere nella logica delle cose».
Le devianze della transizione che allontanano il traguardo
Gli accadimenti epocali verificatisi dopo il 2019, la pandemia, la guerra, l'insicurezza alimentare ed energetica, la crescente frammentazione geopolitica, l'aumento dell'indebitamento, l'alto livello di inflazione, i recenti e rinnovati fallimenti bancari, l'aumento delle disuguaglianze e l'estendersi dell'area della povertà, amplificati dall'incremento e invecchiamento della popolazione, dicono che il futuro che ci attende è assai meno roseo e diverso da quello da me, con altri, ottimisticamente sperato fino a qualche anno fa. La meta, quindi, è ancora molto lontana, ma rimango convinto che sia solo questione di tempo. In quanto, in ultima analisi, gli sviluppi perversi cui stiamo assistendo sono frutto, in massima parte, di azioni irresponsabili e scellerate alimentate dalla protratta incapacità di sciogliere i nodi della formazione, che sono ben noti e colpevolmente irrisolti. Perché il sistema economico tarda a ca-
pire che il progresso può trasformarsi in arretramento civile, se non si comprende la necessità di investire prioritariamente e puntare sull’istruzione per aumentare la coscienza dell'agire e arrivare ad escludere l'idea stessa del conflitto armato dal novero delle soluzioni possibili. In tal modo arginando il dannoso, sterile proliferare degli egoismi, unitamente alla disaffezione dalla politica, e riducendo la presa dei populismi, conseguenza del crescere e diffondersi dell'ignoranza. Così realizzando una società più duttile e intelligente, che sappia adattarsi rapidamente al mutamento epocale che sta subendo il mondo, governare i cambiamenti radicali, in atto e alle porte, e trarre dal vincolo della sostenibilità la spinta per evolvere consapevolmente con lo strumento della conoscenza e della cultura. Dunque, non solo economicamente, ma verso un miglioramento delle condizioni di convivenza civile e morale. E ce n'è urgente bisogno, visto che, a quanto appare con grande evidenza, quello che è in corso non è un mutamento, ma una transizione critica dell'intero ecosistema verso una situazione di crescente instabilità e di peggioramento del benessere del mondo nel suo complesso.
Stiamo assistendo ad un regresso storico di cui l'uomo è il principale artefice, dato che non si limita a scatenare guerre e distruzioni locali, in quanto da tempo la sua responsabilità nel surriscaldamento globale e i relativi, drammatici effetti di carattere generale, come la fusione dei ghiacciai, siccità, uragani, ecc., non è più gravata solo da pesanti indizi, ma risulta definitivamente provata. Per esempio dalla concentrazione di CO₂ nell'atmosfera che continua ad aumentare, segnando record progressivi, ormai prossimi alle 420 ppm, dalle 280 di metà '800. Complice l'incremento della popolazione mondiale, con i suoi consumi di legna e di fossili, che allora era un miliardo, 80 anni dopo, nel 1930, il doppio, con l'80% della Terra, tuttavia, ancora coperto da foreste. Oggi, in poco meno di un secolo dal 1930, siamo quadruplicati e le aree non antropizzate sono scese a 1/3.
Due culture per correggere gli errori Perché continuiamo a prelevare dalla biosfera materiali e metalli, dimenticando che il pianeta è un sistema chiuso, mentre scordiamo che quello del sapere è aperto all'illimitato apporto di nuove conoscenze? Certamente le conoscenze più faticose da ottenere, rispetto al contributo che dà il banale ripetersi dei procedimenti estrattivi della materia, ignorando, però, che è il continuo aumento del sapere che ci ha consentito di accrescere l'efficienza dei processi con cui utilizziamo, ricicliamo e trasformiamo le risorse fisiche, inventandone costantemente di nuove. In tal modo non consideriamo, con colpevole negligenza e indulgenza, che è solo quest’ultimo che può trasformare l'umanità in una società solidale, attenta alla qualità degli stili di vita, amica dell'ambiente e generativa. In quanto stentiamo a renderci conto che viviamo all'interno di sistemi e modelli ecologici sociali, complessi e adattativi, che si parla-
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no attraverso l'informazione, di cui quello umano è uno dei tanti che operano tra loro connessi all'interno del più grande organismo della Terra, che dobbiamo passare, pertanto, da un'economia governata da organizzazioni industriali e commerciali che favoriscono un consumo irresponsabile, a quella della circolarità. A tal fine considerando, quindi, i sistemi economici come processi in costante evoluzione alimentati dalla conoscenza e concependo la proprietà come accesso, ovvero come possesso temporaneo, quali di fatto sono. Questo per traguardare la società del futuro che per essere realizzata richiede infrastrutture che abilitino l'high tech collaborativo. Visto che sono queste a crearla, comunicando i dati, che non devono rimanere concentrati a beneficio di pochi, ma diffusi con miliardi di connessioni per aprirla progressivamente. E si può dire, senza tema di smentita, che le innovazioni tecnologiche che lo consentono sono in atto da tempo e che il risultato di questo capillare, intimo collegamento dell'uomo con la tecnica è arrivato ormai ad interessare molto da vicino la nostra macchina cognitiva. Una macchina che appare avviata dall’interconnessione che opera la rete a costituire, in prospettiva, una sorta di cervello collettivo. Non, ovviamente, l'entità preconizzata e temuta in racconti distopici, come nel romanzo "1984" di George Orwell del 1948 nel quale lo scrittore immagina l'onnipresente dittatura di un "Grande Fratello". Un'ipotesi di fantapolitica ben lontana, da quanto è desiderabile possa accadere, ma un incremento esponenziale delle connessioni che genera continue sinergie e accelera l'avanzamento e l'espansione delle conoscenze. Tuttavia, al momento, solo di quelle tecniche, molto meno di quelle umanistiche, essenziali per governare la curva dello sviluppo, che le prime stanno rendendo sinistramente discontinua. Infatti in questi ultimi anni l'innovazione tecnologica ha trasformato strutturalmente il sistema, determinando mutamenti profondi dei comportamenti della gente, dei lavoratori e delle imprese. L'era dei dati e dell'intelligenza artificiale (IA) hanno modificato, infatti, radicalmente la percezione e la rappresentazione della realtà, dando vita a un nuovo contesto che offre maggiori possibilità, ma che genera anche diverse attese e nuovi, temibili pericoli.
La questione del tempo
Tra questi mutamenti la possibilità di ognuno di cedere parte delle proprie decisioni a sistemi automatizzati che ci suggeriscono modi di fare e ci condizionano quotidianamente in scelte minute, più comode ed economiche. Per esempio, gli acquisti di prodotti o servizi, sul piano commerciale, o le strade migliori da imboccare, su quello della mobilità. Così, l'automazione delle decisioni ci sostituisce, riducendo i margini di autonomia personale e quindi l'esercizio consapevole del libero arbitrio. Per cui, comprendere i rischi, oltre ai vantaggi, legati al diffondersi di tecnologie innovative, in primis dell’IA, e le conseguenze delle loro modalità d'azione, è indispensabile per valutare i presupposti che condizionano il futuro. Per apprez-
zarne le ricadute potenziali sulle vite dei singoli, sui processi sociali, sul mondo dei lavoratori, delle imprese, sul benessere dell'ecosistema nel suo complesso, a tutela dei giovani che vivranno il domani. Tra di esse un effetto generale, già del tutto evidente, è indubbiamente l'accorciamento progressivo dei cicli temporali e dei tempi decisionali. Credo sia una delle questioni di fondo, la sfida che può fare la differenza, che sta incrementando il divario e con esso le tensioni economiche, sociali, ambientali e, dunque, politiche. Stiamo attraversando una fase transitoria, critica e disordinata, contrassegnata da sviluppi esponenziali che inducono rapidi cambiamenti diretti a ricercare, come sempre accade, un nuovo equilibrio. Quello che può assicurare la società post digitale, la società 5.0, da cui sono partito iniziando la riflessione. Un nuovo corso, dove i dati, la rete e l'IA non devono essere mezzi con cui influenzare l'uomo e asservirne l'ingegno, ma strumenti complementari che lo supportino e lo potenzino. Questo per non essere sopraffatti e gestire al meglio il convulso intrecciarsi di situazioni complesse e impreviste che chiedono di assumere decisioni tempestive, per non dire immediate. Di qui la predetta crucialità del tempo. Perché c'è sempre meno margine per agire e le conoscenze a tal fine fornite dai modelli previsionali, che si sviluppano con crescente velocità unitamente all'innovazione tecnologica, vengono acquisite in assenza del contrappeso di un corrispondente aumento della consapevolezza del danno che l'egoistico impiego delle nuove opportunità apporta alla convivenza e al progresso della civiltà. Ciò, complice l'opacità, talora l'inganno, del sistema informativo, come detto intriso di falsità, nel quale il lento estendersi e affermarsi della dimensione etica non ne riconosce la funzione di strumento primario per dare oggettività alla conoscenza e promuovere scelte consapevoli. In tal modo, non tutelando il benessere comune, che richiede azioni responsabili e sostenibili per difendere il futuro, ovvero il benessere infra e intergenerazionale. E non mantenendo sano neppure l'ambiente, mancando di realizzare un contesto che ne accresca e non ne riduca l’opportunità con politiche che mirino risolutivamente alla neutralità carbonica e all’economia circolare. Un mondo dove l'uomo possa perseguire, con la crescita del suo sapere, il triplice ideale di fraternità, libertà ed eguaglianza, cui naturalmente aspira, come voglio credere.
Le ambiguità del nuovo corso
A questo scopo premessa indispensabile è che il legame crescente tra uomo e tecnologia dia risultati positivi, superiori alla loro somma, che si diffondano equamente e non vengano trattenuti da pochi che se ne avvantaggiano a scapito di tanti che ne subiscono le conseguenze. Un effetto già in atto, temibile e distruttivo, che il procedere della quarta rivoluzione industriale ha il potere di amplificare, se non si attuano prontamente interventi correttivi, noti e rinviati, a partire dall'incremento della spesa per l'istruzione, per il loro costo immediato e i van-
taggi differiti. Visto che, con i suoi processi digitali, sempre più complessi e diffusi, l'interazione crescente dell'uomo con macchine che apprendono agisce drammaticamente sul lavoro e sugli equilibri sociali ed economici. In quanto separa chi detiene le conoscenze e le professionalità necessarie da chi non le possiede, acuendo l'esigenza di adeguare e sopravanzare incessantemente competenze e capacità che non viene soddisfatta con altrettanta rapidità ed efficacia. Vanno così aprendosi nuovi scenari sulle modalità di svolgimento del lavoro per la crescente diversità delle attività e mansioni da espletare. Occupazioni che emarginano gli operatori che non si aggiornano e inducono le nuove generazioni a intenderle come funzioni che non possono essere ripetitive, anche se meno stressanti, ma proattive e creatrici, per impiegarsi con successo, progredire e realizzarsi. Pertanto, non posti di lavoro fissi, ma attività che evolvano, accettando il disagio di cambiare spesso l'occupazione in cambio di maggiori opportunità di miglioramento professionale e culturale, e che permettano di raggiungere e superare più velocemente le tappe di un percorso di carriera, emancipazione e ascensione sociale. Un fenomeno in aumento, che porta molti lavoratori a vedere l'impiego non più come indispensabile, qualunque esso sia, ma una scelta che deve assicurare queste potenzialità, in mancanza delle quali i più insoddisfatti decidono di lasciarlo, pur essendo privi di un'occasione alternativa. È il meccanismo che alimenta il fenomeno della così detta “Great Resignation” (dimissioni di massa), acuitosi con la pandemia, specie negli Usa e tra i millennials (generazione Y) e i centennials (generazione Z). Una tendenza amplificata da una percezione d’inappagamento personale che si esprime nella Yolo economy (You only live once - si vive una volta sola), ovvero nella propensione ad accettare il rischio di un cambiamento per ampliare gli orizzonti e costruirsi un futuro migliore che soddisfi maggiormente i desideri, cui ho fatto cenno nel portale di ICIM con un altro editoriale del febbraio 2022 «Il flusso del sapere per colmare i divari e realizzare un'economia della conoscenza inclusiva, sostenibile e competitiva». Comportamenti diffusi anche in Europa, dove dal 2021 sono aumentate le dimissioni volontarie per ragioni attribuibili, in gran parte, alle caratteristiche del mercato attuale del lavoro. Sul totale, infatti, delle cessazioni dei rapporti verificatisi l’anno scorso nell'UE, comprendenti i licenziamenti, le terminazioni causate dalla cessazione dell’attività dell’impresa e i pensionamenti, la Great Resignation europea ha inciso per oltre 1/5. Anche se in molti casi si tratta di transizioni da un impiego all’altro, non di abbandoni motivati da insoddisfazioni gravi per l'attività svolta. Per cui il fenomeno è complesso e di difficile interpretazione. Un aiuto a questo fine lo dà il 6° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, recentemente pubblicato, secondo il quale l'87% degli occupati italiani ritiene di dedicare troppo tempo al lavoro, a scapito della propria crescita e delle relazioni sociali, e il 46,7% lascerebbe per tale ragione l'impiego, se potesse farlo.
