fanzine nr.7 – sampdoria-lazio

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LE BELLE STORIE SI RIPETONO SEMPRE

È sempre così, le belle storie si ripetono. Anche quest’anno, come da tanto tempo accade, un giovane e vigoroso marinaio del ’46 ha agguantato il suo piccione “Maleingraiato” preferito e ha rinnovato il destino di vita grama al quale il pennuto è legato da tutta una vita. Questa volta l’amaro calice è stato offerto al “bobolo”, già al terzo minuto, da un signore che veniva deriso proprio per la sua passione per i calici e che, dopo essersi “bevuto” i difensori del piccione, ha insaccato davanti ai loro occhi, facendoci brindare a champagne. Più indigesto dello scudetto ’24-’25 e più velenoso di un autogoal sotto la nord, nel secondo tempo è arrivato anche il colpo di grazia, scatenando i consueti piagnistei tipici dei perdenti: il rigore non c’era, l’arbitro ci ha arbitrato contro…e così via, senza ricordare tuttavia che Audero, per tutta la partita, aveva anticipato all’interno della propria area la grigliata di pasquetta, godendosi la partita da spettatore non pagante. A tutto questo va aggiunto che anche sugli spalti non c’è stata partita, perché al loro consueto teatrino visto e rivisto, la Sud ha risposto con un ritorno al passato, tornando a fare una sciarpata degna della parte più bella degli anni 80, quando il tifo era un valore per chiunque andasse allo stadio. Una cosa semplice, ma di una forza cromatica unica. In passato la sciarpa era indumento strettamente necessario per chi andava allo stadio; c’era chi ne aveva addirittura due, una al collo e l’altra legata alla gamba o in vita. Questo dovrebbe far riflettere tutti, perché da un po’ di anni le sciarpe non sembrano rientrare più nell’etichetta da stadio. Tanta gente, anche in Sud, non la porta più e spesso non porta addosso nulla con i colori più belli del mondo. Non


costa niente portare una sciarpa allo stadio, prendiamo tutti l’impegno di averla sempre, perché, lo abbiamo visto, basta poco per sbattere in faccia a tutti i colori blucerchiati e rendere splendida la Sud.

SUPER CHAMPIONS (parte seconda) In occasione dell’ultima Fanza avevamo pubblicato un articolo riguardante le grosse novità che bollono in pentola circa la ormai probabile riforma del format delle competizioni europee, in cui spicca l’introduzione della nuova “Super Champions”.Tra gli aspetti che più ci preoccupavano e sul quale avevamo posto l’accento, c’era soprattutto la paventata possibilità che un domani alcuni big match di questa competizione possano essere spostati durante il week end per offrire ancor più visibilità; il tutto, però, a scapito delle competizioni nazionali che a quel punto dovrebbero essere spostate in turni infrasettimanali. Nonostante le smentite dei diretti interessati, in primis di Andrea Agnelli nelle vesti di Presidente dell’ECA (Euoperan Club Association), avevamo il timore che la notizia non fosse infondata. Timore purtroppo ben riposto, visto quanto accaduto in queste ultime due settimane. Il 10/04 abbiamo appreso infatti che la notizia è arrivata fino ai “piani alti” e qualcuno ha deciso di muoversi, a tal punto che un deputato del Parlamento Italiano ha deciso di presentare una mozione presso la Commissione Cultura e Sport della Camera contro la possibilità di invertire i calendari e che impegni il Governo a rendersi promotore in sede Uefa affinché questo non accada, sottolineando come i Presidenti delle Leghe A e B, Lega Pro e Lnd si fossero già pronunciati in maniera fortemente contraria nel corso di un’audizione alla Camera. Doverosa puntualizzazione: dal momento che non vogliamo essere strumentalizzati, né tantomeno fare propaganda politica per qualcuno, come avrete notato ci siamo limitati a riportare la notizia senza pubblicare il nome del deputato né il partito politico di appartenenza proprio perché per noi sono importanti soltanto i contenuti. Non solo in Italia, ma anche all’estero qualcuno ha fatto sentire la propria voce. Sempre un paio di settimane fa il Presidente della Liga Spagnola, Javier Tebas, ha rilasciato alla Gazzetta dello Sport queste eloquenti dichiarazioni:” Vogliono distruggere i campionati nazionali, ed è inammissibile. Lotteremo con ogni mezzo legale a nostra disposizione per impedirlo. Ho definito il progetto di Andrea Agnelli e di alcuni altri membri della direzione dell’Eca come una cattiva idea. Perché si tratta di un modello pensato senza aver alcuna conoscenza degli effetti che si produrranno nel calcio nazionale e nei vari club. E che tra l’altro non funzionerà. Pensano di poter creare una competizione che avrà un successo strepitoso e decisamente non è così. Questa che propongono non è una riforma della Champions League, no. Questa è una nuova competizione alla quale hanno solo lasciato il nome di Champions League. È completamente diversa dall’attuale: posti fissi per le squadre storiche, partite nei weekend e soprattutto riduzione dei campionati da 20 a 18 squadre. Sono misure che comportano un contraccolpo immediato nei campionati nazionali:


