PVMagazine n.5

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N.5

PVMagazine LA RIVISTA DELLA PROVINCIA DI PAVIA

CAPOLAVORI NASCOSTI • Orto Botanico - Pavia • Breme e la sagra della Cipolla Rossa PAESI IN RIVA AL FIUME • Chignolo Po ITINERARI - SPECIALE OLTREPO’ • Zavattarello e Romagnese PERCORSI RELIGIOSI • San Pietro in Ciel d’oro e la festa di Santa Rita REPORTAGE EVENTI • Speciale “Bollicine in Castello” • Taste of Milano EVENTI • Rally 4 Regioni Storico. • Pomeriggio in fattoria all’Azienda Agricola la Coccinella GITA FUORI PORTA • Varzi RUBRICA RICETTE • Ricette antiche dell’Oltrepo’ a cura di Claudia Peccenini • In cucina con Gaia Servidio



PVMagazine EDITORIALE C

arissimi lettori,

eccoci al quinto PV Magazine!

numero

dell’attesissimo

Un mese pieno di scoperte, di luoghi meravigliosi da visitare e gusti unici!

Lasciatevi accompagnare tra i Capolavori nascosti della nostra consueta rubrica, questo mese all’Orto botanico di Pavia e a Breme, nel cuore della Lomellina per la Festa della Cipolla rossa. A grande richiesta torna la nostra rubrica sui Paesi rivieraschi, che stavolta vi farà scoprire le belle terre fluviali di Chignolo Po. Continua il consolidato appuntamento dei nostri itinerari con lo Speciale Oltrepò dedicato a due perle dell’Oltrepò Pavese, ricchissime di storia e tradizione: Zavatarello e Romagnese. Novità di questo numero di PV magazine è la rubrica dei Percorsi religiosi, che vi guiderà alla scoperta della splendida e romanica Chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia, ripercorrendo la storia di Santa Rita.

A seguire i reportage degli eventi del mese, la fortunata rassegna di Bollicine in castello e Taste of Milano; gli eventi in Oltrepò riguarderanno il Rally 4 regioni e l’evento organizzato dall’Azienda Agricola La Coccinella. Non manca la nostra Gita fuori porta, che questo mese ha come meta Varzi. E per concludere con una nota golosa … la rubrica ricette tra frittate di papaveri e creme fredda zucchine con cipollotti e favette, zeste di limone e olio all’acciuga. Buona lettura!

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Sommario 8 88

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CAPOLAVORI NASCOSTI • Orto Botanico - Pavia • Breme .. la dolcissima. Tra abbazie e la sagra della Cipolla Rossa 10 - 19 Giugno 2016

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PAESI IN RIVA AL FIUME • Chignolo Po. Due fiumi e un Castello

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ITINERARI - SPECIALE OLTREPO’ • Alla scoperta di Zavattarello e Romagnese

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PERCORSI RELIGIOSI • San Pietro in Ciel d’oro e la santa degli impossibili. Il Maggio delle rose e di Santa Rita REPORTAGE EVENTI • Speciale “Bollicine in Castello” • Taste of Milano EVENTI • Tra conferme e novità, c’è grande attesa per rally 4 regioni Storico. • Pomeriggio in fattoria all’Azienda Agricola la Coccinella. Domenica 12 Giugno

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GITA FUORI PORTA • Varzi

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RUBRICA RICETTE • Ricette antiche dell’Oltrepo’ a cura di Claudia Peccenini • In cucina con Gaia Servidio

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Orto Botanico – Pavia Testo di Silvia Brigada Foto di Sara Giammona


Pavia - Orto Botanico


Pavia - Orto Botanico

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Capolavori nascosti - Pavia

“Che cosa c’è in un nome? Quel che noi chiamiamo col nome di rosa, anche se lo chiamassimo d’un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo”.

(da “Romeo e Giulietta” - William Shakespeare)

S

i sa, maggio è il mese delle rose e anche l’Orto Botanico di Pavia ha celebrato anche quest’anno la rosa con un appuntamento storico e molto sentito, proprio in questo mese. Una giornata interamente dedicata alle rose, presentando specie e varietà, antiche e moderne. Chi conosce l’Orto Botanico? Si tratta di un luogo unico e singolare, che sorge nel cuore di Pavia (non lontano dalle Mura Spagnole) dove perdersi tra le tantissime specie di piante e fiori. L’Orto dipende ed è gestito da sempre dall’Università di Pavia, e si presenta come un’oasi di studio e ricerca botanica e non solo. L’Orto ha qui la sua sede sin dalla fine del Settecento, quando l’Università scelse questo luogo come idoneo per la coltivazione e l’insegnamento dei semplici nella facoltà di medicina. Con il termine di “semplici” già in età medievale si indicavano quelle varietà vegetali con poteri medicamentosi, cioè con proprietà mediche e di guarigione. All’epoca vi erano vari orti cittadini, tutti luoghi pubblici, dove si coltivavano specie vegetali provenienti da ogni parte del mondo e dove gli studenti potevano studiare, fare ricerca e sperimentazioni di medicina e di botanica. La stessa Università di Pavia, alla fine del Settecento, era particolarmente votata agli studi di botanica, tanto che il monaco vallombrosiano Fulgenzio Witman (fondatore della prima cattedra di botanica e allievo di Maratta), insegnò nell’ateneo pavese dal 1763 al 1773. Grazie a lui e al Conte Firmian (sostenuto dagli Asburgo, che favorirono molto gli studi scientifici in Lombardia, e a Pavia in particolare, per tutto il Settecento) si scelse questa sede per costituire l’Orto Botanico, vale a dire l’area dove sorgeva la chiesa di S. Epifanio (di cui la Piazzetta a fianco mantiene ancora il toponimo), annessa al convento dei Padri Lateranensi.

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Capolavori nascosti - Pavia

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lavori iniziarono nel 1772, sul modello del celeberrimo Orto Botanico di Padova, con la collaborazione del suo direttore e sulla base della pianta del castello di Schonbrunn di Vienna. Nel 1776 venne insediato nell’edificio il laboratorio di chimica e, nel 1776, iniziò la costruzione delle grandi serre di legno sul progetto di Piermarini, dove oggi ci sono le serre scopoliane. Queste ultime prendono il nome da uno dei direttori più influenti, Giovanni Antonio Scopoli (1777 – 1788), sotto la direzione del quale l’orto assunse il suo aspetto definitivo. In questo periodo vennero aggiunte le serre in muratura, le strutture in vetro per le piante tropicali; intensi furono i contatti del nostro orto con botanici del tempo di tutto il mondo (valga per tutti il nome di Linneo), che favorirono l’invio di sementi e piante da ogni dove. Durante gli anni Quaranta del secolo scorso L’Orto Botanico subì gravi danni durante la guerra; furono rimosse delle parti e ridimensionata la facciata, ma vi furono anche aggiunte nella parte sud, quale il famoso e pregevolissimo “Giardino delle rose” o “Collezione di Rosa”. Dal 1997 l’Orto Botanico fa parte del Dipartimento di Ecologia del Territorio e degli Ambienti Terrestri, nel quale è confluito l’Istituto di Botanica. L’Orto Botanico è parte del Sistema Museale di Ateneo e della Rete degli Orti Botanici della Lombardia partecipando alle relative attività coordinate di carattere museale, scientifico e didattico. All’interno dell’edificio vi è un graziosissimo chiostro che accoglie eventi, rassegne e concerti, abbellito dal caratteristico pozzo, al centro del cortile; la Biblioteca custodisce testi antichi e moderni di botanica. L’Orto ospita oggi un centro ricerca, i laboratori e il giardino; ogni mese vengono organizzate attività quali eco pellegrinaggi, attività didattiche con le scuole, wokshop e visite guidate.

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Le Rose dell’Orto Botanico



Capolavori nascosti - Pavia

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rboreti, erbari (risalenti al 1780!), piante medicinali, angiosperme, serre tropicali, piante utilitarie, esotiche, da frutto, da legno e aromatiche, aiuole del Tè, serre delle orchidee, azalee, gelsomini profumatissimi, piante autoctone della pianura padana, il “grottino” recentemente ristrutturato e il celebre platano di Scopoli (ultrabicentenario!)… una meravigliosa passeggiata per appassionati o, semplicemente, per chi ama la natura e vuole vivere per una volta il mondo vegetale con occhi … botanici! … (Anche se non avete il pollice verde!).

Via S. Epifanio, 14 - 27100 Pavia. E-mail: orto.botanico@unipv.it www.amiciortobotanicopavia.it Orari di apertura al pubblico: Lun-Giov: 9.00/12.30; 14.30/17.00; Ven: 9.00-12.00 Visite guidate: Amici dell’Orto Botanico, Tel. (+39) 0382 22534.

Fiore di Ninfea

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Platano Secolare






Breme ... la dolcissima.

Tra abbazie e la sagra della Cipolla Rossa. 10 - 19 Giugno 2016 Di Silvia Brigada

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orniamo nel cuore della Lomellina, dove il Sesia confluisce nel Po, e sorge la piccola e bellissima Breme.

Breme ricopre una particolare importanza dal punto di vista storico, in quanto sede di un antico monastero che acquisì grande importanza nel 929, quando vi si trasferirono i monaci dell’Abbazia della Novalesa, distrutta dai Saraceni nel 906. L’edificio attuale è quello costruito dagli Olivetani intorno alla metà del Cinquecento, ma radicalmente restaurato un secolo dopo e, in seguito, dopo lo smantellamento delle fortificazioni sabaude. Il corpo principale è quello disposto attorno all’attuale cortile delle scuole, l’antico chiostro del monastero, ma facevano parte del complesso abbaziale anche i fabbricati del cortile adiacente, legati all’edificio principale da un arco sul quale si nota, molto sbiadito, l’emblema dei frati Olivetani. Completava il monastero il giardino terrazzato. La chiesa abbaziale era situata sul lato nord del chiostro ed era rivolta verso oriente, verso Gerusalemme, come tutte le chiese antiche. Anche se è difficile ricostruire oggi con esattezza la struttura e la ripartizione dell’abbazia, con ogni probabilità, al piano terreno erano situati i locali comuni: la sala capitolare, il refettorio, lo scriptorium, l’erboristeria-farmacia, mentre al primo piano trovavano posto l’appartamento dell’abate e le celle dei frati. La parte rustica, con i servizi legati alle necessità del monastero (mulino, forno, officina, granai, stalle, ecc.), era probabilmente situata nel gruppo di fabbricati a nord della chiesa. Nei sotterranei, infine, trovavano posto i magazzini, la dispensa, la cantina, la ghiacciaia e la cucina; quest’ultima, in particolare, si è ben conservata e merita una visita: situata accanto al pozzo dell’acqua, vi troneggia un monumentale camino e alcuni fornelli in muratura. E’ possibile visitare anche la cripta della chiesa abbaziale, probabilmente tra i primi edifici costruiti e dunque databile intorno all’anno 1000.

