L'Industria Meccanica 739 3/2024

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Non perdere il controllo del tuo business all’estero. Ti supportiamo nella costituzione e nella gestione operativa della tua entità estera, fornendo soluzioni per la mobilità del personale e garantendo piena conformità con le normative societarie, fiscali e di reportistica vigenti.

La SOLUZIONE INTERNAZIONALE

per semplificare gli obblighi normativi in materia di sostenibilità e riciclo

Pile e Accumulatori e Prodotti Tessili

EBARA PUMPS e :un modello

virtuoso di gestione sostenibile dei rifiuti

EBARA Pumps Europe ha intrapreso il percorso verso un modo di fare business maggiormente sostenibile, concentrandosi sulla riduzione dei consumi energetici, idrici e sulla gestione consapevole dei rifiuti più critici. Collaborando con Recycla (Gruppo Herambiente) e utilizzando il servizio ECOL360°, l'azienda gestisce rifiuti difficili da riciclare con il supporto di un sistema di reportistica dettagliato. EBARA Pumps Europe mira a rispettare le normative europee e a rafforzare la propria competitività, attraverso azioni volte al miglioramento continuo (denominato Kaizen in lingua giapponese), nel rispetto dell’Identità nipponica del Gruppo EBARA fondata sullo spirito ‘Netsu to Makoto’ (Passione e Dedizione).

La visione di Ebara Pumps sulla sostenibilità

Per EBARA Pumps Europe, azienda specializzata nella progettazione, produzione e vendita di elettropompe centrifughe e sistemi di pompaggio, l’agire responsabilmente è un aspetto trasversale presente in ogni attività. Settembre 2023 segna un punto di svolta importante: l'inizio di un percorso ufficiale mirato all’implementazione dei principi di sostenibilità in azienda, con l'obiettivo di ridurre l'impatto ambientale dei processi aziendali e conseguentemente dei prodotti, grazie all’istituzione di un dipartimento dedicato. Il cammino intrapreso porterà alla presentazione del primo Bilancio di Sostenibilità nel 2026, come richiesto dalla Commissione Europea.

Un piano ambientale ambizioso

Uno degli obiettivi principali di EBARA Pumps Europe riguarda la riduzione delle emissioni dirette e indirette, pianificando l’autoproduzione energetica tramite fotovoltaico e tri-generazione. L’azienda inoltre si impegna a ridurre le emissioni indirette, consapevolizzando la catena di fornitura e collaborando con essa per raccogliere informazioni. Grazie a progetti quali la Carbon Footprint di Organizzazione (calcolata dal 2022) e al Life Cycle Assessment di prodotto, EBARA Pumps Europe è in grado di monitorare il proprio impatto ambientale al fine di comunicarlo agli stakeholder e strutturare azioni volte alla minimizzazione dello stesso.

La sostenibilità come fattore chiave di crescita EBARA Pumps Europe sta consolidando il proprio impegno verso un futuro più sostenibile. L'azienda, parte del gruppo giapponese EBARA Group già ampiamente orientato alla sostenibilità, ha avviato un piano strutturato che punta a soddisfare non solo le normative europee, ma anche le aspettative del mercato globale. Con la certificazione di sistema ISO 9001:2015 (attiva dal 2006) e ISO 14001:2015 (attiva dal 2014), l’adozione del Codice Etico di gruppo e del Codice di Condotta ai sensi del Decreto 231/2001, EBARA Pumps Europe dimostra un impegno concreto e continuo verso il miglioramento dei propri processi. Questo approccio non solo consente di distinguersi dalla concorrenza, ma rafforza anche la propria posizione in mercati di riferimento per EBARA.

La sostenibilità per EBARA Pumps Europe è un percorso in continua evoluzione, centrato sulla gestione efficace dei rifiuti e sull’impegno a ridurre l’impatto ambientale. Con la collaborazione di Recycla e l’utilizzo del servizio ECOL360°, l'azienda si prepara a raggiungere importanti traguardi e a porsi come esempio di eccellenza nella gestione responsabile delle risorse.

Progetti innovativi e gestione dei rifiuti con Recycla La gestione dei rifiuti è una componente cruciale della strategia sostenibile di Ebara Pumps. L'azienda ha scelto di collaborare con Recycla, società del Gruppo Herambiente, per il trattamento di rifiuti difficili da riciclare come filtri, stracci, bombolette spray, imballaggi contaminati (vernici) e fanghi di rettifica. Grazie a questa partnership, EBARA Pumps Europe beneficia di un sistema di reportistica dettagliato, fondamentale per il monitoraggio dei rifiuti e per progetti di comunicazione relativi alla sostenibilità. In particolare, il servizio ECOL360° consente all’azienda di gestire in modo integrato tutti gli aspetti legati alla sostenibilità e alla gestione dei rifiuti. Questa soluzione non solo offre un supporto operativo, ma contribuisce anche alla produzione di combustibile alternativo, destinato ad aziende hard to abate. Si tratta di industrie ad alto fabbisogno energetico dove è più difficile sostituire le fonti fossili (ad es. gas metano) con la combustione di idrogeno o l’elettrificazione, rendendo il combustibile alternativo una risorsa preziosa per aiutarle a minimizzare il loro impatto ambientale. Inoltre, ECOL360° garantisce un certificato di avvenuto recupero energetico, essenziale per la comunicazione esterna con gli stakeholder. La trasparenza e l'efficienza di questo approccio consentono a EBARA Pumps Europe di affrontare le sfide legate al trattamento finale controllato degli scarti, ottimizzando i costi e migliorando le performance ambientali.

L’Industria Meccanica

Pubblicazione periodica di ANIMA/Confindustria

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In redazione

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Simone Gila – gila@anima.it

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Hanno collaborato a questo numero

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In copertina

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Impaginazione

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Raccolta pubblicitaria

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Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana ROC N. 4397

10 RUBRICA: Donne e Uomini al timone

12 RUBRICA: i 400 caratteri

14 Ma quale progresso?

di Pierangelo Andreini Vicepresidente ATI

20 A che punto siamo con la parità?

di Lucrezia Benedetti

24 Dallo spazio all’industria

di Daniele Bettini

28 Controlli non distruttivi per le macchine alimentari

di Pasquale Alfano, Site Manager Omeco Lifetech

30 ANIMA Green Talks

di Daniela Lionetti, Responsabile ANIMA Ambiente e Sostenibilità

32 RUBRICA: Efficienza

Numero 739

In copertina Chiara Zarmati

37 Export tra opportunità e crescita, ma quali sono i rischi?

di Mauro Ippolito, iBan First

43 Oltre le sanzioni: due diligence come strumento per un export responsabile e competitivo

di Fulvio Liberatore, Team di ricerca Easyfrontier Technologies

48 Sinergie che creano valore

di Antonio Passarelli, External and International Relations –Desk ANIMA Confindustria c/o Italian Trade Agency

50 Liberi di esportare? Si, ma…

di Elisa Keda, Project Manager GMA – Global Marketing Access di ICIM Consuting

52 RUBRICA: Export

56 2023, un anno di solidarietà per l’intralogistica. Nel 2024 la crescita rallenta di Elena Prous

61 RUBRICA: i 400 caratteri

63 RUBRICA: Tecnologia, novità da tenere d'occhio

67 Tabelle ANIMA: Bianche, Blu, Arancio

Sara Doris

vice presidente di Banca Mediolanum

la società controllata spagnola facente parte del gruppo bancario Mediolanum, ha nominato Sara Doris in qualità di vice presidente. Doris è figlia del fondatore di Mediolanum Ennio e sorella di Massimo Doris amministratore delegato del gruppo. La manager ricopre anche la carica di vice presidente non esecutivo del gruppo.

Katia Mariotti

nuova condirettrice generale Amco

la full-service credit management company con un ruolo sistemico nella gestione dei crediti deteriorati nell’interesse pubblico, nomina Katia Mariotti alla carica di condirettore generale con focus sulle aree di business e funzioni di supporto al business, a riporto dell’amministratore delegato.

Giuseppe Mayer

nuovo amministratore delegato di Talent Garden Italia

Mayer è il nuovo Ceo di Talent Garden Italia. Imprenditore, manager e investitore con più di 25 anni di esperienza in brand strategy e digital marketing, Mayer ha ricoperto in passato ruoli chiave nei principali gruppi della comunicazione e della consulenza internazionale, collaborando con aziende che investono nel cambiamento e nell’innovazione.

Paola Papanicolau

alla guida delle banche estere Intesa Sanpaolo

la responsabilità della divisione International

Subsidiary Banks è stata assunta da Paola Papanicolaou, che ricopriva il ruolo di Deputy Head della divisione.

Chiara Maruccio

nuova Cfo di Sace

Maruccio nel nuovo incarico avrà il mandato di assicurare la gestione economica, finanziaria e patrimoniale della società, coordinare i processi di budgeting e controllo di gestione, oltre a guidare l’area risk, reinsurance & portfolio management, a diretto riporto dell’amministratore delegato di Sace, Alessandra Ricci.

Carlo Trabattoni

nuovo presidente Generali Real Estate

Carlo Trabattoni è stato nominato presidente di Generali Real Estate Sgr, la società del gruppo focalizzata sulla gestione dei fondi di investimento immobiliari.

Raffaele Gigantino

nuovo country manager Google Cloud per l’Italia

Il manager avrà la responsabilità di guidare il team e le attività nel Paese, si occuperà di definire la strategia di vendita e di crescita dell’azienda e di continuare a sviluppare le operazioni di vendita go-to-market.

Matteo Napoli nuovo ceo e dg Schindler Italia

Matteo Napoli è il nuovo amministratore delegato e direttore generale di Schindler Italia, gruppo multinazionale attivo nella mobilità urbana che si occupa della progettazione, installazione, manutenzione e ammodernamento di ascensori, scale e tappeti mobili per ogni tipologia di edificio.

Energia

Fotovoltaico da record

Da fine maggio sui tetti dei padiglioni del quartiere espositivo di Fiera Milano, a Rho, è in funzione il più grande impianto fotovoltaico d’Italia e tra i primi 10 al mondo. L’infrastruttura è stata realizzata da A2A con Fondazione Fiera, attraverso la joint venture Fair Renew, ed è costituita da circa 50.000 pannelli fotovoltaici distribuiti su 330.000 metri quadrati di copertura dei padiglioni. Per capire la vastità dell’impianto si possono considerare circa 45 campi da calcio. Si stima che la produzione dell’impianto sarà di 21,6 GWh all’anno, pari al consumo di circa 7.800 famiglie, e quindi permetterà di evitare l’emissione di oltre 9.800 tonnellate di CO2 l’anno e una potenza installata totale di 18 MWp. Il sistema fotovoltaico consentirà di coprire una parte dei fabbisogni di Fiera Milano, il quartiere espositivo a Rho, mentre la quantità residuale dell’energia green generata verrà immessa in rete.

Tecnologie

Riavvolgi e

risolvi

con la funzione Automation Playback

Omron lancia Automation Playback, una nuova funzione del suo controllore di automazione NX5 che consente di individuare quando e dove si è verificato un determinato problema durante la linea di produzione. L'implementazione è intuitiva e permette ai tecnici di concentrarsi sulla risoluzione dei problemi piuttosto che sul complesso. Inoltre, quest'implementazione introduce nel settore manifatturiero un nuovo livello di collaborazione, in quanto team, spesso dislocati in diversi paesi, possono analizzare i dati acquisiti da qualsiasi luogo, condividendo informazioni senza mettere piede in fabbrica. Sebbene non sia un'autentica macchina del tempo, grazie alla funzione Automation Playback del controllore NX5 di Omron i produttori possono certamente riavvolgere, rivedere e risolvere i problemi, trasformando potenziali complessità in lontani ricordi.

Inquinamento

La qualità dell’aria è a rischio

Legambiente ha pubblicato i dati dei superamenti rispetto ai valori massimi consentiti di polveri sottili PM10 nell’aria, registrati dalle ARPA sul territorio nazionale.

Tra gli 8 capoluoghi italiani ad aver già superato il limite massimo consentito compare Frosinone con oltre 35 giornate con valori oltre la soglia limite di 50 ug/m3 (microgrammi per metro cubo di aria): infatti sono già 38 le giornate di smog registrate da inizio 2024. Ancor peggio è il dato registrato a Ceccano (FR) dove risultano addirittura già 44 i superamenti (gli stessi di Verona, peggior capoluogo italiano secondo il report nazionale). Situazioni preoccupanti anche a Colleferro (RM) con 29 superamenti e a Cassino (FR) con 28. A Roma la peggiore situazione continua ad essere quella della centralina di Via Tiburtina dove si sono raggiunti già 13 superamenti.

MA QUALE PROGRESSO?

Descrivendo i primi decenni del nuovo secolo, alcuni osservatori si limiteranno probabilmente ad affermare, con grande semplicità, che è stato un periodo dominato dall’incertezza. Un frangente storico destabilizzato da una tragica, imprevedibile successione di crisi: finanziaria, del debito sovrano, pandemica, indotta dall’invasione russa dell’Ucraina, dal conflitto in Medio-Oriente, dal conseguente rallentamento dello scambio globale, dal deterioramento del quadro macroeconomico e dal forte incremento dell’inflazione.

Diranno, genericamente, assolvendone i responsabili, che il verificarsi di tali congiunture ha dimostrato la necessità di riformare il modello di sviluppo, origine della questione ambientale, in primis del riscaldamento globale, e dell’intollerabile aumento del divario economico e sociale. Problemi, questi e altri, sin qui insoluti, che riducono e ipotecano scriteriatamente il benessere dell’attuale e delle prossime generazioni. Pochi di loro ricorderanno, temo, che il mondo è governato da tempo immemore da élite autoreferenziali che perpetuano pervicacemente disegni egoistici e non traguardano il conseguimento del bene comune o lo pongono in secondo piano.

Gruppi resi avidi da un malsano attaccamento alla vita che competono ambiguamente, senza freni, per il timore di perdere vantaggi che detengono spesso ingiustamente. In tal modo, alimentando il disordine che caratterizza in misura crescente le relazioni internazionali. Ciò in uno scenario che vede le economie delle diverse aree del pianeta fortemente impegnate dalla sfida epocale della transizione ecologica e digitale, squilibrato dall’iniqua fruizione delle risorse che esaspera i contrasti e introduce ulteriori, pesanti incognite. Un contesto dove l’inaspettata irruzione di un cambio di traiettoria genera apprensione e paura, anche se rischia di apportare piccole devianze, in quanto esse segnano, comunque, uno scarto da una posizione predeterminata, conquistata precedentemente, che si vuole assolu-

tamente preservare. Perché si è incapaci di gestire, con atti appropriati, consapevoli ed eticamente responsabili, contingenze che guardano al futuro, travalicando il passato. Un’inettitudine perversa, visto che in realtà si esprime, nel più dei casi, nell’artata ricerca di consensi contrari. Allo scopo, semplificando situazioni complesse, per indurre le persone a valutarle negativamente con conclusioni non dimostrate che portano sovente ad adottare misure controproducenti e a compiere errori drammatici. Questo, paventando l’insorgenza di conseguenze più o meno improbabili e gravi, nella misura in cui esse sono familiari e facilmente concepibili per effetto della loro insistente rappresentazione nei media e del forte impatto che hanno sulla mente le prime informazioni ricevute, pure se ancora da verificare.

Mi preme discutere, però, il connesso problema, sopra accennato, posto dalla manifestazione di volontà, più o meno libere, tese a modificare il domani, che causa l’allarme dei difensori dello status quo, spontaneo o provocato da chi ha interesse a conservarlo. Una reazione radicata nel profondo, indotta dall’istinto di conservazione, acuita dalle opposte tendenze che caratterizzano lo sviluppo: l’avanzamento, oggi rapidissimo, dell’integrazione economica globale, utile, necessaria e inevitabile, realizzata da un’umanità che aumenta in termini numerici e diviene sempre più consapevole, interconnessa e competitiva, e la crescente tensione fra il resto del Mondo e un Occidente irremovibile, saldo nell’affermazione dei propri principi e valori, ma anche nella difesa di privilegi che non vuole perdere. Una contrapposizione da sempre esistita, peraltro, tra il nuovo che avanza e fa paura, e il vecchio che non retrocede, forte della sicurezza che esso apparentemente assicura. Un contrasto che l’esponenziale aumento del sapere che accompagna il nostro tempo potrà mitigare. Questo è l’auspicio. Quello che la conoscenza sappia e possa circoscrivere i problemi e fornire strumenti socialmente accettabili, tecnicamente ed economicamente validi per affrontarli e risolverli. Dato che i rischi e l’incertezza vanno combattuti conoscendoli e concependo i mezzi per governarli con avvedutezza. Non si possono ignorare, come se non ci fossero. E, d’altra parte, ciò è impossibile, visto che nascono dal contesto fisico e culturale che l’umanità costruisce progressivamente, nell’accezione più ampia di sistema socio-economico, giuridico-istituzionale, di riferimento etico e di pensiero, dove si vive e si lavora. Da esso scaturisce la generazione della complessità, del dubbio e del timore che derivano dalle interazioni tra educazioni, conoscenze, esperienze, idee diverse, che sono un moltiplicatore e un acceleratore dell’evoluzione culturale in atto e della crescita dello scibile che la produce e consolida.

