N.6
PVMagazine LA RIVISTA DELLA PROVINCIA DI PAVIA
CAPOLAVORI NASCOSTI • Osservatorio Astronomico di Ca’ del Monte • Chiesa di Santa Maria di Canepanova - Pavia • Storia del riso in Lomellina ITINERARI - SPECIALE OLTREPO’ • Alla scoperta di Rivanazzano Terme, Godiasco Salice Terme, Ceima, Rocca Susella e Bagnaria. SPECIALE ARTE • Leonardiana, un museo nuovo REPORTAGE EVENTI • Rally 4 Regioni: Musti out, vince Canzian • Saprkling Made in Oltrepò. • Pavia Wine Festival. L’Evento “pop” dei Vini • Inaugurazione dell’orto dei piccoli all’Azienda Agricola la Coccinella. • Haiku, poesie giapponesi... a Rovescala. • Incontri di Stile all’Enoteca Regionale • Bollicine sotto le stelle SPECIALE WEEKEND DI PVMAGAZINE • Valeggio sul Mincio e il Parco Sigurtà RUBRICA RICETTE • Ricette antiche dell’Oltrepo’ a cura di Claudia Peccenini • In cucina con Gaia Servidio
PVMagazine EDITORIALE C
ari lettori,
è arrivata l’estate … siete pronti per le vacanze? Prima di partire leggete il nuovo PV Magazine, ancora più ricco di rubriche, editoriali, reportage della nostra Provincia … e non solo! Torna l’amatissima rubrica dei Capolavori nascosti: questo mese scopriremo nientemeno che l’Osservatorio Astronomico di Cà del Monte, la bellissima Chiesa di S. Maria di Canepanova di Pavia e racconteremo la storia secolare della coltura del riso in Lomellina. Non mancherà il consueto Speciale Oltrepò, dove attraverseremo le nostre colline da Cecima a Rocca Susella, Godiasco e Salice Terme, Rivanazzano e Bagnaria. Non perdete, poi, la nostra esclusiva recensione sul nuovissimo Museo vigevanese “Leonardiana” e il ricchissimo Reportage eventi: Salice rally 4regioni, Sparkling Made in Oltrepò, Pavia Wine Festival, l’Inaugurazione dell’Orto dei Piccoli all’Azienda Agricola La Coccinella e il Concorso di Poesia giapponese Haiku a Rovescala. E ancora Incontri di stile in Enoteca e Bollicine sotto le stelle al Castello di San Gaudenzio.
A grande richiesta torna il nostro Speciale weekend che stavolta vi porterà tre le belle terre venete di Valeggio sul Mincio e fioritissimo Parco Sigurtà. E per gli amanti della buona cucina … state tranquilli, la Rubrica ricette non vi deluderà neanche questo mese! Buona lettura a tutti e … al prossimo numero!!!
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Sommario
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CAPOLAVORI NASCOSTI • Tra le stelle dell’Osservatorio Astronomico di Ca’ del Monte • Chiesa di Santa Maria di Canepanova - Pavia • Storia del riso in Lomellina ITINERARI - SPECIALE OLTREPO’ • Alla scoperta di Rivanazzano Terme, Godiasco Salice Terme, Ceima, Rocca Susella e Bagnaria. SPECIALE ARTE • Leonardiana, un museo nuovo
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REPORTAGE EVENTI • Rally 4 Regioni: Musti out, vince Canzian • Saprkling Made in Oltrepò. Le bollicine dell’Oltrepò su un campo da golf. • Pavia Wine Festival. L’Evento “pop” dei Vini • Inaugurazione dell’orto dei piccoli all’Azienda Agricola la Coccinella. • Haiku, poesie giapponesi... a Rovescala. • Incontri di stile all’Enoteca regionale • Bollicine sotto le stelle
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SPECIALE WEEKEND DI PVMAGAZINE • Valeggio sul Mincio e il Parco Sigurtà
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RUBRICA RICETTE • Ricette antiche dell’Oltrepo’ a cura di Claudia Peccenini • In cucina con Gaia Servidio
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Tra le stelle dell’ Osservatorio astronomico di Ca’ del Monte Di Silvia Brigada
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ettete una sera d’estate, una lieve brezza, un cielo immenso, terso e costellato di stelle … milioni di puntini su un manto scuro. E pensate come sarebbe bello poterle vedere sempre più da vicino, riconoscerle una ad una, galassie e costellazioni. Ebbene, provare tutta questa meraviglia non è per niente impossibile … e per di più vicino a casa! La zona dell’Oltrepò, infatti, data la sua specifica collocazione geografica, è il luogo ideale per l’osservazione astronomica. La vicinanza del mare, infatti, conferisce all’atmosfera una straordinaria stabilità che permette di godere di un cielo terso e trasparente.
Pavia - Orto Botanico Nella nostra galassia ci sono quattrocento miliardi di stelle, e nell’universo ci sono più di cento miliardi di galassie. Pensare di essere unici è molto improbabile. (Margherita Hack)
Per tutti questi motivi il Planetario e Osservatorio di Ca’ del Monte (sì, a Cà del Monte, frazione di Cecima esiste un Planetario!), sotto uno dei cieli più bui dell’Italia nord-occidentale, è possibile “connettersi” alla volta celeste per ammirarne la bellezza ed infinita profondità dei corpi celesti. La peculiare struttura ad arco dell’Osservatorio, che sorge a 670 m s.l.m.) è armonicamente inserita nel fianco della collina ed è concepita proprio per costruire un dialogo continuo e integrato tra le attività di ricerca, didattica e divulgazione. I diversi ambienti che costituiscono la struttura (la cupola centrale del Planetario, le due laterali e il teatro retrostante) sono interconnessi tra loro nello svolgimento dell’attività di osservazione che va dalla raccolta ed elaborazione dei dati fino alla loro comunicazione ai diversi utenti coinvolti. Le cupole laterali sono principalmente dedicate alla ricerca e coinvolte nell’attività osservativa contestualmente alla strumentazione mobile, composta da binocoli giganti e telescopi. La cupola centrale, invece, ha un diametro di 7,5 metri, accoglie oltre 60 posti a sedere e ospita il planetario digitale, suggestivo strumento per la conoscenza del cielo attraverso il quale sperimentare, in prima persona e con l’ausilio di proiezioni, distanze e fenomeni astronomici.
Planetario e Osservatorio Astronomico di Ca’ del Monte
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Capolavori nascosti - Oltrepo’
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l teatro all’aperto, infine, è un’area semicircolare collocata sul retro della struttura e in posizione particolarmente privilegiata. Dotata di una vista panoramica a 360 gradi, ospita diversi eventi astronomici e culturali quali rappresentazioni teatrali, conferenze e concerti.
Con la strumentazione fissa presente nelle due cupole laterali, l’Osservatorio di Ca’ del Monte partecipa a diversi programmi di ricerca nazionali ed internazionali. All’interno dell’Osservatorio è presente un telescopio da 400 mm che è stato predisposto per ricerche astronomiche nel campo della fotometria, in particolar modo per quanto riguarda la variabilità stellare, la ricerca di esopianeti e pianeti extrasolari, il RR Lyrae e T Tauri, nonché stelle simbiotiche. La batteria dei telescopi rifrattori, invece, viene impiegata nello studio delle superfici planetarie e nel monitoraggio quotidiano del Sole, nella luce visibile del calcio e dell’idrogeno, e per l’acquisizione di immagini ad alta risoluzione. L’offerta culturale e le proposte didattiche dell’Osservatorio Astronomico e Planetario, sono davvero tantissime , per tutte le età e le passioni: qui si svolgono osservazioni diurne del sole e notturne al telescopio, che permettono per avvicinarsi al cielo e alle sue meraviglie, seminari e corsi di approfondimento, laboratori,passeggiate naturalistiche nei meravigliosi boschi attorno al Planetario. E per i più fantasiosi … non perdetevi gli spettacoli di simulazione del cielo: Il cielo del mese, i Racconti di stelle sotto il cielo e i film Due piccoli pezzi di vetro e Space Opera. Quest’ultimo, in particolare, affronta un avventuroso viaggio alla scoperta dei pianeti del Sistema Solare accompagnati dalla voce italiana della Principessa Leyla di Star Wars, Ottavia Piccolo. Ma si potrà anche viaggiare attraverso le sequenze delle spettacolari immagini di galassie e nebulose raccolte dal telescopio spaziale Hubble, il divertente filmato Misurare lo spazio, per scoprire quanto sono distanti tra loro e da noi i diversi oggetti celesti, e il cortometraggio Le forme dello spazio, destinato ai più piccoli. Insomma … curiosi di scoprire le stelle? Il Planetario vi aspetta! Per informazioni e prenotazioni: e-mail:osservatorio@osservatoriocadelmonte.it Telefono: 3277672984 – 3272507821 Dal lunedì al sabato dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 14.30 alle 18.30.
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Teatro all’aperto con vista a 360 gradi dell’Osservatorio
Le tre cupole dell’Osservatorio di Ca’ del Monte
Chiesa di Santa Maria di Canepanova a Pavia Di Silvia Brigada
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olete scoprire un vero e proprio capolavoro d’arte e di architettura nascosto tra le vie del centro storico di Pavia?
Allora entrate nella Chiesa di Santa Maria di Canepanova, in via Defendente Sacchi. Si tratta di un esempio di architettura religiosa del Cinquecento dei più emozionanti, opera dell’architetto Giovanni Antonio Amadeo, allora all’apice della sua carriera (già impegnato nei cantieri della Certosa di Pavia, alla Cappella Colleoni di Bergamo, alla facciata di Santa Maria presso San Satiro e al tiburio di Santa Maria delle Grazie a Milano). Amadeo, che gravitava nella corte Sforzesca milanese, fu inviato a Pavia per il progetto di Santa Maria di Canepanova da Ascanio Sforza, fratello di Ludovico il Moro. La chiesa fu eretta tra il 1492 e il 1507, probabilmente seguendo le direttive di Bramante stesso. Secondo la tradizione l’edificio venne eretto per accogliere un affresco miracoloso che prima si trovava sulla facciata di una dimora appartenente alla nobile famiglia dei Canepanova. Furono questi a sovvenzionare la costruzione della chiesa (e da cui essa prese il nome), insieme alla Confraternita di S. Maria Incoronata. I lavori continuarono anche dopo il 1557, quando la chiesa fu gestita dai Padri Barnabiti (per i quali fu eretto un convento adiacente la chiesa). Gli abbellimenti con pitture e stucchi continuarono per tutto il Seicento; nel 1810 i frati abbandonarono il convento che allora venne adibito a scuola (e che, ancora oggi, ospita lo storico liceo classico intitolato, nel 1865, a Ugo Foscolo) e la chiesa divenne sussidiaria di S. Francesco. Nel 1915 venne affidata ai Frati Minori (che costruirono un nuovo convento a fianco della chiesa), fino al 1937. L’architettura della chiesa è molto particolare. La struttura voluta dall’Amadeo è detta “ad quadratum”, che l’architetto aveva ripreso dal suo maestro Guinforte Solari. Altri precedenti di edifici religiosi a pianta circolare in Lombardia sono la Cappella Colleoni a Bergamo, ma anche il Tempio Civico dell’Incoronata di Lodi. L’esterno è sobrio: la facciata è rimasta incompiuta, in cotto, senza particolari decorazione, sorge su un piano rialzato.
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Chiesa di Santa Maria di Canepanova Breme - Abbazia San Pietro
Breme - Chiesa parrocchiale dedicata alla B.V. Assunta
Municipio di Fortunago
Capolavori nascosti - Pavia
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l volume cubico è impostato su un quadrato, su cui è appoggiato un tiburio ottagonale e quattro piccoli campanili. Lo spazio è a pianta centrale ed è generato dagli otto lati della cupola proiettati entro il perimetro quadrato della chiesa. Questo gioco di contrasti e volumetrie crea un effetto assolutamente unico e maestoso, a cui fa da contrappunto la movimentata disposizione dell’interno, che crea una successione di nicchie sostenute da un arcone per ciascuna delle facce dell’ottagono.
L’interno si presenta con uno stile nitido e puro nelle sue geometrie rinascimentali sobrie, senza forti decorazioni, ma con una generale pulizia formale, anche se oggi dominato per lo più da elementi barocchi (semicolonne in marmo, nicchie e cappelle). Insomma, qui la struttura vince sulla decorazione. Internamente la chiesa ospita pregevoli affreschi attribuiti al Moncalvo e ad Alessandro Tiarini; sono presenti anche alcune tele del Procaccini, come “Le Donne della Bibbia”, il tutto abbellito dalle quadrature di Giovanni Battista Longone. La cupola è decorata con gli affreschi delle Sibille, mentre nel presbiterio e nel coro campeggiano altri affreschi del Moncalvo, come “Giaele che uccide Sisara”. Meritevoli altre opere, come “La Profetessa Debora e Racheleal pozzo” del Procaccini o la “Resurrezione di Cristo” e “Rebecca disseta il servo di Abramo” del Maggi. Da segnalare il pregevole altare del XVII secolo, opera del maestro Tommaso Orsolino, che accoglie l’originale e miracolosa immagine affrescata della Vergine. Sopra il portale si trova una cantoria con un organo “Angelo Amati” del 1835. Accanto, tra la chiesa e il convento francescano, si trova il cosiddetto “Chiostrino” risalente al XV secolo.
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Storia del riso in Lomellina Di Silvia Brigada
“quanto più cade, più balza” Adí 2 febbraio 1494 / Leonardo da Vinci
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a Lomellina, per secoli paludosa e arida per la presenza di dossi sabbiosi, solo nel Medioevo si trasformò in uno “scacchiere” di verdi campi grazie alla presenza e al lavoro dei monaci, alla colonizzazione feudale e alle riforme agronomiche degli Sforza che introdussero la coltivazione del gelso e, soprattutto, del riso. Quest’ultimo fu portato in Sicilia dagli Arabi già nell’VIII secolo e fu Galeazzo Maria Sforza a farlo arrivare nei campi della Lombardia nel Quattrocento.
Gli 80.000 ettari di risaie si estendono nei campi pianeggianti, punteggiati di città d’arte, castelli, rocche, abbazie e grandi cascine raccontano la storia dell’uomo che ha livellato e bonificato queste terre ricche di per sé d’acqua grazie alla presenza del Sesia, Ticino e Po. Nel Quattrocento delle Signorie rinascimentali il borgo fortificato di Vigevano fu residenza estiva del Ducato con Ludovico Sforza, detto il Moro, che nel 1492 realizzò la grandiosa Piazza Ducale e il meraviglioso Castello. Proprio in quegli anni Leonardo da Vinci, che lavorava a Milano per gli Sforza, soggiornò alla corte vigevanese e qui ideò un complesso sistema di regolazione delle acque destinate agli orti e giardini della Villa della Sforzesca, modello di cascina a corte chiusa. Il territorio era quasi tutto incolto e fu lo stesso Ludovico a dar nuova vita al luogo e impulso all’agricoltura dell’intera Lomellina. Dalla Sforzesca fino al Ticino si stendeva una vasta zona percorsa da viottoli non sempre praticabili che era, un tempo, il parco riservato alle cacce ducali.
