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PVMagazine LA RIVISTA DELLA PROVINCIA DI PAVIA
CAPOLAVORI NASCOSTI • La via Francigena Lomellina • Pavia svelata: Palazzo Malaspina e la Biblioteca “Carlo Bonetta” • Montesegale SULLE RIVE DEL FIUME • Mezzanino: ALLA SCOPERTA DEGLIA ANTICHI MESTIERI • Il Maniscalco ITINERARI - SPECIALE OLTREPO’ • Attraversiamo insieme la Valle Versa REPORTAGE EVENTI • Picasso e le donne. • INK racconta Picasso. • Grande successo per la XXIII Primavera dei vini di Rovescala • I Vini dell’Oltrepò in scena al ProWien SOSTE GOURMET • BierHaus L’ANGOLO DELLO SHOPPING • Ghelfi: da oltre 30 anni sinonimo di eleganza e di stile. WEEK END A BOBBIO RUBRICA RICETTE • Ricette antiche dell’Oltrepo’ a cura di Claudia Peccenini • In cucina con Gaia Servidio
PVMagazine EDITORIALE
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nche questo mese su PVMagazine tanti spunti per scoprire la nostra bellissima provincia.
Si parte con una rassegna dei capolavori nascosti tra la Lomellina, Pavia e Montesegale, per poi continuare alla scoperta di Mezzanino e delle sue particolarità. Per lo speciale Oltrepò attraverseremo invece la Valle Versa, toccando tutti i caratteristici paesi ricchi di storia e di tradizione che la popolano. Sempre in tema di tradizione, vi racconteremo i segreti dell’antica arte della mascalcia, un mestiere unico nel suo genere. Come in ogni numero vi daremo poi una panoramica degli eventi del mese, con foto e reportage: da Picasso e le sue passioni a ProWein, passando per la Primavera dei Vini di Rovescala. Bierhaus è protagonista della rubrica “Soste Gourmet”, con le sue ottime birre e i suoi piatti bavaresi, mentre Ghelfi, storico negozio pavese di abbigliamento, apre le sue porte ai lettori di PVMagazine. Per chi ama viaggiare ed esplorare luoghi sempre diversi, qualche suggerimento per passare un weekend all’insegna del relax e del buonumore in quel di Bobbio. Per concludere, la novità del mese: le ricette di Claudia Peccenini e Gaia Servidio, assolutamente da provare!
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CAPOLAVORI NASCOSTI • La via Francigena Lomellina • Pavia svelata: Palazzo Malaspina e la Biblioteca “Carlo Bonetta” • C’era una volta un castello … e un fornaio! Scoprendo Montesegale
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SULLE RIVE DEL FIUME • Mezzanino: tradizioni, profumo di fiume e … denti di dinosauro!
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ALLA SCOPERTA DEGLIA ANTICHI MESTIERI • Il Maniscalco - L’arte della mascalcia...l’artigiano che “legge i cavalli”!
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ITINERARI - SPECIALE OLTREPO’ • Attraversiamo insieme la Valle Versa, partendo da Canneto Pavese, spostandoci a Santa Maria della Versa, Golferenzo, Canevino, Volpara e, per finire, Montecalvo Versiggia.) REPORTAGE EVENTI • Picasso e le donne. • INK racconta Picasso. • Grande successo per la XXIII Primavera dei vini di Rovescala • I Vini dell’Oltrepò in scena al ProWien
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SOSTE GOURMET • Bierhaus - A Pavia, un angolo di Baviera
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L’ANGOLO DELLO SHOPPING • Ghelfi: da oltre 30 anni sinonimo di eleganza e di stile.
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SPECIALE WEEK END DI PVMAGAZINE • Bobbio
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RUBRICA RICETTE • Ricette antiche dell’Oltrepo’ a cura di Claudia Peccenini • In cucina con Gaia Servidio
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La Via Francigena Lomellina Testo di Silvia Brigada Foto di Lucia Tuoto
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trade sterrate, piccoli paesini che spuntano dalle distese di campi coltivati, fiumi che serpeggiano e si snodano nell’orizzonte piatto. Nostalgici di un antico passato, chi si appresta a ripercorrere i passi dei pellegrini potrà scoprire le terre e le tradizioni che da secoli caratterizzano questo territorio che attraversa La Via Francigena. Vecchi cascinali dove il tempo sembra che si sia fermato, piccoli paesi dove i ritmi della vita sono ancora quelli della campagna.
Vi invitiamo a ripercorrere alcune delle tappe della celebre Via Francigena, tracciata dall’Arcivescovo di Canterbury Sigerico (950 ca – 28 ottobre 994) nel lontano 990. Sigerico era giunto alla Città Santa per ricevere il cosiddetto “Pallium” dalle mani del Papa Giovanni XV: dal IX secolo, infatti, era stato introdotto l’obbligo per tutti gli Arcivescovi Metropolitani di recarsi personalmente a Roma per ricevere direttamente dal Papa il palio, una semplice veste di lana decorata con una croce e che simboleggiava una vera e propria investitura. Durante il viaggio di ritorno (a piedi, s’intende!), da Roma a Canterbury, Sigerico redasse un diario, che fortunatamente è giunto sino a noi. Nelle sue memorie egli segnala 79 tappe del suo itinerario che attraversa mezza Europa percorrendo più di 1600 chilometri, toccando anche parte del territorio della Lomellina. Dal IX secolo la strada cominciò a chiamarsi Via Francigena, dalle “Strade Francesche o Francigene o Romee”, cioè “strada che proviene dal Regno dei Franchi” e “strade di grande comunicazione”. Il percorso della Via Francigena si caratterizza come un “turismo lento”, pedestre, dove ognuno avrà modo di ritrovare il proprio tempo. La Via Francigena fu un sistema complesso di strade e di itinerari, che influenzò enormemente la storia, le tradizioni, gli scambi e le idee dell’Europa, fino all’età moderna.
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Paesaggio lomellino
Capolavori nascosti - Lomellina
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he siate credenti o meno, giovani o meno giovani, vi ritroverete in uno spazio parallelo, sospesi tra presente e passato, attraverserete luoghi che favoriranno la meditazione e il raccogliemmo, scoprendo le meraviglie storiche e artistiche del luogo. Ah..e non dimenticate, zaino in spalla e scarpe comode! (O, se preferite, prendete l’auto, la bicicletta, la moto, a seconda delle vostre abitudini … l’importante è avere spirito d’avventura!). La rotta della Via Francigena giunge in Lomellina costeggiando il Sesia e attraversando i paesaggi tipici di questo territorio pianeggiante, tra campi di risaie e mais, canali e rogge.
Il percorso lascia i territori piemontesi della zona di Vercelli per entrare in Lombardia dal territorio lomellino, in particolare da Palestro, che si trova proprio sul confine. Palestro, come tutti abbiamo studiato a scuola, fu teatro dell’omonima battaglia, datata il 30 e 31 maggio 1859, durante la Seconda guerra di indipendenza (prima vittoria dell’esercito franco – piemontese sugli austriaci). A ricordo di questa storica battaglia è stato eretto il Monumento Ossario (1893) che raccoglie ciò che resta dei caduti. A Palestro si può visitare la chiesa parrocchiale di S. Martino di Tours del 1006, rimaneggiato molto nel tempo, sino ad avere l’attuale aspetto neogotico. A Palestro segnaliamo l’ospitaliere “La Torre Merlata”, dove i pellegrini possono trovare alloggio.
Palestro “La Torre Merlata”
Palestro “Monumento Ossario”
Capolavori nascosti - Lomellina
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nticamente a Palestro i viandanti dovevano pagare un pedaggio che serviva anche per il passaggio di Robbio, la tappa successiva. Per raggiungerlo si attraversa un bellissimo paesaggio costeggiato da pioppeti e campi di riso e di soia. Robbio è un piccolo centro con due bellissime chiesette medievali: S. Valeriano, medievale, e S. Pietro, una costruzione romanica originaria del Duecento, con aggiunte del Quattrocento.
Da qui si arriva a Mortara, che accoglie la meravigliosa Abbazia di Sant’Albino, costruito in epoca carolingia e dove è anche possibile pernottare! In passato era meta di pellegrini francesi, oltre che tappa della Francigena. Questi pellegrini franchi giungevano sino all’abbazia per pregare sulla tomba di Amico e Amelio, due cavalieri francesi che morirono in battaglia e che, benché fossero stati sepolti in due chiese diverse, secondo la tradizione, il giorno dopo furono trovati nello stesso sepolcro, dove poi sorse l’abbazia: era il V secolo, ma fu poi ricostruita da Carlo Magno nel 774. A Mortara merita una visita anche la Chiesa di S. Lorenzo, del XIV secolo, edificata sui resti di un edificio romanico (di cui resta il campanile). Da Mortara ci si dirige a Tromello, con la sua bella Chiesa parrocchiale di S. Martino, datata 1259, dove si può ammirare l’affresco quattrocentesco staccato dalla parete del muro della cascina omonima nel 1686, detto “Madonna della Donzellina”. Antistante la chiesa si trova il cosiddetto “cappellone”, tre cappelle in stile barocco, della seconda metà del XVIII secolo.