Complessità e incertezza

È ben noto, che la sterminata produzione di dati che ne sostanzia l’espressione, elaborati con l’Intelligenza Artificiale, si appresta a costituire una fonte inesauribile del sapere. Così, offrendo il modo e la possibilità di apprezzare il cambiamento in tempo reale e di renderlo sempre più predicibile. Pertanto, tornando a quanto detto in premessa, sostenere che questa prima parte del secolo sia dominata dall’incertezza è un’affermazione per lo meno superficiale. In mala fede, se chi la propone ignora volutamente il progresso degli strumenti che utilizzano le tecniche di governo dei fenomeni aleatori con i quali i rischi e l’insicurezza si stanno via via riducendo.

Dunque, diversamente da ciò che si crede comunemente, penso si possa dire, anche se appare ai più paradossale, che

viviamo in un’epoca di crescente certezza. Di qui l’impossibilità di assolvere gli attuali governanti. Perché, se a scandire l’evoluzione sono le leggi, fisiche, ivi comprese quelle che regolano i comportamenti umani, sempre più note nelle loro conseguenze, in ultima analisi le scelte sono il risultato di processi causali. Quindi, l’alibi che le vicende che subisce il mondo, a seguito delle azioni dell’uomo e delle organizzazioni che lo dirigono, siano ad un tempo determinate e indeterminabili per l’incertezza che genera la complessità, è inconsistente, in ogni caso debole. Un paradosso, quello tra determinismo e libero arbitrio, ben conosciuto e risolto dagli assiomi della cultura classica, sin dall’antichità. Dai tempi di Platone (428-348 a.C.), per il quale la libertà apparente dell’uomo di poter scegliere da sé gli scopi del proprio pensare e agire, perseguiti tramite la volontà, si limita in realtà solo alla libertà di conoscere e di accumulare le conoscenze necessarie per essere consapevoli nel momento in cui si assumono le decisioni. A quanto ha affermato Immanuel Kant (1724-1804), due millenni dopo, secondo cui libertà e necessità, termini apparentemente inconciliabili, non sono in contraddizione, quando l’uomo volontariamente obbedisce alle leggi che gli indica la coscienza del suo sapere. E, altrettanto, quando la libertà diventa la capacità di intendere da sé i motivi del proprio agire, come sostiene l’antroposofo Rudolf Steiner (1861-1925), per il quale la libertà “non è per nulla un ideale astratto, bensì una forza dirigente che risiede nell’essere umano”. Si dirà che è un esercizio di pensiero che non rispecchia la situazione reale e che poco ha da spartire con le tragedie in atto. Ma esso dimostra, in ogni caso, il ruolo fondamentale che svolge la conoscenza, unico vero antidoto capace di neutralizzare il veleno dell’incertezza e di rendere l’uomo più consapevole e responsabile.

A tal fine, entrando nel concreto delle azioni da compiere, sviluppando un sapere che travalichi i confini geografici per formare una classe dirigente che guidi il domani all’interno di contesti accademici transnazionali. Una prospettiva che è a portata di mano, in quanto il numero degli studenti è in costante aumento in tutto il mondo. Oggi, secondo l’ultima edizione dello “Science Report” dell’Unesco, gli studenti iscritti a corsi universitari sono circa 250 milioni. Crescono con un ritmo del 5% annuo e, nonostante la grave difficoltà del momento, la loro mobilità oltre confine e l’internazionalizzazione delle università non sono state mai così elevate. Lo studio afferma che gli studenti internazionali sono passati da 2 milioni nel 2000 a 6,4 nel 2021 e che supereranno gli 8 milioni entro il prossimo anno. Cina e India sono i paesi con il maggior numero di studenti in uscita e anche quelli africani sono in aumento. La ricerca afferma, inoltre, che l’orientamento di base dell’istruzione universitaria internazionale traguarda tre obiettivi cruciali: educazione, finanza ed etica.

Pur riconoscendo le proprie radici territoriali e culturali, gli atenei si dicono impegnati, infatti, a diffondere un’etica universale e inclusiva in grado di contribuire allo sviluppo delle diverse società in un mondo pacifico e interconnesso. In tal modo, la natura dell’istruzione universitaria porta a parlare un linguaggio comune e a condividere principi e valori. Pertanto, l’internazionalizzazione dell’istruzione è e sarà un fattore determinante per uscire dall’impasse. Visto che conferisce ai nuovi leader di esperienze sociali interculturali che costituiscono una risorsa strategica per affrontare coscientemente l’intreccio crescente di contraddizioni e di sinergie, riducendo in tal modo l’insicurezza.

Un percorso virtuoso irresponsabilmente distorto

Al momento l’insostenibilità ambientale, economica, sociale e delle istituzioni penalizza e ipoteca gravemente le prospettive delle componenti più deboli del pianeta. Attenuarla, come ben sappiamo, è un’impresa molto difficile perché significa contrastare egoismi, correggendo modelli e posizioni consolidate che nel passato hanno garantito il buono che abbiamo alle spalle, generando però, nel contempo, le conseguenze che stiamo subendo.

Da qui quell’insieme di diffidenza, riluttanza e incapacità che impedisce di intervenire risolutivamente. Ciò con le opportune misure che chiede il nuovo corso, la cui assenza o carenza non sta indirizzando assennatamente, con tutta evidenza, gli effetti della straordinaria rapidità con cui esso si sta determinando. Un cambiamento che sorprende, confonde e irrigidisce i comportamenti, imperterriti nel seguire pervicacemente interessi particolari che bloccano ogni politica.

Così, intossicando il sistema globale, a partire da quello dell’ambiente e del clima, e inducendo nella gente un misto di grande insicurezza e timore. In quanto una cosa rimane certa: il fatto che, se si resta fermi, si rimane inesorabilmente indietro in un mondo che si muove con ritmi sempre più serrati su cammini che esasperano le situazioni, rifiutando gli incitamenti alla saggezza e alla moderazione.

Dunque, è lecito presumere che osservatori diversi da quelli evocati in premessa, meno riduttivi, più preoccupati e partecipi, dicano e diranno, altrettanto probabilmente, che siamo all’inizio di un nuovo processo le cui conseguenze sono già enormi. Consapevoli che siamo noi i principali attori del cambiamento, noi come singoli individui e come società.

Un mutamento che stiamo orientando su percorsi e con velocità inquietanti, visto che non sappiamo quali ne saranno gli esiti nel lungo periodo, che vorremmo invece co-

noscere. Quindi, l’incertezza, che continua a crescere, dato che la ricerca dei processi innovativi che producono l’evoluzione è sempre più monopolizzata da quella dello sviluppo di tecniche utili a competere e a prevalere. In tal modo, il percorso risulta distorto da logiche di potere di gruppi, che si dicono rappresentativi, che si contrappongono tra loro ambiguamente, con tutti i mezzi possibili, per vincere o rimanere al passo per non essere sopraffatti. Un mutamento accelerato dalla digitalizzazione profonda e crescente dell’economia, che solleva il sipario su un panorama nel quale l’uomo e le sue attività saranno sempre più connesse e automatizzate. Basta scorrere l’ultimo “Digital 2024. Global Overview Report” per averne un’idea: 2/3 della popolazione mondiale è online e 5 miliardi di utenti sono sui social media. Uno scenario dove lo sviluppo delle tecnologie digitali è il driver della transizione e si sta sviluppando su molteplici direttrici. L’utilizzo dei dati, la potenza di calcolo e la connettività, con Internet of Things, machine-to-machine e cloud computing per la centralizzazione delle informazioni e la loro conservazione. La loro analisi per ricavarne valore, ancora all’inizio, il cui aumento assicurerà grandi vantaggi che faranno la differenza, a partire dal “machine learning”, ovvero dalle macchine che migliorano l’efficienza “imparando” dai dati via via raccolti e analizzati. L’interazione uomo-macchina, tramite interfacce “touch”, sempre più diffuse, la realtà virtuale, aumentata, ecc…. La diffusione del digitale nella produzione concreta, con la manifattura additiva, la stampa 3D, la robotica, le nuove tecnologie per manutenere gli apparati, utilizzare gli impianti, veicolare e immagazzinare i beni in modo mirato, razionalizzando i costi, ottimizzando le prestazioni, ed altro. Il prorompente ingresso dell’Intelligenza Artificiale, che cambia radicalmente ruoli ed equilibri nella fruizione del sapere e nello svolgimento delle attività produttive, con conseguenze fondamentali per l’insieme dell’economia e della società. Una delle ragioni dell’attuale inquietudine, perché la scalata all’impiego dell’IA sembra avviata a trasformarla in un mezzo per competere aggressivamente, più che economicamente.

Nel frattempo il proscenio si arricchisce e consolida, in quanto a fine decade, si verificherà con grande probabilità un nuovo salto tecnologico con il passaggio al 6G. Il nuovo standard, che inizierà a diffondersi dal 2030 e sarà contrassegnato da capacità elevatissime di trasferimento dei dati, con velocità fino al picco di un terabyte al secondo. Ciò, sfruttando bande di frequenza nello spettro dei terahertz (0,3 - 3 THz) che abiliteranno applicazioni di frontiera nell’ambito della realtà virtuale, aumentata e mista, della comunicazione oleografica, ecc. Assisteremo, pertanto, a un massivo utilizzo di visori e dispositivi intelligenti, maggiormente fruibili per le aumentate capacità delle reti

wireless, all’utilizzo sistemico di gemelli digitali dinamici per le attività di assistenza, progettazione, sviluppo. Un palcoscenico dotato di una connettività ubiqua, priva di discontinuità che assicurerà la comunicazione istantanea di tutti i device collegati alla rete: computer, smartphone, gadget indossabili, apparecchiature automatizzate, robot, auto veicoli, imbarcazioni, aerei, droni, satelliti. In tal modo il 6G abiliterà una nuova, grande svolta, avvicinando ulteriormente il mondo reale a quello digitale e consentendo di accrescere il valore e il vantaggio che l’impiego delle vecchie tecnologie assicura solo in parte.

Correggere gli errori che pregiudicano il domani

Realizzando situazioni avveniristiche, come le smart city, le fabbriche 5.0, i trasporti stradali a guida completamente autonoma. Ben si comprende, dunque, che ci troviamo di fronte a un rivolgimento epocale che promette grandi avanzamenti, ma che rischia di escludere e discriminare, visto che genera una discontinuità che siamo impreparati a gestire.

Una mutazione straordinaria che chiede di poter contare, oggi più che mai, sulla mediazione degli organi di governo internazionale, che si stanno dimostrando deboli e inefficaci, e sulle competenze, abilità e consapevolezze che deve fornire in misura crescente la formazione.

A questo fine, adeguandone e potenziandone i sistemi per dare e diffondere nella collettività la capacità di com-

prendere e superare le contraddizioni, aiutarla a trarre equamente il vantaggio che assicura il cambiamento e arginare il progressivo, intollerabile aumento delle disuguaglianze che esasperano le tensioni. Queste inadeguatezze e l’impreparazione sono questioni essenziali che si devono affrontare e risolvere preliminarmente per uscire dal vicolo cieco che ci trattiene su un percorso che rallenta il raggiungimento di condizioni di maggior benessere. Problemi irrisolti da classi al comando dalla vista corta che hanno proceduto a tentoni, alla ricerca del vantaggio immediato, senza un progetto che ne riconosce la priorità. Esecutori, cui è mancato spesso il senso delle proporzioni, che hanno attuato nel tempo misure incoerenti, talora irragionevoli, generando una sovrapposizione di provvedimenti irrazionali. Ciò per effetto di una cultura insufficiente che si è manifestata e si esprime, principalmente, nel mancato o debole contrasto dell’ignoranza, trascurando l’addestramento e l’educazione delle nuove generazioni. In tal modo, non riconoscendo la priorità dell’istruzione e con essa la necessità di una profonda ristrutturazione del modello formativo per adeguarne l’organizzazione.

Visto che il domani che attende chiede di svolgere ruoli, professioni e mestieri diversi che devono dare la possibilità, più che di eseguire, di governare i processi, di assumersi la responsabilità dei risultati, di attuare scambi e relazioni digitali con e tra gli operatori, dotandoli di competenze anche sociali, ed altro. I contenuti da impartire nei percorsi di istruzione iniziale e continua, sono essenziali, quindi, e differenti dagli attuali. Tutto questo rende l’istruzione una funzione vitale e complessa, difficile e gravida di conseguenze. Dato che essa deve valorizzare l’intelligenza,

ovvero la capacità di pensare fluidamente in modi astratti e ipotetici, alimentarla con le conoscenze rilevanti per la soluzione di problemi e allenarla a un uso critico e creativo del sapere per risolverli. Il che significa favorire anche la serendipity, fornendo conoscenze inabituali, estranee al contesto in cui si opera, per aiutare a trovarvi nuovi vantaggi e quindi valori utilmente applicabili. Ne consegue la funzione strategica assegnata ai docenti che devono commisurare gli sforzi per conseguire due obiettivi distinti, di cui il primo si sposta molto velocemente. Fornire le competenze tecniche necessarie per muoversi in un contesto che evolve sempre più rapidamente, per l’esponenziale avanzamento del progresso tecnologico, e conferire conoscenze di base che aiutino a far maturare la capacità di astrazione, di concettualizzazione, di generalizzazione. La formazione deve assicurare, pertanto, la possibilità di raggiungere traguardi diversi, entrambi indispensabili, equilibrando l’impegno nel mantenere la necessaria enfasi sugli aspetti tecnici, per fornire le conoscenze aggiornate che servono per comprendere e risolvere i nuovi problemi ed essere competitivi, e su quelli teorici, per promuovere la crescita del pensiero critico, far comprendere la complessità relazionale, allenare alla tensione e alla fatica, all’assunzione di responsabilità ed altro.

Quel mancato sviluppo dell’educazione

Un esercizio difficile per l’enorme prevalere della diffusione dell’insegnamento tecnico, stante l’immediatezza del vantaggio che esso arreca. Un beneficio apparente, tuttavia, perché lo si paga con la crescita delle varie forme di insostenibilità, prima citate, che indirettamente produce, nella convinzione di poterla moderare con l’iperspecializzazione tecnica.

Così, alimentando un circolo vizioso che genera altri problemi, che si dovrebbe invece interrompere, sviluppando maggiormente la componente teorica e umanistica dell’insegnamento impartito. Questo, fornendo alle nuove generazioni un addestramento più consapevole e critico, capace di connettere trasversalmente le questioni, per dirimerle, temperarle e comporle. Di qui, la necessità e l’urgenza di attuare una riforma coerente dell’intero sistema della formazione, che colleghi tra loro, in forma organica, scuola, università, imprese, istituzioni, rendendole temporalmente e intellettualmente connesse e legate all’evolvere dei fatti e delle relazioni. È la leva di fondo che si deve azionare per indirizzare il nuovo percorso su un cammino di sviluppo consapevole e responsabile, traendone risolutamente la forza dai drammatici effetti delle crisi e devastazioni che hanno contrassegnato il secolo breve e ora scandiscono questo infausto periodo.

