All’interno: Listino prezzi materiali di interesse per la meccanica varia n. 791 - Costo orario medio dell’operaio n.30- Rilevazioni statistiche prestazioni di personale gennaio 2024
L’Industria Meccanica
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Sommario
Numero 738
In copertina Chiara Zarmati
10 RUBRICA: Donne e Uomini al timone
12 RUBRICA: i 400 caratteri
14 Cambiamenti climatici e strategie condivise di Pierangelo Andreini Vicepresidente ATI
18 Prospettive di crescita per l’occupazione femminile nel digitale di Lucrezia Benedetti
40 La ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence di Daniele Bettini
44 Google e Anima per l'IA di Lucrezia Benedetti
47 Intelligenza Artificiale al vaglio delle regole? di ICIM Group
48 RUBRICA: Sostenibilità
22 Lo stato dell’arte della dogana paperless: la rivoluzione degli adempimenti doganali di Fulvio Liberatore Team Ricerca Easyfrontier Technologies
28 Nuova rotta per le banche centrali di Mauro Ippolito iBan First
36 L'uso pratico dell'IA di Daniele Bettini 20 34
54 Lavorare in sicurezza. Una guida per la scelta, l’uso e la manutenzione delle scaffalature di Elena Prous
59 RUBRICA: i 400 caratteri
60 RUBRICA: Tecnologia, novità da tenere d'occhio
65 Tabelle ANIMA: Bianche, Blu, Arancio
Dario Locatelli
nuovo regional head of surety in Allianz Trade MMEA
Locatelli è stato nominato ceo in Allianz Trade Gcc (Consiglio di cooperazione del Golfo), succedendo a Jean Claus. Il manager italiano, in questo nuovo ruolo, avrà sede a Dubai e continuerà a riportare direttamente a Luca Burrafato, head of Mmea Region.
Orsola Torrani
partner del dipartimento amministrativo di Lca Studio Legale
Svolgerà la propria attività nei settori del diritto urbanistico e immobiliare, dell’energia e dell’ambiente, prestando assistenza giudiziale e stragiudiziale. Da tempo impegnata a fornire la propria consulenza in operazioni di sviluppo e trasformazione, curandone tutte le fasi, dall’ideazione del progetto, fino alla realizzazione dell’intervento.
Luca Bocca
nuovo chief financial officer di Intesa Sanpaolo
Bocca sostituirà Stefano Del Punta, a lungo cfo della banca, che rimane senior advisor del ceo Carlo Messina, si legge in una nota. Inoltre è stata costituita una nuova area di governo relativa ai temi Esg, denominata 'Chief Sustainability Officer', affidata a Paola Angeletti.
Daniela Bragante
nuova chief compliance officer per Cassa Centrale Banca
Iscritta all’albo dei Dottori Commercialisti e dei Revisori Contabili, Bragante vanta un’esperienza ultratrentennale nel settore bancario e finanziario. Bragante ha sviluppato le sue competenze nel mondo della revisione, per poi assumere ruoli di responsabilità manageriale, partendo da Morgan Stanley Bank.
Egon Zanagnolo
nominato direttore generale Intrend
Intred, operatore di telecomunicazioni quotato da luglio 2018 sul mercato Euronext Growth Milan di Borsa Italiana, nomina Egon Zanagnolo come direttore generale. Zagnolo vanta una lunga esperienza nel settore Tlc e Intred, dove è entrato oltre 25 anni fa. Si è occupato principalmente di attività commerciale, con incarichi crescenti, divenendo responsabile della divisione nel 2011 e direttore commerciale e marketing dal 2020, contribuendo a raggiungere il fatturato record nel 2023 di oltre 50 milioni di euro.
Stefania Boschetti sarà nuova ceo di Ey Italia
Da luglio 2024 sarà la prima donna alla guida di una Big 4 in Italia. Boschetti ha iniziato la sua carriera in Ey nel 1992 e dal 2003 ne è diventata partner. È presidente di Ey, membro del leadership team di Assurance in Italia e managing partner della sede di Torino.
Lavoro
Green jobs, ma come?
Uno studio realizzato da Indeed, il portale per chi cerca e offre lavoro ha messo in luce che quando si tratta di green jobs, in Italia esiste ancora mismatch tra domanda e offerta. Questo anche se le policy e pratiche di sostenibilità sono ritenute importanti per il futuro del paese e questa opinione è condivisa pressoché all’unanimità da datori di lavoro (86%) e lavoratori (89%). Puntare su formazione e sviluppo di carriera potrebbero essere le soluzioni, ma tra i lavoratori italiani permane incertezza quando si tratta di prendere in considerazione occupazioni legate alla sostenibilità. Un terzo degli intervistati da Indeed (32%) dichiara di non sentirsi preparato o di non possedere le giuste competenze (30%), oppure non si intravedono chiaramente i vantaggi di questo tipo di percorso professionale (20%). E ancora, il 14%, ritiene che i salari per le posizioni ricercate dalle aziende siano troppo bassi. E i percorsi di reskilling? Sì, a patto che ci sia un miglioramento di carriera, infatti la possibilità di migliorare la propria carriera (46%) o un aumento di stipendio (30%), del resto, rappresentano la spinta principale anche per chi si dice potenzialmente disponibile a intraprendere percorsi di reskilling (38% degli intervistati). E i datori di lavoro? Quasi 1 datore di lavoro su 2 crede che maggiori incentivi governativi per assumere personale dedicato potrebbero aiutare a risolvere la problematica, così come la possibilità di contare su percorsi di formazione istituzionali (33%) perché più di 1 su 10 dichiara che “non saprebbe dove cercare” professionisti adatti.
Energia
L’eolico riciclabile
L'azienda svedese Modvion propone pale eoliche in legno invece che di acciaio. Producono più energia e sono riciclabili, la soluzione ha attirato l'attenzione di Vestas, il gigante danese dell'energia eolica. La Svezia si affida al legno e al vento per il futuro dell'ambiente e dell'energia, per questo la compagnia svedese Modvion sta introducendo torri e pale in legno per le turbine, al posto delle più moderne in acciaio. Il vantaggio principale delle pale in legno è che si possono costruire torri più alte e questo genera più energia eolica, sostituendo così l'uso del carbone o di altre fonti inquinanti. Il legno potrebbe essere una soluzione impiegabile anche negli impianti in mare (off-shore), perché se trattato con degli isolanti si rivela molto più compatibile con l'acqua salata rispetto all'acciaio.
Anche i valdostani pagheranno
Proposta bocciata, perché si tratterebbe di un'agevolazione finanziaria che ricade nel divieto di leggi tributarie, costituendo una “misura fiscale indiretta”.
Si puntava ad azzerare il costo dell’energia in bolletta per i residenti in Valle d’Aosta e per questo erano state raccolte trecento firme per giungere così a referendum propositivo, ma la Commissione regionale lo ha bocciato. È andata male la proposta di convocare i residenti valdostani titolari di utenze domestiche destinate ad abitazione principale, per chiedere loro di vedersi “ristorare del costo della materia energia della bolletta elettrica". Secondo la giurisprudenza costituzionale e, in base alla legge regionale n. 19/2003 (che disciplina l'iniziativa legislativa popolare, il referendum propositivo, abrogativo e consultivo), le leggi tributarie e di bilancio non possono essere sottoposte a referendum abrogativo, e quindi a referendum propositivo (articoli 3, 7, 12 e 17).
Sicurezza
CAMBIAMENTI CLIMATICI E STRATEGIE CONDIVISE
di Pierangelo Andreini - Vicepresidente ATI
Con una temperatura superficiale di +1,02 °C sulla media del periodo 19912020 e il meridione soggetto a valori maggiori, specie in Spagna e in Grecia, i dati diffusi a inizio gennaio dal C3S, Copernicus Climate Change Service europeo, dicono che per l’Europa il 2023 è stato un anno molto critico, il secondo più caldo dell’ultimo cinquantennio, dopo il 2020 (+1,19). Un risultato coerente con il trend del surriscaldamento in corso che Copernicus monitora, unitamente agli altri dati meteorologici e climatici, compresa la riduzione dello spessore dei ghiacciai, diminuito mediamente negli ultimi 25 anni di decine di metri, con una perdita in volume di circa 900 chilometri cubi. Cambiamenti evidenti e tangibili, dunque, che appaiono in crescita e irreversibili e che hanno indotto dieci anni fa l’Ue a predisporre una strategia di adattamento per fronteggiare la situazione con l’attuazione di provvedimenti finalizzati ad accrescere la resilienza del Vecchio Continente.
Dalla crisi climatica alle prime strategie europee
Ricerche e discussioni, avviate sin dai primi anni 2000, sono sfociate nel 2013 in una dettagliata Comunicazione in materia della Commissione europea, con la quale la CE ha proposto una serie di misure, avvertendo che la temperatura superficiale media dell’Europa, rilevata nel decennio 2002-2011, era superiore di 1,3 °C sul valore medio preindustriale (1850-1900). Conseguenza di ciò era l’aumento di fenomeni meteorologici estremi, con maggiori frequenze di precipitazioni, ondate di calore, incendi boschivi e siccità nella parte centrale e meridionale del Continente, possibili, crescenti alluvioni, puntualmente poi verificatesi, e altro.
La CE segnalava, pertanto, il rischio
di maggiore mortalità che correvano i territori più esposti e di perdite economiche dei settori più vulnerabili, come l’agricoltura, la selvicoltura, la pesca e il turismo balneare e invernale. Particolarmente colpiti pure i servizi di pubblica utilità, quali i fornitori di acqua ed energia. Al riguardo la Comunicazione indicava l’entità del costo già subito dall’Ue per le alluvioni verificatesi nei trent’anni, tra il 1980 e il 2011, pari a oltre 90 G€, avvisando che il valore era in crescita e che quello annuo dei danni dalle sole alluvioni fluviali avrebbe potuto raggiungere i 20 G€ nel decennio 2020-2030 e 46 G€ a metà secolo. Cifre stimate per difetto, solo pensando al controvalore dei danni causati dalle
alluvioni del maggio scorso in Emilia-Romagna, terza catastrofe naturale a livello mondiale del primo semestre del 2023, stimato in 10 G€, salito a oltre 12, sommando quella avvenuta in Toscana nel novembre successivo.
Dati sostanzialmente noti e avvertimenti anticipati nel Libro Bianco sul tema del 2009. Con esso la CE aveva già proposto, infatti, a Consiglio e Parlamento, l’adozione di provvedimenti, in parte poi concretizzati, tra cui la realizzazione di una piattaforma europea sulle conoscenze dell’adattamento ai cambiamenti climatici (Climate-ADAPT), lanciata nel maggio 2012, nella quale riversare le informazioni sulle azioni di adattamento implementate nell’Ue e gli strumenti di sostegno alle politiche di settore. Il Libro traduceva in azioni da compiere quelle possibili risultanti da un’ampia consultazione iniziata nel 2007, elaborata ed esposta come da prassi in un Libro verde che lo precedeva. Successive indagini, accertamenti e nuovi dati in costante evoluzione hanno individuato ulteriori interventi da compiere, dei quali alcuni particolarmente urgenti, e apprezzato lo stato di attuazione delle misure fino a quel momento varate, risultate a macchia di leopardo.
Ne è derivato il requisito che la strategia dovesse essere un programma flessibile con una visione dinamica per abilitare l’adozione di misure di adattamento tempestive ed efficaci, garantendo la necessaria coerenza tra i diversi settori, tra gli Stati membri e i vari livelli di governance, centrale e nazionale.
Tenuto conto, inoltre, che il mutamento del clima sarebbe proseguito, penalizzando l’Europa per i decenni a venire, e che era necessario indicare, quindi, un percorso lungimirante con cui prevenire, adattarsi, e mitigare i danni. Questo con misure delle quali molte erano invero già in atto, ma come detto in modo frammentario. In tal senso è stata concepita la nuova Strategia per consentire l’adeguamento al progressivo incombere di informazioni, riscontri e urgenze e supportare e integrare opportunamente l’azione degli Stati nell’implementare gli interventi di adattamento.
2021, il nuovo approccio
Di qui l’aggiornamento effettuato tre anni fa, il 24 febbraio 2021, con una successiva Comunicazione. Un programma che reca una visione più a lungo termine per ridurre al minimo la vulnerabilità agli impatti e rendere l’UE una società resiliente al mutare del clima entro il 2050, pienamente adattata al suo inevitabile effetto. L’aggiornamento del dispositivo ha fatto seguito a una valutazione condotta nel 2018 degli esiti del precedente, la quale ha evidenziato l’esigenza di promuovere un percorso decisionale più informato, anche per misurare e uniformare il livello di preparazione all’adattamento degli Stati sulla base di indicatori qualitativi dei processi programmati. La revisione è stata effettuata sulla base di un’ampia gamma di opinioni acquisite dagli stakeholder sulle varie opzioni strategiche, loro priorità, livello di realizzazione e impatto ambientale,
economico e sociale, avviata nel 2020 con la diffusione di una bozza del programma strategico per stimolare il dibattito. Approvata dal Consiglio il 10 giugno 2021, la strategia comunitaria prevede di migliorare la conoscenza dei singoli impatti, quella della valutazione dei rischi a essi correlati, delle corrispondenti soluzioni di adattamento e di intensificare la pianificazione delle misure per accelerarne l’attuazione e contribuire a rafforzare la resilienza climatica pure a livello globale. Essa fa leva, dunque, su tre obiettivi e linee d’azione. Un adattamento più intelligente per gestire l’incertezza, da perseguire incrementando il sapere, approfondendo lo studio delle caratteristiche e potenzialità dell’adattamento, aumentando allo scopo la raccolta di informazioni sul degrado climatico, in termini quantitativi e qualitativi, e rafforzando ed espandendo la citata piattaforma europea Climate-ADAPT, come supporto per immagazzinare e diffondere le conoscenze e le tappe raggiunte. Un adattamento più sistemico, tramite lo sviluppo e la diffusione capillare di politiche estese a tutti i livelli e settori per renderle pervasive e coerenti. Un adattamento più rapido, accelerando l’implementazione dell’adattamento su tutte le linee. Strumento di fondo è l’ampliamento del succitato sistema Climate-ADAPT con la costituzione di un Osservatorio Europeo del Clima e della Salute. Questo per monitorare dettagliatamente, analizzare e prevenire gli impatti dei cambiamenti climatici sulla salute umana.
L’attività svolta in materia della CE, ormai più che ventennale, ha interagito con quella parallela degli organi competenti degli Stati Membri, chiamati a concorrere al suo perfezionamento e a porla in atto. Ciò in modo duplice, perché, come per altri settori, nel trasporre localmente gli indirizzi strategici comunitari i provvedimenti degli Esecutivi sono generalmente due: l’adozione di una “Strategia Nazionale”, in questo caso di adattamento ai cambiamenti climatici, e di un “Piano Nazionale”. La prima costituisce la visione prospettica degli impatti attesi e temuti degli interventi da effettuare, loro priorità ed effetti, il secondo il programma delle azioni stabilito per metterla in pratica.
