NATURA MORTA
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Gianluca Corona, Settembre
URLO DEL SILENZIO
Gli artisti contemporanei si confrontano con il genere della natura morta senza recidere il legame con gli antichi maestri, restituendoci immagini che ci suggeriscono valori e significati di profonda spiritualità
di Stefania Mattioli er quale ragione la natura morta, oggi come nel passato, è capace di commuovere, di rapire lo spettatore, sia esso colto addetto ai lavori o fruitore casuale? La risposta più probabile è insita nel potere emanato da oggetti denudati, frutti marcescenti, fiori dischiusi isolati nel vuoto di uno spazio qualunque; un potere disciplinato ma ineludibile che induce alla riflessione, all’ascolto del “silenzio” che diviene, spesso, autentico urlo. “Urlo” che resiste nel tempo, che funge da filo conduttore fra l’arte antica e quella contemporanea, poiché porta con sé il destino della caducità. Ed è qui che risiede la modernità della natura morta, genere desueto solo in apparenza. Emblematica in tal senso la bella mostra curata da Rob Smeets - L’Urlo del silenzio. La natura morta contemporanea tra l’Italia e i Paesi Bassi - e allestita alle gallerie dei Gerosolimitani, a Perugia, sino al 19 settembre (info: 075-5735481, www.legalleriedeigerosolimitani.org). “Se l’origine del genere - spiega Smeets è da ricondurre alla pittura fiamminga primitiva, è altrettanto vero che già all’epoca degli antichi Romani la pittura ad affresco contemplava raffigurazioni di questo tipo”. E’ nel ’500 che la natura morta acquista autonomia rappresentativa, ossia assume valore di per sé, raggiungendo la sublimazione nella Fiscella, dove Caravaggio arriva alla radice delle cose, riesce a toccare la loro essenza più autentica. Qual è la differenza peculiare fra i dipinti di questo genere realizzati nei secoli fra
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Maurizio Bottoni, Pane assalito dagli insetti
Eric De Vree, Nicchia con prugne
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Agostino Arrivabene, Il cinghiale B di Pitagora Paesi Bassi e Italia? “Senza ombra di dubbio essa risiede nel significato sotteso: Oltralpe a contare davvero è il contenuto, intriso di ammonimenti moralistici (ad esempio, l’uva e il vino sono un chiaro riferimento al sacrificio di Cristo; i fiori alludono alla bellezza del Creato, opera di Dio, e alla transitorietà della vita). I sentimenti religiosi vengono trasferiti in queste rappresentazioni laiche attraverso il complesso mondo dei simboli, la messa in scena di detti
evangelici o proverbi popolari. La rottura con la Chiesa cattolica crea la necessità di un linguaggio alternativo e molto esplicito che investe gli oggetti rappresentati di un senso imprescindibile. In Italia, al contrario - continua Smeets, - la natura morta ha una valenza prettamente decorativa e dunque meno rigorosa”. Oggi, tuttavia, tale differenza è quasi intangibile, soprattutto perché cultura e ragioni sono Jaap Roose, Cipolle rosse
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Volkert Olij, Ciotola Vung Tau II mutati e mutevoli. “I pittori contemporanei alle prese con la natura morta tentano di rievocare un’atmosfera, di ricreare quel silenzio di cui parlavamo prima, lo stesso che si percepisce innanzi ad un quadro del Cinquecento. Seppur vi siano cenni all’antico valore semantico, questo per il pubblico del nostro tempo è tutt’altro che immediato”. I dipinti esposti in mostra, nell’insieme delle loro singole diversità, tendono proprio a sublimare l’impressione: le forme, che siano una ciotola di uova, esempio di antica perfezione e fecondità; tre cipolle rosse, mute e vibratili; un grappolo d’uva che succhia linfa vitale alla foglia accartocciata in via di essiccamento,
“E’ vero che noi poveri moderni spesso non sappiam dipingere che solidi entro il mistero di due pareti, una bottiglia e due frutti sopra un grigio piano; (…) ma se noi in queste povere cose avremo saputo mettere un po’ della nostra pena; se il colore
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si fanno portatrici di messaggi che trascendono la pittura stessa per essere espressione viva della coscienza contemporanea. Quasi fossero esempio “di quella spiritualità e di quella umanissima arte della misura che è anche segreto stimolo di elevazione morale” assai care a Morandi. Le opere in rassegna (sono più di quaranta) e i loro autori - Agostino Arrivabene, Maurizio Bottoni, Gianluca Corona, Henk Helmantel, Mark Lijftogt, Volkert Olij, Roberto Rampinelli, Jaap Roose, Giorgio Salmoiraghi ed Eric De Vree - sono ai vertici della natura morta contemporanea. I dieci artisti (cinque italiani e cinque
avrà perso la sua sfacciata verità per divenire un riflesso del pensiero; se attorno a quelle cose noi avremo saputo fissare un’atmosfera particolare di sogno, di incanto, noi non avremo fatto opera inutile”. (Filippo de Pisis)
Mark Lijftogt, Armadietto con limoni
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Roberto Rampinelli, Conchiglie olandesi), pur con stili differenti, sono abili nel restituire al pubblico immagini pure, colme di una verità silente che di rado oggi si ha l’occasione di incontrare, nel quotidiano s’intende, e di cui invece si sente un gran bisogno, quasi un’urgenza. Peculiare è inoltre l’intento di porre in evidenza il legame con i maestri antichi, legame che assume le parvenze di un esplicito elogio estetico e figurativo: ciò che è stato è la prima fonte di conoscenza per chiunque. Ecco che gli oggetti ricorrenti, il libro aperto, la polvere, il teschio, il bicchiere divengono via via archetipi della memoria, un richiamo, come si è detto, a cui è davvero impossibile resistere.