Mortara Abbazia di Sant’Albino
Robbio Chiesa di San Valeriano
Tromello Chiesa di San Martino
Garlasco Madonna della Bozzola
Capolavori nascosti - Lomellina
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iete già stanchi? Forza, la tappa successiva merita la fatica della camminata! Si tratta di Garlasco, dove è d’obbligo una visita alla cosiddetta Madonna della Bozzola, Santuario celebre e meta di moltissimi pellegrinaggi religiosi, legato ad un evento miracoloso del 1465. Si trova a 4 km dal centro di Garlasco e non può davvero mancare all’interno di un percorso religioso e di fede (per saperne di più non perdete i prossimi numeri del PV Magazine … parleremo ancora di questo importante Santuario!). E’ ora di riprendere il cammino: gambe in spalla! Da Garlasco giungete a Zerbolò, dove potrete ammirare il Castello Beccaria della metà del Duecento. Da qui pochi chilometri vi separano dalla meravigliosa Pavia … ma questa è un’altra storia …
Pavia svelata: Palazzo Malaspina
e la Biblioteca “Carlo Bonetta” Di Silvia Brigada
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avia bella, Pavia da scoprire … iniziate dallo storico Palazzo Malaspina! (Scommetto che anche molti autoctoni non sono mai entrati a visitarlo!)
Arrivate al centro di Piazza Petrarca (che ospita il celebre mercato, ben due giorni alla settimana, mercoledì e sabato!) da Viale Matteotti e, sulla sinistra, scorgerete un elegante palazzo bianco, dalla facciata lineare e armonica, Palazzo Malaspina. La struttura è particolare, perché l’edificio si presenta suddiviso in due parti distinte: uno in stile neoclassico (su Piazza Petrarca) decorata nella parte alta da puttini e l’altro in stile settecentesco (prospetta su via S. Zeno), sede di rappresentanza della Prefettura, con un ingresso a “cannocchiale prospettico” (con un profondo punto di fuga, insomma! … ma lasciateci usare qualche volta termini arditi…) e i busti di Petrarca e Boezio ai lati.
Palazzo Malaspina su via S. Zeno
Palazzo Malaspina su Piazza Petrarca
Capolavori nascosti - Pavia
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l nome del palazzo, Malaspina, ricorda l’omonimo Marchese che, tra il 1829 e il 1835, progettò questo palazzo a fianco della propria residenza privata, per ospitare il “Pubblico Stabilimento di Belle Arti”. Uomo di cultura, mecenate e fine collezionista, il Marchese Luigi Malaspina di Sannazzaro istituì questo Stabilimento che avrebbe ospitato la scuola di disegno (e, successivamente anche di pittura) e nel contempo avrebbe ospitato la sua immensa collezione d’arte privata perché fosse usata a scopo didattico dagli studenti, come dichiarò nel proprio testamento. Fu così che queste preziosissime collezioni (pitture, disegni, stampe, collezioni numismatiche …) divennero il primo nucleo dell’attuale Pinacolteca Malaspina che, originariamente avevano sede proprio in questo palazzo. Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, per insufficienza i spazi, parte della collezione fu spostata presso i Musei Civici del Castello; alla fine degli anni Settanta tutto l’edificio fu restaurato e l’intera collezione fu trasferita al Castello, dove oggi si può visitare. La parte neoclassica del palazzo Malaspina è oggi sede della Biblioteca Civica “Carlo Bonetta” (altro emerito mecenate e stimatissimo collezionista) istituita nel 1887 e dell’Archivio Civico Storico. Al piano nobile, nelle stanze in cui un tempo vi era la galleria dei dipinti e delle stampe vi è oggi la sala di distribuzione di prestito e consultazione della biblioteca, al piano terra i suoi depositi. All’ingresso, superato il portone, non potrete non scorgere la nicchia con la statua del dio Apollo, non a caso, protettore delle Arti. Recentemente il Comune di Pavia ha acquistato anche la vicina e bellissima chiesa del soppresso convento dell’Annunciata, sede oggi di eventi, mostre e concerti. E, dopo la visita, andate a riposare nei Giardini Malaspina, che si trovano proprio lungo la piazza, tra il palazzo e l’Annunciata.
Palazzo e collezioni, artistiche e librarie, sono quindi frutto del mecenatismo di due grandi personaggi che hanno fatto la storia e l’arte di Pavia e che, ancora oggi, ci insegnano la passione per il Sapere.
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Biblioteca Civica “Carlo Bonetta”
C’era una volta un castello ... e un fornaio!
Scoprendo Montesegale Di Silvia Brigada
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’era una volta una valle incantata, verde e scintillante, attraversata dal torrente Ardivestra, affluente dello Staffora. Le dolci colline, il panorama da cartolina, il cielo azzurro della primavera punteggiato da morbide nuvolette bianche. E sulla cima più alta … un meraviglioso castello che domina tutta la vallata! Una fiaba? Ma no! E’ solo (si fa per dire) una parte delle meraviglie che scoprirete visitando il paese di Montesegale, uno
dei più belli dell’Oltrepò Pavese. Un luogo meraviglioso per una gita fuoriporta, all’aria aperta e pulita, scoprendo tradizioni millenarie che da sempre caratterizzano questi luoghi, ricchi di storia, arte, cibi genuini e buon vino! Montesegale, insieme alle sue numerosissime frazioni disseminate tra i colli, fu sempre territorio conteso dai potenti della storia: dal’XI secolo fu dominio del Vescovo di Tortona, nel Duecento passò a Federico II, fu poi feudo dei Conti di Lomello del ramo Gambarana e nel Settecento fu assoggettata alla Provincia di Bobbio. Il Castello di Montesegale è di certo una delle maggiori attrattive dell’Oltrepò, situato in posizione strategica, osserva la valle, sdraiato da millenni sull’alto poggio (426 metri slm). Come raggiungerlo? Arrivate alla piazzetta (dedicata ai Caduti di Nassiriya) e prendete la stradina sulla destra. Costeggiate le antiche mura del castello e, a salire, vi troverete a destra l’Oratorio di S. Andrea e, di fronte, l’ingresso principale. Il maniero presenta molti cortili, circondati da costruzioni in pietra, a più livelli, spianate, un anfiteatro e, poco lontano, una ghiacciaia perfettamente conservata. Un edificio che rappresenta un passato altero e che rivive ancora oggi. Passeggiando tra le antiche mura si respira la potenza e la grazia di un luogo teatro di vite ed emozioni. Osservate bene … da qualche parte si trova un epigrafe che recita “Fiat pax in virtute tuaet habondantia in terribus tuis” … sarà di buon auspicio a chi la troverà per primo!!!
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Castello di Montesegale
Capolavori nascosti - Oltrepo’
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a struttura, mastodontica (tanto da essere visibile sia da paese che dalla valle), risale all’XI secolo ed è oggi proprietà privata, ma visitabile in alcuni giorni dell’anno. All’interno del castello, oltre agli appartamenti della famiglia, dal 1975 si trova un museo privato di arte contemporanea. Da poco sono stati aggiunti sei alloggi per giovani artisti. Castello a parte, forse non tutti sanno che Montesegale è celebre anche per essere “Città del pane”. Proprio così: il paese, insieme ad altri 21 in tutti Italia, è socio fondatore dell’”Associazione Nazionale Città del Pane”, volta a tutelare e a promuovere l’arte della panificazione, tipica di questo territorio.
Ultime curiosità: merita una visita anche la chiesa dei SS. Cosma e Damiano (in Loc. S. Damiano), del XVI secolo, che sorge su una collinetta, immersa nel verde. Infine, se sarete a Montesegale l’ultima domenica di settembre, potrete prendere parte alla celeberrima e antichissima Fiera di S. Damiano, tra rievocazioni storiche (all’interno della splendida cornice del castello), manifestazioni, giochi e … assaggi culinari!
Montesegale Chiesa de SS. Cosma e Damiano
Mezzanino: tradizioni, profumo di fiume e ... denti di dinosauro! Di Silvia Brigada
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“Al Po l’è impurtant, ma l’è anca periculus”. osì diceva mia nonna, classe ’29, che di Pianura Padana se ne intendeva! E a buon ragione.