Un quadro ibrido e indefinito I dati mostrano, quindi, una dinamica preoccupante, che alcuni osservatori considerano mossa da un "lusso" dettato dall'indolenza e concesso dall’accresciuto benessere, dove esso si è verificato. Ma che ha in sé anche valori positivi, perché indica la volontà di dare valore al percorso, più che al posto di lavoro, il quale deve servire, ed è scelto, per incrementare le proprie competenze e, in ultima analisi, avanzare per effetto del sapere che si può acquisire. Ovviamente, tutto questo in teoria, almeno per ora. La pratica è ben diversa, dato che l'occupazione non aumenta significativamente e la pretesa di scegliere un lavoro "a propria immagine e somiglianza" appare al momento, appunto, un lusso. Ciò non di meno permane, anzi cresce, per le ragioni sopra dette, la necessità e l'urgenza che il sistema economico prenda atto del cambiamento in corso e offra agli interessati gli strumenti per progredire e mirare a un futuro di affermazione che li veda attori partecipi, maggiormente coinvolti nella gestione delle cose, e determinanti nel raggiungimento di traguardi comuni. A tal fine, realizzando un contesto nel quale la tecnologia sia un'alleata e un mezzo concreto per raggiungere obiettivi anche immateriali: aspirazioni e avanzamenti personali, non solo in termini di miglioramenti economici, ma pure di aspettative generali di attenzione e contribuzione al progresso sociale, che assicurino un significato maggiore, coerente e responsabile, dell'attività che ciascuno svolge, anche quando vista in retrospettiva. È necessario un ambiente che dia alle persone maggiori opportunità per riqualificarsi e accedere a ruoli più gratificanti, investendo nell'ibridazione delle competenze, superando rigide ortodossie, per adeguare e aprire la formazione al nuovo che avanza. È la stessa tecnologia a chiederlo e che aiuta pure ad imparare più velocemente di prima, agendo come stimolo e strumento di upskilling e reskilling, superando l'idea che la macchina competa con l'uomo, sostituendolo e sottraendogli il lavoro. Un pregiudizio storico di cui il "luddismo", la protesta operaia inglese di fine '700 contro l'introduzione del telaio meccanico nelle industrie tessili e delle macchine in generale, sfociata in vandalismi e nella loro distruzione in molteplici episodi, è uno degli esempi più emblematici. Le successive specializzazioni del lavoro, richieste e acquisite per l'uso dei nuovi macchinari, e la conseguente promozione e gratificazione sociale dei lavoratori hanno portato poi, nei decenni successivi, al superamento di questa storica crisi, non molto difforme dall'attuale. Oggi, come durante la prima rivoluzione industriale, convenzionalmente riferita al diffondersi della tessitura automatica e dell'impiego della macchina a vapore nella seconda metà del '700, siamo a metà del guado di una trasformazione epocale. Una transizione in cui coesistono due condizioni differenti, la vecchia realtà fisica, ancora sostanzialmente analogica, e quella prossima, virtuale, pienamente digitaliz-
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zata, che vede l'uomo interagire sempre più capillarmente con la macchina, con cui sembra destinato a fondersi, come già accennato. Un quadro ibrido, quindi, dal contorno indefinito, che l'organizzazione sociale stenta a mettere a fuoco, a partire dal sistema formativo, il quale tarda ad abbandonare gli schemi del passato, anticipando il domani. Nuove competenze per superare l’impasse Il paragone con quanto è accaduto due secoli fa ci dice, infatti, che per evolvere e contenere lo scompenso sociale che comporta il raggiungimento di un nuovo equilibrio a seguito di una trasformazione profonda del sistema economico, la riduzione del lavoro causata dall'innovazione tecnica deve essere bilanciata dallo svolgimento di altre mansioni e attività richieste dall'utilizzo delle tecnologie, accelerando il rinnovo e il potenziamento della cultura abilitante che queste ultime esigono comunque. In materia il World Economic Forum, nel Rapporto "Future of jobs 2020", diffuso in piena pandemia, e nei successivi rapporti annuali che replicano dati analoghi, stima che al 2025 uomini e macchine si divideranno parimenti il lavoro e che l’incremento dei processi di automazione potrà causare a quella data la perdita di circa 85 milioni di posti di lavoro, rispetto al 2020. Ritiene, però, che nello stesso tempo si potranno generare 97 milioni di nuovi impieghi, se la metà del mondo del lavoro interessata dal cambiamento acquisirà il know-how richiesto dal nuovo corso, individuandolo puntualmente. Lo studio lo precisa, infatti, in dieci competenze specifiche da promuovere, creare e diffondere: pensiero analitico e innovazione; apprendimento attivo e strategie di apprendimento; capacità di risolvere problemi complessi; pensiero critico e capacità di analisi; creatività, originalità e spirito d’iniziativa; leadership e influenza sociale; uso di tecnologie, monitoraggio e controllo; progettazione e programmazione tecnologica; resilienza, gestione dello stress e flessibilità; ragionamento, problem solving e ideazione. Insegnare queste abilità è essenziale, dunque, affinché il cambiamento sia un fattore di crescita e non di regresso, sia pur momentaneo. E, in effetti, tornando ai rischi dell'effetto divisivo della conoscenza, quando accentrata e non condivisa, l'apprendimento delle dieci skills elencate lo può certamente contrastare. Visto che il motore che fa evolvere la società è la capacità e la velocità con cui essa stessa crea, accumula e diffonde nuove conoscenze. Per cui, se ciò è vero, le classi dirigenti dovrebbero considerare prioritaria l'istruzione. Cosa che non fanno, ignorando che dalla bontà ed efficacia della formazione dipende, allo stesso tempo, la possibilità di accelerare e consolidare il progresso sia economico, che democratico. I maliziosi direbbero che i politici preferiscono indulgere nella prassi di assumere autonomamente le decisioni e raccogliere su di esse il consenso attraverso reti capillari di rapporti amichevoli, che necessariamente includono pochi ed escludono tanti, anziché ottenerlo tramite una conoscenza diffusa,
pervasiva e consapevole delle questioni, negligentemente differita e posta in secondo piano, che aiuterebbe a superare questa pratica, rozza e autoreferenziale.
Crescere e competere con il sapere Comunque sia, il risultato non cambia, perché università e scuole, luoghi privilegiati di produzione e distribuzione dello scibile che dà corso a uno sviluppo che governi e non subisca il futuro, e tutto il sistema educativo in generale, continuano a rimanere sotto finanziate e trascurate. In particolare nel nostro paese, che non dispone di grandi risorse naturali, ma che può far leva sulle sue risorse umane e sulla sua cultura per alimentare e far crescere l'innovazione, strumento principale con cui produrre ricchezza e competere. Pertanto, è imperativo mantenersi costantemente alla frontiera del sapere e avvalersi delle tecnologie digitali e delle automazioni più avanzate, necessarie per incrementare efficienza e produttività. Ossia le tecnologie della quarta rivoluzione industriale, che attuano anche la transizione energetica ed ecologica e che ci possono portare alla società 5.0, da cui sono partito iniziando questo scritto. Ciò richiede che il progresso della conoscenza avvenga sia verticalmente che trasversalmente, con approcci multidisciplinari che privilegino sistemi aperti in cui centri di ricerca, università, scuole ad alta specializzazione, come gli ITS (Istituti Tecnici Superiori), e imprese condividano piani di ricerca e progetti per produrre innovazione ed esprimere il nostro potenziale al suo massimo valore possibile. Allo scopo si deve puntare su programmi di formazione mirati, capaci di dotare gli operatori del know-how richiesto dall’evolvere del sistema economico per ridurre il mismatch tra domanda e offerta di lavoro. In primis delle competenze STEM (Science, Technology, Mathematics and Engineering) per soddisfare la pressante esigenza di digitalizzare ogni funzione posta dalle categorie imprenditoriali e pubbliche e accrescerne funzionalità ed efficacia. Un handicap molto grave, in quanto il nostro disallineamento continua a crescere, al punto che la difficoltà di reperimento di persone con adeguate competenze riguarda quasi la metà dei profili ricercati.
Il 46%, dicono i dati del rapporto UnionCamere e Anpal "Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine (2022-26)", stima in complessivi 3/4 di milione i nuovi occupati di alto livello a fine periodo, richiesti in gran parte per l'attuazione del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Si tratta di ingegneri industriali, elettronici e dell'informazione, fisici, informatici, matematici, chimici, medici, farmacisti, altro personale sanitario, economisti e ulteriori figure specializzate in discipline, non solo scientifiche e tecniche, ma pure umanistiche, per offrire servizi di accoglienza qualificati, culturali, ricreativi, turistici. Ad essi il rapporto aggiunge un numero analogo di altre maestranze meno specializzate, portando il totale, secondo i due scenari ipotizzati nello studio, a 1,3 o 1,7 milioni gli occupati in più.
Si attenuerebbe così il dramma della disoccupazione, totale e giovanile (15-24 anni), che i dati provvisori dell'ISTAT fissano a febbraio 2023 nei valori pressoché stabili dell'8 e 22,4%, rispettivamente. Percentuali che, allo stato attuale, appare tuttavia difficile vengano ridotte significativamente, stante la lentezza con cui procede l'attuazione del piano, complice anche la durezza della congiuntura che stiamo attraversando. Una crisi che, senza azioni correttive, non può che peggiorare, in Italia e dappertutto, perché le nuove tecnologie, si è detto, crescono e maturano in tempi sempre più brevi, come il nuovo sapere che le produce. In tal modo esse si susseguono e ricambiano continuamente, mettendo a dura prova la capacità degli operatori di imparare a usarle tempestivamente e la possibilità per molti di avvalersene proficuamente. Così differenziando e squilibrando le aree economiche e concorrendo a mantenerle in una fase di continua, crescente, emergenza, sociale e politica, che allontana il traguardo della condizione di maggiore stabilità e benessere che promette la società 5.0.
Un'occasione epocale che è irresponsabile perdere Da quanto detto deriva la necessità di privilegiare interventi che potenzino la formazione, con iniziative e programmi che riformino profondamente il sistema. Questo, in particolare, da noi e a partire dal riconoscimento del ruolo determinante dei docenti, la cui funzione economica e sociale è misconosciuta, unitamente alla necessità di assicurare loro retribuzioni ad essa corrispondenti. Azioni sin qui rinviate, o fatte a costo zero in misura debole e inefficace, invocando l'alibi delle ristrettezze finanziarie. Ora abbiamo, però, l'occasione epocale di investire i fondi a ciò riservati dal PNRR. Una quota del finanziamento totale del piano che vari osservatori, compreso lo scrivente, considerano peraltro insufficiente per invertire una situazione che segna continui, significativi regressi. Perché nel nostro paese, ma anche in altri, la formazione, iniziale e continua, non prepara ad affrontare come si deve il futuro che avanza. Questo per il mancato orientamento e l'istruzione insufficiente che assicura il sistema scolastico, che scoraggia, tra l'altro, il proseguimento degli studi universitari di terzo livello.
comune. Credo pertanto di poter concludere, affermando che si tratta di un problema generale, quello di non capire che investire sull'uomo è una priorità, la leva di fondo da azionare. Come è sempre stato e lo è ancor più adesso. Dato che per superare il drammatico stallo in cui ci troviamo occorre compiere un drastico cambio di passo culturale, assicurando l'aggiornamento continuo di conoscenze e competenze di tutti, non solo di élite privilegiate. Ciò per innovare uniformemente e costantemente processi e sistemi, economici e sociali, sul piano scientifico ed etico e traguardare un obiettivo che potremmo avvicinare e, invece, allontaniamo. È solo questione di volontà e tempo. Di quel divenire dell'esistenza scandita dalla successione continua di stati determinati da eventi che non sappiamo organizzare e che subiamo, in quanto siamo attratti dall'ottenimento egoistico del profitto immediato, cui tendiamo istintivamente, volentieri e con facilità, posticipando la fatica, di ricercare il bene differito della consapevolezza. Di quella coscienza, richiamata in questa riflessione forse troppo ripetutamente, che ci dice che siamo un nodo di una rete interconnessa dove il male si trasmette e interagisce amplificandosi. Che ci fa capire gli obblighi e le responsabilità che abbiamo nei confronti degli altri e dell’ambiente. Compiti e doveri che possiamo assolvere componendo il divario tra sapere tecnico e umanistico per colmare la carenza dei valori morali, svilupparli, diffonderli e disciplinare, così, virtuosamente, comportamenti e decisioni. Non farlo significa che questo impegno dovranno assumerlo le prossime generazioni sulle quali graveranno le conseguenze delle nostre mancate o erronee scelte, cui esse dovranno porre rimedio. Quei posteri che acquisiranno diffusamente la percezione che il tempo non scorre ugualmente, che è cadenzato da periodi di qualità diversa, durante i quali, più che in altri, è indispensabile agire. Che vi sono occasioni che è colpevole e imperdonabile sprecare, chiedendosi per quale ragione lo abbiamo fatto. Che considereranno cosa ovvia e scontata che il tempo non fluisce uniformemente dappertutto, in quanto è legato allo spazio nell'ordito di un tessuto invisibile deformato dalla presenza delle masse che popolano il cosmo. Lo spazio-tempo che esse incurvano, generando il campo gravitazionale, in vicinanza delle quali il tempo scorre più lentamente. Una realtà di cui non ci rendiamo conto e che stentiamo a comprendere e condividere, nonostante Albert Einstein ce l’abbia dimostrata chiaramente oltre un secolo fa. Un’annotazione che riporto per concludere lo scritto con un riscontro, fuori tema, ma emblematico della nostra incapacità di correggere convincimenti e comportamenti, radicati e istintivi. Questo anche quando sappiamo che sono sbagliati, complice un pragmatismo utilitarista che si avvale di uno scetticismo incredulo, spesso insincero, che deride la teoria, per preservare i vantaggi dell’errore. Pertanto, mostrarne le conseguenze perverse è un insegnamento difficile da impartire e da apprendere, la cui ignoranza però non ci assolve.
