barbara cammarata selected works 2015-2016
FEEL WHAT I FEEL
Contents:
I. II. III. IV. V. VI. VII.
Introduzione Bed...................................p. 10 Lo studio.........................p. 14 L'allestimento................p. 20 La Mostra.......................p. 24 Tovaglioli........................p. 28 Disegni............................p. 34 Fotografie.......................p. 40
I n trod u zi on e
“Feel What I feel” nasce nel 2014, nella realizzazione del progetto sono stati utilizzati pezzi del corredo personale donato dalla madre dell'artista nel 2011, per realizzare “Bed” sono state coinvolte numerose persone per la durata di due mesi ed utilizzati circa 300.000 spilli. La base della ricerca artistica di questo progetto rivela un particolare interesse nei confronti dei concetti di appartenenza e di identità culturale, che nelle installazioni vengono analizzate e osservate nell'interazione tra un soggetto e oggetto, modificando quest'ultimo ed innescando un processo di mutamento, attraverso il quale è possibile rileggere l’oggetto in questione e dando allo spettatore una molteplicità di interpretazioni e la FEEL WHAT I FEEL
possibilità d’interagire, mettendo in discussione le percezioni di comprensione comuni. Parte della ricerca trova interesse nelle ricamatrici di Santa Caterina Villarmosa, provincia siciliana nota per la grande tradizione nell'arte del ricamo. Tale tradizione contiene/appartiene ad una categoria culturale ben definita. Per la realizzazione del pezzo “Bed” l'artista ha pubblicato una open call rivolta a tutti, spiegando le necessità nella costruzione del lavoro, ed invitando i volontari nel suo studio. Circa 50 tra donne ed uomini si sono alternati in momenti differenti, alcuni ha potuto incontrarli, osservarli e documentarli. Ha dedicato gran parte del suo lavoro di ricerca sul concetto di appartenenza e di identità culturale, osservarsi in quanto
donna, in quanto straniera, lontana dalla propria culla le ha permesso di vedere oltre i propri limiti culturali. “Parlare di identità culturale è un discorso piuttosto ampio e ben diverso dal concetto di identità in genere, identità culturale mette in discussione moltissimi elementi come il luogo, il genere, la razza,la nazionalità, l'orientamento sessuale, il credo religioso, l'etnicità..... La cultura non è qualcosa che gli individui posseggono, piuttosto è un processo sociale in cui gli individui partecipano innescando un processo di mutamento.” L'opera è stata installata all'interno dello spazio XL presso Farm Cultural Park di Favara in occasione del quinto anniversario.
4
"Se il valore dell'arte deve essere pensato c comprendere che l'arte è sempre e incessant
come presa di coscienza. è dunque possibile temente oggetto di discussione".
I. Bed Rientrai da Brighton nel 2011, mia madre mi consegnò parte del corredo che mi comprò quando ero ancora
9 FEEL WHAT I FEEL
bambina. Ricordo di essermi trovata in mano tovaglie e lenzuoli molto belli, a poco a poco mi diede altre tovaglie e tovaglioli di diversi materiali, diversa fattura, diversa dimensione, tutti
ricamati a mano, erano per me oggetti che non possedevano un valore reale, ma un valore potenziale. Mia madre li pagò con delle cambiali, ad un certo signor Poma. Ero realmente incapace di
comprendere quale logica che portasse mia madre a spendere per questi oggetti una cifra superiore a quanto realmente potesse permettersi. Mi interrogai su cosa potessero raccontare quei pezzi di stoffa se fossero stati in grado di farlo. Cominciai una ricerca sul ricamo e sulle radici di questa tradizione che mi portò inevitabilmente alla vicina tradizione delle ricamatrici di Santa Caterina Villarmosa di cui di non sono riuscita a trovare molta documentazione scritta ma moltissima orale. Risalii alle sorelle Rotondo, che avevano dato vita negli anni 70 ad una lega che rivendicava i diritti delle giovanissime ricamatrice, le quali vivevano una condizione
di sfruttamento. Riuscii attraverso conoscenze varie a trovare il numero di telefono delle sorelle, le chiamai e spiegai loro che ero un'artista e che stavo facendo una ricerca su di loro, chiesi anche di poterle incontrare ma si rifiutarono. Successivamente grazie ad un amico incontrai una persona di Santa Caterina che aveva svolto la sua
tesi di laurea sulle ricamatrici del suo paese, una tesi sociologica, ricca di indagini e di tabelle statistiche, di particolare interesse furono per me alcuni dati riguardanti perlopiù l'età e le condizioni culturali delle ricamatrici, infatti molte ricamatrici smettevano di essere produttive già a l'età di 22 anni a causa dell'indebolimento della 10
vista e il titolo di studio che la maggior parte di loro possedeva era riconducibile alla scuola elementare e nubili. Dalle ricerche effettuate non era loro concesso continuare l'istruzione perchè avrebbero dovuto prendere in considerazione la possibilità di lasciare il paese per gli studi.
all'es sere donna. Mi domand ai quali storie ci potesser o essere dietro una tovaglia ricamata, considerando le ore di lavoro che occorrono. Nel mio lavoro sono stata molto spesso interessata alla sfera di abuso, da differenti punti di vista, da quello fisico a quello mentale, e di quest'ultimo in particolare correlato al concetto di senso di colpa appartenente alla cultura cattolica.