La strategia italiana
Nel 2015, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha approvato, con decreto della Direzione Generale per il Clima e l’Energia, una “Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici” (SNACC) di 181 pagine, stabilendone la revisione quinquennale, previa consultazione pubblica. Il documento costituisce uno strumento primario di analisi che identifica i settori che subiranno le maggiori conseguenze, definendo gli obiettivi strategici e le azioni per la loro mitigazione. Al proposito, il documento sintetizza lo stato delle conoscenze scientifiche sugli impatti e sulle vulnerabilità del paese, propone le linee di azione possibili, nel quadro delle prevedibili avversità climatiche da fronteggiare, e indica i percorsi da intraprendere per attenuarne gli effetti.
La Strategia fa propri gli indirizzi comunitari: una preliminare, maggiore conoscenza dei cambiamenti climatici a livello locale e delle loro conseguenze sui territori più vulnerabili; l’individuazione delle opzioni di adattamento per tutti i sistemi naturali e i settori socioeconomici rilevanti e quella delle opportunità associate, con l’indicazione di modalità e mezzi per identificare le migliori opzioni e le best practice; l’informazione sulle varie tematiche e connessa sensibilizzazione dei portatori di interesse con una capillare attività di comunicazione; il coinvolgimento, tramite un’accresciuta consapevolezza, degli stakeholder nella definizione dei programmi di adattamento settoriali. In merito, il comma 2 dell’art. 1 del decreto dice, infatti, che “[la SNACC] indica i principi e le misure per ridurre al minimo i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, proteggere la salute, il benessere e i beni della popolazione, preservare il patrimonio naturale, mantenere e migliorare la resilienza e la capacità di adattamento dei sistemi naturali, sociali ed economici, nonché per trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche”.
Il 24 febbraio di tre anni fa, si è detto, la CE ha aggiornato la strategia europea (2,5,6) e nei dieci anni trascorsi dal varo della prima del 2013 l’Italia ha continuato a subire effetti sempre più intensi del surriscaldamento, di cui il caldo e la siccità sono i sintomi più tangibili. Gli impatti sono stati trasversali. Hanno colpito la criosfera, permafrost, neve, ghiacciai, con l’estensione di questi ultimi contratta del 30%-40% e la durata prevista della copertura nevosa nel fondovalle e sui versanti meridionali in calo di oltre un mese sotto la quota di 2.000 metri. Sono state pesantemente penalizzate anche le risorse idriche, con le anomalie verificatesi del regime delle precipitazioni, diminuite progressivamente in certe aree sino al 40%.
Coinvolti, ovviamente, anche il suolo, interessato da fenomeni di dissesto idrogeologico e degrado, le zone umide e costiere, più vulnerabili agli eventi climatici estremi, e gli ecosistemi terrestri e acquatici in generale. Basti pensare al caldo intenso e prolungato delle ultime due estati, il cui effetto è ricaduto sulle acque marine con temperature anomale, in particolare nell’Adriatico, un ulteriore fattore di rischio per quel mare poco profondo, inquinato e sovra sfruttato. Una situazione destinata a peggiorare per l’atteso, ulteriore aumento delle temperature medie globali, descritto nell’articolo che precede. Specie nel Mediterraneo, che costituisce una regione dove nel corso dei prossimi anni gli effetti del surriscaldamento potranno risultare molto marcati, con temperature che altereranno, sino a modificarli, gli ecosistemi naturali e determineranno l’innalzamento dell’intensità e frequenza di parossismi meteorologici. Una condizione di crescente allarme, confermata dall’insieme di studi e ricerche costantemente in corso che lo accertano sempre più inequivocabilmente, che trova riscontro nella crescente severità delle iniziative e provvedimenti adottati dall’UE.
Il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici
Conseguentemente, nel 2018 il MASE ha iniziato l’elaborazione di un programma attuativo della strategia italiana del 2015 nella forma di un Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC). La funzione del Piano è quella di fornire un quadro di indirizzo nazionale per l’implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo i rischi derivanti dal cambiamento climatico, a migliorare la capacità di adattamento dei sistemi socioeconomici e naturali, nonché a trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche. Il provvedimento ha il compito specifico di supportare le istituzioni nazionali, regionali e locali nell’individuare e scegliere le azioni di adattamento più efficaci nei diversi livelli di governance, nei vari settori di intervento e contesti specifici. A tal fine reca dati, informazioni, criteri e metodologie di analisi impiegabili per definire i percorsi di adattamento nei comparti e le realtà locali per ridurre la vulnerabilità e aumentare la resilienza al mutare del clima. La stesura, durata due anni, è sfociata nel gennaio 2021 in una bozza sottoposta alla verifica preliminare prevista dal d.lgs 152/2006.
Acquisito nel maggio successivo il prescritto parere, il Piano è stato avviato alla consultazione pubblica nel febbraio del 2023, conclusasi in aprile. Finalmente, il 21 dicembre, il MASE lo ha adottato con decreto in pari data. Il varo del Piano ha riscosso apprezzamenti sostanzialmente positivi, in quanto costituisce un passo determinante per fronteggiare il crescere del surriscaldamento e rendere il paese più resiliente. Il Provvedimento consente, infatti, di dar corpo alla SNACC con un’attività sistematica di pianificazione ed esecuzione degli interventi di adattamento ai cambiamenti climatici del paese a breve, medio e lungo termine. Questo con la definizione e costruzione di una cornice e di un contesto organizzato che promuove competenze e giustappone enti che operano secondo precisati criteri di governance, al quale a un tempo riferirsi per la pianificazione e la realizzazione delle azioni.
Un quadro congruo con gli obiettivi globali e comunitari, come sopra detto recepiti dalla SNACC, i cui strumenti, convenzioni, accordi, piani, programmi, iniziative ne integrano la base giuridica, unitamente alla legislazione e normativa europea e nazionale vigente in materia. Il tutto puntualmente citato nelle 113 pagine del Piano, la cui funzione è sinteticamente quella sopra richiamata di indicare come prepararsi ad affrontare i rischi climatici e trasformarli in opportunità di crescita. L’adattamento si basa su 361 misure, da applicare su scala nazionale e regionale, che riguardano agricoltura, energia, turismo, foreste, insediamenti urbani ed ecosistemi acquatici e terrestri. Esse incidono sulle cinque aree che interessa il Piano: informazione; processi organizzativi e partecipativi; governance; adeguamento e miglioramento di impianti e infrastrutture;
soluzioni basate sui servizi ecosistemici e riqualificazione del costruito.
In termini numerici un terzo delle misure riguarda l’informazione e la sensibilizzazione, specie sulla convivenza con il rischio ambientale, un terzo la governance e il restante terzo è ripartito in 59 misure sul monitoraggio, modelli e dati, ricerca e valutazione, 42 sulle foreste, 35 sul dissesto, 29 sulle risorse idriche, 28 sull’energia e l’agricoltura. Il testo è suddiviso in sei capitoli, seguiti da quattro allegati che contengono numerosi riferimenti e documenti, tra cui quelli utili alla definizione di strategie e programmi di adattamento locali.
Un finanziamento indispensabile e prioritario
Nei primi capitoli il PNACC documenta e giustifica l’allarme per i pericoli che minacciano il paese, richiamando dati sugli eventi passati e predittivi di quelli futuri, in linea con le indicazioni fornite dall’IPCC (Intergovernmental Panel in Climate Change). Quanto al mare, conferma il rischio di anomalie crescenti, in termini di innalzamento della temperatura superficiale e del livello. Nei prossimi 40 anni il surriscaldamento andrà dai +1,9 °C del Tirreno ai 2,3 dell’Adriatico (fino a 2,6 in inverno e in primavera). L’aumento del livello potrà raggiungere 16 cm nell’Adriatico, 17 nello Jonio, 19 nel Tirreno e Mediterraneo occidentale. L’uscita del provvedimento è stata considerata dagli osservatori positivamente, ma non sono mancate le censure. I critici lamentano, infatti, l’eccessiva flessibilità delle scelte possibili, impropria in una pianificazione, la lunghezza della procedura e il conseguente ritardo con cui è stato emanato quindi il Piano.
Al riguardo evidenziano la necessità di dar piena e immediata attuazione alle misure, programmando azioni che vadano oltre il livello urbanistico e territoriale e approfondendo adeguatamente l’analisi degli impatti socioeconomici, e costituendo allo scopo tempestivamente la struttura di governance prevista dal PNACC: l’Osservatorio Nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici con funzione di coordinamento tra i livelli di governo del territorio e dei vari settori, promulgando i previsti decreti. Ciò per dar corpo a una strategia di prevenzione, chiara e determinata, con cui attuare rapidamente le 361 misure previste. Tra esse la realizzazione di aree e vasche di esondazione e l’avvio dei processi di rinaturalizzazione dei bacini idrografici e dei versanti per ridare spazio ai fiumi e fare in modo che siano minimizzati i danni ai territori che potrà apportare il surriscaldamento con il ripetersi delle emergenze climatiche.
Nel merito i censori segnalano la mancata approvazione di una legge che ponga fine al consumo improprio del suolo, dopo oltre 11 anni dall’inizio dell’iter, e la semplificazione normativa per la demolizione e la ricostruzione degli edifici esistenti, quando necessaria. Segnalano poi l’esigenza di innalzare i tar-
get della quota delle energie rinnovabili e di riduzione dell’emissione di gas serra all’interno del PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima), la cui revisione deve essere definita e inviata alla CE entro il prossimo mese di giugno. Il rilievo maggiore riguarda, però, l’aspetto finanziario, dato che il Piano non dispone di risorse specificatamente dedicate. Il vero problema, infatti, è se e quanto gli interventi saranno sostenuti economicamente da una forte volontà di finanziare, e quindi realizzare, le azioni previste per evitare che il PNACC rimanga nelle intenzioni.
In materia il decreto elenca alcune risorse potenziali, tra cui programmi Ue, come LIFE (L’Instrument Financier pour l’Environment), il FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale), il meccanismo Ue di protezione civile, la Urban Initiative Action, Horizon Europe, la Politica Agricola Comune (PAC), e una serie di fondi nazionali, come il Programma Nazionale Metro Plus e Città medie Sud, il Piano operativo Nazionale di Cultura e Sviluppo, il Piano Nazionale per la Ricerca e il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione. A tali risorse si aggiungono quelle eventuali derivanti da programmi regionali e locali. Tuttavia, se i fondi necessari saranno effettivamente stanziati dipenderà comunque dalla volontà politica di farlo. La domanda, quindi, è se e come gli investimenti previsti da questi strumenti, cui si aggiungono quelli del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) possano contribuire alla realizzazione del Piano, e la risposta richiede una verifica urgente. Questo per apportare possibili integrazioni al prossimo Documento di Economia e Finanza da riversare nella legge di Bilancio del 2025, tenuto conto che gli investimenti delle politiche di contrasto, mitigazione e adattamento alla crisi climatica devono essere considerati come prioritari per contenere i costi derivanti da disastri da scongiurare, come quelli verificatisi negli ultimi anni, e rendere resilienti i territori e le infrastrutture.
Ciò premesso, per il suo successo la realizzazione del PNACC dovrà essere supportata in ogni caso da un pieno coinvolgimento degli stakeholder, in primis i portatori di conoscenza e delle istanze sociali. Una collaborazione che valorizzi in massimo grado le sinergie che ne possono derivare e che assicuri quell’accurata programmazione necessaria per impiegare efficacemente le risorse in modo condiviso, equo ed economico. Questo con nuove forme di governance che facciano leva su percorsi di pianificazione partecipata, adottino strategie e azioni innovative di adattamento e applichino le migliori tecnologie e pratiche, a partire dalla preventiva, corretta manutenzione dei territori, specie di quelli più fragili.
Un nuovo approccio, dunque, che affronti risolutamente la questione della sostenibilità del cambiamento climatico nei suoi molteplici riflessi: ambientali, economici, sociali, occupazionali, istituzionali, e renda la transizione ecologica un’occasione per crescere e progredire nella difesa del pianeta e verso le migliori condizioni di benessere che sono possibili e si possono raggiungere.
Prospettive di crescita per l’occupazione femminile nel digitale
di Lucrezia Benedetti
Digital gender gap, questo il nome del divario digitale tra uomo e donna e altro aspetto del divario di genere. L’ONU stima che solo il 28% delle persone laureate in ingegneria e il 22% di quelle che lavorano nel settore dell’IA, a livello globale, sono donne. Dati confermati anche dall’Eurostat per il settore delle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT); numeri che confermano come in questo settore le figure femminili scarseggiano. Al contempo, sul totale dei laureati europei, le donne con una laurea ICT sono solo il 2% (se consideriamo la parte maschile siamo all’8%) e il valore più basso lo verifichiamo in Italia con uno 0,5%.
* I dati riportati nell’articolo fanno riferimento al periodo febbraio 2023-febbraio 2024. Dove esplicitato un andamento, i dati sono stati confrontati con quelli relativi al periodo febbraio 2022-febbraio 2023.
Quando si parla di donne nel mondo digitale, le occupazioni che hanno registrato una maggiore adesione sulla piattaforma da parte delle professioniste, sono stati quelli nel campo del Design e sviluppo web (69%) e del Marketing Digitale e Social Media (24%), seguiti dai Servizi e consulenza IT (5,5%) e, infine, da quelli legati allo Sviluppo di software e applicazioni (1,5%)
Secondo i dati* di Pronto Pro (il marketplace di riferimento per i servizi professionali che mette in contatto domanda e offerta) in Italia c’è uno spiraglio positivo: nell’ultimo anno sono cresciute del 20% le donne che, sulla piattaforma, si occupano di digitale.
Quando si parla di donne nel mondo digitale, le occupazioni che hanno registrato una maggiore adesione sulla piattaforma da parte delle professioniste, sono stati quelli nel campo del Design e sviluppo web (69%) e del Marketing Digitale e Social Media (24%), seguiti dai Servizi e consulenza IT (5,5%) e, infine, da quelli legati allo Sviluppo di software e applicazioni (1,5%).
Se si analizza la classifica proposta dal marketplace, dei diversi servizi offerti nell’ultimo anno dalle donne in ambito digitale e la si mette a paragone con quella maschile, si nota che più della metà delle professioniste propone le proprie competenze per la creazione di loghi (46%) e per la creazione e realizzazione di siti web (19%). Due specializzazioni in cui la creatività è centrale, e che si trovano ai primi posti anche nella Top 10 maschile, occupando però una percentuale inferiore di uomini, rispettivamente il 28% e il 23% dei liberi professionisti. Nel ranking femminile troviamo poi al terzo posto e fuori dal podio rispettivamente i ruoli di Social Media Manager (9,5%), Web writer (8%) e
Consulente marketing (6%), mestieri cardine del mondo della comunicazione e che compaiono solo nella seconda metà della classifica dei professionisti maschili.