Secondo il rapporto 2022 di Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione), il 51% dei maturati dell’anno scorso ha terminato il ciclo scolastico senza aver raggiunto la soglia minima di competenze in matematica, rispetto al 42% del 2019. In tal modo, solo il 28,1% degli italiani di età compresa fra i 25 e i 34 anni ha un titolo terziario, rendendoci penultimi in classifica nell'UE. Quota che scende a 1/5 tra i 25-64enni, contro una media europea di 1/3, complice la scarsità di cicli post diploma, applicativi e professionalizzanti, che altrove sono più numerosi, appetibili e preferiti. Una condizione sfavorevole che non è solo nostra, è un male variamente distribuito, relativamente 19 | l’INDUSTRIA MECCANICA 735 | N 3 2023 l’INDUSTRIA MECCANICA 735 | 18
EXPORT & MERCATI
UN NUOVO IMPIANTO CODICISTICO DOGANALE
Dopo un lungo periodo di sviluppo caratterizzato, tra l’altro, dalla pubblicazione del rapporto finale dell’High-Level Wise Persons Group sul futuro dell'unione doganale (Putting more union in the european customs), dall’adozione del Plan of Action della Commissione europea a seguito delle conclusioni raggiunte dal Joint Research Center – Future of Customs e dalla consultazione pubblica chiusa il 14 settembre, il 17 maggio scorso, la Commissione europea ha divulgato il testo della propria proposta di un nuovo Codice Doganale dell'Unione. La proposta si basa su un profondo ripensamento dell'intera legislazione doganale. Una vera e propria ridefinizione del ruolo delle dogane e delle regole del gioco per tutti gli attori che intervengono nel commercio transfrontaliero, attraverso strumenti che rafforzano e mettono in pratica la visione condivisa di un'unica dogana per l'Unione.
Il testo normativo del Codice Doganale dell'Unione, è accompagnato dalla Comunicazione della Commissione e dal report e dal sommario sull’Impact Assessment che approfondisce le motivazioni e l'orientamento della proposta stessa. È inoltre integrato da due ulteriori proposte legislative, l’una in materia di IVA per le vendite a distanza e l’altra volta a modificare le regole di uso e applicazione della Nomenclatura Combinata (quest’ultima destinata a riorganizzare misure e metodi per l’applicazione dei dazi da imporre sulle vendite di valore inferiore a 150 euro, attualmente esenti proprio da dazio).
Trattandosi di una vera e propria ristrutturazione dell'unione doganale, il processo di trasformazione della proposta della Commissione in Regolamento attraverserà diverse fasi: a partire dal feedback fornito dagli stakeholder e dai cittadini, che si concluderà, secondo l’attuale timeline, il 27 luglio 2023, per giungere all’approvazione del testo finale da parte del Parlamento e del Consiglio dell'Unione, prevista per la fine dell'estate o l'inizio dell'autunno 2023.
Successivamente, la Commissione dovrà, esercitando le diverse deleghe previste dal testo, allestire i regolamenti delegati e di esecuzione necessari affinché il nuovo Codice possa diventare concretamente operativo. I testi attualmente disponibili potrebbero quindi subire modifiche anche molto significative. Tuttavia, l'approccio sistemico, con le sue conseguenze principali in termini di istituti innovativi (come l'EU Customs Data Hub e l'EU Customs Authority, cui accenneremo a seguire), dovrebbe rimanere invariato. Ciò, anche grazie al fatto che la proposta è stata già discussa approfonditamente e congiuntamente dai servizi della Commissione e dalle autorità doganali degli Stati membri le quali hanno, quasi unanimemente, dato il loro consenso.
La proposta di Codice si struttura in 15 titoli e 265 articoli che seguono principi e logiche significativamente differenti rispetto al Codice Doganale attualmente in vigore (Reg. (UE) 952/2013), composto da 11 titoli e 288 articoli. Alcuni istituti, soprattutto in funzione del loro stretto lega-
di Fulvio Liberatore — Team Ricerca Easyfrontier Technologies
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me con le regole del GATT (General Agreement on Tariffs and Trade della WTO) e della Revised Kyoto Convention della WCO (World Customs Organization) sono restati invariati: l'origine delle merci, i regimi doganali, le garanzie e le obbligazioni, il valore in dogana, devono seguire cicli di revisione e riforma da adottarsi, se del caso, a livello globale. Di grande aiuto, per orientarsi nella diversa mappatura adottata dalla proposta, è la tabella di correlazione tra gli articoli attuali e quelli futuri, riportata in Allegato alla proposta medesima.
Un impianto codistico per il commercio internazionale
L'obiettivo di tale ristrutturazione dell’impianto codicistico è quello di garantire una lettura più coerente con le ormai mutate dinamiche del commercio internazionale: ruolo e attività delle autorità doganali ad esse devono rispondere efficacemente, garantendo fluidità dei traffici ma anche adeguata protezione di persone, ambiente ed economia. Gli elementi più significativi della proposta si collegano, infatti, ad un approccio orientato alla valorizzazione del rapporto tra operatori e autorità doganali, da un lato e alla uniformità, trasparenza ed efficacia dei controlli, dall’altro:
un'ampia estensione delle semplificazioni doganali, specialmente per coloro che otterranno lo status di Trust and Check Trader. Tale status si sovrapporrà parzialmente all'AEO per le semplificazioni doganali (AEO-C) e offrirà benefici ancor più significativi. Già da alcuni anni le autorità doganali degli
stati membri avevano rilevato la necessità di autorizzazioni AEO più ampie, con benefici evidenti sia per gli operatori sia per le dogane, pur a fronte di requisiti più elevati (sotto la denominazione di AEO+ o AEO plus, alcune soluzioni sono già state adottate, sia pur nel quadro normativo attuale, a livello nazionale). I Trust and Check Trader saranno assoggettati a controlli non più concentrati sulle singole transazioni, ma basati su un approccio sistemico, volto ad interpretare i flussi commerciali e la loro motivazione economica (eliminando, per coloro che otterranno tale status, la necessità di presentare dichiarazioni doganali per qualsivoglia regime a fronte di una condivisione sistematica dei propri dati con le autorità doganali e con le altre autorità competenti in materia di traffico internazionale).
l’unificazione dei sistemi informativi doganali, attualmente implementati in forme talora molto diverse nei 27 stati membri, attraverso l’introduzione del "EU Customs Data Hub". Tale sistema, unico a livello unionale, costituirà una vera e propria piattaforma, da utilizzarsi oltre che per i controlli e l’acquisizione di dati e informazioni a vasto raggio, anche per un dialogo tra operatori economici e autorità doganali molto più integrato rispetto all’attuale Trader Portal, consentendo, tra l’altro, un'analisi dei rischi più efficace e uniforme in tutta l'Unione.
il superamento delle differenze interpretative e applicative delle norme doganali dell'Unione, tramite la creazione di una EU Customs Authority. Essa avrà un ruolo di rilievo nel governo condiviso delle modalità di applicazione delle nor-
Le tecnologie di gestione dell’informazione già oggi indirizzano e, talora, gestiscono in maniera autonoma processi quali l’acquisizione di dati, la valutazione dei rischi, la segnalazione di anomalie, l’individuazione di attività illecite, la facilitazione nei pagamenti transfrontalieri e molto altro. Tutte attività e processi che, fino a pochissimi anni fa, richiedevano competenze umane
mative doganali in tutta l'Unione e gestirà direttamente lo EU Customs Data Hub.
la ridefinizione delle regole per il commercio elettronico transfrontaliero, in particolare per le spedizioni di modico valore nell'e-commerce B2C, con l'obiettivo di evitare una concorrenza di fatto iniqua da parte dei grandi e piccoli player dell’e-commerce nei confronti del commercio interno tradizionale. L’eliminazione della soglia dei 150 euro sotto la quale, attualmente, gli acquisti di merci non unionali non sono soggetti a dazio eviterà una significativa perdita di entrate per l’Unione. Eviterà anche l’aggressione al mercato unico interno da parte degli operatori che, entrando in contatto diretto con i consumatori e grazie ai volumi cresciuti enormemente negli ultimi anni delle transazioni B2C (parliamo di più di 800 milioni di dichiarazioni relative a merci di valore inferiore a tale soglia nel solo 2022) finiscono per rendere sottocompetitiva l’offerta dei prodotti unionali. Grande cura da parte della Commissione è stata posta nell’evitare che la proposta non si trovi ad essere in conflitto con la riforma dell'IVA unionale (ViDA - Vat in the digital age), destinata a sua volta ad avere grande impatto nel commercio unionale.
Cosa ci attende?
L'adozione del futuro codice doganale dell'Unione europea avrà un impatto tutt’altro che trascurabile sul nostro settore. La proposta sottolinea la necessità che le dogane volgano la loro attenzione, assai più di quanto già, peraltro, avviene
adesso, verso i controlli non tariffari, vale a dire quelli legati alla conformità dei prodotti alle diverse direttive, limitazioni e tariffe aggiuntive previste dalla normativa unionale, sia per l’attuazione del Green Deal, sia per la necessità di mettere a disposizione del mercato dell’Unione prodotti sicuri e non dannosi in nessuna forma. In tal senso, distinguendo in modo graduale tra operatori corretti e competitor sleali o non perfettamente conformi, il nuovo Codice prevede, da un lato, semplificazioni ancor più formidabili (e molto facilmente accessibili, come ricordato più volte, per le imprese associate anche a partire dalla normativa attuale) e dall’altro controlli più intensi e assistiti da soluzioni tecnologiche innovative. Le garanzie che il nuovo Codice mette in campo a tutela di un mercato interno libero dall’aggressione impropria verso i consumatori finali o pseudo tali. Pensiamo alle vendite di beni destinati ad entrare come tali nelle mani degli utenti finali, venduti a prezzi ultraribassati nei diversi marketplace, proprio grazie all’esenzione da dazi e alla scarsità dei controlli in materia di conformità). Sono da considerarsi preziose e volte ad offrire opportunità crescenti per i produttori della meccanica unionale.
Resta aperta e, forse, non risolvibile una grande preoccupazione. Pur ammettendo che i tempi previsti per l’adozione della nuova normativa vengano integralmente rispettati, si parla di una timeline a dir poco deludente: la prima applicazione concreta delle nuove disposizioni è prevista per il 2028.
L’utilizzo dello EU Customs Data Hub da parte degli operatori economici dovrebbe iniziare dal 2032 e l’applicazione integrale nel nuovo Codice partirebbe dal 2038. Tempi troppo lunghi per adeguarsi a quella che è, già oggi, una diversa configurazione del commercio internazionale e che nel 2038 potrebbe essere ulteriormente e completamente mutata.
L’utilizzo dello EU Customs Data Hub da parte degli operatori economici dovrebbe iniziare dal 2032 e l’applicazione integrale nel nuovo Codice partirebbe dal 2038.
Tempi troppo lunghi per adeguarsi a quella che è, già oggi, una diversa configurazione del commercio internazionale e che nel 2038 potrebbe essere ulteriormente e completamente mutata
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Timeline
Il nuovo Codice Doganale dell’Unione
Consultazione degli stakeholder
Approvazione da parte del Parlamento e del Consiglio
Entrata in vigore
Applicazione Generale
fino a Luglio/Agosto 2023 Agosto/Ottobre 2023
20 giorni dopo la pubblicazione in GUUE
Autorità doganale UE
Componenti e impianti destinati all’utilizzo di idrogeno: come garantire sicurezza e conformità
Solo per e-commerce
Per gli altri operatori
Pienamente operativo
Eliminazione soglia esenzione dazi per beni fino a 150 € Trattamento tariffario semplificato per e-commerce
Trust&Check Traders
Utilizzo del EU Customs Data Hub
I numeri dell’explanatory memorandum (premesso alla proposta di riforma)
Semplificazione delle procedure ed eliminazione delle dichiarazioni doganali
Centralizzazione dei servizi IT (EU Customs Data Hub)
Rimozione della soglia di esenzione dai dazi per beni
fino a 150 €
Costo complessivo della riforma a partire dal 2027
L’utilizzo dell’idrogeno gassoso come risorsa energetica finalizzata alla transizione verde e alla decarbonizzazione, a livello industriale come nella vita di tutti i giorni, richiede la considerazione di diversi impatti che la nuova tecnologia può avere in termini di operatività e sicurezza. Sia che si tratti di utilizzarlo come vettore energetico in sostituzione di altri gas (come per esempio il metano) o applicato a nuovi processi dedicati in sostituzione o a supporto di altre forme energetiche, per esempio motori endotermici o motori elettrici. È necessario procedere a un’attenta valutazione dei rischi e delle soluzioni da adottare per contenere tali rischi.