Mi sono sempre interessata alla condizione di silenzio imposto all'interno delle mure domestiche, una condizione riconducibile
Nel 2014 iniziai a lavorare su dei pezzi piccoli, inizialmente mi limitai a disegnaci su ed applicare elementi, come fotografie o piccole reliquie religiose
appartenenti alla mia famiglia, cercando di capirne il senso. Successivamente passai all'uso degli spilli, cercavo un elemento che potesse entrare in relazione con il corpo e lo spettatore e lo rendesse attore. Uno spillo di per sĂŠ non ha un peso rilevante ma un numero elevato di questi acquisisce una consistenza differente. Mi accorsi come uno spillo al tatto potesse essere pungente e fastidioso ma a sua volta irrilevante per le sue dimensioni e come al contrario, migliaia di spilli potessero risulttare piacevoli al tatto ma a loro volta costituire una massa di un notevole peso, peso che io tradussi come il peso della cultura di appartenenza.
II. Lo studio Nel marzo 2015 lanciai una call pubblica, attraverso l'utilizzo dei social network, in cui invitavo artisti e non a collaborre all'interno del mio studio, avevo
13 FEEL WHAT I FEEL
bisogno di volontari e allo stesso volevo ricostruire una situazione simile a quella originaria in cui spesso i ricami venivano eseguiti, in gruppi, anche se al tempo i gruppi erano di sole donne, comunque
una forma di aggregazione dettata dal bisogno. Si alternarono uomini e donne per circa 2 mesi, s'incontrarono e si relazionarono inizialmente con me ed il lavoro da eseguire, poi affidai il lavoro nelle mani di 2 assistenti che si impegnarono ad aprire lo studio tutti i giorni, la mia presenza è avvenuta il primo giorno in cui li incontrai e presentai il mio lavoro e dopo solo per pochi giorni durante la settimana, durante i quali mi interessai in particolar modo al loro modo di relazionarsi l'uno a gli altri e soprattutto con il lavoro. Spesso il mio lavoro assume come interesse
teorico la sfera delle relazioni umane e il loro contesto sociale, Considerai il loro relazionarsi parte del lavoro artistico. Nessuno di loro ebbe particolari difficoltà ad entrare in sintonia con il lavoro aristico anche non comprendendo al 100x100 a cosa stavano lavorando, credo fermamente che ciò sia dovuto al fatto che si siano potuti identificare con un oggetto appartenente alla loro
cultura di appartenenza, quindi un oggetto conosciuto, familiare; l'elemento aggregativo ritengo abbia contribuito alla loro assidua presenza, li ho visti arrivare molto diffidenti e riservati ma tutto ciò si trasformò in una tavola di racconti intimi legati ad esperienze familiari e traumatiche, quasi che il lavoro ripetitivo ossessivo dell'inserire migliaia di spilli in un lenzuolo abbia svolto 14
15 FEEL WHAT I FEEL
una funzione terapeutica, aiutandoli a ricordare e parlare. Avrei potuto filmare gli incontri ma ho preferito avere solo una documentazione fotografica per avere maggiore rispetto delle loro conversazioni. Mi sono limitata ad ascoltare, e ciò ha innescato un
16
meccanismo peculiare, sono stata contattata privatamente da quasi tutti gli assidui volontari, dico quasi perchè molti dei volontari non gli ho mai incontrati, i quali hanno confidato ciò che
17 FEEL WHAT I FEEL
solitamente è difficile da raccontare a qualcuno. Per la realizzazione del lavoro chiamato “bed” sono stati utilizzati circa 300.000 spilli, quantità di difficile reperibilità.
Un grazie va a tutti coloro che hanno impiegato il loro tempo alla realizzazione del lavoro.
18
III. L'allestimento
FARM CULTURAL PARK Cortile Bentivegna, Favara Giugno 2015 Solo Per Gente Comune Show Spazio XL 19 FEEL WHAT I FEEL
20
21 FEEL WHAT I FEEL
22
IV. La mostra
23 FEEL WHAT I FEEL
24
25 FEEL WHAT I FEEL
26
V. Tovaglioli
Love you so much Embroidered napkins
40x40 cm 2015
27 FEEL WHAT I FEEL
Origin of a need Embroidered napkins
40x40 cm 2015
28
I'm fragile, Fuck me hard Embroidered napkins
40x40 cm 2015
29 FEEL WHAT I FEEL
Desire Embroidered napkins
40x40 cm 2015
30
Legami Embroidered napkins
40x40 cm 2015
31 FEEL WHAT I FEEL
What did go wrong Embroidered napkins
40x40 cm 2015
32
VI. Disegni
33 FEEL WHAT I FEEL
34
35 FEEL WHAT I FEEL
36
37 FEEL WHAT I FEEL
38
VI. Fotografie
39 FEEL WHAT I FEEL
1. Svestizione
40
41 FEEL WHAT I FEEL
2. Il corpo coperto
42
43 FEEL WHAT I FEEL
3. Masturbazione coperta
44
45 FEEL WHAT I FEEL
4. Pensieri pungenti
46
5. Masturbazione vs estasi
47 FEEL WHAT I FEEL
48
created by happydesignstudio