Seguono, sempre nella classifica femminile, i servizi di Web agency (4%) e Web Designer (4%), al sesto e settimo posto. Chiudono la top 10 Webmaster (1%), Programmatrice informatica (0,4%) e Sviluppo app (0,4%); da notare come proprio Webmaster e Sviluppo app siano assenti nella classifica maschile, dove compaiono in maniera esclusiva Sistemista e Sviluppatore software.
Confrontando poi le due classifiche, ma di anni precedenti (2023 e 2024) si nota come al primo posto il servizio di creazione loghi e al secondo quello di siti web, siano rimaste stabili, mentre cambia l’ordine delle altre voci della lista.
Rispetto al 2022-2023, invece, sono aumentate le professioniste che si propongono come Social Media Manager e Consulenti marketing (in precedenza sesto e settimo posto), mentre è calata la percentuale di Web writer, Web agency e Web designer, queste ultime due escono dalla top 5. Stabili, nella seconda metà della classifica, i mestieri legati alla conoscenza e alle dinamiche del backend di siti e applicazioni, vale a dire: Webmaster, Programmatrice informatica e Sviluppo app.
Andando ad analizzare anche il punto
di vista geografico, quasi un terzo delle donne italiane che lavorano nel digitale si concentra nelle due maggiori province italiane: Milano (17%) e Roma (13%), seguite da Torino, con il 5% delle professioniste. Completano la classifica Bologna, Padova, Monza e Brianza, Firenze, Treviso, Modena e Genova, mostrando così una panoramica che vede le province del nord vere protagoniste.
Rispetto all’anno precedente, gli ultimi dodici mesi hanno visto un calo delle professioniste attive nell’area di Roma (-13%), che lascia il podio a Milano, dove il numero di donne nel digital è cresciuto a doppia cifra con un +16%. La decrescita maggiore si registra però a Napoli con -37%, che scivola al quindicesimo posto e nel 2024 abbandona così la top 10.
LO STATO DELL’ARTE DELLA DOGANA PAPERLESS:
LA RIVOLUZIONE DEGLI ADEMPIMENTI DOGANALI
di Fulvio Liberatore – Team di ricerca Easyfrontier Technologies
La trasformazione digitale delle dogane costituisce, oggi, il fulcro di tutti i processi amministrativi, di controllo e di analisi di competenza delle autorità doganali. Si tratta di un approccio universale, volto a realizzare, a livello globale, una dogana autenticamente paperless, integrata con i processi logistici e commerciali del commercio internazionale. Lo sviluppo del processo di digitalizzazione è stato cristallizzato, nell’Unione europea e fino al 2025, nella Decisione di esecuzione (UE) 2023/2879, che stabilisce il programma di lavoro relativo all’implementazione dei sistemi elettronici doganali.
Fra i diciassette progetti Ue in fase di realizzazione è di particolare rilievo, per le nostre imprese, innanzitutto la completa digitalizzazione delle operazioni di esportazione: l’Automated Export System (AES - corrispondente ai data set B1-B2-B4) verrà completato entro il 2 dicembre 2024 per la componente nazionale (ossia gli adempimenti connessi alla presentazione delle dichiarazioni doganali di esportazione). Entro l’11 febbraio 2025, verrà completata, poi, la transizione finale della componente transeuropea (ossia la gestione integrata dei “visto uscire” in tutti gli Stati membri). Analoghe scadenze – tranne che per la Fase 5 del nuovo sistema di transito informatizzato (NCTS), da completarsi entro il 21 gennaio 2025 – sono state previste per le dichiarazioni di transito (T1 per le merci non unionali e T2 per le merci unionali destinate ai paesi dello spazio economico europeo, alla Turchia e alla Svizzera o all’attraversamento della Svizzera o, ancora, alle spedizioni verso i territori unionali esterni allo spazio fisico dell’Unione) che saranno trattate attraverso i data set D1,D2,D3.
In vista della completa digitalizzazione di tutti i documenti doganali, Easyfrontier ha proposto Easydownload, una so-
luzione che rende immediati ricerca e download di tutte le dichiarazioni doganali dal portale unico dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM), inclusi i “prospetti riepilogativi dei dati contabili”, i “prospetti di sintesi” e il “visto uscire” (quest’ultimo, naturalmente, per le dichiarazioni di esportazione).
Dal 1° marzo 2024, è stato già attivato il PoUS (Proof of Union GoodS), il sistema per la gestione totalmente informatizzata della prova della posizione unionale delle merci: per approfondire le implicazioni e le accortezze che le imprese dovranno seguire per evitare ritardi e incomprensioni, suggeriamo la lettura degli articoli, tecnici, pubblicati al riguardo sul nostro portale.
A partire dal 1° luglio 2024 verrà attivato lo Sdoganamento Centralizzato all'Import (CCCI - Centralized Customs Clearance for Import), un sistema transeuropeo che consentirà di presentare dichiarazioni doganali di import presso la dogana competente per la sede dell’azienda importatrice, indipendentemente dalla dogana presso la quale le merci saranno presentate. Grazie a CCCI, quindi, merci in arrivo, ad esempio, al porto di Rotterdam potranno essere dichiarate per l’import a una qualsiasi dogana italiana, competente
A partire dal 1° luglio 2024 verrà attivato lo Sdoganamento Centralizzato all'Import (CCCI - Centralized Customs Clearance for Import), un sistema transeuropeo che consentirà di presentare dichiarazioni doganali di import presso la dogana competente per la sede dell’azienda importatrice, indipendentemente dalla dogana presso la quale le merci saranno presentate.
per la o le sedi dell’importatore. Sarà proprio l’ufficio doganale italiano, quindi, ad effettuare, con la collaborazione dell’ufficio di presentazione delle merci (PCO: Presentation Customs Office) tutti i controlli eventualmente necessari, provvedendo al rilascio delle merci stesse per la libera circolazione in tutta la Ue.
Tra gli altri progetti di interesse per le nostre imprese, non possiamo non ricordare il completamento di Import Control System 2 (ICS2), il sistema informatico che raccoglie i dati obbligatori relativi alle merci in import prima del loro arrivo. Il sistema sarà pienamente operativo per tutte le modalità di trasporto merci a partire dal 1° aprile 2025. ICS2 verrà sì utilizzato da spedizionieri e vettori, ma gli importatori dovranno essere in grado di fornire informazioni dettagliate (in ordine, ad esempio, alla corretta classificazione delle merci) agli operatori del trasporto affinché le dichiarazioni sommarie di entrata (ENS) possano essere correttamente inviate a ICS2.
Cosa ci aspetta
Guardando a un futuro (quasi) prossimo, l’uso di soluzioni basate sull’intelligenza artificiale – di cui è prevista
l’introduzione nella normativa doganale a partire dall’approvazione delle riforma, profonda, del Codice Doganale dell’Unione, presumibilmente, quindi, dal 2027 – svolgerà un ruolo fondamentale nell’analisi dei rischi (pur nel rispetto dei limiti e del quadro normativo delineato dall’Artificial Intelligence Act, approvato dal Parlamento europeo il 13 marzo 2024): le dogane potranno analizzare dati ben oltre quelli riportati nelle dichiarazioni doganali, individuando irregolarità nei flussi commerciali, identificando potenziali violazioni delle normative strettamente doganali ma anche, ad esempio, delle norme sui diritti di proprietà intellettuale. Potranno così essere intercettate tempestivamente merci contraffatte o illegali prima che possano danneggiare le filiere industriali dell'Unione. L'utilizzo di IA per accelerare le attività di accertamento doganale permetterà di ridurre i tempi di sdoganamento delle merci legittime, facilitando il commercio legale e la libera circolazione delle merci all'interno del mercato unico europeo. In tal modo, la combinazione tra pervasività dell'intelligenza artificiale e impegno delle dogane contribuirà attivamente a garantire sicurezza e integrità delle filiere del nostro settore, riducendo alla radice i sempre più frequenti casi di concorrenza sleale da parte di operatori esterni all’Unione.
La digitalizzazione della dogana Ue, anche nelle sue più alte
ambizioni, sta ridefinendo il panorama degli scambi internazionali, preparando il terreno per un commercio oltre confine più efficiente, sicuro e integrato: presupposto per il funzionamento di tutti i sistemi è, però, la compliance delle imprese che esportano e importano. La compliance si basa, anzitutto, sulla corretta classificazione doganale delle merci esportate e importate. La classificazione è essenziale per garantire la conformità rispetto a tutti gli adempimenti: dalle restrizioni verso la Russia, agli obblighi derivanti dal Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) e alla (estremamente) prossima applicazione delle norme sulla deforestation (il Regolamento 2023/1115 si applicherà dal 30 dicembre 2024). E non solo: tutte le regole che tentano di monitorare e tenere sotto controllo il commercio mondiale si basano sulla corretta classificazione delle merci. L’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale, sotto questo aspetto, potrebbe svolgere un ruolo
fondamentale nell'assistere nella corretta classificazione doganale non solo dei prodotti finiti ma anche dei singoli componenti e ricambi. Un esempio concreto di applicazione di tecniche di IA alla classificazione è il progetto BACUDA, avviato nel 2019 dalla World Customs Organization in collaborazione con l’autorità doganale coreana, che ha sviluppato un modello di rete neurale per supportare la classificazione delle merci nel Sistema Armonizzato (SA) fornendo il corretto codice SA sulla base delle descrizioni commerciali delle merci fornite.
Gli strumenti di intelligenza artificiale potranno consentire la stretta collaborazione tra le autorità doganali e le imprese nell'intensificare gli sforzi per contrastare l’evasione rispetto agli adempimenti doganali. Easyfrontier cura da sempre lo sviluppo di soluzioni volte a rendere automatici e integrati tutti gli adempimenti doganali e, in particolare, quelli connessi all’evoluzione del Green Deal unionale.
In vista della completa digitalizzazione di tutti i documenti doganali, Easyfrontier ha proposto Easydownload, una soluzione che rende immediati ricerca e download di tutte le dichiarazioni doganali dal portale unico dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM), inclusi i “prospetti riepilogativi dei dati contabili”, i “prospetti di sintesi” e il “visto uscire”.
Nuova rotta per le banche centrali
di Mauro Ippolito – iBan First
La lotta contro l’inflazione sembra ormai prossima alla vittoria. Tutte le principali economie mondiali, dopo aver registrato un aumento dei prezzi, sembrano pronte a tornare alla normalità. Questo dopo aver raggiunto la doppia cifra a causa dell’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina e aver costretto le banche centrali ad affrettarsi ad alzare i tassi di interesse a un ritmo che non si vedeva dall’inizio del nuovo millennio, in modo da limitare l’impatto dell’aumento dei prezzi al consumo sui consumatori.
Le banche centrali sono intenzionate a effettuare un passo indietro sul costo del denaro andando a preparare una nuova stagione di taglio dei tassi che rappresenterebbe, per l’economia mondiale, un’importante boccata d’ossigeno. Ciononostante, la stagione delle riunioni delle banche centrali è iniziata sottotono, la maggior parte di esse ha avviato discorsi su di un possibile taglio dei tassi solo recentemente, lasciando ancora incerto l’avvio di questa nuova fase espansiva. Solo la Banca Centrale Svizzera (SNB), a marzo, ha agito di impulso andando a tagliare i tassi di 25 punti base portandoli all’1,50%. La decisione della Banca Centrale Svizzera, che ha segnato il primo taglio dei tassi in nove anni, è stata favorita dalla riduzione dell’inflazione all’1,2% a febbraio, ma ha avuto anche l’effetto di frenare l’apprezzamento del franco svizzero che nei confronti dell’euro, con il cambio eur-chf aveva toccato un minimo al di sotto di area 0,9300 (per ogni euro servivano 0,93 franchi svizzeri).
Iniziano gli svizzeri
La decisione della Swiss National Bank ha dato il via a una serie di dibattiti su chi potesse essere la prossima banca ad agire. La speculazione e le scommesse hanno interessato un po’ tutte le banche centrali, ma ad oggi (maggio NdR) nessuna altra banca ha seguito quella svizzera. Tuttavia, non sono mancati gli spunti di riflessione. Dapprima si erano affermate le convinzioni che l’americana Federal Reserve dovesse dettare i ritmi di intervento, lasciando il posto di comprimaria alla Banca Centrale Europea e alle altre banche centrali del G7. Tuttavia, con il passare delle settimane e con le pubblicazioni di dati macroeconomici statunitensi migliori delle attese, soprattutto sul lato occupazione (grazie alla creazione di nuovi posti di lavoro nel settore non agricolo), si è evidenziata l’inutilità di una corsa della banca centrale statunitense a stimolare l’economia. Infatti, se da una parte i costi di finanziamento continuano
Il tema del taglio dei tassi passa alle altre
banche centrali del G7 con la BCE che sorprendentemente sembra più propensa a intervenire sui costi del denaro a causa del netto rallentamento della crescita economica in Europa e al contestuale calo dell’inflazione.
a essere elevati, dall’altra le aziende continuano a restare in buona salute andando ancora a creare nuovi posti di lavoro. Un eventuale intervento in tal senso potrebbe sfociare in un nuovo aumento dell’inflazione nonché alla creazione di bolle speculative. Questo tema, ripreso anche dalle “minute” del FOMC, conferma la fase attendista della Fed americana lasciando i tassi al 5.25-5.50%, ovvero sui massimi da oltre 20 anni (sugli stessi livelli del marzo 2001), per il quindicesimo mese consecutivo. Discorso confermato anche dalla pubblicazione del Beige Book della Federal Reserve che evidenzia come l’attività economica del paese è sì cresciuta dalla fine di febbraio a inizio aprile, ma che il livello di stabilizzazione dell’inflazione risulta ancora a livelli troppo elevati da poter permettere al Comitato Esecutivo di prendere in considerazione un potenziale taglio dei tassi di interesse di riferimento.
Il prossimo passo
Il tema del taglio dei tassi passa alle altre banche centrali del G7 con la BCE che sorprendentemente sembra più propensa a intervenire sui costi del denaro a causa del netto rallentamento della crescita economica in Europa
e al contestuale calo dell’inflazione. Come ha sottolineato la governatrice della BCE, Christine Lagarde, nel corso dell’ultima riunione di aprile, l’inflazione inizia a dare buoni segnali per cui è probabile un nuovo aggiustamento delle politiche monetarie. Da sottolineare, tuttavia, come dopo dieci rialzi consecutivi seguiti da cinque sedute di pausa, la BCE fosse già pronta ad agire sui tassi ad aprile, con un numero crescente di governatori propensi a un’azione immediata prima di adeguarsi alla maggioranza che ha votato per una conferma dei tassi. La maggioranza degli analisti, alla luce delle crescenti spinte espansive in tema di politica monetaria, concordano per un taglio dei tassi di 25 punti base (portandoli al 4,25%) che, nelle logiche della BCE, è da ritenersi una sorta di test per il mercato cercando in questo modo di capire come il processo di disinflazione possa accogliere le nuove manovre della BCE. La pubblicazione degli ultimi dati macroeconomici, infatti, sembra avvalorare la tesi dell’azione espansiva della BCE, con importanti ripercussioni sia sul mercato dei cambi sia sugli investimenti.