Il Po, il maggior fiume del Paese, ha sì permesso lo sviluppo agricolo delle terre padane, fertili grazie all’abbondanza di acqua, ma anche umide e spesso inospitali. Se volete saperne di più, chiedete agli abitanti di Mezzanino, comune rivierasco che si trova sulla riva destra del Po, poco distante dalla confluenza del Ticino, presso il Ponte della Becca (in località Tornello, frazione di Mezzanino). Mezzanino, che appartiene al Parco regionale della Valle del Ticino, si estende sulla costa con ben 11 frazioni. Il territorio che lambisce la riva nasce e vive del fiume; non a caso Mezzanino stesso sorse anticamente proprio su un’isoletta del Po e, già dal XV secolo, era un importantissimo punto di transito del fiume. Ma il fiume è anche ambiguo … porta benessere, sì, ma anche pericolo. Quest’area, come tutti i territori sulle rive del Po, sono sempre state soggette a frequenti inondazioni, che causavano (e causano) gravi perdite e distruzioni. Una delle più violente alluvioni che Mezzanino ricorda fu quella del 1890, che spazzò via molti centri abitati. Ma questo è un paese che racconta e sa raccontarsi, dove ogni anno rivivono le tradizioni nelle sagre e nelle feste, come la “Festa dei cortili”, durante le quali risuonano le risate delle lunghe tavolate di amici … a suon di risottate, vino e pane e salame! In queste occasioni i suoi abitanti sapranno intrattenervi con mille racconti! Passeggiate per il centro e andate a visitare la caratteristica chiesa parrocchiale della Natività della Vergine (1597), rimaneggiata nell’Ottocento, dalla struttura semplice, la facciata pulita, con accanto il Monumento ai Caduti.
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Ponte della Becca
Sulle rive del Fiume Po - Mezzanino
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a memoria di questi luoghi, le testimonianze materiali di questi paesi rivivono oggi all’interno del Museo del Po, istituito nel 2008, con la finalità di valorizzare la storia fluviale del territorio.
Il museo è ospitato in un antico ed imponente edificio di proprietà del comune risalente al XIX secolo che si trova al centro del paese, fulcro della vita comunitaria. Questo complesso ha una storia curiosa: prima del recupero che lo vede oggi, oltre che sede del museo, anche luogo di aggregazione per le associazioni locali, originariamente aveva ben diverse funzioni d’uso. Una parte, dal 1876, era destinata a teatro, la parte bassa a caffè – ristorante (dal 1902), ma all’interno fu realizzata anche una sala da ballo, attiva tra le due guerre (ascoltate … sentite le note del Charleston?) . Dopo la seconda guerra mondiale fu impiegato, infine, come magazzino e come cinema. Grazie a questo museo rivivono le tradizioni, gli usi e i ritmi di vita e di lavoro che da sempre, qui, sono legati alle acque del fiume. Il museo raccoglie reperti rinvenuti negli anni lungo Po e donazioni della popolazione locale e dei paesi limitrofi rivieraschi, simili per tradizioni. Si tratta di un museo unico sul territorio dedicato al “Grande Fiume” che raccoglie e conserva le testimonianze materiali di questo territorio. Sappiate, però, che un mistero incombe sul museo … una notte, un paio di anni or sono, dei ladri entrarono furtivamente, rubando una volpe impagliata e … un dente di dinosauro!!! (che era stato ritrovato sulle rive del Po). Vite legate alla pesca, alle imbarcazioni, agli animali e alle piante che vivono e crescono in questo meraviglioso habitat … immaginate di terminare la vostra visita con un magnifico tramonto romantico sulle rive del fiume, il volo degli aironi, cicogne e garzette (sostituite, di notte, da allocchi e barbagianni). Cinciallegre, picchi e usignoli che si posano sulle robinie, olmi, salici bianchi. La terra umida ospita volpi e lepri e, perché no … anche qualche nutria!
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Museo del Po e Chiesa Parrocchiale
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Alla scoperta degli antichi mestieri: il maniscalco
L’arte della mascalcia...l’artigiano che “legge i cavalli”! Di Sara Giammona e Silvia Brigada
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tiamo per fare un tuffo nel passato riscoprendo l’antico mestiere del maniscalco, l’artigiano che esercita l’arte della mascalcia, ossia del pareggio e ferratura del cavallo e degli altri equini domestici, come l’asino e il mulo.
Quella del maniscalco è oggi una figura poco comune ed è sempre più raro trovare la bottega di un maniscalco; ma c’è ancora chi, spinto dalla passione per questa forma d’arte, mantiene in vita un mestiere così affascinante, faticoso, utile e … magico! Uno di questi “maghi” è Isaac Montagna. Nonostante i suoi numerosi impegni siamo riusciti a visitare la sua bottega, in una piccola frazione del comune di Arena Po dove vive. Grazie ai suoi racconti, abbiamo potuto immergerci in questo mondo dal sapore antico. Isaac ci mostra con orgoglio e umiltà la sua bottega: qui l’atmosfera che si respira ci fa tornare indietro nel tempo. Siamo circondati da numerosi attrezzi strettamente legati alla mascalcia come forgia, incudine, martello, mazza, raspe, tenaglie … e ovviamente ferri da cavallo che rendono la bottega un piccolo luogo intimo e rustico, dove sopravvivono fatica, impegno, volontà e amore per questo mestiere. Isaac ha 35 anni, gli chiediamo da quanto tempo svolge il mestiere del maniscalco: ”Sono quasi 20 anni, ho iniziato all’epoca del militare”. Ci racconta che al momento della chiamata per il servizio militare aveva scelto di intraprendere questo percorso di vita, per questo si è arruolato nel Reggimento di Artiglieria a Cavallo presso la Caserma Santa Barbara di Milano, dove ha appreso, studiato e imparato, grazie ai maestri marescialli maniscalchi, le basi della Mascalcia. Curiosità: l’etimologia della parola mascalcia è strettamente legata a quella di maresciallo, dalla radice mare e dalla radice shall; interpretazioni più accreditate indicano l’origine della parola inglese marshal dall’antico germanico marah e schalh, indicando quindi colui che si occupa/che è responsabile/che si prende cura dei cavalli. Il termine si sarebbe successivamente diffuso in poi si è diffusa in Europa continentale.
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Isaac Montagna nella sua Bottega
“Fase di ferratura”
Alla scoperta degli antichi mestieri: il maniscalco
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saac ci confida che, al momento della sua scelta, sentiva dentro di se che questo cammino sarebbe stato un lungo percorso che gli avrebbe donato tante gioie quanti dolori, ma una volta intrapresa questa strada “la mascalcia avrebbe occupato per sempre un posto speciale nel suo cuore”… perché quando si ha passione, tenacia, voglia di fare e di imparare, le difficoltà si trasformano in aspetti positivi, obiettivi da raggiungere, che arricchiscono la propria persona, personalità ed esperienza di vita e di lavoro. Chiediamo, quindi, a Isaac come ha portato avanti il mestiere del maniscalco, come ha “forgiato” la sua professione: ”sicuramente, come ho detto, ho imparato moltissimo in Caserma grazie ai maestri, dopodiché ho fatto la mia gavetta al seguito di alcuni maniscalchi, ognuno dei quali mi ha insegnato molto, da come preparare i ferri, alle varie tecniche di forgiatura, ai materiali da utilizzare, a come lavorare sul piede del cavallo …. Ma posso dire che i miei veri maestri sono stati, e sono tutt’ora, i cavalli! Ogni cavallo è diverso, ha il proprio carattere, il proprio vissuto, la propria personalità e sensibilità. In particolare per ciò che riguarda il mio lavoro ogni “piede” (di cavallo o di qualsiasi altro animale che necessiti di ferratura) è differente, ha le proprie caratteristiche morfologiche, esigenze e criticità.”
Alla scoperta degli antichi mestieri: il maniscalco
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toricamente il mestiere del maniscalco si sovrappone in parte a quella del fabbro, poiché i ferri vengono lavorati al momento e su misura, secondo le necessità dei cavalli. Ma la lavorazione, l’adattamento e l’applicazione del ferro non esauriscono il compito del maniscalco. Isaac ci spiega, infatti, che la fase basilare e più importante della ferratura è il pareggio, che consiste nell’asportazione dell’eccessiva crescita delle varie parti dello zoccolo rivolte verso il suolo (muraglia, fettone, suola, barre). Solo dopo aver effettuato il pareggio si passa alla fase di ferratura. Chiediamo a Isaac in cosa consiste e se tutti i cavalli vengono ferrati: ”Si può affermare che il ferro nasce per proteggere l’unghia dell’animale, fa in modo che questa non si consumi; quindi si ferrano i cavalli che ne hanno l’esigenza, perché vengono impiegati nel lavoro, nelle competizioni equestri e nei casi in cui si hanno delle patologie (come, ad esempio, la laminite) nella quale il ferro è un supporto, funge da terapia. Personalmente credo quindi che, in assenza di particolari patologie, sia un buon pareggio a far camminare bene il cavallo, non il ferro!. Per quanto riguarda la ferratura, molto in breve eh (..ride! ), dopo aver effettuato il pareggio scelgo il ferro di dimensioni e di forma più adatta al piede del cavallo, lavorandolo fino ad ottenere la migliore corrispondenza possibile. Solo a questo punto si procede all’inchiodatura, utilizzando particolari chiodi che variano anche’essi di dimensione in base al ferro e all’unghia. Per finire, dopo un adeguato accorciamento della parte sporgente, la punta dei chiodi viene ribattuta verso il basso.”