A tale scopo è essenziale riconoscere e potenziare il ruolo fondamentale dell’educazione, la componente negletta del sistema formativo, il quale privilegia un’istruzione nozionistica, peraltro talora obsoleta. Due termini, educazione e istruzione, che vengono spesso erroneamente confusi, pur avendo valenze molto diverse. Lo spiega Angelo Andreini (1857-1935), matematico, ingegnere geografo e antesignano degli studi di geometria combinatoria, in un saggio del 1918, pubblicato dall’Editrice Mariotti di Pisa, dal titolo “Perché l’educazione pubblica è oggi in decadenza?”. In esso l’autore, bisnonno dello scrivente, intervenendo nella discussione ripresa sul finire del primo conflitto mondiale sulla necessità di riordinare il sistema della formazione, distingue tra istruzione ed educazione, evidenziando che l’avanzamento e la diffusione della prima non sempre significa incrementare la seconda. Quest’ultima, prosegue «deve riguardarsi come disciplina della volontà, degli affetti e dei sentimenti verso la società e verso noi stessi. Le scuole» dice, più avanti, «che dovrebbero essere sempre l’oggetto delle maggiori cure da parte dei governanti, sono state troppo spesso dimenticate, dando, in non poche occasioni, una ben meschina prova dei modi con i quali si è provveduto ai loro bisogni». Afferma poi che «il Governo in generale è un cattivo educatore», che si parla solo di «estendere i mezzi e non di migliorare l’educazione, lato manchevole della cultura del popolo», cosa grave perché «l’ineducazione genera rallentamento dei vincoli di reciproca benevolenza». Per tali ragioni sostiene nello scritto che «la società moderna ha una superiorità indiscutibile rispetto a quella passata, per quanto concerne il progresso scientifico, indirizzato specialmente al conseguimento di pratica utilità, è tuttavia da ritenersi moralmente e spiritualmente inferiore».

Pensieri espressi più di un secolo fa che conservano, purtroppo, tutta la loro sconfortante attualità. Cent’anni durante i quali l’umanità ha compiuto ulteriori, formidabili progressi tecnici, i quali, per i motivi su detti, non hanno impedito, anzi hanno amplificato gli effetti della catastrofe dei due conflitti mondiali e quelli delle successive tragedie generate dagli altri, variamente disseminati, che proseguono tuttora. Guerre che hanno prodotto milioni di morti e irrimediabili distruzioni di patrimoni, storici e culturali, costruiti con l’intelligenza, il lavoro, la passione, il sacrificio di tanti che ci hanno preceduto. Eventi drammatici, nefasti, esecrabili che l’uomo continua a determinare con perfida ambiguità, umiliando sé stesso. Come l’attuale, che alle penose devastazioni associa il rinvio irresponsabile dei tanti vantaggi che prospetta il domani, segnando un nuovo regresso della civiltà. Colpevole e recidivo, visto che sappiamo cosa si deve fare per evitarlo e continuiamo dissennatamente a non farlo.

A che punto siamo con la parità ?

Lo scorso 18 settembre è stata la giornata mondiale del gender pay gap, cioè la giornata internazionale sulla parità retributiva istituita dall’ONU nel 2019, per sensibilizzare rispetto a questo tema.

Le disuguaglianze salariali sono ancora presenti tra uomo e donna e questa giornata mette in luce il divario e spinge affinché scelte politiche puntino al raggiungimento della parità retributiva nel mondo del lavoro.

Il gender pay gap, cioè il divario retributivo di genere, rappresenta la differenza media di retribuzione lorda oraria tra donne e uomini. Molteplici fattori sono coinvolti, uno tra i tanti la disparità nell’accesso a posizioni lavorative ben retribuite, differenze di carriera e ostacoli nel raggiungimento di incarichi di vertice. Sono stati compiu-

ti dei progressi significativi, ma solo in alcuni paesi, mentre altri continuano a lottare contro questa disuguaglianza che penalizza le donne. Secondo gli ultimi dati Eurostat, nel 2022 il divario di genere era pari al 12,7% nell'Unione europea, vale a dire che le donne guadagnavano in media il 12,7% in meno all'ora rispetto agli uomini.

In Europa come va?

Tra i paesi dell'Ue il divario retributivo di genere varia considerevolmente, ad esempio nel 2022, l'Estonia ha registrato il gender pay gap più eleva-

to pari al 21,3%, seguita da Austria (18,4%), Svizzera e Repubblica Ceca (entrambe al 17,9%). In Germania, il divario è stato del 17,7% e in Francia del 13,9%, mentre il Lussemburgo ha registrato un gender pay gap negativo (-0,7%), ovvero le donne hanno guadagnato leggermente di più degli uomini. I paesi con il divario retributivo più basso sono stati Italia, Romania e Belgio, tutti con un gap inferiore al 5%.

Sempre stando agli ultimi dati Eurostat, il divario retributivo di genere è generalmente più basso tra i giovani lavoratori che entrano nel mercato

del lavoro rispetto ai dipendenti più anziani e questo divario tende ad aumentare con l'età. Il motivo principale è dovuto alle interruzioni di carriera, infatti molte donne nel corso della loro vita lavorativa devono mettere in pausa la carriera, due esempi possono essere la maternità o la cura di familiari.

Tra il settore pubblico e il settore privato, nel 2022, nella maggior parte degli Stati membri dell'Ue, il gender pay gap è risultato più elevato nel settore privato rispetto al settore pubblico. Questo fenomeno potrebbe essere spiegato dal fatto che, le retribuzioni nel settore pubblico sono determinate

da griglie salariali trasparenti che si applicano equamente a uomini e donne. Nel settore privato, il gender pay gap varia dall’8,1% in Belgio al 20,5% in Repubblica Ceca, mentre nel settore pubblico il divario va dal -0,2% a Cipro al 16,1% in Ungheria.

Differenza tra la retribuzione oraria lorda media dei dipendenti di sesso maschile e femminile espressa in percentuale

Fonte: Eurostat

Differenza tra il salario orario medio lordo di uomini e donne in %

Fonte: Eurostat

DALLO SPAZIO ALL'INDUSTRIA

Il Made in Italy è stato il protagonista dell’undicesima edizione del 4e (engineering, energy, ecology, ethics) appuntamento aperto a tutti, organizzato da Jacobacci & Partners Spa, naturale evoluzione di 4t-tech transfer think tank, principale evento in Italia dedicato al technology transfer. Incontro rivolto a imprese, start up, incubatori, parchi tecnologici, università, istituzioni e mondo finanziario. 4e si è tenuto il 23 ottobre presso Fondazione Golinelli a Bologna. L'appuntamento è stato disponibile anche in digitale con una gallery walk, anch’essa incentrata sull’innovazione del Made in Italy e che anche quest’anno ha riunito una serie di realtà interessanti per il mondo della meccanica.

Dalle aziende coinvolte emerge un mondo imprenditoriale che conferma le sue caratteristiche di flessibilità e versatilità e che vede grandi imprese, PMI, e start up di settori diversi curiosamente legati da sottili fili. Superconduttori, laser e robotica, infatti, hanno in comune il fatto di essere trasversali tra ambito industriale e ricerca medica, in un gioco di rimpalli, certamente casuale, che però forse evidenzia anche delle competenze e delle vie di ricerca fortemente radicate nel substrato industriale italiano.

«Ad oggi, salvo rare eccezioni, la superconduttività ha trovato principale campo di applicazione nella fisica delle alte energie, nei progetti di ricerca sulla fusione nucleare e nel medicale, prevalentemente nei macchinari per MRI (mac-

chine per la risonanza magnetica)» spiega Pietro Corsaro, responsabile Strategic Business Unit industry & energy di ASG Superconductors «Due settori estremamente esigenti in termini di affidabilità e prestazioni che hanno spinto tecniche di progettazione, produzione e collaudo rendendole estremamente rigorose».

Competenze e know how che si sono dimostrati fattori determinanti nel trovare altre opportunità in altri settori «L’eccellenza raggiunta da ASG Superconductors nella produzione del filo in MgB2 (diboruro di magnesio)» la cui sperimentazione è partita in anteprima mondiale dai laboratori del CNR-Spin di Genova, e che ha già accumulato oltre 1,5 milioni di ore di utilizzo in diversi sistemi, con la sempre crescente consapevolezza ecologica e la spinta

della green economy «ha svelato scenari che consentono di pensare utilizzi dei superconduttori MgB2 nella vita di ogni giorno. Basti pensare alla decarbonizzazione dei cosiddetti processi “hard to abate” e al semplice fatto che una lattina di alluminio, seppur in cosiddetto “alluminio verde”, ossia prodotto da energie totalmente rinnovabili, sarà ancora più verde se l’impianto sarà alimentato da un cavo in MgB2 che annulla le perdite di energia elettrica». Questo perché dalla ricerca nella superconduzione, che si allarga anche ai nuovi materiali, sono nati dei fili molto più performanti di quelli tradizionali in rame, in grado di trasmettere molta più energia (disperdono 1/100 rispetto alle tecnologie utilizzate fino a oggi) impattando molto meno sull'ambiente.

Costruiti con materie prime comuni e ampiamente disponibili costano poco e hanno qualità termiche che li rendono quasi ideali. Nel 2018 alla presentazione del progetto europeo “Best Path” Christian Eric Bruzek, senior project manager di Nexans ha sottolineato «Abbiamo per la prima volta progettato un sistema con cavo superconduttivo capace di operare in corrente continua (DC), mentre fino ad ora tutti gli altri progetti esistenti si erano limitati alla corrente alternata (AC). La più grande sfida tecnologica è stata gestire la connessione tra il cavo e la rete esistente utilizzando terminazioni ad alto voltaggio. Questo progetto stabilisce gli standard per le future reti». Un passo evidentemente non da poco.

Un ecosistema di cavi

La trasmissione di potenza elettrica tramite cavo convenzionale, sia esso in corrente continua (DC) o corrente alternata (AC), è indissolubilmente associata a delle perdite di varia natura, per cui non tutta la potenza elettrica afferente a un’estremità del cavo sarà trasmessa e quindi fruibile all’altra estremità. Un metodo per contenere tali perdite consiste nell’elevare la tensione di trasmissione, questo implica l’impiego di trasformatori rispettivamente di elevamento ed abbassamento tensione agli estremi del collegamento. Quando la trasmissione invece viene effettuata a mezzo di un cavo superconduttore, tali perdite sono estremamente ridotte – anche di un fattore 100X e pure in caso di tensioni bassissime e correnti elevate. È anche bene ricordare che a parità di sezione con i cavi convenzionali, i cavi superconduttori possono portare correnti estremamente più elevate con campi magnetici nulli. Le voci di costo della fornitura ed esercizio di un sistema in cavo convenzionale sono molteplici e hanno un peso percentuale che varia a seconda della soluzione. Ciononostante, in linea di massima in fase di fornitura i lavori civili (scavo, movimentazione terra, riempimento con materiale con caratteristiche particolari …) è corretto stimarli in prima approssimazione

nell’ordine del 50% del valore di fornitura. In fase di esercizio invece i sistemi in cavo convenzionali sono normalmente soggetti a manutenzione limitata e la voce di costo preponderante è data dalle perdite già citate. La tecnologia in cavo superconduttivo ha un impatto estremamente positivo in termini di costi di posa. Gli scavi hanno in media un volume pari a circa 1/9 di quello dei cavi convenzionali e non necessitano di un materiale di riempimento dello scavo con caratteristiche particolari, e annulla i costi relativi alle perdite, o al peggio li riduce drasticamente in caso di collegamento in AC. In assenza di un’infrastruttura di distribuzione di idrogeno liquido occorre prevedere la fornitura e l’esercizio di un impianto che garantisca la temperatura criogenica operativa, ma tali costi aggiuntivi di fornitura ed esercizio sono recuperabili in tempi brevi grazie agli altri vantaggi nel ciclo di vita del sistema. È quindi chiaro che in termini di impatto ambientale ci sono vantaggi legati a un volume notevolmente minore di suolo movimentato, inclusa la minore CO2 generata dai camion che trasportano il terreno di scavo, cui si aggiunge l’eventuale CO2 per kWh generato (a seconda del metodo di generazione) e non dissipato.

di Daniele Bettini

Laser Spaziali

Le novità e le idee interessanti per il mondo della meccanica non si limitano a questo. Quella del laser, per esempio, è una tecnologia matura e molto versatile, viene utilizzata in svariati settori con performance quanto meno interessanti. Nel mondo industriale, in quello medico o estetico sono utilizzati per tagliare, saldare o marcare, così come per rimuovere i tatuaggi o per gli interventi agli occhi. Un settore in forte crescita, oltre il 9% annuo secondo le ultime stime, in continua evoluzione, in cui l’Italia presenta player importanti come Prima Industria. Un ambito a “caccia” di sempre maggior precisione e quindi di riduzione di sprechi e di minor consumo di energia. Non è solo una questione di risparmio però, la maggior precisione e la rapidità aprono, infatti, a nuovi scenari applicativi e quindi a nuove importanti opportunità industriali. Lithium Lasers è un'azienda fondata nel 2019 e accreditata come Spin-off del Politecnico di Milano dal 2020. L'azienda ha sviluppato una tecnologia laser solida e innovativa, diventando la prima azienda italiana a produrre laser a impulsi ultracorti. Questi laser emettono pacchetti di luce concentrati, garantendo un'altissima precisione in molte applicazioni scientifiche e industriali all'avanguardia. Tra queste rientrano l'imaging funzionale (un insieme di tecniche utilizzate per visualizzare e misurare l'attività biologica all'interno di tessuti e organi in vivo che si concentra su processi dinamici come il flusso sanguigno, il metabolismo e l'attività neurale), la spettroscopia ultraveloce e le lavorazioni di materiali molto resistenti anche per la meccanica di alta precisione. Lithium Laser utilizza laser a impulsi ultracorti con impulsi che durano da pochi femtosecondi a 10 picosecondi che quando colpiscono il bersaglio causano un’esplosione del materiale senza provocare alterazioni termiche. In virtù dell’intensità di picco estrema-

mente elevata i laser USP (Ultrashort Pulse) consentono microlavorazioni raffinate senza provocare crepe su metalli, ceramiche, compositi e vetri. Non solo, queste lavorazioni sono facilmente riproducibili e non alterando termicamente il materiale non lo indeboliscono. Per questo sono utilizzati con successo in quegli ambiti dove precisione dimensionale e tolleranze sono più strette. Uno di questi è l’ambito aerospaziale dove i laser servono per la produzione di microcomponenti e per la marcatura di componenti in polimero rinforzato con fibra di carbonio, un materiale composito chiave nel settore. Non è così un caso che Primo Space (vc concentrato sul settore areospaziale) abbia finanziato gli sviluppi imprenditoriali della start up con 1,5 milioni di euro su un round da 2 milioni, per permettere l’accelerazione del processo di industrializzazione e commercializzazione, oltre che avviare la pianificazione di una nuova linea di laser UV che sarà lanciata nei prossimi anni.

Interessante inoltre è il modello di business e la tipologia di investimento che i venture capital stanno facendo su Lithium, dal momento che la tecnologia non prevede un banale plug & play, bensì un’attenta integrazione nei sistemi produttivi e quindi tanta progettazione e una forte targettizzazione sulle esigenze del cliente.

Questo vuol dire che Lithium non si pone come una start up destinata ad avere una crescita esponenziale, tipo ambiente digitale, con un go to market rapido, piuttosto invece, come un abilitatore di funzionalità estremamente raffinate, molto ricercate e in continuo rapporto di forte integrazione e collaborazione con le più importanti aziende di automazione. È da queste o da qualche grande player che ci si aspetta una acquisizione (anche relativamente rapida) visti i grandi vantaggi e le grandi performance prospettate.

Robot sempre più vicini a noi

Energia, laser e poi robotica, un altro trend furibondo in cui l’Italia vanta un’importante tradizione e che si sta sviluppando incrociandosi con quello che sono altri caratteri distintivi delle nostre PMI: l’integrazione di sistema e la capacità di occupare delle nicchie dall'alto valore aggiunto.

La Sant’Anna di Pisa e la Federico II rappresentano indubbiamente due eccellenze nel mondo della robotica, e proprio da questi ecosistemi culturali arrivano Mediate e Oversonic.

Mediate spera di ripetere il successo della pisana MMI, che ha recentemente ricevuto un finanziamento da oltre 100 milioni di dollari dagli Stati Uniti, si occupa di robotica collaborativa e in particolare di sicurezza sul lavoro.

