PVMagazine n 4

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N.4

PVMagazine LA RIVISTA DELLA PROVINCIA DI PAVIA

CAPOLAVORI NASCOSTI • L’Abbazia di S. Albino Mortara • Il Castello di Belgioioso • Fortunago ITINERARI - SPECIALE OLTREPO’ • Valle Versa REPORTAGE EVENTI • Vinitaly 2016 EVENTI • Bollicine in Castello • Mostra “Tranquillo Cremona e la Scapigliatura” GITA FUORI PORTA • Montalto pavese e Borgo Priolo RUBRICA RICETTE • Ricette antiche dell’Oltrepo’ a cura di Claudia Peccenini • In cucina con Gaia Servidio



PVMagazine EDITORIALE C

arissimi lettori,

PV Magazine è giunto al suo quarto numero. Anche questo mese tantissime sorprese, curiosità e suggerimenti per conoscere la nostra Provincia e scoprirne le meraviglie nascoste. Si parte con la consueta rubrica dei Capolavori nascosti, che questo mese ci porterà all’Abbazia di Sant’Albino di Mortara, al Castello di Belgioioso e al meraviglioso borgo storico di Fortunago. Continua anche il consolidato appuntamento dei nostri itinerari con lo Speciale Oltrepò dedicato, questa volta, alla seconda parte della Valle Versa, dove visiteremo paesi dai magici scorci e dalle secolari tradizioni. Segue il ricco reportage di Vinitaly a Verona, al quale PV Magazine era ovviamente presente, con tantissime foto e curiosità. La sezione eventi propone la recensione della Mostra “Tranquillo Cremona e la Scapigliatura” alle Scuderie del Castello di Pavia e qualche anticipazione sull’attesissimo evento “Bollicine in Castello”, che quest’anno si terrà nell’esclusiva location del Castello di San Gaudenzio a Cerversina.

Non mancano i nostri consigli per le vostre gite fuoriporta: questo mese vi faremo conoscere le belle e ventose colline di Montalto Pavese e Borgo Priolo. E, per finire, la golosissima rubrica dedicata alle ricette: Claudia Peccenini in questo numero ci spiegherà come fare i malfatti … e Gaia Servidio propone un Filetto alla polvere di liquirizia e cipolle rosse caramellate ....avete già l’acquolina in bocca?

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CAPOLAVORI NASCOSTI • Battaglie e paladini, Longobardi e Carolingi - L’Abbazia di S. Albino Mortara • Il Castello di Belgioioso..tra storia e magia. • Fortunago..in arte e in vino.

ITINERARI - SPECIALE OLTREPO’ • Attraversiamo insieme la Valle Versa: Rovescala, San Damiano al Colle, Montù Beccaria, Zenevredo e Bosnasco.

REPORTAGE EVENTI • Il Vino dell’Oltrepò tra i grandi protagonisti di Vinitaly 2016

EVENTI • Bollicine in Castello - 14 e 15 maggio Castello di San Gaudezio Cervesina • Mostra “tranquillo Cremona e la Scapigliatura” Scuderie del Castello di Pavia

GITA FUORI PORTA • Montalto pavese e Borgo Priolo RUBRICA RICETTE • Ricette antiche dell’Oltrepo’ a cura di Claudia Peccenini • In cucina con Gaia Servidio

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Battaglie e paladini, Longobardi e Carolingi... L’Abbazia di S. Albino di Mortara Di Silvia Brigada

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ontinua il nostro percorso religioso per le terre della Lomellina. Appuntamento, questo mese, all’Abbazia di S. Albino, centro religioso che si trova lungo la Via Francigena, era una delle tappe della via di pellegrinaggio.

L’abbazia e la chiesa si trovano nel comune di Mortara, ma fuori dal centro abitato. La storia di questo edificio è indissolubilmente legata ai fatti storici che avvennero sul territorio. In particolare si deve far riferimento alla battaglia del 773, detta di “Pulchra Silvia”, combattuta tra i Longobardi, allora detentori del potere su queste terre, e i Franchi di Carlo Magno. Accanto alla battaglia, nacquero leggende, echi di storia, tra cui la vicenda di due soldati franchi, i paladini Amico e Amelio. Questi, secondo la tradizione, erano gli scudieri di Carlo Magno, e morirono in questa battaglia. A quel tempo Albino Alcuino era monaco e consigliere di Carlo Magno e, sempre secondo la credenza popolare, fu proprio lui a suggerire a Ildegarde, allora moglie di Carlo Magno, di chiudere i corpi “miracolosi” dei due paladini in due sarcofagi (probabilmente di fattura romana) e di riporli in due diverse chiese che si trovavano nei pressi del campo di battaglia: quella di S. Pietro (dove fu sepolto Amico e della quale oggi non si hanno più testimonianze) e S. Eusebio (dove fu posto il corpo di Alcuino e sulla quale sorgerà S. Albino). Ma fu a quel punto che avvenne un fatto straordinario: i corpi furono ritrovati miracolosamente nello stesso sepolcro, in S. Eusebio. A seguito di ciò, Albino propose la fondazione di un monastero che fu aggregato alla chiesa, insieme alla foresteria. Con gli anni l’abbazia crebbe di importanza, Albino ne divenne abate e presto giunsero i suoi discepoli. Albino, ormai vescovo di Vercelli, morì nell’801 e volle essere seppellito accanto ai paladini. I suoi discepoli, di origine francese, decisero allora di dedicare la chiesa a S. Albino di Angers, considerato uno dei patroni di Francia.

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Mortara - Abbazia di S. Albino


Capolavori nascosti - Lomellina

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a allora questa divenne la dedicazione della chiesa (ex S. Eusebio). Il complesso fu ricostruito in piena epoca carolingia e godette di gran fama sino al 1290, quando iniziò un oscuro periodo di decadenza. La chiesa fu successivamente ricostruita nel 1540 e si presenta oggi a navata unica. Gli ultimi restauri risalgono agli anni Novanta, che ce l’hanno riportata agli antichi splendori. Al suo interno sono conservate pregevoli opere, come gli affreschi del presbiterio. In particolare sulla sinistra vi sono affreschi secenteschi di scuola popolare lombarda con la “Madonna con Bambino e Santi”, mentre nel catino absidale appare l’ “Allegoria della Trinità”; sulla destra appare “S. Antonio Abate”, il “Battesimo di Gesù”, la “Vergine con i SS. Albino, Iacopo, Agostino e il committente” (firmato Giovanni da Milano e datati 1410). Fate caso, ora, alle pareti della chiesa: cercate bene e troverete le firme del passaggio dei pellegrini (la più antica risale al 1100 … l’avete trovata?). L’esterno della chiesa presenta un portico cinquecentesco in laterizio e due medaglioni ai lati del portale che rappresentano i due paladini Amico e Amelio. Curiosità: nel 1458 l’abbazia commissionò all’artista bresciano Paolo De Caylina uno spettacolare Polittico a cinque scomparti con la Vergine con Bambino e Santi di pregevolissima fattura. Il Polittico fu conservato nella chiesa sino al 1840, quando per volere di Massino d’Azeglio fu portato alla Pinacoteca Sabauda di Torino, dove oggi la si può ammirare.


Polittico di Paolo De Caylina

Abbazia di S. Albino Affreschi


Castello di Belgioioso ... tra storia e magia! Di Silvia Brigada

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pochi chilometri da Pavia, il Castello di Belgioioso è il luogo ideale per trascorrere una meravigliosa domenica all’insegna di … curiosi? Continuate a leggere e scopritelo con noi!