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Veduta di Chignolo Po Risaia della Lomellina
Capolavori nascosti - Lomellina
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a “villa della Sforzesca”, frazione a pochi chilometri di strada da Vigevano, la famosa cascina, denominata “Colombarone”, fatta costruire nel 1486 da Ludovico Il Moro. Essa si compone di diversi complessi monumentali nati in successivi momenti storici.
Curiosando tra le pagine ingiallite e affascinanti del codice Leicester di Leonardo si trovano i disegni che ritraggono il “molino della Scala”, una struttura a scalini progettata per i campi attorno alla Sforzesca, dove scorreva l’acqua, e che è ancora presente ai giorni nostri. Da allora le terre lomelline sono celebri ovunque per la grande produzione agricola, in particolare di riso. Il riso è una pianta della famiglia delle graminacee di antichissima coltivazione; proveniente dai paesi orientali con clima tropicale, necessita di particolari condizioni di temperatura ed umidità. Le prime notizie sulla coltivazione del riso in Lomellina risalgono proprio alla fine del quattrocento; in quel tempo, infatti, il marchese di Mantova diede diversi sacchi di riso trasportati dall’oriente al suo cugino milanese, Ludovico il Moro: da quel momento, il riso iniziò la sua diffusione in terra lomellina. Alcuni studi affermano che la prima semina di riso in Italia avvenne proprio in questo territorio. Tuttavia, anche se la particolare conformazione del terreno, ricco di acque superficiali e poco profonde, si è rivelata subito adatta alla coltivazione, la diffusione delle risaie in Lomellina è stata limitata fino al XVIII secolo. Dall’ottocento, con la costruzione del Canale Cavour, la coltivazione si è andata sempre più affermando ed oggi copre buona parte del territorio coltivato con una produzione decisamente superiore al passato. L’antico ciclo della coltivazione del riso, basato sul trapianto del cereale in campi prima utilizzati per altre coltivazioni, con una continua rotazione, e la pulizia ad opera delle mondine, è ormai solamente un ricordo. Ora il cereale viene piantato nel mese di aprile direttamente nelle risaie, prima arate, livellate e quindi allagate fino ai 10/20 cm per assicurare la protezione termica del chicco. Nei quindici, venti giorni successivi si ha la germinazione delle verdi piantine che crescono, liberate dalle erbe infestanti con diserbanti ed erbicidi, fino a trasformarsi, a settembre, in lunghi steli con ricche spighe di chicchi dorati.
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“Villa della Sforzesca”
Capolavori nascosti - Lomellina
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uccessivamente moderne mietitrebbie scendono nelle risaie ormai asciutte con pesanti cingoli e tagliano le piante, separando già i chicchi dalla paglia. I preziosi chicchi, chiamati in questa fase “risone”, vengono quindi essiccati e solo allora possono passare alle riserie per la raffinazione. Per essere preparati al consumo alimentare, i chicchi di riso vengono prima sbramati, poi sbiancati e, spesso, sottoposti anche alla brillatura, cioè alla lucidatura per mezzo di talco e glucosio. E allora non abbiate dubbi: per un insuperabile risotto provate questo riso della Lomellina, che ancora moltissimi produttori della zona coltivano con passione e amore. Risotto con le rane, “giallo” (con lo zafferano), con la salsiccia, con i fegatini, arrostito, alle ortiche, con i “fagiolini dell’occhio”, con le “barlande” (erbette dei prati), con i funghi porcini, con le tinche, con le quaglie, con gli asparagi, con la trippa, riso e latte … insomma vi abbiamo fatto venire un po’ di appetito “lomellino”?
Speciale Oltrepo’ Di Silvia Brigada Torniamo, anche questo mese, nelle belle terre oltre padane, alla scoperta di valli verdissime e torrenti che attraversano colline. Luoghi dove riposare, rifugiarsi dalla città e ritemprarsi durante la lunga estate caldissima. In questo numero vi porteremo tra le meraviglie e i divertimenti di Rivanazzano Terme, Godiasco e Salice Terme, Cecima, Rocca Susella e Bagnaria. Pronti? Si parte!
Speciale Oltrepo’
RIVANAZZANO TERME
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ivanazzano sorge in una fortunata posizione, ai piedi della collina, lungo il torrente Staffora, che garantisce un microclima ventilato e asciutto, ideale per soggiorni, anche brevi, di villeggiatura.
Anticamente Rivanazzano era conosciuta come Vico Lardario, citata ancor prima dell’anno mille, e apparteneva alla diocesi di Tortona. Fino al XVII secolo fu cinta da mura che proteggevano il castello, di cui oggi rimane solo l’antica torre; fu teatro di aspre contese con Voghera, per l’utilizzo delle acque dello Staffora e ripetutamente occupato dalle bande che saccheggiavano i territori dell’Appennino. Fu feudo dei Malaspina e, dopo diverse vicende, divenne possedimento dei Rovereto, marchesi di Genova. Sino al XVII secolo Rivanazzano era diviso in due centri indipendenti: Ripa, dove si trova il centro odierno, e Nazzano, sul colle lungo la riva opposta dello Staffora, col nome di Ripa di Nazzano. Solo nel XIX secolo i due paesi si unirono definitivamente e Rivanazzano prese il toponimo odierno, frutto dell’unione dei due precedenti. Ma Rivanazzano è anche un importantissimo centro turistico per la presenza delle sue Terme. Qui il sottosuolo è infatti ricco di acque sulfuree e salso-bromo-iodiche che hanno proprietà terapeutiche e curative, ragione per cui nel 2009 si è voluto completare il nome del paese con l’appellativo Terme, a riconoscenze della più importante caratteristica. Questo è stato il primo centro termale della Lombardia a ricevere la certificazione di qualità in base alla normativa UNI EN ISO 9002. Le terme sono gestite dal Comune e accreditate dal Sistema Sanitario Nazionale.
Al centro del paese, in piazza Cornaggia, è possibile ammirare il singolarissimo Palazzo Municipale, che si presenta nel suo stile neogotico sul progetto dell’ingegnere vogherese Dionigi Pozzoli. E’ datato 1906 (fu originariamente costruito per ospitare il potere politico del paese). La facciata è rivestita da mattoni rossi e tutto il tetto è contornato da merlature a coda di rondine; al piano terra l’edificio è porticato, con archi a sesto acuto, di derivazione gotica, e presenta bifore al secondo piano. Nel corpo di fabbrica centrale vi è una balconata in sasso decorata, al di sopra della quale svetta la torre con l’orologio. All’interno, nella sala consiliare, è possibile ammirare un antico affresco del cinquecento con la “Nostra Signora della Neve” ora trasportato su tela. Questo dipinto, che in origine si trovava in una vecchia chiesa poi incorporata del palazzo del Comune, era stata voluta dalla popolazione di Rivanazzano, per l’intercessione della Madonna, che li aveva liberati dalla peste.
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Palazzo Municip
pale di Rivanazzano Terme
Speciale Oltrepo’
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postatevi ora nella parte più elevata del colle di Nazzano, dove sorge la chiesa parrocchiale di Rivanazzano, consacrata a San Giovanni Battista. L’edificio fu costruito nel XIII secolo e riedificato nel 1825, dopo un grave incendio che distrusse la chiesa nel 1779. La struttura, su progetto dell’architetto genovese Brignone, si sviluppa in un’unica navata; la facciata neoclassica pare in contrasto con gli affreschi interni del 1921, opera del contemporaneo tortonese Mietta, che ornano il soffitto. Pregevole, nella cappella di destra dedicata a San Bartolomeo, una rappresentazione del patrono orante, del XVIII secolo.
Non andatevene, però, senza una visita al Castello di Nazzano, che si trova nei pressi della chiesa cinquecentesca di Rivanazzano, dedicata a San Germano, in una bellissima posizione panoramica (339 msl), proprio all’accesso della Valle Staffora. La vista abbraccia le colline e tutto il borgo di Nazzano, completamente circondato da boschi di piante autoctone. Il castello fu invece costruito intorno all’anno Mille dai Malaspina e successivamente potenziato da Gian Galeazzo Visconti nel 1360, poiché ne aveva compreso la particolare importanza strategica. Nel seicento passò alla famiglia dei Mezzabarba, che lo trasformò da semplice fortificazione, in un maniero. Infine, nel diciottesimo secolo, fu acquisito dagli attuali proprietari, i marchesi Rovereto. Oggi è conservato il corpo principale, a sud, con finestre a sesto acuto. Nell’angolo di sud ovest si nota una minuscola torre cilindrica, rastremata all’altezza della gronda. La facciata che dà sulla piazza della chiesa è caratterizzata da un alto archivolto ogivale cieco. Il castello ha subito radicali restauri e nel 1905 fu definitivamente destinato a dimora residenziale; oggi è monumento nazionale. La magia di questo castello vi riporterà indietro nel tempo, tanto che sembrerà di rivivere i tempi dello splendore del maniero. La particolare atmosfera della rocca la rende luogo unico e romantico!
Castello di Nazzano
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Speciale Oltrepo’ GODIASCO SALICE TERME
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odiasco e l’area su cui sorge ha origini antichissime e fu abitato sicuramente già prima del VII secolo; il territorio fu infeudato da Federico I a Obizzo Malaspina nel 1164 e la storia di Godiasco è stata da allora sempre strettamente legata alle vicende del marchesato dei Malaspina. Nel 1221 la prima divisione tra i Malaspina attribuì Godiasco al ramo dello Spino Fiorito, e nella successiva divisione del 1275 fu compreso nel territorio di quel ramo che aveva sede a Oramala (fraz. di Val di Nizza), e che prese poi dimora a Godiasco. I Malaspina di Godiasco furono sempre uno dei rami più fiorenti della casata. Il marchesato di Godiasco fu sottomesso al Ducato di Milano e divenne una delle giurisdizioni separate o terre diverse dell’Oltrepò, forse la più vasta e importante. Unito con il Bobbiese al Regno di Sardegna nel 1743, in base al Trattato di Worms, entrò a far parte poi della Provincia di Bobbio. La fine del marchesato ebbe luogo con l’abolizione del feudalesimo nel 1797. Nel 1801 il territorio è annesso alla Francia napoleonica fino al 1814. Nel 1818 passa alla provincia di Voghera e nel 1859 alla provincia di Pavia. Da Godiasco transitava la via del sale lombarda, che collegava la Liguria e la Lombardia favorendone gli scambi commerciali. La storica rotta era percorsa da colonne di muli che passando per il fondo valle raggiungevano Genova attraverso il passo del Giovà e il monte Antola.
Il borgo dall’antico impianto medioevale conserva ancora i resti del Castello, di cui rimane la torre costituita da pietra e ciottoli di fiume oggi adibita ad abitazione. Questa, insieme alla torre circolare in via della Cerchia, faceva parte della cinta muraria del feudo datata XIII secolo. Nella piazza centrale si trova lo storico Palazzo Malaspina, costruito probabilmente sulle fondamenta di una rocca. La struttura della costruzione è massiccia, con una facciata poco decorata, sulla quale spicca un pregevole portale in arenaria decorato con due cariatidi, risalente al XVI secolo, come tutto il palazzo. All’interno sono conservati ancora gli appartamenti nobili con saloni affrescati e il maestoso scalone d’onore in marmo. Nella parte retrostante si trova il giardino pensile che, sfruttando il naturale declivio, degrada verso la Valle Staffora. Il castello Malaspina viene storicamente ricordato perché qui si nascose il cardinale Alberoni, fuggito dalla Spagna nel 1719 e che vi rimase, protetto, finché poté raggiungere la nativa Piacenza. .
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Veduta aerea di Godiasco e Salice Terme - Foto di Flavio Chiesa
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Speciale Oltrepo’
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ella stessa piazza sorge anche la chiesa parrocchiale di San Siro, dalla facciata in stile tardo gotico lombardo, con istanze romaniche.
La chiesa attuale è stata eretta nel 1935 per volontà dell’avvocato Angelo Bernardo Alesina di Godiasco, sul progetto dell’architetto genovese Giuseppe Rosso. Essa sorge sull’area dell’antica corte rustica, dedicata a San Siro. La facciata è in laterizio rosso, aperta dalle tre entrate ad arco acuto; ognuna è sormontata da una lunetta decorata rispettivamente dalle effigi di Cristo Re, San Bernardo e San Siro, San Marziano. La chiesa ha un bel campanile slanciato ed elegante. All’interno, particolarmente maestoso, sviluppato in tre navate, si ammirano le belle vetrate colorate che rappresentano Santi, il Cristo, la Vergine e un cavaliere, uno dei donatori, che si inchina porgendo il modellino della chiesa, secondo l’iconografia tipica dell’epoca. Da apprezzare le opere in legno scolpito, che riproducono le attività artigianali del luogo, come una Via Crucis ed un pulpito decorato. Bellissimo il pavimento in marmo rosa e l’altare maggiore in marmi policromi. Nei dintorni si trovano la Cappella dedicata alla Beata Vergine, situata nella piazza della località Montalfeo, e la Chiesa intitolata a S.Giovanni, nella frazione S.Giovanni Piumesana.
Chiesa parrocchiale di San Siro a Godiasco
Chiesa di San Michele
Speciale Oltrepo’
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nteressante è l’antico borgo del Molino del Groppo con il mulino della famiglia Malaspina perfettamente restaurato.
Proseguite la visita con una sosta allo splendido Castello di Montalfeo, che si trova sempre nel comune di Godiasco, a poca distanza dal centro abitato di Salice Terme, sulla rocca di avvistamento del Monte Alfeo. L’antica struttura, austera ed imponente, si compone da un corpo di fabbrica centrale, cui è addossata la grande torre.
Nel cinquecento la fortezza apparteneva al marchesato dei Malaspina. Entrate, e scoprite il bellissimo salone centrale, decorato con soffitto a cassettoni e dalle pareti completamente affrescate con soggetti araldici e medievali e sale voltate sorrette da colonne. Dalla terrazza panoramica del castello è possibile ammirare lo splendido panorama che si apre sulla valle sottostante e il bel giardino all’italiana che degrada fino al poggio. Questo paese fa parte del territorio culturalmente omogeneo delle Quattro province (Alessandria, Genova, Pavia, Piacenza), caratterizzato da usi e costumi comuni e da un importante repertorio di musiche e balli molto antichi. Strumento principe di questa zona è il piffero appenninico che accompagnato dalla fisarmonica, e un tempo dalla müsa (cornamusa appenninica), guida le danze e anima le feste.