L’idea parte dalla considerazione che la presenza di un operatore può alterare il campo magnetico intorno al robot, sia esso un braccio robotico, un AMR o AGV. Nasce così HEXtraSense un materiale sensorizzato, che diventa una sottilissima pelle capacitiva che ricopre il robot, o comunque lo integra, costringendolo a fermarsi ogni volta che il campo magnetico viene alterato dalla presenza dell’operatore, salvaguardandone la sicurezza. Interruzione del campo elettromagnetico che viene captata a una distanza di 20-25 cm, mentre il tempo computazionale di reazione, e quindi di blocco, va dai 10 agli 11 millisecondi. Una soluzione, a detta degli interessati, semplice, che si può “facilmente installare”, lavorando anche in retrofitting, e che si propone come alternativa ai sistemi ottici o alle barriere di protezione, in modo da donare più libertà di azione ai robot e agli operatori. Dal micro al macro, dalla “pelle capacitiva” super sottile, a Oversonic, il robot antropomorfo che nasce dalla scuola del professore Bruno Siciliano della Federico II. Tante le caratteristiche che lo rendono interessante: lavora sul concetto di empatia che si risolve con un volto e quindi una faccia, oltre che con un’intelligenza artificiale appositamente progettata. Una soluzione

quella antropomorfa che spinge gli operatori a guardare il robot negli occhi – atto funzionale al riconoscimento facciale, conditio sine qua non per poter dare delle istruzioni vocali allo strumento. Non solo, ma le dimensioni “umane” sono anche la condizione necessaria per poter interagire e lavorare nei magazzini e negli impianti industriali già “abitati” dagli uomini e quindi avere la certezza che l’inserimento dei robot non debba comportare delle revisioni infrastrutturali e quindi degli “aggiustamenti” logistici. Oversonic, il robot umanoide cognitivo, è stato progettato per operare nell’ambito dell’industria meccanica e plastica, dell’industria chimica, dell’automazione industriale e della logistica, in contesti ostili e gravosi per la salute psico-fisica degli operatori.

Con la sua flessibilità di utilizzo e la sua facilità di interazione RoBee, questo il nome del primo modello realizzato, si distingue così come soluzione d’avanguardia per l'asservimento alle macchine di automazione industriale (gestione della programmazione di produzione e controllo dei processi produttivi) e la movimentazione di prodotti in modalità cognitiva (con funzionalità di pick & place personalizzabile e rilevamento parametri ambientali).

È autonomo anche nel movimento, che avviene su ruote, cosa che gli permette di integrarsi perfettamente sia con le linee sia con gli AGV/AMR eventualmente già presenti nell'impianto. Ovvio, per chiudere il cerchio pensare allo sviluppo di robot antropomorfi dedicati all'assistenza medica, anche perché l'intelligenza artificiale e la capacità di ripetere all'infinito alcuni movimenti possono anche rappresentare delle funzionalità importanti in alcuni processi di cura. Non è un ambito in cui si sia ancora cimentato, ma i punti di contatto sembrano molti visto che tradizionalmente anche sul mercato giapponese il robot antropomorfo e il concetto di empatia vanno di pari passo con le pratiche assistenziali, ma al momento è una pagina ancora da scrivere.

Controlli non distruttivi per le macchine alimentari

Buone pratiche e innovazioni tecnologiche per produttori e utilizzatori

L’industria alimentare e delle bevande è al primo posto della graduatoria per fatturato dei settori dell’industria italiana del manifatturiero con un valore pari a 193 miliardi di euro, il 15,6% del totale del fatturato dei settori industriali, e al secondo posto per numero di imprese e di addetti nonché per export in valore, oltre 53 miliardi di euro, pari al 14% del totale del valore dell’export afferente ai settori del Made in Italy (Rapporto Federalimentare – Censis, 2023).

Èun comparto in continua evoluzione, in cui le imprese sono sottoposte a normative stringenti e a rigorosi controlli per garantire la sicurezza e la salute del consumatore, messe a repentaglio anche da un mercato ormai globale, che non pone confini alle provenienze dei cibi e dei materiali e che presenta strutture di costi sempre più critiche, a partire dal fabbisogno energetico.

Evitare la contaminazione è dunque una priorità per l'industria di trasformazione alimentare, per evitare rischi per la salute e, nello stesso tempo, mantenere la fiducia dei consumatori nel marchio e nei prodotti.

In particolare, l’industria meccanica di produzione di macchine alimentari viene coinvolta appieno nel processo di sicurezza igienica poiché tutti i materiali e oggetti a contatto con alimenti (MOCA) sono soggetti a disposizioni generali armonizzate a livello comunitario e applicabili a tutte le fasi della produzione, lavorazione e distribuzione.

Com’è noto, i produttori sono tenuti a definire lo stato igienico del proprio processo produttivo attuando un piano GMP – Good Manufacturing Practices, buone pratiche di fabbricazione, secondo il Reg. CE 2023/2006 – che porta a definirne anche i controlli in fase di produzione, con particolare attenzione ai punti di maggiore criticità come le zone di saldatura, con controllo periodico dei difetti superficiali e sub-superficiali, e le zone soggette a maggior stress meccanico o a possibile attacco corrosivo. Per i costruttori e gli utilizzatori di macchine alimentari, infatti, difetti, cricche, imperfezioni, crepe possono influenzare e alte-

rare le prestazioni dei componenti, creando condizioni favorevoli a fenomeni di trasporto dei materiali negli alimenti durante il processo di produzione come di confezionamento, nonché originando sorgenti di possibili contaminazioni microbiche.

Controlli non distruttivi nell’industria meccanica e alimentare

Oggi, grazie alle nuove metodiche e alle innovazioni tecnologiche disponibili è possibile prevedere un unico modello per la gestione della sicurezza, che coniughi la qualità igienico-costruttiva delle macchine con la sicurezza dell’alimento.

Parliamo dei CND-controlli non distruttivi (NDT nella sigla inglese) che, sia in fase di produzione sia in fase di esercizio, consentono di garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti finali. Questi metodi consentono infatti di rilevare difetti e anomalie senza compromettere l'integrità del materiale e assumono particolare importanza per i controlli in accettazione della componentistica e a supporto dei controlli post- produzione.

L'integrazione dei CND nella costruzione delle macchine rappresenta una scelta strategica per chi opera nel settore alimentare, coniugando innovazione tecnologica e impegno verso la sicurezza alimentare e la sostenibilità, migliorando l'affidabilità dei prodotti e contribuendo a costruire una reputazione integrità nel settore alimentare.

A loro volta, gli utilizzatori di macchine per l’industria alimentare necessitano dei CND perché anche l’azione meccanica durante la lavorazione può provocare alterazioni nelle appa-

recchiature di produzione alimentare che diventano causa di contaminazione.

Il rilevamento tempestivo, regolare e completo dei difetti superficiali diventa così un aspetto cruciale della corretta manutenzione delle apparecchiature, per evitare blocchi di produzione e contaminazione dei materiali. È però altrettanto fondamentale garantire che durante i CND vengano seguite tutte le misure di sicurezza adeguate per evitare ulteriori danni e contaminazioni.

I CND rappresentano una soluzione efficace per valutazioni di rapida esecuzione e immediati risultati anche su macchine alimentari in impianti datati – che non possono rispettare i requisiti normativi igienico costruttivi europei, definiti nel 2006 – la cui igienicità spesso si riflette in maniera indiretta sugli alimenti.

I vantaggi dei controlli non distruttivi I vantaggi dei CND, sia lato produttore sia lato utilizzatore di macchine alimentari, sono molteplici.

• Prevenzione dei rischi: le tecniche non distruttive permettono di identificare precocemente eventuali anomalie o deterioramenti nelle superfici a contatto con gli alimenti senza alterare la struttura dell'equipaggiamento, aiutando a prevenire la contaminazione incrociata e la proliferazione di batteri.

• Efficienza economica: utilizzando metodologie come l'ultrasuono o la radiografia è possibile ridurre i costi di manutenzione ed evitare fermi macchina non programmati. La diagnosi tempestiva evita riparazioni costose e prolunga la vita utile degli impianti.

• Conformità regolamentare: i CND assicurano che tutti gli aspetti degli impianti siano conformi agli standard igienico-sanitari imposti dalle autorità regolatorie. Questo non solo evita sanzioni, ma rafforza anche l'immagine come responsabile e affidabile.

• Sostenibilità: le ispezioni non distruttive diminuiscono la necessità di sostituire intere parti di macchinari, anche durante la fase del processo produttivo delle machine stesse, contribuendo alla riduzione dei rifiuti e promuovendo una produzione più sostenibile.

• Qualità del prodotto: mantenendo gli standard igienici al massimo livello, i CND contribuiscono direttamente a migliorare la qualità finale dei prodotti alimentari, garantendo che siano sicuri e conformi alle aspettative del consumatore.

La programmazione delle ispezioni

I progettisti e gli utilizzatori, che conoscono bene le macchine e le problematiche che si possono manifestare durante l’esercizio, hanno la responsabilità di individuare le parti critiche da ispezionare mentre le società di controlli non distruttivi come Omeco mettono a disposizione esperti di CND certificati di livello 3 (secondo la norma ISO 9712) per individuare le tecni-

che e i criteri da applicare nei controlli e i tecnici di livello 2 in grado di applicarli corretamente e con la giusta professionalità e competenza.

Una buona programmazione delle ispezioni periodiche prevede:

• un’ispezione annuale delle parti critiche utilizzando le tecniche più semplici ed economiche

• un’ispezione più approfondita ogni 3 o 5 anni, utilizzando anche le tecniche più complesse, che spesso comprende anche lo smontaggio di alcuni componenti per una migliore e più completa accessibilità a tutte le parti interessate.

I metodi CND applicabili all’industria meccanica

• Radiografia - Utilizzata per rilevare inclusioni metalliche, soffiature, cricche, rotture o altre anomalie nei componenti metallici delle macchine alimentari. Dati la complessità e i problemi di sicurezza, è impiegata spesso in fase di produzione e raramente per i controlli periodici durante l’esercizio.

• Controllo con ultrasuoni - Per la rilevazione di riduzioni di spessore per corrosione o usura dovute all’esercizio nei materiali metallici e non metallici utilizzati nella costruzione delle macchine. Con alcuni limiti in base ai materiali il controllo può essere impiegato, soprattutto in costruzione, per il rilievo di difetti interni come soffiature, cricche o altri difetti di saldatura.

• Termografia - Effettuata durante il funzionamento identifica variazioni di temperatura anomale che potrebbero indicare aree di difetto o malfunzionamenti nei componenti delle macchine.

• Ispezione visiva - È il principale controllo da effettuare periodicamente: a occhio nudo, da parte di personale addestrato, e attraverso l’utilizzo di strumenti come telecamere ad alta risoluzione, video endoscopi e microscopi (con repliche metallografiche per indagini localizzate), per individuare difetti superficiali o microscopici difficilmente visibili a occhio nudo.

• Controllo con liquidi penetranti - Disponibili ora anche con formulazioni compatibili con successivi utilizzi alimentari, previe opportune operazioni di pulizia e decontaminazione.

• Controllo con correnti indotte - Le più moderne tecnologie permettono di effettuare agevolmente ed efficacemente il controllo dei difetti superficiali di pareti e saldature a contatto con gli alimenti senza la necessità di impiegare prodotti inquinanti sulla superficie dei componenti.

di Pasquale Alfano, Site Manager Omeco Lifetech

Un evento di dialogo per la sostenibilità industriale

di Daniela Lionetti - Responsabile ANIMA Ambiente e Sostenibilità

Anima Green Talks è un evento ideato dal gruppo di lavoro "Ambiente e Sostenibilità" di Anima Confindustria, per promuovere un dialogo costruttivo tra istituzioni, aziende e professionisti. L'evento ha avuto luogo in un contesto di crescente attenzione verso le politiche ambientali e mira a fornire strumenti e conoscenze utili per affrontare le sfide della sostenibilità nel settore industriale.

Durante la giornata del 1ottobre scorso è stato presentato il primo Quaderno della Sostenibilità Anima, un documento che raccoglie ricerche e analisi sulle pratiche sostenibili nel settore. Questa pubblicazione rappresenta un'importante risorsa per le aziende che intendono intraprendere un percorso di sostenibilità. Al progetto hanno lavorato Paolo Galloso, Responsabile Ufficio Studi Anima Confindustria, congiuntamente al Comitato Scientifico composto da professori ed esperti del tema. Durante la giornata non sono mancati i momenti di dialogo e approfondimento con i due panel. Il primo, intitolato “Il Valore Economico della Sostenibilità per Imprenditori e Industria” ha

offerto una panoramica delle opportunità economiche derivanti dall'adozione di pratiche sostenibili. Introdotto da Fabrizio Moscariello, Direttore Marketing e Pianificazione Strategica di ICIM Group, si è avuto modo di capire come la sostenibilità possa diventare un motore di crescita economica e d’innovazione. Il secondo panel, “Strategie e Sfide per l'Economia Circolare”, si è incentrato delle strategie circolari per ridurre l'impatto ambientale e migliorare l'efficienza delle risorse. Mario Jorizzo, Direttore della Divisione Economia Circolare di ENEA, ha introdotto il tema, seguito da una discussione con esponenti delle Istituzioni quali Carlo Zaghi, Direttore Generale della DG Sostenibilità dei

Prodotti e dei Consumi, MASE e Paolo Casalino, Direttore Generale DG per la Politica Industriale, la Riconversione e la Crisi Industriale, l'Innovazione, le PMI e il Made in Italy, MIMIT. Si è parlato delle politiche di supporto all'innovazione sostenibile nelle PMI e delle sfide per la transizione verso l'economia circolare.

«Anima Green Talks rappresenta un'opportunità unica per promuovere il dialogo e la collaborazione tra istituzioni, imprese e professionisti impegnati nella transizione verso la sostenibilità». Ha commentato Pietro Almici presidente di Anima «Una transizione sostenibile che vede la meccanica in prima fila, impegnata da diversi anni nell’innovazione tecnologica, per creare un settore sempre più all’avanguardia e efficiente dal punto di vista energetico e produttivo. Un comparto che, ricordiamo, rappresenta oltre 55 miliardi di euro di fatturato e dà lavoro a circa 222mila addetti».

L’evento “Anima Green Talks” tenutosi presso il Cariplo Factory a Milano, è stata una giornata interamente dedicata alla transizione verde nell’industria manifatturiera e, con la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni nazionali ed europee, l’evento ha offerto un confronto ricco di discussioni sulle attuali e future politiche ambientali, fornendo alle aziende strumenti concreti per adeguarsi attivamente alle normative e contribuire al dibattito legislativo. Anima Green Talks si configura come un nuovo spazio di dialogo tra istituzioni, imprese e professionisti, un’occasione per esaminare le opportunità e le sfide dell’adozione di pratiche sostenibili, mettendo in luce i benefici economici di lungo termine. L’evento ha inoltre proposto un fitto programma di dibattiti, tavole rotonde e sessioni di networking, offrendo alle aziende la possibilità di confrontarsi direttamente con leader di settore e stakeholder strategici. A presto con la prossima edizione di ANIMA Green Talks.

Ambiente e sostenibilità

Nato nel 2022, Anima Ambiente e Sostenibilità è un gruppo di lavoro dedicato alle aziende associate. Nato con lo scopo di creare un unico canale all’interno di Anima Confindustria è trasversale a tutti i comparti che diventi il punto di riferimento per tutte le temati-

che riguardanti l’Ambiente e la Sostenibilità. Ad oggi il GET è composto da più di 70 aziende associate, trasversali alle 34 associazioni federate Anima, coinvolgendo una rete di più di 140 persone e addetti ai lavori sul tema della sostenibilità.

Il Noleggio Operativo di impianti fotovoltaici per ridurre il costo dell’energia e migliorare la sostenibilità delle ªziende

L’elevato costo dell’energia per le aziende italiane e l’impossibilità di rinviare un processo già in corso, quello della transizione energetica, ha mosso ANIMA Confindustria a sottoscrivere con Phinance Partners, promotori del progetto SolaRoof, una convenzione per favorire la diffusione degli impianti fotovoltaici per i suoi associati.

Il progetto SolaRoof mira a rendere semplice l’installazione di impianti fotovoltaici per aziende di qualunque dimensione, trasferendo alle stesse una serie di benefici, senza necessità di immobilizzare capitali. In sintesi SolaRoof è una piattaforma di noleggio di impianti fotovoltaici su lastrici solari, che consente all’azienda di beneficiare di un risparmio economico per tutta la durata del noleggio – tipicamente sette o otto anni – e di diventare proprietaria dell’impianto gratuitamente al termine dello stesso. I promotori di SolaRoof sono Phinance Partners, operatore che si occupa della struttura finanziaria dell’iniziativa e rappresentata da Enrico Cantarelli, e LT Holding, operatore tecnico che si occupa della progettazione degli impianti e dell’iter autorizzativo rappresentata da Dario Levi.