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Breme - Abbazia San Pietro


Breme - Chiesa parrocchiale dedicata alla B.V. Assunta


Capolavori nascosti - Lomellina

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ltre all’Abbazia di S. Pietro merita di certo anche una visita alla Chiesa parrocchiale dedicata alla B.V. Assunta, anteriore alla fondazione dell’abbazia. La costruzione della chiesa risale ai secoli X - XI, ma vi si scorgono tracce murarie di epoche precedenti. Lo stile è tipicamente romanico. Situato sul lato destro della chiesa si trova il Battistero, vera meraviglia dell’architettura romanica paleocristiana.

La vasca battesimale è a immersione (come in tutti i battisteri paleocristiani).


Capolavori nascosti - Lomellina

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a, si sa, Breme non è celebre solo per l’arte e la fede. Avete mai sentito parlare della Cipolla Rossa di Breme e dell’omonima sagra?

Credetemi, è un evento che, assolutamente, non potete perdervi! Anche quest’anno, dal 10 al 19 giugno, Breme accoglie la Sagra della Cipolla Rossa, giunta ormai alla sua 34esima edizione! Organizzata dalla Polisportiva Bremese, la Sagra è da sempre un successo di pubblico e di sapori, dove è possibile degustare le ricette della tradizione popolare a base della cipolla rossa! Ma, attenzione! Il gusto della cipolla rossa, per chi non lo sapesse, non ha nulla a che fare con quello delle normali cipolle bianche. Ora vi spiego. La Cipolla Rossa di Breme, “sigulla” in dialetto, è la particolare varietà di cipolla che viene coltivata nel territorio che circonda l’abitato del paese. La sua storia comincia nel 906, con l’arrivo dei monaci della Novalesa a Breme. Da allora ben poco è cambiato nelle tecniche di coltivazione. Il lavoro richiesto per la coltivazione è complesso: i semi vengono posti a bagno, con luna calante, in sacchi di iuta; successivamente, appena germinati, vengono recuperati e seminati in vivaio. Dopo un breve periodo le piantine vengono trapiantate in campo, nei pochi terreni verso la golena che da secoli accolgono questa coltura. Il tempo della raccolta giunge a partire da giugno e si protrae per circa due mesi. Il sapore della Cipolla di Breme, persistente ma pacato, assolutamente unico e irriproducibile altrove, è ben definito dall’affettuoso soprannome che i suoi estimatori le hanno dato: “La Dolcissima”. Per questa sua caratteristica, oltre al tradizionale consumo, la cipolla di Breme da sempre si è prestata a interessanti sperimentazioni culinarie e accostamenti solo in apparenza arditi, ma molto apprezzati tipo: marmellata, mostarda, gelato, torta, pizza. I produttori che la coltivano sono una dozzina e ogni anno ne producono 400 quintali di cui circa il cinquanta per cento viene utilizzato in occasione proprio della Sagra della Cipolla Rossa!

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Chiesa di San Giorgio - Campanile

Mostarda di Cipolla Rossa di Breme

Cipolla rossa di Breme






Chignolo Po Due fiumi e un castello Di Silvia Brigada

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orna la nostra rubrica sui paesi rivieraschi della Provincia di Pavia … questa volta vi portiamo a Chignolo Po!

L’ambiente fluviale ha da sempre caratterizzato questo paese, attraversato dal maggior fiume d’Italia, il Po, che ne definisce anche il toponimo. Il nome “Chignolo”, invece, deriva dal latino “Cuncolus ad Padum”, “Cuniolus” e dal lombardo “Chignoeu” dovuto alla particolare conformazione di questo borgo. Il paese si snoda su una striscia di terra rialzata tra i fiumi Lambro ed il Po. Fu il duca di Milano Galeazzo Sforza, nel 1466, a rettificare il corso del fiume; lavori durati ben 10 anni che permisero di garantire un territorio più vasto, più fertile e più sicuro dalle inondazioni. L’antico letto del Po, nella vasta ansa, divenne “Mortizza” il cui colatore più grande è il Reale. Dalle tradizioni e, soprattutto dal ritrovamento di reperti archeologici, si pensa che sul suo territorio si fosse stabilita una popolazione sin dall’età della pietra, sicuramente sin dall’età pre-romana quando divenne centro fortificato lungo il percorso della strada Romea, pertanto luogo il passaggio e di sosta dei pellegrini della Via Francigena. Nel IX secolo Chignolo fu concesso in beneficio da re Berengario ai monaci Benedettini di Santa Cristina, il vicino monastero di fondazione Longobarda, che scelse come feudatari stabili la famiglia milanese dei Pusterla. Dopo lunghe contese tra questi ultimi ed i Visconti, il feudo passò infine, dal 1486, alla nobile famiglia Cusani che conservò il patronato sino al 1936.

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Veduta di Chignolo Po


Paesi in riva al fiume Po - Chignolo Po

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n tempo Chignolo, proprio per la presenza del Po, era quindi un importante via per tutte le correnti migratorie.

Il fiume Lambro, che oggi non brilla per limpidezza (purtroppo!) era un tempo famoso per lo splendore delle sue acque, ghiaiose e popolate di pesce pregiato, tanto che la pesca era praticata a livello di professione. Il Po scorre circondato da boschi di pioppo alternati a boschetti di salice con fitto sottobosco. Accanto ai due fiumi esistono una quantità di canali sia naturali che costruiti dall’uomo: Lambrino, Roggia Cusani Visconti, Colatore Reale, Gariga, Nerone che alimentano diversi colatori minori utilizzati per l’irrigazione dei campi. Insieme rendono questa terra assai ricca di acque, fertile e facilmente coltivabile. Si sono inoltre salvate alcune zone paludose quali “i Laghi”, “i Valasi” e “la Torba”. La campagna è coltivata prevalentemente a foraggi, mais, orzo e pioppeti. Essendo quello di Chignolo un territorio ricco di acqua è facile incontrare esemplari meravigliosi di aironi, come il comunissimo airone cinerino e la garzetta, ma anche germani reali, gallinelle d’acqua e martin pescatori

Nel 2012 è stato inaugurato a Chignolo il Museo della Bonifica a Chignolo Po all’interno di quella che fu la Chiavica del Reale. Chignolo accoglie anche uno dei più bei castelli del pavese, il Castello Procaccini. Immerso nella campagna del pavese, il fortilizio è un edificio a due piani cui si accede da un elegante scalone ricurvo in stile settecentesco. Il castello è nato come una fortezza su di un’altura e la torre, dalla quale si controllava un lungo tratto del Po (Cuneulus super Padum), è ad oggi la parte più antica conservata. Si ritiene che fu voluta da Re Liutprando intorno al 740 d.C., quando Pavia era capitale dei Longobardi. Davanti al castello, verso nord, sorge il Borgo (Ricetto), che fu interamente riedificato nel 1600. Il Castello, in poco tempo, a partire dal XIII secolo, divenne uno dei maggiori Feudi Lombardi, su cui si insediarono dapprima i Pusterla, fino a quando, nel 1340, ma la famiglia fu coinvolta in una congiura antiviscontea e ferocemente sterminata. Vennero in seguito i Federici e i Cusani, i quali portarono il castello al suo massimo splendore, ricevendo altresì continui privilegi e concessioni dai Re e dai Duchi di Milano.

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Castello Procaccini di Chignolo Po


Paesi in riva al fiume Po - Chignolo Po

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al 1700 al 1730 esso fu ampliato e trasformato da Fortezza medioevale in una vera e propria reggia settecentesca, dove soggiornarono papi, imperatori: è possibile rivivere il passato e visitare, per esempio, la camera in cui dormì Napoleone Bonaparte o ammirare gli appartamenti di Clemente XI. La magnificenza esterna del castello si esprime anche al suo interno, in special modo nei meravigliosi stucchi ed affreschi che impreziosiscono le sale di rappresentanza, ad opera di artisti della scuola tiepolesca. L’opera fu realizzata per volere del proprietario dell’epoca, il Cardinale Agostino Cusani Visconti (1655 – 1715), che fu Ambasciatore del Papa presso la Repubblica Veneziana ed alla Corte di Luigi XIV a Parigi e Vescovo di Pavia. A seguito di tale grandiosa opera, il Castello di Chignolo Po venne denominato e conosciuto come “la Versailles della Lombardia”, merito anche del bellissimo del giardino all’italiana che circonda il castello. Luogo ameno e fiabesco, all’interno del giardino sorge, scorporato dal resto dell’edificio, un graziosissimo edificio in stile settecentesco, usato come sosta per le passeggiate delle dame, dove solevano prendere il te. Il Castello Procaccini propone visite guidate su appuntamento e organizza eventi e cerimonie (per tutte le info: www.castelloprocaccini.it - 347 4246765).

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Paesi in riva al fiume Po - Chignolo Po

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ora, attenzione! Perché altre storie, altre leggende, si raccontano a Chignolo Po … Conoscete … il burattino “Guignol”?

Tradizione, leggenda ed anche qualche fatto storico ci rimandano alla metà del XVI secolo quando Francesco I invitava e reclutava tessitori Piemontesi e Lombardi (tanti provenienti dalla zona di Pavia) per impiantare e sviluppare in Francia fabbriche di lavorazione della seta il cui commercio si svilupperà specialmente a Lione. Fra questi setaioli ci sarebbero stati anche nativi di Chignolo che portarono con sé qualche pupazzo con teste di legno, per combattere la noia, e usate come intrattenimento nelle feste. Questi setaioli venivano chiamati dai Lionesi “Les Chignoles”. Questo è il prologo; il resto lo si può anche facilmente immaginare: l’inventore del Guignol, Laurent Mourguet, qualche secolo dopo (le prime rappresentazioni si ebbero a partire dal 1808) diede corpo e nome ad un personaggio che era già conosciuto nelle baracche lionesi. E fa certo piacere ai Chignolesi il pensare che questi umili e simpatici burattini possano aver tratto origine proprio a Chignolo che, nel 1981, dedicò la piazza principale a “Guignol”. In quell’anno, infatti, si festeggiò il ritorno, da Lione, del burattinaio Guignol, accompagnato da una delegazione della Municipalità. Negli ultimi anni si sono organizzati nuovamente diversi eventi legati all’arte dei burattini poiché i cittadini vogliono mantenere e consolidare i legame con questa tradizione e con la cultura francese, ed anche la piccola Casa Guignol, ospitata nella ex Filanda, sede del Municipio, è testimonianza di questo impegno.

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Guignol il Burattino







Speciale Oltrepo’ Di Silvia Brigada

Mettete lo zaino in spalla o le ali ai piedi, prendete l’auto o il tandem … insomma, pronti a partire? Questo mese lo Speciale Oltrepò vi porterà in due splendide località tra le verdi colline del pavese: Zavattarello e Romagnese.



Speciale Oltrepo’

ZAVATTARELLO

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n castello, un fantasma … arte e misteri! Zavattarello, uno dei Borghi più Belli d’Italia!