La notizia di un possibile approccio espansivo della BCE ha impattato immediatamente sui mercati valutari,
La notizia di un possibile approccio espansivo della BCE ha impattato immediatamente sui mercati valutari, con il cambio eur-usd che ha registrato un forte apprezzamento andando a raggiungere area 1.0600, ovvero tornando sui minimi del novembre 2023.
con il cambio eur-usd che ha registrato un forte apprezzamento andando a raggiungere area 1.0600, ovvero tornando sui minimi del novembre 2023. La motivazione di un ritorno di forza del dollaro è da ricercare nei rendimenti tra tassi BCE e tassi Fed. Infatti, se a giugno la BCE dovesse effettivamente agire sui tassi, il differenziale dei tassi tra Usa e Europa si amplierebbe ulteriormente favorendo l’interesse di investimento verso gli Stati Uniti rispetto all’Europa. Questa “fuga” di capitali, pertanto, porterebbe a un maggiore acquisto di dollari apprezzandone il valore. L’attuale movimento pro dollaro, di fatto, sconta già questa ipotesi.
E la Gran Bretagna?
La Banca Centrale Europea, tuttavia, potrebbe non essere l’unica banca centrale ad agire sui tassi. Nelle ultime settimane è apparsa evidente l’insofferenza per il rallentamento economico della Gran Bretagna tanto da ipotizzare un’imminente azione della Bank of England. Da sottolineare, che la BoE è sempre stata molto attiva sul mercato agendo anche in modo preventivo alla luce dei dati in possesso. L’economia britannica, di fatto, sta
registrando tassi di crescita al di sotto delle attese e soprattutto l’occupazione ha evidenziato delle contratture preoccupanti. Nel 2023 l’economia britannica, è cresciuta di appena lo 0,1% annuo rispetto al 2022 avendo anche registrato due trimestri consecutivi di contrazione (-0,1% nel terzo trimestre e -0,3% nel quarto trimestre del 2023), mettendo sotto pressione l’economia britannica che potrebbe entrare in recessione tecnica, se il primo trimestre del 2024 dovesse risultare negativo (anche se i dati preliminari sembrerebbero propendere per una lieve crescita). La mancata decrescita dell’inflazione che resta oltre al target del 2% posto dalla BoE, tuttavia, non sembra spaventare i policy maker britannici più della mancata crescita economica, considerando anche gli effetti secondari che questo potrebbe portare, come ad esempio la perdita di posti di lavoro. Mettendo sui piatti della bilancia la crescita dell’economia e l’inflazione, la BoE vede uno sbilancio dal lato dello sviluppo dell’economia propendendo a stimolare quest’ultima pur in presenza di pressioni sui prezzi, eventualmente contrastabili con azioni indirette da parte del governo. La Bank of England, pertanto, potrebbe muoversi anch’essa a giugno con una riduzione del tasso di interesse (at-
Il tema tassi riguarda anche i paesi asiatici, con Giappone e Cina che restano alla finestra per valutare quali mosse intraprendere per stimolare la crescita e risolvere alcuni importanti temi che preoccupano l’economia.
tualmente ai massimi da sedici anni al 5,25%) andando a ridurre gradualmente, ma costantemente, portando i tassi entro la fine del 2024 al 4,5%.
Una conferma giunta anche dal governatore della BoE, Andrew Bailey, che ha sottolineato come i recenti dati evidenziano un incoraggiante calo della pressione sui prezzi ai consumatori e che il percorso della banca centrale sembra andare nella corretta direzione. Ciononostante, nella comunicazione al Cancelliere dello Scacchiere, Jeremy Hunt, in cui si comunicano le motivazioni per cui l’inflazione permane oltre il 3%, Bailey ha affermato che il calo del tasso ha continuato a essere guidato da «un allentamento delle pressioni sui costi esterni», mentre le pressioni inflazionistiche interne sono rimaste più persistenti.
Cosa succede oltreoceano?
Il tema tassi riguarda anche i paesi asiatici, con Giappone e Cina che restano alla finestra per valutare quali mosse intraprendere per stimolare la crescita e risolvere alcuni importanti
temi che preoccupano l’economia. Se entrambi stanno agendo indirettamente sul tasso di cambio per favorire l’economia, con yen e renminbi in calo per favorire l’export, dall’altro il rallentamento economico e le problematiche sul mercato immobiliare (soprattutto in Cina) necessitano di una particolare attenzione. La People’s Bank of China, infatti, starebbe pensando a una riduzione dei tassi di interesse a breve (prestiti a 1 anno al 3.45%) e medio periodo (prestiti a 5 anni al 3.95%), rispettivamente correlati al costo di indebitamento delle famiglie in consumi e al costo dei mutui, nel tentativo di facilitare la crescita del secondo trimestre dell’anno (monito giunto anche dal Fondo Monetario Internazionale).
Di fatto, sia in Occidente che in Oriente, le banche centrali sembrano pronte a una nuova partecipazione attiva sui mercati. Le prossime azioni interesseranno l’economia mondiale e in particolare tutte quelle attività attive nell’importazione o esportazioni di prodotti, consci che le manovre di politica monetaria impatteranno in modo diretto sulle loro attività.
L’uso pratico dell’IA
di Daniele Bettini
Il dibattito è ancora aperto: l’IA ci ruberà il lavoro? La verità è che le nuove applicazioni di intelligenza artificiale possono aiutare le imprese a ottimizzare i processi produttivi e ad abilitare nuovi modelli di business. Ne abbiamo parlato con Gianbattista Schieppati, Neosperience VP, che ci ha presentato casi concreti in ambito manifatturiero. Tenendo presente alcune accortezze come, per esempio, che i tassi di miglioramento dello strumento sembrano decrescenti, in quanto migliorare le attuali versioni potrebbe costare moltissimo (forse troppo) e non solo in termini energetici. Basti pensare che ChatGPT3 ha utilizzato un training dataset 78 volte maggiore di quello di ChatGPT2 e ChatGPT4 uno 571 volte quello di ChatGPT3, pur mostrando importanti limiti nei casi d’uso. Il che si tradurrebbe in un data set di decine di migliaia di TB per passare a una prossima versione (Will Lockett – AI is hitting a hard ceiling it can’t pass).
La capacità delle tecnologie, specialmente di quelle basate sull’intelligenza artificiale, è quella di riconoscere, interpretare e aiutare le persone che operano nel contesto dell’azienda. L’empatia che utilizza l’intelligenza artificiale serve per espandere la capacità di rispondere alle esigenze del cliente e consente di anticiparne i comportamenti per migliorare l’offerta. L’empatia è anche un modo per approcciarsi ai progetti di intelligenza artificiale, cre-
ando sistemi e conoscenze che si inseriscano nell’azienda, senza sostituire, ma migliorando funzioni, ruoli, processi e prodotti.
Ma quali sono i contesti in cui l’IA può essere utilizzata con successo in ambito manifatturiero? Quali sono i nuovi ambiti di applicazione e quali gli sviluppi futuri che vedete?
La nuova IA è
qui per restare. Mentre prima l’informatica serviva ad automatizzare le azioni delle persone, ora è possibile digitalizzare anche la comprensione, il ragionamento e la produzione
di concetti
«La nostra esperienza» a parlare è Gianbattista Schieppati
«ci dice che l’IA ha già aperto una serie di fronti di miglioramento decisamente efficaci e ne sta aprendo altri più avanzati e pionieristici.
Possiamo portare esempi di IA applicata per replicare le conoscenze e le capacità di ragionamento degli esperti tecnici, consentendo di replicare i processi di scelta, configurazione e offertazione di prodotti o componenti. La IA dei sistemi esperti è in grado di aiutare nella creazione di sistemi complessi con una velocità e una precisione tali da consentire agli esperti tecnici di concentrarsi sulla progettazione e la ricerca e sviluppo.
Altri esempi fondamentali sono quelli che consentono di utilizzare la IA per comprendere il processo aziendale, per creare sistemi di monitoraggio del processo che siano in grado anche di prevederlo oltre che di simularlo. La creazione di Digital Twin di processo consente e consentirà di prendere decisioni migliori e più veloci rispetto a prima, convertendo i dati non solo in informazioni, ma anche in decisioni.
L’IA ha un fondamentale ambito di applicazione nella predizione di eventi, capacità fondamentale per creare sistemi in grado di ridurre i guasti e i fermi di produzione. Nella nostra esperienza abbiamo capito che la manutenzione predittiva non può essere ottimizzata guardando solo le macchine, ma deve essere integrata con il modo in cui queste sono usate. Le loro prestazioni dipendono infatti anche dal processo e dall’organizzazione in cui sono inserite, per questo, integrare dati tecnici con dati di processo consente e consentirà di utilizzare la potenza dell’IA per fare ragionamenti sempre più complessi.
La nuova IA è qui per restare. Mentre prima l’informatica serviva ad automatizzare le azioni delle persone, ora è possibile digitalizzare anche la comprensione, il ragionamento e la produzione di concetti».
L’IA è una tecnologia accessibile anche per le PMI? E quali sono i modelli di business connessi?
«È accessibile anche per le piccole e medie imprese» conferma il VP di Neosperience «e ci sono diversi modelli di business che possono essere implementati per sfruttarne
i vantaggi. Grazie alla crescente disponibilità di strumenti e piattaforme di IA come servizio (AIaaS), le PMI possono ora accedere a tecnologie avanzate senza necessariamente investire in costose infrastrutture IT o in competenze specialistiche. Esistono due approcci fondamentali. Il primo approccio, applicabile per ogni PMI, comprese quelle che hanno prodotti a basso valore aggiunto, è quello di utilizzare l’IA per migliorare il processo interno, velocizzare le azioni, ridurre i costi, aumentare le efficienze. Un approccio teso a ottimizzare quanto l’azienda già fa ma che, sfruttando capacità di ragionamento e di “imitazione” dell’intelligenza dei sistemi, consente di avere esperti digitali in ogni azione che le persone dell’azienda effettuano. L’impatto è anche sui servizi forniti: ad esempio consentire ai clienti di configurare i loro prodotti senza coinvolgere personale interno dell’azienda. Oppure, avere un sistema digitale in grado di comprendere la richiesta di offerta e di convertirla in specifiche tecniche in poco tempo, consente di alzare il livello di servizio. Il secondo approccio è quello della individuazione di nuovi modelli di business. Inoltre utilizzando l’IA per analizzare dati complessi provenienti dai prodotti (ad esempio, sensori IoT integrati nelle macchine), le PMI possono offrire servizi di manutenzione predittiva. Questo non solo aiuta a prevenire guasti inaspettati, ma permette anche di pianificare gli interventi di manutenzione in momenti ottimali, riducendo i tempi di inattività e i costi per il cliente.
L’IA può analizzare i dati di utilizzo del cliente per personalizzare i servizi offerti, adattandoli alle specifiche necessità. Per esempio, una PMI che produce apparecchiature di fitness potrebbe usare l’IA per fornire consigli personalizzati sull’uso dei dispositivi, programmi di allenamento su misura, o addirittura suggerimenti per il benessere basati sull’analisi dei dati di performance dell’utente.
L’integrazione dell’IA con sistemi IoT, inoltre, consente il monitoraggio in tempo reale delle condizioni di un prodotto. Le analisi predittive possono identificare potenziali problemi prima che si verifichino, migliorando la qualità del servizio e la soddisfazione del cliente. Questo è particolarmente utile in settori come quello manifatturiero, dove l’efficienza operativa è critica».
Utilizzando l’IA per analizzare dati complessi provenienti dai prodotti (ad esempio, sensori IoT integrati nelle macchine), le PMI possono offrire servizi di manutenzione predittiva. Questo non solo aiuta a prevenire guasti inaspettati, ma permette anche di pianificare gli interventi di manutenzione in momenti ottimali, riducendo i tempi di inattività e i costi per il cliente
È anche possibile la creazione di nuovi modelli di prezzo?
«Con l’IA, le PMI possono introdurre modelli di pricing dinamici basati sull’utilizzo, dove i clienti pagano in base al valore effettivamente percepito e ricevuto. Questo modello può essere particolarmente attraente in mercati competitivi, permettendo alle PMI di adattarsi meglio alle fluttuazioni della domanda e alle esigenze specifiche del cliente».
Le realtà che fanno macchine utensili/manifatturiere dicono che sia molto difficile fare analisi predittiva su larga scala perché ogni macchina in realtà è diversa dalle altre semplicemente per il contesto in cui è inserita, per i settaggi che ha, e che in pratica la predittività si riduce alla costruzione di intorni generici…
«L’IA sta cambiando l’approccio stesso alla predizione del comportamento delle macchine. Innanzitutto è fondamentale creare modelli che si istanziano su ogni macchina, con algoritmi di re-training efficaci. Ad esempio, per un nostro cliente abbiamo creato un unico modello in grado di apprendere differentemente per ogni macchina i consumi corretti di olio. Macchine dello stesso tipo consumano olio in modo differente in base all’età: il modello è in grado di individuare le soglie e il loro cambiare nel tempo. Abbiamo però anche scoperto che non è più sufficiente concentrarsi solo sui dati delle macchine: l’integrazione dei dati di processo con i dati della macchina consente di fare predizioni più reali.
Nelle nostre esperienze esistono molti dati “esterni” alle macchine che devono essere integrati per creare predizioni efficaci. Parliamo di variabili del PLC e allarmi delle macchine, ma anche le note delle manutenzioni effettuate sulla singola macchina e, soprattutto, l’analisi dei processi organizzativi che ruotano intorno alla macchina (ordi-
ni prodotti, fasi, operatori). Diventa agevole, ad esempio, predire i lead time reali delle stazioni di lavoro, comprendendo quindi non solo il comportamento delle macchine, ma anche delle persone intorno alla macchina».
Prosegue sempre Schieppati «Le nostre piattaforme nascono con l’obiettivo di analizzare correlazioni tra dati di sorgenti differenti, in progetti digitali che danno uguale importanza alla IA, all’integrazione dei sistemi, all’analisi e pulizia dei dati, e alla user interface che viene fornita al personale aziendale. Progetti che richiedono competenze specializzate e un approccio collaborativo tra i produttori di macchine, gli operatori e gli esperti di analisi dati, di system integration e di user interface».
Come si inseriscono i LLM in un contesto manifatturiero, quali applicazioni pensate che potrebbero avere?