L’istallazione di un impianto fotovoltaico è un tassello fondamentale per perseguire una strategia aziendale di miglioramento

dell’efficienza energetica e di maggiore sostenibilità, fattori questi che sempre più vengono apprezzati da tutti gli eventuali stakeholder dell’azienda e in particolare: le banche finanziatrici, eventuali investitori istituzionali, i clienti e i dipendenti.

Come funziona il processo per una media azienda?

«La prima fase prevede la valutazione della fattibilità del progetto e dei suoi effetti economici da parte di SolaRoof in favore dell’azienda, senza impegno e in modo del tutto gratuito». A rispondere è Enrico Cantarelli «L’azienda trasmette a SolaRoof i dati del proprio capannone industriale e le proprie bollette degli ultimi 12 mesi. SolaRoof valuta la dimensione dell’impianto che si può istallare e, in base alla sua localizzazione, quale produzione si possa avere nelle varie stagioni e fasce orarie. SolaRoof confronta poi la produzione con i consumi dell’azienda

e trasmette all’azienda un’analisi ed il risparmio ottenibile rispetto all’attuale bolletta».

L’azienda ha assunto qualche impegno in questa fase?

«Nessuno.» A parlare è sempre Cantarelli «Come dicevo si tratta di un’analisi senza alcun tipo di impegno. Se l’azienda valuta interessante l’opportunità, si procede ad una ispezione del sito e, se non emergono problematiche, quali un lastrico solare danneggiato, ombreggiato, o con presenza di amianto, SolaRoof conferma che si può procedere, ovvero è necessario qualche lavoro preliminare quale l’eliminazione dell’amianto. I risparmi che l’azienda può conseguire nel nostro contratto di noleggio variano tra il 20% ed il 35% annuo rispetto all’attuale bolletta (in funzione della localizzazione geografica. Al sud ci sono più ore di sole rispetto al nord)».

E qual è la durata dell’impegno che l’azienda assume?

«I nostri contratti di noleggio durano tra i 7 e gli 8 anni. L’azienda cede a SolaRoof il diritto di superficie per una durata di 20 anni, ma questa è solo una tutela per SolaRoof che l’azienda rispetti il contratto». Precisa Cantarelli «Al termine del periodo di noleggio di 7 o 8 anni, se l’azienda ha pagato i propri canoni, il diritto di superficie si abbrevia e si estingue, e l’impianto passa gratuitamente all’azienda come “pertinenza” del diritto di superficie. A quel punto l’azienda diventa proprietaria dell’impianto e beneficia di energia sostanzialmente gratuita per la vita residua dell’impianto che supera i 20 anni».

Ci sono altri vantaggi nel vostro schema oltre al risparmio immediato?

Questa volta è Levi a parlare «In primo luogo il contratto di noleggio consente l’integrale detrazione del canone dall’imponibile fiscale. Ricordo che, se l’azienda acquista l’impianto in leasing o a debito detrae solo la quota interessi, oltre all’ammortamento – e per un periodo più lungo rispetto al nostro noleggio – dopo che ne è diventata proprietaria. L’altro vantaggio» prosegue sempre Levi «è l’assenza di competenze tecniche di cui l’azienda deve dotarsi. Se un’azienda vuole installare un impianto di proprietà, deve attentamente valutare la fattibilità del progetto e se ne assume ogni rischio. Il fotovoltaico è una tecnologia relativamente matura, ma comunque specialistica. L’azienda deve valutare se l’impianto sia installabile, quale sia la sua capacità di generare energia, e se vi siano ombreggiamenti che ne inibiscano la produzione. Inoltre vi sono attività autorizzative da intraprendere, spesso non semplici. Se a installazione ultimata l’impianto non ottiene i risultati attesi, il rischio è dell’azienda. Viceversa nel nostro modello, il canone di noleggio è dovuto unicamente, a valle del collaudo e dell’allaccio, se i risultati sono quelli attesi, e SolaRoof si occupa di tutte le procedure autorizzative.

Un ulteriore vantaggio è che, al termine del periodo di noleggio, l’impianto passa in proprietà dell’azienda, e questo aumenta il valore dell’immobile. Oggi un capannone con un impianto fotovoltaico vale molto di più di uno che ne è privo.

Da ultimo, evidenzio che le aziende devono focalizzarsi sul proprio core business, ovvero sulle cose che sanno fare. Se un’azienda dispone di risorse finanziarie “in eccesso”, la scelta migliore è che le impieghi nel core business, piuttosto che in attività specialistiche diverse dalla propria, quale la costruzione di impianti fotovoltaici».

La vostra proposta si applica anche ad aziende che possiedono già impianti?

«Senz’altro. Chi abbia realizzato impianti magari 10 anni fa ora dispone di un impianto del tutto superato dall’attuale tecnologia». Ci spiega Levi «Pensiamo solo che i pannelli di 10 anni fa avevano una potenza di 180 w. Oggi, a parità di dimensione, un pannello produce oltre 600 w. Pertanto le aziende che si trovano in una simile situazione possono cederci gli impianti, lasciare a noi la gestione del revamping, e riprenderli in noleggio con una produzione nettamente superiore. Ed eventualmente SolaRoof può acquistare anche i contributi futuri, dando così liquidità immediata all’azienda».

Come garantite alle aziende la qualità dell’istallazione?

Continua Levi «Il nostro partner tecnico per la costruzione e manutenzione degli impianti è la società LT, che con i miei soci ho fondato nel 2016 e di cui abbiamo venduto al gruppo Terna il 75% nel 2021 e di cui i soci della nostra società continuano a detenerne il 25% del capitale e ruoli di governance. LT è il leader italiano nell’installazione e manutenzione di impianti. Oggi ha in gestione circa 1,3GWp di impianti fotovoltaici installati a terra e su

lastrici solari. Direi che la presenza di un simile partner è di per sé una garanzia di qualità dell’installazione».

Oltre ai lastrici solari, installate impianti anche in altri contesti quali terreni o pensiline per parcheggi?

«Possiamo farlo, i terreni limitrofi all’azienda sono senz’altro un’alternativa. Per quanto riguarda i parcheggi, evidenzio che le pensiline su cui installare i pannelli rappresentano costi rilevanti in quanto le pensiline devono resistere a venti estremi e quindi aumentano significativamente il costo del noleggio. Se le pensiline rappresentano un vantaggio per l’azienda, perché ombreggiano le auto, possiamo senz’altro installare pannelli su di esse, ma l’azienda deve farsi carico del costo delle pensiline che altrimenti renderebbero la convenienza meno evidente».

Oggi esistono vari sussidi per l’investimento in impianti fotovoltaici, da Industria 5.0 alle cosiddette ZES. Sono compatibili con il vostro schema di intervento?

«Direi che questi meccanismi vanno valutati caso per caso, ma in generale direi di sì». A parlare ora è Cantarelli «Nel caso dei crediti fiscali ZES, l’azienda ne può beneficiare se ha la certezza che il noleggio preveda il passaggio di proprietà dell’impianto all’azienda al termine del noleggio, come nel nostro caso. Nel caso di Industria 5.0, che prevede procedure molto complicate e onerose per accedervi, il nostro modello può adattarsi per quanto attiene agli investimenti che eccedano i 2,5 milioni di intervento previsti».

EXPORT TRA OPPORTUNITÀ E CRESCITA, MA QUALI SONO I RISCHI?

A volte rappresenta una necessità, a volte è una scelta strategica ma spesso è un tentativo di ampliare la propria presenza su mercati importanti. L’export è per le aziende un naturale canale di sbocco, una volta consolidata la crescita all’interno della nazione. Le imprese italiane hanno da sempre prestato una particolare attenzione nei confronti dei mercati esteri, dapprima in Europa e successivamente oltre oceano (Stati Uniti e Nord America in generale, ma anche Asia e Oceania). Tra i settori maggiormente interessati ci sono quelli del lusso e del food che rappresentano le due principali punte di diamante del settore, ma un ruolo importante è ricoperto anche dal settore della meccanica, in particolare quella di precisione, e da quello farmaceutico.

Nell’ultimo anno l’export ha rappresentato circa il 40% del PIL italiano e, rispetto al 2022, il 2023 pur mostrando numeri stazionari, ha continuato a essere una importante voce nei bilanci di molte aziende. I mercati di riferimento si possono dividere in due: europei ed extra europei, con questa seconda voce che nel 2023 ha registrato un’importante crescita. Infatti, nel corso dello scorso anno l’economia europea ha subito una netta battuta di arresto, registrando una crescita di appena lo 0,5%, a causa principalmente del rallentamento della prima economia europea, la Germania, che ha registrato un PIL in calo dello 0,3% per via degli effetti negativi dei rialzi dei tassi della BCE nell’anno e dell’aumento dei costi energetici. Il mercato extra UE ha segnato una crescita del 2,5% grazie soprattutto all’export verso

Cina (+16,8%), India (+7,6%) e Stati Uniti (+3,4%) che hanno ben compensato il calo verso il Giappone (-0,4%), Svizzera (-1,7%), Regno Unito (-4,3%) e, ovviamente, Russia (-19,9%) che subisce ancora le limitazioni dovute al conflitto con l’Ucraina.

L’export, pertanto, ricopre un ruolo importante per l’economia nazionale e rappresenta un ottimo mercato di sbocco per le PMI italiane, ciononostante, aprirsi ai mercati internazionali implica una serie di sfide. Dapprima, la creazione di rapporti commerciali e il loro controllo a distanza, necessitano di una professionalità in grado di garantire una gestione mirata che massimizzi gli sforzi. Tuttavia, bisogna mettere in conto anche fattori esterni che possono ricoprire un ruolo cruciale nel successo dell’esportazioni. In

Nell’ultimo anno l’export ha rappresentato circa il 40% del PIL italiano e, rispetto al 2022, il 2023 pur mostrando numeri stazionari, ha continuato ad essere una importante voce nei bilanci di molte aziende.

particolare, nei confronti dei paesi extra UE. Infatti, nei paesi non facenti parte dell’area euro, la gestione dei flussi di cassa in valuta differente può rappresentare una sfida importante. Un famoso studio di Donald Lessard e John Lightstone, pubblicato sulla Harvard Business Review dal nome “Volatile Exchange Rates Can Put Operations at Risk”, sottolinea come la volatilità dei cambi possa rappresentare un serio problema ed impattare sulla propria marginalità facendo, a volte, fallire il processo di ampliamento dei mercati di riferimento.

In un’ottica di lungo termine, i manager dovrebbero considerare l'esposizione operativa quando impostano la strategia e la pianificazione del prodotto a livello mondiale. Nel breve periodo, la comprensione dell'esposizione operativa spesso migliora le capacità decisionali. Inoltre, la valutazione di un’unità aziendale e dei suoi manager dovrebbe avvenire dopo che gli effetti del tasso di cambio siano stati presi in considerazione poiché sono al di fuori del loro controllo. Di fatto, i tassi

di cambio si modificano a seconda di diverse variabili, una tra le più importanti è rappresentata dalle differenti politiche monetarie delle varie banche centrali. Tra i casi più recenti, quello che si è registrato a giugno quando la BCE ha ridotto il costo del denaro (primo taglio dei tassi dal 2019) portando il tasso di riferimento al 4,25% dal 4,50%, in contrapposizione con le politiche attendiste di altre banche centrali (Federal Reserve in particolare). Questo porta l’euro a subire variazioni rispetto alle altre valute, che determinano un indebolimento nei confronti di quelle valute per le quali i tassi di interesse sono mantenuti più alti dalle proprie banche centrali di riferimento. Un esempio, che aiuta a comprendere meglio questo fenomeno, è rappresentato dai tassi di cambio tra BCE e Federal Reserve, con quest’ultima che ha tassi di interesse superiori dell’1-1,25% rispetto alla BCE, soprattutto dopo il taglio dei tassi della BCE suddetto. Se analizziamo l’effetto nei periodi pre riunione BCE e post decisione BCE, notiamo come il cambio eur-usd abbia registrato un calo (apprezzamento del dol-

Il mercato extra UE ha segnato una crescita del 2,5% grazie soprattutto all’export verso Cina (+16,8%), India (+7,6%) e Stati Uniti (+3,4%) che hanno ben compensato il calo verso il Giappone (-0,4%), Svizzera (-1,7%), Regno Unito (-4,3%) e, ovviamente, Russia (-19,9%) che subisce ancora le limitazioni dovute al conflitto con l’Ucraina.

laro nei confronti dell’euro) di oltre l’1% passando da area 1.0850 ad area 1.0670 in appena 48 ore.

Ma la fluttuazione dei cambi può risentire di altri fattori, tra cui le scelte politiche o le elezioni parlamentari, nonché le aspettative di crescita economica oppure l’aumento dell’indebitamento pubblico. A volte, invece, la fluttuazione del cambio è orchestrata dai policymakers proprio per avvantaggiare l’export, come è avvenuto in Cina e Giappone nel recente passato.

In altri casi, invece, l’intervento è stato attuato al fine di frenare l’apprezzamento della propria valuta come, ad esempio, ha fatto la Swiss National Bank quando, il 6 settembre 2011, ha deciso di porre un cambio fisso minimo contro l’euro a 1,2000 franchi. Tuttavia, la revoca avvenuta il 15 gennaio 2015, a causa dell’insostenibilità nel supportare il cambio fisso che aveva portato la Banca Nazionale Svizzera ad acquistare massicce quantità di euro (tra il 2010 ed il 2013, le riserve in euro della banca centrale elvetica sono passate da 50 a 500 miliardi di franchi), ha avuto l’effetto contrario mettendo in difficoltà molte società rivolte all’export.

Questa azione della SNB ha portato le aziende esportatrici elvetiche (che fatturano con valute più deboli ma pagano costi in franchi) a subire le conseguenze peggiori. L'amministratore delegato di Swatch, Nick Hayek, aveva definito la decisione “uno tsunami per l’industria dell’export”.

Pertanto, esportare senza tenere in considerazione queste variabili potrebbe far fallire qualsiasi società in salute in pochissimo tempo senza una corretta gestione del problema cambi. Una risposta a questo problema può essere fornita attraverso un’attenta gestione del rischio cambio, basata proprio per limitare le fluttuazioni avverse dei cambi. Innanzitutto, la società che si rivolge ai mercati esteri deve, necessariamente, impostare un cambio budget su cui effettuare tutte le analisi di profittabilità. Questo cambio budget deve poi essere protetto attraverso strumenti finanziari che, in caso di movimento avverso, annullano l’effetto del cambio confermando il cambio budget protetto.

Un esempio che potrebbe chiarire eventuali dubbi: ipotizziamo che una società

Di fatto, i tassi di cambio si modificano a seconda di diverse variabili, una tra le più importanti è rappresentata dalle differenti politiche monetarie delle varie banche centrali.

italiana venda merci al suo distributore statunitense del valore di $400.000 con consegna tre mesi successivi alla data di stipula e con pagamento alla consegna. Nel momento della stipula del contratto di vendita, la società sa che incasserà $400.000 e che la vendita consentirà un profitto lordo di $40.000, che il tasso di cambio eur-usd alla data di stipula era pari a 1.0800 (quindi la società italiana si aspetta di ottenere un utile di €37.037).

L’incertezza tra la data di stipula del contratto e l’effettivo pagamento apre la strada a un rischio cambio. Infatti, nel corso dei tre mesi il cambio eur-usd potrebbe muoversi in entrambe le direzioni, con il rischio però che possa deprezzarsi e che quindi possa far incassare meno alla società. Infatti, se il cambio dovesse attestarsi a 1.1200 a scadenza, nel momento dell’incasso la società otterrà sempre $400.000 ma il controvalore sarà pari a 357.142,86 euro, con un incasso che calerà da 37.037 euro stimati in precedenza a 35.714 euro al cambio dell’incasso (1.12 ipotizzato), ovvero una perdita 1.323 euro. Se in questo caso il differenziale è minimo, ipotizziamo di amplificare la perdita per ogni singola operazione di export e, se una società dovesse avere vendite per

40 milioni di dollari, la perdita si aggirerebbe a quasi 1,5 milione di euro solo per effetto del movimento del cambio. Se a questo si aggiungono eventuali ulteriori costi in aumento, come ad esempio quelli del trasporto (argomento già riportato nel numero 737) l’effetto perdita potrebbe accrescere ulteriormente.

Dobbiamo inoltre tenere presente che i mercati valutari stanno vivendo una situazione di bassa volatilità rispetto allo scorso decennio, ma questa situazione non è detto che permarrà per sempre, anzi alcuni fattori di instabilità politica e geopolitica potrebbero mutare l’attuale status quo. L’incertezza politica, economica e geografica sono fattori che influenzano direttamente l’andamento dei tassi di cambio e possono portare al successo o al fallimento di politiche di vendite all’estero. Pianificare un cambio budget e farsi supportare da specialisti valutari è sicuramente la scelta vincente in un mondo che cambia in continuazione e che necessita sempre più di competenza e conoscenza.

