Il secondo progetto. Metodologia e strategie della trasformazione per l'abitare pubblico

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© 2012 Prospettive Edizioni Editrice dell’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia Piazza Manfredo Fanti, 47 - 00185 Roma tel. 06/97604531 - 06/6875230 www.prospettivedizioni.it - info@prospettivedizioni.it Comitato Tecnico Scientifico Massimiliano Cafaro, Federico De Matteis, Donatella Fiorani, Laura Forgione, Filippo Lambertucci, Valerio Palmieri

Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia

Tutti i diritti riservati Nessuna parte di questa pubblicazione può essere memorizzata, fotocopiata o comunque riprodotta senza le dovute autorizzazioni.

Progetto grafico e impaginazione Typo srl, Roma Supervisor Silvia Massotti Traduzioni a cura di Triumph Group ISBN 978-88-89400-80-7

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PRIN 2007

Riqualificazione e aggiornamento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica. Linee guida per gli interventi nei quartieri nell’Italia centromeridionale

Coordinatore scientifico del Programma di ricerca

Benedetto Todaro “Sapienza” Università di Roma, Dipartimento Architettura e Progetto

Responsabili Unità di ricerca

Giovanni Ascarelli Università degli Studi de L’Aquila, Dipartimento di Architettura e Urbanistica Carlo Alessandro Manzo Seconda Università degli Studi di Napoli, Dipartimento di Cultura del Progetto Luigi Ramazzotti Università di Roma “Tor Vergata”, Dipartimento di Ingegneria Civile Andrea Sciascia Università degli Studi di Palermo, Dipartimento di Architettura

Coordinamento editoriale

Federico De Matteis “Sapienza” Università di Roma, Dipartimento Architettura e Progetto

Comitato di redazione

Antonella Falzetti Università di Roma “Tor Vergata”, Dipartimento di Ingegneria Civile Giovanna Grella Università degli Studi de L’Aquila, Dipartimento di Architettura e Urbanistica Luciana Macaluso Università degli Studi di Palermo, Dipartimento di Storia e Progetto nell’Architettura Andrea Santacroce Seconda Università degli Studi di Napoli, Dipartimento di Cultura del Progetto

“Sapienza” Università di Roma Dipartimento Architettura e Progetto

Benedetto Todaro Responsabile Francesco Cianfarani Marina Pia Arredi Simone Di Benedetto Vincenzo Giuseppe Berti Nunziastella Dileo Michele Costanzo Michele Filosa Federico De Matteis Giorgios Papaevangeliu Alfonso Giancotti Manuela Pattarini Rosario Gigli Luca Porqueddu Paolo Melis Emma Prete Luca Reale Simona Salvo Giuseppe Strappa

Progetto di ricerca di interesse nazionale

Unità di ricerca

Università di Roma “Tor Vergata” Dipartimento di Ingegneria Civile

Luigi Ramazzotti Responsabile Antonella Falzetti

Luciano Cardellicchio Filippo Cerrini Olga Consuelo Espinosa Cortés Paolo Stracchi

Università degli Studi de L’Aquila Giovanni Ascarelli Responsabile Dipartimento di Architettura e Urbanistica

Giovanna Grella Fabiola Di Piero Gianluca Valente

Seconda Università degli Studi di Napoli Dipartimento di Cultura del Progetto

Carlo Alessandro Manzo Responsabile Marino Borrelli Emanuele Carreri Efisio Pitzalis Sergio Stenti

Andrea Santacroce Gianluca Cioffi Francesca Colella Adalberto Di Nardi Nello Luca Magliulo Giuliana Vespere

Università degli Studi di Palermo Dipartimento di Architettura

Luciana Macaluso Valerio Cannizzo Tania Culotta Emanuela Davì Gioacchino De Simone Vincenza Garofalo Ilenia Grassedonio Daniele Roccaro

Andrea Sciascia Responsabile Marco Beccali Dario Costi Ferdinando Fava Antonella Mamì Emanuele Palazzotto Filippo Schilleci

Elaborazioni grafiche Ricerche iconografiche

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Luca Arcangeli Giorgio Biscetti Michela Esposito Gina Oliva Carlo Maggini Adriana Patriarca Maria Luisa Priori Enrico Puccini Luca Rijtano Eliana Sulpizi Annalisa Ventura

Elisa Fiorini, Francesco Foglietti, Francesco Salvolini, Sante Simone, Lucio Zappalorti Valentina Albano

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Volume primo Sommario

Parte I. Trasformare l’abitare pubblico Progetto come responsabilità e cura Benedetto Todaro Il progetto architettonico della riqualificazione. Qualità materiale dell’architettura e prerogative del sistema urbano Luigi Ramazzotti Temi architettonici per la riqualificazione della residenza pubblica Carlo Alessandro Manzo The New Dense-city tra Collage City e Città Analoga Andrea Sciascia Il secondo progetto. Metodologia e strategie della trasformazione per l’abitare pubblico Federico De Matteis

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Parte II. La riqualificazione dell’edilizia residenziale pubblica. Esperienze dall’Europa Dalla rimozione alla rigenerazione. Strategie di recupero dell’edilizia residenziale pubblica in Europa Luca Reale La rigenerazione dell’edilizia residenziale pubblica nei Paesi Bassi. Il lavoro dei Van Schagen Architekten Nunziastella Dileo Dallo Zeilenbau alle Stadtvillen, interventi di riqualificazione in Germania. Cottbus e Leinefelde: due casi di studio Enrico Puccini La riqualificazione dell’edilizia residenziale del dopoguerra tra conservazione e trasformazione. Due casi studio: Pihlajamäki e Churchill Gardens Gina Oliva Trasformare l’involucro. Conservazione e riscrittura dell’immagine nel patrimonio dell’edilizia residenziale pubblica Alfonso Giancotti Quartieri moderni al bivio. Il Villaggio Olimpico di Roma fra trasformazione e conservazione Simona Salvo Ripensare rinnovando, rinnovare integrando. Il progetto dell’alloggio nella riqualificazione dei complessi residenziali Francesca Colella

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Parte III. Casi di studio e tematiche locali

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“Sapienza” Università di Roma - Dipartimento Architettura e Progetto

L’edilizia residenziale pubblica a Roma. Studiare per trasformare Federico De Matteis Strategie di riqualificazione degli spazi pubblici. Lettura ed analisi dei quartieri Vigne Nuove e Quarticciolo a Roma Carlo Maggini Caso di studio: Borgata Quarticciolo a Roma Il Quarticciolo e il piano delle borgate. Urbanistica e casa popolare negli ultimi anni della Roma fascista Luca Rijtano Costruzione e rappresentazione nel Quarticciolo: l’architettura come simulazione della città Francesco Cianfarani

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Il Quarticciolo: il territorio della borgata tra processo moderno e forma storica della città Luca Porqueddu Consistenza edilizia della borgata Quarticciolo. Analisi delle caratteristiche funzionali e morfologiche degli edifici residenziali e degli alloggi Francesco Cianfarani, Luca Porqueddu Lo studio della borgata Quarticciolo: tra storia, ridisegno e indagini sul campo Francesco Cianfarani, Luca Porqueddu Caso di studio: Vigne Nuove a Roma L’architettura del dopoguerra in Italia e la realizzazione di Vigne Nuove Michele Costanzo Vigne Nuove. Verso un progetto di recupero Manuela Pattarini

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Università di Roma “Tor Vergata” - Dipartimento di Ingegneria Civile

Aspetti conoscitivi e progettuali per la riqualificazione. I quartieri CECA-Italsider a Piombino e Villa Adriana a Tivoli Luigi Ramazzotti Il ridisegno, dal materiale d’archivio al sentimento del progetto Paolo Stracchi Caso di studio: Quartiere CECA-Italsider a Piombino (LI) Il quartiere CECA a Piombino. Caratteri e storia del progetto Antonella Falzetti Architettura e assemblaggio. “La logica del dettaglio” nell’esperienza di Piombino Luciano Cardellicchio Caso di studio: Quartiere “Villa Adriana” a Tivoli (RM) Complesso IACP Villa Adriana, Tivoli. Caratteri e storia del progetto: la ricerca di una dimensione urbana Filippo Cerrini

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Università degli Studi de L’Aquila - Dipartimento di Architettura e Urbanistica

Il Complesso IACP Monticchio. Descrizione della ricerca e dei relativi risultati Giovanni Ascarelli L’edilizia residenziale pubblica dalle prime leggi fino ad oggi. Il caso abruzzese Fabiola Di Piero Caso di studio: Quartiere Monticchio a L’Aquila Il complesso IACP di Monticchio. Ricostruzione critica della vicenda progettuale Giovanna Grella Aspetti di criticità del complesso IACP di Monticchio Gianluca Valente

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Seconda Università degli Studi di Napoli - Dipartimento di Cultura del Progetto

Città e campagna nella rigenerazione dei quartieri del Mezzogiorno Carlo Alessandro Manzo

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Sommario

Caso di studio: Borgo Appio a Grazzanise (CE) Il Borgo Appio a Grazzanise Gianluca Cioffi Caso di studio: Quartiere Alfa Romeo a Pomigliano d’Arco (NA) Il Quartiere Alfa Romeo a Pomigliano d’Arco Sergio Stenti Caso di studio: Quartiere Vanvitelli a Caserta Principi insediativi e misure del quartiere Vanvitelli a Caserta Andrea Santacroce La casa e lo spazio tra le case. Materia e forma della “città pubblica” di Mario Fiorentino Emanuele Carreri Norma e progetto nella riqualificazione della residenza sociale Marino Borrelli

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Università degli Studi di Palermo - Dipartimento di Architettura

Periferie e città contemporanea. Progetti per i quartieri Borgo Ulivia e ZEN a Palermo Andrea Sciascia Il disegno del suolo. Rilettura delle planimetrie dei quartieri Borgo Ulivia e ZEN di Palermo Vincenza Garofalo Caso di studio: Borgo Ulivia a Palermo Interazioni tra infrastrutture e periferie. La soluzione di continuità fra i quartieri Borgo Ulivia e Bonagia Emanuela Davì Il significato e il ruolo delle preesistenze nel quartiere Borgo Ulivia Tania Culotta Il fiume Oreto e il quartiere Borgo Ulivia a Palermo. Margine urbano e periferia Ilenia Grassedonio Caso di studio: ZEN a Palermo La Piana dei Colli. Tracce storiche Daniele Roccaro Il quartiere ZEN - San Filippo Neri. L’identità degli spazi aperti Luciana Macaluso ZEN 2 e la maturazione del dibattito sul progetto urbano della casa in Spagna e Portogallo Dario Costi Apparati The Transformation of Public Housing Estates in Italy. Analytical methods and design strategies Federico De Matteis, Manuela Pattarini

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Il secondo progetto Metodologia e strategie della trasformazione per l’abitare pubblico Federico De Matteis

Per motivi strettamente legati alla storia urbana e architettonica delle città italiane, nonché di una consistente porzione di altre realtà in Europa, il termine “case popolari” ha assunto nella vulgata un’accezione decisamente negativa. I complessi di abitazioni operaie venivano un tempo – e frequentemente ancora oggi – associati al degrado dello spazio fisico, alle tensioni sociali sfocianti in criminalità di piccola e grande scala, all’impossibilità manifesta di redimere le persone attraverso l’architettura. Benché nella situazione italiana odierna buona parte delle tensioni un tempo registrabili siano ormai notevolmente ridotte rispetto alla condizione originaria, permane in molti casi uno “stigma” nei riguardi di certe caratteristiche di molti quartieri di edilizia residenziale pubblica realizzati in differenti periodi storici. Alcuni di questi tratti comuni sono ben noti e le problematiche ad essi riconducibili non sempre derivano dalla sfera architettonica: mancanza di mixité con conseguente creazione di un effetto “ghetto”, ubicazione fortemente decentrata – almeno nei primi anni dopo la realizzazione – che sfocia nell’emarginazione fisica dei residenti rispetto ai luoghi più apprezzati della città, mancanza o scarsità di servizi e attività commerciali, alto numero di abitanti concentrati in cosiddetti “casermoni”, bassa qualità della costruzione dovuta al contenimento dei costi e dei tempi di realizzazione, percezione di scarsa sicurezza negli spazi comuni. L’elenco dei difetti comuni a molti quartieri potrebbe estendersi a lungo, a riprova del fatto che, anche nei casi più fortunati, la pratica di realizzare l’abitare pubblico ha sempre risentito, e non soltanto in Italia, di numerosi e spesso gravi problemi.

Eppure, a fronte dell’espansione speculativa che le città italiane hanno subito a partire dalla Seconda Guerra Mondiale, ed in particolar modo con le ultime “ondate” di costruzione che hanno definitivamente superato il limite – un tempo quasi psicologicamente invalicabile1 – dei più remoti Piani di zona della L. 162/1967, in molti casi i quartieri un tempo considerati ghetti per sfollati, indigenti o afflitti da altre forme di disagio sociale, hanno iniziato ad apparire – e non solo agli occhi degli architetti – come parti di città non del tutto da disprezzare. La rivincita delle “case popolari” si sta giocando proprio intorno al valore aggiunto fornito da un elemento urbano insostituibile: lo spazio pubblico. Certamente tra i vari fattori critici nello sviluppo delle città italiane contemporanee la “debolezza” dello spazio pubblico rappresenta uno dei maggiori ostacoli alla produzione di un sistema di oggetti e luoghi capaci di “fare città”. Se la città compatta, quella dei centri storici ma anche quella contemporanea costruita secondo un principio di alta densità riesce, condensando una molteplicità di spazi, funzioni, attività, modalità di trasporto e movimento, gruppi sociali ecc. a costituire l’innesco per “l’effetto città”, quello che si registra nella grande maggioranza dei nuovi ambiti di sviluppo sorti intorno alle metropoli italiane è di tutt’altra natura 2. La molteplicità e compresenza di differenti funzioni è sì presente, ma la loro localizzazione viene distribuita su scala urbana, abbandonando la dimensione dello spazio reale come ambito di riferimento. I fronti stradali sono frequentemente privi di attività, spesso concentrate in comparti commerciali sovradimensionati e raggiungibili soltanto in automobile. Gli spazi aperti sono segmentati da vaste distese di parcheggi, frutto di standard ur-

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banistici malamente dimensionati. Gli spazi verdi sono segregati in aree marginali del tutto incapaci di interagire con gli edifici. In sostanza, anche dove la città è progettata e non si assiste ad un vero e proprio fenomeno di sprawl, la densità risulta troppo bassa: non ci riferiamo qui soltanto alla densità insediativa, bensì allo “spessore” determinato dalle relazioni tra attività, edifici, spazi pubblici. Una città “sottile” non ha grandi possibilità di funzionare adeguatamente. Confrontando molti quartieri di edilizia residenziale pubblica con quanto descritto sopra ci accorgiamo che in realtà gli stessi problemi, forse con differenti declinazioni, possono registrarsi anche in quei casi: la scarsità di servizi e assenza di fronti attivi rappresenta un fattore primario di criticità. Servizi mai realizzati, negozi chiusi o “migrati” in zone commerciali più attraenti3, di fatto la situazione di monofunzionalità o multifunzionalità mal distribuita è la stessa che si può registrare nelle nuove aree urbane. Se da un lato sussiste certamente un problema di pianificazione e di governance della città, che infligge analoghi danni a porzioni preesistenti e ai nuovi insediamenti, dall’altro i quartieri pubblici dispongono, innegabilmente, di un grado di flessibilità e trasformabilità enormemente più alto. È proprio intorno a questo potenziale considerevole che si gioca la sfida della trasformazione di questo patrimonio, con l’intento di conferirgli, attraverso processi di densificazione – a vario titolo intesa – la capacità di ritornare – o arrivare – a fare città. Perché trasformare

I motivi per intervenire sui quartieri di edilizia residenziale pubblica realizzati in Italia nel corso del Novecento sono numerosi. Innanzi

tutto si tratta, in molti casi, di testimonianze culturali di alto livello, la cui conservazione implica anche un mantenimento della consistenza e dell’immagine originaria. Ma molto al di lá del significato “monumentale” assunto da alcuni quartieri, occorre sottolineare come queste architetture incarnino il significato culturale della nostra società proprio perché ne hanno ospitato la crescita, delineando caratteristiche e sensibilità dei loro abitanti ben oltre quanto non avrebbe potuto fare il singolo oggetto storico di pregio. Il ruolo di “àncora” culturale svolto da questi quartieri richiede che vengano protetti, oltre che dal degrado, anche dal rischio di gentrification che alcuni di loro corrono. La riqualificazione dei quartieri passa pertanto anche attraverso la salvaguardia dell’immagine collettiva a loro associata, intendendo con questo non soltanto la configurazione architettonica, bensì anche il più ampio e determinante scenario urbano e sociale in cui questi si trovano. La rilevanza di questo tipo di attenzione è data proprio dal ruolo fondamentale che molti quartieri di edilizia residenziale pubblica hanno svolto nel guidare la crescita del territorio circostante, nonché di rappresentarne, nella grande maggioranza dei casi, l’elemento caratterizzante nell’ambito di anonimi territori periferici. Questa centrale riconoscibilità dei quartieri, dovuta normalmente all’omogeneità delle costruzioni che contrasta nettamente rispetto alla confusa edilizia delle periferie cittadine, costituisce un notevole potenziale trasformativo, proprio in virtù del fatto che il recupero dell’immagine collettiva stratif icata può servire da volano per la rivalutazione non solamente dei quartieri in sé, bensì anche del più ampio territorio urbano circostante (Fig. 1).