Le origini di questo primo nucleo di Zavattarello risalgono alla metà del XIII secolo. Zavattarello è un comune dell’Oltrepò dell’alta valle Tidone, dal nome assai singolare. Pare che derivi questo toponimo dall’attività prevalente nel borgo per secoli, quella dei ciabattini: il volgare “savattarellum” indica proprio letteralmente “il luogo dove si confezionano le ciabatte (savatte)”. Ancora oggi, nel dialetto locale, il paese è chiamato “Savataré” (e le ciabatte “i savat”!). Ciò che appare da subito giungendo al borgo è l’imponente Castello dal Verme, che si scorge già dal paese. Passeggiamo per il borgo antico che gli Zavattarellesi chiamano “su di dentro”, perché vi si accede dalla piazza attraversando un arco sopra cui si eleva la torre che permetteva il controllo degli accessi: una prima linea di difesa contro gli invasori. Via Marconi, partendo da Piazza Dal Verme, si ricollega a Via Carlo Dal Verme, che conduce al castello: un suggestivo percorso che avvicina per gradi alla storia del paese, che in queste vie pare come sospesa nel tempo, regalando emozioni eterne che sembrano come sprigionate da ogni singola pietra. Il Castello dal Verme è di certo uno dei più noti e meglio conservati di tutto l’Oltrepò Pavese. Il maniero si raggiunge percorrendo una stretta (e impervia) stradina … ma ciò che vi aspetta dopo l’erta (percorribile anche in auto) merita davvero la salita! Il Castello risale alla fine X secolo d.C. ed era dapprima possedimento del vicino monastero di Bobbio. Dopo la dominazione dei Landi, nel 1390 il vescovo di Bobbio cedette il castello al capitano di ventura Jacopo Dal Verme. Iniziò così il pressoché ininterrotto dominio dei Dal Verme, che durerà fino al 1975, anno della donazione al comune del castello e dei terreni circostanti.

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Castello Dal Verme



Speciale Oltrepo’

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ompletamente costruita in pietra, con uno spessore murario medio di circa 4 metri, la rocca è un edificio titanico che, con il ricetto fortificato, le scuderie, gli spalti, la cappella, le sue oltre 40 stanze, costituisce un formidabile complesso architettonico. Dalla terrazza e dalla torre si gode un panorama mozzafiato del territorio circostante: le verdi campagne, i freschi boschi, le colline con gli altri castelli della zona. Il ricetto fortificato era sede di una delle principali scuole di guerra di tutta l’Europa, fondata da Jacopo Dal Verme in quello che poi sarebbe divenuto il cardine dello Stato Vermesco.

Ma ben altro si nasconde al Castello dal Verme … avete mai sentito parlare del celebre fantasma che soggiorna al primo piano del Castello? Ora vi racconto. La leggenda tramanda che la famiglia di Pietro Dal Verme voleva che egli si maritasse con Chiara Sforza, figlia del potente signore di Milano Galeazzo Maria: si trattava di pure nozze di convenienza che miravano ad unire due esponenti di due ricche e potenti famiglie del Nord Italia. Ma il giovane Pietro era innamorato di Camilla Del Maino, figlia del consigliere ducale, che sposò in gran segreto. Dopo un breve ma felice periodo insieme, però, quest’ultima morì in circostanze misteriose. Pietro, trovandosi libero, poté quindi accettare le nozze con Chiara. Quest’ultima non aveva mai accettato il fatto di essere stata “rifiutata” per un’altra (a nessuna donna piace essere la “seconda scelta”, naturalmente), pochi giorni dopo il matrimonio, il 17 ottobre del 1485, avvelenò il neosposo … a quanto si dice la bella signora aggiunse un potente veleno alla colazione di Pietro. Questo è quello che conosciamo della storia, tutto ciò che segue, è leggenda ... o quasi. Infatti sono molte le testimonianze di avvenimenti inspiegabili accaduti nelle sale del castello di Zavattarello: sedie spostate, strani rumori, porte aperte misteriosamente, spartiti scomparsi durante i concerti, voci maschili senza volto. Su queste testimonianze dal 2013 stanno indagando un gruppo di ricercatori del paranormale …

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Zavattarello Chiesa di San Paolo

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Chiesa parrochiale dedicata ai santi Cosma e Damiano


Speciale Oltrepo’

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ll’interno del castello è presente dal 2003 anche il Museo l’Arte Contemporanea “Giuseppe e Titina Dal Verme”.

Nelle sale restaurate del castello ha sede una collezione di arte contemporanea in continua crescita ed evoluzione, che costituisce solo una delle attrattive offerte ai visitatori che a migliaia ogni anno salgono a visitare la rocca medievale. Il museo è situato all’ultimo piano della rocca, per dare un senso di profonda continuità al tempo trascorso e alle vite vissute nei corridoi e nelle stanze del millenario edificio, dimostrando che il tempo non si è fermato, che il castello non si è ridotto a semplice contenitore di reliquie, in un connubio perfetto tra presente e passato. Intorno al castello oggi c’è un parco di circa 79 ettari, di grande rilevanza paesaggistica oltre che storica e ambientale, una vasta pianura che un tempo permetteva di avvistare gli attacchi nemici. Attualmente al castello si organizzano ogni anni mostre, conferenze, concerti ed eventi di diverso genere, tra cui spiccano le Giornate Medievali in agosto, i “Misteri del Castello” e il Festival di musica e danza irlandese. Tra opere architettoniche religiose di Zavattarello, merita menzione la Chiesa patronale di San Paolo, edificata secondo nel X secolo e rimaneggiata a più riprese nei secoli successivi, come testimonia un documento conservato nell’archivio parrocchiale, secondo cui l’edificio fu riconsacrato nel 1520. La facciata fu sovrapposta nel XVIII secolo a quella originaria. Nell’abside è conservata una grande pala d’altare del primo seicento in legno dorato finemente scolpito con un dipinto ad olio del XV secolo raffigurante “Madonna con il Bambino e il Diavolo”. Dietro alla chiesa sorge il cimitero ottagonale costruito nel 1689; oggi qui si trovano le tombe di famiglia dei Conti Dal Verme. Zavattarello ospita anche il meraviglioso museo di Virgilio Bruni noto come “Magazzino dei Ricordi”. Esso raccoglie un’impressionante quantità di oggetti attraverso i quali si raccontano al visitatore vecchie usanze e momenti di vita quotidiana: scolastica, sportiva, ricreativa in genere, e soprattutto lavorativa, grazie alla presenza di strumenti anche curiosi impiegati negli antichi mestieri.

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Speciale Oltrepo’

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ra misteri e ricordi … non so voi, ma a me è venuta fame!

E una cosa è certa, da Zavatterallo non ve ne potrete andare con la pancia vuota e la bocca asciutta! Qualche consiglio? Ecco una lista succulenta di prodotti gastronomici tipici di quest’area, tra pavese e piacentino. Cominciate dai caratteristici i ravioli al brasato, il salame crudo, la coppa piacentina, Salame di Varzi, il cinghiale in salmì con la polenta (la mia passione! Provatela con la cacciagione o il gorgonzola, oppure la “polenta concia” con sugo e Grana) , gli arrosti, i pisarei e fasò. Continuate la dieta con funghi e tartufi pregiati, i tortelli di zucca, terminando con i biscotti artigianali (i Brisadè), il tipico croccante (crucànt in dialetto) e il miele locale!!


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Speciale Oltrepo’

ROMAGNESE

Tipico centro agricolo, Romagnese è caratterizzato da una serie infinita di piccole frazioni, ognuna delle quali con la propria peculiarità. Romagnese fu un dominio dell’Abbazia di San Colombano di Bobbio e feudo del vescovo della stessa città. Passò alla famiglia Del Verme con i Visconti dopo essere stato feudo dei Malaspina. Il nome deriva molto probabilmente dal nome gentilizio romano Romanius unito al suffisso -ensis. Nel X-XI secolo la città era identificata con il nome Romanise. Visitate l’antico castello medievale, che è ora sede comunale; nella torre del castello di Romagnese è stato allestito il “Museo dell’arte rurale e degli strumenti agricoli”. Il museo civico rappresenta un’iniziativa di notevole interesse tecnico, in quanto conserva utensili, arnesi, attrezzi e macchinari usati un tempo nel mondo agricolo e artigianale del territorio. All’interno di questo museo, infatti, è conservata un’immensa varietà di oggettistica donata dagli abitanti del centro della val Tidone proprio con lo scopo di questo allestimento museale. Tra i reperti più significativi si possono trovare alcuni cimeli storici, come l’angolo di una cucina rurale, il banco e la macchina per calzature, la bicicletta utilizzata dall’arrotino, l’antico banco del barbiere con tutti gli attrezzi necessari per barba e capelli, un telaio manuale. Non contente andiamo a vedere anche le macchine da scrivere antichissime, altri oggetti utilizzati in agricoltura, diversi tipi di stufe e scaldaletto, arnesi utilizzati dai falegnami e diversi tipi di seghe; martelli, scalpelli, attrezzi utilizzati dai contadini per arare i terreni agricoli. Gli arnesi utilizzati anticamente dagli artigiani e l’ambiente dove si svolgevano le loro attività sono caratteristici di un momento storico particolare, ricostruito fedelmente nel museo. La bicicletta dell’arrotino, la macchina per filare, gli strumenti del falegname, fotografano momenti di vita lavorativa, così come l’angolo della cucina e quello della toeletta offrono quadri di vita vera e semplice. Semplice come la gente che ha abitato questo borgo medievale, situato a ridosso del monte Penice.

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Chiesa di San Vincenzo Foto aerea su Romagnese di Flavio Chiesa


Speciale Oltrepo’

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oco distante dal castello – comune sorge la Chiesa cinquecentesca di San Lorenzo. Al suo interno si trovano tele di grande interesse attribuite a Palma il Giovane e marmi variopinti che fanno da ornamento all’altare e al coro. Da questa chiesa partono, durante la Settimana Santa, le suggestive processioni del Cristo Vivente, del Giovedì Santo, e del Cristo Morto, accompagnate dai falò accesi in tutta la valle. Si suggerisce di seguire il percorso nelle stagioni di primavera, estate e autunno per apprezzarne i colori e le forme. In località Casa Canarini è posizionata un’area attrezzata per la sosta.

Lasciate, ora, il borgo e andate a visitare il famoso Giardino Alpino di Pietra Corva ... un’esperienza unica, ve lo garantisco!

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Il Borgo di Romagnese


Chiesa di San Lorenzo


Speciale Oltrepo’

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l giardino si trova a 950 m di altitudine, sul versante del Monte Pietra di Corvo, su una scura emersione di roccia ofiolitica che sovrasta il giardino stesso. Le specie presenti nel giardino sono circa 1200 … quante ne riconoscete? Ideato e realizzato dal Dott. Antonio Ridella, veterinario e cinofilo, ma anche naturalista e grande appassionato ed esperto di botanica, il Giardino alpino di Pietra Corva fu aperto ufficialmente al pubblico nel 1967 con la finalità di conservare e adattare piante d’alta quota che Ridella stesso andava scoprendo attraverso viaggi ed escursioni botaniche effettuati non solo su Alpi ed Appennini ma anche su Pirenei, Carpazi, Caucaso sino all’Himalaya e Ande. Attorno agli anni ‘70 la passione e l’entusiasmo del fondatore riuscirono a contagiare un gruppo di amici che lo aiutarono a potenziare la struttura del giardino. Attualmente il giardino è gestito dalla Provincia di Pavia attraverso una convenzione con il comune di Romagnese e la Comunità Montana Oltrepo Pavese.