«Con l’avvento dei LLM (Large Language Models), che rappresentano una svolta nel settore dei sistemi capaci di analizzare, comprendere e generare testi attraverso avanzate funzionalità di ragionamento, si apre un nuovo capitolo per chi, come noi, si dedica all’innovazione nel campo delle aziende manifatturiere. Questi strumenti, fino a poco tempo fa inimmaginabili, ampliano in modo significativo le nostre capacità. Anche se da anni operiamo nell’ambito dell’intelligenza artificiale, specializzati nella gestione del linguaggio naturale, l’introduzione di tecnologie come ChatGPT ha radicalmente trasformato il nostro approccio, rendendo possibile su larga scala ciò che in precedenza era solo teoricamente concepibile. L’obiettivo ora è identificare e sfruttare tutte le potenziali opportunità di ottimizzazione disponibili.
Stiamo sviluppando sistemi che permettono di interpretare automaticamente le richieste dei clienti, riducendo drasticamente i tempi di elaborazione dei capitolati tecnici
interni, da giorni a pochi secondi, garantendo una produzione efficace e conforme alle esigenze espresse. Stiamo ampliando e rafforzando il concetto di basi di conoscenza intelligenti. Ciò comporta la realizzazione di progetti digitali capaci di aggregare e analizzare tutte le fonti informative disponibili all’interno dell’azienda. Questi sistemi
Alcune applicazioni pratiche:
Assistenza e formazione
I LLM possono essere utilizzati per sviluppare sistemi di assistenza virtuale che guidano gli operatori durante complesse procedure. Attraverso l’interazione in linguaggio naturale, i lavoratori possono ricevere risposte istantanee a domande tecniche, suggerimenti su come risolvere problemi specifici o assistenza passo-passo durante l’esecuzione di compiti complicati.
Ottimizzazione dei processi di progettazione e offertazione
I LLM possono analizzare grandi quantità di documentazione e consentono di analizzare capitolati tecnici anche complessi per estrarre le specifiche tecniche utili per la costificazione e offertazione. L’integrazione con i sistemi esperti consentirà di creare offerte quasi in automatico.
Supporto decisionale
I LLM possono assistere i manager nel processo decisionale fornendo analisi complesse in formato facilmente comprensibile, basate su un’ampia gamma di dati aziendali e di mercato.
Integrazione con Sistemi ERP e CRM
Utilizzando LLM, le aziende manifatturiere possono migliorare l’efficienza dei loro sistemi ERP (Enterprise Resource Planning) e CRM (Customer Relationship Management) attraverso una migliore analisi dei dati e interfacciamento più naturale e intuitivo.
Quali
sono i casi più significativi che vi vedono protagonisti?
È possibile fare una descrizione dettagliata di quattro casi di utilizzo di intelligenza artificiale in diverse aziende:
Azienda di produzione Macchine di Sollevamento
Un’azienda specializzata in macchine di sollevamento ha implementato un sistema di intelligenza artificiale per mi-
non solo integrano e comprendono i dati, ma li rendono anche immediatamente accessibili attraverso interfacce utente di tipo conversazionale. Questo approccio migliora notevolmente l’efficienza e l’interattività delle operazioni aziendali, potenziando le capacità decisionali e la velocità di risposta».
gliorare l’efficienza nella gestione delle commesse. Questo sistema utilizza i sistemi esperti per configurare, dimensionare e costificare carriponte. Sono sistemi molto complessi le cui tempistiche di progettazione e offertazione sono passate da giorni a qualche minuto.
Configuratore di prodotto di sistemi per la trasmissione del gas
L’IA può essere utilizzata per creare digital twin dei sistemi di gestione della pressione nei sistemi di distribuzione del gas, un sistema in grado di simulare il comportamento del prodotto, date le condizioni ambientali e le necessità del cliente, consentendo la creazione di una UIX speciale per scegliere, dimensionare e poi configurare il prodotto migliore per le esigenze del cliente, con tanto di creazione della scheda tecnica di funzionamento.
Computer Vision per il Controllo Qualità
Alisea, impegnata nel controllo qualità, ha implementato un sistema di computer vision basato su IA per migliorare l’ispezione dei prodotti. Questo sistema utilizza telecamere ad alta risoluzione e algoritmi avanzati di visione artificiale per esaminare i prodotti durante la produzione. L’IA analizza le immagini per identificare difetti, discrepanze o imperfezioni, garantendo che solo i prodotti che soddisfano gli standard di qualità elevati lascino la linea di produzione. Questa tecnologia non solo aumenta la precisione del controllo qualità, ma riduce anche i costi e i tempi associati al controllo manuale, garantendo una coerenza senza precedenti in tutto il processo produttivo.
Knowledge Base intelligente
Un sistema di raccolta, catalogazione e monitoraggio della letteratura scientifica brevettuale e non brevettuale. L’IA viene impiegata per leggere, riassumere e catalogare i contenuti, individuando il livello di interesse. Un’ interfaccia di interazione Chat Like consente di diffondere con facilità conoscenze a tutto il gruppo R&S delle aziende.
La ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence
di Daniele Bettini
«I large language model stanno rivoluzionando la ricerca in intelligenza artificiale e hanno molte ricadute in ambito applicativo» spiega Tatiana Tommasi, vice coordinatrice del Collegio di Dottorato Intelligenza Artificiale «Possiamo descriverli come modelli addestrati con enormi quantità di dati testuali che, data una sequenza di parole, imparano a prevedere la parola successiva. Questo permette di acquisire capacità di linguaggio creando frasi che rispettano le logiche di un discorso e con un tono e uno stile diversi anche a seconda dei vari possibili contesti. Generare parole con queste modalità si avvicina a “saper parlare”, e questo è essenziale per avere chatbot che rispondano ai clienti, monitorino le loro esigenze e sappiano anche creare campagne pubblicitarie accattivanti».
Il mercato dell’intelligenza artificiale, in Italia, cresce in maniera impetuosa. Nel 2023 segna +52%, raggiungendo il valore di 760 milioni di euro, dopo che già nel 2022 aveva registrato un +32% rispetto all’anno precedente
Questa è solo la punta dell’iceberg perché la conoscenza che i modelli acquisiscono è più profonda, e ha a che fare con la semantica degli oggetti (qual è il modo giusto di usare un certo oggetto/strumento a seconda della necessità), con la decomposizione in passi di procedure complesse (si pensi a una ricetta di cucina, o alle istruzioni di assemblaggio per un mobile), o con la gestione degli spazi (dalle descrizioni negli annunci immobiliari alle stage direction che danno indicazioni per i movimenti degli attori in scena). «La conoscenza interna di questi modelli, detti anche “fondazionali” per la loro ricchezza, può quindi essere utilizzata in tanti scenari. Si possono porre al modello domande sempre nuove e ottenere risposte di grande utilità pratica. A oggi i large language model e le loro versioni multi-modali per vision-language sono alla base di metodi per l’identificazione di anomalie in prodotti industriali, per il design e la personalizzazione di nuovi oggetti e spazi, per l’ottimizzazione della logistica, così come l’addestramento di policy di navigazione e manipolazione per agenti robotici che possono interagire in modo sempre più naturale con esseri umani in ambienti di lavoro dinamici, mantenendo comunque la massima sicurezza».
Prosegue Tommasi «In generale possiamo dire che i trend attuali sui large language model non sono solo mode passeggere. Questi modelli resteranno come una componente essenziale dei futuri strumenti di IA sia in ambito domestico sia industriale. Tuttavia ci sono ancora molte domande aperte. Innanzitutto va sottolineato che l’addestramento di questi modelli risulta al momento appannaggio solo di grandi aziende in grado di investire in enormi capacità computazionali. Come rendere più efficiente questa fase è sicuramente di grande interesse, anche tenendo conto della necessità di imparare “on the edge” con accesso a risorse molto ridotte. D’altra parte al termine dell’addestramento l’uso dei modelli è piuttosto efficiente e si basa sulla loro interrogazione, ma non esistono procedure standard per questo: le soluzioni attuali passano attraverso molteplici tentativi o regole empiriche e dipendono significativamente dalla specifica conoscenza da estrarre».
Nel vivo della ricerca
Un’interessante nota quella della professoressa Tommasi che aiuta a interpretare i risultati della ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano presentata lo scorso febbraio al convegno “Al centro: novità, applicazioni e regole”. La ricerca ha evidenziato che «Il mercato dell’intelligenza artificiale, in Italia, cresce in maniera impetuosa. Nel 2023 segna +52%, raggiungendo il valore di 760 milioni di euro, dopo che già nel 2022 aveva registrato un +32% rispetto all’anno precedente. La gran parte degli investimenti riguarda soluzioni di analisi e interpretazione testi per ricerca semantica, di classificazione, sintesi e spiegazione di documenti o agenti conversazionali tradizionali, mentre sono ancora limitati al 5% (38 milioni di euro) i progetti di Generative AI. Sei grandi imprese italiane su dieci hanno già avviato un qualche progetto di intelligenza artificiale, almeno a livello di sperimentazione, ma ben due su tre hanno già discusso internamente delle applicazioni delle Generative AI e tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale)».
La ricerca prosegue evidenziando come «Nel 2023 quasi tutti gli italiani (98%) hanno sentito parlare di intelligenza artificiale, e più di un italiano su quattro (29%) ne ha una conoscenza medio-alta. C’è grande interesse, dunque, ma anche una certa confusione: tre italiani su quattro hanno sentito parlare di ChatGPT, ma solo il 57% conosce il termine “Intelligenza Artificiale Generativa”. Un italiano su quattro dichiara inoltre di aver interagito almeno una volta con ChatGPT. Ben il 77% degli italiani (+4 punti percentuali rispetto al 2022) guarda con timore all’intelligenza artificiale, soprattutto in relazione ai possibili impatti sul mondo del lavoro. Tuttavia, solo il 17% è fermalmente contrario all’ingresso dell’IA nelle attività professionali». Spiega ora Nicola Gatti, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence «Da parte della comunità scientifica è doveroso guidare il percorso di adozione dell’IA e dell’IA generativa, cercando di evitare la fase di disillusione che
Sono tre le principali criticità che riguardano oggi l’IA: poter garantire che i risultati dei sistemi di IA siano corretti (tipicamente si parla di robustezza), poter garantire che le decisioni prese siano spiegabili alle persone (explainability) e certificare che i sistemi di IA rispettino le regolamentazioni europee e che i rischi potenziali siano mitigati
solitamente caratterizza il processo di adozione di nuove tecnologie. A questo riguardo, sono tre le principali criticità che riguardano oggi l’IA: poter garantire che i risultati dei sistemi di IA siano corretti (tipicamente si parla di robustezza), poter garantire che le decisioni prese siano spiegabili alle persone (explainability) e certificare che i sistemi di IA rispettino le regolamentazioni europee e che i rischi potenziali siano mitigati. Come Politecnico di Milano, tramite il Partenariato Esteso FAIR, stiamo portando avanti la ricerca in ambito Adaptive AI proprio per dare risposta a queste sfide».
Le applicazioni industriali
Tornando alle applicazioni più industriali e più legate ai processi manifatturieri, la docente Tommasi aggiunge «Abbiamo recentemente sviluppato un sistema per la pianificazione automatica delle traiettorie eseguite da un braccio robotico per spray painting di grandi oggetti. L’algoritmo proposto permette di alleviare il compito dei tecnici che generalmente devono ingegnerizzare il movimento del robot e poi spostarlo a mano per ogni nuovo oggetto, rimanendo anche esposti ai processi di verniciatura con materiali potenzialmente dannosi per la salute. Abbiamo dimostrato sperimentalmente che le traiettorie generate automaticamente permettono di coprire fino al 95% della superficie di oggetti non visti in fase di addestramento.
Il laboratorio VANDAL (Visual and Multimodal Applied Learning) del Politecnico di Torino ha anche numerosi altri progetti con partner industriali finalizzati all’ottimizzazione del trade off in costo e accuratezza per l’addestramento dei modelli in base alle necessità di potenziali clienti, allo sviluppo di nuovi sistemi di riconoscimento visivo e multimodale per applicazioni robotiche legate alla interazione uomo-macchina da visione egocentrica, ma anche per scene stradali in automotive e su dati satellitari per la localiz-
zazione a scopo turistico o per la predizione di frane». Prosegue sempre Tommasi «La creazione di nuovi modelli è proibitiva per molte piccole realtà e richiede di scalare a cluster con migliaia di GPU e potenti sistemi di raffreddamento, entrambi estremamente dispendiosi in termini di energia elettrica e acqua, con un carbon footprint significativo» aggiunge, dando in questo senso una spiegazione ai numeri presentati dall’Osservatorio. «Per avere un’idea della scala, è stato stimato che per generare solo 1000 immagini con un modello tra i più recenti (Stable Diffusion XL) si producono le stesse emissioni di anidride carbonica prodotte guidando un’auto per 6,5 km. La domanda principale che ci si pone in ambito industriale al momento è come usare i modelli fondazionali piuttosto che addestrarne di nuovi. Stanno fiorendo numerosissime startup il cui obiettivo è quello di fornire alle aziende delle interfacce che accedono a modelli preesistenti tramite API. Come menzionato sopra, interrogare questi modelli una volta che siano stati addestrati risulta piuttosto efficiente, quindi i costi in questo senso rimangono limitati. Ma c’è ancora molto spazio per elaborare metodi e strategie adatte e ottimizzate allo scopo».
«Come laboratorio VANDAL» conclude Tommasi «abbiamo la fortuna di coprire molti insegnamenti di machine learning presso il Politecnico di Torino e di formare più di 500 studenti all’anno in vari percorsi magistrali di ingegneria. Ci aspettiamo che i nostri studenti diventino i ricercatori ma anche i CEO e dirigenti di domani. Pensiamo sia essenziale partire dai principi che sono alla base dei modelli di apprendimento statistico dei dati per riuscire non solo a capire potenzialità e limiti dei modelli, ma anche disegnarne di nuovi più efficienti e affidabili. L’IA è uno strumento con basi matematiche che ha ricadute importanti nella vita di tutti e sta già significativamente cambiando alcuni aspetti del nostro quotidiano oltre che vari ambiti lavorativi. Pensiamo che chi sviluppa queste nuove tecnologie abbia il compito di farlo in modo competente e responsabile mantenendo l’uomo al centro degli obiettivi».
Il 90% del mercato dell’IA in Italia è legato alle grandi imprese. Il resto è suddiviso in modo equilibrato tra PMI e Pubblica Amministrazione. La quota più significativa del mercato italiano dell’intelligenza artificiale (29%) è legata a soluzioni per analizzare ed estrarre informazioni dai dati (Data Exploration & Prediction, Decision Support & Optimization Systems). Il 27% è per progetti di interpretazione del linguaggio, scritto o parlato (Text Analysis, Classification & Conversation Systems). Il 22% per algoritmi che suggeriscono ai clienti contenuti in linea con le singole preferenze (Recommendation Systems). Il 10% analisi di video ed immagini, 7% Process Orchestration Systems, il 5% Generative AI. Guardando alla spesa media in intelligenza artificiale per azienda, ai primi posti Telco-Media e Assicurazioni, seguiti da Energy, Resource & Utility e Banche e Finanza.