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1 Il quartiere Garbatella a Roma. Nato come rione operaio, rappresenta oggi un importante elemento all’interno della struttura urbana della capitale 2 Il quartiere Gylderisparken di Copenaghen, riqualificato su progetto dello studio Vandkunsten. La trasformazione degli edifici, originariamente risalenti al 1965, ha perseguito principi di risparmio energetico, ridefinendo tuttavia l’intero sistema degli involucri

I motivi “culturali” della riqualificazione possono dunque essere posti alla base del progetto di trasformazione e rappresentarne al contempo una delle maggiori leve per il successo. Occorre tuttavia sottolineare il fatto che la necessità di recuperare i grandi quartieri di edilizia residenziale pubblica rappresenta innanzi tutto una fondamentale esigenza di carattere economico per la collettività. In numerosi casi, gli edifici dello stock residenziale pubblico hanno raggiunto

– se non ampiamente superato – un grado di fatiscenza tale da richiedere importanti operazioni di riabilitazione. I singoli interventi di adeguamento e manutenzione effettuati il più delle volte in mancanza di qualsiasi forma di coordinamento, hanno potuto in alcuni casi tamponare situazioni d’emergenza, ma certo non risolvere le crescenti problematiche tecniche e funzionali degli edifici residenziali. Il prossimo futuro, chiaramente, non potrà che esasperare ulteriormen-

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te queste problematiche, peraltro in uno scenario di sempre minore disponibilità di risorse pubbliche. Oltre al generale degrado nel quale versa la maggior parte dei quartieri di edilizia residenziale pubblica realizzati negli ultimi sette decenni, le sempre più pressanti richieste in termini di prestazioni tecniche, nonché i crescenti costi energetici stanno ulteriormente determinando la necessità di intervenire per una riqualificazione che includa l’adeguamento a classi di consumo di maggiore efficienza. Una parte rilevante degli interventi eseguiti a livello europeo sullo stock residenziale pubblico è stata effettuata proprio con l’intento anzitutto di ridurre drasticamente il consumo energetico degli edifici (Fig. 2). Se da un lato quest’esigenza, ormai divenuta primaria perché dettagliatamente normata, ha certamente consentito la riqualificazione non soltanto energetica ma compiutamente architettonica di alcuni quartieri fortemente sofferenti sul piano dell’estetica urbana4, dall’altro sappiamo quanto i sistemi di adeguamento tecnologico possano risultare pesantemente invasivi rispetto all’immagine originaria degli edifici, se non vengono messi in opera a seguito di un’accurata progettazione (Figg. 3-4). Di fatto, qualsiasi sia la natura dell’intervento di trasformazione, le problematiche energetiche non possono essere trascurate. Tuttavia, l’ambito nel quale si è registrata una maggiore ampiezza degli interventi a livello europeo è stato ancora meno “architettonico” rispetto alla tematica del miglioramento delle prestazioni energetiche. Le principali politiche sono state infatti indirizzate alla “riqualificazione sociale” dei quartieri di edilizia residenziale pubblica nei quali, a distanza di molti anni dalla realizzazione, permanevano feno-

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3 Piano di zona Corviale, Roma. L’aggiunta di un rivestimento isolante sui lati dell’edificio ne ha alterato l’immagine originaria

4 Borgata Quarticciolo, Roma. L’inserimento di un nuovo vano scala e ascensore anteposto alla facciata preesistente modifica sostanzialmente il corpo di fabbrica e lo spazio tra gli edifici

meni di criminalità, disoccupazione, degrado sociale. Nei casi più interessanti di questo tipo di operazione, le attività rivolte al miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti sono servite anche per promuovere, secondo un principio bottom up, la “riappropriazione” degli spazi collettivi, trasformandoli per usi di interesse condiviso e consentendo loro così di rientrare in una sfera di “cura” da parte della comunità che ne garantisce la sottrazione dai più cospicui fenomeni di degrado. In molti casi caratterizzati da problematiche sociali profonde questo tipo di intervento risulta assolutamente prioritario rispetto a quelli indirizzati alla sola riqualificazione fisica: questa può essere semmai programmata come azione collaterale. Tre sono pertanto le principali tematiche che hanno informato le ormai numerose esperienze di riqualificazione dei grandi complessi di edilizia residenziale pubblica nell’Europa occidentale: raggiungere un più elevato livello di qualità nello spazio urbano e negli edifici, salvaguardando laddove rilevante il carattere di testimonianza storica dei complessi; adeguare i fabbricati sul piano funzionale, ottenendo al contempo una migliore efficienza energetica; intervenire sul tessuto sociale degli abitanti dei quartieri, favorendo lo sviluppo socioeconomico, abbinato frequentemente a operazioni di riqualificazione dello spazio fisico. Certamente le operazioni capaci di raggiungere migliori e più efficaci risultati sono quelle che affrontano contemporaneamente questi tre ambiti problematici, individuando effetti sinergici e positive interazioni. Se gli aspetti relativi alla sfera architettonica sono certamente centrali rispetto a questo studio, è fondamentale sottolineare tuttavia che nessun intervento può di fatto avvenire in maniera “isolata”, ov-

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vero prescindendo da un’azione rivolta sia allo spazio fisico sia allo spazio sociale. Inoltre, nella maggior parte dei casi, la riqualificazione architettonica e urbana necessita del consenso e della piena collaborazione degli abitanti, dato che gli interventi possono risultare fortemente invasivi e richiedere anche lo spostamento di parte della popolazione per la durata della realizzazione. Appare inutile ribadire che il solo intervento architettonico non è in grado, nella norma, di risolvere i problemi presenti in queste parti di città. Se i quartieri della città pubblica hanno sviluppato, storicamente, una vasta gamma di problematiche comuni, ciò è dovuto sicuramente ad un’errata programmazione degli interventi, ma ancor di più, plausibilmente, ad un concetto di “abitazione di massa” che, nelle diverse declinazioni che è andato via via assumendo, non è mai stato capace di incorporare la molteplicità e varietà che determina la vitalità urbana5. Qualsiasi trasformazione architettonica di questi quartieri deve pertanto essere guidata, innanzi tutto, dalla definizione degli obiettivi sociali ed economici, in assenza dei quali si rischia di fermarsi a semplici operazioni di maquillage che modificano l’aspetto delle strutture e degli spazi liberi senza però realmente migliorare le condizioni generali degli abitanti. Intervenire sull’esistente, soprattutto quando si tratta del “corpo vivo” della città moderna, non è un’operazione che consente l’uso di schematizzazioni o settorializzazioni del progetto. Occorre necessariamente affrontare lo spazio reale in tutta la sua intricata complessità, senza pretendere di ridurla eliminando parti del problema, con il rischio di perderne il senso. Evidentemente si richiede, per questo tipo di azione strategica sull’esistente, un approccio decisamente multidisciplinare,

sostenuto dalla partecipazione di tutti gli stakeholders al processo di trasformazione, soprattutto con il supporto degli enti di gestione del patrimonio residenziale pubblico e degli abitanti, senza i quali qualsiasi azione non può che dissolversi in pura velleità artistica. È anche vero, tuttavia, che soltanto la trasformazione dello spazio, dalla piccola scala del singolo alloggio a quella grande dell’intero quartiere, può veramente riuscire a soddisfare le nuove e diverse esigenze che, nel corso di molti decenni, si sono accumulate sui quartieri residenziali pubblici. Soltanto il progetto dello spazio reale può fornire la vera chiave di volta della trasformazione. Conoscere e analizzare i quartieri di edilizia residenziale pubblica

Qualsiasi intervento di riqualificazione dell’edilizia residenziale pubblica deve essere caratterizzato da un approccio multidisciplinare. Per quanto complessa possa risultare la comunicazione tra differenti ambiti del sapere, la base conoscitiva deve essere ampia e includere una molteplicità di informazioni relative alla struttura sociale, alle attività economiche, alla consistenza fisica e alle procedure amministrative. La presunzione – tipica di molta pratica del progetto – che l’esperienza sia in grado di supplire a una conoscenza sommaria dei fatti, quasi una fede in un atto “demiurgico”del progettista, non può fornire adeguate garanzie di successo. Allo stesso tempo, il tipo di conoscenza che deve essere acquisita attraverso l’analisi non deve essere di tipo neutrale e orizzontale, bensì fondata su un “progetto di conoscenza” che sia in grado di restituire, piuttosto che la totalità delle informazioni acriticamente messe a con-

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fronto, le informazioni specifiche e necessarie per la riqualificazione. La difficoltà nell’istruire questa forma di conoscenza dettagliata consiste, prevalentemente, nell’orientarla verso l’ottica della trasformazione: non dunque indagine meramente storica o quantitativa, bensì integrata con la registrazione delle criticità e dei potenziali risvolti che queste possono presentare sotto forma di input per la trasformazione. In altre parole già nell’indagine analitica occorre fondere organicamente le nozioni oggettive – o presunte tali – con quelle che si potrebbero definire “soggettive”, appannaggio del progetto di architettura, destinate a preludere alla nuova configurazione dei quartieri una volta concluso l’iter della trasformazione. La sintesi di conoscenza oggettiva e soggettiva rappresenta certamente un problema epistemologico di primaria importanza, poiché tende ad avvicinare campi del sapere tradizionalmente considerati inconciliabili6. Nel percorso storico della cultura architettonica, emanazione della più ampia riflessione del pensiero filosofico, queste due tendenze hanno sovente svolto ruoli antagonisti, delineandosi come poli opposti del lavoro conoscitivo che è indispensabile premessa alla pratica del progetto. La riduzione del progetto al “metodo”, come anche, al contrario, il rifiuto delle forme di sistematizzazione, denunciano la difficoltà intrinseca di far collimare idee e realtà, sfera autoriale e collettività, omogeneità e differenza. Ci sembra tuttavia che nello specifico caso della trasformazione dell’edilizia residenziale pubblica la costruzione di un quadro conoscitivo articolato, che tenda a conciliare sfere lontane fra loro, sia quantomeno doveroso. Come in tutti i casi di interventi sull’esistente, la comprensione della complessità sottesa ad una situazione preesi-

stente deve diventare, per dirla con Ernesto Rogers, “materiale di progetto”. Va inoltre sottolineato che, diversamente da quanto accade in molti casi di “costruire sul costruito” in cui la consistenza storica è limitata alla sola sfera materiale, l’intervento sul patrimonio residenziale pubblico incide sempre sulla “materia viva”, dove lo spazio reale è determinato, oltre che dal costruito, dalla presenza degli abitanti e dalla vitalità che questa comporta. Tentare di disinnescare uno di questi due ambiti rispetto all’altro ci appare, oltre che difficile, anche scientificamente poco attendibile. Di fatto l’analisi da condurre sui quartieri di edilizia residenziale pubblica deve essere in grado di restituire, assieme allo spazio fisico inteso nella sua complessità, anche le intersezioni che con questo ha istituito lo spazio culturale degli abitanti. Un’interpretazione meramente materialista dei complessi architettonici, infatti, rischia di oscurare la densità e la stratificazione di usi, significati, tradizioni e sentimento di appartenenza che gli spazi acquisiscono nel corso del tempo7. Il mancato riconoscimento delle peculiarità dello spazio culturale conduce, inevitabilmente, ad una forte “distrazione” rispetto ai soggetti a beneficio dei quali vengono operate le trasformazioni, innescando pertanto processi di gentrification o, più generale, di falsificazione. Se la lettura dello spazio reale nel quale hanno luogo i fenomeni architettonici aggrega una densa molteplicità di oggetti, azioni, relazioni, figure e significati, così anche l’analisi di sistemi stratificati e quartieri quali sono i complessi di edilizia residenziale pubblica studiati in questa ricerca richiede la sovrapposizione di più sistemi conoscitivi, alcuni legati allo spazio fisico, precisamente identificabili e descrivibili, altri invece di carattere “diffuso”, a-spaziale, variabili e

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transitori nel tempo. Questa intersezione tra piani di realtà non direttamente commensurabili, per quanto inevitabilmente occasionati l’uno dall’altro, rappresenta forse la più diretta caratteristica del progetto architettonico sull’esistente, particolarmente evidente quando la preesistenza partecipa ancora attivamente alla vita urbana. La notevole differenza di natura ontologica che sussiste tra un oggetto di studio storicizzato, cui è stato conferito un riconoscimento quale testimonianza culturale o “monumento”, e la grande maggioranza dei quartieri residenziali moderni, in cui l’attribuzione di un valore condiviso non è avvenuta, delinea anche lo spartiacque tra l’implementazione della pratica del progetto architettonico e quello di restauro8. Le numerose trasformazioni improprie condotte sul patrimonio di edilizia residenziale pubblica, sia su iniziativa dei singoli sia degli enti di gestione, sollevano la necessità di individuare, anche per queste architetture il cui riconoscimento culturale non è ancora avvenuto, delle adeguate modalità di intervento che possano, pur rispettando i caratteri salienti delle preesistenze, accogliere modificazioni volte all’aggiornamento sul piano funzionale e tecnologico degli spazi abitativi. Risulta tuttavia rilevante il ruolo che i metodi di analisi propri del restauro architettonico possono svolgere nell’individuazione dei caratteri fisici degli oggetti costruiti, orientando in maniera significativa l’azione sulla componente materiale dello spazio reale. Come sempre deve avvenire nelle premesse dell’attività progettuale, l’analisi della condizione esistente si intende come lettura “orientata” di una situazione densamente stratificata, interpretando l’esito finale dell’indagine come prefigurazione di quanto avremo a trasformazione avvenuta. Non può darsi infatti, se non altro per motivi di coeren-

za epistemologica, un’analisi che non sia “di parte”, comprendente quindi già nel modo di leggere il reale una prima selezione dei modi e delle strategie di intervento. Per quanto “scientifica” possa risultare l’istruttoria preliminare, collocata quindi ad una debita distanza critica rispetto all’oggetto di studio, non potrà che contenere le premesse del progetto di trasformazione: la lettura dello spazio reale diventa quindi previsione dello spazio “futuro”. Gli esiti di questa ricerca indicano in maniera evidente la propensione ad adoperare gli strumenti di analisi dei quartieri dell’abitare pubblico come forma “orientata” di avvicinamento al progetto vero e proprio. Pur partendo da premesse comuni e in larga parte condivise dall’intero gruppo di ricerca, già nelle varie istruttorie preliminari l’attenzione si è concentrata su differenti aspetti critici: in alcuni casi legati alle problematiche riscontrabili a livello di impianto urbano e di relazione con le conurbazioni circostanti i quartieri, in altri rivolgendosi maggiormente agli aspetti di accessibilità e interconnessione interna e all’uso degli spazi collettivi, altrove ancora con uno specifico interesse all’articolazione tipologica degli edifici, soprattutto nell’ottica dell’adeguamento degli alloggi alle esigenze di abitabilità contemporanee. L’emergere di uno o più aspetti quali evidenze di accentuata problematicità avviene in parte a seguito delle analisi di carattere oggettivo, ma è senz’altro influenzato dalla “esperienza” del singolo progettista o gruppo di ricerca, a testimonianza dell’inestricabilità della conoscenza oggettiva e quantificabile da quella, più soggettiva e anche intuitiva, legata alla ricorrenza dei fenomeni e alle capacità interpretative implicite nel progetto.

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Potenzialità e limiti del progetto di trasformazione

Sulla scorta di queste considerazioni, possiamo senz’altro affermare che tra momento analitico e progetto non è possibile individuare una vera discontinuità, poiché l’uno è destinato ad estendersi nell’altro. Se l’analisi contiene le prime scelte strategiche che informeranno successivamente il progetto, così anche l’attività progettuale consente di approfondire e precisare la lettura dei quartieri, fornendo un’interpretazione culturalmente orientata ma non per questo esclusivamente soggettiva di quanto la trasformazione possa e debba compiere. Le facoltà “demiurgiche” del progetto di architettura possono pertanto estendersi anche a quanto lo precede, gettando luce su alcuni aspetti la cui criticità potrebbe non essere registrata dalla sola indagine oggettiva. Questa sovrapposizione diviene ancor più evidente se consideriamo che, nello specifico ambito della trasformazione di un patrimonio architettonico moderno quale l’edilizia residenziale pubblica del Novecento, in larga parte gli strumenti progettuali attualmente in uso sono gli stessi adoperati all’atto di insediamento dei nuovi quartieri abitativi. Mutato lo stile, cambiato il linguaggio, evolutesi le soluzioni spaziali, tipologiche e costruttive, aggiornate le normative di riferimento, il repertorio fondante di dispositivi progettuali può dirsi tuttavia in larga parte invariato. Proprio per questo motivo appare possibile – e anche potenzialmente fecondo – istituire con questi quartieri degli effettivi rapporti di “continuità”, implementando azioni che mirino non tanto alla sostituzione dell’esistente – non soltanto nell’accezione di sostituzione fisica ma anche delle complesse dinamiche implicite nello spazio reale – quanto all’integrazione o modificazione.

In realtà proprio nell’ambito della trasformazione di sistemi urbani complessi e stratificati la pratica del progetto si trova a dover affrontare uno dei suoi più rilevanti banchi di prova. Nella cultura architettonica contemporanea si tende per molti versi ad attribuire al progetto delle notevolissime potenzialità, quasi si potesse, attraverso la sola definizione dello spazio fisico, effettivamente influenzare l’intera sfera di attività e relazioni che concorrono alla creazione dello spazio reale9. Non si intende certamente qui negare la relazione di causalità che intercorre tra spazio architettonico e spazio reale; tuttavia, appare talvolta pretestuoso concepire il progetto come un “grimaldello universale” attraverso il quale ogni problematica urbana può essere affrontata e risolta, indipendentemente dalla scala, le dimensioni, la consistenza fisica, la struttura sociale, economica, politica, ecc. L’uso dello spazio architettonico da parte degli abitanti non avviene secondo regole costanti nel tempo e universali nello spazio: al contrario, lo si deve considerare un processo di graduale e continuo “adattamento” da parte delle persone alle cose. Questo percorso non si svolge sempre secondo traiettorie lineari, né tantomeno chiaramente prevedibili dal progettista: gli innumerevoli fattori esogeni che possono determinare il successo o il fallimento di un progetto rimangono sovente nascosti oltre l’orizzonte della capacità prometeica dell’architetto. Il progetto, atto sintetico per definizione, non può che scontrarsi con le inestricabili ramificazioni che rendono complessa la realtà: con queste deve confrontarsi, accettando limiti e incapacità, investendo invece sugli esiti positivi che la modificazione dello spazio architettonico può indurre sullo spazio reale.