Il Giardino è dotato di una foresteria, di un centro-visita che illustra i diversi aspetti del territorio ed è completato da una serie di pannelli didattici esposti lungo i sentieri interni. I recinti confinanti con queste strutture ospitano inoltre cervi, daini e mufloni. E’ stato di recente realizzato un Centro Studi dell’Appennino Settentrionale il cui scopo è quello di favorire, sviluppare e realizzare attività di ricerca, educazione ed informazione sull’ecosistema naturale appenninico nonché attività di studio della biodiversità del territorio limitrofo.

Giardino Alpino di Pietra Corva Il giardino è aperto dal 1 aprile al 30 settembre, dalle ore 9.00 alle ore 12.00 e dalle ore 15.00 alle ore 19.00. Il giorno di chiusura è il lunedì. Località Pietra Corva, Romagnese, 27050 PAVIA Tel: 0382 597865 E-mail: emanuela.piaggi@provincia.pv.it Sito: www.provincia.pv.it/provinciapv/brick/giardinoalpinopietracorva

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Giardino Alpino di Pi


ietra Corva






San Pietro in Ciel d’Oro e la Santa degli impossibili

Il maggio delle rose e di Santa Rita Di Silvia Brigada

“Lo corpo ond’ella fu cacciata giace giuso in cieldauro ed essa da martiro e da esilio venne a questa pace” (Dante, Paradiso, Canto X, v. 127-129).

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olti di voi certo la conosceranno bene, perché la Chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro è indiscutibilmente una delle meraviglie artistiche e centro devozionale della città di Pavia. Ma potete dire di conoscerla veramente? Leggete quanto segue e scopritelo! La basilica dedicata a San Pietro, che sorge nel cuore di Pavia, vanta delle origini antichissime. Le ricerche storiche hanno portato ad affermare che l’attuale chiesa risalga all’epoca longobarda (VIII secolo), ma che fu eretta addirittura su una precedente di epoca paleocristiana. Secondo la tradizione la chiesa fu voluta dal re longobardo Liutprando in persona e sarebbe stata eretta laddove era stato sepolto l’insigne filosofo romano Severino Boezio (475 – 525), fatto uccidere da Teodorico nel 525 (e a cui si riferisce Dante quando cita San Pietro in Ciel d’Oro nella Divina Commedia). Liutprando voleva erigere una nuova, importante chiesa, per accogliere le spoglie di un altro grande filosofo e padre della chiesa: Sant’Agostino (354 – 430), traslate dal Duomo di Cagliari. Ecco perché, ancora oggi, la chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro è considerata una sorta di Pantheon e la sua storia è strettamente legata alle reliquie che accoglie, che l’hanno sempre resa meta di importanti pellegrinaggi, religiosi, storici, artistici e filosofici.

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Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro -


Pavia


Arca di Sant’Agostino


Percorsi Religiosi

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opo il periodo longobardo, come molte altre chiese pavesi, la chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro fu ricostruita, nel XII secolo, secondo un tipico stile romanico lombardo, che ancora oggi si può apprezzare. La basilica fu consacrata nel 1132 da papa Innocenzo II e passò successivamente ai monaci agostiniani; ai lati della chiesa furono edificati ben due monasteri, uno abitato dagli agostiniani e l’altro dai canonici lateranensi. I monaci agostiniani rimasero in San Pietro in Ciel d’Oro sino al 1796, quando le truppe di Napoleone entrarono a Pavia e spogliarono la chiesa delle sue meraviglie, la sconsacrarono e la usarono come deposito e sede militare; i monaci tornarono solo nel 1884, iniziando un graduale e impegnativo lavoro di recupero e ristrutturazione, sino a riportare l’edificio agli antichi splendori. Oggi la chiesa presenta pochi resti del periodo longobardo ma mantiene la sue bellissima struttura romanica pavese, in mattoni e suddivisa in tre navate con transetto, abside e una vasta cripta. La facciata è a capanna, scandita da contrafforti che la tripartiscono, rispecchiando la suddivisione interna (tipico delle chiese romaniche) e la parte alta è decorata da archetti pensili intrecciati. La basilica è coperta internamente da volte a crociera e conserva ancora affreschi cinquecenteschi. Il grande presbiterio accoglie una delle opere più splendide del gotico lombardo: l’Arca di Sant’Agostino, un capolavoro marmoreo del Trecento, scolpito dai maestri comacini. Si tratta di un’opera scultorea magistrale, divisa in tre fasce: in basso, uno zoccolo contenente l’urna con i resti del santo; al centro, una fascia aperta, con la statua di Sant’Agostino dormiente e, in alto, l’ultima fascia, poggiata su pilastrini e coronata da cuspidi triangolari. L’intera opera è decorata da più di 150 statue, che raffigurano angeli, santi, e vescovi, e da formelle con la vita del santo. Alla base dell’ultimo pilastro della navata destra della chiesa, invece, si trova la lapide con il corpo di Liutprando. Sotto al presbiterio si scende alla cripta, che ospita le spoglie di Severino Boezio. Qui, addossato alla parete di fondo, si trova un antico pozzo (XII secolo), di cui si narrano proprietà curative.

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Altare di Santa Rita


Percorsi Religiosi

L

a chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro è nota ai pavesi anche come Santa Rita ed è luogo di culto e venerazione della Santa, molto amata dalla città. (Da sempre, nel pavese, molte bambine vengono chiamate Rita!). Infatti, nell’abside destra della basilica, si trova la Cappella di S. Rita da Cascia (1381-1457), detta la Santa degli impossibili. La santa, sposa e madre, rimase vedova per l’uccisione del marito Paolo e restò sola dopo la morte dei due figli maschi prima che la vendetta li inghiottisse nel vortice della violenza; S. Rita con il perdono portò la pace nelle famiglie e nella società; fu poi monaca agostiniana fino alla morte, portando per quindici anni sulla fronte la ferita provocata da una delle spine di Gesù Cristo. Qui troverete la pala d’altare e il paliotto in marmo con vari episodi della sua vita, su disegno dell’architetto Emilio Carlo Aschieri (1938), ed eseguita nel 1940 dallo scultore pavese Giovanni Scapolla. Al centro della pala vi è un quadretto a colori di Tito Troia (1847-1916), raffigurante Santa Rita che riceve da Cristo crocifisso la spina sulla fronte. Sulla colonnina di vetro a destra si trova la reliquia ex ossibus della più famosa tra i figli e le figlie di S. Agostino. Il 22 maggio, il giorno di Santa Rita, è tradizione a Pavia venire a rendere omaggio in questa chiesa alla Santa e, per tutto il giorno, nel chiostro del convento, si trovano le rose di Santa Rita, gli oggetti religiosi, la statua dove si possono accendere i ceri; in sacrestia si riceve la benedizione delle rose e degli oggetti e si può baciare la Reliquia della Santa. Tutta la piazzetta davanti alla basilica e le vie limitrofe (via Griziotti e via Liutprando) in questa giornata sono parate a festa, con tanto di bancarelle e … venditori di rose! Davanti all’altare di S. Rita c’è un prezioso frammento di mosaico pavimentale romanico della fine dell’ XI secolo, ritrovato nel 1885 e restaurato nel 2006. L’elemento immediatamente visibile di questo mosaico è San Giorgio a cavallo che uccide il drago, salvando la vita della principessa racchiusa nel castello, secondo la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. E ora, la domanda che tutti vi siete posti fin dall’inizio: perché questa denominazione “in Ciel’d’Oro”? La risposta si perde nei tempi passati, quando la prima chiesa paleocristiana era coperta da cupola unica e splendente interamente dorata.

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22 Maggio 2016 - Alcuni momenti della Festa di Santa Rita - Foto di Valeria Portinari





Speciale “Bollicine in Castello 2016” Testo di Silvia Brigada Foto di Valeria Portinari

“Lo champagne aiuta la meraviglia.” George Sand Cin Cin!!! Mettete un weekend di sole, una location da favola, trenta aziende tra le migliori dell’Oltrepò (e non solo), il tutto diretto dall’esperta regia di Filippo Quaglini di Fq Communication (partner di Mabedo s.r.l. e il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese). Tutte premesse ottime per la rassegna “Bollicine in castello” che, anche quest’anno, e per la terza volta, è stata un grande successo di pubblico e di gusto! Una due giorni, sabato 14 e domenica 15 maggio, in cui si è celebrato in grande stile lo Spumante in Oltrepò Pavese, con molti ospiti a livello nazionale. Il Castello di San Gaudenzio, a Cervesina (PV), ha ospitato degustazioni d’eccellenza, esperti ed amatori delle bollicine si sono avvicendati tra sorrisi e strette di mano (sappiamo che il vino mette sempre tutti di buon umore … soprattutto dopo il terzo bicchiere!).


Castello di San Gaudenzio - Cervesina


Inaugurazione della III Edizione di Bollicine in Castello

Maurizio Marcone, Filippo Quaglini, il Sindaco di Cervesina Daniele Taramaschi e Presidente della Provincia di Pavia Daniele

Emanuele Bottiroli, Filippo Quaglini, il Sindaco di Cervesina Daniele Taramaschi e Daniele Bosone


e Bosone

Daniele Taramaschi, Maurizio Marconi e Daniele Bosone


Emanuele Bottiroli, Filippo Quaglini, Daniele Bosone e Alexander Nurizade Console Generale della Federazione Russa

Daniele Taramaschi, Daniele Bosone e Alexander Nurizade



Reportage Eventi - Bollicine in Castello 2016

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rande richiamo ha avuto l’elegantissima cena di gala sabato sera, a cui hanno partecipato più di duecentocinquanta ospiti! La bella giornata di domenica ha portato al castello altrettanti visitatori, che hanno degustato e apprezzato i vini dell’Azienda Bertè & Cordini di Broni, dell’Azienda Cà del Gè di Montalto Pavese, dell’Azienda Cà di Frara di Mornico Losana e il buon Lambrusco della Cantina della Volta di Bomporto (Mo). Ottima La Stipula Bianca (Vino Spumante di Qualità Metodo Classico) proposta dalle Cantine del Notaio di Rionero in Vulture (PZ) e il Voità Moscato Dolce del Casal Thaulero di Ortona (CH). Non mancavano le eccellenze del nostro Oltrepò, ormai certezze di eccellenza e qualità, quali il Castello di Stefanago, Oltre L’Enoteca che ha presentato le aziende Conte Vistarino di Pietra De’ Giorgi (ho provato il rinomato “Conte Vistarino 1865” Metodo Classico … fa sognare!), Quaquarini di Canneto Pavese, Calatroni di Montecalvo Versiggia e la Tenuta Colombarola di Nibbiano (PC); ’immancabile Giorgi di Canneto Pavese. E se volete continuo con i nomi altisonanti: gli amici di Monsupello di Torricella Verzate (ottimo il Monsupello Nature da Pinot Nero!), Rebollini di Borgoratto Mormorolo. E ancora bollicine con l’Azienda Citra Vini, I Carpini, Lodi Corazza, Statti, la Tenuta Il Bosco – Zonin, la Tenuta Messalina e le bollicine di Perla del Garda e il suo unico Laguna Spumante Doc “Millesimato 10”.