Il castello dalle belle linee neoclassiche è oggi gestito in parte dal Comune di Belgioioso e in parte da privati. Saloni affrescati, uno scalone d’onore, armi e arredi antichi, il tutto inserito in uno splendido giardino all’italiana, corredato da fontane e obelischi … insomma ci sono tutti gli ingredienti per definirlo un meraviglioso palazzo. Costituito da un grande corpo di fabbrica, il complesso consta anche di altre strutture, come le serre e la facciata che dà sul centro del paese, corredata dal classico ponte levatoio. L’edificio venne fondato da Galeazzo II nella seconda metà del secolo XIV nel luogo in cui sorge ancora oggi, in un territorio allora di proprietà dei Visconti ma dove, allora non esisteva ancora il paese di Belgioioso. Di fatto il comune si sviluppò proprio attorno al castello, che è sempre rimasto centro nevralgico della vita del piccolo centro abitato. Il complesso, nato effettivamente come castello (cioè opera di fortificazione) si è ben presto trasformata in amena residenza gentilizia. Il nome “Zoioso”, l’odierno “Gioioso”, fu forse attribuito allo stesso castello per indicarne l’amenità e la gioia provata a coloro che vi si fermavano e ne godevano le bellezze. Il duca Gian Galeazzo II vi soggiornò ripetutamente; tanto cara gli era la dimora a Belgioioso che, con una sua lettera del 22 dicembre 1393, proibì la caccia ai cervi e a qualsiasi altra selvaggina fino a Bereguardo,Vigevano e Abbiategrasso. Inoltre questo provvedimento è citato anche nel famoso testamento del 1397 in cui il Duca ordina che per rimedio e suffragio dell’anima sua si edifichi un monastero, casa e chiesa certosina, sul territorio pavese “in loco turris de Mangano”. Il duca però escludeva dalle donazioni ai certosini il grandissimo parco presso il Castello di Pavia e le possessioni di Bereguardo e Belgioioso.

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Castello di Belgioioso


Capolavori nascosti - Belgioioso

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a gloria del castello proseguì per tutto il XV secolo. Non si sa quale fosse esattamente l’ampiezza del castello in quel momento. Si dice che il maniero fosse stato distrutto nel 1412 e poi ricostruito in seguito all’uccisione del duca Gian Maria Visconti, figlio di Gian Galeazzo e di Caterina Barnabò. Il successore Filippo Maria non amava soggiornare a Belgioioso e lo cedette come feudo nel 1412 a Manfredo Beccaria.

Nel 1431 Filippo Maria, poco soddisfatto dell’andamento delle cose, concedeva il “castrum” ad Alberico da Barbiano, antica e nobilissima famiglia. Più tardi al nome di quel casato fu aggiunto il predicato di Belgioioso, allora sede di un Vicariato di notevole ampiezza che comprendeva le Pievi di Vaccarizza, Ospitaletto, Genzone, Pissarello, Spessa, Filigaria, Montesano, Torre de’ Negri, Gerenzago e San Zenone. Arriviamo al Seicento, secolo in cui la nobiltà, soggetta al dominio spagnolo, si dedicava alla vita di lusso … e anche i duchi di Belgioioso non furono esenti dal triste andazzo dei tempi. La terribile peste del 1630 non risparmiò il territorio e la sua gente che visse inenarrabili sofferenze a causa del flagello devastatore e delle malversazioni di soldataglie prepotenti. Nel Settecento il castello risorse a vita festosa e brillante per opera di un altro principe, Alberico. Feste e cene a cui partecipava tutta la nobiltà locale … saloni scintillanti, mille candele che si riflettevano negli specchi delle sale, come in un piccolissima Versailles di campagna.

Castello di Belgioioso - Interni

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Capolavori nascosti - Belgioioso

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ntonio Barbiano fece costruire la bellissima cancellata ed abbellì quasi tutto il palazzo rinnovando i vasti giardini e le serre.

Nel 1769 fu nominato Principe del Sacro Romano Impero e di Belgioioso, titolo trasmissibile ai maschi primogeniti con vari privilegi, fra cui quello di battere la cosiddetta “moneta di ostentazione” con la sua effigie. Il figlio Alberico XII fu uomo di talento, amante dell’arte. A lui si devono molte delle strutture ancora oggi presenti al castello, che fece eseguire dal celebre architetto Pollak.

Antonio Barbiano, uomo di cultura e mecenate, aprì la propria dimora agli intellettuali pavesi e milanesi e tra le sue amicizie si annoverano il Parini ed il Foscolo, che furono ospiti al Castello. Il conte intraprese, inoltre, opere di bonifica, istituì scuole per i bambini dei coloni e si adoperò per migliorare la vita della popolazione. Oggi il Castello di Belgioioso mantiene la sua aurea di splendida residenza nobiliare di campagna ed è da anni teatro di eventi e manifestazioni di interesse internazionale. Editoria, ambiente, antiquariato e profumi vintage sono alcuni dei temi dei grandi eventi che vengono ospitati al Castello. Alcuni sono ormai appuntamenti “storici”, come “Parole Nel Tempo”, piccoli editori in mostra, “Amicolibro”, libri per diventare grandi, “Parole In Tasca”, mostra del libro tascabile ed economico, “Officinalia e Vivere al Naturale”, due appuntamenti per i consumatori più consapevoli e sensibili alla tutela ambientale, “Next Vintage”, “Mostra di Antiquariato”, tradizionale incontro di mercato e cultura, “Armonia”, festival di proposte di benessere olistico e “Bravo”, rassegna dei maestri artigiani. A questi si aggiungono manifestazioni non periodiche, concerti, feste e soprattutto grandi mostre. Il Castello viene affittato anche per eventi privati, cerimonie e matrimoni.

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Lo splendido giardino del Castello di Belgioioso




Fortunago .... in arte e in vino! Di Silvia Brigada

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iccolo, meraviglioso e ricco di tradizioni. Così si presenta il borgo di Fortunago. Il paese si trova in Oltrepò Pavese, sulle colline che separano le valli della Coppa e dell’Ardiversa.

Fortunago sorse su un territorio di insediamenti molto antichi, addirittura risalenti al tempo dei Celti, prima dell’impero romano. Dopo le invasioni barbariche fece parte del Comitato di Tortona e, dal 1047, appartenne al Vescovo di Pavia. Nel 1164 fu infeudato da Federico Barbarossa ai Malaspina di Pavia; nel 1362 fu preso da Luchina Dal Verme, capitano dei Visconti. Nel XV secolo fu infeudato successivamente ai Dal Verme, a Girolamo Riario, signore di Forlì ed Imola, e infine ai Botta che, acquisendo anche i feudi di Gravanago, Montepicco (comprendente Sant’Eusebio), Rocca Susella e Stefanago dal vescovo di Tortona (anch’egli un Botta), nonché Staghiglione (vedi Borgo Priolo), crearono un vasto feudo, elevato ben presto a Marchesato. Nel 1546 esso fu acquistato dai Malaspina di Oramala, già marchesi di Godiasco. Fortunago è oggi insignito, a buona ragione, del titolo dei “Borghi più belli d’Italia”. Passeggiate tra le belle viette caratteristiche dei borghi medievali, strette in mezzo ai tipici muri di pietra. Le case sono per lo più in sasso e decorate da balconi, bellissimi davanzali e logge ricoperte dai gerani rigogliosi dai mille colori. Tutto questo conferisce al luogo un’atmosfera tranquilla, che da l’impressione di trovarsi in un tempo passato. Tutto il centro del borgo è stato riportato all’antico splendore caratterizzato dall’uso di materiali locali: pietra e cotto. Nella piazza principale da un’originale fontana sgorga non solo acqua naturale di fonte ma anche ‘acqua frizzante’ (ovviamente resa tale da un piccolo impianto nascosto alla vista che fornisce anidride carbonica).

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Fortunago - Veduta del campanile della chiesa di Sant’Antonio


Fortunago - la fontana



Capolavori nascosti - Oltrepo’

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a prima cosa che si nota giungendo a Fortunago è un bellissimo santuario in pietra a vista al centro della piazza: la chiesetta di Sant’ Antonio, usata ancora oggi per le messe settimanali. La piccola chiesa della seconda metà del ‘500 è circondata da case con facciate in pietra a vista, serramenti in legno in tinta naturale, pavimentazione delle strade in mattonelle di porfido. L’edificio ha subito tre principali ricostruzioni che ne hanno alterato l’impianto originario. La navata è divisa in due campate con volte a botte, il presbiterio ha conservato l’originario dossale in stucco dell’altare maggiore dove si può ammirare la tela raffigurante “S. Antonio da Padova con il Bambino”. Nella parete sinistra si trova una cappella dedicata alla Vergine Addolorata.

Salite le strette vie e giungete in cima al paese, dove si trova il Municipio di Fortunago, che un tempo era adibito a casa forte.