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Le esperienze svolte in vari contesti europei dimostrano quanto un più solido e coeso tessuto sociale all’interno dei quartieri di edilizia residenziale pubblica rappresentano il volano per un generale miglioramento delle condizioni degli spazi condivisi, generalmente i luoghi dove più frequentemente si addensano le maggiori criticità. Numerose ricerche condotte nel campo della sociologia evidenziano quali siano i più importanti fattori di apprezzamento dei quartieri di edilizia residenziale pubblica nei vari contesti culturali10. Benché ovviamente i risultati degli studi varino a seconda dei singoli casi, una linea comune che sembra emergere identifica nella bassa densità, nella disponibilità di servizi pubblici (laddove ovviamente presenti e funzionanti) e nella presenza di spazi verdi attrezzati gli aspetti più apprezzati dagli utenti; al contrario, le specifiche caratteristiche architettoniche non sembrano essere particolarmente rilevanti né in positivo né in negativo. Questa considerazione può ovviamente fornire indicazioni per la costruzione dei programmi di intervento: aumentare la dotazione di servizi e attività, mantenendo tuttavia un livello di densità relativamente ridotto, offrendo agli abitanti una condizione abitativa differente rispetto a quella che possono trovare, più comunemente, nei quartieri di iniziativa privata. Di fatto possiamo osservare che le maggiori potenzialità di questi quartieri risiedono esattamente lì dove si registrano, almeno nel contesto italiano, le più grandi criticità: la disponibilità di spazi liberi verdi, che tuttavia risultano spesso abbandonati e in condizioni di degrado, nonché la presenza di servizi pubblici e commerciali per gli abitanti, che però raramente vengono realizzati e gestiti secondo i programmi originari. Si tratta, quindi, di una scommessa almeno in parte falli-

ta: quella della città a bassa densità, i cui spazi verdi sono a servizio degli abitanti, e dell’autonomia funzionale di questi quartieri, che avrebbero dovuto contenere al loro interno quanto necessario allo svolgimento della propria esistenza quotidiana. Proprio lì dove la città pubblica potrebbe esprimere il suo massimo potenziale, finisce per evidenziare i suoi limiti. Occorre, quindi, interrogarsi su che cosa il progetto sia effettivamente in grado di fare rispetto alle dinamiche di carattere sociale, demografico ed economico che causano il cambiamento nei quartieri di edilizia residenziale pubblica. Risulta quanto mai evidente che la sola trasformazione dello spazio architettonico non può che rivelarsi efficace laddove viene considerata parte integrante di un più articolato processo di governance, che solleciti l’interazione multilivello tra tutti coloro che partecipano alla vita della città. Questa considerazione ci fa intuire i gravi limiti che qualsiasi strategia di trasformazione incontra nello specifico contesto dell’Italia centromeridionale di cui questa ricerca si è occupata. L’estrema limitatezza delle risorse pubbliche che caratterizza – e sempre più caratterizzerà – la gestione del patrimonio di edilizia residenziale pone un primo serio ostacolo alla realizzabilità degli interventi: l’autorità pubblica diventa quindi “debole” e può soltanto, nella migliore delle ipotesi, assumere un ruolo di guida nel processo di governance. Analogamente, anche la composizione demografica e sociale degli abitanti dei quartieri non gioca a favore della partecipazione al processo condiviso: l’età media molto alta, il ridotto numero di giovani, la diffusa precarietà economica, gli importanti fenomeni di occupazione abusiva degli spazi sono tutti fattori che riducono il potenziale dinamismo

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6 5 Il quartiere Bijlmermeer ad Amsterdam, uno dei primi interventi di riqualificazione complessa di un piano di housing pubblico

6 La torre Bois-le-PrÍtre a Parig

e la partecipazione alla trasformazione. Infine i soggetti privati – la cui capacità di investimento è peraltro oramai ridotta – non riconoscono ancora nella riqualificazione dei quartieri pubblici un campo di sviluppo economico, sia per la debolezza dei potenziali acquirenti, sia per la totale incertezza in merito ai tempi di realizzazione, ma anche a causa del carattere complesso e a volte sperimentale che le opere di riqualificazione degli edifici esistenti potrebbero assumere. Per questi attori risulta molto più conveniente la realizzazione di nuovi complessi residenziali, se non altro perché questi possono essere portati a termine seguendo un processo meno incerto. Inoltre il forte pregiudizio che tuttora circonda i “quartieri popolari” fa sì che, se anche dovessero essere adeguatamente riqualificati, non costituirebbero un’attrattiva per il pubblico generale, che continuerebbe a preferire le più correnti (e spesso scadenti) proposte immobiliari della residenza contemporanea di iniziativa privata. La condizione di “debolezza” del soggetto pubblico e degli abitanti, unita al disinteresse degli operatori privati, fa venir meno le condizioni fondamentali perché possano essere avviati gli interventi di riqualificazione di cui molti quartieri hanno ormai fortissima necessità. Per incentivare l’avvio di questi processi di rigenerazione servirebbe, da parte delle pubbliche amministrazioni, una forte presa di posizione nei confronti del fenomeno del consumo del suolo, attraverso l’adozione di politiche già ampiamente consolidate in altri contesti europei ma ancora assenti o marginali in Italia. A fronte di una minore possibilità di costruire nuovi insediamenti residenziali, l’appetibilità delle operazioni di riconversione e riqualificazione non può che aumentare, incrementando pertanto l’interesse degli operatori privati.

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7 7 Le Stadtvillen di Leinefelde, ex Germania Est

Su tutte queste dinamiche, fondamentali ai fini della gestione dei complessi di edilizia residenziale pubblica, la pratica del progetto può di fatto ben poco influire, se non nella sua accezione più tecnicistica e gestionale. Appare, quindi, persino controproducente ridurre l’ipotesi di intervento alla sola configurazione dello spazio architettonico della trasformazione, senza prendere in considerazione, a monte, le complesse dinamiche di gestione urbana che dovrebbero incorporare l’attività edilizia ma non esaurirsi con essa. In

tutti i casi di riqualificazione assurti ormai al ruolo di best practices, quali il quartiere Bijlmermeer ad Amsterdam, la torre Bois-le-Prêtre a Parigi, o le Stadtvillen di Leinefelde (Figg. 5-7), la qualità dell’intervento architettonico è sempre il risultato di un’accurata operazione di “trasformazione del reale” caratterizzata da un approccio trasversale: l’esito architettonico è stato possibile proprio in virtù del fatto che è stato “innestato” su un processo di modificazione ragionato e coerente. Un’ulteriore, opportuna considerazione va fatta in merito alla possibilità di generalizzare le modalità di intervento, ovvero di attribuire ad una metodologia progettuale la capacità di proporre soluzioni sempre adeguate, nonostante la grandissima variabilità delle problematiche dettata dalle differenti condizioni urbane, sociali, architettoniche, costruttive, ecc. Da un certo punto di vista, tale variabilità può quasi rendere inapplicabile, o se non altro molto limitata, l’ipotesi di formulazione di “linee guida” per gli interventi. É senz’altro una dialettica che esorbita dallo specifico ambito della trasformazione, ad investire tutta la pratica del progetto contemporaneo, costantemente in bilico tra istanze locali e prospettive di generalizzazione. Di fatto, già osservando i dieci casi di studio che sono stati esaminati nell’ambito di questa ricerca, è possibile riscontrare una forte varietà in termini di epoca di realizzazione, impianto urbano, relazione con l’urbanizzazione circostante, sistemi costruttivi, organizzazione tipologica, stato di conservazione, struttura sociale e demografica, ecc.: ciascuno dei quartieri rappresenta, in altre parole, una storia a sé, certamente con caratteristiche comuni ma comunque con forti differenze. In che modo, dunque, si possono formulare delle ipotesi di “linea

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guida” per la riqualificazione di sistemi urbani e architettonici che hanno, in molti casi, ben poco in comune? Come qualsiasi sistema di guida per la progettazione, si può prevedere che la necessaria semplificazione del progetto in singole “azioni” elementari non può che comportarne, nell’immediato, la perdita della prospettiva complessiva, del carattere sintetico e tendenzialmente irriducibile. Allo stesso tempo questa “riduzione critica” può presentare il vantaggio di sezionare situazioni complesse in elementi più direttamente controllabili e quantificabili, consentendone una più immediata verifica sia in fase di progetto, sia come strumento di valutazione ex-post. Di fatto, ci sembra opportuno concludere che la pratica del progetto deve, nello specifico ambito della trasformazione dell’edilizia residenziale pubblica, cedere alcune delle sue prerogative, rinunciando innanzi tutto ai suoi strumenti più forti e perentori, cercando di innestarsi adeguatamente all’interno di condizioni preesistenti che sovente contengono elementi di significativa qualità. Deve inoltre accettare il fatto che non esiste una singola azione progettuale, per quanto centrata, che sia capace da sola di ricapitolare le soluzioni per l’immancabile proliferazione di criticità che si addensano nei quartieri abitativi moderni. Piuttosto, il progetto di trasformazione deve potersi comporre attraverso la sommatoria di molte “piccole mosse”, interventi spesso di carattere quasi microchirurgico: l’azione del progettista deve quindi, più che mai, configurarsi come opera di orchestrazione, privilegiando sicuramente un approccio “gentile” rispetto a proposte di carattere più forte e sintetico. In questo senso il progetto di trasformazione va considerato, a nostro avviso, come un “secondo progetto”: proprio per l’imprescindibile

necessità di porsi in relazione con lo spazio reale sul quale si interviene. Per quanto possa essere vincolato e ridotto nelle sue possibilità di azione da fattori esterni, il progetto di impianto conserva comunque le sue prerogative di carattere “fondativo”, delineandosi potenzialmente come strumento forte. Al contrario, l’intervento di trasformazione deve assumere un carattere ben più interlocutorio, ponendosi al riparo rispetto all’eccessiva perentorietà di alcune azioni progettuali. Anche nella più radicale interpretazione, queste entreranno in rapporto con una condizione già esistente e, nella maggior parte dei casi, consolidata. La mancata disponibilità del “secondo progetto” ad essere utilizzato come sistema “aperto” non può che preludere ad una forte discontinuità rispetto a quanto già in atto, destinata quasi inevitabilmente luogo a dar luogo a situazioni di conflitto. I territori della trasformazione

Per “territori della trasformazione” intendiamo qui i diversi ambiti di relazione rispetto ai quali è plausibile la formulazione di programmi di intervento. Si tratta quasi sempre di situazioni di “soglia”, ovvero di transizioni da una determinata condizione ad un’altra, come nel caso del rapporto tra un insediamento di edilizia residenziale pubblica e la città ad esso circostante, oppure della zona di accesso che collega lo spazio semiprivato degli edifici residenziali con quello pubblico del parterre, o anche l’involucro costruttivo come mediazione tra ambiente interno ed esterno. Questi sistemi di soglia assumono un particolare rilievo dato che, nella maggioranza dei casi, gli aspetti di criticità risiedono proprio nella mancanza di collegamento – fisico o meno – tra i vari sottosistemi che compongono gli insediamenti.

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I quartieri residenziali e il territorio urbano I dieci casi di studio che sono stati analizzati in questa ricerca coprono un arco cronologico di circa mezzo secolo: i più antichi, il quartiere Alfa Romeo a Pomigliano d’Arco e il Borgo Appio a Grazzanise, risalgono alla fine degli anni Trenta; i più recenti, il quartiere Monticchio presso L’Aquila e il quartiere Villa Adriana a Tivoli, sono stati completati intorno alla metà degli anni Ottanta. Complessivamente, i casi di studio rappresentano un campione significativo – anche se non esaustivo – della casa pubblica nell’Italia centrale e meridionale del Novecento: insediamenti di grandi, medie o piccole dimensioni, collocati in contesti urbanizzati, semirurali o del tutto rurali, con impianti urbani fortemente formalizzati o più aperti, realizzati con tecniche costruttive tradizionali o sperimentali. Tuttavia, nonostante l’intrinseca variabilità dei casi di studio, è possibile registrare anche diversi caratteri comuni, derivati non soltanto

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da analogie riscontrabili fra i quartieri in sé, quanto dallo sviluppo dell’urbanizzazione, dai cambiamenti nella composizione demografica, ecc. A livello di struttura urbana, diversi dei quartieri presi in esame sono stati originariamente realizzati in aree fortemente periferiche, a grande distanza dai centri urbani consolidati. In alcuni casi la collocazione veniva scelta con il preciso intento di porli in prossimità di strutture preesistenti, come a Pomigliano d’Arco, dove gli edifici residenziali sono ubicati presso la fabbrica Alfa Romeo, o la borgata Quarticciolo, costruita in prossimità, come diversi quartieri di case popolari romane nel periodo fascista, a ridosso dei forti militari (Figg. 8-9). A distanza di vari decenni, come è anche possibile osservare dalle fotografie aeree recenti, la crescita del territorio urbanizzato, che ha interessato tutte le città italiane, ha inevitabilmente inglobato quasi tutti i quartieri, trasformando progressivamente la loro condizione di marginalità in una di maggiore centralità. Questo

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8 Pomigliano. Il quartiere Alfa Romeo in rapporto allo stabilimento industriale 9 Quarticciolo, Roma. La borgata realizzata in prossimità del Forte Prenestino 10 Borgo Ulivia, Palermo. Il quartiere INA-Casa in relazione al percorso autostradale di viale della Regione Siciliana

11 ZEN, Palermo. Il quartiere “racchiuso” entro la nuova circonvallazione stradale

nuovo assetto, il cui impatto sul funzionamento dei quartieri è stato rilevante con esiti sia negativi sia positivi, ha di fatto modificato in maniera significativa le condizioni di diversi casi di studio. Nella maggior parte dei casi, la pianificazione successiva alla realizzazione degli insediamenti residenziali non è stata in grado di istituire con essi rapporti efficaci: soprattutto sul piano dello sviluppo di nuove reti infrastrutturali, si è sovente verificata una situazione di interferenza, testimonianza della percezione negativa che dei quartie-

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ri di edilizia residenziale hanno frequentemente le stesse pubbliche amministrazioni che dovrebbero, al contrario, favorire la loro maggiore integrazione con l’urbanizzazione circostante. Particolarmente emblematici, da questo punto di vista, i due quartieri studiati dall’Unità di ricerca palermitana: Borgo Ulivia e ZEN. Nel primo caso il viale della Regione Siciliana, in realtà un’autostrada urbana ad alto scorrimento, lambisce tutto il margine sud del quartiere, isolandolo rispetto a una porzione rilevante del tessuto urbano circostante; nel secondo, un anello stradale è stato brutalmente disposto intorno al quartiere, creando un vero e proprio “vallo” che vanifica qualsiasi possibilità di istituire una continuità urbana tra il Piano di zona e il tessuto minuto presente su tutti i lati. L’intrinseco isolamento indotto in questo caso dal perentorio progetto urbano e architettonico viene pertanto ulteriormente rafforzato dall’ostacolo rappresentato dalla circonvallazione (Figg. 10-11).

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12 12 Quartiere Villa Adriana, Tivoli. Il Piano di zona presenta un impianto fortemente

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autonomo rispetto al tessuto urbano circostante

13 Borgo Ulivia, Palermo. La relazione tra il quartiere e la valle del fiume Oreto propone una possibilità di ricucitura con il sistema ambientale

L’interazione tra le diverse competenze tecniche delle amministrazioni è notoriamente uno dei maggiori scogli per il raggiungimento di uno spazio urbano realmente fluido e continuo, poiché la logica del disegno della città e l’ingegneria dei trasporti difficilmente riescono a coniugarsi senza generare conflitti di carattere progettuale o politico. Tuttavia, oltre a questi casi “estremi” in cui la città stessa diventa barriera all’integrazione dei quartieri pubblici con il territorio circostante, si può osservare che in molti casi è lo stesso impianto progettuale degli insediamenti residenziali a determinare una difficoltà di relazione con il contesto circostante. Se in alcuni dei casi di studio considerati – fra tutti la Borgata Quarticciolo a Roma – l’impianto

urbano acquisisce alcune logiche strutturali dalla città tradizionale11, in altri il progetto persegue un intento fortemente astratto, presentandosi sotto forma di segno a scala territoriale. Anche nel quartiere “Villa Adriana” a Tivoli, in cui la conformazione dei fabbricati viene accuratamente studiata per non risultare visibile dalla vicina area archeologica12, l’impianto architettonico nettamente caratterizzato sul piano formale non lascia molto spazio per un’apertura o integrazione nei confronti di futuri sviluppi della città, per la “saldatura” tra l’esistente e il nuovo (Fig. 12). Nell’ottica di una trasformazione a livello territoriale, che consenta ai quartieri di edilizia residenziale pubblica di superare quello che è a

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volte un atavico isolamento, è evidente che la conformazione dell’impianto originario può risultare in alcuni casi un ostacolo quasi insormontabile, per l’assenza di un principio di organicità che leghi il costruito al territorio, né nell’accezione paesaggistica né tantomeno come urbanizzazione. Ai fini di una possibile densificazione del territorio urbano – strategia che viene considerata oggi quasi un “toccasana” rispetto alle dinamiche dello sprawl – gli insediamenti concepiti seguendo una logica più affine al tessuto urbano tradizionale manifestano senz’altro una maggiore capacità di interagire con uno sviluppo circostante, laddove le strutture ispirate all’utopia della grande dimensione rischiano di rimanere separate da qualsiasi istanza di inclusione in un sistema urbano più organico e articolato. Analogamente alla riconnessione tra i quartieri residenziali pubblici e la città circostante, è necessario osservare quanto in alcuni particolari casi gli insediamenti pianificati possano diventare punti nodali per creare ricuciture tra sistemi ecologici parzialmente sovrapposti ad aree urbanizzate. Sebbene spesso i quartieri analizzati abbiano perduto, col tempo, la loro collocazione periferica, finendo per essere pienamente riassorbiti dalla crescita della città, in situazioni più recenti sussiste ancora oggi uno stretto rapporto tra queste zone costruite ed il paesaggio preesistente. Questa situazione di “campagna urbanizzata” chiama in causa, per gli interventi di trasformazione, la considerazione del ruolo fondante svolto dalle reti ecologiche e la possibilità del loro ripristino. Tale attenzione può ripercuotersi direttamente anche sulla qualità dello spazio urbano, integrando il sistema del verde con potenziali aperture su ambiti naturali più estesi e significativi13 (Fig. 13).