Segnaliamo anche la preziosa presenza a Godiasco del Teatro Cagnoni, realizzato nel 1896 dalla SOMS (Soc. Operaia Mutuo Soccorso) e intitolata al musicista godiaschese. Ristrutturato nel 1990, l’edificio si trova nel centro abitato ed è provvisto di ingresso, salone, una platea da 250 posti e palcoscenico. Qui ogni anno si tengono spettacoli di prosa, concerti sinfonici, il Festival canzoni per bambini. Al primo piano ha sede la scuola di musica (Gruppo di Attività Musicale).
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Castello di Montalfeo
Chiesa di San Vincenzo Foto aerea su Romagnese di Flavio Chiesa
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soli tre chilometri da Godiasco, sul torrente Staffora, si trova la frazione Salice Terme, nota località termale.
Nel 2012 è stato modificato il nome del comune da “Godiasco” a “Godiasco Salice Terme”, al fine di dare maggiore importanza alla frazione principale del comune, Salice Terme, che possiede un maggior numero di abitanti rispetto allo stesso capoluogo comunale di Godiasco, e per sottolineare la presenza, all’interno del territorio, di importanti fonti termali. Salice Terme è da sempre conosciuta a livello nazionale per la presenza delle terme: furono addirittura gli antichi romani a scoprire, per primi, i benefici effetti dell’acqua “salsa” che generosamente sgorgava dal sottosuolo. Lo testimoniano gli importanti reperti archeologici risalenti al IV secolo che sono stati ritrovati in loco. Salice è il centro più dinamico e vitale della zona, ricco di eleganti locali. I giovani si riversano, soprattutto nelle serate d’estate, nella via centrale e nei tantissimi locali glamour di Salice. Elemento distintivo del luogo sono, però, le Terme.
Le Terme di Salice hanno acque solfuree tra le più ricche di idrogeno solforato del Paese, e acque salso-bromo-jodiche, fonti con le quali è possibile preparare fanghi naturali fortemente mineralizzati. Si tratta di un centro termale storico, d’eccellenza, classificato dal Ministero della Salute al Primo Livello Super che vanta una tradizione decennale. Le Terme di Salice sono uno dei pochi stabilimenti d’Italia a disporre di due tipi di acque, la sulfurea e la salsobromojodica che coprono tutto il ventaglio di cure in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale. Grazie a questi due tipi di acque vengono curate con successo numerose patologie: inalazioni, aerosol, nebulizzazioni, insufflazioni endotimpaniche, humages, ma anche fanghi e bagni per l’artrosi, idromassaggi per flebopatie, cura idroponica per patologie gastroenteriche, bagni sulfurei per l’apparato dermatologico, reparto di fisioterapia in palestra o in vasca con acqua termale.
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Il Borgo di Romagnese
Terme di Salice
Speciale Oltrepo’
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a le terme di Salice non sempre godettero di grande fama. Infatti solo nel secolo XIX, grazie all’opera del dottore pavese Ernesto Brugnatelli, le due più antiche fonti termali, quella salsobromojodica e quella sulfurea, vennero riportate in auge: un altro medico, il milanese Ernesto Stoppani, si adoperò per la costruzione del primo stabilimento per le cure e per l’erezione della prima ala del Grand Hotel, trasformando le terme in un fattore di crescita per l’economia locale. Lo stesso dottore diventò il principale azionista della società, la quale ben presto fu tuttavia messa all’asta. Poiché le aste andarono completamente deserte, Stoppani ne approfittò per liquidare i soci, diventando di diritto unico proprietario dei pozzi, delle concessioni minerarie, delle attrezzature di cura e di altri luoghi di Salice, tra cui i 20 ettari di superficie di quello che sarebbe diventato un parco. A lui il merito anche della realizzazione della seconda ala del Grand Hotel, del Teatro delle Terme, del Caffè delle Terme e di un impianto di canalizzazione delle acque, opere che rafforzarono il ruolo della cittadina come centro termale: tutto ciò portò alla costituzione della “Società Anonima delle Terme di Salice”, ufficialmente costituita nel dicembre del 1901. Nel 1902 partì la costruzione di uno stabilimento in grado di soddisfare il preventivato aumento delle richieste di cura. La nuova costruzione, di stile pompeiano, aveva un piano rialzato comprendente due reparti, per dividere gli uomini e le donne per i bagni salsobromojodici, mentre in quello inferiore i reparti per le fangature ed i bagni solforosi. Il completamento dei reparti di cura si ebbe nel 1913: da allora Salice iniziò una continua ascesa verso una posizione di prestigio che raggiunse negli anni ‘30, complice il nuovo stabilimento e le qualità terapeutiche delle acque utilizzate.
Le Terme sono circondate dal meraviglioso parco secolare, dove potrete godere della frescura dei tigli, platani, aceri, querce (tra cui la secolare quercia “di Ada Negri”, sotto la quale la poetessa in vacanza qui a Salice soleva riposare – e scrivere! – all’ombra dei suoi rami), e ancora olmi, pini, sequoie e abeti.
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Parco di Salice Terrme
Particolare dell’antico Borgo di Cecima
Speciale Oltrepo’
CECIMA
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ecima è un bellissimo paesino dal forte carattere medievale che si è mantenuto inalterato lungo i secoli. Incastrato tra le colline, vi accoglierà nelle sue caratteristiche viette lastricate con i ciottoli del torrente Staffora e da un panorama meraviglioso.
La sua origine è antichissima: fu donata dai re Ugo e Lotario al vescovo di Pavia nel 943. Nel 1164 l’imperatore Federico I inserì Cecima tra le località poste sotto la dominazione di Pavia (risultando isolata tra le terre dei marchesi Malaspina), ma non cessò la signoria feudale del vescovo, che anzi continuò ininterrotta fino all’abolizione del feudalesimo nel 1797. Nel 1419 il vescovo Pietro Grassi emanò gli Statuti del comune di Cecima, che furono il modello cui si ispirarono per i loro statuti molti comuni circostanti. Cecima per secoli fece parte di Ponte Nizza e, solo nel 1956, ottenne l’autonomia.
Valle Staffora - Veduta da Cecima
Speciale Oltrepo’
A
l centro del paese, nella bella piazzetta, visitate la chiesa parrocchiale dei SS. Martino e Lazzaro (dalla grande importanza artistica!), sorta su una precedente struttura del XII secolo e crollata a causa di continui franamenti nel XV secolo.
La chiesa fu riedificata nel 1460 in stile tardo gotico lombardo per volontà del cardinale Jacopo Ammannati, allora vescovo di Pavia, feudatario e che fu signore di Cecima nel 1479. Della struttura originale oggi restano solo il campanile e parte della facciata con il grande rosone centrale in pietra, insieme al bellissimo portale in cotto. La facciata dell’edificio è suddivisa da semipilastri, nella tipica fattura romanica; un fregio in cotto a motivi floreali ed una decorazione ad archetti coronano la parte superiore destra. Anche il portale a sesto acuto ha decorazioni in cotto: nella prima cornice vi sono delle formelle che recano un motivo a teste antropomorfe, raffiguranti un giovane, una donna pettinata secondo la foggia quattrocentesca e un uomo anziano dal naso pronunciato. La seconda fascia è decorata con fiori, foglie e nomi vegetali; la terza con figure di giovani che colgono uva e tralci, emblematica per la storica tradizione vinicola del luogo. L’interno della chiesa è stato ricostruito in cemento armato e ancorato alla roccia per evitare altre frane. L’edificio religioso è suddiviso in tre navate e conserva importanti opere d’arte come, nella navata sinistra, un affresco cinquecentesco di ispirazione luinesca, del quale si distinguono ancora solamente una Madonna in trono con bambino, mentre non sono riconoscibili i Santi ai lati; è presente, inoltre, una Madonna con Bambino seicentesca con S. Giovanni Battista e Santa Caterina da Siena. Un altro affresco staccato è presente in sacrestia. Dal sagrato della chiesa si gode un’ottima vista: affacciandovi dalla balconata panoramica scorgerete il Monte Penice e il torrente Staffora. Poco distante potete ancora ammirare i bastioni delle antiche mura, di cui oggi rimangono solo poche testimonianze, come i ruderi della cosiddetta Porta Soprana, demolita nel 1936, e il cosiddetto “Castelliere” di Guardamonte, un insediamento pre-romano scoperto nel 1951 sulla Dorsale tra la Val Curone e la Val Staffora, una zona archeologica di grande rilevanza.
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Chiesa parro
occhiale dei SS. Martino e Lazzaro
Speciale Oltrepo’
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e amate il volo, sulle colline di Cecima, in località Cà del Monte, si trova la pista di parapendio: un decollo a 800 mt. circa slm affacciato sulla valle Curone, sullo sfondo la pianura padana e, nelle giornate limpide, si vede tutto l’arco alpino piemontese - lombardo.
Ma Cà del Monte è anche molto altro. In cima si trova l’importante Planetario e Osservatorio di Cà del Monte, struttura inaugurata nel 2008 con lo scopo di studiare la volta celeste, ma anche di avvicinare alla conoscenza del cielo le scuole e il pubblico in genere. Per questo vengono organizzate interessanti visite guidate per tutti i livelli di preparazione e per tutte le età all’interno della struttura, dove non mancano esperienze di osservazione diretta. Vengono organizzate anche esperienze di osservazione combinate con passeggiate e trekking lungo i suggestivi percorsi collinari che si snodano sul territorio dove si sviluppa il planetario. La ricerca al momento si focalizza sullo studio del sole. Grazie alla curiosa struttura a cupole, sulle quali sono posizionate le strumentazioni per l’osservazione, il centro partecipa a diversi programmi di ricerca sia di ambito nazionale che internazionale. La struttura dell’osservatorio è inserita armoniosamente al fianco della collina, in un ambiente non ancora intaccato dalle luci dell’urbanizzazione, ideale quindi per l’osservazione notturna. Il planetario si compone di diversi ambienti: la cupola centrale del planetario, del diametro di 7,5 m e cinquanta posti a sedere (qui è presente un planetario digitale), e le due laterali, postazioni fisse, collocate nelle cupole laterali est e ovest (entrambe del diametro di 4 m), sono principalmente dedicate alla ricerca; sul retro rispetto alla facciata, si sviluppa l’ambiente del teatro. Questo spazio è dedicato alle attività aperte e guidate che coinvolgono il pubblico, in particolare le scuole. Nel teatro, che ospita oltre 200 posti a sedere per eventi astronomici e culturali ad ampio respiro (rappresentazioni teatrali, conferenze, concerti), è presente anche un maxischermo per la proiezione, tra le altre, di riprese dal vivo di oggetti celesti. La gestione didattico - scientifica della struttura è stata affidata all’Associazione Astrofili Tethys, promotrice del progetto dal 1997. Cosa aspettate? Tuffate il naso nel cielo!!!
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Planetario e Osservatorio Astronomico di Ca’ del Monte
Veduta di Bagnaria
Speciale Oltrepo’ BAGNARIA
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uesto piccolo paesino di quasi settecento abitanti ha un carattere importante: fa parte dell’Associazione Nazionale delle Città delle Ciliegie e ogni anno, nel mese di giugno (dal 1974!), il comune organizza la famosa Sagra delle Ciliegie, dove si può assaggiare il particolarissimo il risotto con le ciliegie. Nella settimana di Ferragosto, dal 1993 nel Borgo Medievale (Piazza S.Bartolomeo) si svolge annualmente il festival musicale en plein air Ultrapadum con un tripudio di fisarmoniche. Ad ottobre, invece, organizzano la Festa della Mela giunta, quest’anno, alla 34ª edizione. Durante queste manifestazioni, ma anche durante tutto l’anno, troverete i produttori locali con ogni sorta di frutta e verdura tipici dell’Oltrepò pavese presso il Mercato Km 0, nella parte bassa del paese, lungo lo Staffora. Storicamente anche Bagnaria faceva parte del marchesato dei Malasapina fino all’investitura imperiale del 1164, quando passò al ramo dello Spino Fiorito e successivamente ad un’ulteriore suddivisione della famiglia nei tre rami di Varzi, Godiasco e Pizzocorno (a quest’ultimo toccò anche Bagnaria). Nel 1413 la dominazione della famiglia si interruppe a causa dell’assassinio di tutti i membri del castello di Olivola in Lunigiana. I loro beni furono, quindi, suddivisi e Bagnaria fu acquistata dai nobili Busseti di Tortona. Nel momento in cui i feudi della Valle Staffora, allora ormai sottomessi ai duchi di Milano, furono aggregati alle province del ducato, Bagnaria fu affidata alla Provincia di Tortona, fino al XIX secolo. Nel 1485 il feudo di Bagnaria passò ai Fieschi di Genova, successivamente ai principi Doria. Particolarità di questa zona è che, durante le varie dominazioni, godette sempre di una totale autonomia giudiziaria e fiscale, presentandosi come una sorta di staterello indipendente. Il feudo imperiale fu abolito nel 1801 da Napoleone; passò dal Tortonese alla Provincia di Bobbio. Nel 1859 entrò nella Provincia di Pavia e solo nel 1946 ottenne l’autonomia comunale. Salite, seguendo le indicazioni, verso il Borgo Medievale del paese, salendo la scala panoramica che vi porterà nel cuore del borgo.
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Speciale Oltrepo’
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ra le case in pietra, salite sino alla Chiesa di San Bartolomeo Apostolo dell’XI secolo e dalla facciata in stile tardo – gotico, tripartito in altezza da tre lesene e coperta da un tetto a capanna spezzata. L’ingresso, con un grande portale di legno, è sormontato da un arco a sesto acuto. Alla chiesa è addossato una coeva torre campanaria. All’interno l’edificio è a tre navate, con il presbiterio leggermente sopraelevato e l’abside semicircolare. Nel 1946, grazie a studi ingegneristici e storico-artistici che sono stati condotti in occasione degli ultimi restauri, sono riaffiorate parti di affreschi nascosti dagli intonaci sulla parete destra, con Sant’Alberto e San Carlo Borromeo. La decorazione di tutto l’interno della chiesa, le figure di Santi e Sante, è stata eseguita dal pittore Domenico Fossati. A ridosso della chiesa parrocchiale si trovano i ruderi del Castello Fieschi – Doria di Bagnaria (X secolo), di cui oggi si possono vedere ancora due pianori, uno dalla forma quadrilatera, l’altro a nord, nella parte più alta dell’abitato, da considerarsi, con ogni probabilità, i resti della torre di avvistamento. Poco distante sorge Palazzo Malaspina e l’Oratorio di San Rocco, e la serie di piccoli santuari situati fuori dal centro abitato, come l’Oratorio della Madonna di Caravaggio, l’Oratorio della Madonna della Neve e l’Oratorio della Madonna Pellegrina. Visitiate anche la Chiesa di Sant’Antonio da Padova, che presenta un pronao coperto da archi a tutto sesto e sostenuto da due pilastri quadrangolari. Il piccolo edificio sacro, immerso nel verde delle colline, risale al XVIII secolo.