Dichiarazioni H7 (import beni di valore inferiore a 150€) –
Anno 2022
Numero
% (su numero totale delle dichiarazioni di import)
% (sul valore totale delle dichiarazioni di import)
La prima considerazione, seppur apparentemente banale, è relativa proprio alla natura dell’idrogeno gassoso. Si tratta del gas più leggero conosciuto, che si miscela velocemente nell’aria. La molecola H2, molto piccola rispetto a quella degli altri gas attualmente utilizzati, rende l’idrogeno un gas molto permeabile all’interno di un impianto, per questo può fuoruscire con maggiore facilità da raccordi flangiati, guarnizioni, ecc. L’idrogeno, inoltre, è notoriamente
conosciuto come un gas estremamente infiammabile nell’aria, con un’energia di innesco talmente piccola che anche cariche elettrostatiche e attrito di flusso sono da considerare variabili critiche. Anche le miscele di idrogeno possono risultare estremamente esplosive, ma con fattori di innesco normalmente trascurabili. Va da sé che un gas altamente permeabile e potenzialmente esplosivo, sebbene sostituibile senza troppi problemi a livello di processo ad al-
tri carburanti meno green, implica complicazioni e attenzioni su tutta la catena a monte dell’utilizzo, target principale degli sviluppi tecnici e delle implementazioni normative in corso e che terranno impegnati gli addetti ai lavori per i prossimi anni. Molti sono gli aspetti in corso di sviluppo, tutti tra loro legati ma indipendenti. Per esempio, l’idrogeno è un gas già considerato dalla normativa Atex (che prevede classificazioni specifiche per la certificazione di componenti da
Proposta
Commissione Riduzione dei costi (savings) Maggiori entrate Maggiori uscite 1,6 miliardi di euro l’anno Da 194 milioni a 2,3 miliardi di euro l’anno Da 750 milioni a 1 miliardo di euro l’anno 1,855 miliardi (approssimativamente) 890 milioni 73% 0,5% 17 maggio 2023 2027 1 gennaio 2028 1 gennaio 2038 1 gennaio 2032 1 marzo 2028 1 marzo 2028 1 marzo 2028 2027 1 marzo 2032 EU Customs Data Hub
della
di Igor Giroletti – Head of NDT & Metallurgical Analysis Department, Laboratorio OMECO, ICIM Group
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utilizzare con idrogeno) mentre se si pensa alla certificazione dei processi e dei prodotti legati all’utilizzo, al trasporto, allo stoccaggio dell’idrogeno gassoso, è inevitabile constatare un vuoto normativo che lentamente i vari player stanno cercando di colmare. L’utilizzo di alcuni impianti (es. compressori per idrogeno) fino a pressioni intorno ai 300 bar è diffuso e ampiamente conosciuto da oltre mezzo secolo. Però la maggiore diffusione di soluzioni che utilizzano questo gas e nuove applicazioni in fase di sviluppo con richiesta di sempre maggiori prestazioni è la motivazione che giustifica uno dei trend topic dell’idrogeno: ovvero gli studi per una corretta scelta dei materiali
Un argomento aperto
L’idrogeno, a livello metallurgico, è comunemente accompagnato dal problema dell’infragilimento dei materiali. In letteratura l’argomento è ampiamente trattato mentre a livello normativo
l’argomento è coperto e affrontato, sebbene non ancora in maniera diffusa. L’infragilimento dei materiali è necessariamente legato alla presenza di idrogeno atomico. L’idrogeno gassoso è invece molecolare, per cui in condizioni non estreme non si creano condizioni critiche, che non possono però essere escluse in particolari condizioni di pressione e temperature. È proprio in questa direzione che vanno i principali studi legati ai materiali per l’utilizzo in ambiente idrogeno, simulando situazioni limite e caratterizzando le varie classi di materiali potenzialmente utilizzabili. A monte della fase di compatibilità e scelta dei materiali per il servizio idrogeno, un ambito meno focalizzato, ma altrettanto importante, è quello della corretta fabbricazione
L’approccio a livello di fabbricazione dovrà necessariamente essere quello regolamentato da codici costruttivi, direttive e normative per lo meno applicate ad apparecchi in pressione.
I giunti saldati devono essere eseguiti a regola d’arte a livello operativo e gestiti nel modo corretto a livello formale.
Ciò significa gestire e monitorare tutta una serie di variabili e attività quali:
•scelta dei procedimenti adeguati a seconda dei componenti e dei giunti da eseguire
•scelta dei materiali d’apporto e le relative specifiche tecniche applicabili
•preparazione e sviluppo delle relative procedure di saldatura (WPS)
•eventuale scelta dei trattamenti termici post saldatura
degli impianti e del successivo monitoraggio di integrità nel ciclo di vita.
L’elevata permeabilità della molecola dell’idrogeno gassoso accresce la criticità di tutti quei componenti di un impianto che devono garantire la tenuta. Se per quanto riguarda valvole e altri componenti le classi di riferimento per una tenuta adeguata sono in parte già normate, un occhio di riguardo va posto, invece, sui raccordi flangiati. Se pure un approccio legato al monitoraggio dell’efficienza di questi raccordi nel tempo è fattibile, una soluzione definitiva a livello progettuale potrebbe essere l’estensione di giunzioni fisse dove possibile, ovvero giunzioni saldate.
L’elevata permeabilità della molecola dell’idrogeno gassoso accresce la criticità di tutti quei componenti di un impianto che devono garantire la tenuta. Per quanto riguarda valvole e altri componenti le classi di riferimento per una tenuta adeguata sono in parte già normate, un occhio di riguardo va posto, invece, sui raccordi flangiati. Se pure un approccio legato al monitoraggio dell’efficienza di questi raccordi nel tempo è fattibile, una soluzione definitiva a livello progettuale potrebbe essere l’estensione di giunzioni fisse dove possibile, ovvero giunzioni saldate.
La necessità di un piano di controllo
•redazione delle qualifiche di procedimento (PQR)
•preparazione e qualifica del personale, saldatori e operatori (WPQ/WOPQ)
•preparazione piano di qualifica (Talloni per la qualifica dei procedimenti necessari alla fabbricazione)
•qualifica del procedimento di saldatura, compresa l’esecuzione dei test sui coupon
•redazione del welding book necessario per la corretta esecuzione di ogni giunto.
Queste attività, insieme a tutte le attività di certificazione dei materiali di partenza, sono eseguite al fine di garantire un processo sotto controllo, con variabili fissate e controllate per l’ottenimento di un prodotto finale adeguato all’utilizzo.
Una volta completata la costruzione, la garanzia di un impianto nelle ottimali condizioni di servizio passa necessariamente dalla progettazione e stesura di un piano di controllo, finalizzato all’effettiva verifica dello stato dell’impianto al momento della messa in servizio. All’interno del piano di controllo un ruolo particolare è da attribuire ai controlli non distruttivi. L’integrità dell’impianto deve essere verificata e garantita, oltre che per la funzionalità, per l’adeguatezza ad esercire in sicurezza con un gas come l’idrogeno.
L’esecuzione della prova di tenuta è sicuramente uno dei test tra i più importanti. Questo viene eseguito mettendo in pressione l’impianto e cercando, mediante sniffer, eventuali perdite. Il gas tracciante utilizzato è generalmente l’elio, il gas più leggero in natura dopo l’idrogeno, con la caratteristica di essere inerte e monoatomico. La verifica della tenuta potrebbe essere anche, in alcuni ambienti, integrata all’impianto stesso, in modo da avere un controllo continuo di eventuali situazioni critiche.
L’integrità dei componenti e dei giunti saldati dell’impianto è invece garantita da verifiche con adeguati piani di controlli non distruttivi, che permettano di escludere la presenza di difetti su-
perficiali (controllo con particelle magnetiche e liquidi penetranti), o difetti volumetrici all’interno del materiale (controllo radiografico, tomografico, controllo con ultrasuoni e phased array).
L’applicazione di un piano di controllo con esecuzione dei vari test per la verifica dell’impianto permette quindi di avere una fotografia dello stesso prima dell’inizio della sua attività. Da qui la sua importanza: in ogni momento è possibile prevedere controlli periodici, ripetizione di verifiche in accordo al piano di controllo per monitorare l’eventuale insorgere di imperfezioni o difetti e la loro eventuale evoluzione nel tempo. Infatti i meccanismi di degrado dell’impianto nel tempo, in particolare in condizioni di pressione e temperatura molto spinte e non usuali, potrebbero essere molteplici e non completamente previsti.
Visto quanto sopra, è evidente che molti argomenti legati al servizio
idrogeno nei termini previsti nell’ambito della transizione verde sono complessi e assolutamente critici. Sviluppi nell’ambito progettuale e realizzativo, oltre che nell’ambito del monitoraggio dell’integrità sono sicuramente argomenti che dovranno andare incontro a un’implementazione in schemi di certificazione condivisi, codici di fabbricazione, direttive e normative. Dovremo essere pronti a garantire un adeguato livello di sicurezza nel momento in cui l’utilizzo dell’idrogeno come fonte alternativa entrerà nelle industrie, nelle case e nella quotidianità di ognuno di noi.
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L’idrogeno ci salverà?
di Mauro Ippolito, iBan First
i cambiamenti climatici attraverso politiche green che mirano non solo al miglioramento della qualità della vita dei cittadini dell’Unione, ma anche candidate a proporsi quali modelli dai quali le generazioni future, che saranno chiamate a gestire il mondo dopo di noi, possano trarre ispirazione. L’Europa è fortemente convinta che la transizione ecologica possa essere raggiunta attraverso l’attuazione di differenti politiche e, tra queste, l’uso dell’idrogeno può essere forse annoverata tra le più ambiziose.
a
L’idrogeno, pur essendo un elemento chimico molto diffuso sul pianeta, non risulta essere presente come atomo singolo e l’esempio dell’acqua è eclatante (nella molecola dell’acqua due atomi di idrogeno sono combinati con uno di ossigeno NdR). Al fine di ottenere idrogeno puro è necessario impiegare una procedura denominata elettrolisi la cui messa in atto necessita di un enorme dispendio di energia, spesso ottenuta attraverso l’utilizzo di gas metano, che rende questo processo poco conveniente e soprattutto poco ecologico, dovendo fare ricorso a combustibili fossili. L’alternativa all’uso di combustibili fossili, per produrre idrogeno, potrebbe arrivare dall’uso di energia pulita come quella solare o eolica; in tal caso, pertanto, l’idrogeno puro prodotto viene denominato idrogeno verde al fine di differenziarlo da quello prodotto attraverso l’utilizzo di combustibili fossili, chiamato idrogeno grigio.
A cosa punta l’UE?
L’obiettivo dell’Unione europea è proprio quello di produrre energia rinnovabile in quantità sufficiente da rendersi autonoma dalle forniture energetiche estere, anche alla luce della guerra tra Russia ed Ucraina che ha costretto l’Europa a rivolgersi ad altri paesi esteri per le forniture di gas e petrolio. Di fatto l’Europa ha risolto il “problema Russia” spostandosi verso altri fornitori ritenuti più sicuri, quali i paesi del golfo e quelli nord africani.
Per ottenere l’indipendenza energetica e allo stesso tempo produrre energia rinnovabile, l’Europa spera di intensificare la produzione di idrogeno verde attraverso la creazione di isole di produzione che le permettano di raggiungere l’indipendenza entro la fatidica data del 2035.
In Italia sono già presenti diversi progetti che dovrebbero portare ad una
vera evoluzione nella produzione pulita di energia, attraverso l’installazione di diverse “Hydrogen Valley” legate anche agli aiuti del PNRR attivati dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica attraverso un bando da 500 milioni di euro. Dei 49 progetti italiani, ad oggi (20 giugno 2023 NdR), solo la Sicilia non sembra attiva nel settore, nonostante i 40 milioni di progetti finanziabili ed i benefici che ciò comporterebbe anche in termini di indotto. Mentre gli altri, invece sono distribuiti lungo tutto lo Stivale, soprattutto nelle aree dove gli impianti produttivi energivori otterrebbero dei benefici diretti. Tra questi, ad esempio, la produzione di acciaio, carta, cemento e fertilizzanti sono quelli che potrebbero avere ricadute dirette abbattendo i costi energetici e allo stesso tempo riducendo l’emissione di CO2
Uno degli utilizzi più immediati potrebbe essere rappresentato da tutte
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Il tema ecologista è predominante in tutta l’Unione europea, costantemente impegnata
combattere
quelle attività industriali energivore che otterrebbero da subito un doppio effetto positivo. Da una parte, infatti, potrebbero beneficiare di prezzi energetici fissi e non dipendenti da fattori esogeni, dall’altro produrre nel pieno rispetto dell’ambiente. A tal proposito, il PNRR ha proposto un piano di produzione di acciaio pulito attraverso lo stanziamento di 1 miliardo di euro a beneficio dell’ex Ilva con la partecipazione di Arcelor-Mittal, ma questo è solo uno degli esempi. Altri esempi replicabili potrebbero riguardare tutte le fonderie italiane che hanno subito impatti negativi in seguito all’ aumento del costo energetico e che risultano trainanti nei confronti dell’industria manifatturiera italiana, oppure le cartiere, le aziende della meccanica o le industrie alimentari. Circa 3.500 PMI italiane ritenute energivore ovvero con consumi maggiori o uguali a 1 GWh secondo il Decreto del 21/12/2017
che ha rivisto il DM 5/4/2013 che definiva le aziende energivore quelle con un consumo maggiore o uguale a 2,4 GWh), e molte di queste avrebbero ricadute dirette in termini di spesa con possibilità di crescita e occupazione.