Sotto questa particolare ottica, i modelli di impianto di matrice modernista, in virtù della loro minore occupazione di suolo rispetto a quelli fondati sul riferimento ai tessuti urbani, offrono un maggiore potenziale verso la reintegrazione delle reti ecologiche con i sistemi ambientali di progetto. In questo specifico “territorio” della trasformazione, pertanto, differenti modalità di impianto possono rivelarsi efficaci sotto l’aspetto della riconnessione urbana, creando tuttavia maggiore attrito verso l’integrazione con i sistemi naturali. Il progetto di suolo Analizzando i casi di studio al centro della presente ricerca, è possibile registrare che uno dei maggiori livelli di criticità si riscontra nell’impianto, nella configurazione e nella gestione degli spazi pubblici che costituiscono il collegamento tra i quartieri e le aree urbane circostanti, il parterre comune ai diversi edifici, così come anche agli spazi di transizione tra l’ambito pubblicamente accessibile e gli spazi privati di pertinenza delle abitazioni. I motivi delle numerose carenze riscontrabili in questi ambiti possono essere rintracciati in una molteplicità di cause, alcune delle quali dovute all’impianto progettuale, altre determinate dalla inadeguata gestione degli spazi e delle funzioni da parte degli Enti pubblici, altre ancora occasionate dai modi in cui gli abitanti hanno fatto uso di tali spazi, esorbitando dalle intenzioni originarie dei progettisti. Nella pratica contemporanea del progetto urbano si è ormai consolidata la consapevolezza di quali siano i fattori determinanti per l’attivazione degli spazi della città: l’introduzione di funzioni diversificate, compatibili e complementari; il corretto dimensionamento

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14 14 Quarticciolo, Roma. Una festa nel quartiere mostra la vitalità degli spazi

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pubblici e la forte presenza di giovani e bambini

15 Borgo Appio, Grazzanise. Gli spazi un tempo utilizzati per le attività agricole sono oggi privi di funzione

degli spazi pubblici, che deve sempre consentire agli utenti una percezione controllata dei diversi ambiti; l’eliminazione di tutte quelle situazioni spaziali che possono indurre un senso di insicurezza, tale da rendere i luoghi pubblici all’interno dei quartieri alieni per gli stessi abitanti, ecc. Già a partire dagli anni Sessanta alcuni testi seminali14 hanno propugnato la necessità di introdurre un adeguato connubio di funzioni, attività, modalità di percorrenza, configurazioni spaziali e anche tipologie di utenti, per contrastare la tendenza “analitica” propria del Movimento moderno, che istituiva rigide quanto semplificatorie associazioni tra spazi e funzioni. Come spesso è accaduto nei quartieri pubblici in Italia e anche all’estero, la

mancata coesistenza di elementi diversificati ha condotto alla totale o parziale “devitalizzazione” degli spazi, con tutte le conseguenze negative che da questo possono derivare. Un particolare elemento di criticità è rappresentato dal cambiamento nell’uso degli spazi collettivi legato alla trasformazione sociale e demografica avvenuta in Italia nei decenni intercorsi tra la realizzazione di alcuni dei complessi di abitazioni pubbliche e la situazione odierna. L’incremento nell’occupazione femminile, la drastica riduzione del tasso di natalità15, nonché il progressivo affermarsi di attività domestiche indoor, hanno ridotto, già sul piano meramente quantitativo, l’uso degli spazi collettivi esterni. Uno dei fondamenti dell’esperienza

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16 16 ZEN, Palermo. A causa della separazione tra i percorsi e del degrado delle strutture, le ampie zone porticate divengono spazi insicuri

dell’IFACP, come anche del piano INA-Casa nel secondo dopoguerra, risiedeva proprio nell’intenzione di creare spazi comunitari esterni che servissero da naturale estensione di quelli propriamente privati, nei quali ben poca superficie veniva dedicata alle attività diurne. La documentazione fotografica risalente all’epoca di realizzazione di questi complessi evidenzia l’intenso uso degli spazi comuni, luogo deputato per l’incontro, il gioco dei bambini, lo svolgimento di attività collettive, ecc.; tutt’altra la situazione odierna, che spesso vede questi ambiti sostanzialmente abbandonati, non soggetti ad alcuna forma di gestione o controllo né da parte delle autorità pubbliche né tantomeno su iniziativa degli abitanti16 (Figg. 14-15).

Particolarmente emblematici, da questo punto di vista, i complessi realizzati in Italia nell’ambito della L. 167/1962. Vigne Nuove, ZEN, Villa Adriana, Monticchio fra i casi di studio qui analizzati, ma anche numerosissimi altri esempi in tutto il territorio nazionale, dimostrano l’inefficacia del principio di “concentrazione” dei servizi pubblici e degli spazi commerciali in volumi costruiti ubicati in posizione baricentrica rispetto all’estensione dei quartieri, modalità allora ritenuta più economica e funzionale rispetto all’ipotesi di distribuzione capillare di tali attività. La creazione di questi nuclei di servizi, sovente peraltro rimasti inoccupati a causa dell’inefficiente gestione da parte degli enti e delle amministrazioni, ha di fatto “devitalizzato” lo spazio urbano dei quartieri, privandolo di una importante componente funzionale. La pratica attuale del master planning di quartieri a prevalenza residenziale privilegia la distribuzione di attività diurne in tutta l’area di insediamento, proprio per favorire un uso diversificato ed un più efficace controllo dello spazio da parte degli stessi abitanti. In molte situazioni, tuttavia, i problemi riscontrabili negli spazi pubblici di pertinenza dei quartieri sono derivati da errori puramente progettuali. La cultura architettonica della stagione dei Piani di zona della L. 167/1962 attribuiva una notevole importanza ai volumi costruiti come elementi per la definizione degli spazi urbani, concependo però gli ambiti aperti come risultante dell’aggregazione dei corpi di fabbrica, le cui relazioni venivano precipuamente istituite sulla base di considerazioni compositive a scala urbana o addirittura territoriale17. L’intrinseca povertà di questi spazi a terra è quanto mai evidente: nella migliore delle ipotesi, sono puramente dedicati alla “contemplazione” dei grandi fabbricati, con un’implicita monumen-

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talizzazione della residenza collettiva. Tuttavia questa sola funzione non è certo sufficiente ad attribuire un significato coerente ad ambiti discontinui, non caratterizzati, a volte difficilmente accessibili e inclini a generare una sensazione di insicurezza (Fig. 16). La mancata relazione fisica tra gli edifici ed il loro spazio pubblico di pertinenza non consente l’adeguata interazione a livello funzionale. Lo scarso interesse prestato dai progettisti alla definizione degli spazi aperti collettivi risulta evidente anche dagli elaborati progettuali originali. I Piani di zona soffrivano in genere di un notevole grado di approssimazione, riducendo al minimo la definizione di dettaglio, anche a causa del ruolo preponderante ricoperto dalle imprese edilizie nella fase di realizzazione. Al contempo anche la definizione degli ambiti aperti, senza nemmeno prendere in considerazione un progetto paesaggistico, si limitava spesso alla sola campitura di aree libere quali “verde pubblico”: necessità di raggiungere uno standard urbanistico più che di definire effettivamente le qualità architettoniche di uno spazio. Rispetto alle problematiche di questi ambiti, il progetto di trasformazione può certamente esprimere un grande potenziale, riconfigurando il “suolo” sul quale poggiano gli edifici, ristabilendo equilibri mancanti, introducendo nuove funzioni e attività, ripristinando collegamenti o istituendone di nuovi. La possibilità di intervenire positivamente è anche dettata dalla proprietà pubblica degli spazi, condizione che consente di implementare le trasformazioni senza dover interferire con lo svolgimento delle attività residenziali, potendo tuttavia conseguire risultati importanti sul piano della funzionalità urbana.

Le principali finalità del “progetto di suolo” consistono nel riattivare gli spazi pubblici a terra tramite la rimozione di oggetti che creano interferenza con la fruizione ordinaria (parcheggi e loro ambiti di accesso, edifici dismessi ecc.), nonché l’introduzione di nuove funzioni puntuali o distribuite che possano, al contrario, promuovere l’utilizzo degli spazi aperti da parte degli abitanti dei complessi come anche della popolazione delle aree circostanti. Quest’operazione di sostituzione consente pertanto di aggiornare il programma funzionale originario, riconducendolo a modalità di uso che rispondono più adeguatamente alle esigenze della città contemporanea. Oltre al ripristino della funzionalità urbana, il progetto di suolo punta anche alla risoluzione dei frequenti problemi di accessibilità e continuità del parterre, causati in alcune circostanze dalla inefficace gestione dei dislivelli dovuta a impianti architettonici poco misurati rispetto all’orografia originaria. Altrove la modificazione è mirata al sistema dei percorsi, soprattutto in quei casi in cui la scelta originaria di separazione delle diverse modalità di percorrenza ha causato problemi alla fruizione pedonale all’interno dei quartieri. La rimozione o il riposizionamento dei percorsi pedonali dedicati può in molti casi contribuire ad una più efficace permeabilità e accessibilità degli spazi a terra, promuovendo anche un maggiore senso di sicurezza fra gli abitanti. La riconfigurazione dell’impianto urbano può investire anche la revisione dei sistemi di viabilità carrabile all’interno dei quartieri. In molti casi l’uso non appropriato – ma a volte anche quello regolarmente previsto – del suolo come spazio per il transito o la sosta delle automobili, può pesantemente gravare sull’efficacia e la qualità dello

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17 17 Vigne Nuove, Roma. Spazi commerciali mai attivati all’interno del nucleo dei servizi

spazio urbano. Le zone pubbliche di sosta dei veicoli, non di rado sovradimensionate a causa della rigidezza degli standard urbanistici, tendono a essere soggette a fenomeni di degrado anche rilevante: questo ha spesso portato a forme irregolari di privatizzazione degli spazi di sosta, implementate abusivamente dagli abitanti per garantire maggiore protezione ai propri veicoli. La possibilità di convertire degli ambiti di sosta pubblici in parcheggi pertinenziali privati, accompagnata da adeguati interventi architettonici, può contribuire alla riduzione dei gradi di interferenza – che non significhi tuttavia totale separazione – tra lo spazio dedicato alla carrabilità e quello per la percorrenza e la sosta pedonale.

Il progetto di suolo include anche la revisione del sistema paesaggistico dei quartieri residenziali pubblici. Gli spazi aperti dei casi analizzati nella presente ricerca presentano tutti, senza eccezione, notevoli carenze in merito alla definizione e gestione delle aree verdi, ma più in generale di tutti gli ambiti di pertinenza pubblica. Questa carenza è in parte dovuta alla già menzionata scarsa attenzione da parte dei progettisti e alla limitatezza dei mezzi già in fase di impianto, dall’altro, certamente, alla mancanza di risorse per un’adeguata gestione pubblica, cui non si è, se non in rari casi, sostituita un’azione di cura da parte dei residenti. Le problematiche della gestione degli spazi comuni o dell’attivazione di dinamiche partecipative tra i residenti non rientrano nel campo di azione di questo studio: fondamentale è invece il ruolo che una revisione dell’impianto architettonico e paesaggistico dello spazio esterno può svolgere per migliorare la qualità complessiva di un quartiere. Spazi di percorrenza e ambiti comuni I sistemi di transizione e collegamento tra spazio pubblico e privato rappresentano un ulteriore ambito critico in molti dei quartieri residenziali pubblici realizzati sotto la L. 167/1962. A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, prende piede una forte pulsione verso l’astrazione dello spazio urbano, che viene radicalmente rimodellato in maniera analitica, ovvero separando in elementi discreti funzioni e attività tradizionalmente compresenti. Si stabilisce così un principio di sostanziale equivalenza tra le differenti componenti dello spazio urbano: in varie circostanze pertanto la gerarchizzazione progressiva tra spazi pubblici, semipubblici e privati viene del tutto annullata.

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Questa mancanza di adeguati “filtri” tra lo spazio esterno pubblico e l’accesso privato alle singole abitazioni si configura come un grave ostacolo all’appropriazione degli spazi da parte degli abitanti, che a volte provvedono autonomamente alla creazione di barriere protettive, assicurandosi un maggiore senso di privacy. Questa circostanza si registra in corrispondenza dei percorsi pedonali interni agli edifici, ma anche nei casi di alloggi posti al piano terreno con pertinenze esterne, dove spesso i residenti aumentano la protezione dello spazio privato rispetto all’esterno, impedendo la percezione continua del parterre. Non di rado la vasta estensione dei percorsi di accesso e degli ambiti pubblici coperti (piani pilotis, ballatoi, atri, pertinenze di aree commerciali o di servizio non attivate, garage ecc.) dà vita a luoghi non definiti, privi di attività appropriate, spesso abbandonati, aree a rischio degrado proprio per la mancanza dell’attribuzione di un controllo (Fig. 17). In altri casi questi spazi sono stati occupati abusivamente con alloggi informali che danno vita a situazioni di degrado ancora più preoccupanti. In queste situazioni una strategia di trasformazione può consistere nel “prevenire” l’uso improprio o l’occupazione abusiva degli spazi vacanti, attraverso il loro riempimento con nuovi alloggi, nell’ottica di una densificazione del costruito. L’incremento della superficie residenziale può, peraltro, rivelarsi un vantaggioso volano per il coinvolgimento degli operatori privati nelle operazioni di trasformazione per le quali la disponibilità di risorse pubbliche è limitata. Lo stesso può dirsi per l’utilizzo di spazi tecnici non più adoperati, come ad esempio i lavatoi e stenditoi presenti su molte terrazze di copertura degli edifici, i cui volumi possono essere efficacemente adattati all’uso residenziale18.

Gli alloggi e la trasformazione tipologica La trasformazione tipologica degli alloggi rappresenta una delle più interessanti e complesse frontiere per la riqualificazione dei complessi di edilizia residenziale pubblica. Accanto all’esigenza di migliorare, in alcuni casi, le qualità ambientali e architettoniche degli spazi abitativi privati, che soprattutto nei quartieri realizzati prima della Seconda Guerra Mondiale soffrono di un notevole deficit rispetto alle esigenze attuali, si pone la questione di “ridimensionare” la superficie media degli alloggi per ripristinare un’adeguata densità abitativa. Il notevole rallentamento delle dinamiche demografiche italiane degli ultimi trenta anni ha infatti modificato sostanzialmente il modello familiare medio dei residenti: sono diventate rare le famiglie con un alto numero di figli, numerosi al contrario i nuclei composti da una o due persone, non di rado persone anziane, che occupano alloggi originariamente pensati per cinque, sei o anche più abitanti. Evidentemente questa situazione non è sostenibile né per gli enti di gestione, che non dispongono di sufficienti risorse per fare fronte alla domanda abitativa sociale, né tantomeno per gli stessi abitanti, per i quali la sola generosa dimensione dell’alloggio non può compensare le numerose carenze altrimenti riscontrabili in termini di fruibilità, dotazione di servizi e manutenzione, nonché per l’intrinseca debolezza di un tessuto sociale frammentario. La potenzialità di aumentare il numero degli alloggi, riducendone al contempo la superficie media, si presenta quale soluzione ideale per l’innesco di processi di riqualificazione finanziariamente sostenibili. A fronte delle notevoli potenzialità insite in questo tipo di operazioni, occorre tuttavia constatare i numerosi ostacoli alla loro imple-

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mentazione. In primo luogo la trasformazione tipologica è pesantemente condizionata dalla consistenza edilizia delle preesistenze che, in taluni casi, possono rivelarsi altamente rigide. A seconda del sistema strutturale adoperato le difficoltà possono essere di diversa entità: certamente più flessibili i sistemi intelaiati, molto meno modificabili quelli basati sulla muratura portante (come nel caso dell’edilizia popolare fascista) o quei complessi realizzati con sistemi di prefabbricazione pesante. In ciascuna di queste situazioni occorre individuare quali soluzioni, salvo costose e invasive modifiche all’impianto strutturale, siano in grado di garantire la necessaria flessibilità per la trasformazione. Sempre sul piano architettonico, un secondo vincolo è posto dall’impatto che la modificazione dello spazio interno produce sull’involucro dell’edificio. Non sempre risulta infatti possibile operare trasformazioni nello spazio residenziale interno che non richiedano alcuna trasformazione delle aperture in facciata: ciò chiaramente può essere ipotizzato solamente in quei casi in cui la configurazione architettonica degli edifici non si presenti quale fattore vincolante. Tuttavia, il più rilevante ostacolo alla trasformazione degli alloggi non sembra risiedere nella consistenza fisica degli edifici, bensì nelle note difficoltà che si riscontrano nella gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica da parte degli Enti preposti. Qualsiasi operazione che preveda il dislocamento – anche solamente temporaneo – dei residenti genera normalmente grandi attriti, soprattutto a causa dello statuto di “quasi-proprietà” che gli alloggi acquisiscono una volta assegnati. Se il modello contemporaneo di social housing prevede varie forme di transitorietà, ovvero abitazioni che vengono occupate dai

residenti per periodi più o meno brevi in vista di una sistemazione permanente di altra natura, l’antico istituto della “casa popolare” prevedeva invece un’occupazione permanente, che spesso nella sostanza si traduce in una forma di proprietà non regolamentata, con canoni di locazione bassissimi e peraltro spesso non riscossi. In molti casi queste occupazioni proseguono di generazione in generazione e il “diritto” di abitare in un alloggio viene a volte “venduto” informalmente, quasi si trattasse di un effettivo titolo di proprietà. A fronte di questa situazione difficilmente controllabile, gli interventi che prevedono la trasformazione degli spazi interni non possono che immaginarsi parziali, semmai operabili a “macchia di leopardo” sugli edifici o lotti che possono essere effettivamente liberati. A fronte di queste numerose difficoltà, le trasformazioni tipologiche possono provvedere ad un netto miglioramento della fruibilità interna degli alloggi sotto due differenti aspetti: da un lato sul piano dell’aggiornamento delle qualità degli ambienti abitativi, dall’altro sul loro ridimensionamento. In merito all’articolazione degli spazi interni, nella grande maggioranza dei casi di studio si riscontra una rigida suddivisione funzionale degli ambienti, organizzati secondo un principio legato a schemi distributivi di matrice razionalista. Tale impostazione, vincolata a volte anche dalla disposizione degli elementi portanti, può rivelarsi inflessibile e avere difficoltà ad accomodare forme di uso contemporanee degli alloggi. Gli spazi di servizio quali bagni e cucine, che hanno progressivamente acquisito un maggiore peso nell’organizzazione della vita domestica, sono spesso dimensionati secondo standard minimi e il più possibile distanti dalle parti “di pregio” delle abita-