Il 61% delle grandi imprese ha all’attivo, almeno al livello di sperimentazione, un progetto di intelligenza artificiale, mentre si scende al 18% tra le piccole e medie imprese (+3 punti percentuali rispetto al 2022). L’adozione nelle imprese è sostanzialmente stabile rispetto al 2022. Le aziende che avevano già avviato almeno una sperimentazione proseguono e accelerano. Nelle aziende in ritardo, sono invece rari i casi in cui l’avvento della IA generativa ha già dato vita a una sperimentazione. Il 37% delle grandi realtà che non hanno progetti all’attivo ha intenzione di attivarne nei prossimi 12 mesi e si moltiplicano le iniziative di workshop ispirazionali/formativi sul tema. Circa 2 grandi aziende su 3 hanno discusso internamente delle applicazioni delle IA generative, tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale, dunque). D’altro canto, soltanto il 7% delle piccole e medie imprese sta riflettendo su potenziali applicazioni e solo il 2% ha concretamente attivato almeno una sperimentazione.
Google e Anima per l'IA
di Lucrezia Benedetti
Lo scorso 17 aprile nello spazio fieristico di Bergamo si è tenuto l’evento di apertura dello Spazio Interattivo di Google dedicato all’intelligenza artificiale per il settore metalmeccanico, Anima Confindustria era presente all’evento “IA per il Made in Italy”.
Vincenzo Riili, senior marketing director di Google in Italia, ha spiegato come l’IA può aiutare le imprese e quali risorse hanno messo in campo per accompagnarle.
«L’intelligenza artificiale avrà un impatto trasformativo su tutta l’economia e la società» queste le parole di Vincenzo Riili «e Google vuole continuare a mettere a disposizione il suo impegno e i suoi strumenti affinché questa sia un’opportunità accessibile per tutti. E questo vale anche quando si parla di imprese. Proprio per continuare ad accompagnarle in questa nuova fase abbiamo lanciato “IA per il Made in Italy”, il nostro nuovo progetto disponibile sia online sul sito grow.google/IAperMadeInItaly, sia sul territorio, iniziato con il primo Spazio Interattivo temporaneo di Google organizzato a Bergamo in collaborazione con Anima Confindustria e dedicato al settore metalmeccanico. Con “IA per il Made in Italy” vogliamo rispondere a due bisogni chiave delle PMI oggi: da un lato, aiutarle a
identificare e abbracciare una nuova visione strategica per individuare dove e come, all’interno delle specificità del proprio business, l’IA possa portare dei benefici concreti. Dall’altro, supportarle nel colmare il gap esistente relativo alle competenze, contribuendo a formare professionisti con nuove o rinnovate competenze digitali, con focus specifico sull’IA».
La rete delle PMI italiane si presta all’entrata in campo dell’IA?
«Il nostro nuovo progetto si rivolge in primo luogo proprio alle PMI del Made in Italy: crediamo infatti che per loro l’IA rappresenti una grande opportunità ed è fondamentale supportarle affinché possano coglierla. Il momento per farlo è adesso, in cui se solo il 5% delle PMI ha già una strategia digitale consolidata, come ha evidenziato un recente studio realizzato insieme a Mediobanca Research,
Il nostro progetto “IA per il Made in Italy” si rivolge in primo luogo proprio alle PMI del Made in Italy: crediamo infatti che per loro l’IA rappresenti una grande opportunità ed è fondamentale supportarle affinché possano coglierla
allo stesso tempo le soluzioni di IA possono essere maggiormente accessibili a tutte le realtà aziendali. Conta capire come utilizzare l’IA e per quali obiettivi di business, ed equipaggiare le persone con le competenze utili per farlo. È proprio in questa direzione che si muove “IA per il Made in Italy”, per supportare le PMI verso un futuro all’insegna di innovazione e competitività».
Se ci sono, quali sono i rischi per le imprese?
Riili si dimostra ottimista verso questo nuovo strumento «Pensando all’IA oggi parlerei soprattutto di opportunità: siamo in un momento in cui il futuro è ancora tutto da scrivere e i benefici che le PMI possono trarre da questa tecnologia sono numerosi, anche in termini di produttività. Da una ricerca che abbiamo condotto con la School of Management del Politecnico di Milano è emerso per esempio che l’introduzione di soluzioni basate sull’IA può portare a significativi miglioramenti nell’efficienza, che in alcuni casi possono portare a una riduzione anche del 10% di specifiche voci di costo – pensiamo per esempio all’energia, o alle materie prime. Se siamo davanti quindi a un’opportunità, la sfida è quella di farsi trovare pronti per coglierla. Con “IA per il Made in Italy” abbiamo messo a disposizione risorse, consulenze personalizzate, corsi di formazione, il tutto senza costi, che possano essere utili e disponibili per tutti, perché come Google vogliamo continuare a essere al fianco delle PMI in questo cammino».
Ci sono settori più “avanti” di altri nel suo utilizzo?
«Il Made in Italy è sinonimo di qualità e artigianalità in molteplici settori chiave dell’economia nazionale. Allo stesso tempo, questi settori non sono immuni alle sfide del mercato globale e alle pressioni competitive, e l’IA può essere un valido alleato per affrontarle. Nel contesto del nostro progetto ci siamo focalizzati su quattro settori chiave parte del Made in Italy – metalmeccanico, abbigliamento,
arredamento e agroalimentare – tutti caratterizzati dalle loro unicità. Sicuramente ci sono esempi virtuosi di aziende che già utilizzano soluzioni di IA con risultati positivi – per esempio, abbiamo ascoltato proprio all’interno dello Spazio Interattivo di Google a Bergamo le testimonianze di alcune aziende del settore metalmeccanico che vanno in questa direzione. Allo stesso tempo ci troviamo in un momento in cui le possibilità che si aprono di fronte alle imprese sono molteplici, così come i possibili benefici dell’IA: pensiamo per esempio al supporto che l’IA può dare nell’analisi e nella pianificazione strategica, nell’ottimizzazione del consumo energetico in ottica di sostenibilità, o ancora se torniamo a pensare nello specifico al settore metalmeccanico, nella manutenzione predittiva che può contribuire a ridurre significativamente i fermi macchina.
Queste possibilità oggi sono accessibili a tutte le PMI, indipendentemente dalla loro maturità digitale. L’importante è abbracciare una nuova mentalità che includa l’IA nella propria strategia. Anche per questo abbiamo messo a disposizione senza costi AI Smart Report (aismartreport.it), uno strumento realizzato in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano che permette di analizzare la maturità digitale della propria impresa. Che si tratti di un’impresa esordiente, sperimentatrice o innovatrice, con quindi un profilo tecnologico avanzato o meno, AI Smart Report aiuta a identificare il proprio indice di preparazione verso l’intelligenza artificiale e le potenziali applicazioni di IA per la propria realtà. Un primo input da approfondire per orientarsi e identificare gli obiettivi di business chiave da cui iniziare».
Qual è il ruolo di Google in questo cambiamento?
Quali sono i settori/ambiti più sviluppati?
«Google da molti anni è al fianco delle imprese e delle persone in Italia con numerosi progetti e iniziative per supportarle nel loro percorso di trasformazione digitale e diffondere le competenze necessarie per coglierne le op-
Pensando all’IA oggi parlerei soprattutto di opportunità: siamo in un momento in cui il futuro è ancora tutto da scrivere e i benefici che le PMI possono trarre da questa tecnologia sono numerosi, anche in termini di produttività
portunità. E con il nuovo progetto “IA per il Made in Italy” vogliamo continuare a essere al fianco delle imprese anche in questa nuova fase di trasformazione portata dall’IA» aggiunge sempre Riili. «Con “IA per il Made in Italy” le risorse a disposizione sono numerose, disponibili sia online sia sul territorio. Oltre a AI Smart Report, il progetto mette a disposizione la possibilità di prenotare delle consulenze con figure esperte, online o sul territorio negli Spazi Interattivi temporanei di Google, per un supporto nell’individuare le potenzialità dell’IA per la propria realtà aziendale. Per dare ancora più concretezza, abbiamo pensato poi di creare degli esempi di casi d’uso aziendali che possono essere consultati sia sul sito dell’iniziativa grow.google/IAperMadeinItaly, sia sul territorio negli Spazi Interattivi temporanei di Google con delle vere e proprie installazioni. I casi d’uso sono stati sviluppati tenendo a mente quattro verticali chiave del Made in Italy, che già citavo, tra cui ovviamente il metalmeccanico, questi sono settori che saranno i veri e propri protagonisti degli Spazi Interattivi che organizzeremo nel corso dell’anno. Così, nello Spazio Interattivo dedicato al settore metalmeccanico e organizzato a Bergamo, le PMI hanno potuto osservare per esempio come avviene, grazie al supporto dell’IA, l’ottimizzazione degli ordini, la manutenzione predittiva dei prodotti venduti o ancora la
simulazione virtuale dei parametri di produzione. E per chi non ha la possibilità di partecipare fisicamente, altri casi d’uso sono disponibili sempre sul sito dedicato. Oltre a questo, abbiamo già parlato dell’importanza delle competenze: il progetto IA per il Made in Italy offre infatti anche una vasta gamma di corsi progettati per dare alle persone nuove competenze digitali con un particolare focus sull’IA e adatte a diversi livelli di conoscenza. Dall’introduzione al Cloud, a un approfondimento sul Machine Learning accessibile a tutti, con un corso che ne evidenzia le applicazioni pratiche per le imprese, fino a un corso dedicato all’utilizzo dell’IA generativa nel lavoro quotidiano. Inoltre, per gli studenti che sono interessati a una formazione pratica, c’è il programma “Google Cloud per gli studenti”, che offre laboratori pratici per ottenere una certificazione Google Cloud e acquisire competenze in settori in rapida crescita. Sono previsti poi corsi a taglio più tecnico della serie “IA per il Made in Italy”, che partendo dalle basi dell’IA e del Cloud affrontano più nello specifico gli ambiti di applicazione dell’intelligenza artificiale nei quattro verticali del Made in Italy considerati. Tutti i dettagli sono sempre disponibili sul sito dell’iniziativa, grow.google/ IAperMadeinItaly».
Il progetto IA per il Made in Italy offre anche una vasta gamma di corsi progettati per dare alle persone nuove competenze digitali con un particolare focus sull’IA e adatte a diversi livelli di conoscenza
Intelligenza Artificiale al vaglio delle regole?
di ICIM Group
L’applicazione dell’Intelligenza Artificiale ha un potenziale di beneficio pressoché illimitato per le aziende, per l’economia e, più in generale, per la società, con vantaggi particolarmente attesi in settori ad alto impatto, quali ambiente e cambiamento climatico, diagnostica medica e sanità, finanza, mobilità, agricoltura e, in generale, il settore pubblico.
Al tempo stesso l’utilizzo dell’IA pone quesiti in merito all'uso inappropriato della tecnologia e alla mancanza di controllo che possono portare a problemi tecnici, a rischi di sicurezza e, più in generale, a interrogativi etici, di trasparenza e responsabilità.
Una prima risposta a tali quesiti è la norma tecnica ISO/ IEC 42001:2023 “Information Technology Artificial Intelligence – Management System” (AIMS), pubblicata lo scorso dicembre.
Applicabile a tutti i tipi di aziende di qualsiasi settore e dimensione, ISO/IEC 42001 è il primo standard che fissa i requisiti per stabilire, implementare, mantenere e migliorare continuamente un sistema di gestione dell'IA. Riconosciuto a livello globale, lo standard utilizza un framework di requisiti, di rischio e di controlli e fornisce linee guida per la governance e la gestione di sistemi che abbiano componenti di IA.
Lo scopo della norma è garantire che i sistemi siano sviluppati e utilizzati in modo responsabile, soddisfacendo i requisiti normativi applicabili, gli obblighi relativi alle parti interessate e le relative aspettative: la certificazione da parte di un ente di terza parte verifica il funzionamento del sistema e dimostra il lavoro svolto per applicare principi efficaci di gestione dell'IA all'interno dell'organizzazione.
L’elemento caratterizzante dello standard è quello relativo ai controlli e all’identificazione delle fonti di rischio, che sono, tuttavia, da rivedere costantemente alla luce della vasta casistica di applicazione della IA e dell’incessante inno-
vazione tecnologia, a partire dalla componente di machine learning.
Anche l'accordo tra Consiglio e Parlamento UE sul nuovo Regolamento AI farà perno sull'approccio risk-based, che affida un ruolo alla valutazione della conformità degli organismi notificati perché può dare maggiori garanzie di affidabilità e sicurezza. La proposta di Regolamento UE prevede espressamente, ad esempio, che i sistemi di AI IA definiti ad alto rischio, ovvero in grado di incidere in modo sensibile sui diritti fondamentali dei cittadini, debbano recare la marcatura CE per poter essere immessi sul mercato europeo, così come tanti altri prodotti.
“Con l’Intelligenza Artificiale – dice Federico Pasqui, Direttore Generale di ICIM Group e Amministratore Delegato di ICIM Spa – siamo di fronte a un tema innovativo, che affrontiamo forti dell’impianto valoriale che sottende tutte le nostre attività e delle nostre competenze tecniche in tema di consulenza, formazione, testing e certificazione. In particolare, stiamo partecipando insieme a UNI al dibattito che porterà alla definizione di regole condivise – continua Pasqui – mentre lavoriamo con Anima Confindustria per essere di supporto alle aziende che affrontano potenzialità e minacce dell’IA da tutti i punti di vista. Come ICIM Group, con le società controllate, e come ANIMA Confindustria, nostro socio di maggioranza, siamo sempre di più in prima linea e all’avanguardia per ciò che riguarda l’innovazione, l’evoluzione tecnologica e di conseguenza gli aspetti che possono impattare sul lavoro quotidiano delle nostre professioniste, dei nostri professionisti e delle organizzazioni clienti. Quello che si può affermare, in questo momento storico di forte cambiamento, è che le competenze “umane”, sia tecniche che manageriali, saranno nel prossimo futuro sicuramente sinergiche con l’IA, ma non potranno mai essere sostituite e/o abbandonate se vogliamo che la conformità normativa sia uno degli asset principali per rendere il Business delle organizzazioni sostenibile e assolutamente funzionale per migliorare la vita di tutti ”.
Una start up dalla parte dell’ambiente
Brener è una start up innovativa concepita nel 2022 che fornisce soluzioni software e hardware per l’ottimizzazione energetica e la supervisione dei processi da remoto. È stata fondata con il desiderio di supportare le imprese nei loro percorsi di decarbonizzazione, efficientamento, e Transizione 4.0 e 5.0, ma soprattutto per far fronte ai crescenti costi dell’energia a cui abbiamo assistito nei tempi recenti.