Oratorio della Madonna della Neve
Chiesa di San Bartolomeo Apostolo
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Speciale Oltrepo’
ROCCA SUSELA
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occa Susella è un piccolissimo comune di poco più di 200 abitanti, appartenente alla Comunità montana dell’Oltrepò Pavese, ma molto carino.
Il paese, di antica fondazione, alla fine del duecento faceva parte del feudo che dipendeva giurisdizionalmente dalla Mensa vescovile di Tortona e ne era feudatario Giovanni Ruino della Rocca. Anticamente era detta Rocha de Axixellae ed anche Castrum Saxillae e poi Rocha Saxillae, nome dalle origini liguri. Verso la metà del XV secolo fece parte del feudo dei Fortunago; nel 1753 ne divenne feudatario Gerolamo Gambarana e fino al 1905 la parte meridionale dell’attuale territorio, compresa Susella, apparteneva al vicino comune di Montesegale. Il territorio comunale si estende su porzioni della Valle Ardivestra, Valle Schizzola e Valle del Rile. In Frazione Susella troverete la chiesa di San Pietro, che risulta elencata tra le dipendenze della pieve di San Zaccaria fin dal XVI secolo. Accanto all’edificio religioso, il monumento ai caduti e il Castello, oggi un palazzo residenziale.
Chiesa di San Piet
tro
Speciale Oltrepo’
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rima di rientrare, vi invitiamo (caldamente!) a fermarvi in località Giarone, facilmente raggiungibile dalla strada che da Godiasco porta a Montesegale. Qui sorge San Zaccaria, una importantissima e unica chiesetta, uno splendido esempio di romanico lombardo. La chiesa, dedicata appunto a San Zaccaria, fu costruita tra il 1100 e il 1150, probabilmente dai Padri Comacini.
La struttura è tipicamente romanica, con una facciata a capanna, che presenta una curiosa alternanza cromatica del rosso del cotto e del bianco dell’arenaria in fasce orizzontali. La fronte è suddivisa in cinque parti in senso longitudinale dalle lesene; al centro ammiriamo un bel portale strombato, che conserva tracce di bassorilievi in arenaria con motivi vegetali. Il portale è sormontato da una bifora retta da due colonnine sempre in arenaria e, sopra, si aprono due oculi. Dalla pieve, menzionata sin dal 1198, dipendevano ancora nel 1800 molte parrocchie della Valle Ardivestra e Val Staffora, in seguito andò in stato di abbandono e, non più adibita al culto religioso, fu trasformata in cascinale. In epoca moderna è stata debitamente restaurata e riportata agli antichi splendori. L’interno ha perso molto del suo assetto romanico dopo i consistenti restauri degli anni settanta. Nella parte absidale si possono ancora notare interessanti rilievi romanici. Davvero un prezioso tesoro d’arte medievale!
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Pieve di San Zaccaria
Leonardiana Un museo nuovo Di Silvia Brigada
“Nessun effetto è in natura sanza ragione, intendi la ragione e non ti bisogna sperienza.” Leonardo da Vinci
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l 20 maggio 2016, in occasione del cinquecentenario della partenza di Leonardo per la Francia, si è inaugurato a Vigevano Leonardiana. Un museo nuovo, ospitato nelle splendide sale del Castello di Ludovico il Moro. Un allestimento nuovo e altamente tecnologico che mostra l’intera opera di Leonardo da Vinci che vi fu a lungo ospite del Moro qui a Vigevano.
Un museo nuovo e altamente innovativo, che pone due nuove e interessanti questioni museologiche: esiste un museo senza opere? Possono coesistere le più grandi opere di Leonardo (attualmente sparse nei musei di tutto il mondo) in un unico luogo? Si, poiché Leonardiana è un museo impossibile, dove non esistono opere “autentiche”, ma il racconto dell’operato artistico, ingegneristico, tecnico (e ogni branca del sapere che vi viene alla mente) è assolutamente affascinante. “Il progetto espositivo permanente, pensato da Migliore+Servetto Architects per “Leonardiana. Un museo nuovo”, sviluppa una chiave di narrazione profondamente innovativa attraverso strumenti avanzati di luce, multimedialità e grafica ambientale. L’allestimento si inserisce con leggerezza e in modo autonomo e non invasivo, all’interno del Maschio del Castello, lasciando intonsa la lettura delle sale storiche del palazzo ducale, ma offrendo al contempo un’esperienza immersiva di conoscenza ed esplorazione, attraverso messaggi multimodali, fruibili da pubblici diversi. Il percorso si snoda nelle sale storiche del Castello, definendo ambienti di narrazione inaspettati che restituiscono, in modo fortemente scenico, la ricchezza dei diversi contenuti: contribuiti scientifici, riproduzioni di opere e disegni e sistemi interattivi che, a partire dal soggiorno a Vigevano di Leonardo da Vinci e dal suo rapporto con gli Sforza, propongono una lettura di tutta l’opera di Leonardo, mettendone in luce episodi inediti”.
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Castello di Vigevano
Speciale Arte
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iamo in pieno quattrocento e proprio a Vigevano la Corte rinascimentale degli Sforza visse il suo periodo di maggiore splendore, divenendo uno dei centri più importanti in Europa, sede di grandi trasformazioni politiche, economiche e culturali. Ludovico il Moro trasformò Vigevano, la sua città natale, da piccolo borgo e roccaforte militare in raffinata residenza signorile attraverso una complessa operazione urbanistica basata sul concetto umanistico - rinascimentale della “città ideale”. A Vigevano Leonardo fu invitato per lunghi periodi da Ludovico il Moro, uomo d’arte e d’armi, nonché importante mecenate, con la carica di sovrintendente alle acque. Leonardiana racconta i mirabili ed eterogenei studi di Leonardo, con una particolare attenzione al periodo vigevanese.
Le dieci sale dell’allestimento si aprono con una panoramica sulla genealogia degli Sforza che attraversa tutto il Quattrocento attraverso opere pittoriche che ne ritraggono i protagonisti, facendo riferimento al Castello dei Duchi di Vigevano. La seconda sala è invece dedicata al tema, curioso, del Grande Cavallo, poiché la statua equestre è stata dal Quattrocento in poi, sull’esempio della statuaria antica, la rappresentazione massima del potere del signore. Durante il suo esilio a Pisa, Ludovico il Moro chiese a Lorenzo il Magnifico di suggerirgli un artista in grado di realizzare la più importante statua equestre che mai fosse esistita in onore di suo padre Francesco. La commessa venne trasmessa a Leonardo. L’idea di Ludovico di un monumento che sarebbe dovuto rimanere ineguagliato si sposò con l’idea di Leonardo che non perse l’occasione per cimentarsi in un’impresa che avrebbe dovuto rimanere unica al mondo: la realizzazione di un cavallo gigantesco, alto più di 7 metri, fuso in un’unica colata di bronzo. La terza sala propone il Curriculum di Leonardo, dove è possibile sfogliare digitalmente le affascinanti raccolte del Codice Atlantico, dove apprezzare gli appunti sull’arte militare, la costruzione di strumenti, macchine da battaglia e assedio, ponti mobili … e molto altro ancora! La sala successiva, una delle più affascinanti, racconta della vita di corte e del coinvolgimento di Leonardo nell’allestimento di spettacoli e feste. Particolare risonanza ebbe la festa detta del “Paradiso”, in occasione del matrimonio fra Gian Galeazzo Sforza (nipote di Ludovico il Moro) e Isabella d’Aragona, per la quale Leonardo costruì una macchina scenica insuperabile (ma si occupò anche di disegnare gli abiti delle dame!).
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Sala dedicata al tema del Grande Cavallo
Speciale Arte
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a quinta sala spiega la grande opera ingegneristica di Leonardo a Vigevano: la nuova rete di irrigazione attraverso la canalizzazione.
Il manoscritto H, un taccuino “tascabile” relativo al 1494, qui esposto in facsimile, contiene gli schizzi, le annotazioni e i progetti che evidenziano i progetti vinciani di idraulica. Sono esposti una serie di modellini e un video che spiega la struttura del sistema di irrigazione a scalini approntata da Leonardo presso la Sforzesca. La sala successiva è davvero singolare: il pensiero di Leonardo è racchiuso in una gabbia, dove appaiono fogli e fogli dei numerosi Codici di Leonardo (il Codice Leicester, il Codice Trivulziano, il Codice Arundel, il Codice Atlantico , la Raccolta di Windsor e molti altri,. Oggi sparsi in tutto il mondo) attraverso cui è possibile gettare uno sguardo straordinario nella mente dell’artista, nella sua vita, nelle sue emozioni. Di tutta la sua produzione ci restano ancora, fortunatamente, oltre cinquemila pagine di appunti, circa un quinto del totale, redatti con la sua inconfondibile scrittura speculare, orientata da destra a sinistra. E, per finire, le ultime tre sale celebrano il genio di Leonardo pittore, con una vera e propria “Pinacoteca impossibile”, dove sono esposti tutti i dipinti attualmente conosciuti dell’autore (dalla Gioconda alle due versioni della Vergine delle Rocce, alla Dama con l’Ermellino … !), riprodotti in scala reale con speciali tecniche ad alta risoluzione, che permettono al visitatore di immergersi nella totalità della sua opera pittorica e vivere così un’esperienza unica. Ogni opera sarà accompagnata da un commento che ne racconta la storia e le vicende che hanno reso questi capolavori celebri nel tempo. Non manca, nell’ultima sala (non a caso!) la riproduzione dell’Ultima Cena, che fu commissionata a Leonardo da Ludovico il Moro ed eseguita sulla parete del refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie di Milano. Forse più di tutti questo capolavoro rappresenta il massimo livello di sperimentazione e di visualizzazione realistica della teoria di Leonardo dei moti dell’animo che scaturiscono da ogni figura in funzione dell’intenzione e del sentimento. Che aspettate a visitare questa meraviglia? LEONARDIANA. UN MUSEO NUOVO Castello di Vigevano, piazza Ducale, Vigevano (Pv) Tel. 0381.692037; www.leonardiana.it Orari: Martedì - venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18; Sabato e domenica dalle 10 alle 20
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Riproduzione dell’Ul
ltima Cena
Rally 4 Regioni: Musti Out, vince Canzian
Nella gara organizzata da Aci Pavia, i leader provvisorio esce di strada nell’ultimo tratto cronometrato e spiana la strada alla prima vittoria in carriera del giovane avversario. di Piero Ventura
SALICE TERME (PV) – Un Rally 4 Regioni, fiore all’occhiello del nostro Oltrepo, ha confermato la sua fama di gara thrilling nella quale bisogna aspettare la bandiera a scacchi per conoscere il risultato. Ne sanno qualcosa i vogheresi Matteo e Claudia Musti, (Porsche Carrera RS), passati al comando sulla quarta delle 11 prove in programma e rimasti in testa alla gara fino alla partenza dell’ultima speciale con 46”1 di vantaggio sulla Porsche SC 3.0 di Riccardo Canzian-Matteo Nobili, prima di uscire di strada ad un paio di chilometri dalla fine della speciale Cecima-3 vanificando i sogni di vittoria di questa edizione 2016 del Rally 4 Regioni Storico. Il successo va così al 21enne di Broni, Riccardo Canzian, che dopo aver dominato le prove in notturna del venerdì, ha dovuto subire il ritorno di Matteo Musti, scatenato nelle prove di sabato, che lo hanno visto primeggiare in sette delle nove disputate.
Claudia, Filippo e Matteo Musti
Cla
Festeggiamenti per i vincitori Canzian-Nobili
audia, Filippo e Matteo Musti
Confermano la seconda piazza dello scorso anno i cugini lariani Enrico ed Emma Melli, che hanno sofferto in modo particolare nelle due prove di venerdì sera disputate alla luce dei fari, per poi essere gli unici a riuscire ad inserirsi nella lotta fra Musti e Canzian. Il terzo gradino del podio è stato conquistato dall’Over 70 Italo Ferrara con alle note Gabriele Bobbio sula Lancia Delta, autori di una gara perfetta e senza sbavature, in continuo crescendo fino a concludere sul podio. A seguire l’altra Delta di Carlo Falcone-Pietro Ometto, che ha preceduto la Porsche di Massimo Voltolini-Alessandro Corsini. Ottimo il sesto posto assoluto e primo tra gli equipaggi femminili in gara di Isabella Bignardi con Elena Migliorini su Porsche 911. Una classifica, quella femminile, che ha visto al secondo posto un altro equipaggio di prestigio, quello formato dall’elvetica Chantal Galli in coppia con la piacentina Camilla Sgorbati su Lancia Delta (undicesime assolute) e dalle locali Arianna Corallo e Claudia Spagnolo, che nonostante mille traversie sono riuscite a portare al traguardo la non facile Bmw 318S in 32esima posizione). Al 7° posto nella classifica assoluta troviamo poi Antonio Madama ed Ennio Venturini con l’Opel Kadett Gt/e, primi di classe davanti al forte pilota veneto Luca Cattilino con Migliorini su di una vettura gemella. Nono posto per la Porsche 911 di “Mgm”-Torlasco che precedono un’altra vettura di Stoccarda condotta da un equipaggio storico, formato da Filippo Musti e Francesco Fiori. Da segnalare l’importante e positivo ritorno alle competizioni di Antonio Contento e Anna Sabadin culminato con il 12° posto assoluto e la vittoria di classe ottenuti con l’Opel Manta Gt/e.
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Reportage eventi
Fra i ritiri illustri, invece, oltre a quello di Matteo e Claudia Musti, segnaliamo anche quelli di Luca Ambrosoli-Corrado Viviani, Porsche 911SC, che hanno rotto il pedale della frizione ad inizio della Ps di Oramala nel primo passaggio della giornata di sabato; Zippo Zivian –KK Cadore che hanno bruciato la centralina della loro Audi Quattro al termine della Oramala-2, Federico Ormezzano-Betty Tognana, Talbot Lotus, distratti da un calo di potenza del motore che li ha portati in un fuori strada sulla Oramala-2, Alessandro Ghezzi-Agostino Benenti, Porsche 911, fermati da un problema meccanico alla loro Porsche 911 sull’ultima prova speciale e Giuseppe Covini-Andrea Brega, che hanno rotto la frizione della loro Lancia 037 al termine di Oramala-1. Alla fine, tutti contenti, piloti, organizzatori e pubblico. Come in tutte le cose, l’obiettivo di chi crede in ciò che fa, è migliorarsi e gli organizzatori sono già al lavoro per eliminare quelle piccole sbavature che in un grande evento possono emergere, anche se non per negligenza organizzativa ma per scarsa professionalità mostrata da gruppi esterni imposti da regole assurde. La cronaca – Ad aprire la sfilata dei concorrenti del rally, cui fanno seguito i 35 equipaggi della regolarità Sport, è l’ex campione europeo Maurizio Verini.