Fabiano Giorgi, Filippo QuagliniQuaglini e Antonio Giorgi Dott. Giulio Bergaglio e Filippo

Umberto Quaquarini e



Carla Dallera Boatti

Maria Gianpa, Professor Giancarlo Malvestito, Gian Marco Bianchi e Filippo Quaglini


Alexander Nurizade

Gian Marco Bianchi e Filippo Quaglini


Reportage Eventi - Bollicine in Castello 2016

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resenze d’eccezione Oltrepò Vini di Bertelegni – Scavia (che ci hanno deliziato con il loro Alexander Magnus Pinot Nero Brut), Percivalle Wines e Rossetti & Scrivani; nota di merito per il Feudo Nico e il suo Maria Antonietta Couvèe, insieme ai Marchesi di Montalto e al meraviglioso Pinot Nero e Riesling Renano “Organza”. I Borboni di Lusciano (NA) ci hanno deliziato con un superbo Spumante Asprinio Brut, mentre i friulani Puiatti ci hanno portato un interessante Ribolla gialla extra Brut. E per finire, presenti la Tenuta Pernice di Borgonovo Val Tidone, Terre d’Oltrepò di Casteggio e Vanzini di San Damiano Al Colle. E con cosa si sposano perfettamente le bollicine? Bravi! Con le fragole! E, infatti, ad accompagnare le bollicine abbiamo apprezzato le freschissime fragole dell’Azienda Agricola La Coccinella di Torrazza Coste. Cantine e bollicine, orchestrate dallo Staff Mabedo/Fq Communication e dalla curatrice della manifestazione Antonietta Mazzeo, sommelier e brand ambassador. A testimonianza dell’alta valenza culturale e artistica di “Bollicine in Castello” era presente l’artista pavese Stefano Bressani, ideatore delle “Sculture Vestite” e artefice del logo della rassegna di quest’anno. Ancora una volta, una grande soddisfazione … e un ottimo lavoro!

Gianni Maccagni, Maurizio Marcone, Filippo Quaglini, Stefano Bressani, Emanuele Bottiroli


Pierangelo Boatti e Filippo Quaglini Maria Luisa Scavia, Andrea Bertelegni di Oltrepo’ Vini e Filippo Quaglini


Carla Dallera Boatti e Filippo Quaglini

Alessio Brandolini

Sommelier Carlo Aguzzi per l’Azienda


a La Versa

Mirella Vilardi

Mirella Vilardi, Roberta Guarnone e Filippo Quaglini

Filippo Quaglini e Armando Colombi Club del Buttafuoco Storico


Ottavia Giorgi di Vistarino

Massimiliano Tana, Filippo Quaglini Oreste Vercesi


Mario Maffi, Massimiliano Tana, Ottavia Giorgi di Vistarino e Filippo Quagini

Gian Marco Bianchi e Filippo Quaglini


Luca Bellani di Ca’ di Frara e Pierangelo Boatti di Monsupello Filippo Quaglini: degustando le bollicine della Perla del Garda con Giovanna Prandini

Francesco


Beghi (giornalista di Gambero Rosso), Filippo Quaglini, Contessa Ottavia Giorgi di Vistarino e Roger Marchi


Stefano e Andrea Bertelegni e Maria Luisa Scavia di Oltrepo’ Vini

Filippo Quaglini, Boatti,- Berte’ MarcoeBertelegni Marzia Cordini e Pierangelo Filippo Quaglini Cordini e Antonietta Mazzeo


Stefano e Andrea Bertelegni e Maria Luisa Scavia di Oltrepo’ Vini con roberto Pace e mario Maffi

Filippo Quaglini e Antonio Giorgi


Filippo Quaglini e Pamela Fortuna della Cantina del Notaio

Filippo Quaglini con Veronica Barri e Luca Bellani di Ca’ di Frara Stefano Calatroni


Elisabetta Fedegari, Ilaria Beccari, Gian Marco Bianchi, Pamela Fortuna, Filippo Quaglini

Filippo Quaglini e Cristina Barri


Michele Rossetti - Rossetti & Srcivani

Vini Puiatti

Staff Monsupello Roberta e Sonia

Maria Pia Zavatarelli


Fabio Rossetti - Rossetti & Srcivani

Bruno Rebollini e Filippo Quaglini

Walter Massa, Pigi e Fabiano Giorgi


Tenuta Pernice e Filippo Quaglini

Benedetta Calvi, Massimo Madama - Feudo Nico con Filippo Quaglii


Lodi Corazza e Filippo Quaglini

Stefania Padroggi di Ca’ del Ge’ e Filippo Quaglini


Filippo Quaglini, Giulio Bergoglio, Mauro Rid

Luigina Nicelli

Dr. Gaetano Casalaina, Alexander Nurizade,


dolfi, Massimo Bergoglio

, Mario Maffi allo stand Citra

Chef Mauro Ridolfi e sullo sfondo lo Chef Roberto Venturi

Federico Quaglini


Maria Luisa Scavia, F. Quaglini, Camilla Sgorbati, Chantal Gallo e Andrea Bertelegni

Elisabetta Fedegari e Alessan

Stefano Bressani, Elisabetta Fede


Staff MaBeDo

Giulia Serifollia

ndro Pantoli

Alessandro Paoletti

egari, Alessandro Pantoli, Ilaria Beccari

Carlo Aguzzi e Antonietta Mazzeo


Luigi Lodola e Carla Negri - Azienda Agricola La Coccinella





Tavolo di lavoro B&B Terre Pavesi

Emma Varasio


Alexander Nurizade e Dr. Gaetano Casalaina


Filippo Quaglini, Gian Marco Bianchi e Dottoressa Gabriella Dezza

Chef Mauro Ridolfi e il suo Staff con M


Maurizio Marcone




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4 giorni di alta cucina tra i grattacieli di Porta Nuova

Taste of Milano 2016, un festival dal sapore unico Testo e Foto di Valeria Portinari

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aste of Milano 2016 si è svolto dal 19 al 22 maggio al The Mall in Porta Nuova Varesine, una recente e suggestiva location nel cuore della Milano di nuova generazione.

Taste of Milano è la prima delle tre tappe italiane dei Taste Festivals (Milano, Roma e Taste of Christmas) che in più di 22 paesi nel mondo si pone l’obiettivo di avvicinare l’alta cucina ad appassionati di arte culinaria e non solo. Main partner dell’evento è Electrolux, leader mondiale nella produzione di apparecchiature domestiche e professionali, che ha portato a Taste of Milano alcuni dei migliori chef d’Europa, con cui collabora da anni, per svelare le ultime innovazioni attraverso workshop e sessioni di cucina interattive. Ma cosa sarebbe un festival di alta cucina senza l’alta cucina? Ecco allora che alcuni dei più grandi chef diventano protagonisti con i propri ristoranti e le proprie ricette per permettere ai visitatori di assaggiare qualcosa di unico. Molti i milanesi, da Roberto Okabe con Finger’s ad Andrea Provenzani de Il Liberty, da Yoji Tokuyoshi di Tokuyoshi a Roberto Conti de Il Ristorante Trussardi alla Scala, da Felice Lo Basso del nuovo Felix Lo Basso Restaurant a Wicky Pryian del Wicky’s, da Elio Sironi del Ceresio 7 ad Alessandro Buffolino di Ristorante Acanto dell’Hotel Principe di Savoia, da Andrea Berton del Ristorante Berton a Luigi Taglienti del nuovo Ristorante Lume, da Tano Simonato di Tano Passami l’Olio ad Andrea Asoli del Rubacuori by Venissa fino ad Edoardo Fumagalli de La Locanda del Notaio. Da fuori regione invece Giuseppe Iannotti di Kresios di Telese Terme (BN) e Barcellona, Terry Giacomello di Inkiostro di Parma, Angelo Troiani de Il Convivio di Roma e Christian e Manuel Costardi del Ristorante Christian&Manuel di Vercelli.

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Reportage Eventi - Taste of Milano

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n’occasione da non perdere per gustare sapori inediti e ricercati, in un contesto informale e conviviale dove è stato possibile scambiare anche due chiacchiere con gli chef.

Nella giornata di venerdì 19 maggio, il nostro staff ha potuto assaggiare una selezione di piatti deliziosi, componendo un menù ideale all’insegna del gusto e dell’altissima qualità. A partire dal Filetto di vitello Rosa cotto a bassa temperatura in soffice di ricotta e yogurt con pomodoro, sedano candito e croccante di patata viola dell’amico Tano Simonato. Delicato e di carattere al tempo stesso, questo piatto ha unito la dolcezza del sedano candito alla nota più acida di ricotta e yogurt, creando un incontro di sapori in grado di esaltare perfettamente la morbidezza ed il sapore naturale del vitello. Da Tano Simonato ai sapori orientali di Roberto Okabe, con due ricette davvero insuperabili: Gyoza Ebi, Raviolo di gambero alla piastra con crema di asparagi e salsa Ponzu e lo Special Lobster, Aragosta cotta a bassa temperatura in salsa Olandese Orientale, perle di Soya e chips di patata viola. Rimanendo sempre in oriente, ci siamo lasciati stregare da Yoji Tokuyoshi con il suo Scampo tonnato ed il Riso in “Caciucco”, due ottime rivisitazioni di sapori tipicamente italiani. La nostra tappa al Kresios di Giuseppe Iannotti è stata breve ma intensa e ci ha messo davanti a due portate dai sapori raffinati e incredibili: To… Nnato Sbagliato e Triglia 35, il piatto icona del ristorante. La nostra visita si è conclusa dove era partita, ai tavolini di Tano Passami l’olio, dal quale abbiamo assaggiato la sua golosa versione della Millefoglie di frolla all’olio Evo con crema pasticcera morbida al limone, frutti di bosco e meringa. Insuperabile. Un peccato non essere riusciti ad assaggiare anche qualche portata del Charity Restaurant, il primo ristorante, in partnership con Esselunga, i cui proventi degli assaggi sosterranno onlus e associazioni di primaria importanza. Quattro gli chef coinvolti per il menu di quattro portate: Ernst Knam, Filippo La Mantia, Norbert Niederkofler e Claudio Sadler.