Non solo per l’industria
Tuttavia, l’utilizzo dell’idrogeno in diversi settori non deve essere inteso solo per usi industriali. Diversi progetti, infatti, sono rivolti all’uso dell’idrogeno sia per la mobilità terrestre che per quella aerea. Considerate le difficoltà nell’elettrificare la mobilità automobilistica in Europa, sia per l’assenza di una serie di infrastrutture sia per la consapevolezza dell’inadeguatezza dell’energia elettrica nel risolvere il problema ambientale, visto che la produzione richiede comunque l’utilizzo di fonti non rinnovabili, l’i-
drogeno potrebbe rappresentare una soluzione a lungo termine nel settore automobilistico, ma non solo. Anche nel settore aereo, ci sono molti progetti volti alla costruzione di velivoli a zero emissioni grazie all’utilizzo dell’idrogeno come combustibile. Airbus, ad esempio, sta sviluppando un aereo a zero emissioni che dovrebbe entrare in attività nel 2035, proprio in linea con i progetti europei sulla mobilità green. Inoltre uno studio economico condotto dal gruppo di ricerca Steer, commissionato da Transport & Environment e supportato dall’ European Climate Foundation, ha esaminato i futuri costi operativi degli aerei a idrogeno sui voli intraeuropei e ha scoperto che potrebbero essere una tecnologia efficiente e competitiva in termini di costi per decarbonizzare il settore, a condizione che il cherosene sia tassato adeguatamente (ipotizzando che il cherosene fossile sia tassato in linea
In Italia sono già presenti diversi progetti che dovrebbero portare ad una vera evoluzione nella produzione pulita di energia, attraverso l’installazione di diverse “Hydrogen Valley” legate anche agli aiuti del PNRR attivati dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica attraverso un bando da 500 milioni di euro.
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Per ottenere l’indipendenza energetica e allo stesso tempo produrre energia rinnovabile, l’Europa spera di intensificare la produzione di idrogeno verde attraverso la creazione di isole di produzione che le permettano di raggiungere l’indipendenza entro la fatidica data del 2035.
Considerate le difficoltà nell’elettrificare la mobilità automobilistica in Europa, sia per l’assenza di una serie di infrastrutture sia per la consapevolezza
dell’inadeguatezza dell’energia elettrica nel risolvere il problema ambientale, visto che la produzione richiede comunque l’utilizzo di fonti non rinnovabili, l’idrogeno potrebbe rappresentare una soluzione a lungo termine nel settore automobilistico.
con la proposta della Commissione europea sulla tassazione dell'energia, a € 10,75 / GJ - circa € 0,37 / L, NdR). Tuttavia, il progetto prevede un investimento di circa 299 miliardi entro il 2050, con lo sviluppo di velivoli a idrogeno che rappresenterebbe solo il 5% del costo (15 miliardi di euro), mentre la restante spesa servirebbe per finanziare i progetti di produzione di idrogeno verde (54% pari a 161 miliardi di euro). Una percentuale del 23% circa sarà necessaria per la liquefazione dell’idrogeno, ovvero il processo mediante il quale l'idrogeno gassoso viene raffreddato attraverso l’utilizzo di basse temperature che permettono il passaggio di stato. Ulteriori costi, inoltre, dovranno essere sostenuti per lo sviluppo di infrastrutture adatte negli aeroporti (12%) e nella distribuzione del carburante (6%). Di fatto si tratterebbe di attuare una modifica radicale
di processi che al momento riguardano i carburanti fossili (cherosene per aerei) con enormi ricadute economiche sia in termini occupazionali che infrastrutturali.
Come detto, tuttavia, anche la mobilità su gomma avrebbe delle ricadute importanti in termini di riduzione delle emissioni. In Asia, in particolare, le principali case automobilistiche mondiali stanno sviluppando progetti di auto ad idrogeno. Questo potrebbe favorire una rapida espansione della mobilità ad idrogeno utilizzando anche le infrastrutture pre-esistenti e rendendo l’idrogeno il propellente del futuro. Sempre per quanto riguarda la mobilità su gomma, Air Liquide e TotalEnergies hanno annunciato una joint-venture per sviluppare una rete di stazioni a idrogeno per i veicoli pesanti in Europa. L’obiettivo è quello di installare
oltre 100 stazioni di ricarica sulle principali assi autostradali comprese tra Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Germania. Le ricadute in termini di emissioni di CO2 sarebbero enormi, considerando che la gran parte di emissioni avviene proprio per il trasporto di merci su gomma attraverso i principali snodi autostradali europei.
La Commissione europea sta cercando di incentivare una mobilità sostenibile, anche superando il modello attuale che vede la mobilità elettrica continuare ad acquisire sempre più quote di mercato. La motivazione alla base di tale impegno, come discusso ampiamente nei precedenti articoli de L’Industria Meccanica, è quella di ridurre la dipendenza da paesi terzi e soprattutto limitare lo sfruttamento delle ricchezze dei paesi in via di sviluppo soprattutto in Africa ed in America Latina sfruttare le risorse interne.
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La Commissione europea sta cercando di incentivare una mobilità sostenibile, anche superando il modello attuale che vede la mobilità elettrica continuare ad acquisire sempre più quote di mercato.
EFFICIENZA & ENERGIA
l’INDUSTRIA MECCANICA 735 |
Il futuro parte con l’idrogeno
Parafrasando il mantra di una famosa serie tv si potrebbe dire “Hydrogen is coming”, cioè tutti sanno che bisogna andare in quella direzione, qualcuno si sta adoperando, ma la situazione rimane di generale attesa. Il cambiamento è visto come scomodo e rischioso dal momento che mette in crisi posizioni di forza e favorisce l'ingresso di new comers. I cambiamenti climatici sono una realtà consolidata, non esiste una via d'uscita univoca, bensì un pacchetto di soluzioni in grado di favorire e contribuire al percorso di transizione energetica ed ecologica. Una delle opzioni più convenienti, da diversi punti di vista, è l'idrogeno, dal momento che è in grado di ridurre notevolmente le emissioni di CO2, specie nei settori come raffinazione, trasporto pesante o altri settori gasivori, dove l’elettrificazione (totale o parziale) risulta difficile da realizzare.
Già da queste poche righe si capisce come il mix energetico sia una necessità e come con le tecnologie attuali sia necessario a garantire efficienza e marginalità, applicazione per applicazione.
Aparte le questioni tecnologiche, l'idrogeno presenta elevate criticità, determinate in primis dall'elevato costo di produzione che, sebbene dipenda dalla tipologia progettuale è anche legato al costo dell'energia elettrica da cui discende. Per questo motivo l'idrogeno rinnovabile è tutto meno che competitivo rispetto a quello grigio o blu e si rendono necessari interventi per attenuarne il prezzo in una visione di sostenibilità economica.
Oltre a tutto questo è estremamente importante ricordare che il prezzo dell’idrogeno è ancora così alto anche per fattori non strettamente correlati allo stesso, ma più a monte, come il meccanismo di formazione del prezzo dell’elettricità e la sua valorizzazione a prezzo di mercato nei progetti. Tra i vari problemi del meccanismo, rimane la mancata attuazione del decoupling, ossia la dissociazione del prezzo dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili (indispensabile per avere idrogeno rinnovabile) dalle quotazioni del gas.
Sono altri poi i fattori che vanno a determinare il prezzo dell'idrogeno, che non rimane alto solo a causa dei costi di investimento iniziali (CapEx), ma principalmente per quelli di mantenimento (opEX) per cui non è stato ancora previsto alcun finanziamento (le Istituzioni stanno lavorando per pub-
blicare entro l'anno un Decreto “Opex/Tariffe” che risponda a questa necessità).
Considerazione avvalorata dalla testimonianza di Luca Rofi, Hydrogen Products Line Manager of Ansaldo Green Tech «Il tema della competitività dell’idrogeno rinnovabile rispetto all’idrogeno fossile è centrale. È pertanto opportuno stabilire dei meccanismi di supporto che permettano di ridurre il gap in termini di costo. Analizzando la composizione del costo dell’idrogeno (LCOH), questa è composta prevalentemente dal costo degli opEX, nello specifico dell’energia elettrica e il loro peso rispetto ai CapEX aumenta tanto più aumenta il fattore di utilizzo dell’elettrolizzatore. Per questo motivo è fondamentale lavorare a un meccanismo di incentivazione degli opEX che permetta di supportare inizialmente il mercato». Inoltre nella composizione del prezzo ci sono anche considerazioni relative all'attuale know how tecnologico che riguardano, in primis, la taglia dell'elettrolizzatore: più è piccolo, maggiore sarà il prezzo, problema che potrà essere superato solo mediante lo sviluppo di una vera filiera e, cioè, da uno scale-up degli impianti, unitamente allo sviluppo di tecnologie elettrolitiche che ne migliorino le performance massimizzandone l’efficienza.
di Daniele Bettini
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L'idrogeno per essere considerato rinnovabile deve soddisfare 4 precisi requisiti: l'impronta carbonica deve essere inferiore ai 3.3kg di CO2 per ogni kg di idrogeno prodotto; deve essere prodotto da fonti rinnovabili addizionali rispetto all’installato esistente (principio di addizionalità); deve essere prodotto entro un’ora dal momento in cui è stata generata l’energia rinnovabile (principio di contemporaneità) e con la deroga fino al 2027 l’idrogeno prodotto può essere generato entro un mese; inoltre il luogo di produzione di idrogeno e la fonte di energia rinnovabile devono essere collegate alla stessa zona di offerta (principio di correlazione geografica)
Come produrre l’idrogeno, una necessità
Sono analisi che Anima nei suoi studi sul settore pone in rilievo a cui si possono aggiungere alcune considerazioni di Andrea Bombardi, Executive Vice President di RINA «Avremo bisogno di tanto idrogeno ed è impossibile pensare di autoprodurlo verde. Da un lato la spinta all'elettrificazione richiede sempre più energia elettrica e il parco delle rinnovabili non sarà probabilmente sufficiente a soddisfare nemmeno questa quota. In generale però questo può rappresentare una grande opportunità per il sistema paese dal momento che data la richiesta del mercato europeo, che ci sarà, e visto che la disponibilità di rinnovabili sarà più forte in Nord Africa, l'Italia potrebbe diventare uno straordinario hub di distribuzione. Tenendo conto che l'attuale rete del gas è tecnicamente in grado di trasportare anche l'idrogeno con investimenti non troppo importanti».
Damiano Cotula, Chief Transformation & Innovation Officer di Valvitalia produttrice di valvole e raccordi, ci mostra il suo punto di vista verso questa necessità «Sono in via di definizione progetti di medio/lungo periodo per la costruzione di nuove infrastrutture per il trasporto dell’idrogeno che richiederanno quindi prodotti già sviluppati e verificati. Tra questi le hydrogen valley in diverse regioni italiane, lo European Hydrogen Bockbone, progetto che riunisce le maggiori aziende produttrici di gas naturale d’Europa o ancora le Green Hydrogen Partnership in atto nel Mediterraneo. In particolare in Italia è di nostro grande interesse il progetto
Linea Adriatica, una nuova pipeline che nascerà già pronta per trasportare anche l’idrogeno. Qualora l’Italia riuscisse a divenire l’hub di riferimento per l’idrogeno prodotto nei paesi nord africani e nel Sud Italia, in cui sono presenti grandi quantità di energia solare e disponibilità di acqua, progetti di questo tipo diventerebbero sempre più interessanti».
Precisa Bombardi «Un'economia dell'idrogeno è possibile, probabilmente non nella produzione, ma nella decarbonizzazione dell'industria europea per renderla più competitiva dal punto di vista della sostenibilità, e soprattutto per aiutare la filiera della tecnologia europea sull'idrogeno perché le nostre imprese rimangano ad alta intensità di innovazione».
«Ci aspettiamo investimenti sempre maggiori in termini di infrastruttura dedicata o predisposta a ricevere idrogeno in futuro» Prosegue Damiano Cotula «Questo è legato anche alle numerose potenziali applicazioni dell’idrogeno attualmente in sperimentazione e valutazione come l’alimentazione delle centrali, mezzi di trasporto pesante, riscaldamento, ecc. Chiaramente il “boost” definitivo al mercato dell’idrogeno e al suo posizionamento all’interno delle soluzioni a supporto della transizione energetica complessiva europea e internazionale potrà arrivare non appena le tecnologie di produzione dell’idrogeno “verde” dimostreranno la loro economicità. Attualmente si vedono già risultati incoraggianti in tal senso con costi in significativa riduzione».