Municipio di Fortunago


Montesegale Chiesa de SS. Cosma e Damiano Chiesa di Sant’Antonio


Capolavori nascosti - Oltrepo’

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oco distante, dominante sul borgo, sul punto più alto del colle, si trova la Chiesa di San Giorgio. Le prime notizie relative alla chiesa risalgono al 1341, ma la chiesa che si può ammirare oggi è il risultato della ricostruzione avvenuta nel 1609. Della prima chiesa, più piccola, sono ancora visibili dei resti nel presbiterio e nella sacristia. L’interno a tre navate, presenta numerosi altari, tra cui l’altare di S. Carlo con una tela del 1626 e l’altare interamente in legno, realizzato nella seconda metà del XVII secolo, oggi dedicato al Sacro cuore di Gesù. La facciata in pietra è incorniciata da quattro lesene in mattone e sopra il portale, nella lunetta, v’è un affresco dell’Annunciazione su cui è possibile leggere ancora la scritta: “Ecclesia Parochialis S. Georgi Fortunaghi Anno Domini 1644”. Anche l’ambiente naturalistico che circonda Fortunago ha particolare importanza, ecco perché è stato da poco istituito il Parco di interesse sovracomunale. Il parco abbraccia il capoluogo e le frazioni. Il bosco è costituito da aceri, pioppi, betulle, castagni, ciliegi e molti altri alberi tipici dei boschi di latifoglia dell’alta collina. Ma vi si trovano anche molti fiori tra cui campanule, anemoni, bucaneve, mughetto. La fauna è composta da diverse specie di rapaci fino ungulati come daini e caprioli. Il paese di Fortunago è un esempio del vivere in armonia col territorio, nel rispetto dell’ambiente e nella valorizzazione del patrimonio storico.

Chiesa di San Giorgio

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Chiesa di San Giorgio - Campanile


Capolavori nascosti - Oltrepo’

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uriosità: Fortunago è stato location del film diretto da Paolo Virzì “Il capitale umano” (2013). Alcune delle scene sono state girate presso la Villa detta “La Dominante”, in località Montebello.

Altra curiosità (più prettamente … culinaria): nel 2015 Fortunago ha battuto San Pietroburgo nelle preparazione e cottura dell’agnolotto più grande del mondo! Il nostro gruppo di cuochi guidato dallo chef locale Danilo Nembrini ha superato i colleghi russi realizzando un agnolotto di ben 148 kg! (il record precedente era di soli 20 kg!).

Segnaliamo, infine, un appuntamento estivo molto sentito a Fortunago, “Fortunago in arte”, mostre e rassegne d’ arte contemporanea che continuano da 1996!

Loc. Montebello - Villa “La Dominante”


Danilo Nembrini chef del Ristorante Pineta di Fortunago


Capolavori nascosti - Oltrepo’

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opo aver visitato Fortunago, dirigetevi verso il Castello di Stefanago, che si trova a soli tre minuti dalla chiesetta di Sant’Antonio.

Il Castello di Stefanago, oggi privato, è stato costruito su di un poggio piramidale alla confluenza delle valli Coppa e Schizzola a circa 400 m sul livello del mare. L’origine del Castello non si conosce, ma da documenti sulla storia della Diocesi di Tortona il sito è segnato come luogo già presente in età altomediavale. La parte più antica risale al XI secolo, e si identifica con l’alta torre a pianta quadrata, con i lati orientati seguendo i punti cardinali. Alta circa 28 metri dal terrazzo panoramico sottostante, è costituita quasi interamente di pietra arenaria, da allora ha subito pochissimi rimaneggiamenti, se non la ricostruzione della cima della torre, danneggiata nel ‘500 nelle guerre che contrapposero la Francia e la Spagna per il possesso del territorio e che la vide coinvolta in quanto punto strategico che controllava le comunicazioni di Milano con Genova. A fianco della torre, sul lato ovest, troviamo una struttura in mattoni con finestre in stile gotico; questa parte costituisce la seconda fase di edificazione del complesso che è del XIV secolo e si affaccia sulla terrazza panoramica. Torre e costruzioni che la circondano danno vita al “cortile nobile” dotato di portichetti ad arco sesto acuto e a tutto tondo che si alternano. Sul lato est della torre vi è la costruzione più recente, databile al secolo XVIII. Il castello di Stefanago non ha mai vissuto la solitudine e l’abbandono di molte delle antiche strutture e dimore che hanno fatto la storia di questo territorio, a cavallo tra la Pianura Pavese e l’Appennino Ligure, anche se ora il piccolo borgo agricolo circostante, non è più animato dai 129 abitanti che contava fino ai primi del ‘900. Il Castello è stato di proprietà dei Corti o De Curti fino al ‘600, nel ‘300 godeva di statuti propri. Nel ‘600 passò dai Corti alla famiglia Rossi e nell’800 ai Conti Baruffaldi, che tutt’ora lo occupano e che qui gestiscono l’omonima azienda agricola. Situato in una zona votata all’agricoltura, ed in particolare coltivato a vite già nel‘ 300, nei secoli ha seguito l’andamento dell’economia del tempo, vivendo il feudalesimo, la mezzadria e la colonia. Negli anni ‘50 – ‘60 la famiglia Baruffaldi ha ripreso la conduzione diretta dell’azienda “Castello di Stefanago”, che conduce attività agricola e agrituristica con produzione di vini e salumi da agricoltura biologica.

Le cantine sono aperte nei giorni di domenica e festivi per visite, degustazioni e vendita di vini e prodotti dell’azienda. E’ possibile visitare il Castello solo nelle giornate di manifestazioni pubbliche.

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Castello di Stefanago






Speciale Oltrepo’ Di Silvia Brigada PVMagazine propone la seconda puntata della sua nuova rubrica Speciale Oltrepò. Tra castelli, paesi “sospesi” e note azzurre, scopriremo insieme luoghi magici e nascosti, da conoscere e visitare. In questo secondo appuntamento percorreremo ancora la splendida Valle Versa, attraversando Rovescala, San Damiano al Colle, passando per Montù Beccaria, Zenevredo e Bosnasco. Allacciate le cinture … si parte!



Speciale Oltrepo’

ROVESCALA

Dolci colline e aria buona, tutto innaffiato dal sole primaverile e da un buon calice di Bonarda … ed eccoci a Rovescala! Il territorio in cui sorge il paese è una delle ultime aree comunali della provincia di Pavia confinanti col piacentino. L’aria salubre dei boschi, la storia, l’arte, le tradizioni, la bellezza della natura che la circonda, fanno di Rovescala la località ideale per trascorrere un piacevole soggiorno ed una vacanza serena in ogni stagione dell’ anno. Cuore del nostro Oltrepò Pavese, Rovescala non a caso è luogo di tradizione per eccellenza, tanto da portare il vessillo di Capitale del Bonarda! Il bonarda è un vino che si ottiene dall’uva Croatina: il nome deriva dalla parola dialettale “croatta” che significa “cravatta”per indicare che il vino derivato dalla Croatina si beveva solo nei giorni di festa, cioè quando i contadini indossavano la cravatta). Un vino da meditazione, dal color rosso rubino, intenso, frizzante per i palati più arditi, o fermo. A Rovescala l’attività prevalente è, naturalmente, la viticoltura, con 156 aziende che producono il noto vino Bonarda D.O.C. di antiche origini, dato che se ne trova traccia in documenti che risalgono all’ inizio del millennio. Su queste colline si coltiva la vite sin dall’epoca romana; esistono, infatti, documenti storici risalenti al 1192 che testimoniano di un debito del Conte di Rovescala dovuto a nobili feudatari, a saldo del quale non era stato chiesto denaro, bensì del pregiato vino locale. E non finisce qui! Dal 2001 a Rovescala esiste l’Associazione “Il Bonarda storico di Rovescala”: per la vendemmia qui vengono selezionate solo uve di alta qualità, analizzate da ben due commissioni di tecnici che supervisionano anche tutte le fasi di vinificazione, perché seguano correttamente le norme statutarie.