To. .....Nnato Sbagliato di Giuseppe Iannotti

Gyoza Ebi di Robe


Filetto di Vitello Rosa di Tano Simonato

erto Okabe

Triglia 35 di Giuseppe Iannotti

Filippo Quaglini, degustando lo Special Lobster di Roberto Okabe


Yoji Tokuyoshi con il suo Scampo tonnato

Yoji Tokuyoshi con il suo Riso in “Caciucco”


Special Lobster di Roberto Okabe

Millefoglie di Tano Simonato


Giuseppe Iannotti e Filippo Quaglini

Yoji Tokuyoshi

Costardi

Fumagalli


Felice Lo Basso

Filippo Quaglini e Tano Simonato




Reportage Eventi - Taste of Milano

T

aste of Milano è stata anche Electrolux Chefs’ Secrets, 24 postazioni di lavoro per una vera e propria scuola di cucina in cui imparare dai grandi chef; Invasioni al Caffè, un salotto, ospitato da Caffè Musetti, animato da interviste, dibattiti e presentazioni ed Etihad Airways che come official airline partner ha presentato i suoi ottimi servizi. Acqua ufficiale dei Taste Festivals italiani, Ferrarelle, ha portato a Taste of Milano la miglior pizza d’Italia e, altra importante novità del 2016, la collaborazione con Molino Vigevano una nuova attrazione dedicata alla lievitazione e alle farine. Non è mancata l’attenzione alle famiglie, infatti per loro è stato pensato uno speciale biglietto dedicato e l’Area Kids dove i più piccoli hanno potuto divertirsi permettendo ai grandi di non perdere gli assaggi dei grandi chef. Tante le iniziative anche durante gli orari di apertura serale, con feste e dj set in compagnia dei protagonisti di Taste of Milano. Una grande rassegna gastronomica di alto livello, in cui l’arte culinaria incontra la convivialità e la quotidianità per creare un mix di buona cucina, buona compagnia, le buone ispirazioni, buona musica e buone abitudini.









Tra conferme e novità, c’è grande attesa per il Rally 4 Regioni Storico di Piero Ventura

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avia - Ferve l’attesa per il Rally 4 Regioni Storico 2016, gara entrata come appuntamento fisso e primario a segnare il ritorno dell’Automobile Club Pavia in veste di organizzatore.

Per ferma volontà del presidente Aci Pavia, Marino Scabini e di tutto il Comitato Organizzatore, nonostante la crisi ancora incombente, le vetture da corsa, sotto il logo del Rally 4 Regioni, torneranno i prossimi 10 e 11 giugno a mettere le loro ruote sulle celebri prove di “Pozzol Groppo”, “Oramala”, “Castellaro” e “Cecima”. Negli anni settanta e ottanta, queste prove, erano un´icona, una sorta di università delle corse su strada per chi le affrontava con casco e tuta. Strade che hanno conosciuto le gesta di nomi che hanno fatto la storia del rallysmo, come Sandro Munari, Simo Lampinen, Alcide Paganelli, Amilcare Ballestrieri, Bernadr Darniche, Bobo Cambiaghi,Tony Carello, Attilio Bettega, Jean Claude Andruet, Miky Biasion e chi più ne ha più ne metta. Il Rally 4 Regioni Storico 2016, sarà una gara ideale per chi vorrà rivivere un´emozione vibrante e sfidarsi sopra un percorso di rara bellezza. Strade che si apprestano a ospitare ancora una volta piloti vecchi e nuovi, noti e meno noti, driver dal passato famoso, ma attivi più che mai come Andrea Aghini, ad esempio, oppure Chantal Galli, due volte tricolore, che sta valutando la possibilità di essere al via della gara pavese, affiancata sulla Lancia Delta da Camilla Sgorbati. Si parla anche della presenza di Bobo Cambiaghi, di Emanuele Sanfront e dello stesso Rudy Dalpozzo, che questo rally lo andò a rilanciare nel 2011-12 dopo un silenzio durato oltre un quarto di secolo. Presenti anche gentleman di lusso tra cui spicca il nome di Giorgio Piantanida, ex discesista della valanga azzurra. Non mancheranno i “campioncini” locali di un tempo che fu, come Filippo Musti, Giorgio Buscone, Francesco Fiori e Alessandro Ghezzi, i quali abbinarono il proprio nome alla specialità dei rally, proprio grazie al mitico Rally 4 Regioni, in cui mossero i primi e significativi passi in anni ormai lontani. Dal 1971 a oggi, il Rally 4 Regioni, è diventato, anno dopo anno, un vero e proprio patrimonio del tessuto sociale. Seguendo la strada intrapresa in questi ultimi anni, ora, questo rally, viene riproposto guardando al passato ma con altrettanta attenzione a ciò che rappresenta il futuro.

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Il programma: La novità dell’anno è l’introduzione dello shake down che interesserà un tratto della Prova Speciale 1 (PS 1) “Pozzol Groppo” e sarà disputato nel pomeriggio di venerdì 10 giugno 2016 dalle ore 15.45 alle 17.45. Altra importante novità riguarderà la località di partenza, che quest’anno sarà Salice Terme: il noto centro turistico e termale metterà a disposizione il centralissimo viale delle Terme per l’allestimento del parco partenza, da dove la prima vettura, alle ore 21.00 di venerdì 10 giugno, muoverà per andare a disputare la mitica prova speciale “Pozzol Groppo”, da ripetere due volte alla luce dei fari lungo un percorso affiancato dalle zone dedicate al pubblico, allestite per l’occasione per creare una sorta di circuito naturale; tra le due prove speciali è predisposta un’area assistenza nel viale delle Terme adiacente al parco partenza. Al termine dei primi due impegni cronometrati le vetture verranno condotte nel riordino notturno. La grande sfida si riapre sabato 11 giugno alle 11.35 per disputare tre prove, che seguono lo stesso tracciato pensato per l’anno 2015, “Oramala”, “Castellaro”, e “Cecima”. Le prove saranno ripetute tre volte ciascuna, totalizzando così 83 chilometri cronometrati sui 289 dell’intero percorso. Il Rally 4 Regioni si chiuderà con la cerimonia delle premiazioni prevista sul palco d’arrivo dalle ore 22.00 circa, nel centralissimo viale delle Terme a Salice Terme. Chiusura delle iscrizioni: Lunedì 6 giugno 2016 – ore 18.00

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Eventi Oltrepo’ Verifiche Sportive ante-gara: Venerdì 10 giugno 2016 dalle ore 11.00 alle ore 15.00 Salice Terme (PV) – Viale Diviani, 13 Verifiche Tecniche ante-gara: Venerdì 10 giugno 2016 dalle ore 11.30 alle ore 15.30 Salice Terme (PV) – Parco delle Terme (Zona piscine) Road Book Distribuzione: Sabato 4 giugno 2016 dalle ore 8.30 alle ore 19.00 Salice Terme (PV) – Viale Diviani, 13 Ricognizioni regolamentate con vetture di serie: Sabato 4 giugno 2016 dalle ore 9.30 alle ore 12.30 e dalle ore 14.00 alle ore 19.00 - Domenica 5 giugno 2016 dalle ore 9.30 alle ore 12.30 e dalle ore 14.00 alle ore 19.00 Shakedown: test con vetture da gara Venerdì 10 giugno 2016 dalle ore 15.45 alle ore 17.45 Loc. Godiasco (tratto della PS1 Pozzolgroppo) PARTENZA DELLA GARA: Prima tappa Venerdì 10 giugno 2016 Via delle Terme ore 21.00, Salice Terme (PV) Seconda tappa, Sabato 11 giugno 2016 Via delle Terme ore 11.35 – Salice Terme (PV) Parco chiuso: Località: Salice Terme (PV) – Parco delle Terme (Zona piscine) Arrivo: prima tappa Venerdì 10 giugno 2016 – Via delle Terme ore 23.40 – Salice Terme (PV) – Seconda tappa Sabato 11 giugno 2016, Via delle Terme ore 21.50 – Salice Terme (PV). Premiazione: Sabato 11 giugno 2016 ore 21.50 Salice Terme (PV) – Via delle Terme sul palco di arrivo




Via Leonardo da Vinci n. 26/30 20089 Rozzano MI - Italia Telefono N. ++39 (02) 8255292-(02)57506318 Facsimile. N. ++39 (02) 89200904 E-mail: info@confer.it WEB.www.confer.it

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Carla Negri e Luigi L

Pomeriggio in fattoria all’Azienda Agricola La Coccinella!!! Domenica 19 giugno – pomeriggio

di Silvia Brigada

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ambini … siete pronti a scoprire l’orto? Allora indossate vecchi abiti e preparatevi a sporcarvi! … Dove? All’Azienda Agricola La Coccinella!

L’Azienda Agricola La Coccinella nasce dalla passione di Carla Negri per la natura, gli animali e tutti i prodotti che la terra, generosa, ci offre. Fin da bambina, Carla amava l’idea di poter cucinare e gustare il prodotto di un seme piantato e coltivato da lei stessa con amore e dedizione nell’orto del giardino di casa sua. Da qui è nata l’idea di poter riversare questa sua passione in una vera e propria attività. In un periodo storico come il nostro, conoscere l’origine e la provenienza di ciò che serviamo e proponiamo sulle nostre tavole, è molto importante e ancor più lo è parlare di freschezza e genuinità. Proprio per questo l’Azienda Agricola La Coccinella organizza, domenica 19 giugno, una giornata speciale dedicata ai bambini, dove i più piccoli trascorreranno un intero pomeriggio nell’orto, coltivando e raccogliendo i prodotti stagionali della terra, toccando con mano come nascono e crescono i prodotti che mangiamo tutti i giorni, facendo una vera e propria merenda a km 0! All’Azienda Agricola La Coccinella i prodotti sono coltivati secondo metodo biologico e attraverso la permacultura, senza utilizzo di pesticidi chimici, solo naturali come, ad esempio, il macerato d’aglio o di ortica. I prodotti coltivati sono tutti stagionali, perlopiù verdure ma anche frutta e spezie come rosmarino, origano, timo, disponibili fresche o essiccate.

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Lodola titolari dell’Azienda Agricola la Coccinella

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Eventi Oltrepo’

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a terra offre patate in agosto fino ad esaurimento (febbraio - marzo) insalate da primavera all’autunno, zucche e verze per l’inverno con noci e nocciole e ceci, pomodori zucchine e fagiolini ci saranno in base all’andamento del tempo.

La raccolta è fatta tutta a mano in modo da raccogliere solo prodotti a giusta maturazione.

Segnaliamo che i prodotti de La Coccinella si possono acquistare direttamente in Azienda o, se invece amate l’atmosfera del mercato, i suoi colori, profumi, potrete trovare la signora Carla con tutti i suoi prodotti stagionali al mercato comunale di Rozzano, ogni prima domenica del mese al mercato contadino di Pavia, la seconda a Siziano e l’ultima a Giussago. Carla aspetta tutti i bambini nel suo orto, per insegnare loro … che la frutta e la verdura non nascono nelle casse del supermercato!!!