(PS1; PS2 – Pozzolgroppo) – La notte di Riccardo Canzian: Le due prove spettacolo di Pozzol Groppo, all’ombra della Rocca di Montalfeo, sono subito preda di Riccardo Canzian-Matteo Nobili, alla loro prima uscita con la Porsche 911 curata dai fratelli Balletti. Alla prima esperienza sulla berlinetta di Stoccarda, il ventunenne pilota di Broni dimostra di essere subito a suo agio. A chi si complimenta per la prima prestazione e per il suo primo successo in prova speciale, Canzian replica sereno: “Non è il mio scratch. Lo scorso anno ero al comando del Rally 4 Regioni, la mia gara di casa, fino a quando la mia Opel Kadett GT/E, si è rotta”. Dopo due prove speciali (pari a 8,6 km cronometrati) ad inseguire sono Matteo e Claudia Musti, in ritardo di appena 6”1 seguiti dai cugini Enrico ed Emma Melli, giovanissimi anche loro, a dimostrazione di un 4 Regioni dominato dai “baby equipaggi”, staccati di 19”4 dalla vetta della classifica, che precedono di un solo decimo Luca Ambrosoli e Corrado Viviani. A seguire il giovanissimo, nell’animo, Italo Ferrara, affiancato da Gabriele Bobbio, che porta la sua Delta 16V in quinta posizione con un ritardo di 24”6 da Canzian. In difficoltà uno dei pretendenti al successo finale, Andrea “Zippo” Zivian, affiancato da “KKK”, la cui Audi Quattro manifesta problemi meccanici, pressione del turbo, che non vengono risolti nel lungo parco assistenza fra le due speciali.
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La Porsche 911 di Bignardi-Migliorini
La notte è fatale per ben sette equipaggi, che hanno però la possibilità di ripartire il mattino successivo. Nella Regolarità Sport dopo due prove di precisione conduce la 128 Coupé di Rancati-Ercolani con 5 penalità di vantaggio sulla Mini Cooper di Politi-Scabini. Particolarmente ammirata sulla pedana di partenza la Fiat 1100 del 1953 di Guerrini-Sboarini, la vettura più anziana di tutta la manifestazione. Molta curiosità destano anche la Polski Fiat 125 S di Verri-Ventura, La Fiat 124 SS Abarth di Carrera-Sperandio e la Lancia Fulvia Coupé datata 1969 di Germano Minotti (l’ex navigatore di Cino Bernini, al suo fianco nella tragica edizione dello scorso anno) qui navigato da Massimo Zavoli, tutti portacolori della Paviarally. Tra le Hall Stars, è stata apprezzata, tra gli altri, la presenza di Davico con la Lancia Delta e l’intramontabile Piero Gobbi navigato dalla “Silvietta nazionale” la vogherese Silvia Gallotti. Sabato 11 giugno, i concorrenti debbono affrontare altre nove prove speciali, tre passaggi su Oramala, Castellaro e Cecima, per altri 74,79 cronometrati.
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Reportage eventi (PS3 Oramala-1; PS4 Castellaro-1; PS5 Circuito di Cecima-1) Matteo Musti, l’eroe di mezzogiorno – La seconda giornata del 4 Regioni Storico scatta dalla pedana di Salice Terme alle 11,35 di sabato mattina ed alle 12,11 si accende il semaforo verde sulla prova di Oramala. E, come promesso dal pilota pavese, è subito Matteo Musti, affiancato dalla sorella Claudia, a mettersi in mostra che recupera 4”6 a Riccardo Canzian, afflitto da problemi di assetto, con Enrico Melli che si inserisce fra i due locali staccando il secondo tempo assoluto a 4”1 da Musti. Il risultato di Oramala infiamma la classifica, visto che Musti insegue Canzian ad appena 1”5. Quarto tempo per “Zippo” Zivian che riesce finalmente ad esprimersi con la sua Audi Quattro, cui sono stati risolti i problemi di turbina e precede la Lancia 037 di Covini e la Delta di Italo Ferrara. Fermo in prova Luca Ambrosoli che rompe il pedale della frizione della sua Porsche 911, imitato dall’ex Campione Italiano Terra degli anni Novanta Giorgio Buscone, con problemi meccanici alla sua Opel Corsa; ed ancora Andrea Salviotti, che dopo una notte insonne passata in officina rompe nuovamente il cambio della sua Fiat 127. Nella seconda prova della giornata, Castellaro di 7.40 Km, Matteo e Claudia Musti compiono il sorpasso lasciando a ben11”4 Riccardo Canzian-Matteo Nobili, che continuano ad avere problemi di assetto, ma riescono a far meglio dei cugini Melli che si confermano indiscutibilmente terza forza in campo, davanti a Zippo che continua la sua rimonta e Alessandro Ghezzi, che festeggia il suo quarantennale dall’esordio al 4Regioni con tempi significativi con la sua Porsche 911. Claudio Covini non riesce ad entrare in prova con problemi di frizione alla sua Lancia 037, mentre la speciale è fatale per Angelo Verdura, Alfetta GTV Gruppo 4 e Ivano Scotti, A112 Abarth. Il primo giro sulle prove speciali si conclude con il Circuito di Cecima, che vede ancora Musti prevalere su Canzian e Melli, seguiti uno spettacolare Paolo Caccialanza, che fa volare alle stelle la sua Opel Kadett GT/E. La speciale costa il ritiro ad Alberto Bruciamonti, che non ha del tutto risolto i problemi meccanici che hanno afflitto la sua Sierra Cosworth fin dalle prove in notturna del primo giorno di gara. A poco meno di metà rally la classifica vede al comando Matteo e Claudia Musti, soddisfatti delle prestazioni effettuate, ma preoccupati per un problema frizione che affligge la Porsche Carrera del pavese. “Inoltre mi sono giocato due jolly sulle speciali di Oramala e Castellaro, e vorrei evitare di mettere sul tavolo il terzo nelle prossime prove”.
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Non perde il sorriso Riccardo Canzian, secondo a 15”7, nonostante i problemi di assetto alla sua Porsche 911 che lo hanno tormentato per tutta la giornata. “Non capisco; non ho modificato nulla, eppure l’assetto non funziona più come ieri sera”. Per il 21enne funambolo di Broni, con Matteo Nobili alle note, anche un brivido sull’ultima speciale, quando compie un testacoda dopo una staccata al limite e forse anche oltre. Terzi classificati i cugini Enrico ed Emma Melli, ovviamente soddisfatti della loro Porsche 911 curata dalla Pentacar della famiglia Melli, anche se hanno qualche impuntamento della quarta marcia. A seguire Zippo-KK, che sono riusciti a rimontare in classifica fino a ridosso del podio. Poi l’immarcescibile Italo Ferrara con Gabriele Bobbio, sulla Lancia Delta 16V, quindi Alessandro Ghezzi-Agostino Benenti che commentano: “Sinceramente quarant’anni fa, al mio esordio in questa gara, non pensavo di ritrovarmi al via quattro decenni dopo con una vettura così performante.
E questa è una vittoria, qualsiasi risultato venga”. Ottimo nono assoluto il primo equipaggio femminile formato da Isabella Bignardi-Elena Migliorini con la Porsche 911 che precedono Filippo Musti, padre di Matteo e Claudia leader della gara, affiancato da Giuseppe Fiori. “Avere i figli in gara, soprattutto in lotta per il successo, è una grande emozione. Confesso di essere mentalmente più in macchina con loro che nella mia Porsche 911”. In 11esima posizione assoluta Federico Ormezzano, affiancato da Betty Tognana, che si presentò al via del 4 Regioni fin dalla prima edizione del 1971 e che vinse la gara nel 1986 con la Toyota. Il biellese ha questa volta problemi di motore della sua Talbot Lotus e di freno a mano, ma essendo alla prima uscita del mezzo non si preoccupa eccessivamente e continua i suoi test di messa a punto in vista del prossimo appuntamento, il Rally Lana Storico, gara di casa per Ormezzano. Nella Regolarità Sport continua la leadership di Rancati-Ercolani, Fiat 128 Coupé, che hanno portato il loro vantaggio a sei penalità su Politi-Scabini, Innocenti Mini Cooper, appena una in più dal momento della partenza di stamattina. Ottimo recupero di Rossi-Gianmarino, terzi con l’A112 Abarth, che recuperano tre posizioni rispetto a ieri sera e fanno scendere dal podio Manzini-Lucchi, Lancia Fulvia Coupé. Ma i primi quattro classificati sono racchiusi nello spazio di appena 22 penalità e tutto può ancora accadere.
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Reportage eventi (PS6 Oramala-2; PS7 Castellaro-2; PS8 Circuito di Cecima-2) Musti allunga, ma la frizione resiste? Alle 15,16 di sabato pomeriggio parte da Salice Terme il secondo giro sulle prove e Matteo Musti sigla il miglior tempo a Oramala, lasciando a 9”5 Canzian, quindi Melli a 11”4, poi Zippo, seguito da un sempre più incisivo Ghezzi, che precede Ferrara, la Porsche di Voltolini, Isabella Bignardi, leader incontrastata del femminile e Falcone. Su questa prova si ritira Luca Valmori, giovane pilota locale, che ha scelto una 127 per essere presente alla gara di casa, una vettura di sei anni più vecchia di lui. Il dominio di Musti prosegue anche a Castellaro, dove è Melli a siglare il secondo miglior tempo, con un ritardo di 11”7 dal leader della gara, risultando più veloce di 3” rispetto a Canzian. Si inasprisce il duello fra Ghezzi, quarto, e Italo Ferrara, con Falcone, Voltolini, la Bignardi e Musti padre ad inseguire. Non entrano in prova Zivian-KK che rompono la centralina della loro Audi Quattro “l’unico componente non meccanico della vettura” si lamentail pilota valenzano trasferitosi in Emilia. Non entra in speciale nemmeno Federico Ormezzano, affiancato da Betty Tognana. Nella prova precedente subisce un calo di pressione olio motore. Il biellese si distrae per guardare gli strumenti e finisce in un fosso da cui esce con 3’44” di ritardo. Chiude la prova, ma non entra nella successiva. Il test di avvicinamento al Lana Storico finisce qui. Musti sembra avere la situazione in pugno con 39”9 di vantaggio su Canzian, ma un preoccupante problema alla frizione non lascia dormire sonni tranquilli al portacolori della Scuderia Piloti Oltrepo.
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Ed infatti nella successiva prova “Circuito di Cecima” stacca solo il sesto tempo assoluto concedendo ben 16”4 al vincitore della speciale Riccardo Canzian, che si ritrova improvvisamente riproiettato nella lotta per la vittoria finale. Su questa prova volano velocissimi anche i cugini Melli che pagano appena 9/10 a Canzian, e sono seguiti in classifica dalle Delta di Italo Ferrara e Carlo Falcone, che sfruttano al meglio una speciale che ha delle caratteristiche favorevoli per la berlinetta di casa Lancia. Quando mancano tre prove al termine, pari a28,93 km cronometrati la situazione si fa incandescente. Matteo Musti è decisamente preoccupato e riparte da Salice Terme sperando che i meccanici del Team Guagliardo compiano il miracolo di mettere in condizione la sua Porsche Carrera di fargli chiudere la gara, possibilmente da vincitore. Riccardo Canzian insegue a 23”5 ed è particolarmente sereno. “La Porsche 911 fornitami dai Balletti è perfetta. Bisognerebbe saperla sfruttare al massimo come merita. D’altro canto io ho fatto solo pochi chilometri di Shake Down e non ho ancora potuto capirla al cento per cento. Ma stiamo crescendo”. Grande soddisfazione anche in casa Melli, per il loro terzo posto assoluto a 48”1 da Musti. “Peccato il tempo perso nelle due prove spettacolo in notturna ieri sera. D’altro canto noi abbiamo poca confidenza con la notte e l’abbiamo pagata”. Fuori dal podio monopolizzato dalle Porsche, c’è il duello fra i sempre verdi Italo Ferrara (Delta) e Alessandro Ghezzi che lottano per la quarta piazza sul filo del secondo seguiti dall’altra Delta di Carlo Falcone, a sua volta inseguito dall’altra Porsche di Massimo Voltolini. Isabella Bignardi è salita in ottava posizione dopo un giro perfetto sulle prove e precede la Opel Kadett GT/E del funambolico Antonio Madama che precede Filippo Musti, che guarda preoccupato più alla frizione dei figli che alla sua posizione in classifica. Dopo otto prove speciali sono ancora in corsa 36 dei 51 equipaggi che hanno scalato la pedana di partenza ieri sera. Nella Regolarità Sport Rancati-Ercolani, Fiat 128 Coupé, allungano decisamente sulla Mini Cooper di Politi-Scabini, portando il loro vantaggio a 18 penalità. Manzini-Lucchi, Lancia Fulvia Coupé recuperano la terza posizione scavalcando Rossi-Giammarino, A112 Abarth, vittime di qualche errorino di troppo in questa tornata di prove di precisione.