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Le vigne di Rovescala


Chiesa dedicata alla Beata Vergine Maria Canneto Pavese il Pozzo di S. Antonio Abate


Speciale Oltrepo’

Ma, badate, Rovescala non è solo Bonarda! Al centro del paese si erge la graziosissima chiesa parrocchiale dedicata alla Beata Vergine Maria risalente al Seicento in stile rinascimentale – barocco, che contiene un prezioso organo del Settecento, un “Cavalli”, con ben 865 canne! All’edificio è accostato l’imponente campanile che domina il centro del paese, alto quasi 45 metri. Dalla piazza la strada prosegue con un ampio viale alberato di ippocastani secolari che termina nel punto più alto della collina su cui sorge Rovescala. Da visitare anche il Castello di Luzzano, oggi sede dell’omonima azienda agricola gestita dalla Dott..ssa Giovannella Fugazza. Il Castello, tipico della tradizione emiliano - padana e di antichissime origini, passò per vari nobilissimi proprietari: nel Seicento fu dei Marchesi Pecorara, tra il Settecento e l’Ottocento fu dei Conti Opizzoni, nell’Ottocento dei Conti di Belgioioso e dai primi del Novecento della famiglia Fugazza. Infine, passate dal meraviglioso Castello della famiglia Perego (oggi sede dell’omonima azienda vitivinicola), dal quale si gode un’ottima vista sulla vallata. Costruito in epoca medievale, il castello conserva pregevoli interni molto ben conservati, tra cui gli splendidi affreschi secenteschi dell’artista Gian Angelo Borroni. L’affresco principale, che da il nome alla cosiddetta “Stanza di Bacco”, rappresenta, guardacaso, proprio il Dio Bacco che, sdraiato su una soffice nuvola, prende l’ultimo (forse?) calice di vino (sicuramente Bonarda!) che gli offre un grazioso putto. Nel giardino del castello è presente un cedro Deodara (dato da dio), una tipologia molto particolare, ospite del castello da più di settant’anni e che è diventato il simbolo di Rovescala. Sempre nel giardino vi sono statue di insigni studiosi e la famosa statua della “mosca cieca”.

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Chiesa parrochiale dedicata ai santi Cosma e Damiano

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Speciale Oltrepo’

SAN DAMIANO AL COLLE

Il piccolo paese sorge lungo il torrente Bardonezza, sempre al confine con la Provincia di Piacenza. Il suo territorio ha una caratteristica e curiosa forma a ferro di cavallo, che si allunga sul versante della collina. Anticamente (fino al XIX secolo) San Damiano al Colle era soggetto a quella che oggi è solo una sua frazione, Mondonico, documentato già dall’XI secolo; queste terre furono per lunghissimo tempo signoria di Stradella e di Portalbera. Solo nel 1677 il feudo fu smembrato e il comune fu venduto ai Conti Mandelli. Qui è possibile ammirare il Castello trecentesco, oggi privato, che si trova sul dosso che domina l’abitato. Questo sorge su un’area dove ancor prima si trovava una antichissima fortificazione. L’impianto della costruzione odierno è a corte, con corpi di fabbrica sui tre lati. L’ingresso è segnato dalla torre a base quadrata. Il luogo non manca certo di costruzioni difensive: a San Damiano si trova anche la cosiddetta Rocchetta, una seconda grande fortificazione (oltre al castello), detta anche “Corte dei Gatti”. L’edificio presenta una pianta rettangolare, la struttura è in muratura. La Rocchetta risale al XV secolo, ma oggi si trova in un pessimo stato conservativo, adibita a depositi ed abitazioni rurali. La Chiesa parrocchiale è dedicata ai Santi Cosma e Damiano e risale al XVI secolo.

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Speciale Oltrepo’

MONTU’ BECCARIA

Nome curioso? Montù deve la prima parte del suo toponimo al vicino Monte Acuto, nome che rimase da quando Federico I concesse il territorio alla città di Pavia.La seconda parte del suo toponimo, invece, è dovuto alla famiglia dei Beccaria, che governò il paese dalla fine del duecento. Nel 1412 il ramo di Pieve del Cairo dei Beccaria ne ricevette regolare infeudazione. Nel 1591 il ramo della famiglia si estinse e l’ultimo rappresentante lasciò il feudo in eredità ai padri Barnabiti. Nel seicento passò ai Salimbene, poi ai Bellone e, nel settecento, ai Martini, che lo tennero sino al 1797, anno dell’abolizione del feudalesimo. Anche Montù Beccaria accolse molte strutture difensive, tra qui un celebre Castello, andato completamente distrutto nel 1216 durante le lotte tra Pavia e Piacenza e ricostruito altre molte volte. Oggi, a ricordo di queste vicissitudini militari, rimane il cosiddetto Castellazzo, solo visibile dall’esterno, di proprietà privata. A Montù si trova anche la Chiesa parrocchiale dedicata a San Michele, ricostruita nel 1817, ma di ben più antica costruzione. La chiesa fu originariamente eretta parrocchia sotto il titolo di San Michele Arcangelo nel 1303 da Bonifacio VIII, per volontà del conte Manfredi Beccaria. Segnaliamo, infine, il Teatro Dardano oggi chiuso e visibile solo dall’esterno.

Teatro Dardano


Chiesa di San Michele


Speciale Oltrepo’

ZENEVREDO

Chi ne ha mai sentito parlare? E’, di fatto, un piccolissimo centro, pochi abitanti, molti agricoltori. Ma, se sceglierete di visitarlo in una frequentissima giornata di nebbia, accadrà la magia e vi troverete in un “paese sospeso”, dall’alto della collina dove sorge. Nel 1164 Zenevredo fu posto sotto la giurisdizione di Pavia, ma aveva già un castello e una propria indipendenza locale (che paesi molto più grandi non potevano vantare, cosa non da poco!). Da allora il paese appartenne al Monastero pavese di Santa Maria Teodote, detto della Pusterla: ecco perché il vecchio toponimo era Zevevredo della Pusterla. L’influenza del monastero durò sino al 1797. Arrivate in centro: piccolo ma suggestivo paesino di Zenevredo ha una chiesetta molto carina dedicata a San Vincenzo; poco più in basso il Monumento ai Caduti. Ma Zenevredo è ricordato, soprattutto, per essere il paese natale di un celebre scrittore e archeologo: Carlo Alberto Pisani Dossi (Zenevredo 1849 – Cardina, 1910), esponente del movimento della Scapigliatura milanese. Il Dossi scrisse articoli sui periodici locali e realizzò opere letterarie e poetiche dallo stile diretto e non convenzionale, come L’Altrjeri - nero su bianco, Gocce d’inchiostro, Ritratti umani dal calamajo di un medico e Note azzurre. Qui a Zenevredo sopravvive il “Monastero”, cosiddetto, casa natale di Carlo Pisani Dossi, il cui tempietto si affaccia sul sortile interno. Qui si trova una lapide commemorativa che recita: “Qui nacque lo scrittore Carlo Alberto Pisani Dossi (1849 – 1919) il cui nome del villaggio natale Zenevredo – ossia Ginepreto presagì lo stile ispido e odoroso”. Il Conte Carlo Alberto Pisani Dossi, in arte solo Carlo Dossi, fu amico di artisti e letterati della Scapigliatura milanese come Daniele Ranzoni, Emilio Praga, Luigi Conconi e il celebre Tranquillo Cremona.

“L’ingegno è fatto per un terzo d’istinto, un terzo di memoria e un terzo di volontà”. (Carlo Dossi)

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Chiesa di San Vincenzo


Speciale Oltrepo’

BOSNASCO

Ultima tappa (ma non meno importante) del nostro Speciale Oltrepò in Val Versa: Bosnasco. Ci si arriva attraversando stradine che si aprono a meravigliosi paesaggi, al confine con la provincia di Piacenza. Nel XII secolo il territorio di Bosnasco, come quelli limitrofi, fu conteso tra Pavia e Piacenza, per poi passare al dominio dei Beccaria e, successivamente, divenne parte del feudo di Arena Po. Alla fine del Seicento passò in eredità ai Busca, poi ai Bellisomi e ai Corsi di Nizza, fino alla fine del feudalesimo. Curiosità: di fatto oggi il nucleo abitato del comune si trova nella frazione Cardazzo. Nel X secolo presso Bosnasco esisteva anche un piccolo ma importante comune di cui oggi non restano tracce alcune, chiamato Sparano, che apparteneva al Monastero di San Colombano di Bobbio. Dalla seconda metà del XI secolo Sparano ebbe una discreta rilevanza, ma fu del tutto soppresso nel 1818. Al centro del paese si può visitare la chiesa parrocchiale di San Lorenzo Martire, del XVI secolo. Il sole sta tramontando e le vallate si coprono del colore rosso della sera … la meraviglia del nostro Oltrepò Pavese è tutta qui!