Dogana Facile

OLTRE LE SANZIONI: DUE DILIGENCE COME STRUMENTO PER UN EXPORT

Servizi strategici per il business delle imprese

passo con i cambiamenti nel mondo

RESPONSABILE E COMPETITIVO

I conflitti armati e le criticità politiche che si manifestano con intensità crescente coinvolgono inevitabilmente - nel quadro economico e politico mondiale integrato - le supply chain globali e locali. L'invasione dell'Ucraina da parte della Federazione Russa, la tensione gravante su Taiwan, la crisi israelo-palestinese, gli attacchi terroristici, le guerre regionali rappresentano vere e proprie faglie sistemiche con effetti molto superiori e talora diversi da quelli ragionevolmente prevedibili. Conflitti e tensioni, tuttavia, non causano una polarizzazione netta: ciascuna faglia produce aggregazioni politico-economiche diverse e mutevoli, creando sovrapposizioni complesse e talvolta contraddittorie, specialmente dal punto di vista delle imprese che operano nei mercati internazionali.

PER INFORMAZIONI

Carmela Massaro

Responsabile Dogana Facile

ANIMA Confindustria Meccanica, via Scarsellini 13 Milano Tel 02.45418305 Email massaro@anima.it

di Fulvio Liberatore – Team di ricerca Easyfrontier Technologies

Le azioni che la comunità internazionale (o, più propriamente le comunità internazionali) mette in campo per tentare di superare le criticità locali ad effetto globale si incardinano su forme di pressione destinate a produrre effetti molto simili a quelli militari, pur garantendosi spazi di manovra e flessibilità che l’uso delle armi non consente praticamente mai.

Colpire l'economia di un paese o più, tramite sanzioni oggettive (che impediscono gli scambi di specifiche tipologie di beni o di tutti i beni potenzialmente oggetto di commercio), sanzioni soggettive (che colpiscono specifiche persone o entità vietando loro l'accesso a risorse economiche) e sanzioni finanziarie (che vietano o rendono impossibili i trasferimenti di denaro e titoli) è una pratica consolidata che, con il passare del tempo, ha acquisito un ruolo predominante e rappresenta il principale strumento di intervento aggressivo, ma non definitivo adottato a livello globale. L’applicazione di regimi sanzionatori comporta, però, vantaggi e svantaggi evidenti: da un lato, ridurre o azzerare la capacità di approvvigionamento di un paese frammentandone le catene di fornitura costituisce un risultato significativo in ogni forma di conflitto; dall'altro, le restrizioni economiche comportano notevoli svantaggi anche per chi le impone e provocano reazioni intense da parte del paese colpito, che possono tradursi in alleanze e strategie difficili da contrastare e incentivano, soprattutto, il ricorso a pratiche di elusione delle sanzioni.

Si consideri, ad esempio, gli effetti delle sanzioni e della riduzione degli scambi commerciali tra Mosca e i paesi dell'Unione europea a seguito della guerra in Ucraina: in effetti, tra il 2021 e il 2023 l’Unione europea, secondo i dati Eurostat, ha ridotto di 51 miliardi di euro le esportazioni dalla Russia, mentre si registra un incremento di 16 miliardi per l'export dalle altre repubbliche ex sovietiche, in una evidente geometria che, di fatto, non ha isolato nella misura prevista la Russia. Ma se l’obiettivo dei sistemi sanzionatori consiste nell’isolamento economico progressivo e calibrato dei paesi, delle organizzazioni e delle persone che si è deciso di colpire, è necessario che tutti gli operatori economici, ai quali spetta in ultima analisi la messa in opera delle restrizioni, ne siano consapevoli e siano seria-

mente intenzionati a seguire puntigliosamente le regole adottate, in fin dei conti, a livello (quasi) globale: anche a costo di sopportare perdite (di mercato, di profitti, d’opportunità nell’immediato) in vista, però, di una riapertura dei mercati che sarà tanto più tempestiva quanto più efficaci saranno state le azioni dissuasive poste in essere.

Due diligence: costrizione o consapevolezza?

In forza di tale responsabilità, gli operatori devono sviluppare e “allenare” la due diligence, ovvero l’attenzione e la cura che si dovrebbero prestare, in maniera ragionevole, prima di stipulare un accordo con una controparte. In ambito economico o commerciale, la d. d. rappresenta un approfondimento, una verifica di un potenziale investimento, ed è finalizzata a confermare oppure a smentire tutti i fatti, gli elementi e le circostanze che attengono a una data operazione.

La dovuta diligenza, per quanto, ad oggi, sia stata introdotta come “obbligo” solo in alcuni casi deve poter diventare un atteggiamento “naturale” per gli operatori. Un vero e proprio processo organizzativo che, oltre ad evitare comportamenti rischiosi, consente di ottimizzare le proprie supply chain, adottando best practice riconosciute e garantendosi efficientamenti di lungo periodo.

Due diligence come tutela ambientale e dei diritti umani

L’Unione europea ha già adottato, nell’ambito del Green Deal, strumenti legislativi che hanno introdotto l’obbligo di due diligence: strumenti che vanno ben oltre il “sistema sanzionatorio” ma che ne condividono la ratio. Talora le norme volte a perseguire obiettivi superstrategici come quelli del Green Deal vengono, infatti, percepiti dai governi e dagli operatori economici non unionali come ulteriori strumenti di pressione, in quanto, similmente alle sanzioni, proiettano sulle aziende la responsabilità del controllo e della diligente valutazione delle supply chains globali.

L’Unione europea ha già adottato, nell’ambito del Green Deal, strumenti legislativi che hanno introdotto l’obbligo di due diligence: strumenti che vanno ben oltre il “sistema sanzionatorio” ma che ne condividono la ratio.

Deforestazione

Il Regolamento (UE) 2023/1115, relativo alla messa a disposizione sul mercato dell'Unione e all'esportazione dall'Unione di determinati prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale, disciplina l'immissione sul mercato e l'esportazione dei prodotti elencati in Allegato I, impedendone la circolazione qualora non soddisfino determinati requisiti, tra cui l'essere oggetto di una dichiarazione di due diligence (due diligence statement - art.3 Reg. (UE) 2023/1115). Gli operatori sono tenuti, sotto la propria responsabilità, a effettuare una due diligence sui propri fornitori, comprensiva di valutazione del rischio e oggetto di una specifica dichiarazione formalizzata (artt. 10-11). Le dichiarazioni di due diligence saranno inizialmente (a partire dal 30 dicembre 2024) messe a disposizione delle autorità competenti tramite un apposito sistema informativo istituito dalla Commissione e basato su TRACES NT, il sistema già oggi in uso per il rilascio dei certificati sanitari richiesti per l’importazione di prodotti animali e vegetali ad alto rischio. A partire dal 30 giugno 2028, le dichiarazioni di due diligence verranno acquisite utilizzando l'ambiente dello sportello unico dell'UE per le dogane (EU Single Window Environment for Customs - Reg. (UE) 2022/2399).

In caso di possibile non conformità, gli Stati membri potranno adottare misure provvisorie, come il sequestro delle merci o la sospensione dell'immissione in libera pratica o dell'esportazione. Già dall’anno prossimo (2025), la Commissione UE si aspetta non meno di 30 milioni di dichiaranti e non meno di 100 milioni di due diligence statement.

CBAM

Nell’ottica di garantire il rispetto degli obiettivi di salvaguardia ambientale fissati dal Green Deal, anche la normativa CBAM (Reg. (UE) 2023/956 e Reg. di esecuzione (UE) 2023/1773) sollecita gli operatori economici a una sistematica due diligence nel monitoraggio della propria supply chain, finalizzata, in particolar modo, alla richiesta

dei dati necessari per il calcolo delle emissioni secondo gli standard unionali: in tal caso, la due diligence si manifesta attraverso la costruzione di una relazione molto strutturata con i propri fornitori. Sarà, infatti, necessario non solo ottenere i dati e le informazioni richieste per l’elaborazione dei report periodici ma anche esser ragionevolmente sicuri che tali dati siano veri, affidabili e verificabili. In tal modo, non solo si eviterà di incorrere nelle sanzioni previste dalla normativa unionale, ma ci si assicurerà una supply chain più sicura e responsabile.

Forced Labor

L’obbligo a carico delle imprese di esercitare la dovuta diligenza si applica anche alla lotta contro il lavoro forzato nella produzione dei beni destinati al consumo nell’Unione: si tratta di una problematica globale, che richiede una regolamentazione internazionale condivisa per essere affrontata efficacemente. In virtù di ciò, il 5 marzo 2024 il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio sul Regolamento che vieta l'immissione sul mercato dell'Unione di prodotti realizzati mediante lavoro forzato. Il Regolamento proposto riguarda tutti i prodotti messi a disposizione sul mercato dell'UE, sia i prodotti fabbricati nell'UE per il consumo interno e per l'esportazione, sia i prodotti importati; pertanto, è rilevante per qualsiasi azienda che immetta merci sul mercato dell'UE rispettare il dovere di diligenza in relazione al lavoro forzato: gli sforzi compiuti dall'operatore economico per attuare prescrizioni obbligatorie, orientamenti volontari, raccomandazioni o pratiche per individuare, prevenire, attenuare o far cessare il ricorso al lavoro forzato in relazione ai prodotti che devono essere messi a disposizione sul mercato dell'Unione o destinati all'esportazione (art. 2, lettera “c”). Le aziende dovranno identificare, valutare, prevenire, mitigare, porre fine (e rimedio) ai propri impatti negativi e a quelli dei loro partner a monte e a valle sulle persone e sul pianeta. Ciò, includendo le attività relative alla produzione, fornitura, trasporto, stoccaggio, progettazione e distribuzione.

L’obiettivo dei sistemi sanzionatori consiste nell’isolamento economico progressivo e calibrato dei paesi, delle organizzazioni e delle persone che si è deciso di colpire, è necessario che tutti gli operatori economici, ai quali spetta in ultima analisi la messa in opera delle restrizioni, ne siano consapevoli e siano seriamente intenzionati a seguire puntigliosamente le regole adottate, in fin dei conti, a livello globale.

La Guida dell’OECD sulla Due Diligence è uno strumento utile, di cui raccomandiamo attenta lettura, che può guidare l’operatore nel comprendere le caratteristiche essenziali che una corretta procedura di due diligence deve possedere nel contesto delle restrizioni al commercio. Una adeguata procedura di due diligence deve essere, in primo luogo, preventiva: lo scopo primario della due diligence è sempre, infatti, prevenire il danno, o l’illecito, non di porvi rimedio. Si deve seguire un approccio risk-based, considerando che il grado di profondità di un’analisi di due diligence è direttamente proporzionale al rischio connesso ad una determinata operazione. Infine, deve essere circostanziale e dinamica: non esiste (e non può esistere) un modello, o una clausola contrattuale, univoco e sufficiente: ogni impresa deve creare un proprio percorso di due diligence, strettamente correlato alla specificità del “modello di business” adottato.

La due diligence rappresenta un processo fondamentale per le aziende che intendano operare con maggior libertà e sicurezza nel mercato mondiale: attraverso un approccio integrato e consapevole si avrà conoscenza dei punti di forza, delle debolezze, delle opportunità e delle minac-

ce connesse ad ogni specifico atto di rilevanza commerciale. E si potranno identificare rischi finanziari, legali, operativi e di mercato, da pesare opportunamente nello sviluppo di una relazione commerciale al fine di costruire processi che forniscano opportunità competitive innestate sulla affidabilità di clienti e fornitori.

L’approccio globale alla due diligence da intendersi come strumento più che come obbligo consente di migliorare la propria competitività a medio e lungo termine, attraendo anche investitori e partner di qualità.

In tale ottica e con uno sguardo costante al futuro, ANIMA Confindustria, con il Servizio Dogana Facile, in collaborazione con Easyfrontier, offre a tutte le aziende associate un solido supporto relativo alla opportuna implementazione di una due diligence in azienda. Formazione del personale, analisi dei rischi, implementazione di opportune procedure, screening su soggetti segnalati su liste di controllo internazionali, sono soltanto alcuni dei campi in cui la Federazione interviene per assicurare alle proprie imprese la necessaria compliance negli scambi internazionali.

SINERGIE CHE CREANO VALORE

Per l’edizione 2024 degli Export Days organizzati da Anima Confindustria, della 2 giorni milanese, tra networking, contenuti e opportunità, 35 operatori presenti, oltre 80 aziende italiane e 700 B2B.

Gli “Export Days ANIMA” rappresentano un evento internazionale di networking in continua evoluzione capace di non perdere assolutamente di vista la sua ratio primigenia: intersecare le esigenze e le richieste di innovazione e aggiornamento tecnologico degli operatori internazionali con la vasta offerta delle aziende afferenti all’industria meccanica italiana rappresentate da ANIMA Confindustria.

A creare valore sono le sinergie, importanti e consolidate nel tempo innanzitutto con il sistema pubblico di supporto all’internazionalizzazione, guidato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, con l’Agenzia ICE che supporta dalla prima edizione l’iniziativa, sposandone metodo e visione, così come la collaborazione con SACE favorisce il coinvolgimento dei grossi player internazionali protagonisti del programma “Sace Connects” da sempre presente agli Export Days ANIMA.

A Milano quest’anno nelle 2 sessioni di B2B del 20 giugno, sono stati pianificati oltre 700 B2B tra gli operatori e le 80 aziende italiane registrate all’evento, senza considerare tutti gli altri incontri “spontanei” e le ulteriori aziende intervenute. La credibilità acquisita dall’evento nel corso del tempo è nei risultati delle 3 edizioni precedenti - realizzate nel dicembre 2018, nel febbraio 2020 e nel novembre 2022 - che hanno visto complessivamente partecipare circa 150 operatori, favorendo la realizzazione di oltre 1.100 B2B con le aziende della filiera meccanica “Made in Italy”.

Tra i 35 delegati presenti a Milano per l’edizione 2024, invitati da 22 diversi paesi (Albania, Arabia Saudita, Argentina, Azerbaigian, Brasile, Bulgaria, Canada, Costa d'Avorio, EAU, Egitto, Georgia, Germania, India, Indonesia, Kazakistan, Libano, Messico, Mozambico, Oman, Polonia, Stati Uniti e Turchia) si segnala la presenza di Braskem - player globale brasiliano, sesta azienda petrolchimica più grande al mondo nella produzione di resine termoplastiche con unità produttive in Brasile, Stati Uniti, Messico, Europa e Asia - e Kalyon Holding - importante EPC turco i cui rap-

presentanti, coinvolti da SACE, hanno animato anche uno degli interessanti focus previsti parallelamente ai B2B durante la giornata per presentare le loro attività e esigenze alle aziende partecipanti.

L’Agenzia ICE di Dubai, con il prezioso lavoro del Desk a Mascate, ha reso invece possibile la partecipazione del Procurement Manager dell’importante gruppo omanita OQ, società energetica integrata globale con radici in Oman che opera in 17 paesi e copre l'intera catena del valore, dall'esplorazione e produzione di petrolio e gas, raffinerie e prodotti petrolchimici alla commercializzazione e distribuzione di prodotti per gli utenti finali, raggiungendo più di 80 paesi in tutto il mondo.

Un evento riconosciuto e atteso ormai non solo dalle aziende italiane ma anche dagli operatori che ne apprezzano il format dinamico e l’opportunità di realizzare incontri mirati e strategici dal loro punto di vista, in ragione del pragmatico metodo applicato nell’azione di scouting degli operatori basato sulla diffusione dell’offerta tecnologica “Made in Italy” attraverso il coinvolgimento della multidisciplinare membership ANIMA - e in questa edizione 2024 anche delle aziende della meccanica associate a Confindustria Assafrica e Mediterraneo, ad Assolombarda e alle territoriali di Brescia, Bergamo, Veneto Est e Vicenza - con la rete estera dell’Agenzia ICE presente nei paesi target dell’iniziativa.