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zioni (Fig. 18). Chiaramente l’introduzione di maggiori gradi di interferenza tra queste distinte funzioni se da un lato riduce il grado di privacy di alcuni ambienti interni, dall’altro può diminuire la dimensione degli spazi di circolazione rispetto alle distribuzioni originali, consentendo un incremento di superficie utilizzabile. Nell’ottica di una maggiore flessibilità per l’uso diversificato degli alloggi a seconda dei momenti della giornata, è peraltro anche ipotizzabile l’introduzione di partizioni mobili che possano aprire o chiudere determinati ambienti in maniera rapida e non invasiva19 (Fig. 19). In alcune più sporadiche occasioni si verificano delle criticità legate alla conformazione d’impianto degli edifici originari: eccessiva profondità dei corpi di fabbrica, insufficienza dei sistemi di accesso o, al contrario, sovradimensionamento degli spazi di distribuzione, sottodimensionamento delle aperture in facciata, ecc. In questi casi le possibilità di trasformazione sono ancora più costrette dalle caratteristiche morfologiche degli edifici, dalla struttura portante e dal sistema impiantistico. Tuttavia, salvo interventi decisamente “pesanti”, trasformazioni quali la riduzione di profondità di un corpo di fabbrica, o la parziale sostituzione della struttura portante sono in genere

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18 Corviale, Roma. Al variare del numero degli abitanti e pertanto della dimensione complessiva dell’alloggio, la superficie dedicata alle attività diurne rimane pressoché invariata

19 Quarticciolo, Roma. Esperimenti di riconfigurazione e ridimensionamento delle tipologie residenziali

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poco praticabili, se non altro per lo sfavorevole rapporto costo-benefici che si può verificare. In relazione alle operazioni di ridimensionamento degli alloggi esistenti, possono essere considerati sia gli aumenti di superficie (necessari, in alcuni casi di studio risalenti al periodo fascista o comunque precedenti alla L. 457/1978, per garantire un’adeguata abitabilità ad alcuni alloggi minimi), sia il frazionamento delle unità abitative nell’ottica di una densificazione dei quartieri residenziali. Questa seconda categoria di interventi si scontra con la consistenza della struttura tipologica preesistente, poiché può a volte richiedere la realizzazione di vani scala aggiuntivi rispetto a quelli originari, soluzione che tuttavia può produrre un impatto rilevante sulla configurazione degli edifici. In quelle situazioni in cui l’aggiunta di nuovi percorsi di accesso può essere presa in considerazione senza che ciò comporti un’indebita alterazione dell’immagine originaria, è comunque da valutarsi positivamente la possibilità di incrementare la densità abitativa di complessi che risultano, oggi, per lo più scarsamente occupati. L’involucro costruito. Adeguamento tecnologico e impiantistico L’ultimo “territorio” di intervento è quello, fondamentale, che investe l’involucro costruito, oggetto nel quale si condensa la maggiore complessità architettonica degli edifici. Oltre a definire la configurazione stessa dei complessi residenziali, l’involucro svolge il ruolo di protezione rispetto all’esterno: se rispetto al primo ambito gli edifici analizzati in questa ricerca rappresentano sovente esempi di alto livello, rispetto al secondo la situazione risulta essere di sistematico deficit. Tale carenza, dettata sia dal cattivo stato di conservazione di

molte strutture, sia dall’esponenziale incremento degli standard relativi alla riduzione dei consumi energetici, produce di fatto una condizione di diffusa obsolescenza. Benché gli aspetti legati alle prestazioni ambientali dei complessi di edilizia residenziale pubblica non siano necessariamente centrali per quanto riguarda la loro spazialità urbana ed il loro carattere architettonico, va rilevato che, soprattutto a seguito dell’impennata dei costi energetici registrata negli scorsi anni, il tema del contenimento dei consumi rappresenta uno dei maggiori punti di interesse per le amministrazioni che gestiscono lo stock residenziale. Nelle esperienze condotte in Europa sul tema della riqualificazione dell’edilizia residenziale pubblica, sia in ambito di ricerca sia relativamente all’implementazione delle trasformazioni, il tema energetico è stato sempre centrale e costantemente accompagnato dall’interesse per la promozione di una maggiore coesione sociale tra i residenti20. Non è tuttavia da trascurarsi l’impatto a volte soverchiante che alcuni interventi di adeguamento energetico possono produrre sugli edifici originali, la cui facies architettonica può risultare completamente sconvolta. Trasformazioni di questa entità, che tendono ad una totale o comunque consistente sostituzione delle facciate esistenti, richiedono comunque un’accurata valutazione del valore architettonico e testimoniale della preesistenza, poiché la totale modificazione dell’immagine originaria può configurarsi come impropria. Va peraltro considerato che, nello specifico contesto climatico dell’Italia centromeridionale, di cui questa ricerca si occupa, il vantaggio che si può ottenere attraverso interventi di riqualificazione energetica pesante non è comparabile con quello riscontrabile nelle

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aree dell’Europa settentrionale. Nella valutazione costi-benefici di questo tipo di intervento il periodo per il rientro dell’investimento necessario può estendersi per un tempo troppo lungo. Possono semmai rivelarsi più ragionevolmente attuabili interventi di minore impatto, specificamente mirati all’aumento dell’isolamento termico, che si possono in talune condizioni realizzare senza significative trasformazioni della configurazione originale degli edifici21. Ma al di là delle operazioni primariamente indirizzate alla riqualificazione energetica dell’housing, delle quali numerose esperienze sono registrate in letteratura 22, non possiamo trascurare il fatto che in talune circostanze la trasformazione dell’involucro costruito rivesta un significato primario per le sue sole valenze di carattere estetico23. In alcune delle già citate best practices europee la trasformazione funzionale ed il retrofit energetico sono state anche utilizzate come occasioni per proporre nuove configurazioni estetiche degli edifici, allontanandoli quanto più possibile dalla monotona serialità della prefabbricazione pesante degli anni Sessanta e Settanta. Le nuove soluzioni architettoniche, dando vita a immagini più variate e accoglienti, si distanziano fortemente dalle memorie “ideologiche” dei grandi quartieri sociali, la cui perentoria schematicità ha prodotto sovente effetti negativi sull’accettazione e appropriazione degli spazi da parte degli utenti. La “abitazione di massa”, secondo una terminologia diffusa durante gli anni Sessanta e Settanta, seppure informata da un apparato teorico di alto livello e sostenuta da ingenti programmi pubblici, ha finito in molti casi per essere ridotta a intervento basato su un criterio meramente quantitativo, stabilendo una corrispondenza semplicistica tra volumi costruiti e abitanti in-

sediati. Proprio per questo motivo la forte spinta verso l’industrializzazione edilizia quale sistema finalizzato al drastico abbattimento dei costi e dei tempi di costruzione ha finito per generare, in contesti quali la ex Repubblica Democratica Tedesca o la Francia, soluzioni brutalmente ripetitive. Nella situazione italiana, dove il ricorso all’industrializzazione edilizia è risultato, per vari motivi, molto più limitato24, il carattere quasi sempre sperimentale della prefabbricazione ha impedito la nascita di quartieri comparabili alle “nuove città” tedesche o francesi. Cionondimeno, sebbene alcuni esempi quali il complesso CECA a Piombino manifestino l’alta qualità formale ottenibile attraverso tecniche costruttive avanzate, in altri il ricorso alla prefabbricazione ha prodotto edifici di basso profilo estetico, scarsamente funzionali e, soprattutto, del tutto privi di qualsiasi flessibilità trasformativa. Proprio su questi quartieri è possibile ipotizzare interventi di riqualificazione degli involucri edilizi che sfruttino le istanze di adeguamento energetico per proporre sostanziali revisioni dell’impianto estetico complessivo degli edifici. Queste operazioni possono mirare ad una vera e propria “ricomposizione”, attraverso l’introduzione di sistemi di variazione, capaci di modificare la serialità dei prospetti preesistenti, ovvero adoperando addizioni o sottrazioni volumetriche per accentuare la tridimensionalità delle facciate, realizzando al contempo anche nuovi spazi abitativi direttamente collegati agli alloggi. Ciascuna di queste operazioni deve essere legata sia alla rifunzionalizzazione degli spazi interni, sia ad un’adeguata reinterpretazione degli involucri preesistenti, tale da consentirne la trasformazione senza necessariamente mortificare le qualità del progetto originario.

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Strategie della trasformazione

Una volta identificati i “territori della trasformazione”, ovvero la sequenza scalare di differenti ambiti entro i quali si concentrano generalmente le maggiori criticità che possono essere affrontate attraverso azioni progettuali, appare opportuno specificare, a livello teorico, quali siano le categorie generali di intervento sui quartieri di edilizia residenziale pubblica. Non si registra, in quest’ambito, una sostanziale differenza rispetto al più generale campo della trasformazione dell’esistente, alla cui corposa letteratura si rimanda per una più estensiva trattazione25; alcune modalità di intervento, tuttavia, manifestano una maggiore appropriatezza in relazione alle criticità sinora evidenziate, anche limitandosi soltanto alle trasformazioni che investono il solo spazio architettonico, prescindendo quindi dalle problematiche di carattere sociale, economico e gestionale dei quartieri. Correzione Molte criticità dei quartieri di edilizia residenziale pubblica emergono, come già osservato, dalle conseguenze non previste di deliberate scelte compiute in fase di progettazione. Questi veri e propri errori progettuali possono investire tutte le sfere dimensionali, dall’inadeguata relazione tra i quartieri ed il contesto circostante, fino all’errata costruzione: in ogni caso si tratta di problematiche che riducono fortemente la qualità generale delle architetture, la loro funzionalità come anche la vivibilità dei quartieri. La “correzione” consiste pertanto nell’intervenire direttamente modificando il progetto originario, senza stabilire con esso un rapporto dialettico, bensì effettuando una netta separazione tra azione contem-

poranea e preesistenza, che può anche giungere a cancellare completamente le tracce della precedente situazione. Si tratta pertanto di un tipo di intervento radicale, che “sostituisce” l’esistente e può includere, come caso limite, la totale demolizione delle preesistenze. Palinsesto Le operazioni di “palinsesto” – mutuando un termine di origine filologica ormai comunemente adoperato anche nella teoria architettonica – rappresentano una strada intermedia nell’ambito della trasformazione. In questo caso la consistenza fisica della preesistenza si considera come incompleta sotto uno o più aspetti e il ruolo del nuovo intervento consiste nel “completamento” di questa consistenza attraverso il supporto o affiancamento di nuovi oggetti. La peculiarità di questa modalità di intervento risiede nel fatto che ciascuno dei due sottosistemi mantiene, almeno in parte, la propria autonomia sul piano funzionale e riconoscibilità formale. La strategia del palinsesto ha pertanto un carattere “prostetico”, è cioè orientata a fornire un “supporto” a condizioni che non raggiungerebbero altrimenti un’adeguata funzionalità sotto uno o più aspetti. Modificazione La strategia della “modificazione” si riferisce ad una modalità di intervento sofisticata, in cui il nuovo progetto tenta di stabilire un effettivo sistema di continuità rispetto alla preesistenza. La trasformazione può in questo caso configurarsi come operazione “puntuale”, che interviene in maniera specifica su alcuni elementi critici, modificando ad esempio quantità proprie della consistenza fisica preesi-

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stente, oppure alterando “chirurgicamente” delle caratteristiche degli edifici senza tuttavia cambiarne radicalmente l’impianto o la configurazione estetica. Secondo questa definizione, la modificazione rappresenta lo strumento di trasformazione più complesso, in quanto capace di istituire una dialettica tra nuova architettura e preesistenza. Indipendentemente dal fatto che il nuovo progetto preveda o meno la realizzazione di materia costruita, l’intervento si delinea comunque come strettamente collegato alla sostanza preesistente, di cui non rappresenta solamente un’estensione bensì anche un “dispositivo critico” di rifunzionalizzazione. Modificazione può significare pertanto la trasformazione funzionale di un edificio senza cambiarne sostanzialmente la configurazione, ovvero l’aumento di densità abitativa di un quartiere, o ancora il cambiamento dei sistemi di accessibilità degli edifici attraverso la revisione dei percorsi. Queste tre distinte modalità di intervento non rappresentano, quindi, variabili gradi di “intensità” della trasformazione, poiché questa può risultare indipendente rispetto alla relazione che si stabilisce tra preesistenza e nuovo intervento. Si tratta evidentemente di istituire uno specifico e consapevole rapporto tra il “secondo progetto” ed il materiale rispetto al quale si è chiamati a operare.

riepilogazione soluzioni ad ampio raggio per tutte le diverse esigenze emergenti, il progetto sembra promettere la possibilità di individuare strategie vincenti ad ogni scala, ottenendo attraverso la trasformazione spaziale anche risultati relativi alla dimensione sociale ed economica dei quartieri residenziali e del loro intorno. Tuttavia, nell’ottica di una più accurata definizione metodologica delle criticità registrabili e delle possibili strategie di intervento, si è tentato di operare una sistematizzazione delle modalità di trasformazione, andando ad individuare i passi logici che costituiscono il processo che conduce dall’analisi delle criticità sino alla proposta di intervento. L’obiettivo principale della metodologia consiste nell’individuare un sistema analitico che garantisca omogenea lettura nel quadro generale dei quartieri studiati, pur salvaguardando la loro specificità cronologica, geografica e architettonica, riassumendo le problematiche in un numero limitato di macrocategorie. Questa sistematizzazione deve mirare a ridurre la complessità degli interventi di trasformazione ad una sequenza ordinata di azioni elementari, che possano delineare il processo come metodo di verifica misurabile rispetto al carattere intrinsecamente sintetico del progetto architettonico. Le criticità generalmente registrabili nei casi di studio possono essere organizzate in tre distinti ambiti tematici interscalari, individuabili su tutte le differenti dimensioni dei quartieri:

Metodologia di classificazione di criticità e interventi

Come si è precedentemente osservato, lo strumento del progetto viene frequentemente considerato come “grimaldello universale” per la risoluzione delle problematiche dei quartieri di edilizia residenziale pubblica. Proprio per la sua capacità sintetica di riunire in un’unica

Contesto e misura: criticità causate dalle relazioni con gli ambiti circostanti, dai sistemi di collegamento o separazione, dalle carenze misurabili in termini di qualità o efficienza, nonché dalle necessità di adeguamento alle normative attualmente vigenti;

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Quartiere

Azione 1

Ambiti interscalari di criticità

Porosità Lotto Ambiti scalari di analisi e intervento

Contesto e misura

Edificio

Densità Efficienza

Analisi

Logica compositiva Linguaggio e forma

Azione 2

Margini Strategia di intervento

Azione 3

Logica insediativa Percezione Matericità

Azione 4

Aggregazione tipologica Alloggio

Tipo e costruzione

Percorsi ed accessibilità Funzionalità

Azione …

Costruzione

20

Linguaggio e forma: problematiche originate dall’impianto esteti-

co e percettivo degli spazi aperti e degli edifici, dalle relazioni linguistiche e dalle qualità materiche del costruito. Molti di questi fattori si traducono in criticità legate all’appropriazione degli spazi e alla percezione di sicurezza; Tipo e costruzione: inefficienze dovute alle relazioni funzionali tra spazi aperti ed edifici, all’incongruenza del programma funzionale attuale, o alla necessità di introdurre nuove funzioni a integrazione o sostituzione di quelle esistenti. Dall’analisi alla proposta di intervento, l’iter decisionale viene sezionato criticamente in una molteplicità di azioni, ciascuna delle quali è correlata ad una o più scale di trasformazione. La sequenza “individuazione del problema - strategia di risoluzione - modalità di intervento” deve pertanto prendere in considerazione sia i differenti ambiti scalari (Quartiere - Lotto - Edificio - Alloggio) sia i tre ambiti interscalari di criticità (“Contesto e misura” - “Linguaggio e

forma” - “Tipo e costruzione”), orientando la definizione degli interventi secondo una logica di consequenzialità. Le relazioni tra le differenti componenti sono schematizzate nella figura 20. La metodologia qui esposta è stata sviluppata induttivamente, dai casi di studio del progetto di ricerca, per creare una prima “elencazione” di modalità di intervento organizzate secondo la struttura proposta. Queste modalità sono state tabulate in due diverse “matrici” relative agli ambiti interscalari di criticità “Contesto e misura”, “Tipo e costruzione”26, giungendo a definire azioni elementari individuate in modo granulare e direttamente correlate agli ambiti scalari di intervento. L’uso di queste matrici metodologiche dovrebbe essere duplice: da un lato facilitare la classificazione degli interventi di trasformazione, dall’altro porsi come strumento di verifica a posteriori, che supporti la valutazione dei progetti in termini di efficacia e di rispondenza agli obiettivi formulati in fase di analisi per la risoluzione delle criticità registrate.