La filiera e l’impegno dell’industria
«In Italia l’ecosistema dell’idrogeno è ancora in una fase iniziale di sviluppo, così come in Europa. Tuttavia, l’impegno e l’interesse delle realtà italiane sulle tecnologie abilitanti è in forte crescita e decisamente di alto livello». Prosegue così nella sua testimonianza Luca Rofi di Ansaldo Green Tech «Un interessante riscontro è la partecipazione ai bandi del PNRR, il bando per la ricerca rivolto alle imprese (investimento M2C2 - 3.5), ad esempio, ha visto la selezione di 15 progetti a fronte di oltre 50 proposte con tematiche che spaziavano dalla produzione di idrogeno, alle tecnologie di stoccaggio, includendo le celle a combustibile e temi legati alle infrastrutture intelligenti. Il bando Hydrogen Valley (Investimento M2C2 – 2.3) ha visto la partecipazione in tutte le regioni di proposte progettuali con una previsione in termini di capacità di elettrolisi installata che supererà i 100MW. Per quanto riguarda gli utilizzatori anche qui la presenza di realtà italiane è tutt’altro che trascurabile. La prima wave, denominata Hy2Tech, del progetto IPCEI oltre a noi e DeNora impegnate sul fronte della produzione di elettrolizzatori». Sempre Rofi continua «La spinta alla costruzione di un ecosistema virtuoso a livello europeo non è certamente da meno. Giusto per dare un’idea, il Clean Hydrogen Report di quest’anno (documento elaborato da Hydrogen Europe) riporta per il 2023 un consumo di idrogeno rinnovabile superiore a 270mila tonnellate annue nel 2023 che si prevede arrivino a superare i 3 milioni del 2027,
con l’impiego in settori quali produzione acciaio, ammoniaca, raffineria in primis e a seguire produzione di metanolo, e-fuels e riscaldamento industriale».
Enrico D’Angelo, presidente e CEO di Erredue, che progetta e realizza generatori di idrogeno si aspetta che «La spinta che riceveremo dal PNRR servirà a dare un contributo a chi produce idrogeno, perchè al momento questa fonte energetica è ancora troppo costosa. Servono obbligatoriamente dei contributi che lancino questo settore, ormai attivo e dinamico, verso il quale c’è tanto interesse. Ci sono molte iniziative, temi aperti e speriamo che si arrivi ad un punto. Ora stiamo investendo molte delle nostre risorse nella ricerca, sempre importante, ma servono poi concrete occasioni di mercato». Della stessa opinione anche Perini Simone, Relazioni Istituzionali di Enapter «I fondi del PNRR dedicati sia allo sviluppo tecnologico dei generatori di idrogeno verde, sia all’incentivazione dell’uso di questo gas in settori industriali, aiuteranno sicuramente almeno ad introdurre l’utilizzo dell’idrogeno verde in alcuni settori industriali (ad esempio nei settori hard-to-abate) ad integrazione o sostituzione di alcuni combustibili fossili. Serviranno ad iniziare una decarbonizzazione dei processi, ma il resto del lavoro dovrà essere fatto dal miglioramento tecnologico orientato alla riduzione del costo totale di gestione degli impianti, dal necessario grande e continuo sviluppo che dovranno avere le rinnovabili in termini di energia prodotta e da un’infrastruttura per la distribuzione che possa diffondere l’uso dell’idrogeno in modo sempre più capillare. Senza questi fattori, questo ecosistema non può definirsi tale».
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L’iniezione di idrogeno nelle tradizionali reti gas presenta varie problematiche che non possono essere sottovalutate, le aziende gas devono essere messe nelle condizioni di avere un quadro completo e poter operare in completa sicurezza. Il PNRR ha comunque previsto investimenti importanti che, se ben sfruttati, potranno sicuramente agevolare l’apertura di questo mercato
Rossella Mimmi, sustainability and renewable energy manager di Emerson
Il problema normativo
Un altro punto da tenere in forte considerazione sono le normative. Secondo Rossella Mimmi, sustainability and renewable energy manager di Emerson «L'Italia come spesso succede nel mondo del gas naturale, è all’avanguardia nello sviluppo di queste nuove soluzioni. Come abbiamo potuto constatare nel progetto sperimentale avviato da InRete per la rete di Castelfranco Emilia, tante aziende nella filiera si sono già attrezzate per poter sostituire il gas naturale con miscele di idrogeno a percentuali più o meno elevate. A livello europeo altre nazioni si stanno attrezzando, ad esempio la Francia, la Germania e la Spagna con diversi progetti pilota interessanti.
L’Europa è sicuramente vista come un punto di riferimento a cui anche le altre nazioni si ispireranno, sia in termini normativi sia per lo sviluppo tecnologico».
Anche per Perini questo è un aspetto su cui c’è ancora strada da fare «Il quadro normativo italiano che regola la produzione, il funzionamento e l’allacciamento dell’idrogeno è piuttosto frammentato e spesso questo si è rivelato un ostacolo allo sviluppo di nuovi progetti. Ad esempio, sebbene il processo di autorizzazione relativo alla produzione e allo stoccaggio dell’idrogeno sia stabilito a livello nazionale, le autorità pubbliche locali possono richiedere requisiti diversi per quanto riguarda l’uso del territorio. Questa divergenza può portare all’incertezza in termini di finanziamento e tempistica dei progetti. Un’altra questione rilevante è la mancanza di una chiara distinzione, in termini di procedure di autorizzazione, tra la produzione di idrogeno per uso industriale, ottenuto tramite processo di reforming e la produzione di idrogeno verde ottenuto attraverso il processo di elettrolisi». Prosegue sempre Perini «Le autorità ambientali italiane non fanno distinzioni tra questi due processi con il risultato di imporre lo stesso livello di restrizioni anche se l’elettrolisi è più simile a una reazione elettrica che a un processo chimico come il refor-
ming. Pertanto, una legislazione specifica per la produzione di idrogeno mediante elettrolisi è altamente auspicabile per semplificare la procedura di autorizzazione e incoraggiare gli investimenti in questo settore a basse emissioni di carbonio».
Inoltre la questione normativa non può essere considerata solo formale perché l'idrogeno per essere considerato rinnovabile deve soddisfare 4 precisi requisiti: l'impronta carbonica deve essere inferiore ai 3,3kg di CO2 per ogni kg di idrogeno prodotto; deve essere prodotto da fonti rinnovabili addizionali rispetto all’installato esistente (principio di addizionalità); deve essere prodotto entro un’ora dal momento in cui è stata generata l’energia rinnovabile (principio di contemporaneità) e con la deroga fino al 2027 l’idrogeno prodotto può essere generato entro un mese; inoltre il luogo di produzione di idrogeno e la fonte di energia rinnovabile devono essere collegate alla stessa zona di offerta (principio di correlazione geografica). L’Italia, così come la Svezia, è suddivisa in più zone di mercato e, ad esempio, un elettrolizzatore installato in Lombardia non potrebbe essere alimentato da una fonte rinnovabile installata in Puglia.
Questa definizione di idrogeno rinnovabile da un lato pone chiarezza su quello che può o non può essere considerato come tale, dall’altro rischia di limitare fortemente la diffusione di un prodotto che oggi non è competitivo rispetto all’idrogeno grigio, ossia quello di derivazione fossile.
«Sicuramente il contesto normativo» prosegue Mimmi «si sta sviluppando più lentamente della tecnologia. In Italia, come nel resto dell’Europa, non è ancora stata completata una normativa di riferimento che regoli l’iniezione di idrogeno nelle reti di trasporto e distribuzione del gas. Nel frattempo, per ottimizzare i tempi, abbiamo comunque proceduto utilizzando l’esperienza maturata nell’ambito del gas e cercando partner di fiducia con cui sviluppare soluzioni innovative».
Un futuro da chiarire
La posizione del gruppo Cannon è di interesse, come evidenzia Maurizio Corti Direttore della R&D del Gruppo «l'impressione che io e Volpato (CEO di Cannon) abbiamo avuto, è la stessa che abbiamo avuto quando eravamo all'inizio dei materiali compositi. C'è interesse, ma il mercato deve ancora arrivare e la svolta arriverà quando ci si impegnerà a sostenere il settore. Considerando 2€ il costo dei carburanti fossili per unità di potenza, quello dell'idrogeno è 7 o 5 euro, in prospettiva rimane divario importante».
«Anzitutto ci dev’essere un’estrema chiarezza» conclude Mimmi «sulle iniziative green e sugli obiettivi che si pongono, che devono essere specifici e raggiungibili. A questo devono seguire investimenti mirati e incentivi dei governi per poter realizzare impianti pilota che testino le varie apparecchiature e tecnologie che si stanno studiando. L’iniezione di idrogeno nelle tradizionali reti gas presenta varie problematiche che non possono essere sottovalutate, le aziende gas devono essere messe nelle condizioni di avere un quadro completo e poter operare in completa sicurezza. Il PNRR ha comunque previsto investimenti importanti che, se ben sfruttati, potranno sicuramente agevolare l’apertura di questo mercato».
Anche per Enrico D’Angelo, di Erredue il futuro va in questa direzione «Ci sono molte iniziative, molti temi aperti e molti progetti e speriamo che si arrivi finalmente in un punto di
svolta perché per ora l’idrogeno viene sfruttato maggiormente a livello industriale, ma c’è margine di miglioramento anche per il residenziale. Però è inutile addizionarlo all’1% o in basse percentuali al gas immesso in rete. Dobbiamo arrivare almeno fino al 20%, lavorando sulle reti già presenti e si, fare i cambiamenti necessari. L’idrogeno è una molecola molto piccola, si insinua in microfessure, oltre alle altre problematicità che presenta. Dobbiamo lavorare sui materiali, sulla messa in rete, sulle norme, ma è questa la strada giusta. Il futuro dei costruttori di elettrolizzatori non potrà prescindere da forti investimenti nel settore R&S al fine di costruire impianti sempre più efficienti e performanti con l’obiettivo di ridurre i costi di produzione ed incrementare le prestazioni». Conclude Favero, Direttore Generale Baxi «Siamo entusiasti dei risultati ottenuti finora e ottimisti: la fase di sperimentazione sta volgendo al termine e il nostro obiettivo è la diffusione di massa non appena infrastrutture e normativa lo consentiranno. I risultati stanno dunque iniziando a premiare gli anni di studio (fin dal 2016), investimenti e impegno. Dopo i primi test avviati tra il 2017 e il 2018 e la prima installazione pilota a Rozenburg (Olanda) avvenuta nel 2019, le caldaie a idrogeno sono state installate anche in Inghilterra, Francia e Germania. In Italia, purtroppo, mancano ancora le infrastrutture per il loro utilizzo, ma è solo questione di tempo: stiamo avviando i primi progetti pilota per portare questa tecnologia anche nel nostro paese. Siamo tuttavia certi che l’idrogeno sia una delle soluzioni per la decarbonizzazione, destinata ad affermarsi nei più svariati campi applicativi».
Toyota e il mondo dell’idrogeno
La corsa alla decarbonizzazione vede Toyota impegnata su più fronti, uno dei più importanti è quello dei carrelli elevatori. Vi è un incremento della produttività dal momento che il rifornimento, che vale 8 ore di autonomia, avviene in 2-3 minuti. Inoltre non rilascia inquinanti nel luogo dove è utilizzato, permette di immagazzinare e utilizzare energia elettrica verde prodotta localmente anziché venderla.
Dal punto di vista dei clienti risolve la preoccupazione per la carenza di elettricità nel futuro. L'elettrificazione dei veicoli a combustione interna procede rapidamente mentre la capacità della rete è limitata e l'idrogeno rappresenta un modo per garantire la crescita e la continuità dell'attività. La tariffazione dell’elettricità si basa, inoltre, sui picchi di potenza: la ricarica delle flotte agli ioni di litio causa grandi picchi, ma l'idrogeno nei carrelli elevatori può rappresentare un modo per compensare questi problemi. I clienti guardano poi ad altri veicoli per decarbonizzarsi con l'idrogeno. Al momento non è possibile far funzionare camion e auto diesel con le batterie, quindi la logistica interna potrebbe essere il punto di contatto per la messa a punto di un’infrastruttura da utilizzare più avanti per veicoli pesanti (contigui anche dal punto di vista logistico).
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LA GRANDE PARTITA DEL GAS RIGENERATO
Un accordo sulla revisione del regolamento europeo F-gas (gas fluorurati), nel momento in cui scriviamo, non è ancora stato raggiunto. La discussione a tre tra Commissione europea, Parlamento europeo e Consiglio dei Ministri è ancora in corso e, a quanto riferisce il Cooling post, le rispettive posizioni sono ancora lontane. In molti si aspettavano che l’accordo venisse raggiunto entro giugno, mese in cui scade il turno di presidenza della Svezia, paese che è nettamente a favore di un giro di vite nel regolamento. Ma con ogni probabilità tutto slitterà a dopo il primo luglio, quando la presidenza sarà presa in carico dalla Spagna, paese che su questo tema ha posizioni molto più pragmatiche.