Il nostro viaggio attraverso le belle terre dell’Oltrepò Pavese non finisce qui!! Vi aspettiamo nel prossimo numero di PV magazine per un nuovo itinerario dello Speciale Oltrepò! … Nuovi paesi, nuove bellezze, nuove curiosità!

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Chiesa di San Lorenzo Martire




Il Vino dell’Oltrepo’ tra i grandi protagonisti di Vinitaly 2016 di Silvia Brigada

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nche quest’anno (dal 10 al 13 aprile) Verona ha ospitato Vinitaly, la più grande rassegna di produttori di vini e distillati d’Italia, che quest’anno è giunta alla sua 50° edizione … e PV Magazine era ovviamente presente! Eventi, degustazioni e convegni … tutti all’insegna del vino!

Tra gli oltre 4000 espositori erano presenti anche ben trentadue cantine dell’Oltrepò, che hanno portato (e raccontato) la lunga tradizione vitivinicola dell’Oltrepò Pavese. Grazie al coordinamento della Camera di Commercio con Paviasviluppo, il Padiglione Vini Lombardia ha accolto le più note e meritevoli aziende vitivinicole dei nostri colli oltrepadani, insieme al Consorzio Vini Oltrepò e il Distretto del vino. Tra le rappresentanze più notevoli, vi era la giovane imprenditrice Cristina Cerri dell’azienda agricola Travaglino di Calvignano, che ha portato all’attenzione nazionale la sua esperienza di innovatrice all’interno dell’antica tradizione di famiglia. Travaglino si è, inoltre, aggiudicata l’importante riconoscimento consegnato proprio a Vinitaly (dal Presidente Mattarella in persona!) sulla base delle indicazioni dell’Assessorato regionale all’Agricoltura, e intitolato al suo ideatore Angelo Betti.

Cristina Cerri dell’Azienda agricola Travaglino

Michele Rossetti, Maria Elisabett


ta Scavia ed Emanuele Bottiroli

Gaia Servidio


Reportage Eventi - Vinitaly 2016

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nnoverate come presenze di spicco anche la Tenuta Conti Giorgi di Vistarino di Ottavia Giorgi Vimercati di Vistarino (Rocca dé Giorgi), la cui nobile famiglia per prima, alla fine dell’800, avviò in Oltrepò la coltivazione del Pinot Nero. Il novero dei grandi nomi del vino dell’Oltrepò presenti a Vinitaly continua: grande risalto per Giorgi Wines, leader nell’esportazione di vino in tutto il mondo e l’azienda agricola Quaquarini Francesco, di Canneto Pavese.

Stand immancabili quelli delle aziende Calatroni di Montecalvo Versiggia, Fiamberti di Canneto Pavese, Brandolini di San Damiano al Colle, Castello di Luzzano di Rovescala, Monsupello di Torricella Verzate, Ca’ di Frara di Mornico Losana, Finigeto e Ca’ del Gè di Montalto Pavese, Tenuta Gazzotti di Montecalvo Versiggia, Gravanago di Paolo Goggi di Fortunago, La Versa di Santa Maria della Versa, Bertè e Cordini di Broni, Ballabio e Frecciarossa di Casteggio, Olmo Antico di Borgo Priolo e Oltrepò Vini di Rocca Susella. Un grande successo, una grande soddisfazione: il vino dell’Oltrepò si fa strada tra le eccellenze italiane a Vinitaly … e non solo!!!

Ottavia Giorgi Vim

Fabiano Giorgi, Filippo Quaglini e Antonio Giorgi

Umberto Quaqu


mercati di Vistarino, Filippo Quaglini e Guido Vivarelli Colonna

uarini e Filippo Quaglini

Filippo Quaglini e Paolo Baggini


Pierangelo Boatti con la madre Carla Dellera Boatti dell’Azienda Monsupello

Danila e Veronica Barri di Ca’ di Frara


Carla Dellera Boatti dell’Azienda Monsupello e lo Staff dell’Azienda Monsupello

Pierangelo Boatti e Filippo Quaglini


Aldo Dallavalle e la moglie Diana Tihulca di Finigeto

Marzia Cordini e Filippo Quaglini

Alessio Brandolini

Sommelier Carlo Aguzzi per l’Azienda


a La Versa

Maria Elisabetta Scavia di Oltrepo’ Vini

Filippo Quaglini e Armando Colombi Club del Buttafuoco Storico


Stefania e Sara Padroggi di Ca’ del Ge’

Luca Bellani di Ca’ di Frara e Pierangelo Boatti di Monsupello

Francesco


Lucia Tuoto per la Tenuta Conte Vistarino

Beghi (giornalista di Gambero Rosso), Filippo Quaglini, Contessa Ottavia Giorgi di Vistarino e Roger Marchi


Filippo Quaglini, Cristina Barri e Armando Colombi

Filippo Quaglini, Pierangelo Boatti, Marco Bertelegni e Antonietta Mazzeo

Bolis Vini


Filippo Quaglini e Filippo Nevelli di Ballabio

Filippo Quaglini e Antonio Giorgi


Filippo Quaglini e Maria Elisabetta Scavia di Oltrepo’ Vini

Stefano Calatroni


Marco Bertelegni (Enologo Monsupello) e Andrea Bertelegni di Oltrepo’ Vini

Filippo Quaglini e Cristina Barri


Maurizio Gazzotti

Staff Monsupello Roberta e Sonia

Paolo Goggi dell’Azienda Gra

Maria Pia Zavatarelli


avanago

Luigina Nicelli dell’Agriturismo Le Tradizioni di Elide di Rovescala e Filippo Quaglini

Walter Massa, Pigi e Fabiano Giorgi


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“BOLLICINE IN CASTELLO” Sabato 14 e domenica 15 maggio 2016 Castello di San Gaudenzio - Cervesina (PV) di Silvia Brigada

“Io sono sicuro che se il padre Dio in persona, invece di insegnarglielo al Noè, tanto tempo dopo, questo trucco meraviglioso di schiacciare l’uva, di tirar fuori il vino, glielo avesse insegnato subito, fino dal principio, all’Adamo, subito, prima dell’Eva, subito!... non saremmo in questo mondo maledetto, saremmo tutti in paradiso... salute!” (Dario Fo, Mistero buffo, 1969)

Nato da un’idea di Filippo Quaglini (FQ-Communication/Mabedo con i partner il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, Winterass e Mediaticar) si è giunti alla terza edizione della fortunata rassegna “Bollicine in Castello”. Sabato 14 e domenica 15 maggio 2016 torna in grande stile lo Spumante in Oltrepò Pavese; l’evento ha l’obiettivo di valorizzare le grandi produzioni di spumante, locali e nazionali, selezionate dalla sommelier e brand ambassador della manifestazione, Antonietta Mazzeo. Una grande festa, orchestrata in una cornice storica inedita: il teatro dell’imperdibile due giorni sarà l’esclusivo Castello di San Gaudenzio a Cervesina (PV), a poca distanza dalle colline del Pinot nero dell’Oltrepò Pavese. Una location meravigliosa, un edificio storico imponente e ameno, un autentico castello del XIV secolo!



Eventi Oltrepo’

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l programma della manifestazione prevede l’apertura al pubblico degli winelovers e addetti ai lavori sabato pomeriggio, dalle ore 17 alle 20 e domenica, dalle ore 11 alle 20.

La due giorni sarà arricchita dalla possibilità di gustare l’ottima ristorazione del Castello di San Gaudenzio, tra sfiziosità “finger food” e grandi piatti della tradizione. Il biglietto d’ingresso (per un costo di 20 euro), darà diritto al bicchiere ricordo con tasca, alla degustazione illimitata di tutti i vini delle aziende presenti e al piatto degustazione. Sabato alle 18.30 si terrà la “Tavola Rotonda”, Tavolo di Lavoro a cura di B&B Terre Pavesi per il Progetto Pavia 2020 - il Futuro - Agrifood/ Slowfood vino, itinerari e arte nell’oltrepò pavese. Alla “Tavola Rotonda” interverranno i professori dell’Università di Pavia Stefano Denicolai ed Emma Varasio, la Professoressa Maria Daglia di Agrifood e Dr. Teresio Nardi di Slowfood, Dr. Andrea Guerrini di European Hub S.R.l., Dott.ssa Elisabetta Fedegari presidente dell’Associazione culturale Vivi Pavia, Dr. Emanuele Bottiroli Direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese, l’enologo Mario Maffi, Dr. Gaetano Casalaina presidente dell’Associazione Amici Italia/Russia, Dott.ssa Antonietta Mazzeo sommelier ed editorialista di enogastronomia e la Dott.ssa Ilaria Beccari.