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Il secondo progetto

SCALA

PROBLEMAPROBLEMA

SCALA

Aggregazione inadeguata Aggregazione inadeguata

Ombreggiamento Ombreggiamento scorretto scorretto

ALLOGGIOALLOGGIO

Aggregazione eccessivamente Aggregazione eccessivamente densa densa

Aggregazione eccessivamente Aggregazione eccessivamente rada rada

EDIFICIO EDIFICIO Aggregazione eccessivamente Aggregazione eccessivamente rada rada

Aggregazioni prive Aggregazioni di rapportoprive strada/edificio di rapporto strada/edificio

D e

Aggregazione troppo Aggregazione compattatroppo compatta

LOTTO

LOTTO

Mancata relazione Mancata con i tessuti relazione limitrofi con i tessuti limitrofi

Mancata relazione Mancata con i valori relazione topografici con i valori topografici

QUARTIERE QUARTIERE

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MA

SOLUZIONE SOLUZIONE

Autore

MODALITÀMODALITÀ LOGICA INSEDIATIVA E CONTESTO LOGICA INSEDIATIVA E CONTESTO

Adeguamento aggregativo Adeguamento aggregativo (demolizione - ricostruzione) (demolizione - ricostruzione) Demolizone e ricostruzione Demolizone e ricostruzione rapporto di ombreggiamento corretto con rapporto di con ombreggiamento corretto Ampliamento perAmpliamento ottenere per ottenere un rapporto di ombreggiamento corretto un rapporto di ombreggiamento corretto Demolizioni parziali per ottenere Demolizioni parziali per ottenere un rapporto di ombreggiamento corretto un rapporto di ombreggiamento corretto

Diradamento perDiradamento ottenere per ottenere un congruo rapporto di densità un congruo rapporto di densità per evitare Diradamento perDiradamento evitare problemi di introspezione problemi di introspezione

Aggiunta elementi per ottenere Aggiunta elementi per ottenere un congruo rapporto di densità un congruo rapporto di densità

Densificazione Densificazione

realizzare il fronte-strada Ampliamento perAmpliamento realizzare il per fronte-strada

al spazi fine diaperti ottenere spazi aperti Diradamento al Diradamento fine di ottenere e maggiore dei corpi di fabbrica e maggiore illuminazione deiilluminazione corpi di fabbrica

La logica insediativa dei quartieri residenziali ne determiLa logica insediativa dei quartieri residenziali ne determina in primo na luogo in primo le relazioni luogo con le relazioni il contesto con urbano, il contesto urbano, nonché con nonché le caratteristiche con le caratteristiche naturali, paesaggistiche, naturali, paesaggistiche, orografiche orografiche ecc. del territorio ecc. del circostante. territorio circostante. In molti casi In molti casi modelli di impianto di carattere tendenzialmente astratto modelli di impianto di carattere tendenzialmente astratto hanno prodotto, sul piano delle relazioni con il contesto, hanno prodotto, sul piano delle relazioni con il contesto, rilevanti problemi legati sia alla fruibilità, sia alla perceziorilevanti problemi legati sia alla fruibilità, sia alla percezione e all’esperienza del paesaggio urbano. Frequenti fenone e all’esperienza del paesaggio urbano. Frequenti fenomeni di disconnessione, ravvisabili soprattutto nei quarmeni di disconnessione, ravvisabili soprattutto nei quartieri realizzati negli anni Settanta, chiamano in causa postieri realizzati negli anni Settanta, chiamano in causa possibili operazioni di ricucitura con il tessuto limitrofo, attrasibili operazioni di ricucitura con il tessuto limitrofo, attraverso una revisione dei sistemi di definizione morfologica verso una revisione dei sistemi di definizione morfologica dello spazio urbano. A livello dei singoli lotti la logica insedello spazio urbano. A livello dei singoli lotti la logica insediativa determina gli indicatori di densità, che si traducodiativa determina gli indicatori di densità, che si traducono spazialmente no spazialmente nella distanza nella fra distanza i corpi di fra fabbrica, i corpi di fabbrica, l’altezza degli edifici, la relazione tra spazio aperto e fabl’altezza degli edifici, la relazione tra spazio aperto e fabbricati. La trasformazione può in questo caso significare bricati. La trasformazione può in questo caso significare l’implementazione di operazioni di densificazione o diral’implementazione di operazioni di densificazione o diradamento, sia attraverso l’aggiunta o sottrazione di volumi damento, sia attraverso l’aggiunta o sottrazione di volumi edilizi, sia tramite la modificazione di quelli esistenti. Tali edilizi, sia tramite la modificazione di quelli esistenti. Tali interventi incidono interventi anche incidono sulle anche qualità sulle ambientali qualità dei ambientali dei quartieri, ad quartieri, esempio ad riducendo esempio fenomeni riducendo di fenomeni eccessiva di eccessiva ombreggiatura ombreggiatura degli spazi degli aperti spazi o dei aperti fronti o finestrati. dei fronti finestrati. Inoltre la realizzazione di nuovi fronti è determinante per la Inoltre la realizzazione di nuovi fronti è determinante per la creazione di comparti di maggiore densità urbana, dove creazione di comparti di maggiore densità urbana, dove sussiste un rapporto leggibile tra fronte edificato e strada. sussiste un rapporto leggibile tra fronte edificato e strada. In termini di edifici entrano in gioco i sistemi di aggregaIn termini di edifici entrano in gioco i sistemi di aggregazione tra alloggi, che attraverso operazioni trasformative zione tra alloggi, che attraverso operazioni trasformative possono raggiungere possono raggiungere più congrui più livelli congrui di densità. livelli Alla di densità. Alla scala delle scala unità residenziali delle unità residenziali la trasformazione la trasformazione implica implica l’adeguamento distributivo degli alloggi. l’adeguamento distributivo degli alloggi.

Riammagliamento ai tessuti esistenti Riammagliamento ai tessuti esistenti

di elementi di relazione Realizzazione diRealizzazione elementi di relazione vcongeomorfologiche le emergenze geomorfologiche vcon le emergenze

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SCALA

ALLOGGIO

ALLOGGIO

PROBLEMA

SCALA

PROBLEMA

Promiscuità tra zona giornoPromiscuità e zona notte tra zona giorno e zona notte

Cam

Eccesso di unità ambientaliEccesso di unità ambientali con funzione distributiva con funzione distributiva

Ot

Sistema distributivo inadeguato Sistema distributivo inadeguato perché insufficiente perché insufficiente

med e/o a

Sistema distributivo inadeguato Sistema distributivo inadeguato perché eccedente perché eccedente

media e/o a

Sistema distributivo Sistema distributivo tipologicamente inadeguatotipologicamente inadeguato

EDIFICIO

d

EDIFICIO Sistema distributivo inadeguato Sistema distributivo inadeguato perché insufficiente perché insufficiente

Sistema distributivo inadeguato Sistema distributivo inadeguato perché eccedente perché eccedente

Sistema distributivo Sistema distributivo tipologicamente inadeguatotipologicamente inadeguato

LOTTO

median (piste ciclabili,

LOTTO Sistema distributivo inadeguato Sistema distributivo inadeguato perché insufficiente perché insufficiente

Sistema distributivo inadeguato Sistema distributivo inadeguato perché eccedente perché eccedente

QUARTIERE

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median (piste ciclabili,

QUARTIERE

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LEMA

SOLUZIONE

SOLUZIONE

MODALITÀ

MODALITÀ PERCORSI E ACCESSI PERCORSI E ACCESSI

Cambiamento della distribuzione Cambiamento interna della distribuzione interna al fine di evitare la promiscuità al fine di evitare la promiscuità Ottimizazione delle unità ambientali Ottimizazione delle unità ambientali con funzione distributiva con funzione distributiva Aggiunta elementi distributivi Aggiunta elementi distributivi Adeguamento dimensionale Adeguamento dimensionale mediante aggiunta di spazio mediante distributivo aggiunta di spazio distributivo e/o aggiunta elementi di risalita e/o aggiunta verticaleelementi di risalita verticale

Sottrazione elementi distributivi Sottrazione elementi distributivi Adeguamento dimensionale Adeguamento dimensionale mediante sottrazione di spazio mediante distributivo sottrazione di spazio distributivo e/o aggiunta elementi di risalita e/o aggiunta verticaleelementi di risalita verticale

Sostituzione con elementi Sostituzione con elementi distributivi tipologicamentedistributivi idonei tipologicamente idonei

Aggiunta di elementi distributivi Aggiunta di elementi distributivi

Sottrazione elementi distributivi Sottrazione elementi distributivi

Adeguamento dimensionale Adeguamento dimensionale mediante riconfigurazione mediante spazio distributivo riconfigurazione spazio distributivo (piste ciclabili, fasce verdi,(piste rifacimento ciclabili, pavimentazioni, fasce verdi, rifacimento ecc.) pavimentazioni, ecc.)

Aggiunta di elementi distributivi Aggiunta di elementi distributivi

La struttura dei percorsi e accessi, quasi “sistema nervoLa struttura dei percorsi e accessi, quasi “sistema nervoso” dei quartieri residenziali, determina la trasformabilità so” dei quartieri residenziali, determina la trasformabilità a tutte le scale di a intervento. tutte le scale L’impianto di intervento. urbano può L’impianto urbano può essere infatti scarsamente collegato al territorio cittadino essere infatti scarsamente collegato al territorio cittadino circostante, creando di fatto una situazione di isolamencircostante, creando di fatto una situazione di isolamento; al contrario, si possono verificare condizioni di eccesto; al contrario, si possono verificare condizioni di eccessiva interferenza tra impianto stradale ed edifici residensiva interferenza tra impianto stradale ed edifici residenziali, dovute a sistemi distributivi eccedenti, che possono ziali, dovute a sistemi distributivi eccedenti, che possono chiamare in causa operazioni chiamare in di causa riduzione operazioni dei percorsi. di riduzione dei percorsi. Similmente alla scala dei lotti i sistemi di accessibilità deSimilmente alla scala dei lotti i sistemi di accessibilità determinano la corretta relazione tra spazio pubblico e priterminano la corretta relazione tra spazio pubblico e privato, mediando, con adeguati filtri, l’accesso ai lotti e ai vato, mediando, con adeguati filtri, l’accesso ai lotti e ai singoli edifici. La sovrabbondanza di percorsi e accessi singoli edifici. La sovrabbondanza di percorsi e accessi ai lotti, come può verificarsi ad esempio nelle corti interai lotti, come può verificarsi ad esempio nelle corti interne ai fabbricati, può ridurre il grado di sicurezza e privacy ne ai fabbricati, può ridurre il grado di sicurezza e privacy percepito dagli utenti, percepito dando dagli luogo utenti, ad una dando difficoltà luogo di ad una difficoltà di “appropriazione” degli “appropriazione” spazi comuni. degli Al contrario, spazi comuni. la Al contrario, la mancanza di percorribilità dovuta ad una forte privatizzamancanza di percorribilità dovuta ad una forte privatizzazione degli spazi può provocare indebiti fenomeni di oczione degli spazi può provocare indebiti fenomeni di occlusione degli ambiti clusione collettivi. degli In ambiti relazione collettivi. agli edifici In relazione agli edifici l’efficacia dei percorsi si rivela cruciale sia sotto il profilo l’efficacia dei percorsi si rivela cruciale sia sotto il profilo normativo, al fine di adeguare le abitazioni agli standard normativo, al fine di adeguare le abitazioni agli standard dell’accessibilità universale, dell’accessibilità sia per universale, rendere gli sia alloggi per rendere gli alloggi appetibili da parte di un’utenza generalizzata. La trasforappetibili da parte di un’utenza generalizzata. La trasformazione dei sistemi mazione di accesso dei sistemi deve ovviamente di accesso condeve ovviamente confrontarsi con la modificazione dell’immagine architettonifrontarsi con la modificazione dell’immagine architettonica, nonché con ca, l’impianto nonché tipologico con l’impianto esistente tipologico e esistente e l’aggregazione degli alloggi. In merito alla distribuzione e l’aggregazione degli alloggi. In merito alla distribuzione e alla fruibilità degli alloggi, l’efficacia dei percorsi serve per alla fruibilità degli alloggi, l’efficacia dei percorsi serve per evitare fenomeni di evitare promiscuità fenomeni e interferenza di promiscuità tra zona e interferenza tra zona giorno e zona notte, ovvero per aggiornare sistemi distrigiorno e zona notte, ovvero per aggiornare sistemi distributivi datati che, pur nelle ridotte dimensioni delle unità butivi datati che, pur nelle ridotte dimensioni delle unità residenziali, prevedono residenziali, una forte prevedono frammentazione una forte degli frammentazione degli ambienti interni, a fronte di una tendenza attuale alla soambienti interni, a fronte di una tendenza attuale alla sovrapposizione di attività compatibili. vrapposizione di attività compatibili.

Adeguamento dimensionale Adeguamento dimensionale mediante riconfigurazione mediante spazio distributivo riconfigurazione spazio distributivo (piste ciclabili, fasce verdi,(piste rifacimento ciclabili, pavimentazioni, fasce verdi, rifacimento ecc.) pavimentazioni, ecc.)

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SCALA

PROBLEMA

SCALA

PROBLEMA

Flessibilità bassa sistema costruttivo Flessibilità bassa sistema costruttivo

Flessibilità media sistema Flessibilità costruttivo media sistema costruttivo

ALLOGGIO

ALLOGGIO

Flessibilità bassa sistema costruttivo Flessibilità bassa sistema costruttivo

Flessibilità media sistema Flessibilità costruttivo media sistema costruttivo

EDIFICIO

EDIFICIO

Flessibilità bassa sistema costruttivo Flessibilità bassa sistema costruttivo

Flessibilità media sistema Flessibilità costruttivo media sistema costruttivo

LOTTO

LOTTO

Flessibilità bassa sistema costruttivo Flessibilità bassa sistema costruttivo

Flessibilità media sistema Flessibilità costruttivo media sistema costruttivo

QUARTIERE

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QUARTIERE

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LEMA

SOLUZIONE

SOLUZIONE

MODALITÀ

MODALITÀ SISTEMA COSTRUTTIVO SISTEMA COSTRUTTIVO

Mantenimento della destinazione Mantenimento d'uso originale, della destinazione numero di d'uso abitanti originale, numero di abitanti dimensionato al taglio di appartamenti dimensionatocorrispondente al taglio di appartamenti al passo strutturale corrispondente al passo strutturale

Cambio di destinazione d'uso Cambio parziale di destinazione degli alloggi,d'uso rifusione parziale orizzontale degli alloggi, per rifusione orizzontale per commerciale, servizi, uffici,commerciale, al piano terra,servizi, residenza uffici,specialistiche al piano terra,all'ultimo residenza piano specialistiche all'ultimo piano

Cambio di destinazione d'uso Cambio totaledidegli destinazione alloggi, commerciale, d'uso totale degli alloggi, commerciale, servizi, uffici a tutti i piani con servizi, possibilità uffici a di tutti rifusione i piani con verticale possibilità di rifusione verticale

Mantenimento della destinazione Mantenimento d'uso originale, della destinazione d'uso originale, impossibilità di operare addizioni impossibilità o sottrazioni di operare volumetriche addizioni o sottrazioni volumetriche

Cambio di destinazione d'uso Cambio parziale di destinazione dei piani dell'edificio, d'uso parziale totaledei rifusione piani dell'edificio, orizzontale totale rifusione orizzontale per commerciale, servizi, uffici per commerciale, al piano terra,servizi, residenza ufficispecialistiche al piano terra,all'ultimo residenza piano specialistiche all'ultimo piano

Cambio di destinazione d'uso Cambio totaledidei destinazione piani dell'edificio, d'uso totale commerciale, dei piani dell'edificio, commerciale, servizi, uffici, a tutti i piani servizi, con possibilità uffici, a di tutti rifusione i piani con verticale possibilità di rifusione verticale

Mantenimento della destinazione Mantenimento d'uso originale della destinazione del lotto, d'uso originale del lotto, impossibilità di operare addizioni impossibilità o sottrazioni di operare volumetriche addizioni o sottrazioni volumetriche

Cambio di destinazione d'uso Cambio parziale di destinazione del lotto, totale d'uso rifusione parzialeorizzontale del lotto, totale rifusione orizzontale per commerciale, servizi uffici per commerciale, al primo livello,servizi residenza uffici specialistiche al primo livello,all'ultimo residenza livello specialistiche all'ultimo livello

Cambio di destinazione d'uso Cambio totaledidel destinazione lotto, commerciale, d'uso totale servizi, del lotto, commerciale, servizi, uffici, per tutti gli edifici, con uffici, possibilità per tuttidiglirifusione edifici, con verticale possibilità ed orizzontale di rifusione verticale ed orizzontale

Mantenimento della destinazione Mantenimento d'uso originale della destinazione del quartiere, d'uso originale del quartiere, impossibilità di operare trasformazioni impossibilitàsignificative di operare trasformazioni significative