“Fase di pareggio� - Foto di Silvia Zavatarelli
Alla scoperta degli antichi mestieri: il maniscalco
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omandiamo a Isaac, sulla base di questo lavoro, quale sia il suo rapporto con la natura: ”Sono cresciuto in campagna e fin da piccolo avevo un gran rispetto per la natura. Sicuramente questo mestiere mi ha dato maggiore responsabilità, per questo lo vivo in modo molto profondo come se la mia fosse una missione e non un lavoro, proprio per il legame che si instaura con gli animali con cui collaboro tutti i giorni. Occorre molta sensibilità, pazienza e rispetto per poter entrare in comunicazione con loro; nella mia professione è necessario imparare a “saper leggere” i cavalli! ”.
Sì, perché quello del maniscalco, oltre ad essere un mestiere fatto di abilità manuale, è un compito di grande responsabilità verso cavalli, asini e muli, in quanto ne va della loro salute e benessere. Ringraziamo Isaac per la disponibilità, cortesia e gentilezza con la quale ci ha ospitati nella sua bottega, e per la chiarezza e genuinità con la quale ci ha raccontato, spiegato e appassionato all’arte della mascalcia.
“È Quando sono giovani che si forgia il loro carattere, dopo non c’è più molto da fare. I cavalli sono come i bambini. Se vengono allevati ed educati nel modo giusto, non c’è rischio che da vecchi dimentichino quello che hanno imparato. Ma bisogna concedere loro almeno un’opportunità di dimostrare quello valgono.” (Anna Sewell, Black Beauty: autobiografia di un cavallo)
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Isaac in compagnia di una puledra di Asino
Speciale Oltrepo’ Di Silvia Brigada PV Magazine si arricchisce di una nuova, interessante rubrica, lo Speciale Oltrepò. Qui troverete utili spunti, insoliti itinerari per visitare e scoprire in nostro meraviglioso Oltrepò Pavese! In questo numero attraverseremo insieme la Valle Versa, partendo da Canneto Pavese, spostandoci a Santa Maria della Versa, Golferenzo, Canevino, Volpara e, per finire, Montecalvo Versiggia. Pronti? Si parte!
Speciale Oltrepo’
CANNETO PAVESE
La prima tappa del nostro itinerario è Canneto Pavese, poco distante da Stradella, ai piedi delle colline, tra la Valle Versa e Scuropasso. Il Comune di Canneto Pavese sorge su un territorio popolato sin dai tempi della preistoria da una tribù di stirpe ligure; si è generato dall’unione di diverse comunità che in passato erano entità amministrative fra loro distinte: Montù de Gabbi (Montuè), Beria, Vigalone, Canneto e Monteveneroso. Verso la fine del Settecento, essendo ritenute incapaci di reggersi da sole, queste piccole comunità furono unite a Montù de Gabbi. Nel 1885, durante una seduta del Consiglio Comunale, si decise di proporre al Governo di modificare il nome del paese in “Caneto”, poi divenuto Canneto. Fu addotta la motivazione che segue: “L’unico prodotto delle nostre terre è il vino; esso si consuma nella Lombardia ed è delizia dei Lombardi che lo chiamano per vino de’ Caneto. Questo nome per i suoi vini generosi e spumanti è conosciuto non solo in Lombardia ma in parecchie città d’Italia e nell’America. Il nome di Montù de Gabbi non è conosciuto qual produttore di vini generosi e prelibati”. Insomma, il toponimo di Canneto altro non è che il retaggio dell’originario sviluppo locale della vite, quando la “canna” veniva usata come sostegno delle vigne (insieme, più tardi, anche all’uso dei pali). Non a caso Canneto è uno dei comuni dell’area oltre padana che vanta la maggior percentuale di superficie vitata: qui quasi il 90% delle aree coltivate è coperto da vigneti (500 ettari circa), curate da ben 140 produttori, per una produzione media annua di 32mila ettolitri di vino (soprattutto rossi). Canneto sorge in uno dei punti paesaggistici più suggestivi e magici dell’Oltrepò; ancora oggi è diviso in piccole frazioni separate situate sulle vette dei piccoli poggi arrotondati sulla sommità delle colline.
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Veduta di Canneto Pavese
Canneto Pavese il Pozzo di S. Antonio Abate
Speciale Oltrepo’
Oltre agli ottimi vini, consigliamo una bella passeggiata e una visita al Castello Condiani (presso Montù de Gabbi), uno dei più importanti dell’Oltrepò e di cui oggi restano le rovine. Il castello è a pianta quadrata risalente al XII secolo; si può ancora calpestare il pavimento del primo piano, sotto il quale sono visibili i sotterranei in mattoni a vista. Si narra che fosse dotato di 365 finestre, tante quante i giorni dell’anno. La chiesa parrocchiale di Canneto, che si eleva appunto in via della Chiesa, è dedicata a Santi Marcellino, Pietro ed Erasmo; la sua costruzione risale al 1742. All’interno vi è la cappella della Madonna del Carmine, patrona del paese. Degni di nota sono l’altare maggiore, per la qualità dell’intarsio, e l’antico organo realizzato dai fratelli Lingiardi. In località Malaspina si trova l’antichissimo Pozzo di Sant’Antonio: nel 1511 un membro della famiglia Arrigoni pose su di esso una lapide, trafugata negli anni Settanta, in memoria di Beata Guarisca Arrigoni.
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Speciale Oltrepo’
SANTA MARIA DELLA VERSA
Tappa numero due del nostro itinerario: spostiamoci nella vicina Santa Maria della Versa. Santa Maria si trova nella media vallata del torrente Versa. L’area già dal IX secolo era soggetta all’abbazia di San Colombano di Bobbio e nel 1164, per volontà dell’imperatore Federico I, fu sottoposta al dominio della città di Pavia. Dal XIV secolo appartenne alla famiglia nobiliare dei Giorgi, poi dei Gambarana e a molte altre. I Gambarana mantennero il proprio dominio su questo territorio sino al 1797, anno dell’abolizione del feudalesimo. Nell’800 esisteva un antico capoluogo, Soriasco, un borgo incastellato che si trovava più a nord rispetto all’odierna Santa Maria. Solo nel XIX secolo iniziò a svilupparsi un nuovo centro ai piedi del colle Soriasco, chiamato “Borgata Versa” o Madonna della Versa. Il nome del nuovo capoluogo è strettamente legato all’effige di una Vergine … ecco la storia come è stata tradizionalmente tramandata … Nell’area di Santa Maria della Versa sorgeva anticamente una piccola cappelletta dedicata alla “Madonna Val Versa”, così chiamata dagli abitanti della zona e considerata miracolosa. All’interno di questo piccolo santuario disperso nella campagna, c’era una piccola Madonnina risalente al Trecento dipinta su tavola , ancora oggi conservata nella chiesa parrocchiale. Secondo il racconto miracoloso, una fanciulla sordomuta originaria della frazione di Villanova ogni giorno si fermava in preghiera davanti all’effige della Madonna e questa le restituì un giorno la parola e l’udito. A seguito del prodigio gli abitanti eressero un oratorio per la Vergine per ospitare i pellegrini. I devoti divennero tanto numerosi che nel 1639 si dovette erigere una chiesa laddove sorgeva la vecchia cappellina (che altri non è che l’odierna parrocchiale), dedicata al SS. Nome di Maria Vergine. In ricordo del miracolo la facciata della chiesa non è ricolta verso il centro del paese, ma verso la frazione Villanova. Attorno a questa piccola chiesetta sorse un borgo, dove si svolgeva il mercato.