L’azienda si trova nella piccolissima frazione, Mogliazza di Torrazza Coste (PV) in via Sant’Antonino 10. Per ulteriori informazioni sull’evento o acquisti non esitate a contattare l’azienda, chiedendo di Carla (Tel. 320 1739456 - cargig@inwind.it)

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Alcuni tra i prodotti della Coccinella


a: i Pomodori


L' Azienda agricola la Coccinella con l' autrice Mariella Barbieri vi invitano alla terza edizione di

UN ORTO DA FAVOLA 19 giugno 2016 PROGRAMMA: h 10,00 Arrivo e iscrizione . Breve passeggiata ďŹ no al primo orto in permacultura della Valle Schizzola. Breve lezione di permacultura e costruzione di un cumulo con messa a dimora di piantine per la creazione dell'ORTO DEI PICCOLI. h13,00 -Pranzo in azienda con pizza cotta nel forno a legna del paese fatta con lievito madre e con verdure dell orto,vino,succhi, acqua. h14,30 Lettura del libro "Nel pianete delle farine estinte" da parte dell' autrice Mariella Barbieri e laboratorio con i bimbi. h 16,00 Merenda con torta e succhi. PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA ENTRO 16 GIUGNO

COSTO DELL' EVENTO â‚Ź 10,00 A PERSONA AZ.agricola La Coccinella via Sant antonino 10 fr.ne Mogliazza Torrazza Coste PV Cell. 3201729456 /3387576187 per prenotazione

Soave La Dolce Terapia Pasticceria yogurt gelati Voghera tel 0383.270063.

. Borgo Priolo tel. 338 8518599





Una gita fuoriporta: Varzi di Silvia Brigada

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uove terre da scoprire: torniamo in Oltrepò e visitiamo Varzi, patria del salame sopraffino, del vino e di una storia millenaria di potere e ricchezza.

Lasciate lavoro, studi e “logorii della vita moderna” e scoprite le bellezze culturali, la storia e le leggende che queste splendida terra offre, un po’ così, on the road, con il vento in faccia! Varzi, piccola e speciale perla dell’Oltrepò, svetta sul lato destro del fiume Staffora, al centro dell’omonima valle, non lontano dal Passo del Penice. Il comune si trova ancora in Lombardia, ma la sua vicinanza con l’Emilia Romagna è evidente nella fusione degli usi, delle tradizioni e dei sapori di quest’area di confine tra le due regioni. Infatti il paese, documentato dal 993, era inizialmente possesso dell’Abbazia di San Colombano di Bobbio (anche se si pensa che la prima fondazione di Varzi sia di origine ligure).



Gita fuori porta

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al 1164 anche Varzi, come molti dei paesi della vallata, passò alla nobile famiglia dei Malaspina, marchesi ricchi, potenti e di origine longobarda, che estendevano i propri possedimenti dall’attuale Oltrepò fino alla Lunigiana e a Massa. Nel Duecento la casata venne scissa: i marchesi dello Spino Secco si stabilirono in Val di Trebbia, mentre i marchesi dello Spino Fiorito restarono qui, in Valle Staffora. Al tempo dei Malaspina Varzi era nota per essere una delle tappe principali lungo la Via del Sale, percorso cruciale per l’economia locale che ha lasciato traccia su ogni crinale e in ogni borgo della Valle Staffora. La Via del Sale collegava la Pianura Padana alla costa Ligure, dove il sale abbondava. Il Castello di Oramala, la torre pentagonale di Rivanazzano, i castelli di Montalfeo, Zavattarello, Pietragavina, Romagnese, il borgo medievale di Nazzano, o le poderose mura di Bagnaria erano tutti nel Medioevo avamposti fortificati di una rete di controllo ramificata. Va ricordato che un tempo il sale, oggi economico e alla portata di tutti, era molto dispendioso e soggetto ad una tassa imposta sulle merci in transito che garantiva ai feudatari ricchezza e potere. Per questo motivo i mercanti dovevano obbligatoriamente transitare all’interno del borgo, dove pagavano la “tassa sul sale”. Per far fronte a questa cospicua presenza mercantile, Varzi fu dotato di un sistema di portici sovrapposti su ben cinque livelli, unico esempio nel Nord Italia. Su di essi si affacciavano botteghe e magazzini, mentre i portici (come se ne possono ancora vedere, ad esempio, in via Porta Nuova) offrivano una protezione per la notte alle lunghe carovane di muli in transito e alle cavalcature. Curiosità: il sale era anche simbolo di fedeltà e stabilità se impiegato nei “patti di sale” dove con il suo scambio si stringevano accordi matrimoniali ed economici; il sale era, inoltre, metodo di purificazione dal demonio che veniva asperso durante battesimi, benedizioni o esorcismi, di uomini e animali. Era infine indice di malaugurio se cadeva sulla tavola, perché considerato preziosissimo. Anche nelle ricette del letterato ed umanista Platina (XV secolo), il sale era la “sapienza” del cibo: “La cucina ha bisogno di sale affinché le vivande non siano insipide. Definiamo infatti insulsi gli uomini stolti e sciocchi perché non hanno sale, vale a dire sapienza”.

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Il Castello di Montalto Pavese Veduta - Foto didiLucia Varzi Tuoto


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Gita fuori porta

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rrivati in questo straordinario borgo, avrete la sensazione che, dal tempo dei Malaspina, il tempo si sia fermato e di essere stati catapultati nel Medioevo, al tempo delle travi in legno, dei porticati e dei vicoli stretti lastricati dove si svolgevano i mercati e gli scambi. Allora perdetevi nella fitta rete di viette coperte, immaginate quelle strade in pietra percorse dai carri dei mercanti, dai muli che trasportavano il sale, allora, più prezioso dell’oro … e, proprio sotto quei portici bassi e bui, mantenuti ancor oggi inalterati, i mercanti si nascondevano dai banditi pronti a derubarli di quella materia prima così importante. Continuate a vivere la storia e recatevi in Piazza del Municipio, dove sorge, in tutta la sua magnificenza, il Castello Malaspina. Il nucleo più antico sorse forse per opera del marchese Azzolino (esponente di spicco della famiglia Malaspina), che si insediò a Varzi dopo il 1275, a seguito della divisione del casato. Il Castello fu arricchito di ambienti e strutture difensive che hanno generato con il tempo un complesso agglomerato di sale e di suggestivi cortiletti. Piccole monofore, poi murate, foravano le spesse mura, denunciando la funzione difensiva del castello, riconoscibile nel corpo duecentesco e nella torre. Due ampie arcate profilate da un delicato motivo in cotto si aprivano su uno dei cortili del corpo quattrocentesco, mentre sul lato dell’attuale piazza del paese, prospetta la semplice facciata in pietra dell’ala settecentesca con la meridiana e, oltre un vicoletto, con un bel portone dall’elaborata cornice modanata. Oltre la cancellata che dal vicolo conduce al castello si scorge un portone archiacuto quattrocentesco sovrastato dallo stemma con il ramo secco dei Malaspina. L’edificio sin dal medioevo fungeva da difesa contro gli attacchi esterni e rappresentò per molto tempo il potere commerciale ed economico del borgo nel periodo medioevale. Negli interni, ancora abitati dagli eredi, cimeli e arredi raccontano della grandezza della famiglia, a cominciare dal grande camino con lo stemma con lo spino secco e l’aquila.

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Gita fuori porta

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a torre del castello (alta quasi trenta metri e da cui è possibile ammirare il panorama di tutto il borgo di Varzi, della valle dello Staffora e del castello di Oramala) venne utilizzata per lunghi anni come prigione già dal 1320. Ad essa è legata una triste e misteriosa pagina della storia locale, che ha dato adito alla nascita di leggende e superstizioni. Durante il periodo dell’Inquisizione (era il 1460), proprio in questa torre, vennero imprigionati venticinque donne ed alcuni uomini accusati di stregoneria. Dopo tre giorni di prigionia, tra stenti e torture, furono arsi vive nella pubblica piazza. Per questo motivo la torre è chiamata anche la “Torre delle Streghe”. La storia, a questo punto, si mischia al mito, tanto che la credenza locale tramanda che durante i tre giorni di prigionia una nube bianca misteriosamente circondò la torre rendendola quasi invisibile; dopo il rogo la nube divenne nera e si trasformò in cenere che cadde dal cielo. La leggenda narra che ogni cento anni, durante la ricorrenza del rogo, Varzi si cosparge di cenere nera, volta a ricordare quelle vite stroncate nell’innocenza. Oggi la torre è di proprietà comunale, mentre il resto del castello, è adibito a residenza signorile, e appartiene ai Conti Odetti di Marcorengo, discendenti dei Malaspina, che hanno iniziato i lavori di restauro della struttura negli anni Novanta destinando questo complesso storico ad eventi di diversa tipologia.

Castello Malaspina


la “Torre delle Streghe”


Porta Sottana

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a queste premesse è facile comprendere che Varzi fu il centro più importante della Valle Staffora e, sebbene le antiche mura non siano state interamente conservate, il suo centro storico mantiene in molti punti intatta l’atmosfera medievale. Proseguendo per vicolo del Moro, si sbuca in via Di Dentro; ancora a sinistra, si passa sotto la possente e ben conservata torre di Porta Sottana, dall’elegante arco acuto in conci di pietra. Proseguendo per via di Dentro, s’incontra a sinistra, l’Oratorio di Santa Maria del Gonfalone, detto, Chiesa Dei Bianchi, con la singolare pianta a quadrifoglio, basso campanile, tiburio e lucernario; di origine secentesca, è recentemente restaurato. Si giunge quindi alla torre dell’orologio o di Porta Soprana. La Porta Soprana e la Porta Sottana, definivano gli ingressi al borgo nel XV secolo, racchiudendo case che, nei vivaci colori, dimostrano il legame con le cromie dei paesi liguri.

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Porta Soprana


Gita fuori porta

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a qui si giunge alla Chiesa parrocchiale di San Germano, con facciata neoclassica affrescata.

Qui è custodito il reliquiario a forma di braccio (lavoro del tardo ottocento) contenente un frammento osseo di San Giorgio, patrono del paese, mentre in sacrestia si conserva lo scheletro di un braccio che la leggenda vuole sia stato amputato ad un ladro sacrilego che tentò di rubare la reliquia, rimanendovi per miracolo attaccato, senza riuscire ad allontanarsi dal luogo ove era conservata. Poco oltre, sulla destra, passati i caratteristici portici, si trova l’ Oratorio barocco della Santissima Trinità, detto Chiesa Dei Rossi per i colori delle cappe che portavano gli aderenti alla confraternita religiosa che qui aveva sede e riconoscibile per lo svettante campanile decorato con riquadri del medesimo colore. Le confraternite religiose locali avevano come scopo quello dell’assistenza dei viandanti. Tracce di Medioevo si riconoscono anche al margine dell’abitato, dove sorge la Chiesa romanica dei Cappuccini, sorta tra la fine del XII e l’inizio del XIV secolo, una delle più antiche della Valle Staffora. Presenta una bella facciata in cotto e strisce in pietra locale e un grande portale strombato; all’interno sono conservati alcuni affreschi cinquecenteschi del Moncalvo. I Cappuccini (da cui il nome) si insediarono nel 1623 e vi eressero il proprio convento; essi rimasero sino a che Napoleone non li cacciò … dopo cent’ottant’anni! I monaci tornarono al convento nel 1903, per restarvi ancora oggi. Segnaliamo anche la curiosa Chiesa della fraternità di Cella (700 m slm), costruita dopo la Seconda guerra mondiale da pezzi di chiese distrutte dalle bombe della guerra provenienti da tutto il mondo. Il tempio è oggi simbolo e auspicio di pace e fratellanza.