sensibile riduzione delle entrate per le squadre e quindi, conseguenza diretta, la riduzione degli stipendi dei calciatori e la perdita di posti di lavoro. Passare da 20 a 18 ridurrebbe di un 40% il volume d’introiti dei club di un campionato, perché si toglie spazio a una competizione per darlo a un’altra che è una nostra concorrente diretta. La Liga in Spagna contribuisce all’1,37% del Pil. Riducendo le squadre e mollando i weekend passeremmo alla metà di quella cifra. E lo stesso vale per i posti di lavoro, che passerebbero da 150 a 80mila. E questo a beneficio di chi? Dei grandi club. A me sembra che chi ha già 5 Ferrari in garage stia lottando per poter averne 8, mentre è nostro obbligo proteggere i club più piccoli e le federazioni più povere. Il calcio non può essere ridotto ad un pugno di squadre. È la base del movimento che rende forte il nostro sport. E per questo non capisco il favore della Uefa a questa idea, l’ho già detto e lo ribadirò al presidente Ceferin". La carne al fuoco è tanta e siamo sicuri che le polemiche continueranno, soprattutto attendiamo gli sviluppi dell’assemblea speciale dell’ECA in programma il 6 e 7 giugno a Malta; dal canto nostro, è molto importante vedere come anche ad altri livelli differenti dal mondo ultras ci sia finalmente una presa di coscienza di come certe riforme potrebbero definitivamente dare il colpo di grazia al calcio inteso come sport e non come puro salvadanaio per una ristretta élite di club.

DOVE IL CALCIO E’ ANCORA TIFO E COLORE Sempre più spesso ci capita di ammirare, attraverso giornali o siti internet, spettacoli coreografici e pirotecnici di curve straniere che ci lasciano a bocca aperta e ci fanno tornare indietro di 15 anni almeno, quando i protagonisti di torciate, cartate o coreografie mozzafiato erano gli ultras italiani e gli spalti gremiti e pulsanti di gente in festa erano simbolo inconfondibile della maggior parte dei nostri stadi. L’esempio più recente è sicuramente quello dei tifosi del Paok di Salonicco, che la settimana scorsa ha regalato ai propri sostenitori la gioia più grande che un tifoso possa desiderare diventando campione di Grecia dopo 34 anni. L’entusiasmo travolgente degli ultras del Paok è potuto così esplodere al fischio finale incendiando l’atmosfera dello stadio e di una città intera attraverso centinaia di torce e fuochi d’artificio di cui le immagini hanno fatto il giro del mondo e per il quale tutti, giornalisti italiani compresi, hanno speso aggettivi estremamente positivi e lusinghieri. E’ inutile cercare anche solo di immaginare una situazione del genere adesso negli stadi italiani, dove come minimo si stenderebbe il velo di una diffida di massa e dove, ne siamo certi, i politicanti italiani spenderebbero solamente parole di condanna verso “certi episodi riprovevoli che non devono mai più accadere” acclamando a gran voce “un forte segnale da parte dello Stato” e richiedendo immediatamente il classico “giro di vite”. Per noi invece non è un caso se gli stadi più pieni e spettacolari siano in quelle nazioni dove la morsa della repressione è ancora blanda e dove gli ultras hanno ancora la possibilità di esternare la propria passione viscerale, in grado di creare aggregazione tra la


gente e forte senso di appartenenza alla propria città e alla propria squadra, in completo contrasto con le regole repressive italiane che invece hanno portato ad un sempre più freddo distacco da parte delle gente.

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