Le aree di attività sono Industry, Metering e Building, e in tutte queste ci basiamo su analisi real time e da remoto.
Attraverso i nostri cruscotti digitali, nell’area Industry forniamo un avanzato monitoraggio industriale integrato, che comprende sia produzione che consumo energetico ed emissioni. Questo sistema offre la possibilità di legarlo a specifiche commesse o singoli prodotti, grazie anche alle interazioni con i sistemi gestionali già in campo. La realizzazione di Life Cycle Assessment, il calcolo della carbon footprint, la redazione di incisivi report di sostenibilità e le diagnosi energetiche e di produzione sono resi possibili e agevoli dagli accurati dati che oggi siamo in grado di fornire, ma che in passato erano considerati inaccessibili. Sempre nell’area Industry, gli smart meter sono spesso richiesti per opere di retrofitting su macchinari obsoleti, permettendo loro di rimanere al passo coi tempi con una spesa esigua se comparata alla loro sostituzione. I misuratori possono anche essere installati su nuovi macchinari che verranno consegnati ai clienti, fornendo in questo modo mezzi di produzione già 4.0 o 5.0. Nell’area Metering inoltre misuriamo e presentiamo in energy dashboards interattive una moltitudine di utili parametri energetici e le emissioni relative al consumo di energia. In Buildings, infine, ci si focalizza sulle condizioni dell’edificio, come livello di inquinanti, temperatura e umidità, per consentire l’ottimizzazione dell’uso dei sistemi HVAC.
I nostri cruscotti digitali forniscono quindi vantaggi operativi, normativi e anche comunicativi. Grazie al monitoraggio nel tempo e ai nostri servizi di allarmistica, si riducono gli sprechi e i fermi macchina, soprattutto per chi opera su macchinari che lavorano senza presidio dell’operatore e su più turni. A livello normativo i servizi di Brener sono inoltre classificati come beni strumentali immateriali, permettendo quindi l’accesso ai futuri incentivi della Transizione 5.0 e, oltre a ciò, forniscono le informazioni necessarie per certificazioni energetiche e rating ESG. Gli stakeholder, come clienti e istituti di credito, potranno infine ricevere dati reali e oggettivi che manifestano i progressi dell’azienda, anche nel campo della sostenibilità.
I tempi stanno cambiando rapidamente e le richieste si fanno sempre più esigenti, perciò le soluzioni che forniamo sono personalizzabili e scalabili, ma soprattutto intuitive e accattivanti: stiamo rendendo questi strumenti accessibili a tutti, dai piccoli imprenditori ai più esperti energy manager e decision maker. Brener quindi non solo consente di adattarsi rapidamente ai cambiamenti, rende resilienti nel lungo termine: la nostra filosofia è quella di rendere i nostri clienti "future-proof", in grado quindi di affrontare tutte le sfide emergenti e di continuare a prosperare in un ambiente mutevole e in continua evoluzione.
Strategie vincenti per le imprese:
Le imprese sempre più richiedono aiuto per capire qual è il modo più conveniente per abbassare i costi energetici. Spese che variano ampiamente a seconda del mix energetico utilizzato, delle politiche energetiche nazionali, dei prezzi del mercato dell'energia e della situazione geopolitica globale, che può influenzare i prezzi del gas e del petrolio.
Come afferma Fabio Zambelli, direttore del Consorzio Esperienza Energia «L'incidenza dei costi energetici, soprattutto per le aziende energivore, può arrivare anche al 20%. Molte imprese hanno dovuto mettere in campo processi di efficientamento, come il case study di un’azienda nel settore plastico, partita da tre quesiti principali: efficientare i sistemi, ridurre i rifiuti plastici e azzerare le emissioni di CO2».
Minimizzare le emissioni di CO2 nelle imprese richiede un approccio metodico e non può essere lasciato al caso. Questo processo può essere gestito scientificamente, esaminando l'organizzazione e le sue componenti responsabili della generazione di CO2. Allargando il campo, l’efficientamento dei costi energetici in Italia, come in molti altri paesi, rappresenta una quota significativa delle spese gestionali per le aziende, soprattutto per le cosiddette energivore, ovvero che operano in settori ad alta intensità energetica come la manifattura e l'industria pesante.
«L’incidenza dei costi energetici varia molto in funzione della tipologia di produzione – dichiara Fabio Zambelli, direttore del Consorzio Esperienza Energia (CEE) – in generale per le imprese metalmeccaniche l’incidenza è inferiore al 2%, ma per particolari settori (come fonderie, cartiere, ceramiche) molto superiore, si arriva anche al 20%. Con la crisi energetica i costi sono aumentati per tutti, anche imprese che avevano incidenze limitate sul fatturato hanno dovuto mettere in campo processi di efficientamento».
CEE monitora i mercati individuando le migliori strategie di acquisto di energia elettrica e gas naturale per le imprese, nonché progettazione di piani dedicati agli investimenti sulle rinnovabili.
Avviare un processo di efficientamento energetico
La prima cosa da fare è una diagnosi energetica. Si vanno a individuare, individuando i settori più energivori. Il processo procede con un’analisi delle apparecchiature (sistema di illuminazione, sistemi di produzione – forni, compressori, ecc.) al fine di individuare quelle che potrebbero essere ottimizzate e/o sostituite per minimizzare il consumo. Viene poi fatta un’analisi sulle tipologie di investimenti in rinnovabili che si potrebbero fare per abbattere il consumo di energia elettrica da rete.
«Il risultato di una diagnosi» continua Zambelli «è quindi un elenco di interventi, di azioni che l’impresa può mettere in pista per abbattere i propri consumi. Per ogni intervento viene dettagliato il possibile investimento, il tempo di ritorno, i benefici ambientali».
Case study: ridurre i rifiuti plastici e azzerare le emissioni di CO2
Un’azienda nel settore plastico aveva la necessità di efficientare i sistemi, ridurre i rifiuti plastici e azzerare le emissioni di CO2.
Efficienza dei sistemi. CEE è intervenuto con la prima fase di diagnosi sui sistemi e analisi per verificare tutti gli interventi che avrebbero permesso un risparmio energetico. Si è quindi investito su un relamping LED (sostituzione di un'illuminazione tradizionale a fluorescenza, incandescenza o alogena con apparecchi LED di ultima generazione a basso consumo) e su nuovi compressori. «Su quest’ultimo punto» racconta Zambelli «abbiamo deciso di partecipare con loro all’investimento. Il nostro ritorno era garantito proprio dai risparmi da noi misurati. Sono passati 2 anni e mezzo da questi interventi e al momento sono confermate le ipotesi di progetto».
Riduzione dei rifiuti plastici. La domanda è stata: come utilizzare gli scarti di produzione? Sono stati individuati approcci per riconsegnare il materiale plastico di scarto alle aziende produttrici, per essere riutilizzato interamente per altri scopi, (per la produzione di nuovi prodotti ad esempio). In tal modo si è ottenuto un contenimento delle emissioni legate a una filiera produttiva più corta (grazie all’interazione con delle aziende locali), e a una mancata produzione di materie prime vergini.
Riduzione delle emissioni di CO2. Avendo l’impresa già impianti fotovoltaici, si è proceduto con la proposta di un PPA – Power Purchase Agreement – integrato all’acquisto delle Garanzie d’Origine (GO). Questo ha permesso all’impresa di approvvigionare l’energia “green” direttamente dalla rete. L’azienda ha risparmiato con questi interventi fino al 50% dei suoi consumi energetici legati all’illuminazione e ai compressori e contestualmente ha raggiunto l’obiettivo del 100% di consumo di energia green.
Massimo riciclo dei RAEE?
Non solo tecnologia
Spesso si tende a pensare che il massimo riciclo sia solo una questione di tecnologia ma a essere fondamentali, e a volte determinanti, sono anche altri aspetti più “sottili”.
Tra questi ci sono l’analisi delle filiere, la comprensione dei problemi e degli interessi degli stakeholder che gestiscono le operazioni, la capacità di dialogo e la volontà di collaborazione. A dimostrarlo sono i numeri presentati dal CDC RAEE nel suo ultimo rapporto, che mostrano un +2,2% di intercettazione dei RAEE del raggruppamento R1 (frigoriferi e altri apparecchi per lo scambio termico con refrigeranti), un +3,8% dell’R2 (le lavatrici e gli altri “grandi bianchi”), un +7,4% dell’R4 (piccoli RAEE) e un + 3,6% dell’R5 (sorgenti luminose). A essere calata (con un -32,9%) è solo l’intercettazione del raggruppamento R4 (tv e monitor): un dato che il CDC RAEE considera un effetto fisiologico della fine del bonus TV 2021 (che aveva provocato un picco negli acquisti dei nuovi device, tradottosi in un’ondata anomala di rifiuti R4). Per ottenere questo aumento quasi generalizzato dei livelli di intercettazione dei RAEE il CDC ha lavorato duramente, ma non sul fronte ingegneristico. A bloccare il massimo riciclo non era infatti un’insufficienza tecnologica, ma nodi e ostacoli relativi alla capacità di attrarre i flussi.
«Nel febbraio 2023, avendo sotto gli occhi i dati preoccupanti del 2022, quando la raccolta risultava ridotta di un 6,2% rispetto all’anno precedente, il CDC RAEE ha firmato un protocollo di collaborazione con le principali associazioni di categoria degli installatori (CNA, Confartigianato, Casartigiani e CLAAI) apprendendo che molti installatori erano abituati a gestire in modo scorretto i rifiuti ritirati presso le utenze domestiche» riporta Marco Ferracin, consigliere d’amministrazione uscente del CDC RAEE in quota Ridomus. «Il CDC RAEE ha cercato di invertire la tendenza offrendo agli installatori interventi di informazione e formazione accompagnati da concrete misure finalizzate a rendere più accessibili e convenienti le logistiche organizzate dai sistemi collettivi dei produttori. Parallelamente» prosegue Ferracin «i consorzi dei produttori hanno erogato nel 2023 ai Comuni, tramite il CDC RAEE, ben 28 milioni di euro perché incrementassero il livello di efficienza e controllo nei centri di raccolta dei rifiuti urbani, e altri finanziamenti verranno erogati nel corso del 2024. Inoltre, il CDC RAEE ha stabilito una partnership con il Politenico di Milano, che
ha messo a disposizione 12 team di studenti di disegno industriale perché sviluppassero idee di contenitori che facilitassero la microraccolta dei RAEE; a vincere è stata la proposta delle tre studentesse Elisa Barca, Chiara Guarino, Cristiana Petrovan e Sabia Romagnoli, che si distingue per il livello di riconoscilibilità, attrattività e modularità. Il prototipo del loro contenitore è stato messo a disposizione di tutti gli attori che realizzano le raccolte: dai Comuni fino ai punti vendita che operano i ritiri uno contro uno».
«La crescita dell’intercettazione della maggior parte dei raggruppamenti RAEE dimostra che è stata imboccata la strada giusta, e sono sicuro che nel 2024 l’intercettazione crescerà ulteriormente. Ma è importante non abbassare la guardia» commenta il consigliere d’amministrazione. «Oggi il risultato nazionale pro capite di raccolta dei RAEE è di 6 kg ad abitante, ancora lontano dai 14 kg ad abitanti richiestici dall’Europa. Il problema è sistemico, e bisogna prenderne atto. Lo schema di raccolta all player garantisce il libero mercato, permettendo a chi raccoglie i RAEE di of-
frirli al miglior offerente. Ma troppo spesso il miglior offerente è un operatore che non lavora regolarmente, e che proprio in virtù di questa irregolarità riesce a essere più competitivo delle filiere organizzate dai produttori. Noi non abbiamo mai messo in discussione il sistema all player, perché siamo fermi sostenitori del libero mercato, ma questo può funzionare correttamente solo se si impongono a tutte le filiere gli stessi standard di tracciabilità, trasparenza e controllo che sono normalmente adottati dalle filiere organizzate dai produttori».
«Un altro esempio di come a volte a determinare i salti in avanti nel massimo recupero non siano gli aspetti tecnologici ma quelli organizzativi e di costruzione di filiera, è il servizio EasyRAEE HOME messo in campo da ECOPED. La normativa sui RAEE prevede che tutti i distributori, includendo quelli che consegnano a distanza, siano obbligati a prendersi in carico un RAEE ogni volta che vendono un apparecchio nuovo. Ma per chi opera a distanza adempiere agli obblighi di ritiro uno contro uno non è semplice come per chi distribuisce in un negozio, perché i punti di stoccaggio dei loro sistemi logistici non sono organizzati per ricevere i rifiuti conferiti dai cittadini, con tutto ciò che questo comporta in termini di attenzione al cliente, gestione e guardiania», spiega Patrizia Boretti di Ecoped. «L’alternativa, in via teorica, potrebbe essere quella di creare luoghi di raggruppamento ad hoc, ma si tratterebbe di creare strutture dedicate ed ex novo, con significativi oneri sul piano degli investimenti, dei costi di gestione e delle competenze da impiegare. Nel 2015, subito dopo l’entrata in vigore del 49/2014, abbiamo proposto questo tipo di sistema ai distributori online ma non ha attecchito. Come modalità fatti-
bile rimane quindi solo il ritiro domiciliare, direttamente presso la casa del consumatore che acquista il prodotto. Ma i ritiri domiciliari di RAEE organizzati dai distributori non sono ancora molto diffusi perché i consumatori non conoscono la norma e sono abituati a rivolgersi alle piattaforme comunali; c’è comunque da aspettarsi che, vista la crescita delle vendite a distanza e la maggiore comodità di conferimento, in un prossimo futuro questa pratica diventi dominante».
Ma come si struttura un sistema di ritiro domiciliare dei RAEE?
«Non tutti i distributori che operano consegne domiciliari hanno la possibilità o l’intenzione di creare autonomamente i propri sistemi di ritiro uno contro uno» spiega Boretti. «Per questo motivo Ecoped ha inaugurato il servizio EasyRAEE HOME, che offre ai distributori a distanza convenzionati la possibilità di adempiere ai loro obblighi basandosi sulla nostra logistica. La legge vincola i distributori a compiere i ritiri entro 30 giorni dalla segnalazione, ma per venire incontro alla necessità dei consumatori/cittadini, che potrebbero avere problemi di spazio nei loro domicili, abbiamo dato indicazione ai nostri corrieri di compiere i ritiri entro dieci o al massimo quindici giorni. Uno dei valori aggiunti del servizio è il suo livello di controllabilità, di fatti i luoghi di raggruppamento ai quali vengono trasportati i rifiuti sono iscritti al Centro di Coordinamento RAEE, che li avvia alle filiere di recupero gestite dai consorzi dei produttori, le quali sono notoriamente le più tracciate e trasparenti».