A seguire si terrà, inoltre, una grande cena di gala che legherà la cultura d’impresa e l’identità delle grandi bollicine italiane … sulle note gustose dello chef Mauro Ridolfi (segnaliamo che, per la Cena di Gala, la prenotazione è obbligatoria e da effettuarsi via email a mabedo@mabedo.it o al numero 320 699 0692. Il costo della Cena di Gala è di 35 euro a persona, vini inclusi). Durante i due giorni dell’evento, potrete ammirare le opere del giovane artista catanzarese Luca Valpiana. A testimonianza dell’alta valenza culturale di “Bollicine in Castello” spicca il logo dell’evento, creato dall’artista pavese Stefano Bressani, ideatore delle “Sculture Vestite”. Sentite già le bollicine pizzicarvi il palato? Allora non perdetevi “Bollicine in Castello”!!! Noi vi aspettiamo!

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“Bollicine”


Veduta aerea del Castello di San Gaudenzio

L’ideatore di Bollicine in Castello Filippo Quaglini


Alcuni momenti della scorsa edizione di “Bollicine in Castello�





in Oltrepò Pavese

Bollicine & Bu Terre p

14 maggio o Progetto Pavia 2020 Vino, itinerari e arte

Cena “Vini, sapo

Sabato or

Esposizione di opere

Sabato 14 (dall Domenica 15 (da Calice con tasca e fin

www.bollicine


INAUGURAZIONE 14 Maggio ore 17.00

usiness Lounge pavesi

ore 18.30 Agrifood/Slowfood nell’Oltrepò Pavese

ori e benessere”

re 20.30

e di Luca Viapiana

le 17 alle 20) alle 11 alle 20) ngerfood: 20 euro

eincastello.it





Mostra “Tranquillo Cremona e la Scapigliatura” Scuderie del Castello di Pavia (26 febbraio – 5 giugno 2016) di Silvia Brigada Preludio Noi siamo i figli dei padri ammalati: aquile al tempo di mutar le piume, svolazziam muti, attoniti, affamati, sull’agonia di un nume. Nebbia remota è lo splendor dell’arca, e già all’idolo d’or torna l’umano, e dal vertice sacro il patriarca s’attende invano; s’attende invano dalla musa bianca che abitò venti secoli il Calvario, e invan l’esausta vergine s’abbranca ai lembi del Sudario... Casto poeta che l ‘Italia adora, vegliardo in sante visioni assorto, tu puoi morir!... Degli antecristi è l’ora! Cristo è rimorto! O nemico lettor, canto la Noia, l’eredità del dubbio e dell’ignoto, il tuo re, il tuo pontefice, il tuo boia, il tuo cielo, e il tuo loto! Canto litane di martire e d’empio; canto gli amori dei sette peccati che mi stanno nel cor, come in un tempio, inginocchiati. Canto le ebbrezze dei bagni d’azzurro, e l’Ideale che annega nel fango... Non irrider, fratello, al mio sussurro, se qualche volta piango: giacché più del mio pallido demone, odio il minio e la maschera al pensiero, giacché canto una misera canzone, ma canto il vero! (Emilio Praga, dalla raccolta Penombre, 1864)

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Eventi Pavia

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uesta poesia è considerata il manifesto della Scapigliatura, movimento artistico sviluppatosi nella seconda metà dell’Ottocento in Lombardia da un gruppo di artisti ribelli, confusi, scapigliati, insomma, che urlavano la loro insofferenza nei confronti della società benpensante dell’epoca.

“Sinestesia”, “osteria” e “amicizia” sono le tre parole chiave della Scapigliatura che Pavia celebra in questa bella mostra alle Scuderie del Castello. La scelta del tema non è casuale, dato che uno dei suoi massimi esponenti, Tranquillo Cremona (fine pittore e ardito scapigliato) e molti dei suoi amici, hanno gravitato nella Pavia vittoriana di fine Ottocento, influendo sulla vita (soprattutto notturna!) della città. La mostra, inaugurata il 26 febbraio, è visitabile presso le Scuderie del Castello Visconteo (viale XI Febbraio, 35) fino al 5 giugno. Organizzata da ViDi e dal Comune di Pavia (già impegnati nelle fortunatissime mostre precedenti I Macchiaioli – Una rivoluzione d’arte al Caffè Michelangelo e Capolavori della Johannesburg Art Gallery. Da Degas a Picasso) la mostra è stata curata da Susanna Zatti, direttore dei Musei Civici, e Simona Bartolena, con la collaborazione di Gianfranca Lavezzi, docente dell’Università di Pavia per gli approfondimenti letterari, e Daniela Gatti e Candida Felici dell’Istituto Vittadini per gli aspetti legati alla musica. Cinquanta opere, un gruppo di artisti (sia uomini che donne) assolutamente borderline, tra genio e follia, vivono la ribellione verso una società statica di cui non si sentiranno mai parte. Giochi, sollazzi, bevute e colpi di genio.

Gli Scapigliati: Luigi Conconi, Carlo Dossi, Giovanni Giachi, Emilio Praga



La Mostra “Tranquillo Cremona e la Scapigliatura� nelle sale delle Scuderie del Castello di Pavia



Eventi Pavia “Questa casta o classe - che sarà meglio detto - vero pandemonio del secolo; personificazione della follia che sta fuori dai manicomii; serbatoio del disordine, della imprevidenza, dello spirito di rivolta e di opposizione a tutti gli ordini stabiliti; - io l’ho chiamata appunto la Scapigliatura”: così nel 1862 Cletto Arrighi inventava il termine che avrebbe consacrato alla storia il movimento artistico letterario. E insieme a lui altri nomi scapigliati, da Arrigo Boito a Carlo Pisani, da Emilio Praga a Luigi Conconi sino a Ugo Tarchetti per la letteratura e la poesia; per la musica Alfredo Catalani, Amilcare Ponchielli e lo stesso Boito, compositori e librettisti. Daniele Ranzoni, Tranquillo Cremona e Giuseppe Grandi celebrarono la pittura e la scultura, oltrepassando e schiacciando l’arte convenzionale: la nuova pittura si spinse verso l’emozione e al sentimento, scavalcando la mera riproduzione e giungendo alla libera passione chiaroscurale, al non finito che lasciava spazio all’immaginazione, alla ricostruzione personalissima della scena (a nessuno vengono in mente gli Impressionisti?...). Alle pitture romantiche che rappresentano l’orgoglio nazionale proposte da Hayez, il grande maestro d’accademia, gli Scapigliati contrapposero opere dai temi intimi, quotidiani (facendo riferimento al Piccio, artista controverso, poco compreso al suo tempo), dove raccontavano i propri, a volte frivoli, amori e dove, perché no, celebravano le loro serate brave (molto brave!). Anche la scultura si “scioglie” nelle opere di Giuseppe Grandi e di Medardo Rosso. Cinquanta opere che, insomma, dialogano tra loro, toccando i temi più cari e ricorrenti tra gli Scapigliati (dalla musica, alla famiglia, all’amore – morte …). I pezzi esposti appartengono a collezioni locali private e non – Pavia è fascinosa città d’arte, mai dimenticarlo! Ah … vi consiglio l’audioguida … visiterete la mostra ascoltando la voce del protagonista Tranquillo Cremona! Una mostra curiosa e passionale … dalla quale uscirete anche voi di certo un po’ … SCAPIGLIATI!

Per tutte le info: www.scuderiepavia.com Orari: dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18.30; sabato, domenica e festivi, dalle 10 alle 19 (la biglietteria chiude un’ora prima). Biglietti: intero 10 euro, ridotto 8 euro, audioguida inclusa nel prezzo, scuole 5 euro. Per info e prenotazioni: 0382.33676 info@scuderiepavia.com .

