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di Elisa Cosaro medico di Medicina generale
Il medico risponde
Elisa Cosaro, medico di Medicina generale
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Con l’abbassamento autunnale delle temperature diventano frequenti i casi di malanni di stagione, dalle più lievi sindromi simil-influenzali, caratterizzate da malessere, febbre, tosse, raffreddore e mal di gola, ai quadri clinici più impegnativi della bronchite e della polmonite. Queste ultime, necessariamente, di precipua gestione medica.
Nella maggior parte dei casi, fortunatamente, si tratta di affezioni che riguardano le alte vie respiratorie e che vanno identificate e gestite in modo adeguato, soprattutto in epoca di pandemia da Covid19. Le vie aeree superiori del nostro organismo, normalmente, sono in grado di opporre una buona difesa nei confronti degli agenti esterni attraverso una serie di meccanismi di barriera, fra cui un rivestimento di ciglia vibratili e la produzione di muco in grado di intrappolare gli agenti esterni nocivi (germi, polveri, particelle di varia natura) e di veicolarli all’esterno del corpo. La riduzione delle temperature ambientali durante la stagione fredda viene spesso imputata come causa principale di queste forme di malessere, ma è davvero così? Ad oggi nessuno studio clinico ha correlato il freddo esterno con una maggior incidenza di forme simil-influenzali e di altri tipi di affezioni stagionali, sebbene le temperature molto ridotte possano in una certa quota debilitare il nostro organismo. Fra i fattori causali più comuni vanno considerati, invece, gli ambienti chiusi poco areati, gli sbalzi termici, il riscaldamento artificiale ed il sovraffollamento, tutti aspetti che favoriscono la proliferazione dei germi più comunemente causa di questi quadri clinici. In particolare, l’aria secca svolgerebbe un ruolo di disseccamento delle mucose delle vie aeree che sarebbero meno efficienti nella produzione di muco e, conseguentemente, meno protette. In queste condizioni i virus, causa del 90% di queste forme infettive, sopravvivono più facilmente e possono diffondersi sia per via diretta, da persona a persona, sia indirettamente tramite la contaminazione delle superfici degli oggetti con si entra in contatto. Per questo motivo, come abbiamo ampiamente imparato e reso automatico nel periodo pandemico, i semplici e classici accorgimenti di lavaggio delle mani e copertura della bocca e del naso nel momento della tosse e degli starnuti, molto possono fare per limitare la diffusività delle forme infettive stagionali. Anche l’arieggiamento delle stanze, l’umidificazione delle stesse e l’igiene delle superfici sono fondamentali. Cosa fare quando l’infezione è in atto? È importante ricordare che gli agenti infettivi in grado di determinare un’infezione delle alte vie aeree, come ricordato, sono i virus (di gran lunga la causa più comune) ed i batteri. Le forme cliniche di queste
Benvenuto autunno! Piccola guida ai malanni di stagione di Elisa Cosaro, medico di Medicina generale
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patologie comprendono tutto quel corteo di sintomi che nel linguaggio quotidiano definiamo “influenza”: febbre, anche piuttosto elevata (può raggiungere e superare i 39°C!), intense artromialgie diffuse (sensazione di “ossa rotte”), raffreddore, cefalea, mal di gola, tosse, talvolta secca, altre volte catarrale e sintomi gastrointestinali. Solo il vostro medico potrà indicarvi e discernere con maggior probabilità fra la causa virale e quella batterica, ma, soprattutto in fase iniziale, è consigliato utilizzare degli accorgimenti generali e dei farmaci sintomatici: riposo, abbondante idratazione, dieta leggera, farmaci antipiretici e/o antiinfiammatori e farmaci sintomatici “da banco” per poter alleviare le manifestazioni cliniche più fastidiose. Va rimarcato che anche la febbre svolge un importante ruolo nella eliminazione degli agenti infettivi, pertanto, in assenza di situazioni di fragilità (per età e/o patologie concomitanti), la febbre può essere ben tollerata dagli adulti sani. Gli antibiotici, invece, non hanno alcun ruolo nell’eliminazione degli agenti infettivi virali, semplicemente perché sono creati per eliminare i batteri, non i virus! Il fatto che, apparentemente, l’assunzione dell’antibiotico porti a guarigione del quadro clinico in circa 72 ore è da ascrivere non tanto all’effetto del farmaco, quanto piuttosto al fatto che normalmente la fase acuta delle infezioni virali dura di per sé 3-4 giorni e poi va a migliorare progressivamente e spontaneamente. Vi sono, infine, i casi particolari di soggetti fragili per loro natura (bambini molto piccoli o anziani) o per patologia, che meritano sempre un contatto con il medico e per i quali talvolta, anche nella consapevolezza dell’infezione virale in atto, vengono prescritti gli antibiotici. In questi casi la somministrazione viene decisa per impedire una sovrainfezione batterica, cioè un’ulteriore infezione, questa volta causata da batteri, facilitata da un sistema immunitario e da un organismo più delicati, meno in grado di difendersi, che potrebbe determinare forme gravi di infezioni disseminate (setticemie). In conclusione, quindi, per la maggior parte delle persone in buona salute, sentito il medico di Medicina generale per l’opportuna valutazione del caso specifico, concediamoci il “lusso” di poter star male per qualche giorno, aiutando il nostro organismo a superare l’infezione in modo adeguato e razionale e, per quanto riguarda l’influenza vera e propria, vacciniamoci. ●
Ricordiamo a tutti i donatori che è possibile recarsi ai centri raccolta sangue soltanto indossando la mascherina chirurgica. La mascherina personalizzata Fidas Vicenza potrà essere utilizzata in sicurezza in tutte le altre circostanze.