In Europa l’argomento gas è molto caldo. Per raggiungere gli obiettivi dell’European Green Deal, che sono diventati un obbligo giuridico, occorre ridurre le emissioni di gas serra almeno del 55% entro il 2030 e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. A dicembre 2021 Legambiente ha diffuso un rapporto dove sottolinea che “i gas fluorurati pur non avendo effetti negativi sull’ozono, sono comunque dei potenti gas serra, hanno potenziali di riscaldamento globale (GWP - Global Warming Potential) molto elevati rispetto ad altri gas serra, il loro GWP è fino a 23.000 volte più forte di quello dell'anidride carbonica (CO2).
L’anidride carbonica è stata scelta dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) come gas di riferimento e il suo GWP è minimo e dunque usato come indice 1. Più alto è il valore di GWP, più quel gas particolare riscalda la Terra rispetto all’anidride carbonica”. A rendere il tema ancora più impellente sono i tassi di espansione del mercato dei condizionatori. L’International Energy Agency pre vede che entro il 2050 le unità in uso tripli cheranno rispetto ai livelli attuali, anche a causa del riscaldamento globale. Bisogna quindi evitare di entrare in un circolo vizioso dove per contrarrestare i disagi dati dall’effetto serra si moltiplichi l’emissione di gas serra.
ASSOCLIMA, l’associazione italiana dei produttori di macchine refrigeranti, in una nota diffusa lo scorso maggio ha dichiarato di condividere gli obiettivi di riduzione dei gas serra del Green Deal e di essere «pronta a lavorare con i legislatori e le autorità italiane affinché il futuro Regolamento F-gas sia
ambizioso, applicabile ed equilibrato». L’associazione ha notato alcune incongruenze in relazione alle proposte di utilizzo esclusivo di gas naturali e messa al bando di tutti i refrigeranti sintetici in gran parte delle applicazioni, e ha elaborato una proposta di transizione che prevede l’utilizzo di tutto il portafoglio dei refrigeranti disponibili. Occorre «sostenere l’obiettivo di riduzione della CO2 considerando il tema nella sua interezza» ha dichiarato il presidente di Assoclima Luca Binaghi. L’associazione promuove un approccio differenziato ai divieti, che tenga conto delle esigenze di sicurezza dei cittadini e degli operatori nell’adottare le nuove tecnologie proposte dall’impianto normativo, e che sotto il profilo ambientale sia compatibile con l’obiettivo del “Fit-for-55” (gruppo di lavoro del Consiglio Europeo che sviluppa proposte per il clima) di installare 30 milioni di nuove pompe di calore entro il 2030 a livello comunitario: un target che va incontro, tra le altre cose, anche alla necessità di slegarsi dalle forniture energetiche russe. «Sotto il profilo ambientale» si legge nella nota di Assoclima «la posizione elaborata dal Parlamento europeo vuole bandire i refrigeranti fluorurati perché, in caso fossero liberati in atmosfera, contribuirebbero ad aumentare l’effetto serra. Il loro utilizzo è tuttavia indispensabile per rispettare i target di diffusione menzionati in precedenza e permettere l’adozione su larga scala delle pompe di calore in sostituzione dei tradizionali apparecchi a combustione: la riduzione delle emissioni di anidride carbonica in questo caso sarebbe notevolmente più consistente rispetto a quanto ottenibile con la semplice proibizione dei refrigeranti».
Comunque vada, è ragionevole prevedere che in tempi abbastanza brevi per una quota importante di gas fluorurati si apriranno scenari di phase out (estromissione dal mercato).
«È un film che abbiamo già visto quindici anni fa» racconta
Davide Bordin di Tecno Ambiente «quando hanno iniziato a discutere la proibizione dei gas HCFC, ossia gli idroclorofluorocarburi, dei quali faceva parte anche il gas R22 che nell’impiantistica domestica era diffusissimo. Nel 2010 è scattato il divieto di R22 sugli impianti nuovi e dal 2015 la proibizione è totale, ossia non può essere distribuito neanche se riciclato o recuperato, e non è neanche possibile fare riparazioni o rabbocchi sugli impianti che funzionano in quel modo. Essendo Tecno Ambiente un’azienda specializzata nella rigenerazione del gas, ha dovuto adattarsi al nuovo scenario investendo per tempo in innovazione e sviluppo. Ma ora la sostituzione potrebbe avvenire in tempi molto più rapidi! Noi stiamo sfruttando questo periodo di limbo per produrre la maggior quantità possibile di gas rigenerato, nella consapevolezza che da quando scatteranno i nuovi divieti ci sarà con ogni probabilità un cuscinetto di cinque o dieci anni in cui sarà ancora possibile distribuire i gas refrigeranti sintetici rigenerati. Prevedere questo tipo di cuscinetti è indispensabile, perché è impossibile che di punto in bianco tutta l’impiantistica venga sostituita con impiantistica che sia compatibile con i nuovi gas che prenderanno piede. L’arco temporale della transizione, la cui durata è ancora un’incognita, sarà utilizzato dai produttori di macchine refrigeranti per riconvertirsi ai nuovi sistemi» continua Bordin. «Non è una cosa semplice: vanno cambiate le linee di produzione, rinnovati i know how e le procedure, ridisegnate le proposte di valore per il mercato... E noi, in quanto rigeneratori, dovremo per forza di cose portare avanti un processo di riconversione analogo. Ma la cosa non ci preoccupa: sappiamo bene che il nostro è un settore in continuo mutamento e manteniamo sempre le antenne dritte in cerca di nuove soluzioni tecnologiche e opportunità di mercato». La Tecno Ambiente non punta solo sul recupero, ma anche sul corretto smaltimento: nel suo impianto di Genova ha installato una torcia al plasma che, mediante un trattamento chimico-fisico, divide e semplifica le molecole del gas rendendone più agevole lo smaltimento. «È un procedimento per ora unico in Europa del quale andiamo molto orgogliosi» dice Bordin. “Il corretto smaltimento del gas spesso è sottovalutato perché si tratta di un rifiuto invisibile, basta aprire una valvola e sparisce nell’aria. Ma ovviamente le conseguenze ambientali ci sono”. Nel suo percorso di innovazione la Tecno Ambiente ha trovato un compagno di strada: RIDOMUS, il consorzio di produttori che organizza le filiere di recupero di condizionatori, caldaie, frigoriferi e pompe di calore.
Antonio Galante lavora a Toshiba Italia Multiclima ed è Consigliere sia di Assoclima che di RIDOMUS. In merito agli scenari che si stanno aprendo Galante ha voluto darci una sua
opinione personale. «Nella nostra industria si sta affermando una novità molto positiva, il total cycle analysis. Chi produce le macchine non si concentra più solo sui livelli di performance del prodotto e sugli aspetti di efficienza energetica ma pensa anche al fine vita, ossia alle fasi di recupero di ogni componente. Le macchine sono essenzialmente composte da metalli, plastiche e gas refrigeranti. E in quanto a recupero la frazione più problematica è senza dubbio quella gassosa. Il problema è a monte, e per risolverlo occorre aiutare tutti gli attori della filiera, con un approccio di cooperazione, per fare in modo che le quantità di gas recuperato siano sempre maggiori. Con l’obiettivo di capire a fondo la questione ho visitato alcuni operatori che svolgono l’attività di intercettazione e raccolta: mi sono fatto spiegare procedure e modus operandi. Sulla base di queste informazioni RIDOMUS sta preparando un piano abbastanza corposo per aggredire il problema con la massima efficacia possibile».
Marco Ferracin, Responsabile dello sviluppo soci e clienti domestici e professionali del Gruppo SAFE, riferisce che «oggi sono le reti di assistenza tecnica ad occuparsi dell’installazione, della disinstallazione, della manutenzione e delle ricariche. Il livello di intercettazione dei gas da rigenerare dipende quindi moltissimo dal loro lavoro”. Il Gruppo SAFE è un “consorzio di consorzi» del quale fanno parte anche RIDOMUS, e si occupa di organizzare le filiere di recupero per conto dei propri associati. «Il problema» spiega Ferracin «è che gli operatori dell’assistenza tecnica sono abituati ad andare in giro con una sola bombola nella quale aspirano tutti i tipi di gas miscelandoli tra di loro. E con i gas mischiati la rigenerazione è tecnicamente impossibile. Bisogna quindi introdurre un sistema di bombole separate, che però comporta maggiori costi di gestione. A raggiungere grandi risultati basterebbe, come inizio, avere una bombola separata per l’R32, che è attualmente il gas più utilizzato e può essere rigenerato per il riutilizzo. Far sì che gli operatori dell’assistenza tecnica cambino modo di lavorare non è semplice: non bastano le pressioni ad operare diversamente fatte da un singolo produttore, perché difficilmente sono monomarca. Ma noi siamo ottimisti: da un lato stiamo lavorando alacremente per diffondere una cultura della separazione a monte, dall’altro siamo sicuri che sarà il mercato stesso ad esigerla. Infatti la manutenzione di tutte le macchine installate avrà bisogno di gas R32 ancora per diversi anni, e se questo potrà essere fornito solo nella sua forma rigenerata saranno gli stessi manutentori a rendersi conto che l’unica strada è separare. In ogni caso, RIDOMUS riesce già a raggiungere interessanti risultati di recupero grazie alle rottamazioni fiscali e alle dismissioni di grandi macchine professionali. Queste ultime quando arrivano a fine vita vengono consegnate direttamente agli impianti di trattamento selezionati da RIDOMUS, i quali sono in grado di separare i gas per tipologia».
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RUBRICA SOSTENIBILITÀ
LOGISTICA & MOVIMENTAZIONE
l’INDUSTRIA MECCANICA 735 |
IL MONDO DELLA LOGISTICA 4.0
TRA DIGITALE, IA E SICUREZZA
La profonda trasformazione digitale che negli ultimi due decenni sta rivoluzionando le industrie europee comporta la necessità di una struttura normativa e regolatoria che sia adeguata a gestire le novità in continua evoluzione. In questo lungo percorso di digitalizzazione della manifattura, caratterizzato dalla presenza capillare di prodotti connessi, quali strumenti ne regolamentano e tutelano la sicurezza?
Data la rapidità dei processi di trasformazione digitale, esiste la possibilità che si crei un gap tra lo stato di avanzamento tecnologico e l’apparato regolatorio di riferimento. Ad oggi, molti tavoli europei stanno lavorando con l’intento di regolamentare gli aspetti digitali dei prodotti industriali. L’obiettivo è creare le condizioni che consentano di immettere sul mercato prodotti che siano sicuri anche dal punto di vista digitale, e che possano resistere ai sempre più massicci attacchi che colpiscono i prodotti connessi. Come spiega Federico Lucarelli, chairman del Digital Transformation Working Group di Orgalim e segretario tecnico di Aisem «Questi prodotti, proprio in virtù della loro possibile vulnerabilità, dovranno fornire opportune garanzie nei confronti degli utilizzatori, mentre i produttori saranno chiamati a ri-
voluzionare anche il risk-assessment dei prodotti affinando l’approccio progettuale a tali problematiche».
Il nuovo Regolamento Macchine adottato dal Consiglio europeo, per esempio, prevede alcuni articoli specificamente pensati per regolamentare la sicurezza digitale dei prodotti. Con le parole di Lucarelli, in base al nuovo articolo 1.1.9. «Le macchine dovranno essere progettate e poi costruite in modo da prevenire e limitare ogni rilevante rischio per gli utilizzatori. Do-
di
la comunicazione “machine to machine”, nonché il collegamento in rete di processi e prodotti sono elementi chiave per una logistica 4.0 di successo
vranno anche dimostrare resistenza a possibili manomissioni e corruzioni cibernetiche che possano portare a malfunzionamenti tali da comportare un aumento delle situazioni di rischio per l’utilizzo della macchina». È un punto cruciale, perché «Tutte le mac-
chine che offrono una connessione di rete possono essere oggetto di attacco cibernetico in grado di alterarne il comportamento, con potenziale perdita di controllo delle funzioni e un aumento dei rischi connessi con l’utilizzo del prodotto stesso, senza con-
siderare il possibile furto di dati». Altrettanto importante il nuovo EHSR richiamato nell’articolo 1.2.1., che riguarda la “sicurezza e l’affidabilità dei sistemi di controllo”.
Digitalizzazione e sicurezza
nella logistica 4.0
Il tema della sicurezza in relazione alla digitalizzazione industriale tocca da vicino, fra gli altri, il comparto della logistica: uno dei settori più coinvolti nel processo di transizione, per il
quale l’automazione dei processi rappresenta il vero e proprio cardine dello sviluppo. A parlarne è Eva Virtute, coordinatrice del GET Digitale di Anima Confindustria, raccontando di un settore che sta vivendo un momento di grande espansione e cambiamento radicale. «Le sfide legate alle nuove dinamiche di business, con tempistiche sempre più strette e la pressione sui costi per rimanere competitivi in contesti sempre più globali stanno portando la domanda a orientarsi su soluzioni sempre più automatizzate e tecnologiche. La (inter)connessione di prodotti e processi, l’IoT, la comunicazione “machine to machine”, nonché il collegamento in rete di processi e prodotti sono elementi chiave per una logistica 4.0 di successo. È un’area molto innovativa e che presenta diverse sfide legate sia al rapido sviluppo tecnologico sia all’evoluzione tecnico-legislativa».
di Elena Prous
La (inter)connessione
prodotti e processi, l’IoT,
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Eva Virtute
L’applicazione corretta delle norme tecniche di riferimento garantisce criteri elevati di sicurezza delle macchine nonché un’ottima guida per condurre il risk assesment del prodotto di riferimento
Eva Virtute
laddove sussistano i presupposti e la necessità di dimostrarsi compliant ai regolamenti di prossima adozione.