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Santa Maria della Versa Torre di Soriasco
Speciale Oltrepo’
Oggi Santa Maria della Versa e’ un delizioso paese di fondovalle, ordinato e tranquillo; ma dietro tanta apparente pacatezza si possono apprezzare il lavoro e i prodotti delle colline, la fatica della vendemmia che viticoltori e gran parte contadini da generazioni, ricavano dalla terra con sapiente fatica. Non per nulla Santa Maria, terra di vini, e’ denominata “capitale del pinot” o “dello spumante”. A tenere alto il nome dei vini di Santa Maria della Versa è la Versa, cantina che esiste da più di cento anni e che è rimasta fedele all’idea originaria del suo fondatore, Cesare Gustavo Faravelli, che nel 1905 decise, con i primi soci, di produrre vino di ottima qualità, simbolo della sua zona d’origine. La filosofia di questa public company impara dal passato e guarda al futuro: qui nel regno del Pinot Nero, i vini raccontano la storia di una valle, nel cuore dell’Oltrepò pavese, dove arriva chi vuole godere di piaceri intensi, custoditi in un bicchiere di succo d’uva. Panorama di Santa Maria della Versa
La Bottiglia “La Versa”
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GOLFERENZO
Da qui, seguendo una piccola stradina completamente immersa nel verde, giungiamo alla terza tappa: Golferenzo. Golferenzo, come molte delle terre vicine, ha probabilmente origini celtiche e durante il Medioevo soffrì del conflitto che storicamente oppose pavesi e piacentini per la supremazia sul territorio, in particolare durante gli anni della presenza di Federico Barbarossa. Esistono molte versioni sulle origini del nome del paese. Alcuni sostengono che derivi dall’unione dei due vocaboli celtici “goro” (che avrebbe significato “terra”) e “frin” (che avrebbe indicato il “monte”). Un’altra ipotesi, invece, fa provenire il nome Golferenzo da un nome longobardo “Wulfari”, latinizzato poi in “Gulfarius”. Durante il XIV secolo, insieme a Volpara e a Montecalvo Versiggia, Golferenzo fu assoggettato alla famiglia dei Beccaria sino alla loro estinzione, nel 1529; passò poi ai Dal Pozzo. Dal 1690 Golferenzo fu signoria della famiglia dei Belcredi, che possedeva molte terre della zona. Tale feudo venne elevato a marchesato e i Belcredi sono ricordati come i marchesi del luogo. Oltre ad essere stati uomini d’armi, essi furono uomini di pensiero: è giusto ricordare Giuseppe Gaspare, professore di diritto feudale, donatore alla biblioteca Ambrosiana di Milano di libri e manoscritti di grande valore. Il feudo di Montecalvo, Volpara e Golferenzo durò sino alla fine del feudalesimo, come si è detto, fino al 1797. In realtà sino alla seconda guerra mondiale i Belcredi ebbero grande potere su Golferenzo, impiegandone la manovalanza contadina per la coltivazione delle loro terre. Il piccolo paesino di Golferenzo, un meraviglioso borgo dalle stradine strette e in salita, è davvero ricco di storia.
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Il Borgo di Golferenzo - Foto di Lucia Tuoto
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Merita di certo una visita il Castello, detto anche “Antico Palazzo dei Signori”, la cui struttura originaria risaliva al duecento, ma che fu completamente distrutto nel 1216 dall’attacco delle truppe piacentine. Il castello fu così ricostruito e nel 1691 fu venduto a Barbara Belcredi con il bene placido del Re di Spagna Carlo II, al Duca di Milano, e poi al Marchese Antonio Belcredi all’inizio del settecento. Ciò che oggi resta del castello è la torre, inserita in uno stabile vicino alla chiesa. Le vestigia sono in pietra locale a masselli; la torre è decorata da una finestra strombata con un’antica inferriata. Secondo la tradizione locale la torre servì a lungo da prigione e al suo interno furono rinvenuti resti degli strumenti di tortura. Al centro di Golferenzo, al termine di una dolce strada in salita, si giunge alla Chiesa Parrocchiale di San Nicolò, appartenuta anticamente alla Diocesi di Piacenza e poi dipendente, nel 1817, a quella di Tortona. L’elegante chiesa si innalza sulla piazza ed è circondata tutta attorno da un muro di cinta, che influisce a migliorare l’aspetto del luogo ed a dare maggiore risalto dell’edificio. Piante, casette in pietra dai giardini curati e fioriti, animali al pascolo … questa è la bella Golferenzo, che si carica di magia nelle speciali sere d’estate, quando accoglie le manifestazioni enogastronomiche Saxbere e Convivium, momenti in cui la comunità apre i propri cortili per gustose degustazioni di prodotti tipici a km 0 e ottimo vino di produzione locale. Se la giornata è serena, restate sino al tramonto … lo spettacolo del calar del sole sulla vallata è spettacolare. Tutto il borgo si tinge di rosa … scorci panoramici e angoli curiosi che sembrano essere presi in prestito da un antico passato.
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Chiesa Parrocchiale di San Nicolo’ - Fotodi Lucia Tuoto
Chiesa Parrocchiale di Nostra Signora Assunta a Canevino
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CANEVINO
Dopo un breve tratto, si arriva nel piccolo centro di Canevino, 118 anime, che si trova in cima a un’alta collina. Si tratta di un comune cosiddetto “sparso” perché la sede comunale si trova in frazione Caseo, più in basso rispetto a Canevino. Il paese, antico borgo rurale sorge su un colle isolato e boscoso, storicamente ricordato per un importante evento: nel 929, a Canevino passò il sacro corteo delle reliquie di San Colombano (monaco irlandese fondatore dell’omonimo monastero sito in Bobbio, uno dei più importanti in Italia nel Medioevo) in transito da Bobbio a Pavia. Fu re Ugo a volerene il trasporto e monaci e pellegrini attraversarono questo territorio poiché tutta la zona apparteneva al monastero bobbiese. Secondo la tradizione durante il tragitto delle Sacre spoglie avvennero diversi miracoli sul percorso che il corteo seguiva. In particolare a Canevino si racconta che un ragazzo muto dalla nascita improvvisamente parlò, annunciando al padre che il corteo con il corpo del Santo stava sopraggiungendo. Sul colle di Canevino possiamo vedere la statua del monaco irlandese, che indica il cammino ai fedeli. Nel 1164 il paese passò con molta probabilità sotto il dominio pavese e vi regnarono i Sannazzaro, signori di valle Scuropasso e le suddivisioni dinastiche della famiglia. Il feudo di Canevino subì nei secoli varie altre dominazioni, dai Beccaria, ai Visconti Scaramuzza, ai D’Adda e infine ai Barbiano Belgioioso. Nel 1936 il comune fu soppresso, e aggregato a Ruino, che prese il nome di Pometo; nel 1947 fu ricostituito. Qui a Canevino visitiamo la bellissima Chiesa Parrocchiale di Nostra Signora Assunta (sec. XV) che, secondo gli studi storici e da quanto indica l’epigrafe di una lapide funeraria scolpita in pietra e ritrovata all’esterno, ha origine romana; è di sicuro una delle chiese cristiane più antiche della zona. La dedicazione della chiesa all’Assunta risale al 1692; essa si raggiunge dopo una bella e salutare scalinata (di recente costruzione) di 133 gradini, che riprende il tragitto compiuto dalle spoglie di San Colombano … pronti a salire?
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VOLPARA
Penultima tappa dello Speciale Oltrepò: Volpara. Il paesino, con i suoi 129 volparesi, appare suggestivo e pittoresco, posto in alta collina. Visitate le bellezze storico-artistiche di Volpara, partendo dal suo Castello, datato XI secolo. L’edificio sorge all’interno del tipico insediamento medievale collinare, cioè sopraelevato e dominante sulla vallata. La struttura del castello è particolarmente complessa, composta da più corpi di fabbrica, con un muro di sostegno che serviva da bastione lungo il lato ovest. A nord sono ancora riconoscibili parti della cinta muraria. Dalle testimonianze archeologiche il castello ha subito nel tempo diverse trasformazioni. Oggi il maniero è privato, quindi apprezzabile solo dall’esterno. Degna di nota è anche la chiesa parrocchiale dei Santi Cosma e Damiano, consacrata nel 1659, come attestato nella prima pagina del “Liber Defunctorum 1623 - 1753” conservato presso la canonica. L’edificio è a navata unica e presenta un bel presbiterio affrescato negli anni della dittatura fascista, con scene della vita di Gesù. Non tutti sanno che tra i personaggi biblici raffigurati vi è anche un “intruso contemporaneo”. Guardate bene: sul lato sud è dipinta la guarigione del cieco di Gerico. Nel personaggio togato alle spalle del cieco si riconosce la fisionomia di Roberto Farinacci, ras di Cremona e segretario del Partito Nazionale Fascista dal 1925 al 1926. L’omaggio è spiegato con il fatto che l’allora parroco di Volpara, don Bartolomeo Diana, era stato padrino del Farinacci e conosceva bene la sua famiglia.