LAVORARE IN SICUREZZA
Una guida per la scelta, l’uso e la manutenzione delle scaffalature.
di Elena Prous
La guida tecnica pubblicata da Inail si rivolge a tutta la filiera, dagli utilizzatori ai costruttori. Un importante tassello per la sicurezza dei magazzini.
Lavorare in sicurezza: un diritto, e un dovere, troppo spesso disatteso. Secondo il primo numero del 2024 del periodico Dati Inail, curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, nel 2023 le denunce di infortunio presentate all’Inail sono state 585.356, in calo del 16,1% rispetto alle 697.773 del 2022. Tuttavia, come si legge dal rapporto, «Questo decremento è dovuto quasi esclusivamente al minor peso dei casi da Covid-19, passati da circa 111mila nel 2022 a meno di seimila l’anno successivo. Al netto dei contagi, infatti, la riduzione degli infortuni sul lavoro “tradizionali” è molto più contenuta, di poco superiore all’1».
Un calo apparente, dunque, dietro cui si cela una dura realtà: gli infortuni sul lavoro, in Italia, sono ancora troppo frequenti. Questo avviene nonostante l’apparato tecni-
co-normativo e i regimi sanzionatori siano soggetti a un costante sviluppo nel tentativo di contrastare il fenomeno. In questo quadro, la prevenzione diventa la priorità assoluta, da percorrere con ogni mezzo possibile. Conoscere, diffondere, accrescere la cultura della sicurezza: questo è il fine ultimo che ha portato alla pubblicazione di «Scaffalature porta pallet – Guida tecnica per la scelta, l’uso e la manutenzione» realizzata da Inail nell’ambito dell’accordo di collaborazione di ricerca tra Inail e Aisem/Anima Confindustria finalizzata al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori.
La guida tecnica rappresenta un unicum, essendo il primo vero e proprio compendio di tutto il materiale necessario a gestire nel modo migliore la sicurezza del magazzino, a partire dalla valutazione dei rischi fino ad arrivare al pro-
La guida tecnica rappresenta un unicum, essendo il primo vero e proprio compendio di tutto il materiale necessario a gestire nel modo migliore la sicurezza del magazzino, a partire dalla valutazione dei rischi fino ad arrivare al processo di analisi, oltre a chiarire i concetti di pericolo, rischio e valutazione del rischio.
cesso di analisi, oltre a chiarire i concetti di pericolo, rischio e valutazione del rischio. Il documento contiene spiegazioni dettagliate per applicare le norme vigenti, con il fine di aiutare non solo gli utilizzatori, ma tutti coloro che hanno a che fare con il magazzino, come manutentori e costruttori.
Anche in seguito agli eventi calamitosi verificatisi in Italia, in particolare a partire dagli eventi sismici che hanno colpito l’Emilia-Romagna nel 2012, l’attenzione alla sicurezza dei magazzini ha subito un’accelerazione. Le scaffalature, infatti, hanno assunto un ruolo di rilievo nel tema cruciale della sicurezza sul luogo di lavoro, non solo in virtù della loro presenza quasi ubiqua, ma anche della fase di rapidissimo sviluppo che stanno attraversando negli ultimi anni. L’incremento dell’attività logistica e la crescente necessità di ottimizzare gli spazi di stoccaggio hanno determinato sia la diffusione sempre più massiccia delle scaffalature, sia la trasformazione di queste strutture in termini di dimensioni sempre più importanti.
A fronte del continuo sviluppo tecnologico e dell’evoluzione del magazzino, le scaffalature richiedono competenze specifiche per essere utilizzate in modo sicuro ed efficace. La conoscenza approfondita delle normative di sicurezza specifiche e dei corretti metodi di utilizzo rappresenta una tutela sia per il lavoratore, sia per il datore di lavoro, che spesso però può incontrare difficoltà a trovare fonti tanto attendibili quanto di facile consultazione. Nella guida tecnica Inail si cerca di colmare questa lacuna, offrendo un compendio di informazioni che parte dai principi del D.L. 81/2008 e spazia sulle norme specifiche delle scaffalature, fornendo prescrizioni e suggerimenti utili.
Le indicazioni partono dalla scelta della tipologia di scaffalatura che più si adatta al lavoro da compiere, con la relativa adozione di misure preventive per evitare incidenti e danni. Nella guida, l'utilizzatore trova le indicazioni da seguire per questa scelta e la documentazione da richiedere al fornitore a tutela e garanzia dell'investimento. Fase altrettanto cruciale è la corretta installazione delle scaffa-
lature, a cui è dedicata una sezione con consigli su come verificare che il risultato sia quello prescritto dal fornitore e documentato.
Come è facilmente comprensibile, è altrettanto essenziale che il personale che opera con le scaffalature sia adeguatamente informato, formato e addestrato per garantire la sicurezza degli operatori e la protezione delle merci. Nella guida, sono richiamati i ruoli previsti dalla norma EN 15635 e le mansioni assegnate, con descrizioni dettagliate per l’informazione, la formazione e l’addestramento necessari.
Una nuova fase critica si presenta quando diventano necessarie modifiche alle strutture o cambiamenti di procedure, richieste da nuove esigenze merceologiche o di funzionamento. Un capitolo della guida è quindi dedicato all’analisi e alla valutazione del rischio, corredata di spunti e soluzioni per l’eliminazione o la mitigazione dei rischi più comuni, e la descrizione delle soluzioni disponibili. La sicurezza operativa si consegue con l'attenzione diffusa allo stato di utilizzo delle scaffalature e a tale scopo la guida INAIL espone i metodi proposti dalla EN15635 per condurre e registrare le ispezioni e completare le manutenzioni necessarie.
Come già sottolineato, la sicurezza non può prescindere dall'informazione, la formazione e l’addestramento nella gestione delle scaffalature industriali. Conoscere le corrette procedure di utilizzo, manutenzione e controllo delle strutture portapallet è essenziale per prevenire incidenti e danni materiali. La guida si pone come un valido strumento per diffondere la cultura della sicurezza, nell’intento di raggiungere un bacino di utenti il più diffuso possibile. Per illustrare i contenuti fondamentali della pubblicazione, è stato organizzato un convegno divulgativo itinerante lungo le città italiane. Alla prima tappa del roadshow, che ha avuto luogo a Palermo nel mese di aprile, seguiranno gli appuntamenti a Bari, Milano e Bologna. Un appuntamento prezioso, dedicato a tutti gli attori interessati, uniti da un obiettivo comune: lavorare in sicurezza.
La
sicurezza non può prescindere dall'informazione, la formazione e l’addestramento nella gestione delle scaffalature industriali. Conoscere le corrette procedure di utilizzo, manutenzione e controllo delle strutture portapallet
è
essenziale per prevenire incidenti e danni materiali.
Ecologia
Città più sostenibili
"Più alberi", è quello che chiedono i cittadini milanesi alle istituzioni e ce ne sono già 240mila sul territorio. Una ricerca elaborata dalla divisione Annalect di Omnicom e presentata a Palazzo Marino in occasione del lancio del primo progetto di ricerca sostenuto da Prospettiva Terra, evidenzia che i milanesi sono i più preoccupati per l’ambiente tra i cittadini delle grandi metropoli europee. E in testa alle aspettative rivolte alle istituzioni si trova il piantare più alberi nelle aree urbane, ma i milanesi non sanno che in questi ultimi anni la Città Metropolitana di Milano ha piantato altri 610mila nuovi alberi. Per i milanesi deve aumentare la collaborazione tra pubblico e privato nel campo della tutela ambientale, mentre gli stessi cittadini si dichiarano disposti a contribuire con i comportamenti alla salvaguardia dell'ambiente, per esempio riducendo i consumi o intervenendo sull'uso del condizionatore in estate. Infatti l'82% di essi si dice preoccupato per il futuro dell’ecosistema. Condividono questa sensazione con gli abitanti di New York e Los Angeles, mentre le altre città europee analizzate (Londra, Parigi, Berlino) sembrano essere meno allarmate. Tutti condividono però il pensiero che le aziende debbano avere un ruolo attivo nel salvaguardare l’ambiente: a Milano il dato arriva al 94%, in linea con la media nazionale. Il secondo attore fondamentale per promuovere la sostenibilità sono le istituzioni, che devono fare di più e devono dotarsi anche di forme di collaborazione nuove.
Normative
Euro 7, nuove norme
Parte della strategia per la mobilità sostenibile e intelligente adottata nel 2020 e del piano d'azione per l'inquinamento zero adottato nel 2021 dalla Commissione, il regolamento Euro 7, è stato presentato da quest'ultima il 10 novembre 2022. Il Consiglio ha adottato la sua posizione o "orientamento generale" il 25 settembre 2023. Il regolamento Euro7 stabilisce norme per le emissioni dallo scarico dei veicoli stradali, ma anche per altri tipi di emissioni, come l'abrasione degli pneumatici e le emissioni di particelle dai freni. Introduce inoltre prescrizioni per la durabilità della batteria. Per le autovetture e i furgoni, il regolamento mantiene gli attuali limiti di emissione dallo scarico Euro 6, ma introduce prescrizioni più rigorose per le particelle solide.
Ambiente
Lo sbiancamento dei coralli
Per la seconda volta in dieci anni, in tutte le barriere coralline del pianeta si sta registrando un inquietante e diffuso sbiancamento, questo è quanto afferma l’agenzia americana Noaa che ha indicato la presenza di un fenomeno di sbiancamento diffuso delle barriere coralline, in tutti gli oceani del mondo. Niente di inaspettato, il fenomeno è strettamente legato alle temperature dei mari che, com’è noto, sono risultate particolarmente elevate, con punte estreme in alcune aree. L’allarme sui coralli è stato lanciato dall’Agenzia statunitense per l’osservazione oceanica e atmosferica (Noaa), che ha sottolineato come lo sbiancamento stia riguardando anche la Grande barriera corallina in Australia. Dal mese di febbraio del 2023 a quello di aprile del 2024 sia l’emisfero boreale che quello australe sono stati colpiti. Questo tipo di fenomeni, con il progressivo riscaldamento degli oceani, sta diventando sempre più frequente e grave. A preoccupare gli esperti, però, è il fatto che le temperature degli oceani risultano in continuo aumento negli ultimi anni. La stessa Noaa ha recensito almeno quattro episodi a partire dal 1985: oltre a quello attuale, altri tre nel 1998, 2010 e 2016. L’aumento della temperatura media globale sulla superficie delle terre emerse e degli oceani e d’altra parte strettamente legato alle concentrazioni di gas ad effetto serra disperse nell’atmosfera a causa delle attività antropiche che anziché diminuire sembrano aumentare.
Robot industriali
Modello RS025N di Kawasaki Robotics
Migliorano le caratteristiche tecniche con l’aumento dell’area di lavoro a 1.885 mm, della portata a 25 kg e della velocità. Il livello di protezione del braccio è interamente IP67, è pressurizzabile e dispone di una serie di utenze già installate di serie all’interno del braccio come una valvola bistabile, ingressi e uscite personalizzabili e il Power over Ethernet PoE. RS025N dispone del controllore Kawasaki F02 e di una nuova tastiera di programmazione con performance e funzioni evolute.
www.tiesserobot.it
Caldaie industriali Pompa alimento
caldaia HGM-S
Anticipando i prossimi sviluppi del mercato, che si sta orientando sempre di più verso le fonti rinnovabili, KSB continua a sviluppare la propria famiglia di pompe HG. Il risultato è la nuova pompa alimento caldaia HGM-S, evoluzione della HGM prodotta in Germania da 30 anni, rivolta al mercato competitivo delle caldaie industriali e alla crescente produzione di energia rinnovabile da WTE e centrali a biomassa. L'HGM-S copre il campo tra i 64 e i 100 bar mantenendo un elevato rapporto costi benefici.
www.ksb.it
Veicoli
Agilox, autonomia e flessibilità in magazzino
Il veicolo a guida intelligente Agilox di CLS iMation è una soluzione all’avanguardia che fa dell’autonomia e della flessibilità il suo principale punto di forza, ottimizzando le tempistiche di lavoro in sicurezza e integrandosi perfettamente ai sistemi di produzione preesistenti. La massima libertà di movimento è garantita dal sistema di controllo integrato e i ridotti tempi di installazione e l’assenza di complesse infrastrutture rendono la soluzione versatile per qualsiasi contesto.
www.cls-imation.com
Intralogistica
Realtà virtuale nell'intralogistica
Ideata da CLS iMation, GEMINI è la nuova suite immer siva di realtà virtuale per la progettazione di soluzioni nell’ambito dell’intralogistica e della logistica di fab brica. La nuova soluzione va oltre il concetto di simu lazione e comprende strumenti che offrono ai clienti un’esperienza immersiva e coinvolgente già nella fase di progetto, consentendo di progettare e configurare soluzioni su misura, massimizzando il valore delle ope razioni nell’impianto e minimizzando costi e tempi di installazione.
www.cls-imation.com
Magazzini
Precisione ed efficienza
Modula Next è un magazzino automatico verticale che consente all’operatore l’accesso al cassetto solo nello scomparto in cui deve prelevare. L'efficienza operativa e la precisione nella gestione del magazzino sono cruciali per garantire il successo e la competitività della tua azienda, soprattutto in settori ad alta precisione come l'automotive, l'aerospace, la difesa, il chimico -farmaceutico e l'elettronico.
www.modula.eu
Lance manuali per lavorazioni continuative Leggerezza e precisione
Il peso ridotto dell’impugnatura e degli inserti MINITHERM di Messer Cutting Systems consentono di lavorare ininterrottamente per lunghi periodi, con diverse caratteristiche di fiamma e potenza: dalla microfiamma difficile da vedere a occhio nudo fino alle potenti fiamme di saldatura, caratteristica importante nei lavori in linea, nell’ingegneria fine e nella produzione di massa di componenti saldati, brasati o riscaldo a mano. Le operazioni difficilmente raggiungibili possono essere eseguite con libertà di movimento e di controllo ottenendo risultati di alta qualità.
www.it.messer-cutting.com
Pompe di calore
Thunder: tecnologia full-inverter con refrigerante naturale R290
Thunder di Clivet è la pompa di calore reversibile condensata ad aria, con potenze da 40 a 85 kW, con tecnologia full-inverter su compressori scroll di ultima generazione e ventilatori assiali e refrigerante naturale R-290. Offre la massima efficienza energetica, con SCOP fino a 3,83 con acqua a 55°C e SCOP fino a 4,83 con acqua a 35°C.
Il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria a temperature fino a 75°C e un campo di funzionamento a temperature esterne da -20 a 42°C la rendono ottimale sia per nuovi edifici che per ristrutturazioni, in sostituzione dei generatori a combustibile fossile. Progettato per la modularità, offre la possibilità di collegare idraulicamente fino a 6 unità in parallelo e di gestire fino a 16 unità in una rete locale, anche con unità di diversa potenza. Questo garantisce una maggiore affidabilità, gestione e installazione semplificate, manutenzione facile e veloce, scalabilità e funzionamento di backup.