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Reportage eventi
(PS9 Oramala-3; PS10 Castellaro-3; PS11 Circuito di Cecima-3) Matteo Musti non demorde e sulla Oramala-3 (la più lunga della tornata con i suoi 10,13 chilometri), quella che è la sua prova per eccellenza, stacca ancora una volta il miglior tempo, per la sesta volta in sette prove fin qui disputate oggi. Sono appena 3” che il pavese mette davanti ai valtellinesi Melli, ma soprattutto sono 6”9 quelli che gli permettono di allungare nuovamente su Riccardo Canzian, portando il suo vantaggio in classificasul pilota di Broni oltre i 30”. Alessandro Ghezzi, con il quarto tempo scavalca Italo Ferrara, con cui è in duello da tutta la gara, mentre Carlo Falcone fa sua la sesta piazza avendo ragione di Massimo Voltolini, che precede Isabella Bignardi. Musti insiste deciso a Castellaro-3 riuscendo a siglare un tempo di 15”7 più veloce di Riccardo Canzian, più che supera Enrico Melli di 3/10. Ormai Alessandro Ghezzi ha ritrovato il passo giusto e sigla il quarto tempo che gli permette di mettere altri 11”7 di distacco nei confronti di Italo Ferrara, mentre al sesto posto compare l’Opel Kadett GSI di Stefano Maroni-Gianfranco Camerini. I rally si vincono in pedana. Ne sanno qualcosa Matteo e Claudia Musti che in vantaggio di 46”1 su Canzian-Nobili finiscono rovinosamente fuoristrada dopo la seconda chicane della speciale di Cecima in una destra con dosso concludendo la loro gara contro un masso nel dirupo. La prova speciale viene così vinta dai cugini Melli che dimostrano in questo modo di essere particolarmente in palla in questo Rally 4 Regioni, davanti a Canzian-Nobili, per 3”8, quindi Voltolini-Corsini a 18”3. L’altro colpo di scena offerto da questa prova speciale è il ritiro di Alessandro Ghezzi-Agostino Benenti, che rompono un semiasse della loro Porsche 911 SC a poche centinaia di metri dalla prova dovendo dare così addio al quarto posto in classifica assoluta. Sulla pedana di arrivo festeggiano, con moderazione, Riccardo Canzian affiancato da Mattero Nobili, che precisa subito: “Non mi piace vincere in questo modo. Vorrei vincere segnando i migliori tempi in prova speciale. Matteo Musti era andato fortissimo, spero solo che non si sia fatto nulla” e continua ringraziando il team che lo ha supportato ed i fratelli Balletti che gli hanno fornito la vettura. Alle spalle dell’equipaggio pavese chiudono Enrico ed Emma Melli, Porsche 911, che chiudono staccati di 17”2 da Canzian. “Un peccato non aver trovato il feeling subito nelle speciali di ieri notte nelle quali abbiamo perso una ventina di secondi. Oggi Musti è andato fortissimo ed era irraggiungibile, ma noi abbiamo dimostrato di essere competitivi”. Ad interrompere il filotto della Porsche ci ha pensato il sempre verde Italo Ferrara con Gabriele Bobbio, bravo ad andare in costante progressione, battagliando per tutta la gara con Alessandro Ghezzi. A seguire la Delta di Falcone-Ometto e la Porsche di Voltolini-Corsini. Sesta piazza per il primo equipaggio femminile formato da Isabella Bignardi-Elena Migliorini, brave a risalire la classifica dopo un inizio difficile nel caldo della prima metà gara. Al traguardo anche gli altri due equipaggi femminili: Chantal Galli-Camilla Sgorbati chiudono 11esime assolute nonostante un problema ad una testina di un ammortizzatore della loro Delta nella fase centrale della gara, mentre l’esordiente ventenne Arianna Corallo, affiancata da Carla Spagnolo, porta al 32° posto la BMW 318 Is ancora acerba di preparazione. Gianluca Grossi-Stefano Bertan sono i vincitori del Primo Raggruppamento con la Morris Mini Cooper S del 1965; il Secondo Raggruppamento va alla 128 Rally di Massimo Braga-Stefano Navati, mentre Canzian-Nobili conquistano il Terzo Raggruppamento e Melli-Melli il quarto. Nella Regolarità Sport vittoria per Rancati-Ercolani su Fiat 128 Coupè davanti a Politi-Scabini Innocenti Mini Cooper.
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Camilla
La Stratos di Piero Gobbi e Silvia Gallotti
Sgorbati e Chantal Galli
Sparkling Made in Oltrepo’ Le bollicine dell’Oltrepo’ su un Campo da Golf Testo di Silvia Brigada Foto Vitis Vinifera Project
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omenica 12 giugno nell’elegante Green del Golf & Country Club di Salice Terme si è tenuto un evento esclusivo, interamente dedicato alla promozione degli spumanti dell’Oltrepò Pavese, Sparkling Made in Oltrepò.
Tra calici e bollicine, in collaborazione con Vitis Vinifera Project e Terre d’Oltrepò, gli ospiti hanno potuto brindare con rinomati spumanti di diciotto cantine presenti sotto bianchi ed elegantissimi gazebi che ben si sposavano cromaticamente col verde del prato. Le bollicine delle maggiori cantine dell’Oltrepò, quali Monsupello, Cà di Frara, Tenimenti Torti, Costaiola, Percivalle Vini, Anteo, Montelio e Fiamberti, hanno deliziato anche gli ospiti dai palati più fini.
Non sono mancati gli assaggi, come gli squisiti formaggi del Castello Malaspina promossi dall’Associazione Spino Fiorito.
Sport e vino, un connubio senza dubbio curioso e … ben riuscito! Tutti gli ospiti, infatti, hanno potuto provare a giocare a golf … tra un bicchiere e l’altro!
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Emanuele Bottiroli, Michele Rossetti e Francesco Pantano
Luca Bellani e Veronica Barri (Ca’ di Frara), Francesco Pantano e Az. Montelio
Mirella Vilardi per Monsupello, F. Pantano e Tenimenti Torti
Az. Montelio, Francesco Pantano e Az. Per
rcivalle
Filippo Quaglini
Baruffaldi Wines (Castello di Stefanago), F. Panatano e Cantina di Casteggio
Az. Percivalle e Fabio Rossetti
Aldo Dallavalle (Finigeto)
Diana Tihulca (Finigeto)
Mirella Vilardi per Monsupello
Gabriele Rebollini
Antonella Cribellati (Anteo)
Laura Torti
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Pavia Wine Festival L’evento “pop” dei vini di Silvia Brigada
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abato 18 giugno si è tenuto a Pavia l’edizione 2016 dell’ormai celebre Pavia Wine Festival, che quest’anno è stato proposto in una veste totalmente nuova e dalle tinte “pop”.
Arrivato alla quarta edizione, il fortunato evento, ormai divenuto imperdibile appuntamento dell’estate pavese, ha cambiato cornice: dal suggestivo loggiato del Castello Visconteo si è spostato quest’anno al Ponte Coperto (sì, proprio sul Ponte!) e in Corso Garibaldi, al fine di raggiungere una platea sempre più ampia (di non soli intenditori). Lungo lo storico ponte e simbolo della città, centinaia di persone hanno potuto assaggiare e degustare i prodotti di tantissimi produttori vinicoli ed gastronomici.
L’evento è stato organizzato dal Comune e Duc (rappresentati dal sindaco Massimo Depaoli e dalla vicesindaco e assessore al Commercio Angela Gregorini), dalla Provincia (con il presidente Daniele Bosone e l’assessore Emanuela Marchiafava), dal Consorzio tutela vini Oltrepò pavese (con il direttore Emanuele Bottiroli) e da Distretto del vino di qualità e da Paniere pavese (con il presidente Filippo Chiesa Ricotti).
Yutaka
a OZ, Emanuele Bottiroli e Jifuku Yoshika
Francesco Pantano Pres. Vitis Vinifera Project
Reportage eventi
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al pomeriggio di sabato sino a tarda sera il Ponte coperto ha ospitato il gusto e il vino delle nostre terre, il tutto accompagnato dalle magiche note del quartetto di sassofonisti dell’Istituto musicale Vittadini.
Tra calici di rosso e degustazioni di risotto, le chiacchiere e le risate si sono protratte fino a mezzanotte. E con noi gli amici di sempre, da Fabiano Giorgi della Giorgi Wines, a Pierangelo Boatti di Monsupello ad Aldo e Diana Dellavalle dell’azienda Finigeto. In Corso Garibaldi Pavia Wines ha accolto gli artisti di Pavia Street Art, mentre al Bliss Cafè e al Bar Italia si è festeggiato a suon di musica. Un evento che ha saputo promuovere i nostri vini e la nostra città, sapendosi reinventare e puntando su un pubblico giovane … all’anno prossimo!
Fabiano Giorgi e Filippo Quaglini
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Aldo Dallavalle e Diana Tihulca Az. Finigeto Filippo Quaglini e Pierangelo Boatti (Monsupello)
Filippo Quaglini, Jifuku Yoshiko, Piero e Antonella Cribellati (Anteo) e Yutaka OZ
Az. Frecciarossa
Filippo Quaglini e Pierangelo Boatti
Matteo Berte’ Yutaka OZ e Jifuku Yoshiko
Pierangelo Boatti
Degustazione al Pavia Wine Festival
Sommelier Fabrizio Morand
Roberto Pace
Marco Bertelegni
Giulio Fiamberti
Fabiano Giorgi
di Lisi
Vignaioli Indipendenti
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Agriturismi Castello di Luzzano Agriturismo Il Fienile Agriturismo Hermione Aziende Vinicole Cascina Montagnola Molinari Vini Castello di Luzzano Az. Agr. Quaquarini Az. Agr. Finigeto Az. Agr. Monsupello Bar e Caffetterie Pasticceria Bordoni Time Out Cafè
Enoteche
Le Rubinie del Po
Enoteca Regionale della Lombardia
Ristorante Pizzeria Palinuro
Enoteca Scooter Moda
Bierhaus - Ristorante bavarese
Hotel, B&B Le Stanze del Cardinale Galleria Arnaboldi Albergo Ristorante Selvatico Hotel Castello di San Gaudenzio Le Dimore di Sommelier e Gourmet La Locanda di Calvignano Ristoranti e Pizzerie Il Boss de le Balze Ostaria da’l Gondolièr Osteria del Naviglio Albergo Ristorante Selvatico Trattoria Da Lina Locanda di Calvignano La Locanda Vecchia Pavia al Mulino Hotel Castello di San Gaudenzio Ristorante Charlot
Produttori Az. Agr. La Coccinella Servizi Ghezzi Car S.r.l. Scotti S.r.l. Winterass Assicurazioni e Investimenti Rilauto Maripa Omi Shopping Ghelfi Paolo Rovati D’acqua e di vento Contrasti Illuminazione
Via Leonardo da Vinci n. 26/30 20089 Rozzano MI - Italia Telefono N. ++39 (02) 8255292-(02)57506318 Facsimile. N. ++39 (02) 89200904 E-mail: info@confer.it WEB.www.confer.it
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Inaugurazione dell’Orto dei Piccoli all’Azienda Agricola La Coccinella!!! di Silvia Brigada
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mmaginate un’azienda agricola situata nel cuore dell’Oltrepò Pavese, che apre le porte ai bambini per un pomeriggio di attività “contadine” … sarebbe bello vero? Ebbene questo è quanto ha proposto l’Azienda Agricola La Coccinella, sita nella piccolissima frazione Mogliazza di Torrazza Coste, il 19 giugno a tantissimi bambini e alle loro famiglie, che hanno trascorso un intero pomeriggio immersi nella natura. Le attività, i giochi e le risate sono state tantissime! I bimbi si sono divertiti a creare personaggi magici e gnometti con carta e pennarelli durante la sezione di disegno (rigorosamente all’aria aperta!!) e a disegnare gli attrezzi agricoli che si usano nell’orto.
Reportage eventi
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uegli stessi attrezzi che hanno usato poco dopo per la creazione dell’Orto dei Piccoli, dove i bambini, sotto la guida esperta di Carla Negri, proprietaria dell’azienda, hanno piantato pomodori zucchine, cetrioli, insalata, cipolle, basilico.... è una vera passione quella che Carla ha sin da piccola per la natura, gli animali e tutti i prodotti che la terra ci offre e che, in questa occasione, è riuscita a trasmettere ai piccoli ospiti! Il pomeriggio è continuato sgranando pannocchie e mangiando una splendida (e buonissima!) torta per festeggiare questa splendida giornata e un nuovissimo Orto da Favola! Un’occasione per far scoprire alle nuove generazione come vivere e rispettare la natura, sporcandosi e faticando!
La Scrittrice Mariella Alcuni tra i prod
Barbieri Carla Negrii Az. Agricola La Coccinella dotti dellaeCoccinella: Pomodori
Haiku, poesie giapponesi ... a Rovescala! di Silvia Brigada
SCARPE NEL FANGO IL CIELO SI ABBASSA E L’UVA PIANGE Luisa Gallati
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i chiederete: cosa c’entra Rovescala, nota come la capitale del Bonarda, con la poesia giapponese?
Un connubio insolito ma geniale quello proposto ad Haiku, un evento davvero singolare, che si è svolto a Rovescala domenica 19 giugno.
Un’intera giornata ricca di sorprese e attività che hanno coinvolto tutto il paese, dalla visita guidata al centro storico e al Castello, al pranzo a tema presso la Vecchia Trattoria del Centro gestita dall’esperissimo Bruno Rezzani ( nonché membro della Confraternita del risotto) , alla passeggiata tra i vigneti, alla cena con un ottimo risotto al Bonarda (immancabile!) accompagnata dal concerto di fisarmoniche. Al pomeriggio il Castello di Rovescala ha accolto la cerimonia di premiazione del prestigioso Concorso Nazionale di Poesia giapponese Haiku “La Luna e il Vigneto”.
Veduta di Rovescala
Il Sindaco Marco Sacbiosi
Reportage eventi
L
’Haiku è un componimento poetico, una brevissima poesia formata solo da tre versi, una poesia di concentrazione che ha caratteristiche molto precise.
Nell’Haiku classico i versi sono formati da un numero definito di sillabe: il primo verso contiene cinque sillabe, il secondo sette sillabe, il terzo verso di nuovo cinque sillabe. Un totale dunque di diciassette sillabe. All’origine i contenuti dell’Haiku erano la natura, i sentimenti e le emozioni del poeta nei confronti della natura.
All’interno della splendida Sala della Luna del Castello, il nuovo sindaco Marco Scabiosi ha premiato la vincitrice del concorso, Luisa Gallati, e i vincitori del secondo e terzo posto, rispettivamente Gabriele Estella ed Eugenio Cane, alla presenza del Presidente del concorso Benpasto, alla Presidente di giuria Lia Beretta e ai giurati Ornella Civardi, Luigi Sanvito e Cesare Carra’. Tra gli ospiti Mario Baldenchini (Alpini), Alessandro Tato Dellafiore (responsabile della proloco) e l’immancabile Gustavo Delmonico (presidente della Biblioteca). Ad orchestrare questo meraviglioso evento, la padrona di casa, Magda Perego, proprietaria con la famiglia del Castello, artefice anche del gustosissimo rinfresco con le più eccelse leccornie culinarie preparate delle signore del paese e dai prestigiosi (e biologici) vini della tenuta di famiglia, Perego e Perego. Una fusion perfetta tra vino e poesia!
Gustavo Delmonico
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“Incontri di Stile” all’Enoteca Regionale, quando il gusto è eccellenza Di Emanuele Bottiroli
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n calice di Pinot nero Metodo Classico da intenditori, firmato da Ballabio e Monsupello, in abbinamento a caviale e storione lombardo dell’azienda agricola Pisani Dossi. Una serata di gala per una platea esclusiva nell’antico cortile della prima Enoteca Regionale di Lombardia, a Cassino Po di Broni. Giovedì 23 giugno l’elegante ristorante estivo all’aperto, affidato alla gestione di Filippo Arsi, ha ospitato il debutto di “Incontri di Stile”, un ciclo di appuntamenti per celebrare il meglio delle produzioni spumantistiche e vitivinicole dell’Oltrepò Pavese in acccoppiata con una selezione di prelibati sapori lombardi. Regista della serata Mattia Nevelli, scelto come coordinatore del calendario degli eventi estivi di degustazione. Prima una curata carrellata di finger food, poi un menu alla carta tutto a base di caviale e storione a cura degli chef Silvano Vanzulli e Daniele Mascherini.