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Comune di Volpara, Murales sul lato ovest
Comune di Volpara, Murale
Speciale Oltrepo’
Passate anche al Tempio di Moscato (ex Oratorio), del XVII secolo, anch’esso ad aula unica. Oggi l’edificio è stato recuperato ed è adibito ad attività di promozione turistica di Volpara. Ma la maggior attrattiva del paese sono di certo gli ormai celebri Murales dipinti sulle facciate del Municipio. Proprio l’Amministrazione Comunale di Volpara nei primi anni 2000 il commissionò al pittore milanese Tindaro Calia l’esecuzione di questi murales. L’idea era di far rivivere le tradizioni e il passato del territorio attraverso la riproduzione di due fotografie d’epoca (anni ‘10 e ‘20) sotto forma di contemporanei murales. Così, per esemplificare lo stile di vita degli abitanti di vita del paese, sono stati scelti i soggetti di un gruppo di bambini del paese che giocano sull’aia insieme agli animali da cortile (lato nord) e alcuni contadini con gli abiti “della domenica” seduti attorno ad un tavolo dell’osteria mentre si riposano e bevono vino (lato ovest).
Tempio di Moscato
es sul lato nord
Speciale Oltrepo’
MONTECALVO VERSIGGIA
Ultima tappa, ma non per questo meno interessante, del nostro itinerario è Montecalvo Versiggia, situato nell’area del torrente Versa in cui confluisce il piccolo torrente Versiggia, da cui parte del nome del paese. Il comune si sviluppa attorno ad un piccolo centro, circondato da diverse località, che appaiono sparse sul territorio e piuttosto distanziate fra di loro (anche Montecalvo è un “comune sparso” e la sede comunale è in loc. Crocetta). Molte sono qui le attrattive, come il Castello (in franz. Castello). Questo maniero e il suo borgo fu uno dei centri abitati più importanti dell’area, tanto che nel Seicento il castello stesso veniva chiamato “Montecalvo”. Questo fu teatro di lotte e saccheggi all’inizio del Duecento, causa delle guerre tra Federico II, alleato di Pavia, contro milanesi e piacentini. Il castello fu poi lasciato all’abbandono sino al 1287, quando fu acquisito probabilmente da Umberto Beccaria e restò alla famiglia fino al Seicento inoltrato. Passato ai Pietragrassa, nobili pavesi che lo tennero come dimora di campagna, nell’Ottocento fu acquistato dai Pisani Dossi; nel 1823 la moglie di Carlo Pisani, Luigia, lo restaurò … ma alla nobile signora è legata anche una credenza curiosa … Questa “leggenda”, che ha come sfondo il castello, fu riportata da Alberto Carlo Pisani Dossi, nipote di Luigia e Carlo Pisani, letterato di fama e diplomatico, nato a Zenevredo nel 1849. “I miei vecchi avevano non solo la debolezza di bere molte bottiglie di vino, ma di riporne rilevanti quantità in nascondigli. A Montecalvo dura tuttora la tradizione che Donna Luigia, moglie del nonno, abbia fatto murare ne’ sotterranei del castello 10.000 bottiglie di moscato bianco.” Qualche anno prima lo stesso episodio era però stato raccontato in un’altra versione: diverso il vino in questione e, soprattutto, molto inferiore il numero delle bottiglie nascoste. “Mi racconta il prevosto di Soriasco che Donna Luigia, quando dovette abbandonare il castello al marito, fece nascondervi e murare in un sotterraneo 2.000 bottiglie di Malvasia eccellente.” Saranno mai state trovate?
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Montecalvo Versiggia, Pieve della Madonna dell’Uva
Speciale Oltrepo’
Provate a chiedere agli attuali proprietari, gli Eredi Fiore e Sacchi, che hanno acquistato il castello recentemente, quando era ormai in stato di abbandono (negli anni ‘43 – ‘45 era stato anche rifugio partigiano!) Ai piedi del castello, sorge la chiesa parrocchiale di S. Alessandro, i cui lavori di costruzione iniziarono nel 1559 per terminare probabilmente nel secondo decennio del Settecento. All’interno si possono osservare gli affreschi della cupola raffiguranti l’Assunta e il martirio di San Tarcisio, realizzati dall’artista contemporaneo torinese Carlo Morgari. L’altare maggiore settecentesco è sovrastato da un grande olio su tela, raffigurante Sant’Alessandro Martire, risalente anch’esso al XVIII secolo. In località Casella si trova la chiesa parrocchiale novecentesca di San Giuseppe, costruita per volontà degli abitanti tra il 1929 – 1931, poiché la parrocchiale di Montecalvo, unica all’epoca dove si celebrava la Messa, era troppo lontana (e gli unici mezzi per raggiungerla, cavalli e carretti a parte, erano le proprie gambe!). La chiesa divenne parrocchia nel 1959. Immersa nella natura, non dimenticate di visitare l’antica Pieve della Madonna dell’uva risalente al XII secolo e posta su un piccolo colle, sulla strada che unisce Crocetta a Colombato. Una cosa è certa: non potete lasciare Montecalvo senza aver visitato il luogo più unico e curioso di tutti … il Museo del Cavatappi! Sì, avete capito bene! E’ un museo davvero unico nel suo genere, primo in Italia realizzato e gestito da un ente pubblico, è stato voluto come omaggio alla vocazione vinicola della zona, nota soprattutto per la produzione di Pinot Nero. Ma attenzione: “cavare tappi” non significa semplicemente “sbottigliare”, non è soltanto il gesto necessario per “aprire una bottiglia”. Basta avere un po’ di dimestichezza con il vino, basta saper apprezzare i piaceri della tavola e della vita, per capire che parliamo di qualcosa molto simile ad un rito, un’azione esatta e meticolosa, un’arte. Si “cavano i tappi” per liberare la gioia di vivere.
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Museo del Cavatappi di Mon
ntecalvo Versiggia
Chie
esa Parrocchiale Sant’Alessandro
Speciale Oltrepo’ Il museo, nato nel 2006, è ospitato nei locali adiacenti la chiesa parrocchiale. Visitando il museo scoprirete una magnifica collezione di esemplari, messi in mostra attraverso un allestimento moderno e d’impatto, prodotti in Italia e all’estero in diverse epoche, fra i quali ne noterete alcuni particolarmente eleganti, originali e curiosi (Tel. 0385 951008 o 0385 99712). Lungo la strada che percorrerete per arrivare a Montecalvo e nell’area circostante la chiesa, esistono alcuni punti panoramici dotati di una segnaletica tanto utile quanto originale: grazie alla presenza di fotografie del paesaggio, sulle quali sono indicati i nomi dei luoghi che da determinati punti di osservazione si scorgono in lontananza, sappiamo esattamente cosa vediamo! Ricordiamo, infine, che Montecalvo, assieme a Golferenzo e a Volpara, forma l’Unione dei Comuni Alta Valle Versa.
Il nostro primo viaggio attraverso le colline dell’Oltrepò Pavese qui si conclude … vi aspettiamo nel prossimo numero per un nuovo itinerario dello Speciale Oltrepò! … Stay tuned!
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Picasso e le donne Di Valeria Portinari
L
e donne sono state una delle grandi passioni di Picasso e sono tra le protagoniste della mostra dedicata al celebre artista spagnolo, a Palazzo Vistarino.
Le Donne del Vino: Contessa Ottavia Giorgi di Vistarino e Laura Boatti
Reportage eventi
I
n occasione della Festa della Donna, l’8 marzo, Picasso e le sue passioni ha festeggiato con una “Camminata e dialogo attraverso la mostra in un percorso di Arte, Vino e Cibo”, evento coordinato da Laura Boatti. La serata è stata animata dalle bollicine Saignée Della Rocca della Cantina Conti di Vistarino, rappresentata dalle Contesse Ottavia Giorgi di Vistarino e Lavinia Paveri Fontana, presenti personalmente.
Grandi imprenditrici e donne meravigliose, due personalità forti e ricche di fascino, oltre che persone deliziose e molto disponibili. Ad accompagnare i loro ottimi vini, il superlativo buffet di Daniela Petrucci con “La cucina di Daniela”. Un ricchissimo aperitivo dai sapori autentici e genuini. A concludere l’evento, la splendida voce di Sherrita Duran, accompagnata dalle meravigliose note di chitarra, ha scaldato i cuori dei presenti.
Sherrita Duran e Antonio Puccio
Contesse Ottavia Giorg
gi di Vistarino e Lavinia Paveri Fontana
Tatiana Palm ed Elisabbetta Fede-
Il Buffet de “La Cucina di Daniela�
Contesse Ottavia Giorgi di Vistarino e Lavinia Paveri Fontana ed Elisabetta Fedegari
Filippo Quaglini, Contessa Ottavia Giorgi di Vistarino, Alessandro Pantoli e Laura Boatti
Filippo Quaglini, Contessa Lavinia Paveri Fontana ed Elisabetta Fedegari
Filippo Quaglini e Contessa Ottavia Giorgi di Vistarino
INK racconta Picasso Testo e foto di Valeria Portinari
P
icasso e le sue Passioni torna protagonista con l’ultimo di una serie di eventi che hanno animato le serate pavesi negli ultimi mesi.
Venerdì 11 marzo, a Palazzo Bellisomi Vistarino è stato protagonista Valerio Tagliacarne con i suoi Pezzi Unici dedicati al pittore spagnolo.