Attraverso l’analisi delle modalità di trasformazione attraAttraverso l’analisi delle modalità di trasformazione attraverso il filtro del sistema costruttivo è possibile individuare verso il filtro del sistema costruttivo è possibile individuare i punti critici legati alla flessibilità degli edifici. Il primo fati punti critici legati alla flessibilità degli edifici. Il primo fattore discriminante è determinato dalle soluzioni strutturali tore discriminante è determinato dalle soluzioni strutturali adottate: le costruzioni in muratura portante, diffuse soadottate: le costruzioni in muratura portante, diffuse soprattutto nel periodo tra le due guerre, mostrano una limiprattutto nel periodo tra le due guerre, mostrano una limitata flessibilità; le strutture intelaiate in c.a. producono, in tata flessibilità; le strutture intelaiate in c.a. producono, in genere, un grado medio-alto di predisposizione alla tragenere, un grado medio-alto di predisposizione alla trasformazione; i sistemi industrializzati e prefabbricati, a sesformazione; i sistemi industrializzati e prefabbricati, a seconda delle diverse soluzioni, possono rivelarsi altamente conda delle diverse soluzioni, possono rivelarsi altamente trasformabili o, al contrario, fortemente rigidi. Una valutatrasformabili o, al contrario, fortemente rigidi. Una valutazione preliminare deve zione pertanto preliminare definire deve se, pertanto nella definidefinire se, nella definizione degli obiettivi zione generali degli della obiettivi riqualificazione, generali della la riqualificazione, la natura del sistema costruttivo presente si presta alla monatura del sistema costruttivo presente si presta alla modificazione delle attività residenziali, ovvero se è auspicadificazione delle attività residenziali, ovvero se è auspicabile, anche a livello dell’intero quartiere, la proposta di un bile, anche a livello dell’intero quartiere, la proposta di un cambio di destinazione d’uso. La rifunzionalizzazione può cambio di destinazione d’uso. La rifunzionalizzazione può essere adottata quale strategia anche su porzioni parziaessere adottata quale strategia anche su porzioni parzializzate della preesistenza, quali singoli edifici, piani o selizzate della preesistenza, quali singoli edifici, piani o sezioni degli edifici (rifusione zioni degli orizzontale edifici (rifusione o verticale), orizzontale o o verticale), o anche per singoli alloggi. La natura del sistema costruttianche per singoli alloggi. La natura del sistema costruttivo determina, inoltre, la possibilità di sottrarre o aggiunvo determina, inoltre, la possibilità di sottrarre o aggiungere volumetrie, con lo scopo di diradare impianti edilizi gere volumetrie, con lo scopo di diradare impianti edilizi eccessivamente densi eccessivamente o incrementarne densi di o troppo incrementarne radi. di troppo radi. Considerando la dimensione dei singoli alloggi, la possiConsiderando la dimensione dei singoli alloggi, la possibilità di modificarne il taglio dimensionale, ai fini di un adebilità di modificarne il taglio dimensionale, ai fini di un adeguamento alle richieste dell’utenza attuale, è strettamenguamento alle richieste dell’utenza attuale, è strettamente legata al passo strutturale preesistente e, soprattutto, te legata al passo strutturale preesistente e, soprattutto, alla flessibilità delle campate strutturali: in caso di sistemi alla flessibilità delle campate strutturali: in caso di sistemi portanti lineare la trasformabilità è vincolata all’apertura o portanti lineare la trasformabilità è vincolata all’apertura o chiusura di varchi per la riduzione o rifusione delle unità chiusura di varchi per la riduzione o rifusione delle unità abitative. Tale operazione si rende necessaria per portare abitative. Tale operazione si rende necessaria per portare la densità abitativa dei quartieri a livelli sostenibili, sia dal la densità abitativa dei quartieri a livelli sostenibili, sia dal punto di vista economico-gestionale, punto di vista economico-gestionale, sia per quanto sia per quanto riguarda casi di sovraffollamento degli edifici. riguarda casi di sovraffollamento degli edifici.

Cambio di destinazione d'uso Cambio parziale di destinazione del quartiere, d'uso immissione parziale del quartiere, immissione di nuove funzioni commerciali, di nuove servizi, funzioni uffici commerciali, all'interno di alcuni servizi,lotti uffici all'interno di alcuni lotti

Cambio di destinazione d'uso Cambio totaledidel destinazione quartiere d'uso totale del quartiere

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CITTÀ-QUARTIERE SOLUZIONE

MODALITÀ

QUARTIERE-LOTTO SOLUZIONE

BARRIERE NATURALI

realizzazione di nuova edificazione di raccordo eliminazione delle barriere

sistemazione altimetrica del terreno

realizzazione di nuova edificazione di raccordo eliminazione delle barriere

creazione di spazi di sosta

creazione di spazi di sosta riduzione della sezione stradale

SISTEMI DI COLLEGAMENTO NON GERARCHIZZATI

affiancamento di viabilità ciclabile

affiancamento di viabilità ciclabile

nuova edificazione

nuova edificazione

allargamento su spazio non edificato ampliamento della sezione stradale

demolizione parziale dell'edificato (attacco a terra) demolizione totale dell'edificato creazione di filtri naturali tramite piantumazione

separazione fra viabilità di diverso livello o fra viabilità e spazi di sosta

creazione di filtri verticali artificiali (dissuasori) creazione di isole spartitraffico o di marciapiedi

creazione di raccordi a raso su spazio non edificato creazione di raccordi tramite demolizione parziale dell'edificato

separazione fra viabilità di diverso livello o fra viabilità e spazi di sosta

creazione di filtri artificiali creazione di marciapiedi

connessione fra viabilità di diverso livello o fra viabilità e spazi di sosta

trasformazione di viabilità carrabile in pedonale creazione di viabilità pedonale su spazio non edificato

creazione o incremento di percorsi pedonali di collegamento con le fermate creazione di isole spartitraffico o di marciapiedi separazione fra percorsi di trasporto pubblico e viabilità privata

creazione di filtri verticali artificiali (dissuasori)

differenziazione di materiali separazione fra ambiti pubblici e privati

creazione di filtri verticali artificiali differenziazione delle quote di calpestio

rifunzionalizzazione spazi in eccesso SPAZI DI SOSTA NON ADEGUATI

creazione di filtri naturali tramite piantumazione

differenziazione delle quote di percorrenza fra le diverse viabilità

connessione fra viabilità di diverso livello o fra viabilità e spazi di sosta

CONNESSIONE PUBBLICO/PRIVATO

RELAZIONE NON EFFICACE CON GLI AMBITI CIRCOSTANTI

PROBLEMATICA

riduzione della sezione stradale

PERMEABILITÀ

sistemazione altimetrica del terreno

piantumazione

piantumazione

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MODALITÀ

rifunzionalizzazione spazi in eccesso parcheggi a raso perimetrali

parcheggi a raso

parcheggi a raso in lotti vuoti in posizioni strategiche creazione di nuovi parcheggi

creazione nuovi parcheggi

destinazione a parcheggio dei piani pilotis dell'intero lotto

parcheggi interrati interni al quartiere

parcheggi interrati

parcheggi multipiano

parcheggi multipiano

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LOTTO-EDIFICIO SOLUZIONE

MODALITÀ

EDIFICIO-ALLOGGIO SOLUZIONE

MODALITÀ

SISTEMI DI COLLEGAMENTO NON GERARCHIZZATI

eliminazione delle barriere

modificazione altimetrica del terreno realizzazione ascensori se mancanti

creazione o rafforzamento di viabilità pedonale

separazione fra spazi di sosta e accessi all'edificio

creazione di filtri verticali artificiali (dissuasori) creazione o ampliamento di marciapiedi differenziazione delle quote altimetriche creazione di percorsi pedonali

connessione fra spazi di sosta e accessi all'edificio

creazione di collegamenti verticali

realizzazione ascensori se mancanti connessione fra accessi all'edificio e alloggi

incremento collegamenti verticali trasformazione del sistema di distribuzione orizzontale (es. ballatoio - linea)

CONNESSIONE PUBBLICO/PRIVATO

RELAZIONE NON EFFICACE CON GLI AMBITI CIRCOSTANTI

PROBLEMATICA

BARRIERE NATURALI

realizzazione di nuova edificazione di raccordo

differenziazione di materiali separazione degli ambiti pubblici e privati

creazione di filtri verticali artificiali

differenziazione di materiali separazione degli ambiti pubblici e privati

differenziazione delle quote di calpestio rifunzionalizzazione spazi in eccesso

SPAZI DI SOSTA NON ADEGUATI

parcheggi a raso

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destinazione a parcheggio del piano pilotis creazione di nuovi parcheggi parcheggi interrati parcheggi multipiano

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QUARTIERE SOLUZIONE

MODALITÀ

LOTTO SOLUZIONE

parziale

VALORE ECCESSIVO

riduzione del volume edificato

cambio di destinazione d'uso totale

totale

diradamento su più lotti (demolizioni parziali)

diradamento (demolizioni parziali dell'edificato)

demolizione di più lotti (demolizione totale di edifici)

riduzione del volume edificato

parziale VALORE INSUFFICIENTE

INDICE DI DENSITÀ NON ADEGUATO

PROBLEMATICA

DENSITÀ

parziale cambio di destinazione d'uso

cambio di destinazione d'uso

incremento del volume edificato

parziale

totale

totale

densificazione parziale di più lotti (aumento di cubatura dell'edificato esistente)

densificazione parziale (aumento di cubatura dell'edificato esistente)

densificazione totale (realizzazione di volumi a saturazione di lotti liberi)

incremento del volume edificato

parziale

parziale

DI TIPO VISIVO

riduzione (dimensionale) o eliminazione (totale o parziale) di vani finestrati su fronti sfavorevoli

creazione di sistemi di filtro sugli edifici preesistenti

riduzione (dimensionale) o eliminazione (totale o parziale) di vani finestrati su fronti sfavorevoli inserimento di elementi naturali (piantumazione)

inserimento di pareti leggere di schermatura

inserimento di pareti leggere di schermatura (con elementi naturali o artificiali)

realizzazione di nuova edificazione di schermatura

creazione di sistemi di filtro autonomi

realizzazione di nuova edificazione di schermatura modificazione delle quote altimetriche del terreno

parziale

parziale cambio di destinazione d'uso

totale

creazione di sistemi di filtro autonomi

posizionamento di elementi di schermatura di facciata su fronti sfavorevoli

inserimento di elementi naturali (piantumazione)

cambio di destinazione d'uso DI TIPO ACUSTICO

PROSSIMITÀ DI ELEMENTI DI INQUINAMENTO

PROBLEMATICA

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posizionamento di elementi di schermatura di facciata su fronti sfavorevoli

totale

modificazione delle quote altimetriche del terreno

creazione di sistemi di filtro sugli edifici preesistenti

densificazione totale (realizzazione di volumi a saturazione di aree libere)

cambio di destinazione d'uso totale

creazione di sistemi di filtro autonomi

demolizione parziale (riduzione del numero degli edifici tramite demolizione)

cambio di destinazione d'uso

cambio di destinazione d'uso

creazione di sistemi di filtro sugli edifici preesistenti

MODALITÀ

riduzione di aperture su fronti sfavorevoli inserimento di pareti leggere di schermatura (con elementi naturali o artificiali) realizzazione di nuovi volumi di schermatura (servizi)

totale

creazione di sistemi di filtro sugli edifici preesistenti creazione di sistemi di filtro autonomi

riduzione di aperture su fronti sfavorevoli inserimento di pareti leggere di schermatura (con elementi naturali o artificiali) realizzazione di nuova edificazione di schermatura

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EDIFICIO SOLUZIONE

MODALITÀ

ALLOGGIO SOLUZIONE

VALORE ECCESSIVO

riduzione del numero di alloggi

parziale cambio di destinazione d'uso

totale

totale

sottrazione di campate

sottrazione di vani

sottrazione di piani

riduzione del numero di vani

frazionamento dell'alloggio in più unità abitative

aggregazione di alloggi parziale

VALORE INSUFFICIENTE

INDICE DI DENSITÀ NON ADEGUATO

PROBLEMATICA

parziale cambio di destinazione d'uso

MODALITÀ

cambio di destinazione d'uso

parziale cambio di destinazione d'uso

totale

totale

frazionamento totale o parziale di alloggi

incremento del numero di alloggi

incremento del numero di vani addizione di piani

fusione con altro alloggio

addizione di campate

addizione di vani

parziale cambio di destinazione d'uso

cambio di destinazione d'uso totale

ridistribuzione degli alloggi in funzione degli affacci

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DI TIPO VISIVO

ridistribuzione dell'alloggio in funzione degli affacci posizionamento di elementi di schermatura di facciata su fronti sfavorevoli riduzione (dimensionale) o eliminazione (totale o parziale) di vani finestrati su fronti sfavorevoli

creazione di sistemi di filtro sull'edificio preesistente

posizionamento di elementi di schermatura di facciata su fronti sfavorevoli riduzione (dimensionale) o eliminazione (totale o parziale) di vani finestrati su fronti sfavorevoli

inserimento di elementi naturali (piantumazione) creazione di sistemi di filtro autonomi

inserimento di pareti leggere di schermatura (con elementi naturali o artificiali) realizzazione di nuova edificazione di schermatura modificazione delle quote altimetriche del terreno

arretramento degli affacci dell'edificio

sottrazione parziale o totale di vani addizione di elementi aggettanti

arretramento degli affacci dell’edificio

sottrazione parziale o totale di vani addizione di elementi aggettanti

parziale cambio di destinazione d'uso DI TIPO ACUSTICO

PROSSIMITÀ DI ELEMENTI DI INQUINAMENTO

PROBLEMATICA

creazione di sistemi di filtro sull'edificio preesistente

totale

cambio di destinazione d'uso totale

totale ridistribuzione dell'alloggio in funzione degli affacci

creazione di sistemi di filtro sugli edifici preesistenti creazione di sistemi di filtro autonomi

riduzione di aperture su fronti sfavorevoli

creazione di sistemi di filtro sugli edifici preesistenti

riduzione di aperture su fronti sfavorevoli

inserimento di pareti leggere di schermatura (con elementi naturali o artificiali) realizzazione di nuova edificazione di schermatura

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QUARTIERE

AZIONI DISCRETE

adeguamento antisismico adeguamento antincendio adeguamento normativo

adeguamento normativo piantumazione arborea

AZIONI VISIBILI

realizzazione di nuova edificazione di raccordo

adeguamento antisismico adeguamento antincendio adeguamento normativo

superamento dislivelli

adeguamento normativo piantumazione arborea

addizione di parti di edifici

riduzione delle aperture sui fronti sfavorevoli incremento dei livelli di soleggiamento

demolizione parziale dell'edificato demolizione totale di edifici

RISPARMIO ENERGETICO AZIONI AZIONI DISCRETE VISIBILI

incremento della ventilazione

adeguamento normativo

demolizione parziale dell'edificato

riduzione dei livelli di soleggiamento

demolizione totale di edifici

schermatura delle facciate sfavorevoli addizione di parti di edifici addizione di edifici riduzione delle aperture sui fronti sfavorevoli

incremento dei livelli di soleggiamento

demolizione parziale dell'edificato demolizione totale di edifici riduzione delle aperture sui fronti sfavorevoli

incremento della ventilazione

AZIONI DISCRETE

AZIONI VISIBILI

addizione di edifici

riduzione delle aperture sui fronti sfavorevoli AZIONI CON IMPATTO ARCHITETTONICO

schermatura delle facciate sfavorevoli

realizzazione di nuova edificazione di raccordo

demolizione parziale dell'edificato demolizione totale di edifici

adeguamento normativo

AZIONI VISIBILI

riduzione dei livelli di soleggiamento

MODALITÀ

sistemazione altimetrica del terreno

AZIONI DISCRETE

AZIONI VISIBILI

superamento dislivelli

riduzione delle aperture sui fronti sfavorevoli

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SOLUZIONE

riduzione delle aperture sui fronti sfavorevoli

IGIENE

NON RISPONDENZA ALLA NORMATIVA

PROBLEMATICA

EFFICIENZA

MODALITÀ

sistemazione altimetrica del terreno

AZIONI DISCRETE

ACCESSIBILITÀ

AZIONI DISCRETE

SOLUZIONE

LOTTO

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EDIFICIO SOLUZIONE

ALLOGGIO

MODALITÀ

SOLUZIONE AZIONI DISCRETE AZIONI VISIBILI

adeguamento normativo

adeguamento antincendio

adeguamento normativo

adeguamento normativo

AZIONI VISIBILI

superamento dislivelli

realizzazione di ascensori ove non esistenti

adeguamento normativo riduzione delle aperture sui fronti sfavorevoli

AZIONI DISCRETE

realizzazione di nuova edificazione di raccordo adeguamento normativo riduzione delle aperture sui fronti sfavorevoli

riduzione dei livelli di soleggiamento

arretramento facciate esposte creazione di aggetti schermanti addizione di vani aumento delle aperture sui fronti sfavorevoli

incremento dei livelli di soleggiamento

sottrazione di campate sottrazione di vani aumento delle aperture sui fronti sfavorevoli

incremento della ventilazione

schermatura delle facciate sfavorevoli AZIONI CON IMPATTO ARCHITETTONICO

AZIONI CON IMPATTO ARCHITETTONICO

schermatura delle facciate sfavorevoli

IGIENE

NON RISPONDENZA ALLA NORMATIVA

PROBLEMATICA

adeguamento antincendio

adeguamento antisismico

sistemazione altimetrica del terreno

AZIONI DISCRETE

ACCESSIBILITÀ

AZIONI DISCRETE

adeguamento antisismico

inserimento di camini di ventilazione

riduzione dei livelli di soleggiamento

addizione di vani ampliamento dei vani finestrati sui fronti sfavorevoli incremento dei livelli di soleggiamento

ridistribuzione interna (da mono a doppio affaccio)

eliminazione ponti termici

arretramento facciata realizzazione di nuova facciata indipendente

AZIONI DISCRETE

realizzazione di parete "a cappotto"

ingrandimento vani finestrati sui fronti sfavorevoli apertura nuovi vani finestrati sui fronti sfavorevoli sottrazione di vani