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“Il Convegno” di Ambrogio Alciat


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Via Leonardo da Vinci n. 26/30 20089 Rozzano MI - Italia Telefono N. ++39 (02) 8255292-(02)57506318 Facsimile. N. ++39 (02) 89200904 E-mail: info@confer.it WEB.www.confer.it

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Una gita fuoriporta: Montalto Pavese e Borgo Priolo. di Silvia Brigada

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na domenica di tarda primavera, un sole caldo, tu e lui, o tu e lei, o tu e il tuo cane, o tu e l’allegra famiglia ‌ a porvi, sempre, la stessa domanda: dove andiamo?

Ed ecco che arriva PV Magazine a porre soluzione al tremendo quesito! Questo mese vi consigliamo una gita fuoriporta nel nostro meraviglioso ed ancora poco conosciuto Oltrepò Pavese, una gita tra gli ameni colli di Montalto Pavese e Borgo Priolo.



Gita fuori porta

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ontalto, dal nome non casuale, dato che si trova sulle alte colline sopra Casteggio, è chiamata “Regina dell’ Oltrepò Pavese proprio per la sua posizione e per la presenza di un imponente castello che domina tutta la vallata, tanto da essere visibile praticamente da ogni posizione.

Il territorio di Montalto è citato nei documenti dal X secolo come appartenente al Monastero pavese di Santa Maria alle Cacce (allora molto ricco di possedimenti). Dal 1164 Montalto è invece citato tra i luoghi che passarono alla città di Pavia; da subito fu donato come fondo alla famiglia Belcredi, che caratterizzò la storia e le vicissitudini del paese per secoli. Alla fine del Quattrocento Montalto passò agli Sforza e da questi fu infeudato alla famiglia Strozzi di Mantova ma, di fatto, il potere restò sempre ai Belcredi che mantennero la proprietà del castello. Nel 1617 il feudo fu venduto ai Taverna di Landriano, ma nel 1658 fu riacquistato … indovinate da chi? Giusto, sempre dai Belcredi, che stavolta se lo tennero fino alla fine del Settecento. Nel secolo successivo Montalto entrò nel circuito di Voghera e dipendente dalla Provincia di Pavia. Il Castello di Montalto è di certo uno dei più importanti e spettacolari dell’Oltrepò: andate a vederlo! L’edificio attuale fu costruito nel 1593 (come riportato sull’epigrafe posta all’ingresso) e i lavori proseguirono per molti secoli, fino alle conquiste napoleoniche. Imponente e maestoso, il castello, che oggi possiamo definire come palazzo signorile, fu eretto su una precedente costruzione fortificata del V secolo, la quale fu distrutta durante la dominazione spagnola in Lombardia. L’unico elemento di questa antica costruzione che sopravvive oggi è la grande torre (probabilmente il mastio) senza merlature che definisce l’imponenza dell’edificio. Il palazzo fu arricchito nel tempo soprattutto dai Belcredi, in particolare da Giuseppe Belcredi, sino a renderlo un vero e proprio palazzo signorile, frequentato da ospiti illustri, tra cui Alessandro Volta, per i quali il padrone di casa organizzava spesso rappresentazioni teatrali. E poi arrivarono i tempi bui: dalla seconda metà del XVIII secolo ai primi del XIX il castello visse un periodo di totale abbandono, fino a quando, gli attuali proprietari, i quali completarono la costruzione dei giardini ed edificarono la torre occidentale sul modello di quella esistente. Oggi il castello ha splendidi interni fastosi in stile barocco (scelte stilistiche degli ultimi proprietari) e due splendidi giardini: uno all’italiana e uno all’inglese.

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Il Castello di Montalto Pavese - Foto di Lucia Tuoto


Il Castello di Montalto Pavese - Foto aerea di Flavio Chiesa


Sabrina Orsini, Alessandro Pantoli e Valerio Tagliacarne


Reportage eventi

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opo la tappa al castello, passeggiate verso la piazza principale di Montalto dalla quale si gode di una bellissima vista sulla vallata.

Proseguite da qui per la strada principale e giungete al cosiddetto “Belvedere” in Costa del vento. Pace per l’animo e per corse spericolate: questa zona, per la sua posizione sulla cresta della collina, tra la strettissima Valle Scuropasso e la Valle delle Ghiaie, è soggetto a un fortissimo vento, che la rende amatissima (e frequentatissima) dagli amanti dell’aeromodellismo, deltaplano e parapendio! Qui ogni pensiero o preoccupazione svanisce … bastano pochi minuti per essere invasi da una meravigliosa sensazione di benessere e di pace interiore. Questo posto è magico. Sdraiatevi nel prato verdissimo e lasciatevi cullare dal vento, con il naso all’insù osservate il cielo e le nuvole che passano veloci …

Salite, poi, sul crinale (ne vale avvero la pena, credetemi!) e raggiungete la Cappella della Madonna del vento, un culto locale molto sentito, tanto che tantissimi fedeli scrivono messaggi alla Vergine su foglietti che poi appendono nella cappelletta (ovunque!). In estate, oltre alla Processione in onore della Madonna, si tiene la celebre rassegna “Calice di Stelle” (la settimana che si conclude il dieci agosto, San Lorenzo), occasione imperdibile per assaggiare i prodotti vitivinicoli delle aziende locali e per … rincorrere le stelle cadenti! (immaginate che spettacolo qui le notti stellate d’agosto!). Da qui, proseguendo sempre lungo il crinale, si arriva, più in altro, alla statua del Cristo di Monte Cristo. Un poco più in là si scorge la torre del Castello di Stefanago, e dalla parte opposta vediamo le antenne del Monte Penice e il cupolone del monte Lesima. Verso la pianura, quando il cielo è terso si riescono a vedere addirittura le guglie del Duomo di Milano e la cupola del Duomo di Pavia. Tutto questo incorniciato dall’imponente Monte Rosa. Da qui, altri scorci, altra meraviglia, ancora più a stretto contatto con la nostra anima. Se vi resta un po’ di curiosità, visitate anche il piccolo Museo Contadino (in Località Villa), per assaporare fino in fondo il carattere agricolo e vitivinicolo di questo paese.

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Montalto Pavese statua del Cristo di Monte Cristo - Foto di Lucia Tuoto


Gita fuori porta

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pochi chilometri (6 per essere precisi), si trova una seconda tappa per la vostra gitarella: Borgo Priolo.

Il comune di Borgo Priolo è situato nella parte centro-ovest della provincia di Pavia e nella parte sud dell’Oltrepò pavese. Il paese fu costiutito nel 1928 dall’unione dei due antichi comuni di Staghiglione e Torre del Monte. La località è citata per la prima volta nel 1250, nell’elenco delle terre dell’Oltrepò Pavese, come Burgum Pirrioli cum Monte Santa Marie, dove il secondo toponimo indica l’attuale Torre del Monte. Il territorio di Borgo Priolo si divide in tre parti, la parte pianeggiante, la parte di bassa e media collina e infine la fascia di alta collina.

A Borgo Priolo e nelle sue innumerevoli frazioni, consigliamo una visita alla Chiesa di San Carlo e al Murales dedicato alla Pace dell’artista Guy de Jang nella piazza antistante il Municipio di Borgo Priolo. Andate, da qui, alla frazione Torrazzetta e al suo Castello. Torrazzetta è una frazione di soli 42 abitanti, situata a 130/140 m s.l.m. Qui è presente la Villa-Castello di Torrazzetta, una dimora storica che in passato è stata residenza di famiglie nobiliari, in particolare dei Marchesi Serra che vi hanno dimorato fino alla metà del secolo scorso. Fu anche visitata da Napoleone III nel 1859. Il complesso edificato consiste in una costruzione principale, rappresentata da una torre quadrangolare, con sezioni di notevole spessore alla quale si appoggiano la cappella gentilizia, di costruzione seicentesca e la sontuosa villa padronale la cui costruzione venne ultimata nella seconda metà dell’Ottocento. La Villa-Castello è oggi di proprietà della Fondazione don Niso Dallavalle che la utilizza per convegni e cerimonie, per attività religiose e spirituali. E, ancora, visitate il piccolo borgo rurale di Casa Perotti (Cà de Protti), posto a mezza collina tra i vigneti, al confine con il contiguo comune di Borgoratto Mormorolo. Le persone che vi abitano sono appena otto ed occupano solo sei delle case esistenti. Il centro del borgo è occupato da un vecchio castello quattrocentesco, in corso di ristrutturazione.