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Chiesa Parrocchiale di San Germano


Gita fuori porta

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a, ricordiamolo, non di sola cultura vive l’uomo … e di certo non si può lasciare Varzi senza aver assaggiato il suo celeberrimo salame … quello che “piange”! L’origine di questo salame è incerta, essendo un prodotto molto antico. Secondo alcune fonti, sembra che già i Longobardi durante le loro varie scorrerie in tutta Europa (dal II al VI secolo) avevano bisogno di un prodotto a lunga conservazione. Già nel XII secolo era celebrato come pietanza prelibata: i marchesi Malaspina lo servivano agli ospiti durante pranzi e cene. Nel corso dei secoli i contadini iniziarono a considerare il maiale come una risorsa indispensabile per la loro sopravvivenza: grazie alla produzione nell’ambito familiare, il salame si inserì facilmente nella povera mensa dei braccianti. Il “Salame di Varzi DOP”è caratterizzato da un lungo processo di stagionatura e la consistenza deve essere tenera e compatta. I metodi di preparazione sono regolamentati dalla normativa nazionale, con precise fasi di lavorazione, preparazione, asciugatura e stagionatura. Varzi, terra di mistero, di leggende, di storia, di tradizione, del buon cibo, del Salame (con la “S” maiuscola) e dell’ospitalità! Insomma … Varzi, non solo salame …!!! (Ma … se si parla del Salame di Varzi … con il miccone e un bicchiere di rosso è davvero una gioia!).

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Gita fuori porta DOVE MANGIARE E DORMIRE: Agriturismo la Sorgente, completamente immerso nella natura, in un ambiente accogliente e raffinato, che cattura l’attenzione dell’Ospite con il suo fascino antico, per proporvi tutti i sapori della tradizione, preparati con cura e creatività. via Generale Maretti 27057 Varzi (PV) Tel. & Fax 0383.53.295

Agriturismo Ca’ de figo, un insieme di opportunità che rendono Ca’ de Figo un luogo speciale dove dimenticare lo stress di tutti i giorni e rigenerare completamente la mente e il corpo. loc. Cascina figo - 27057 Varzi (Pavia) Tel. (+39) 0383 545572 - Fax (+39) 0383 52356 E-mail: info@cadefigo.it

La Locanda di Varzi B&B Gelateria Romana. La Locanda di Varzi B&B non è solo ospitalità, ma anche delizia per il vostro palato. Difatti, la struttura ospita anche la gelateria con laboratorio artigianale annesso. Piazza della Fiera, 1 - 27057 Varzi (PV) tel. 0383.53050 - Mobile 335.5312481 - 335.333938 e-mail: info@lalocandadivarzi.it

DOVE MANGIARE: Caffè del Centro

Via di Dentro, 9, 27057 Varzi PV Telefono:0383 52692

Caffè Torino

Via Pietro Mazza, 151, 27057 Varzi PV Telefono:0383 52215

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Pizzeria Romana ,

4, Piazza Fiera - 27057 Varzi (PV) Tel. +39 0383 52169 e-mail: tresnc@alice.it

Pizzeria Albera

9, Piazza Della Fiera - 27057 Varzi (PV) tel. 0383 52921

La Compagnia delle merende Via Di Dentro, 12 27057 Varzi, Cell. 3331186565

L’Angolo Bar

Via del Rosino 3, 27057 Varzi PV Telefono:0383 53589

DOVE DEGUSTARE E ACQUISTARE: Salumificio la Scaletta. La Scaletta è un salumificio che fa del suo punto di forza il Salame di Varzi D.O.P.; vengono prodotti altri salumi tipici della zona come la coppa stagionata, pancette rustiche e agliate, lardo venato, cotechino, salsicce artigianali, salame cotto Loc. Ponte dei Sospiri, 10 27057 VARZI (PV) Tel. 0383 545 691 - Fax 0383 540175 www.lascalettasalamedivarzi.com mail: info@lascalettasalamedivarzi.com //la_scaletta@libero.it

La Bottega del Pastaio. Tra gli antichi e caratteristici vicoli, nascosta sotto gli storici porticati, potrete acquistare prodotti tipici come il famoso Salame di varzi, paste fresche, la tradizionale Torta di Riso di Varzi e la torta di Mandorle. Trovate la Bottega del Pastaio anche a Ponte Nizza. PUNTO VENDITA DI VARZI Porta Nuova, 35 27057 - Varzi, PV Tel. +39 038353146 Fax +39 038353146 Email: labottegadelpastaio@alice.it www.labottegadelpastaio.com PUNTO VENDITA DI PONTE NIZZA Via Roma, 42 Ponte Nizza (PV) Tel. +39 0383 545729

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Ricette antiche dell’Oltrepo’ A cura di Claudia Peccenini

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entrovate care lettrici!!

In un campo di grano che dirvi non so....... è con le parole di questa bella canzoncina dell’epoca, che oggi vi propongo un verde piatto di esecuzione molto semplice: LA FRITTATA DI PAPAVERI!

Claudia Peccenini


Papavero selvatico rosso


Rubrica ricette antiche dell’Oltrepo’

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e piantine di rosolaccio, ovvero papavero selvatico rosso, sono molto comuni nelle nostre vallate d’ Oltrepò, e da metà maggio, possiamo riconoscerle numerose sui cigli delle strade o nei campi coltivati a grano.

Ed è proprio qui , in mezzo alla verde campagna primaverile, lungo i perimetri dei prati, che raccolgo le prime foglioline nate di questo bellissimo fiore. La raccolta di erbe spontanee era molto praticata nei tempi passati, specie in primavera, in quanto negli orti, le verdure seminate non erano ancora spuntate, i supermercati e le serre non esistevano, e la natura offriva diverse risorse su cui contare. Durante la raccolta vi raccomando di tagliare solo le piccole e medie foglie della piantina, per non danneggiare lo sviluppo della medesima e poter effettuare quindi una nuova raccolta.


Frittata di Papaveri

Ingredienti per una frittata costo basso • • • • •

150 gr. foglioline di Papavero 5 uova fresche 80 gr. Grana Padano mezzo bicchiere di olio di semi di arachide per la frittura 1 pizzico di sale e pepe


Rubrica ricette antiche dell’Oltrepo’

Preparazione 1

• 1

Mondate e lavate bene le foglioline di papavero, scottatele per pochi minuti in poca acqua salata, scolatele e lasciatele raffreddare. Le foglioline hanno un gusto molto deciso e amarognolo, pertanto se lo desiderate potete aggiungere all’acqua di cottura mezzo cucchiaino di zucchero per rendere il sapore più delicato.

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Tritate con la mezzaluna le foglioline ben scolate e ponetele in una terrina.

• 3

Aggiungete le 5 uova.

• 4

Incorporate il formaggio grattugiato e il pepe mescolando e sbattendo delicatamente.

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Frittata di Papaveri 5

• 5

Ecco fatto, il nostro mix è pronto per essere cucinato.

• 6

Scaldate bene l’olio di semi di arachidi (ottimo per le fritture), quindi versate adagio il composto, aiutandovi con un cucchiaio per livellarlo bene. Cuocete per una decina di minuti da ambo le parti la vostra frittata facendo attenzione a non farla aderire al fondo e muovendo di tanto in tanto il tegame. Meglio mantenere il fuoco moderato.

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Rubrica ricette antiche dell’Oltrepo’

• 7 Ecco pronta la vostra frittata campagnola di papaveri!!! Adagiatela su un piatto di portata e tamponatela per assorbire l’olio in eccesso con carta assorbente, quindi cospargetela di formaggio grattugiato.


Frittata di Papaveri


Rubrica ricette antiche dell’Oltrepo’ • Lo spessore dovrà risultare di circa un paio di centimetri.


Frittata di Papaveri


In cucina con Gaia A cura di Gaia Servidio

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i chiamo Gaia,

sono nata in Oltrepò Pavese, terra che sin da piccola mi ha cullata tra i suoi vigneti e le sue dolci colline, adoro cucinare, ma ancora di più utilizzare i prodotti del territorio. Mi ha sempre affascinato il profondo legame tra territorio, tradizione e identità. Questo mese vi propongo una Crema fredda di zucchine con cipollotti e favette, zeste di limone e olio all’acciuga, un piatto fresco, leggero e gustoso dal sapore di primavera.. “Dammi odoroso all’alba un giardino di fiori bellissimi dove io possa camminare indisturbato.” (Walt Whitman)

Gaia Servidio


Crema fredda di zucchine con cipollotti e favette, zeste di limone e olio all’acciuga.

Ingredienti per 4 persone • 8-10 zucchine • -4 cipollotti • -8 fave fresche • - c.a un litro d’acqua bollente • -5 acciughe • -limone • -sale q.b • -pepe q.b


Rubrica ricette - In cucina con Gaia

Preparazione • 1

Tagliare le zucchine e i cipollotti e versarli in una pentola con poco olio, dopo qualche minuto aggiungere acqua bollente salata fino a coprire il tutto.

• 2 In un pentolino a parte scal-

dare un cucchiaio d’olio e far sciogliere le acciughe, mondare le favette fresche e condirle con olio e zeste di limone.

• 3 A cottura ultimata frullare

• 3

A cottura ultimata frullare le zucchine far raffreddare , servire con le favette e l’olio d’acciuga.

• 4 Cospargere con fiori eduli.

Abbinamento consigliato: Oltrepò Pavese Metodo Classico bianco con le sue caratteristiche note di un bouquet fine, ampio e gentile, sapido fresco ed armonico.

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Curiosità: I Fiori di Borragine:

Si possono congelare all’interno di cubetti di ghiaccio per dare una nota di colore alle bevande estive. Possono anche essere usati per colorare l’aceto.

Le Fave Le fave sono ricche di ferro, potassio, magnesio, rame, selenio e moltissime vitamine, soprattutto acido ascorbico: è doveroso ricordare che con la cottura delle fave, come peraltro per tutti i legumi, la maggior parte delle vitamine e dei sali minerali viene perduta. Anche il processo dell’essiccazione altera la componente vitaminica e minerale. Per la ricchezza in ferro, sembra che il consumo di fave sia utile per contrastare l’anemia.

La scorza di limone non trattato: È buona abitudine grattugiare un po’ di scorza di limone sulle verdure e sulle insalate, oltre a dare sapore al piatto, la scorza è particolarmente ricca di limonene. Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/benessere/fave.html

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PVMagazine N. 5

Realizzato da FQ.Communication Responsabile: Filippo Quaglini Redattore: Valeria Portinari Testi: Silvia Brigada, Valeria Portinari, Piero Ventura Progetto grafico e impaginazione: Sara Giammona

Tutti i diritti riservati la riproduzione totale o parziale è vietata in qualsiasi forma.

Viale Cremona 19 - 27100 Pavia Telefono: 0382 301373 Mail: pvmagazinetv@gmail.com



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