ANIMA Confindustria e tutto il sistema confindustriale con eventi di questa portata - patrocinati e concretamente supportati dal sistema pubblico - rafforzano l’accreditamento quali interlocutori privilegiati per aiutare primarie realtà internazionali da tutto il mondo ad individuare potenziali partner, qui in Italia. Un passaggio necessario per rendere concreti progetti di crescita aziendale legati all’implementazione di nuove tecnologie attente a garantire sostenibilità, risparmio e efficienza energetica, qualità cheper ovvie e note ragioni - potremmo definire degli “apriori” nella mente dei nostri progettisti e ingegneri.

di Antonio Passarelli - External and International Relations

Liberi di esportare? Sì, ma...

Globalizzazione non è sinonimo di libera circolazione di merci e prodotti. In base alle statistiche dell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) relative al 2023, l'Italia è il sesto paese esportatore su scala mondiale per un valore di 670 miliardi di dollari (626 miliardi di euro secondo l'Istat), con una crescita del 6,8% sull’anno precedente in base al Rapporto Export 2023 di SACE. Negli ultimi sette anni, inoltre, l’export totale di merci dall’Italia è stato il più dinamico del G7 crescendo del 48%, ovvero di quasi il doppio rispetto a quelli di Francia (+28%) e Germania (+27%) e di oltre il triplo rispetto agli export di Giappone (+15%) e Regno Unito (+12%).

Idati parlano di un risultato di tutto rispetto alla luce delle “barriere di ingresso” con cui devono misurarsi le imprese, oggi ben consapevoli di come globalizzazione non sia sinonimo di libera circolazione. Regole e norme, spesso complesse e naturalmente diverse da paese a paese, mettono infatti a dura prova le esportazioni, con palesi o celate ripercussioni economiche dovute a ritardi di consegna, respingimenti, mancanza di prove o certificazioni specifiche, sanzioni per prodotti non conformi, ecc. Per produttori e aziende è dunque necessario allinearsi costantemente a normative di conformità, di trasporto e di sdoganamento che regolamentano l’export verso i diversi mercati.

Negli ultimi anni, inoltre, la congiuntura internazionale ha sensibilmente modificato la mappa delle esportazioni, come sottolinea anche Elisa Keda, Project Manager di GMA-Global Market Access, il servizio di ICIM Consulting che accompagna le aziende nei percorsi di conformità dei prodotti per l’esportazione, grazie anche a una serie di accordi internazionali con enti di certificazione e laboratori di prova locali (con condizioni speciali per le associate ANIMA Confindustria).

Tra i mercati extra UE oggi più vivaci vi sono Paesi del Golfo, Costa d’Avorio, Egitto, Marocco, Nigeria, Cina, Kazakistan che

interessano settori manifatturieri dell’industria italiana come oil&gas, acqua, edilizia, HVAC (heating, ventilation and air conditioning), energia ma anche tessile, medicale e altri.

In molti di questi paesi le regole per le importazioni sono cambiate.

Regole che cambiano

Dallo scorso giugno, ad esempio, sono in vigore in Cina le nuove norme sull’importazione di pressure piping components e in particolare delle valvole, un’eccellenza del Made in Italy che con i suoi hub in Piemonte e nel bresciano rappresenta l’80% della produzione mondiale, molto richieste nel paese asiatico. In collaborazione con i propri partner cinesi, ICIM Consulting accompagna i produttori italiani di valvolame che, per continuare ad esportare su questo mercato, devono ora presentare, oltre alle attestazioni di conformità dei prodotti, una specifica licenza di qualità dell’azienda fabbricante, che deve essere rilasciata direttamente dalle autorità cinesi. Analoghi criteri sono stati introdotti per alcuni materiali destinati a entrare in contatto con gli alimenti (i cosiddetti MOCA) per i quali sono ora necessari test e prove specifiche da eseguire in laboratori cinesi o accreditati in loco.

Non è certamente facile per un’impresa essere costantemente aggiornati su ogni nuova procedura in materia di importazione in tutto il mondo: affidarsi a un consulente esperto è la strada più conveniente per evitare spiacevoli sorprese o compromettere le attività di export.

È il caso della Turchia, che ha recentemente introdotto richieste addizionali alla marcatura CE sui prodotti elettrici e di impiantistica: un decreto ministeriale ha infatti definito una serie di nuovi codici doganali su prodotti per i quali è oggi necessario fornire attestazioni di sicurezza elettrica, compatibilità elettromagnetica e relazione dell’analisi dei rischi. Senza il documento richiesto la merce non passa la dogana, ma la repentinità della nuova procedura ha spiazzato molti fabbricanti, sebbene il report dell’analisi dei rischi sia un documento normalmente contemplato nel fascicolo tecnico secondo la Direttiva Macchine. Un fattore di primaria attenzione per le aziende italiane è, da sempre, la tutela della proprietà intellettuale. Sono diversi i paesi che in dogana richiedono, su merci e prodotti in ingresso, un certificato o un rapporto di prova rilasciato da un organismo o da una società con sede legale in loco (succede ad esempio nei paesi del Golfo per qualsiasi prodotto si voglia introdurre o per i dispositivi medici esportati in Cina). Troppo spesso le aziende italiane, con l’intento di ottimizzare i costi e velocizzare il processo, affidano la pratica al loro distributore, al quale devono ovviamente fornire tutta la documentazione tecnica – inclusi i disegni e i dettagli di progettazione e realizzazione del prodotto – senza avere, talvolta, piena garanzia di riservatezza.

Per tutelarsi, invece, l’azienda italiana dovrebbe gestire in proprio questo processo di certificazione, affidandosi a enti e società di consulenza italiane che lavorano con partner notificati nel paese di esportazione. In questo modo l’analisi documentale e la richiesta di certificazione, o di rilascio di altra attestazione, vengono gestite da due società che non si occupano di commercializzazione e sono tenute, per contratto, a tutelare il fabbricante. Infine, un tema sempre di grande attualità nell’export è quello del packaging e della corretta gestione del rifiuto da imballaggio, in quanto contribuisce all’impronta carbonica dei prodotti sia per la logistica sia per lo smaltimento.

In risposta all’esigenza delle aziende di accedere facilmente alle tante normative e verificare gli adempimenti da rispettare – etichettatura degli imballaggi, adesione agli eco-organismi, dichiarazioni sulle quantità di imballaggi immessi per singolo mercato, ecc. – ICIM Consulting e ARIA (società di servizi per Analisi dei Rischi Industriali e Ambientali) hanno lanciato a inizio 2024 il Vademecum Imballaggi (disponibile anche online) per conoscere normative e adempimenti richiesti a livello internazionale e per verificare a chi sia affidata la responsabilità della gestione del rifiuto da imballaggio, che non sempre coincide con il produttore ma può anche essere il distributore o l’importatore. Aggiornato con le schede-paese relative al continente Europa, il Vademecum Imballaggi sarà integrato entro fine anno con l’attivazione delle schede su Americhe, Africa e Asia.

Il servizio GMA-Global Market Access di ICIM Consulting dispone di un team dedicato con approfondite conoscenze dei regolamenti e delle novità normative nei diversi mercati internazionali. Grazie alle partnership internazionali con enti e laboratori accreditati, ICIM Group supporta qualsiasi realtà imprenditoriale nel processo di verifica e di adeguamento della conformità documentale di merci e prodotti alla legislazione in vigore nell’area geografica di interesse. Le attività di GMA prevedono una consulenza e un compliance assessment per individuare test, attestazioni e certificazioni supplementari necessari a garantire l’ingresso di merci o prodotti nel paese di destinazione.

Tra i mercati esteri per i quali ICIM Consulting fornisce servizi di GMA-Global Market Access:

Arabia Saudita: SASO / SASO ROHS / SASO IECEE / QUALITY MARK

Emirati Arabi Uniti: ECAS / ECAS ROHS / EMIRATES QUALITY MARK

Paesi del Golfo: G-MARK

Kazakistan e Unione Euroasiatica: EAC

Egitto: ACID / GOEIC / NFSA

Nigeria: SONCAP

Paesi Africani: CERTIFICATE OF CONFORMITY

Brasile: NR 12 / INMETRO

Regno Unito: UKCA

Cina: SELO

THAILANDIA

Quali opportunità per l’Italia?

Il Regno di Thailandia, noto al mondo fino al 1939 come Siam, è l’unico paese del Sud Est asiatico a non essere mai stato colonizzato da una potenza occidentale, aspetto fondamentale per comprendere la sua politica estera “flessibile”. Ha svolto un ruolo cruciale per l’integrazione economica regionale all’interno dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN), di cui è membro fondatore, e nell’istituzione di un’area di libero scambio, l’AFTA, che copre un mercato di 679 milioni di consumatori.

La Thailandia è un paese a medio-alto reddito e la sua economia, seconda nella regione, è molto diversificata. Il settore dei servizi contribuisce al 56% del GDP, mentre l’industria, che contribuisce al 34%, è caratterizzata da una base manifatturiera avanzata, dall’automotive all’elettronica, orientata al commercio regionale e internazionale. La crescita economica, sostenuta principalmente dai consumi privati e dagli investimenti in infrastrutture pubbliche si attesterà, stando alle stime della banca centrale thailandese, al 2.6% per il 2024 e al 3% per il 2025. Il debito pubblico è controllato, il settore bancario solido e ben capitalizzato, ma rimane elevato il livello di indebitamento delle famiglie, oltre alle disuguaglianze socio-economiche.

Ci sono importanti progetti infrastrutturali in corso, dal Corridoio Economico Orientale, dove sono concentrate le principali aree industriali, Chonburi e Rayong, al ponte terrestre Landbridge tra Chumphon e Ranong sul Corridoio Economico Meridionale, che mira a potenziare il commercio marittimo lungo lo stretto di Malacca, dove oggi transita il 40% del commercio mondiale.

La presenza italiana è la più numero-

sa tra le altre destinazioni regionali (circa 7.000 italiani in Thailandia, dati AIRE) e il marchio Italia ha un forte appeal per l'emergente classe medio-alta thailandese. Tuttavia, il suo potenziale rimane sottovalutato: l’Italia è il 23esimo fornitore della Thailandia con una quota di mercato di circa l’1%, seppur terzo a livello europeo dopo Germania e Francia, e il suo stock di Investimenti Diretti Esteri nel Regno ammonta a soli 593 milioni di euro (2022).

Per colmare tali lacune, nell’ultimo anno si sono intensificati i rapporti bilaterali e le visite istituzionali da entrambe le parti, oltre a riattivarsi sul fronte europeo la diplomazia economica. Con il terzo round di negoziazioni conclusosi questo giugno, si cerca di finalizzare l’accordo commerciale tra Unione europea e Thailandia entro il 2025, per implementare una maggiore cooperazione, in prima battuta negli investimenti, nella riduzione delle barriere tecniche e tariffarie agli scambi di merci e nella protezione della proprietà intellettuale.

I principali investimenti italiani in Thailandia sono nel settore automotive, packaging, metallurgico, meccanica ed elettronica, tra cui le attività produttive della Danieli, Ducati, Vittoria, Cavagna e Frigel, e i nuovi progetti di

Luxottica e Brembo. Nonostante le limitazioni poste dalla legge thailandese sugli investimenti stranieri, non ci sono restrizioni regolamentari per una società italiana che vende beni e/o servizi ad alto valore aggiunto che prevedano un minimo “trasferimento di tecnologia”, sia anche attraverso attività di installazione, manutenzione o assistenza post-vendita. Esistono inoltre diverse agevolazioni fiscali - e non solo - per quei progetti strategici vagliati e approvati da un’apposita agenzia per l’attrazione degli investimenti sotto la direzione dell'ufficio del primo ministro, il cosiddetto Thailand Board of Investment meglio noto come BOI, che può concedere ad esempio un’esenzione dai dazi d'importazione e dall'imposta sul reddito societario - che ammonta al 20% (15% per le PMI) - fino a 13 anni. Così, con uno sguardo al lungo periodo e di fronte alla portata degli attuali scenari economici, oggi la Thailandia rappresenta una destinazione ideale per investire, come base produttiva e distributiva, in un contesto in cui la competizione geo-economica e geo-tecnologica richiede un alto grado di adattabilità e proattività per riuscire a sfruttare appieno il potenziale economico della Thailandia e del Sud-est asiatico in generale.

2023, un anno di solidità per l’intralogistica.

Nel 2024 la crescita rallenta

Tra gestione delle materie prime, digitalizzazione e sfide globali, l’andamento settore per settore nei dati elaborati da Anima Confindustria.

Negli ultimi anni, il settore industriale dell’intralogistica ha affrontato fasi di profonda trasformazione, caratterizzate da una continua evoluzione delle dinamiche globali e da sfide operative sempre più complesse. L’integrazione delle tecnologie digitali e l’adattamento a normative in costante cambiamento hanno rappresentato sfide e leve di crescita, mentre la capacità di rispondere tempestivamente a un mercato in continua fluttuazione ha evidenziato l’importanza di strategie resilienti e innovative, in un panorama economico globale sempre più incerto.

Nonostante l’incertezza che ha caratterizzato i mercati globali e nazionali, il settore rappresentato da Aisem, l’associazione italiana sistemi di sollevamento, elevazione e movimentazione federata ad Anima Confindustria, ha ottenuto risultati positivi nel 2023, come viene evidenziato dalle rilevazioni dell’Ufficio studi di Anima Confindustria che hanno analizzato i sei gruppi merceologici rappresentati all’interno dell’associazione: scaffalature; gru mobili; PLE; apparecchi di sollevamento; carrelli elevatori, attrezzature e componentistica; sistemi intralogistici.

I numeri del settore

Secondo i dati elaborati dall’Ufficio studi, il comparto di Aisem nel suo complesso ha registrato nel 2023 una produzione pari a 7.180 milioni di euro, crescendo del +1,9% rispetto al 2022. Un andamento che ha riguardato anche le esportazioni, che con 2.655 milioni sono cresciute del

+1,4% nel 2023. La quota export continua così a rappresentare il 37% del fatturato totale: un sintomo di quanto le tecnologie dell’intralogistica made in Italy siano apprezzate oltre confine, riuscendo a mantenersi forti sui mercati esteri nonostante le difficoltà commerciali legate alle tensioni internazionali.

Se lo scenario relativo al 2023 si conferma positivo per tutti i gruppi di Aisem, nel 2024 l’andamento sembra incontrare un rallentamento, in linea con la tendenza riscontrata da molti comparti industriali. Per questo l’Ufficio studi di Anima prevede una crescita più lieve per l’anno attualmente in corso: +0,6% per quanto riguarda la produzione, che arriverebbe a rappresentare 7.220 milioni di euro, di cui 2.675 milioni di euro per le esportazioni (+0,8%).

Una situazione che si riflette nel commento di Lorenzo Amosso, che in Aisem ricopre il ruolo di capogruppo per le Scaffalature Industriali «Il 2023 è stato un anno di crescita forte – commenta Amosso – mentre nel 2024 il settore sta vivendo una situazione stagnante, per alcuni con una contrazione rispetto all’anno precedente, soprattutto per quanto riguarda i magazzini tradizionali. Nell’ambito dei magazzini automatici, invece, anche nel 2024 si sono potuti concretizzare progetti interessanti, anche grazie ai fondi del Pnrr, soprattutto nel Sud Italia».

Il 2023, infatti, ha visto il settore delle scaffalature raggiungere una produzione di 730 milioni di euro, con uno slancio

Il settore rappresentato da Aisem ha ottenuto risultati positivi nel 2023, come viene evidenziato dalle rilevazioni dell’Ufficio studi di Anima Confindustria che hanno analizzato i sei gruppi merceologici rappresentati all’interno dell’associazione: scaffalature; gru mobili; PLE; apparecchi di sollevamento; carrelli elevatori, attrezzature e componentistica; sistemi intralogistici.

che tocca il +10% rispetto al 2022. Quest’anno, invece, le previsioni prospettano un calo del -2,7% per il comparto. Si mantiene solido l’export, che nel 2023 ha rappresentato il 57% della produzione. «La situazione internazionale non aiuta – continua Amosso – ma non sta penalizzando il settore. Per il momento, nel nostro comparto non ha causato stravolgimenti paragonabili a quelli avuti nel 2020/2021, e al momento il prezzo della materia prima è abbastanza costante, e non sta riservando sorprese».

Una sostanziale stabilità riguarda il segmento relativo agli impianti e apparecchi per il sollevamento e trasporto, che nel 2023 ha prodotto 3.400 milioni, di cui 1.110 per l’export. Secondo le previsioni dell’Ufficio studi, nel 2024 i numeri crescono dell’1% per entrambi i valori.