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Borgo Priolo Chiesa di San Carlo - Foto di Arturo Defilippi


Murales dedicato alla Pace dell’artista Guy de Jang



Villa - Castello di Torrazzetta - Foto di Arturo Defilippi



Gita fuori porta

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nfine, ultima tappa alla frazione di Staghiglione e alla sua chiesa Parrocchiale di S. Lorenzo Martire. Ma non di sola religione vive Staghiglione … anzi!

Dovete assolutamente tornare il lunedì di Pasquetta, quando si celebra la famosa Sagra del Brasadè di Staghiglione.

Il termine brasadè è dialettale e significa ciambella. Un tempo indicava una collana di ciambelle, legate da uno spago e portate al collo dalle bambine come ornamento, donate tradizionalmente ai cresimandi. Ogni lunedì di Pasqua il Comune di Borgo Priolo organizza una sagra in onore di questo dolce tipico, che nel 2006 ha ricevuto la certificazione De.C.O. La tradizione è rimasta pressoché immutata. Non sarà più la collana portata al collo delle bambine e donata ai cresimandi, ma i Brasadè sono ancora oggi ciambelle legate a un filo, come quelli di Staghiglione, che vengono confezionati in collane di undici ciambelle, secondo uno schema di confezionamento rimasto identico da oltre cent’anni. Cinque ciambelle sono infilate con la parte piatta rivolta nello stesso verso e le altre cinque con la parte piatta in verso opposto. L’undicesima ciambella viene usata come fermaglio e a questa si legano i capi dello spago di cotone della collana. La loro composizione, che tende a una conservazione molto lunga, la semplicità degli ingredienti e rendono i brasadè un dolce tipicamente contadino e povero. Un tempo, con molta probabilità, non era considerato un vero e proprio dolce, ma un alimento per spezzare la fame, tanto più che per la sua legatura, la collana era facilmente trasportabile (e mangiabile!). Origini antiche e povere, quindi, come ogni attuale simbolo di tradizione e di quelle radici che ci cerca, qui, di tenere vive!

Vi aspettiamo il mese prossimo per un nuovo numero di PV Magazine e per nuovi consigli per le vostre gite fuoriporta! I Brasadè - Foto Distretto dei Borghi e Castelli


Loc. Staghiglione Chiesa Parrocchiale di S. Lorenzo Martire






Ricette antiche dell’Oltrepo’ A cura di Claudia Peccenini

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entrovate care lettrici!!

La ricetta che vi proporrò in questo numero è un delizioso e gustosissimo primo piatto della nostra vallata: “I MALFATTI”. Ci sono diverse scuole di pensiero su come impastarli o su quali verdure utilizzare, io vi descriverò la ricetta della mia bis nonna Teresa, che, nata nel 1871 e, divenuta in seguito cuoca, suppongo essere quella originale. Teresa aveva 8 bambini, ogni giorno doveva cucinare molto per sfamarli tutti, nei piccoli paesi non c’era tanta ricchezza, quindi sfornava gigantesche micche di pane e andava nei campi a raccogliere erbe di ogni sorta con le quali preparava frittatone e gustosi ripieni. I Malfatti, erano un piatto molto povero ma tipico della domenica o delle occasioni importanti. Ai primi del 900 si trasferì per diversi anni a Buenos Aires, con alcuni dei sui figli, dove lavorò come cuoca presso una nobile famiglia proprio di fronte alla Casa Rosada, così da portare la nostra cultura culinaria anche altre oceano...

Claudia Peccenini


Nella foto Bis nonna Teresa col marito Giuseppe e parte della sua prole


Rubrica ricette - I Malfatti

Ingredienti per 4 persone costo basso • 1 micca rafferma • 1/2 kilo di erbette • 250 gr. ricotta • 2 uova fresche • 1 cucchiaio abbondante di farina • 80 gr. Grana Padano • 1/2 cipolla • 1 tazza e mezza di brodo • 1 pizzico di noce moscata • 1 foglia di alloro • 2 cucchiai di olio d’oliva

Preparazione • 1

Tagliate a metà la micca rafferma, grattugiatene 150 grammi e tagliatene a pezzetti non troppo grossi altri 150 grammi.

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Scaldate il brodo e fatevi ammorbidire il pane a pezzetti fino a che risulti ben imbevuto e morbido, quindi lasciate raffreddare

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Lavate bene le erbette avendo cura di togliere i gambi, sbollentatele in poca acqua per pochi minuti, quindi scolatele.

• 4

Una volta intiepidite strizzatele molto bene.

• 5 4

Sminuzzatele con la mezza luna.

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Rubrica ricette - “I Malfatti” 6

• 6

Tritate separatamente e minuziosamente anche il pane imbevuto di brodo.

• 7 Pulite la mezza cipolla, tagliatela a rondelle sottili e fatela appassire nei 2 cucchiai di olio con la noce moscata, la foglia di alloro e un pizzico di sale. Lasciate raffreddare.Togliete la foglia di alloro.

• 8

In un terrina versate, nel seguente ordine, il pane grattugiato e la ricotta ai quali sovrapporrete le erbette sminuzzate, un uovo e la farina.

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Aggiungete al composto il grana, il pane tritato imbevuto, la cipolla rosolata e l’altro uovo.

• 10 Mescolate delicatamente e in modo omogeneo tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto morbido ma compatto.

• 11

Infarinate un supporto e incominciate a preparare dei barilotti lunghi circa 5 0 6 cm, prendendo un po di impasto e facendolo rotolare sul palmo delle mani . Vedrete è molto semplice. E’ logico che i cilindri non saranno tutti uguali, avranno dimensioni e rotondità differenti, da qui appunto il nome Malfatti!!!!

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Rubrica ricette - “I Malfatti”

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Ecco i nostri Malfatti pronti per la cottura!!!! Fate bollire in una pentola l’ acqua salata e delicatamente versatevi i Malfatti, uno ad uno fino a che non saliranno a “galla” dopo pochi minuti di cottura (max. 3 minuti). Scolateli con il mescolo forato.

Il nostro bel piatto è pronto; per questa occasione l’ho condito con burro, salvia e una spolverata di Grana Padano, ma è molto gustoso anche con un buon sugo di funghi porcini locali che vi proporrò prossimamente!!! Una curiosità: Nel nostro paese, e quindi nella ricetta originale, il formaggio che veniva utilizzato al posto del Grana Padano era il “ROBIO’”, ossia una piccola caciotta di latte vaccino, prodotto dai contadini che, lasciata stagionare un paio di mesi, diventava grattugiabile. Ormai purtroppo non la produce più nessuno.

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In cucina con Gaia A cura di Gaia Servidio

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i chiamo Gaia,

sono nata in Oltrepò Pavese, terra che sin da piccola mi ha cullata tra i suoi vigneti e le sue dolci colline, adoro cucinare, ma ancora di più utilizzare i prodotti del territorio. Mi ha sempre affascinato il profondo legame tra territorio, tradizione e identità. Questo mese vi propongo un Filetto alla polvere di liquirizia e cipolle rosse caramellate... Buon appetito!

Gaia Servidio


Filetto alla polvere di liquirizia e cipolle rosse caramellate

Ingredienti per 4 persone • • • • • • • •

4 filetti di manzo Burro q.b. Sale Polvere di liquirizia 4 cipolle rosse di Breme Aceto Zucchero Alcune foglie di menta per decorare

Preparazione • 1 Tagliare le 4 cipolle a fettine sottili e immergerle in acqua per qualche minuto, scolarle e metterle in un pentolino con una spruzzata d’aceto a proprio gusto e 3 cucchiai di zucchero, cuocere a fuoco medio per qualche minuto poi a fuoco basso fino a quando non appassiscono e diventano rosa. • 2 In una padella antiaderente ben calda predisporre i 4 filetti farli sigillare bene per ogni lato in modo che i succhi rimangano all’interno. • 3 Preriscaldare il forno a 180° e una volta ben sigillati i filetti e sfumati con un bicchiere di vino rosso, salare, pepare e spolverare con liquirizia in polvere. • 4 Predisporre su una teglia i filetti e su ognuno aggiungere una noce di burro, infornare per 7-8 minuti . Se si desidera più cotto tenere in forno altri 5 minuti. • 5 Impiattare spolverando con della liquirizia in polvere e predisporre le cipolle intorno al filetto a proprio gusto Abbinamento consigliato: Pinot nero Rosso dell’Oltrepò







PVMagazine N. 4

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