Reportage eventi
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na cena per diffondere la cultura del Pinot nero d’Oltrepò e della qualità dei sapori lombardi. Le aspettative del pubblico, fra i quali molti giovani winelovers, non sono state tradite. Molto curato il servizio, suggestivo il colpo d’occhio e ottima la scelta di accompagnare la serata con un piacevole sottofondo di musica dal vivo con Giovanni Ardizzone, Francesco Lodigiani, Stefano Pavan, Davide Nascimbene, Ricky Fortin e Andrea Verdi. Ai tavoli molti giornalisti e Francesco Beghi, wine blogger e degustatore del Gambero Rosso. Grandi i consensi ottenuti dal Metodo Classico “Farfalla” di Ballabio (Casteggio), dal millesimato e dal rosé di casa Monsupello (Torricella Verzate). Due nomi, due marchi storici. Monsupello, fondata nel 1893, è la pluripremiata cantina dello spumante classico d’Oltrepò che nasce dal Pinot nero e dall’eredità filosofica, tecnica ed enologica dell’indimenticato Carlo Boatti. Nel 2001 la Monsupello portò in Oltrepò Pavese, sempre con il Nature, il primo Tre Bicchieri. Da allora i Tre Bicchieri della Monsupello sono cresciuti fino a quota 13: dal plurimedagliato “Nature” (90% Pinot nero, 10% Chardonnay) al “Ca’ del Tava”, dal rosé al “Classese”. Nel 2015 il “Nature” ha vinto il premio “Bollicine dell’Anno” del Gambero Rosso, come miglior spumante italiano. Merito di una famiglia forte di scelte coerenti, ma anche di un team affiatato: dal giovane e caparbio direttore-enologo Marco Bertelegni, per arrivare al capo cantiniere Luigi Perduca, perito agrario cresciuto da Carlo Boatti, che dietro le quinte ne custodisce e tramanda il pensiero. Grandi consensi alla prima serata di “Incontri di Stile” anche per Ballabio, fondata nel 1905 da Angelo Ballabio, nome oggi sinonimo della grande enologia di qualità. Con 60 ettari vitati e 100mila bottiglie prodotte all’anno, attualmente l’impresa di Casteggio appartiene alla famiglia Nevelli che, dopo aver attrezzato la cantina delle più moderne tecnologie, ha con decisione intrapreso la strada della spumantistica, al fine di trasformare l’azienda Ballabio in un punto di riferimento indiscusso per ciò che riguarda la produzione delle bollicine di Pinot nero. Lo spumante “Farfalla”, Tre Bicchieri Gambero Rosso nel 2016, è l’unico in Oltrepò Pavese a fregiarsi di una carta etica, come lo Champagne Bollinger, faro mondiale del Pinot nero Metodo Classico. All’Enoteca Regionale di Lombardia un Oltrepò che non ti aspetti.
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Mattia Nevelli Ballabio Wines
Carla Dellera Boatti, Filippo Quaglini, Marco Bertelegni, Francesco Beghi , Eanuele Bottiroli
Mattia
a Nevelli (Ballabio), Marco Bertelegni, Francesco Beghi e Pierangelo Boatti (Monsupello)
Bollicine Sotto le Stelle
al Castello di San Gaudenzio di Cervesina Di Emanuele Bottiroli
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n debutto in grande stile per “Bollicine Sotto Le Stelle”, il nuovo format ideato e organizzato da Mabedo, nell’incantevole cornice del cortile del Castello di San Gaudenzio della famiglia Bergaglio, a Cervesina. Venerdì 24 giugno protagoniste della cena-degustazione le bollicine Pinot nero Metodo Classico di Ballabio (Casteggio), Ca’ di Frara (Mornico Losana) e Monsupello (Torricella Verzate), in abbinamento a un menu speciale creato per l’occasione dallo chef Mauro Ridolfi. E’ stato il direttore del Castello, Maurizio Marcone, ad aprire la serata con un saluto di benvenuto che poi lasciato posto alle delizie in tavola. Si è partiti con tre speciali antipasti: piccola torta salata alle cozze e peperoni rossi; millefoglie croccante di pasta brisé, salmone marinato e pesto di rucola; Makisushi di riso selvaggio, crema di patate e pesce spada affumicato. Poi il primo piatto: maccheroncini al pettine, crema di zucchine, i suoi fiori, vongole veraci e bottarga. Di secondo scaloppa di branzino avvolta nelle melanzane, dadolata di pomodoro, olive e burrata Campana. Per chiudere in bellezza è arrivato il dessert: clafoutisse alle fragole con gelato al fior di latte.
Filippo Quaglini e lo Chef M
Mauro Ridolfi
Reportage eventi
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na serata per celebrare tre aziende spumantistiche di fama nazionale che fanno della ricerca, dalla vigna alla bottiglia, il loro tratto distintivo. Gli spumanti Metodo Classico dell’Oltrepò Pavese serviti nel corso della serata a un pubblico altamente selezionato sono la poesia del Pinot nero delle colline dell’Oltrepò Pavese, coltivato su una superficie di 3mila ettari. La zona di produzione delle uve destinate all’elaborazione di questo pregiato spumante comprende la fascia vitivinicola collinare dell’Oltrepò Pavese. I primi impianti di Pinot nero risalgono al 1850 a opera del Conte Carlo Giorgi di Vistarino, che nel 1865 a Rocca de’ Giorgi spumantizza, per la prima volta in Italia, con il Metodo Classico. La tradizione è continuata fino ad oggi con il riconoscimento, a livello nazionale, dell’Oltrepò quale territorio d’eccellenza per la produzione di spumante Metodo Classico da uve Pinot nero. Di qui la scelta di Mabedo di celebrare questa eccellenza, che è identità territoriale, nel corso di una serie di appuntamenti molto curati e pensati per un pubblico che in un calice cerca piacevolezza, finezza e cultura.
bollicine sotto le stelle
VenerdĂŹ 22 luglio 2016 - ore 20.30 con le bollicine di
MenĂš
a cura dello Chef Mauro Ridolfi Antipasti
Crema di patate leggermente affumicata con polpo alla Catalana Code di gambero, pizzetta di micca di Voghera e riduzione al Campari Capasanta gratinata alla Provenzale
Primo piatto Tonnarelli di pasta fresca con ragout di pesci di scoglio
Secondo piatto Medaglioni di pesce spada, spaghetti di verdura e salsa al salmoriglio
Dessert Cheesecake di ricotta al Mojito con salsa ai frutti di bosco Caffè - Acque minerali Spumanti delle Cantine F.lli Giorgi - Canneto Pavese
INFO E PRENOTAZIONI 320 6990692 - 0383 3331
Speciale Weekend Valeggio sul Mincio e il Parco SigurtĂ di Silvia Brigada
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er questo numero ci spostiamo (ma non di molto) dalle terre pavesi per proporvi un weekend dai colori brillanti, dalla natura rigogliosa, uno splendido borgo storico con tanto di castello e un meraviglioso parco. Un weekend indimenticabile in terra veneta, a Valeggio sul Mincio, senza dimenticare una visita al Parco Sigurtà . Leggete quanto segue e diteci, poi, se non vedete l’ora di scegliere il primo weekend libero sulla vostra agenda e partire! Siete pronti?
Speciale Weekend
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el dolce paesaggio delle colline moreniche, lungo il fiume Mincio, sorge Valeggio sul Mincio (da cui il nome), un paese posto a cavallo tra Lombardia e Veneto, che per lingua, tradizioni e memorie storiche appartiene dunque alla cultura lombardo veneta. Edificato insieme alla frazione di Borghetto nei pressi di un antico guado, si trova all’incrocio fra la via d’acqua, il fiume, e quella terrestre. Il toponimo “Valeggio avrebbe il doppio significato di “luogo pianeggiante” e, secondo la derivazione latina “VALE DIUM” di “Valle degli dei”.
Circa trentacinque secoli fa (!!!), le prime comunità umane socialmente organizzate, si insediarono sugli isoloni che spartivano le limpide acque del Mincio. Nell’età del Bronzo e nell’età del Ferro un grande villaggio palafitticolo fu edificato poco più a sud di Borghetto. Furono i lavori di canalizzazione del Mincio, realizzati dal Genio Civile di Mantova nel 1955, a portare casualmente alla luce uno dei due siti palafitticoli individuati nella valle del Mincio, a tre chilometri e mezzo a sud di Borghetto, denominato l’Isolone della Prevaldesca o delle Palafitte e tombe dell’età del ferro. Alla fine del secolo scorso, furono trovati, vicino alla collina, anche gioielli di fattura etrusca, segno del passaggio anche di questo popolo. All’XI – XII secolo risalgono le grandi fortificazioni medievali che ancora oggi caratterizzano e riempiono di fascino questo territorio.
Borghetto
Nel 1405 Valeggio entrò a far parte della Repubblica di Venezia. Da allora e nel tempo la cittadina perse il suo ruolo strategico di presidio militare di confine e si trasformò in un centro agricolo e molitorio, nonché un importante centro per il mercato dei bachi da seta. In Provincia di Verona (da cui dista solo 27 km) Valeggio è un centro dinamico, che ha saputo rinnovarsi pur mantenendo salde le proprie tradizioni. Oggi il centro storico di Valeggio sul Mincio offre ai visitatori luoghi importanti, storicamente e artisticamente, tutti da scoprire. Iniziate dal Palazzo Municipale eretti nella seconda metà del XVIII secolo. La piazza centrale assunse in quegli anni la fisionomia che ci è nota quando fu arricchita, sul lato meridionale, dall’imponente volume del Palazzo Municipale, la cui facciata dalle rigorose forme neoclassiche è caratterizzata dall’alto portale di ingresso, incastonato fra forti colonne bugnate che sostengono un importante balcone su cui si apre la porta della vasta sala consiliare. Nel 1631, superate le tragiche conseguenze di una devastante pestilenza e di una disastrosa guerra, i 771 valeggiani superstiti iniziarono la lunga e faticosa opera di ricostruzione.
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Valeggio sul Mincio - Palaz
zzo Municipale
Speciale Weekend
Chiesa parrocchiale di Sa
P
asseggiando per il centro di Valeggio fermatevi alla Chiesa parrocchiale di San Pietro in Cattedra (XVIII sec.), progettata dall’architetto Adriano Cristofali. La chiesa ha una singolare pianta a croce latina, è a navata unica, decorata con affreschi settecenteschi e opere pittoriche realizzate dagli Allievi dell’Accademia di Pittura e Scultura di Verona fondata da Giampietrino Cignaroli. Valeggio e il suo territorio è, inoltre, costellato di meravigliosi palazzi storici signorili … ve ne segnaliamo qualcuno.
Prendete Palazzo Guarienti, per esempio, detta “Casa del Patriota”, del XVII secolo. Il palazzo fu la residenza di campagna dei marchesi Guarienti di Verona. Merita una visita (esterna) anche Villa Gandini – Zamboni, una piccola villa veneta del XVIII secolo. Edificata su un podere di cui si hanno notizie già dal Cinquecento, la Villa si arrocca in posizione sopraelevata rispetto al paese di Valeggio sul Mincio, in perfetta armonia e simbiosi con il paesaggio circostante. Dalla Villa continuate a salire (la fatica verrà premiata, credeteci!) a ridosso di antiche mura risalenti al XIII - XIV secolo sino a giungere allo splendido e imponente Castello Scaligero. Il Castello (X - XIV secolo) domina Valeggio e la valle del Mincio, mantenendo inalterata la suggestiva imponenza delle fortificazioni medievali. La sua parte più antica fu quasi completamente rasa al suolo dal terremoto del 1117: resta solo la Torre Tonda, singolare costruzione a ferro di cavallo risalente al X sec. Il resto del complesso risale al XIV secolo. La parte visitabile, da poco restaurata, era originariamente chiamata la Rocca e ad essa si accedeva tramite due ponti levatoi. Un terzo ponte levatoio, l’unico ancora esistente, immetteva nella parte più ampia del complesso, chiamata il Castello. Di questo rimangono solo i ruderi delle mura perimetrali e l’intera area interna è ora occupata da una villa privata costruita all’inizio del Novecento. È possibile ammirare, una volta entrati nella Rocca, l’antica Torre Tonda. Questa doveva formare con altre tre, raccordate da cortine merlate “guelfe”, una fortificazione di epoca precedente sulla sommità della collina. La scelta di questo luogo per la realizzazione di una fortificazione non era certo casuale: da secoli, infatti, era noto che uno dei punti più sicuri per l’attraversamento del fiume Mincio (di notevole importanza strategica), si trovava proprio nella sottostante valle, che poteva così essere controllato dal castello.
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Castello Scaligero
an Pietro in Cattedra
Chiesa Parrocchiale di San Germano
Speciale Weekend
I
l punto di svolta si ebbe nel 1262, quando venne eletto Capitano del Popolo Mastino I della Scala e nel giro di pochi anni la famiglia degli Scaligeri assumerà il controllo totale del potere in Verona, sovrastando in questo modo le deboli istituzioni comunali. Furono proprio gli Scaligeri a promuovere ei lavori di ricostruzione e di ampliamento della zona fortificata di Valeggio. Oltre alla realizzazione della Rocca e del Castello precedentemente citati, fu edificato l’avamposto sulle rive del Mincio, che inglobò alcune case e la piccola chiesa romanica dell’antico monastero di Santa Maria. Sulla collina, una muraglia (la “Bastita”) garantiva il collegamento fra la cinta turrita e il Castello. I lavori di un’altra “Bastita” iniziarono nel 1345, ad opera di Mastino II Della Scala.
Il lento decadimento delle strutture tardo medievali iniziò, come detto, durante la dominazione veneziana: le torri, superate dalle più moderne costruzioni strategico - militari ed impotenti di fronte alle nuove micidiali artiglieri, cominciarono crollare. Curiosità: una leggenda di cui si sono perse le origini è legata all’antica torre rotonda. Narra la leggenda che nella suddetta torre venne murata la spada strappata ad un cavaliere ucciso in battaglia o forse assassinato in seguito a qualche intrigo. Lo spettro del cavaliere ritorna nelle notti di tempesta o di plenilunio per cercare la spada, l’unica che possa garantirgli il riposo dell’anima e il recupero del proprio onore. La spada non fu mai ritrovata e il cavaliere continua a tornare ogni notte di tempesta o di plenilunio per una ricerca senza fine.
Castello Scalig
gero - Veduta aerea
Speciale Weekend
N
el 1984 il Comune di Valeggio sul Mincio riesce approvare e a far partire un importante progetto di ristrutturazione e rivitalizzazione del monumento, che prevede il consolidamento della struttura muraria, restituendo all’uso pubblico un castello tra i più suggestivi della zona. Recentemente è stata resa agibile la passeggiata che permette di accedere alla parte restaurata del castello; si tratta di una stretta ed erta strada, fra il verde della collina e le eleganti ville “liberty”, che si congiunge, dopo una piacevolissima passeggiata, alla bellissima frazione di Borghetto.