Insieme ai suoi gioielli firmati INK, una selezione dei lavori più belli dei ragazzi della 4^C dell’Istituto Comprensivo via Croce Rossa di San Donato Milanese, che hanno reso omaggio a Picasso durante un corso nel 2009, reinterpretando alcune delle sue opere più famose. L’iniziativa legata alla scuola ed al coinvolgimento dei ragazzi è stata proposta dall’avvocatessa Sabrina Orsini, mentre FQ Communication di Filippo Quaglini ha avuto il merito di creare le basi per la collaborazione di INK con Palazzo Vistarino e gli organizzatori della mostra Picasso e le sue passioni, Elisabetta Fedegari ed Alessandro Pantoli.
INK pezzi unici e il suo fondatore Valerio Tagliacarne
Reportage eventi
P
roprio Alessandro Pantoli ha introdotto l’evento, ripercorrendo la storia dell’esposizione e del palazzo che la ospita, per poi dare la parola a Valerio Tagliacarne, fondatore di INK Pezzi Unici e a Sabrina Orsini, che ha spiegato la genesi del progetto e della collaborazione con INK e Palazzo Vistarino. Dopo la presentazione, all’interno della sala conferenze di Palazzo Vistarino, i presenti hanno potuto ammirare i gioielli realizzati da Valerio Tagliacarne: spille e ciondoli con riproduzioni dei alcuni dei più celebri quadri di Picasso.
Disposti sui tavoli all’interno della sala anche i disegni dei ragazzi che hanno incuriosito insegnanti e studenti che hanno partecipato al progetto di qualche anno fa e si sono ritrovati insieme all’evento.Tre dei disegni sono stati scelti per essere rappresentati sui Pezzi Unici di INKids, la linea di INK pensata per l’arte dei più piccoli, poichè ogni disegno è un pezzo unico da conservare.
Sabrina Orsini, Alessandro Pantoli e Valerio Tagliacarne
Prof.ssa Ethel Moreno, Prof. Carlo Massara, Sabrina Orsini, Alessandro Pantoli e Valerio Tagliacrne
Prof.ssa Ethel Moreno, Prof. Carlo Massara, Sabrina Orsini, Alessandro Pantoli e Valerio Tagliacrne
Sabrina Orsini, Alessandro Pantoli e Valerio Tagliacarne
Reportage eventi
G
li ospiti si sono poi dedicati alla visita guidata nelle sale del palazzo, alla scoperta dei disegni, bozzetti, oli e ceramiche che rappresentano le Passioni di Picasso per poi brindare tutti insieme con le ottime bollicine del 1870 di Giorgi. L’iniziativa, legata alla mostra Picasso e le sue passioni, ha avuto un grande successo, ed è andata a chiudere una bellissima ed interessante esposizione che ha portato una ventata di arte e cultura nel pavese.
Picasso e le sue passioni ha chiuso le sue porte il 28 marzo, giorno di Pasquetta, con un’altra grande affluenza di pubblico e con un’ospite d’eccezione, Stefano Bressani.
Filippo Quaglini, Valerio Taglia
acarne e Stefano Bressani
Filippo Quaglini e le “Bollicinie� del 1870 di Giorgi
Valerio Tagliacarne e Samanta, Filippo Quaglini ed Elisabetta Fedegari
Prof.ssa Ethel Moreno e Sabrina Orsini
Ezio Gandolfi e Sabrina Orsini
Sabrina Orsini, Valerio Tagliacarne Elisabetta Fedegari Filippo Quaglini
Filippo Quaglini e Valerio Tagliacarne
Grande successo per la XXIII Primavera dei vini di Rovescala Di Valeria Portinari
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el mese di marzo, e in particolare nelle domeniche 6, 13 e 20, Rovescala è stato un paese in festa. In queste giornate era di scena la Primavera dei Vini, detta anche Festa del Bonarda, un evento legato al territorio, al vino ed ai prodotti tipici, organizzata da Gustavo Delmonico, presidente della Biblioteca, assessore al turismo e uomo simbolo della promozione del territorio, in collaborazione con Alessandro Dellafiore, Presidente della Proloco di Rovescala. La manifestazione ha radunato moltissimi produttori che hanno portato al banco d’assaggio oltre 100 etichette per la degustazione. Non solo Bonarda, anche se è il vino più coltivato della zona, ma anche ottimi Pinot Nero, Cabernet e tante altre varietà che hanno stuzzicato i palati dei visitatori. Tanti anche gli stand dei prodotti tipici del nos\tro Oltrepò come i funghi della Val di Nizza, salami, formaggi, dolciumi e distillati; oltre che molti stand di artigianato e manualità. Il meteo è stato tutto sommato favorevole, con una partenza un po’ incerta, per poi riprendersi e sfoggiare giornate soleggiate nella seconda e terza domenica.
Alessandro Dellafiore, Presidente della Proloco di Rovescala, con Gustavo Delmonico, Presidente della Biblioteca
Reportage eventi
Filippo Quag
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rande successo per i pranzi organizzati nella tensostruttura della Proloco, con polenta e altre specialità del territorio e della stagione che hanno soddisfatto i palati dei presenti.
Non è mancato l’intrattenimento: dalle esibizioni acrobatiche su due ruote ai giochi in legno, alla corsa con le trottole, che hanno divertito grandi e piccoli. Presenti diversi sommelier, che hanno messo la loro professionalità a disposizione dei visitatori, illustrando le qualità organolettiche dei vini e guidandoli nella degustazione. Tra loro, Carlo Aguzzi, esperto conoscitore del mondo enogastronomico, che ha illustrato ai presenti le caratteristiche di alcuni pregiati vini, apprezzando in particolare le proposte dei Fratelli Agnes, Buscaglia, Martilde, Franco Rossi e Castello di Luzzano. Sono stati davvero tantissimi gli appassionati di vino e non solo che si sono ritrovati a Rovescala in queste domeniche di marzo e che tra un assaggio e l’altro hanno fatto in sì che la Festa del Bonarda fosse un altro grande successo per la Proloco e gli organizzatori, Gustavo Delmonico e Alessandro Dellafiore, permettendo alla città di essere eletta a vera “capitale del Bonarda”.
Micol Miccoli Piazza - Staff Proloco
Andrea
glini, il Sommelier Carlo Aguzzi e Gustavo Delmonico
Buscaglia - Buscaglia Vini
Gustavo Delmonico e Filippo Quaglini
I Vini dell’Oltrepo’ in scena al ProWien Di Emanuele Bottiroli
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uccesso al ProWein di Dusseldorf per vini e spumanti dell’Oltrepò Pavese, ma anche grandi apprezzamenti per un territorio accogliente, culla di produzioni di alta gamma e patria del Pinot nero italiano. «E’ stata una vetrina internazionale importante, che conferma quanto sia strategico far conoscere il nostro territorio, la sua storia e le sue peculiarità in un mondo che ha voglia di novità per soddisfare nuove culture di consumo», spiega Gianni Maccagni del team del Consorzio, reduce dalla trasferta in Germania. Riscontri sono arrivati anche dal servizio su “Vinum” e dalle due degustazioni tecniche organizzate in collaborazione con il magazine internazionale, dedicate agli esperti del settore e ai buyer: la prima dedicata al Pinot nero in rosso, la seconda incentrata sul Metodo Classico. Ora il Consorzio, in procinto di attivare la sua Oltrepò Export Academy, scuola di alta formazione, si concentra anche sull’Italia.
Il direttore, Emanuele Bottiroli, spiega: «Lo spazio consortile al 50° Vinitaly di Verona, dal 10 al 13 aprile, crescerà ancora in termini di business e mediaticità. Attiveremo due banchi d’assaggio per Pinot nero in rosso e Metodo Classico, servito nell’elegante calice personalizzato Spiegelau. l Consorzio darà alle aziende la possibilità di partecipare gratuitamente al banco d’assaggio dello stand consortile e di utilizzare gratuitamente, su prenotazione, il salottino business per incontri d’affari». Il Consorzio, che si è impegnato in concreto per il riavvio dell’attività della Strada del Vino e dei Sapori dell’Oltrepò Pavese, presieduta da Roberto Lechiancole e diretta da Patrizio Chiesa, ha anche scelto di aprire una finestra sul territorio, le sue bellezze, i suoi sapori e la sua accoglienza. «Accanto allo stand del Consorzio - spiega Bottiroli - realizzeremo uno spazio interamente dedicato e gestito dalla Strada che ospiterà “happy hour” e presentazioni dedicati ai sapori tipici, ai prodotti e agli chef locali. Tutto questo anche per dare slancio al progetto “Guidando con Gusto”, la nuova guida turistica che la Strada sta realizzando (in Italiano e Inglese, oltre che in versione elettronica) per veicolare la “dimensione accoglienza” dell’Oltrepò Pavese in modo organico e strategico».