AZIONI VISIBILI

AZIONI DISCRETE AZIONI VISIBILI

RISPARMIO ENERGETICO

adeguamento normativo

apertura nuovi vani finestrati sui fronti sfavorevoli sottrazione di vani

incremento della ventilazione

sottrazione di vani

arretramento facciate esposte creazione di aggetti schermanti

sottrazione di campate

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MODALITÀ

adeguamento normativo realizzazione di parete "a cappotto" eliminazione ponti termici

arretramento facciata realizzazione di nuova facciata indipendente

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Il secondo progetto

Strumenti per l’implementazione e la valutazione degli interventi

Come già accennato, in Italia la pratica della riqualificazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica soffre, rispetto al contesto europeo, di un notevole ritardo. In tutto il territorio nazionale soltanto pochi interventi sono andati oltre la semplice manutenzione o l’adeguamento impiantistico, legato questo prevalentemente all’accessibilità degli edifici. Tuttavia, con il progressivo invecchiamento dello stock edilizio e la necessità sempre più impellente, da parte delle pubbliche amministrazioni, di fare fronte alla domanda di alloggi sociali, cominciano a prendere forma le prime iniziative volte a proporre strategie per le campagne di trasformazione. Da parte di più enti di gestione si sta ragionando su quali siano gli strumenti urbanistici e finanziari che possono essere utilizzati per innescare il processo di riqualificazione con la partecipazione tecnica ed economica degli operatori privati. Il cosiddetto “Piano casa” (L. 133/2008, Piano nazionale di edilizia abitativa), che prevede la possibilità di aumento della superficie residenziale, si presenta come un possibile strumento di densificazione dei quartieri, capace di offrire agli operatori privati la prospettiva di ritorno economico necessaria per il loro coinvolgimento. Tuttavia, sebbene la modificazione apportata dall’aumento degli spazi residenziali, con la realizzazione di nuove superfici residenziali che possono essere ragionevolmente ubicate in parti sottoutilizzate dei complessi, rappresenti senz’altro un importante volano per la trasformazione, va osservato come uno dei più consistenti limiti del “Piano casa” risieda proprio nel suo essere riferito alla sola sfera dei volumi edilizi. La ri-

qualificazione dei complessi residenziali richiede al contrario un approccio trasversale, che consideri spazi pubblici, edifici e ambiti privati come parti inscindibilmente collegate: impostazione questa che il “Piano casa” non sembra essere in grado di sostenere. Data la complessità e la trasversalità dei temi che interessano la riqualificazione dei quartieri residenziali, appare necessario, per governare tale operazioni, immaginare degli strumenti adeguati, capaci di condensare in documenti sintetici le molteplici e diversificate esigenze dei vari attori coinvolti: enti di gestione, amministrazioni pubbliche, abitanti ed operatori privati. Nel caso dello sviluppo di nuovi quartieri residenziali, in alcuni contesti europei sono stati adoperati strumenti di governance avanzata quali codici di pratica o linee guida 27: a fronte dell’investimento iniziale, che richiede soprattutto uno sforzo di coordinamento tra gli attori, si può giungere alla definizione di un sistema di regole condivise in partenza, tali da facilitare, successivamente, lo svolgimento dell’iter di trasformazione. Una possibile strada da percorrere da parte delle agenzie per la gestione del patrimonio residenziale pubblico potrebbe pertanto consistere nel dotarsi di un codice di pratica, elaborato sulla base delle effettive e specifiche criticità riscontrabili sullo stock edilizio a livello locale. Un documento di questo generepuò fornire indicazioni di carattere progettuale e stabilire, al contempo, anche adeguati criteri per la verifica delle proposte, delle modalità di esecuzione, nonché di assessment dei risultati conseguiti, configurandosi quindi come allegato tecnico ai diversi strumenti di attuazione. Emerge, rispetto a questa proposta, un tema importante, ovvero quello della “misurabilità” della qualità del progetto urbano e ar-

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Federico De Matteis

chitettonico. Se da un lato le componenti espressive non possono che rimanere soggette al giudizio individuale, è tuttavia possibile individuare almeno una base fondante di punti cardine legati all’efficacia del progetto, alla sua capacità di risolvere i problemi e le criticità sulla base dei quali è stato prodotto. Tuttavia, benché siano ormai abbondanti i protocolli di valutazione della qualità capaci di misurare la sostenibilità energetica e ambientale degli edifici, ben poche proposte innovative si possono riscontrare sul piano dei sistemi che hanno interesse a delineare un più completo quadro della qualità architettonica e urbana 28. In sintesi, la possibilità di valutare effettivamente l’efficacia di un intervento di trasformazione non può che essere distribuita su tutte le fasi del processo, con una quota significativa riservata per la post-occupancy evaluation. La sedimentazione di esperienze realizzate potrà, col tempo, portare alla formazione di un repertorio di buone pratiche rispetto alle quali orientare gli interventi; tuttavia, dato il carattere ancora fortemente sperimentale di questo settore operativo nel contesto italiano, non è ad oggi disponibile un accumulo di conoscenze già implementate.

Abstract The second project. Methods and strategies for the renovation of public housing. This essay serves as an executive summary of the entire research project, providing a step-by-step recapitulation of all the central topics which have been developed. The relevant potentialities in terms of urban space qualities of the public housing areas are analyzed, in terms of city image, cultural heritage, as well as for

their economic value. Although a significant role in the renovation of these neighborhoods is played by non-architectural factors such as social inclusion, the importance of spatial transformation is discussed both in relation to other disciplines and in terms of stand-alone interventions. Analytical methods are reviewed, including spatial analysis, subjective and objective analysis, the pinpointing of distributed vs. concentrated criticalities, and the relationship between analysis and project within the design process. The role of the urban and architectural project is defined, both in terms of potentialities and of shortcomings. Importance of general vs. local issues, and the way they intersect within the design process is analyzed. The different “fields” of transformation and their various peculiarities are discussed: the territorial level, where public housing neighborhoods connect to the surrounding urbanization and to existing ecological networks; the neighborhood’s urban space, in particular the redesign of collective spaces; the boundaries between public and private spaces, and the connections between them; the internal spaces of buildings, in particular relating to the renovation of the individual residential units; finally the building shell, in terms of sustainability and architectural configuration. Three distinct modes of intervention are highlighted: correction, where the new intervention totally or partially substitutes the existing situation, without establishing a dialectic relationship with it; palimpsest, where the new architectural objects are added as a collateral system in relation to the existing spaces; and finally modification, implying an intervention on material or immaterial aspects, where existing objects are critically transformed with or without adding new built volumes. A working methodology intended to guide the entire transformation project from the analytical to the design stages is proposed. The main aim is that of sectioning the synthetic, general character of the architectural designs into a set of simple, primary transformative actions, to be used for both analytical and design purposes. In conclusion, governance and assessment tools are discussed, proposing possible strategies for the implementation of transformative actions.

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Il secondo progetto

Note È la “diga insicura” rappresentata da Corviale nell’interpretazione datane da Manfredo Tafuri. Cfr. TAFURI M., Diga insicura, sub tegmine fagi… (Mario Fiorentino), in “Domus”, 1981, 617, pp. 22-26.

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ni ed architettonici originali frequentemente impedisce di individuare un adeguato equilibrio tra azioni di trasformazione e mantenimento della consistenza originale. Si veda in proposito SALVO S., Quartieri al bivio, infra. Sulla scorta delle riflessioni proposte dalla Salvo, si potrebbe argomentare che la condizione intermedia rappresentata da molti quartieri di edilizia residenziale pubblica in Italia richiederà, nel prossimo futuro, una reale convergenza disciplinare tra la pratica del progetto architettonico e la conservazione.

2 Cfr. CARMONA M., Decoding design coding, in F. De Matteis, C. Clemente (a cura di), Housing for Europe, Roma, DEI, 2010, pp. 13-14.

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Cfr. PAVARINI S., Il terzo luogo. Appunti per un primo approccio ai luoghi del Crossover e del Dono, in “Hortus”, 2011, 46.

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Cfr. i progetti di riqualificazione di edilizia sociale nella ex Repubblica Democratica Tedesca, illustrati in PUCCINI E., Dallo Zeilenbau alle Stadtvillen, interventi di riqualificazione in Germania, infra.

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5 Il testo classico di N.J. Habraken Strutture per una residenza alternativa, pubblicato per la prima volta in italiano nel 1974, propone come sistema “alternativo” alla residenza di massa la realizzazione di “supporti” a cura dell’operatore pubblico che avrebbero dovuto poi essere “completati” tramite l’intervento spontaneo e fortemente diversificato dei singoli, garantendo pertanto la possibilità di diversificare la stratificazione urbana a seconda delle esigenze dei gruppi di utenti. Cfr. HABRAKEN N.J., De Dragers en de Mensen. Het einde van de massa Woningbouw, Amsterdam, Scheltema & Holkema, 1961 (trad. it. Strutture per una residenza alternativa, Milano, Il Saggiatore, 1973). 6

Cfr. RELLA F., Pensare per figure, Roma, Fazi, 2004, p. 86 e seguenti.

Cfr. SIGNORELLI A., Antropologia urbana, Milano, Guerini Studio, 1996, pp. 133-151; REALE L., Sulla ricerca interdisciplinare. Note a margine dell’ incontro con Amalia Signorelli, in “Hortus”, 2011, 42.

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Questa condizione “liminare” nella quale si trovano molti quartieri residenziali sorti nel Novecento in Italia, sospesi tra uno status di “monumento” e, al contrario, il mancato riconoscimento del loro valore testimoniale, causa una loro intrinseca “fragilità”, poiché l’assenza di forme di tutela dei caratteri urba-

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Cfr. DE MATTEIS F., L’orgoglio dell’architetto, o del metodo nella progettazione, “Hortus”, 2011, 40.

Si segnalano, fra gli altri: ZAJCZYK F., MUGNANO S., PALVARINI P., Large Housing Estates in Milan, Italy. Opinions of residents on recent developments, Utrecht, Urban and Regional research centre, Faculty of Geosciences, Utrecht University, 2005; GARCÍA L., TAPADA M.T., Communities in transition; Dynamics of adaptation in an urban restructuring process, www.restate.geog.uu.nl/ results/iceland.doc; KABISCH S., GROßMANN K., Grünau 2009. Einwohnerbefragung im Rahmen der Intervallstudie “Wohnen und Leben in LeipzigGrünau”, Lipsia, Helmholtz Zentrum für Umweltforschung, 2009. Cfr. RIJTANO L., Il Quarticciolo e il piano delle Borgate. Urbanistica e casa popolare negli ultimi anni della Roma Fascista, infra; CIANFARANI F., Costruzione e rappresentazione nel Quarticciolo. L’architettura come simulazione della città, infra.

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Cfr. CERRINI F., Complesso IACP Villa Adriana, Tivoli. Caratteri e storia del progetto: la ricerca di una dimensione urbana, infra.

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Il tema della riconnessione della rete ecologica del fiume Oreto è al centro delle proposte di riqualificazione del quartiere INA-Casa “Borgo Ulivia” a Palermo, uno dei casi di studio della presente ricerca. V. infra.

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Fra i testi “classici” che promuovono la tesi della città come sistema complesso possiamo citare JACOBS J., The Death and Life of Great American Cities, New York, Random House, 1961 (trad. it. Vita e morte delle grandi città, Torino, Einaudi, 1969); CULLEN G., Townscape, New York, Reinhold, 1961 (trad. it. Il paesaggio urbano, Bologna, Calderini, 1976); GEHL J., Livet mellem husene,

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Copenaghen, Arkitektens Forlag, 1971 (trad. it. Vita in città, Rimini, Maggioli, 1991); CARMONA M. et al., Public Places, Urban Spaces, Oxford, Architectural Press, 2003. Nel periodo 1971-2001, la dimensione media del nucleo familiare in Italia è calata da 3,35 a 2,59 persone; la percentuale di nuclei monopersonali è salita dal 13,2 al 25,7%; il tasso di occupazione femminile è cresciuto dal 25,2 al 33,8% (Fonte: ISTAT). Tutti questi fenomeni concorrono ad un differente utilizzo sia dello spazio domestico privato sia di quello collettivo, nonché alla situazione di sostanziale “spopolamento” di molti quartieri di edilizia residenziale pubblica, che ospitano oggi soltanto una frazione degli abitanti originariamente previsti nei piani.

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Cfr. MAGGINI C., Strategie di riqualificazione degli spazi pubblici, infra.

Cfr. COSTANZO M., L’architettura del dopoguerra in Italia e la realizzazione di Vigne Nuove, infra. 17

Entrambe queste soluzioni sono state adoperate nel progetto vincitore del concorso per la riqualificazione del Piano di zona “Tiburtino III” a Roma, esperimento pilota dell’ATER per il recupero di un quartiere di edilizia residenziale pubblica. Cfr. REALE L., Dalla rimozione alla rigenerazione. Strategie di recupero dell’edilizia residenziale pubblica in Europa, infra.

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Per una proposta di carattere metodologico per la trasformazione degli alloggi, sperimentata sul caso di studio del Quarticciolo, ma potenzialmente estensibile ad una buona parte dei quartieri risalenti al periodo tra le due Guerre, si veda ARREDI M.P., PORQUEDDU L., Il nuovo progetto abitativo del Quarticciolo. Riassetto dimensionale e distributivo degli alloggi, infra.

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Fra le molte reti di ricerca che hanno affrontato l’argomento, si possono citare, per l’aspetto energetico, i progetti SuRE-FIT (www.sure-fit.eu, 20072009) nell’ambito del programma Intelligent Energy Europe e Tackobst (www.tackobst.eu 2007-2009) nel programma SAVE, mentre per gli aspetti di inclusione sociale il progetto RESTATE, sviluppato tra il 2002 ed il 2005 nel 5° Programma quadro con il coordinamento dell’Università di Utrecht (www.restate.geog.uu.nl).

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Va rilevato che alcune tipologie di intervento di larga diffusione, quali ad esempio la realizzazione dell’isolamento esterno “a cappotto”, possono produrre, attraverso il solo aumento degli spessori dell’involucro esterno, notevoli modificazioni sull’aspetto degli edifici. Meno critici sono invece gli interventi sulle coperture, dove l’incremento dimensionale del pacchetto isolante può essere agevolmente dissimulato negli spessori costruiti esistenti

21

Cfr. MALIGHETTI M.L., Recupero edilizio e sostenibilità. Il contributo delle tecnologie bioclimatiche alla riqualificazione funzionale degli edifici residenziali collettivi, Milano, Il Sole 24 Ore, 2004; CIVIERO P., Sustainable recovery approach to the existing housing stock in Italy, in L. Braganca (a cura di), Portugal SB07. Sustainable Construction, Materials and Practices, vol. 1, Amsterdam, IOS Press, 2007, pp. 265-272.

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Cfr. GIANCOTTI A., Trasformare l’ involucro. Conservazione e riscrittura dell’ immagine nel patrimonio dell’edilizia residenziale pubblica, infra.

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24 Cfr. COSTANZO M., L’architettura del dopoguerra in Italia e la realizzazione di Vigne Nuove, infra; CARDELLICCHIO L., Architettura e assemblaggio. “La logica del dettaglio” nell’esperienza di Piombino, infra.

Cfr. DE MATTEIS F., Architettura in trasformazione. Problemi critici del progetto sull’esistente, Milano, Franco Angeli, 2009.

25

Gli aspetti legati al binomio Linguaggio e forma non sono stati ulteriormente sviluppati, in considerazione del ben più ampio grado di soggettività che tali operazioni comportano. Rimane valida la sequenza logica che consente di collegare gli aspetti di criticità alle differenti scale ad azioni elementari di trasformazione.

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27 Cfr. CARMONA M., Decoding design coding, in F. De Matteis, C. Clemente (a cura di), Housing Europe, Roma, DEI, 2010, pp. 13-43; TODARO B., Codice di pratica per la progettazione. Cultura tecnica e programmazione di sistema per i Piani di zona, in “Edilizia popolare”, 2010, 284-285, pp. 194-200.

Cfr. DE MATTEIS F., Housing Europe. A roadmap for the definition of quality in residential building, in F. De Matteis, C. Clemente (a cura di), op. cit., pp. 45-70.

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Bibliografia BENVENUTO R., MASIERO R., Sull’utilità e il danno della conservazione per il progetto, in “Casabella”, 1991, 579, pp. 39-41. CAMERA DI COMMERCIO ROMA, Abitare la periferia. L’esperienza delle 167 a Roma, Roma, Camera di Commercio, 2007. CANIGLIA RISPOLI C., SIGNORELLI A. (a cura di), La ricerca interdisciplinare tra antropologia urbana e urbanistica, Milano, Guerini Scientifica, 2008. CARMONA M. et al., Public places, urban spaces, Oxford, Architectural Press, 2003. CHERMAYEFF S., ALEXANDER C., Spazio di relazione e spazio privato, Milano, Il Saggiatore, 1968. CLEMENTE C., DE MATTEIS F. (a cura di), Housing for Europe, Roma, DEI, 2010.

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DE MATTEIS F. (a cura di), Good green safe affordable housing, Padova, Ipetesto, 2008. DE MATTEIS F., Architettura in trasformazione. Problemi critici del progetto sull’esistente, Milano, Franco Angeli, 2009. DI BIAGI P. (a cura di), Città pubbliche. Linee guida per la riqualificazione urbana, Milano, Bruno Mondadori, 2009. DI BIAGI P., La città pubblica. Edilizia sociale e riqualificazione urbana a Torino, Torino, Allemandi, 2008. DRUOT F., LACATON A., VASSAL J.P., Plus: la vivienda colectiva, territorio de excepciòn, Barcellona, G. Gili, 2007.

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TAFURI M., Storia dell’architettura italiana 1944-1985, Torino, Einaudi, 1986.

Il presente testo rappresenta, in parte, una sintesi delle tematiche emerse dal confronto tra le differenti unità di ricerca partecipanti al progetto PRIN 2007, sviluppato tra il 2008 ed il 2012. Si intende pertanto ringraziare tutte le persone che hanno contribuito, a diverso titolo, a questo fertile confronto. In particolare, le matrici metodologiche sono state elaborate insieme agli architetti Manuela Pattarini, Eliana Sulpizi (Contesto e misura), Luca Arcangeli e Francesco Cianfarani (Tipo e costruzione).

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