Questo piccolo villaggio, caratterizzato fortemente, ancora, dalle fortificazioni medievali e dai mulini, rappresenta un “unicum” urbanistico, edificato in simbiosi col fiume Mincio. Il primo insediamento di rilevanza storica risale al periodo Longobardo (VI – VIII sec. d.C.), dal quale deriva il toponimo di Borghetto, che significa “insediamento fortificato”. A fianco dell’antico guado, oggi identificabile nei gradoni che scendono a lambire le acque del Mincio, fu realizzata una “Curtis Regia”, sede di un Gastald, ufficiale daziario preposto alla riscossione delle gabelle, dovute per l’attraversamento e la navigazione fluviale. Nello stesso periodo, si stabilirono nelle vicinanze coloni che iniziarono la bonifica e la coltivazione della parte pianeggiante della valle. Fra l’XI ed il XII secolo, sulla riva sinistra del Mincio, fu edificato il piccolo monastero di S.Maria; il complesso monastico che, probabilmente, svolgeva funzioni di “xenodochio”, cioè di assistenza ai molti bisognosi che transitavano nei nostri territori, fu successivamente controllato dalla potente Abbazia veronese di S.Zeno fino al 1331, quando la Signoria Scaligera lo inglobò nelle strutture del Caposaldo occidentale della fortificazione del Serraglio. Furono costruite alte mura merlate e turrite, circondate da un fossato; due ponti levatoi consentivano da una parte l’accesso al fortilizio (ancora oggi visibile … davvero impressionante!) e, dall’altra, il collegamento con il primitivo ponte ligneo, per raggiungere la riva opposta. La successiva costruzione dell’imponente Ponte Visconteo, costruito nel 1393, (meraviglioso!) sconvolse la topografia locale, sbarrò per sempre il fiume alla navigazione e ne modificò il corso stesso.
Frazione di Borghetto
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Frazione di Borghetto
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Speciale Weekend
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l Ponte Visconteo, detto “Pontelungo”, fu eretto per volere di Gian Galeazzo Visconti, duca di Milano, allo scopo di garantire l’impenetrabilità dei confini orientali del ducato. Era un tempo raccordato al sovrastante Castello scaligero da due alte cortine merlate e integrato nel complesso fortificato detto Serraglio, che si estendeva per circa 16 km nella pianura veronese fino alle paludi di Grezzano.
Successivamente la valle del Mincio divenne molto contesa dagli interessi economici delle famiglie patrizie veronesi, che si disputarono la forza idraulica del fiume, costruendo decine di mulini a ruota. Curiosità: badate bene … questo ponte, per una volta all’anno … si veste d’Amore! E già … avete mai sentito parlare della “Festa del Nodo d’Amore”? Un evento unico che si tiene il terzo martedì di giugno (nel 2016 si è giunti alla 23 esima edizione), con una tavolata lunghissima, che si allunga su tutto il Ponte Visconteo (lungo 650 metri) dove vengono i piatti tipici della tradizione (come il Tortellino di Valeggio) a più di 4.000 commensali. Tra sapori e tradizioni vi consigliamo una buona cena a base di tortellini, accompagnati dall’eccellente produzione locale vinicola del Bianco di Custoza e del Bardolino. Altro evento gastronomico da non perdere è il fortunatissimo “Tortellini e Dintorni”, un percorso alla scoperta del territorio valeggiano e dell’entroterra gardesano, che si svolge a settembre. Tortellini e Dintorni offre per tre giorni la possibilità di conoscere e gustare il cibo più prelibato e particolare che Valeggio sul Mincio destina alla tavola: dai tortellini, ovviamente in primis quelli di carne, alla torta delle rose, al dolce Valeggio, alle pesche locali. L’incontro con i vini Doc “Bianco di Custoza” e “Bardolino” completa il percorso di degustazione, realizzato con il coinvolgimento attivo dei pastifici artigiani, dei ristoranti, delle cantine, delle pasticcerie e di tutti gli operatori del settore. A Borgetto si trova la piccola Chiesa di San Marco Evangelista di Borghetto (XVIII secolo), antica precettoria templare, conserva uno stile neoclassico e la pianta a navata unica a volta ribassata. Borghetto, da qualche anno, fa parte dei Borghi più belli d’Italia.
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Frazione di Borghetto - il “Pontelungo”
Festa del Nodo d’Amore
Speciale Weekend
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edicate il secondo giorno del vostro weekend fuoriporta alla natura del bellissimo Parco Sigurtà, sempre a Valeggio, non distante dalla cittadina.
Giuseppe Carlo Sigurtà, (Castiglione delle Stiviere 1895 - Tione di Trento 1983). Industriale farmaceutico, amante della natura e della bellezza. Ideò e realizzò il Parco che porta il suo nome.
L’antica storia del Parco Giardino Sigurtà risale 1407, quando, durante la dominazione veneziana di Valeggio sul Mincio, il patrizio Gerolamo Nicolò Contarini acquistò l’intera proprietà che al tempo aveva una funzione puramente agricola. Si trattava infatti di una fattoria: terre coltivate con foraggi racchiuse all’interno di un’alta e sicura muraglia. I figli del Contarini nel 1436 vendettero la tenuta alla famiglia Guarienti che ne rimase proprietaria per ben 190 anni, fino al 1626. Durante questo periodo si mantenne la struttura agricola della proprietà: l’area restò così suddivisa in appezzamenti destinati alla coltivazione di foraggi, al frutteto, all’orto e al bosco, ma era anche zona di caccia. Nel 1626 l’intera proprietà di Valeggio sul Mincio passò alla stirps Maffea che ne restò in possesso per ben 210 anni (dal 1626 al 1836). Questo accadde perchè le due figlie di Federico Guarienti, Isabella e Claudia, nel 1626 sposarono rispettivamente i due fratelli Maffei. I Maffei apportarono grandi e significativi cambiamenti alla proprietà: il primo fu grazie al Conte Canonico Antonio che nel 1693 fece una nobile e maestosa dimora, affidando il progetto ad uno dei più famosi e prestigiosi architetti del tempo Vincenzo Pellesina (1637-1700). Al Marchese Antonio Maffei (1759-1836), un uomo che le cronache del tempo descrivevano come un illuminato amante dell’arte, del bello e dei giardini, si deve la trasformazione dei 22 ettari della proprietà in un giardino romantico all’inglese: genere caratterizzato dall’accostamento di elementi naturali e artificiali, dove la natura non è mai incolta, anche se a volte, apparentemente, assume un carattere selvaggio. La scelta dello stile fu influenzata dal poeta Ippolito Pindemonte che nel 1792, ospite dello zio il Marchese Antonio Maffei, vide nella proprietà la presenza di una tipica atmosfera romantica all’inglese. Da questo incontro nacque così il germe dell’impronta romantica del futuro giardino di Valeggio sul Mincio, caratterizzato dal bosco in cui venne inserito un tempietto neo-gotico (oggi chiamato Eremo), un Castelletto del medesimo stile e la Grotta, un luogo “semplice, negletto e rustico”.
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Il Castello Scaligero visto dal Parco SigurtĂ
Speciale Weekend
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el 1836, alla morte del Marchese Antonio Maffei, l’intera proprietà passò ai Nuvoloni fino al 1929. Nel 1859, durante le battaglie di Solferino e San Martino, giunsero al Parco gli imperatori Francesco Giuseppe I d’Austria e, successivamente, Napoleone III di Francia. La famiglia Nuvoloni segnò l’inizio del lento e fatale declino del giardino. La primavera del 1941 segnò l’inizio della proprietà da parte della famiglia Sigurtà: l’industriale farmaceutico, il Dottor Giuseppe Carlo Sigurtà, acquistò il terreno, che era divenuto una sorta di ingombrante monumento in vendita ormai da diversi anni. Il Dottor Sigurtà iniziò la grandiosa opera di riqualificazione del parco. Lentamente emersero anche la maestosità di alcune piante secolari presenti tutt’oggi e migliaia di preziosi bossi cresciuti nel sottobosco. Vennero ristrutturati anche l’Eremo, il Castelletto e la Grotta Votiva.
Oggi il parco si presenta in tutta la sua meraviglia, tra fiori coloratissimi (il periodo della fioritura primaverile è di certo il periodo migliore per visitarlo!), ricco di attrazioni come la Meridiana Orizzontale (progettata per avere una validità di 26.000 anni), il Labirinto, un percorso che si snoda su una superficie di 1500 metri quadrati e che accoglie 2500 esemplari di piante di Tasso.
Alcune fioriture al Parco Sigurtà
Parco Sigurtà
Parco SigurtĂ - Il Labirinto
Speciale Weekend
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asseggiate per il Viale delle Rose, lungo un chilometro di lunghezza,dove sbocciano ogni primavera più di 30.000 selezionatissime rose Queen Elizabeth e Hybrid Polyantha & Floribunda, lasciatevi stregare dai profumi del Giardino delle piante officinali, scoprite i giardini acquatici dove galleggiano Ninfee rustiche e tropicali di sofisticata bellezza, riposatevi nel grande Tappeto Erboso dove si trovano i Laghetti Fioriti tra le cui acque affiorano Ninfee ed Ibischi acquatici, e dove nuotano vivaci le carpe giapponesi Koi, circondati dallo storico Salice Piangente. E ancora raggiungete il castelletto, ammirate le forme “metafisiche” dei bossi, giocate con i cerbiatti e assaggiate le prelibatezze della Fattoria Didattica (assolutamente a km 0). A piedi, in bicicletta, in trenino, in golf cart o in shuttle … scegliete tra i mezzi di trasporto a disposizione e, cartina alla mano, passate un giornata meravigliosa all’aria aperta!! Il Parco Sigurtà vi aspetta! (Per tutte le info: www.sigurta.it) Parco Sigurtà - laghetto
Alcune Carpe Koi ospiti dei laghetti del Parco
Esemplare di Cerbiatto
Ricette antiche dell’Oltrepo’ A cura di Claudia Peccenini
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entrovate care lettrici!!
Passeggiando per le belle colline dell’Oltrepò, è facile incontrare ancora qualcuno che, vicino agli argini, ai rovi o ai roseti selvatici, raccoglie i freschi germogli di un bel rampicante!!! Si tratta dei VERTIS, termine dialettale che identifica i virgulti del luppolo selvatico detti anche” Bruscandoli” o “Asparagina”. Sono piccoli getti piuttosto sottili ma polposi e piuttosto ruvidi al tatto. La prima fioritura avviene in primavera ma si protrae anche per buona parte della stagione estiva. Il VERTIS veniva utilizzato per la preparazione di frittate, minestre e sopratutto risotti; facile da individuare e raccogliere, era molto ricercato ai tempi delle nostre nonne e oggi voglio riscoprirlo insieme a voi con la preparazione di un buon delicato risotto.
Claudia Peccenini
di “Vertis� PapaveroEsemplare selvatico rosso
Rubrica ricette antiche dell’Oltrepo’
Ingredienti per 4 persone costo basso • 150 gr. Vertis • 320 gr. Riso della Lomellina per risotti • q,b. Brodo vegetale preparato con cipolla, sedano, carote, alloro e altre verdure a piacere. • 1 Cipollotto • 50 gr. Burro • 1/2 Bicchiere d’Olio di Oliva • 80 gr. Grana Padano
Raccolto di Vertis; la piantina va tagliata a circa 10 cm. dal germoglio, anche questa parte del rampicante è utilizzabile poichè molto morbida e tenera.
Preparazione
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• 1
Preparare il brodo vegetale con le verdure a piacere, salare o utilizzare un dado.
• 2
Lavare bene e delicatamente i germogli, riporli in un tegame con una parte di olio e burro e farli appassire a fuoco basso per una decina di minuti. Se necessario aggiungere poco brodo vegetale.
• 3
3
Sminuzzare il cipollotto.
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Rubrica ricette antiche dell’Oltrepo’
• 4
4
•
In un tegame a bordo alto porre il resto del burro e dell’olio e fare imbiondire il cipollotto.
• 5
Versare il riso e farlo tostare per qualche minuto a fuoco medio.
• 6
Incorporare lentamente il brodo filtrato, fino ad assorbimento mescolando ripetutamente per una decina di minuti.
5
• 7 Inserire
i Vertis ormai appassiti e ultimare la cottura del riso continuando a versare il brodo necessario.
• 8 Aggiungere il grana grattugiato, mantecare, coprire e lasciare riposare per qualche minuto.
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8
• 9 A Il nostro risotto è pronto, Il gusto risulterà molto delicato e il composto cremoso,sorprenderete gli ospiti con un piatto assolutamente originale e biologico!!!
• Ringrazio le amiche Loredana Nina e Lina per la collaborazione e i graditi consigli!!!
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Frittata di Papaveri
In cucina con Gaia A cura di Gaia Servidio
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i chiamo Gaia,
sono nata in Oltrepò Pavese, terra che sin da piccola mi ha cullata tra i suoi vigneti e le sue dolci colline, adoro cucinare, ma ancora di più utilizzare i prodotti del territorio. Mi ha sempre affascinato il profondo legame tra territorio, tradizione e identità. Questo mese vi propongo un aperitivo fresco dal gusto orientale.. Doppia Tartare: Tartare al vapore di gamberoni, tonno, zucchine e menta e Tartare di pesce spada, salmone e tonno con avocado e cetrioli
Gaia Servidio
Ingredienti per le due Tartare
Tartare al vapore di gamberoni, tonno, zucchine e menta
Ingredienti per 4 persone • 10 gamberoni • 2 zucchine • un trancio di tonno da circa 150 gr. (precedentemente abbattuto) • un lime • menta • pepe rosa • olio evo • sale
Preparazione • 1
Tagliare a dadini il tonno i gamberoni e le zucchine, marinare con olio evo, pepe rosa, qualche fogliolina di menta.
• 2
In una ciotolina tagliare le zucchine a striscioline sottili con un pelapatate e marinare con olio e pepe. (serviranno per guarnire)
• 3 Cuocere al vapore per circa
3-4 minuti, condire a piacere e aggiungere qualche goccia di lime.
• 4
Servire con una quenelle di yogurt greco, menta una fettina di lime e le julienne di zucchine
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Tartare di pesce spada, salmone e tonno con avocado e cetrioli
Ingredienti per 4 persone • un trancio di salmone • un trancio di tonno • un trancio di spada • (all’incirca 100 gr. per trancio) • mezzo avocado • limone • basilico • 1 cetriolo
Preparazione • 1
tagliare a dadini i tranci di pesce precedentemente pulito e abbattuto per il consumo crudo.
• 2
Tagliare il cetriolo e l’avocado. In una terrina condire il tutto con olio, erba cipollina, basilico e pepe nero, sale q.b e per dare un tocco di oriente maggiore aggiungere del peperoncino e della salsa di soya a piacere.
• 3
in una ciotola fare la stessa cosa che abbiamo fatto in precedenza con le zucchine ma con il cetriolo. Condire le julienne di cetriolo con olio e pepe.
• 4 Con un coppapasta impiattare e aggiungere una fogliolina di basilico un pomodorino e la julienne di cetriolo.
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Curiosità: l’Avocado...per l’estate!È indicato come protettivo dai raggi solari e si distingue per le sue proprietà nutritive. Tale frutto è infatti ricco di beta-carotene e glutatione.
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PVMagazine N. 6
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