Ma che ruolo può giocare l’intelligenza artificiale nella logistica del futuro?
La risposta di Eva Virtute non lascia dubbi: «Centrale. Sia per quanto riguarda lo sviluppo di nuove soluzioni e prodotti, sia in tema di sostenibilità». Due grandi temi, sviluppo tecnologico e transizione sostenibile, che rivestono un ruolo fondamentale nella crescita di questo comparto industriale. L’IA, dunque, può essere
uno strumento strategico per superare problemi e sfide. «Ad esempio, sistemi di energy management basati sull’intelligenza artificiale possono supportare la gestione delle soluzioni nel modo più efficiente possibile in termini di consumi o energie utilizzate. Questo comporta un risparmio per quanto riguarda i costi, ma comporta anche una riduzione di “waste” delle risorse disponibili, ad esempio in termini di energia utilizzata, oppure di ricarica delle batterie». Conclude Virtute «Ma l’IA consente anche di ottimizzare sistemi e processi, fornendo soluzioni sempre più customizzate».
Tra le soluzioni tecnologiche che oggi trovano maggiore applicazione, sono da citare sistemi di scaffalature automatizzate, carrelli a guida autonoma, gestione delle flotte da remoto e sistemi di manutenzione predittiva e digital twin. Ma accanto ai vantaggi innegabili apportati dalle soluzioni integrate, esistono dei rischi? E quali possono essere le strategie per affrontarli? Per Eva Virtute «In generale, è difficile parlare di mancanza totale di rischi. Tuttavia, esistono diversi sistemi per ridurli notevolmente, uno di questi è la normazione tecnica. L’applicazione corretta delle norme tecniche di riferimento garantisce criteri elevati di sicurezza delle macchine nonché un’ottima guida per condurre il risk assesment del prodotto di riferimento. Il ruolo centrale degli standard è per me ancora più evidente in questa fase di forte innovazione, dove i cambiamenti sono rapidi e altrettanto veloci dovrebbero essere gli strumenti a disposizione dei costruttori per poter innovare».
Intelligenza artificiale: a che punto siamo?
Parlando di industria 4.0 e di tecnologie che supportano l’uomo nell’esecuzione di operazioni complesse, il cambiamento più rivoluzionario è senza dubbio rappresentato dall’avvento dell’intelligenza artificiale. Riguardo all’apparato regolatorio che fa riferimento al mondo IA, Federico Lucarelli spiega che «L’obbligo normativo verrà demandato a un atto specifico (AI Act) che tratterà in profondità l’argomento con alcuni riferimenti anche alla gestione del software AI on board, mentre il Regolamento
Macchine si concentrerà in particolare sugli aspetti legati alla sicurezza per l’operatore come conseguenza di comportamento “alterato” della macchina, imputabile a corruzioni di natura digitale o remota». Il costruttore, pertanto, si dovrà adoperare per garantire sia la sicurezza meccanica del prodotto, sia quella cibernetica,
Il 20 settembre, presso MADE – Competence Center Industria 4.0 di Milano, Anima
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Confindustria tratterà di questi temi all’evento dedicato “Impatto della nuova legislazione digitale europea sui prodotti della industria meccanica: sfide e opportunità”
RICICLAGGIO Acciaio
Il Consorzio Ricrea rende noto che nel 2022 sono state avviate a riciclo 418.091 tonnellate di imballaggi in acciaio, con cui si potrebbero realizzare 4.180 km di binari ferroviari, sufficienti per collegare Roma a Istanbul. L'Italia si conferma un’eccellenza a livello europeo per la raccolta differenziata degli imballaggi in acciaio, con un tasso di riciclo che supera ampiamente l’obiettivo per il 2025 (70%) e raggiunge addirittura l’80% fissato per il 2030 dall'Unione europea. Nel 2022, infatti, sono state avviate al riciclo 418.091 tonnellate di imballaggi in acciaio, pari all’80,6% dell’immesso al consumo. I dati sono stati resi noti da Ricrea, il Consorzio Nazionale per il Recupero e il Riciclo degli Imballaggi in Acciaio, uno dei 7 consorzi di filiera del Sistema CONAI, in occasione dell’assemblea annuale che si è svolta a Catania.
AMBIENTE Acqua, un bene prezioso
In tutta Europa si stanno moltiplicando le misure di razionamento dell'acqua, a causa della siccità. In alcune zone della Francia meridionale, ad esempio, è stata vietata la vendita di piscine, nel tentativo di limitare gli sprechi. Secondo la National Geographic Society, tra usi domestici, agricoltura e industria, consumiamo un quantitativo di acqua otto volte superiore rispetto a un secolo fa. Per aiutare a comprendere come stiano evolvendo domanda e offerta, l'organizzazione non profit ha sviluppato, in collaborazione con l'università olandese di Utrecht, la World Water Map. Uno strumento interattivo che indica i "gap idrici", ovvero i luoghi nei quali la domanda di acqua supera le risorse idriche disponibili e rigenerabili. La mappa rivela inoltre quali sono i principali fattori che determinano la domanda nelle diverse aree.
ATTIVISMO
KlimaSeniorinnen
Un gruppo di donne svizzere sta portando il proprio governo davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) per il cambiamento climatico. Con un'età media di 73 anni, il gruppo afferma che le politiche climatiche del Paese stanno mettendo a rischio la propria salute e i diritti umani. KlimaSeniorinnen (Donne anziane per la protezione del clima) ha accusato il governo di violare il diritto alla vita e alla salute delle donne anziane. Dopo una battaglia durata sei anni e una sconfitta al Tribunale federale, la più alta via legale della Svizzera, ha inoltrato il caso alla Corte EDU di Strasburgo. La Svizzera non nega che il cambiamento climatico possa influire sulla salute, ma sostiene che le emissioni non possano essere specificamente legate alla salute delle donne anziane.
TRASPORTI
Un primato per il Lussemburgo
Il piccolo stato è diventato il primo paese al mondo ad eliminare le tariffe su tutti i trasporti pubblici nel 2020. Tre anni dopo, i residenti sono soddisfatti di questa iniziativa. Il sistema permette loro di "viaggiare facilmente", oltre ad essere "molto positivo per l'ambiente", dicono alcuni. Per altri, è un "diritto fondamentale". Il programma è stato parzialmente introdotto per arginare il problema automobilistico del Paese, e ora il trasporto gratuito incoraggia i residenti a lasciare la macchina a casa. Nel 2020, il Lussemburgo aveva la più alta densità di automobili nell'Unione europea: 696 per 1.000 persone contro la media di 560. Di conseguenza il traffico aveva raggiunto livelli altissimi come emissioni di CO2, dannosissime per il riscaldamento climatico. Tuttavia, alcuni dicono che ci sono ancora troppe auto nelle strade.
i 400 caratteri
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Tecnologia, novità da tenere d’occhio
Una selezione delle più interessanti soluzioni per la meccanica
Approfondimenti su www.industriameccanica.it
energia
Clivet Smart Living
Un sistema integrato di gestione del comfort e dell'energia per applicazioni residenziali che comprende: pompe di calore per il riscaldamento, il raffrescamento e la produzione di acqua calda sanitaria, sistema di rinnovo e purificazione dell'aria, accumulo di energia elettrica, termo-
stati intelligenti, termostati di controllo, terminali ambiente, sistema di gestione e controllo centralizzato, Clivet Eye App per la gestione remota tramite smartphone.
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Saldatura high-tech con Sol
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smart home
Comfort e sicurezza
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Home è il primo gateway che collega le tecnologie Nice, FIBARO ed elero, ma non solo: è aperto all'integrazione con oltre 3.000 dispositivi di altri marchi grazie alla compatibilità con i protocolli Z-Wave e WiFi. Yubii Home dà inoltre la possibilità all’utente finale di gestire l’intera Smart Home attraverso gli assistenti vocali Amazon Alexa, Google Assistant e Siri.
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pompa di calore modulare
ECO-ORION VR-MC Pompe di calore condensate ad aria con ventilatori assiali e batterie alettate. La logica costruttiva modulare con disposizione verticale delle batterie permette minori ingombri senza precludere la superficie di aspirazione. Unità a basso impatto ambientale, con gas R1234ze a GWP 1. La tecnologia è dotata di compressore semiermetico compatto a vite, ventilatore BLDC brushless 6 poli, scambiatore di calore lato acqua a fascio tubiero. Progettate per ottenere un funzionamento silenzioso, efficiente ed affidabile, risultano estremamente semplici da installare e di ridotta manutenzione.
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accessori per il passaggio acqua
Tubi conformi alla DIN 4726 Neoperl, produttore di accessori per passaggio acqua, amplia la propria gamma di tubi, con la presentazione dei tubi a bassa permeabilità all’ossigeno, conformi alla DIN 4726 e destinati a varie applicazioni tra cui impianti di riscaldamento e condizionamento. La caratteristica del nuovo tubo è la notevole flessibilità data dal tubo interno corrugato e la totale permeabilità all’ossigeno. Inoltre i raccordi ad innesto rapido e con la curva girevole a 360° garantiscono una notevole facilità di installazione.
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tubi
Bonomi Group: sistemi a pressare Rubinetterie Bresciane Bonomi offre sia sistemi a pressare con tubo metallico sia con tubo multistrato per rispondere a qualsiasi tipo di esigenza impiantistica e di applicazione. I raccordi delle serie TURBO e FRABOPRESS in ottone, acciaio inox, acciaio al carbonio, cupronichel, rame e bronzo son caratterizzati da sistemi di sicurezza per la perdita controllata grazie a particolari guarnizioni elastomeriche, la cui geometria brevettata, consente la fuoriuscita di liquido laddove la giunzione non sia stata pressata.
www.bonomi.it
operatore per porte battenti
Soluzione SMART PRO di Sesamo
SMART PRO è un operatore per porte a battente progettato per semplificare le attività di installazione e programmazione. È dotato di soluzioni meccaniche che garantiscono un impiego intensivo e una lunga vita di esercizio. Il cuore innovativo dell’operatore è incentrato nella trasmissione, composta dal motoriduttore unita a un unico stadio di riduzione realizzato con catena a rullini a lubrificazione sigillata. Le sue caratteristiche consentono un consumo energetico ridotto in modalità stand by.
www.sesamo.eu
robot industriali
Modello RS025N di Kawasaki Robotics
Migliorano le caratteristiche tecniche con l’aumento dell’area di lavoro a 1.885 mm, della portata a 25 kg e della velocità. Il livello di protezione del braccio è interamente IP67, è pressurizzabile e dispone di una serie di utenze già installate di serie all’interno del braccio come una valvola bistabile, ingressi e uscite personalizzabili e il Power over Ethernet PoE. RS025N dispone del controllore Kawasaki F02 e di una nuova tastiera di programmazione con performance e funzioni evolute.
www.tiesserobot.it
perforatrici
Precisione ed efficienza energetica La nuova eGEO 405 di Comacchio è una perforatrice per sondaggi geognostici totalmente elettrica. L’alimentazione della macchina è fornita da un pacco batterie installato a bordo. La durata della batteria è estesa grazie a dei power pack di scorta, facilmente installabili con l’ausilio di un sollevatore. Tra i vantaggi della eGEO 405 rispetto alla versione a motore diesel vi sono la possibilità di lavorare a emissioni zero, la silenziosità, la precisione e la maggiore efficienza energetica.
www.comacchio.com
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telescopici edili
Apollo 20.4 Smart, forza e innovazione
Apollo Smart è la macchina ideale per i piccoli spazi di manovra, dotata di grande potenza, maneggevolezza e precisione nei movimenti. Il nuovo Apollo 20.4 Smart è il più compatto e agile dei telescopici edili Dieci; l’elevata resistenza del braccio permette la movimentazione dei carichi a grandi altezze, senza alcun rischio. Le tre modalità di sterzata consentono una guida leggera anche con il maggior carico. Nuovo motore e nuova trasmissione idrostatica garantiscono performance e risparmio mentre le numerose soluzioni brevettate semplificano esponenzialmente la manutenzione.
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soluzioni modulari
Gestione del magazzino
Il LogiMHS (Material Handling System) è la soluzione modulare LCS per la gestione e la movimentazione dei materiali all’interno dei magazzini automatici e/o tradizionali. Tale soluzione si adatta e personalizza sulla base delle più diverse esigenze progettuali del cliente. LogiMHS offre infatti alta scalabilità, massima possibilità di personalizzazione e la disponibilità di diversi moduli specializzati.
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