All’interno di questo settore merceologico, per il comparto delle Gru Mobili il 2023 ha portato con sé risultati migliori di quelli rilevati negli ultimi mesi. Lo confermano le parole del capogruppo Federico Lovera «L’andamento nel 2023 è stato positivo per il nostro gruppo merceologico. Questo è da ricondursi in parte al fatto che abbiamo visto i costi stabilizzarsi, e ciò ha consentito di lavorare con più stabilità e certezza, potendo riorganizzare e ridurre i costi. Al contempo, abbiamo assistito a un allungamento dei tempi di consegna, con conseguente crescita importante del backlog che ha influenzato positivamente i primi mesi del 2024 con gli ordini presi nel 2023». Secondo Lovera, l’incremento del backlog è riconducibile agli incentivi stanziati a livello na-

zionale, come Industria 4.0, e a livello europeo, al fiorire di progetti avviati dentro e fuori i confini nazionali.

Un 2024 di incertezze, ma non per l’export

Per quanto riguarda l’anno in corso, invece, «Nel 2024 si è assistito inizialmente a una stabilizzazione e successivamente a una riduzione della richiesta, con leadtime molto lunghi: per riprendere i livelli di produzione pre-pandemici, infatti, si è dovuto trasferire parte degli ordini sul 2024. La questione mediorientale, poi, ha creato molte tensioni che si sono aggiunte alla forte instabilità internazionale, e si è assistito a una frenata su progetti messi in campo e in fase di revisione. In generale, quest’anno, vediamo molta indecisione: si attende una maggiore sicurezza per effettuare gli investimenti. Possiamo dire che è un anno di generale frenata, di forte incertezza. Resta di primaria importanza l’export, per questo guardiamo molto alla situazione internazionale e vediamo con favore tutti i progetti che vengono sviluppati».

Luisa Parisotto, in Aisem capogruppo PLE (piattaforme di lavoro elevabili) aggiunge «Negli ultimi anni, abbiamo visto un numero crescente di fabbricanti offrire piattaforme semoventi ai clienti in tutta Europa. Nel 2024, in particolare, abbiamo assistito ad alcuni cambiamenti in termini di slancio del mercato. In Italia, ciò è dovuto almeno in parte al mancato rinnovo delle sovvenzioni offerte nel 2023. L’aumento della concorrenza e i cambiamenti del mercato

di Elena Prous

L’Ufficio studi di Anima prevede una crescita più lieve per l’anno

attualmente in corso: +0,6% per quanto riguarda la produzione, che arriverebbe a rappresentare 7.220 milioni di euro, di cui 2.675 milioni di euro per le esportazioni (+0,8%).

comportano una maggiore consapevolezza della qualità e di fattori che vanno oltre il prezzo di acquisto iniziale, come il costo totale di proprietà. I produttori italiani sono ben posizionati per rispondere a queste sfide» commenta ancora Parisotto «poiché affondano le loro radici in una cultura della qualità, in un’assistenza reattiva e in una formazione efficace. Questa comprovata esperienza ci dà fiducia per il futuro».

Secondo quanto testimonia Matteo Frigo, invece, capogruppo in rappresentanza delle imprese del sollevamento, nel corso del 2023 il settore del sollevamento si è dimostrato sì stabile rispetto all’anno precedente, ma la crescita si può definire modesta «La spinta generata dall’Industria 4.0 ha iniziato a mostrare i segni di un naturale esaurimento nel 2023, e per quanto riguarda il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, non abbiamo osservato impatti significativi sul nostro comparto, se non limitate ricadute. Per quanto concerne le materie prime, il 2023 ha visto una maggiore facilità di reperimento dell’acciaio, rispetto alle difficoltà incontrate nel 2022. Questo aspetto ha sicuramente contribuito a mantenere una certa stabilità nel settore. Tuttavia, i costi della manodopera sono aumentati, e l’industria ha continuato a sentire l’impatto della carenza di operai e tecnici specializzati. Questa problematica resta uno dei punti più critici per le aziende associate».

Criticità che si possono riscontrare anche nel 2024, secondo il capogruppo «La situazione geopolitica attuale genera preoccupazione – prosegue Frigo – rallentando gli investimenti e facendo temere per la marginalità delle nostre imprese, minacciata sia dall’inflazione sia dai costi crescenti

della manodopera. I tassi di interesse, malgrado la recente riduzione, rimangono elevati e questo frena ulteriormente gli investimenti. Ci troviamo di fronte a una crescita dei prezzi delle materie prime, con l’eccezione dell’acciaio, che ha mostrato una riduzione nei primi mesi. L’aumento dei costi dei trasporti e in particolare dei noli marittimi va a penalizzare l’export, elemento su cui la nostra industria fa affidamento. Diverse preoccupazioni emergono inoltre dalle nuove normative europee: le disposizioni in tema di cybersicurezza potrebbero avere un impatto significativo sulle nostre imprese. AISEM e ICIM si stanno mobilitando per fornire il necessario supporto alle aziende del settore per affrontare queste sfide». Ulteriori complessità sono derivate anche dall’attesa dei decreti attuativi legati a Industria 5.0, che hanno reso più complicato accedere agli investimenti. Conclude Frigo «Nonostante questi ostacoli, si nutre la speranza che gli investimenti del PNRR possano iniziare a manifestare effetti positivi, soprattutto nella seconda metà del 2024».

Una sostanziale stabilità caratterizza sia nel 2023 sia nel 2024 il mercato dei carrelli industriali semoventi, il cui gruppo in Aisem è presieduto da Loreno Leri. Per questo settore, la crescita nel 2023 è stata modesta (+0,5%, con una produzione 1.860 milioni); mentre l’export è aumentato del +2,2%. Secondo Leri, «Se l’anno 2023 si chiude con un leggero incremento delle attività di esportazione, questo è dovuto al recupero del backlog degli ordinativi pregressi che si erano accumulati nel corso dell’anno precedente. L’anno in corso vede una stabilizzazione degli aspetti di supply chain e le consegne degli ordinativi stanno ritornando alle tempistiche di qualche anno fa. Questo effetto

Una sostanziale stabilità riguarda il segmento relativo agli impianti e apparecchi per il sollevamento e trasporto, che nel 2023 ha prodotto

3.400 milioni, di cui 1.110 per l’export. Secondo le previsioni dell’Ufficio studi, nel 2024 i numeri crescono dell’1% per entrambi i valori.

porta anche a una stabilizzazione dei prezzi, dopo un paio di anni che hanno visto una spinta inflazionistica piuttosto sensibile». Secondo le previsioni dell’Ufficio studi di Anima, nel 2024 il mercato dei carrelli dovrebbe rappresentare 1.880 milioni di euro di produzione, crescendo dell’1% sull’anno precedente.

«Se guardiamo agli ordinativi, l’anno 2023 si è chiuso con un leggero calo rispetto al precedente anno. Va considerato – sottolinea Leri – che negli ultimi anni il mercato è stato fortemente spinto da iniziative di supporto come Industria 4.0, che ha aiutato molte aziende a rinnovare il proprio parco macchinari con nuovi prodotti a tecnologia più evoluta. Il mercato italiano dei carrelli elevatori è comunque molto sostenuto dai settori della logistica e della distribuzione che occupano la gran parte degli ordinativi del mercato. Inoltre, il mercato italiano, come molti omologhi europei, si sta aprendo maggiormente all’importazione di prodotti di costruttori cinesi. Questo grazie alla tradizionale competitività economica di queste aziende, ma anche alla crescita tecnologica dei loro prodotti. Questo fattore obbliga le aziende europee ad accrescere la propria offerta tecnologica con prodotti di automazione e con alto contenuto digitale. Questa sana competitività porterà indubbi vantaggi ai clienti del nostro mercato: innovazione dei prodotti con un interessante rapporto valore aggiunto/prezzo».

Ultimo settore analizzato è quello dei Sistemi intralogistici, rappresentati all’interno di Aisem dalla capogruppo Roberta Togni, che afferma «Il settore della movimentazione continua a rappresentare un elemento centrale dell’economia industriale del paese, mantenendo una considere-

vole stabilità. I dati recenti mettono in luce la capacità di resistenza e adattamento delle aziende del settore, che le proiettano in un contesto che si concentra sulla digitalizzazione avanzata». Il consuntivo mostra il settore dei sistemi intralogistici raggiungere una produzione di 1.190 milioni di euro nel 2023, in crescita del +3,5%, con un valore export che sale di +2,6%. L’andamento positivo, anche se meno marcato, è previsto anche per l’anno in corso: nel 2024 la produzione dovrebbe attestarsi a 1.200 milioni (+0,8%) e l’export crescere del +1,2%.

Come conferma Roberta Togni «Recuperati (e superati) i numeri pre-pandemia, nel 2023 la situazione sembra essere tornata alla normalità. Le chiusure e i rallentamenti, l’aumento del costo delle materie prime e la crisi energetica, che avevano influito pesantemente sui costi di produzione, non sono più le sfide da affrontare, perchè sono state sostituite dalla ricerca di innovazione sia nei processi produttivi, sia nell’efficienza operativa. Guardando al futuro, l’anno in corso si prospetta come un periodo di consolidamento. Gli esperti del settore prevedono una crescita moderata, sostenuta dalla ripresa degli investimenti e dalla stabilizzazione dei prezzi delle materie prime. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza offre un’opportunità unica per il nostro settore, grazie a fondi destinati alla digitalizzazione e alla sostenibilità ambientale. E viceversa, le aziende che investono in tecnologie avanzate come l’automazione riescono ad aumentare la loro competitività sui mercati internazionali. La chiave per il futuro risiede nella capacità di continuare ad innovare, mantenendo elevati standard qualitativi e adattandosi rapidamente ai cambiamenti del contesto economico globale».

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Sostenibilità

Cibo a impatto e scarto zero

Con "H2 Era Green Valley" la Toscana sarà la prima regione ad ospitare un concreto esempio di “circular economy”. Il sistema coinvolgerà diversi settori industriali: dall’energia alla produzione alimentare. Il progetto mira a definire il futuro economico in una circolarità industriale, con lo scopo di eliminare gli sprechi e riducendo al minimo l’impatto sull’ambiente. È previsto infatti la realizzazione di un complesso industriale che integrerà una centrale fotovoltaica, un impianto di produzione di idrogeno verde, un impianto di power to gas, una vertical farm e una fish farm. La centrale fotovoltaica produrrà energia pulita, che sarà utilizzata per alimentare l’impianto di produzione di idrogeno e a sua volta, sarà utilizzato per alimentare l’impianto di power to gas, che produrrà biometano. Il calore di scarto dell’elettrolizzatore climatizzerà la vertical farm, mentre l’ossigeno di scarto verrà utilizzato nella fish farm, insieme all’energia auto prodotta che sarà tutta a impatto zero. Il connubio tra l’innovazione di Hgv e il know-how di Sma contribuirà in particolare alla nascita del parco fotovoltaico, dell’impianto storage e della parte power to gas.

Energia elettrica

Addio ansia da pieno

Bosch lancia un piano da un milione di ricariche, per auto elettriche in tutto il mondo. Potremo dire addio all’ansia da pieno quando ci troveremo in strada con la nostra auto elettrica con grazie all’ambizioso progetto dell’industria tedesca. Al momento le stazioni di carica per le auto elettriche di Bosch sono circa 800mila solo in Europa e altre 130mila in Nord America; entro la fine del 2024 ce ne saranno circa 200mila in Australia, Nuova Zelanda e Asia. E il numero è in continua crescita. Insieme all’autonomia e ai costi, la ricarica è una delle maggiori preoccupazioni per i guidatori di auto “con la spina”, come dimostra uno studio dell’Associazione tedesca delle industrie dell’energia e dell’acqua. Il piano da un milione di impianti renderà la rete dell’azienda tedesca una delle più grandi al mondo. Bosch pensa in grande e avanti nel tempo, infatti prevede che entro il 2030 un veicolo su tre, di nuova immatricolazione, in tutto il mondo sarà puramente elettrico; entro il 2035, lo sarà uno su due.

Inquinamento

Aria pulita? Non per l’Italia

Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente Aea (oppure European environment agency Eea) a Uppsala e Umeå, Svezia, e Faro, Portogallo, l'aria cittadina è la più pulita d'Europa. Tre europei su quattro vivono in aree urbane e la maggior parte di loro è esposta a livelli pericolosi di inquinamento atmosferico.

Per l’Italia, la qualità è discreta in 5 città, moderata per 29 e scarsa per 27: la migliore è Sassari, la peggiore Cremona. Il visualizzatore della qualità dell'aria nelle città europee dell'agenzia europea, che ha sede a Copenaghen, classifica le città dalla più pulita alla più inquinata in base ai livelli medi di particolato fine (Pm2,5). I dati sono stati raccolti da oltre 500 stazioni di monitoraggio in località urbane nei paesi membri dell'Eea negli ultimi due anni solari, 2022 e 2023.

CIAO PASTA

LA SOLUZIONE PER PICCOLI E MEDI RISTORANTI

Nel mondo della ristorazione, ottimizzare tempo e risorse è essenziale per garantire qualità.

Ciao Pasta è la soluzione ideale per ristoranti che vogliono o rire pasta fresca senza sacrificare l'e cienza. Progettata per essere pratica da usare e facile da pulire, Ciao Pasta è costruita in acciaio inox AISI 304, garantendo durabilità e igiene.

Motore ventilato potente

Pala amovibile per una pulizia veloce e sicura

Tramoggia con imbuto per facilitare l’aggiunta degli ingredienti

Perforatrici

Precisione ed efficienza energetica

La nuova eGEO 405 di Comacchio è una perforatrice per sondaggi geognostici totalmente elettrica. L’alimentazione della macchina è fornita da un pacco batterie installato a bordo. La durata della batteria è estesa grazie a dei power pack di scorta, facilmente installabili con l’ausilio di un sollevatore. Tra i vantaggi della eGEO 405 rispetto alla versione a motore diesel vi sono la possibilità di lavorare a emissioni zero, la silenziosità, la precisione e la maggiore efficienza energetica.

www.comacchio.com

Saldatura ad arco

Saldatrice multiprocesso connessa di Esab

Warrior Edge 500 CX è una saldatrice multiprocesso facile da usare, ad alte prestazioni e dotata di connettività WeldCloud integrata. Il trainafilo RobustFeed Edge CX offre un'elevata produttività e una migliore gestione della qualità, con monitoraggio del consumo di filo e di gas. Proprio per questo ultimo aspetto, grazie al TrueFlow, sistema digitale di controllo del flusso gas di ESAB, si ottimizza il flusso di gas durante l’innesco dell’arco e la saldatura, riducendo i difetti ed evitando un consumo di gas eccessivo e superfluo.

www.esab.com

Raccorderia

La valvola con magnete superfilter

Superfilter, la valvola Tecnovielle di Rubinetterie Bresciane, combina intercettazione e filtraggio in spazi ridotti. Grazie al magnete interno, trattiene i depositi metallici nei circuiti di riscaldamento. Con valvola chiusa, filtro e magnete possono essere puliti senza svuotare l’impianto e senza l’uso di valvole aggiuntive. Disponibile in versioni con filtro o filtro e magnete, è ideale per acqua potabile, riscaldamento e climatizzazione, semplificando l’installazione e la manutenzione.

www.rubinetteriebresciane.it

Pompa di calore residenziale

EDGE PRO A R-290

Raffreddamento adiabatico

Per ogni fluido e portata

La gamma di MITA Cooling Technologies è sempre più completa con le nuove serie di raffreddatori adiabatici: da piccole taglie per 20 kW a efficienti sistemi a ventilatori multipli per oltre i 2.000 kW. Raffreddamento acqua, condensazione ammoniaca, sotto-raffreddamento anidride carbone a seconda della richiesta. Brevi cicli di bagnatura nel funzionamento adiabatico per ridurre e ottimizzare sempre i consumi energetici.

www.mitacoolingtechnologies.com

Edge PRO di Clivet è la pompa di calore monoblocco aria-acqua da 4 a 40 kW con refrigerante naturale R-290 (il propano caratterizzato da un bassissimo indice d’impatto ambientale: GWP = 3) per il riscaldamento, raffreddamento e acqua calda sanitaria in applicazioni residenziali, anche come alternativa alle caldaie tradizionali. Presenta Classe energetica la classe A+++ in riscaldamento sia con acqua a bassa temperatura (35 °C acqua in mandata), che a media temperatura (55 °C acqua in mandata) e grandissima efficienza anche nella produzione di acqua ad altissima temperatura. Questa particolare caratteristica la rende ideale per la sostituzione anche degli impianti a radiatori.

www.clivet.com

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