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Stand dei Vini dell’Oltrepo’ al ProWien 99
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on finisce qui. L’Università IULM di Milano sarà ancora una volta partner del Consorzio a Vinitaly, dopo la sua prima esperienza assoluta con noi lo scorso anno. Su un lato dello stand consortile sarà ricavato uno spazio per il laboratorio di neuromarketing dell’ateneo che darà al pubblico un quadro chiaro di come la degustazione o semplicemente l’abbigliaggio di una bottiglia Oltrepò Pavese siano in grado di emozionare. Nel corso della manifestazione saranno restituiti, durante una serie di conferenze, i risultati dello studio, completato nel corso del 2015, su come i nostri vini e spumanti arrivano ai vari target e con quali modalità. Si ragionerà inoltre in merito ai nuovi trend di mercato, nazionale e internazionale. Spazio anche a un nuovo marketing: «I ricercatori dello Iulm del master in Food&Wine Communication - annuncia Bottiroli - daranno vita in sinergia con il Consorzio alle prime fasi di un piano per riposizionare le nostre migliori produzioni vitivinicole agli occhi dei “millennials”, ovvero dei giovani che ultimamente approcciano con maggior attenzione e disponibilità di spesa alla birra artigianale che non al vino, mondo che non conoscono a sufficienza e che non si è posto sin qui il problema di arrivare meglio ai consumatori del futuro»
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Stand dei Vini dell’Oltrepo’ al ProWien
A sin. Emanuele Bottiroli, direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepo’ Pavese 101
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A Pavia, un angolo di Baviera Testo e foto di Valeria Portinari
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er tutti gli amanti della birra, a Pavia, la tappa fondamentale per godersi un’ottima bionda tedesca è sicuramente il Bierhaus.
Il locale si trova in via San Giovannino ed è una birreria tipica Bavarese, con grandi sale con le caratteristiche rifiniture in legno. Ogni dettaglio richiama lo stile tedesco, a partire dai tendaggi bianco-azzurri, alle ghirlande, alle bandiere, passando per i centrotavola e i pannelli colorati appesi ai muri.
Nella sala centrale, un camino classico contribuisce a creare un’atmosfera accogliente e familiare, soprattutto nelle serate invernali. Per quelle estive, invece, il dehor è il luogo ideale dove rilassarsi con gli amici davanti a una birra, godendosi la frescura della sera.
Soste Gourmet
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l Bierhaus la cucina è ricca di piatti caratteristici della zona bavarese/ tirolese e tra le portate proposte troviamo lo stinco di maiale, gnocchetti tirolesi e canederli oltre che deliziosi salumi tipici dell’Alto Adige e altre specialità.
Ai piatti è possibile abbinare oltre 30 tipi di birre, per soddisfare tutti gusti e palati, ed è inoltre disponibile una selezione di dolci davvero unici come il Birramisù, i Bretzel dolci e lo strudel di mele. Il personale è cordiale, allegro e sempre attento alle esigenze dei clienti. Il locale organizza spesso serate a tema con piatti tipici in abbinamento a birre speciali. La novità di questa primavera è il Giro Wurstel, assolutamente da non perdere!
BierHaus Via San Giovannino, 9 27100 Pavia Tel. 0382 468654 | 0382 468654 online@bierhaus-pv.it www.bierhaus-pv.it
Ghelfi: da oltre 30 anni sinonimo di eleganza e di stile. Testo e foto di Valeria Portinari
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Speciale Week End PVMagazine: Bobbio Testo di Silvia Brigada Foto di Sara Giammona
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on sapete come trascorrere il prossimo weekend di primavera baciato dal primo, tiepido sole?
Ecco la meta ideale! Preparate la valigia, portate un sorriso, tanta curiosità e ‌ pronti a partire per Bobbio, tra profumi di arte, storia, cultura, svago e natura! Ne abbiamo davvero per tutti i gusti!
Bobbio vista dal Ponte Vecchio
Speciale Week End - Bobbio
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obbio, borgo appoggiato alle belle e verdi colline piacentine, sdraiato nella conca sotto il monte Penice, (1460 m) è facilmente raggiungibile dalle maggiori città del Nord Italia. Lo stesso toponimo, Bobbio, deriva dal celtico “Saltus Boielis” (probabilmente l’antico nome del Monte Penice), trasformato successivamente dai colonizzatori romani in “Bovium”, poi “Bobium”. La cittadina vive dello spirito del fiume, il Trebbia, che con le sue acque fredde e cristalline attraversa le sue terre e culla la vista dei visitatori. Il territorio è attraversato anche dal Torrente Bobbio, che prende il nome dalla cittadina.
Il Ponte Vecchio, detto anche “Ponte Gobbo” o “de Il bellissimo panorama di Bobbio
el Diavolo�
SPeciale Week End - Bobbio
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obbio è un borgo storico, ricco di insediamenti fin dall’epoca neolitica, che oggi ha ricevuto due importanti riconoscimenti: la Bandiera Arancione, marchio di qualità turistico ambientale per l’entroterra e I Borghi più Belli d’Italia.
La sua storia è strettamente legata a quella dell’Abbazia di San Colombano, fondata dal monaco cenobita, omonimo, Colombano che vi giunse nel 614. Colombano (nato a Leinster nel 542), irlandese, aveva lasciato la sua terra nel 590 per intraprendere un lungo pellegrinaggio in Gallia, dove aveva già costituito altre comunità monastiche (come Annegray, Luxeuil e Fontane), allo scopo di convertire al cristianesimo le popolazioni di quei luoghi. Colombano arrivò in Italia quando ricevette il territorio bobbiese in dono dal re longobardo Agilulfo. Donazione di grande valenza politica, in quanto Bobbio controllava una rotta importantissima per il commercio di quel periodo (nonché centrale via di comunicazione), la cosiddetta “Via del sale”, la grande carovaniera che da Piacenza, percorrendo la Val Trebbia, raggiungeva Genova. Proprio per la forte presenza di una cultura religiosa, a Bobbio sorgono numerose chiese e musei che ricordano la storia religiosa della città.
Bobbio tra i colli e il Fiume Trebbia
L’Abbazia di San Colombano tra i colli
Speciale Week End - Bobbio
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llora, siete pronti? Passeggiate tra le strette viette bianche che si snodano tra le alte case del borgo. Al piano terra si susseguono graziosi negozietti e bar che propongono aperitivi e cene a suon di salumi piacentini e un buon bicchiere di rosso. Preparatevi a sapori unici: maccheroni alla bobbiese, gli immancabili pisarei e fasò, le lumache alla bobbiese con la polenta, frittelle di farina di castagne … il tutto accompagnato da un buon Trebbianino o un Gutturnio! (Pensate che qui la produzione di vino iniziò in epoca romana, soprattutto nel periodo longobardo, dopo l’arrivo di San Colombano, quando proprio i suoi monaci introdussero alcuni vitigni provenienti dalla Gallia) … avete già fame?
Prima di pranzo arrampicatevi sino alla Basilica di San Colombano, visibile dalla bella piazza antistante, con la sua facciata in stile romanico – gotico, scandita alla base da un nartece detto “del paradiso”. Storicamente Bobbio ospitò numerosi e importanti monaci, tanto che, grazie alla loro influenza, il monastero diventò in breve monastero imperiale, attorno al quale ruoterà l’intera vita politica e sociale di Bobbio. Al suo arrivo a Bobbio San Colombano iniziò la costruzione della cella monastica; dopo la sua morte i confratelli proseguirono la bonifica dei terreni e, a valle, edificarono il monastero che divenne centro culturale e religioso di grande importanza per tutto il Medioevo, appoggiato dai Longobardi e dai Franchi. Il monastero è ricordato anche, e soprattutto, per la sua ricchissima biblioteca e lo scriptorium, dove monaci amanuensi e copisti di tutta Europa copiavano opere di scrittori latini antichi, creando una loro scrittura inconfondibile e splendidi codici miniati d’ispirazione irlandese. Oggi i codici superstiti risalenti al IX e X secolo, sono conservati alla Biblioteca Ambrosiana, alla Vaticana, alla Nazionale di Torino, a Parigi, a Madrid, a Berlino ed in altre importanti biblioteche del mondo.
Basilica di San Colombano
Basilica di San C
Colombano - Interno
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alite i gradini ed entrate nella cattedrale … rimarrete affascinati dalla bellezza e dalla semplicità di questa bellissima chiesa costruita tra il 1456 ed il 1522, dagli interni gotico – rinascimentali.
I meravigliosi affreschi di Bernardino Lanzani dominano le navate interne, in fondo all’abside ammirate lo strepitoso Coro ligneo in stile gotico della fine del 1400. Scendete nella cripta e andate a far visita a San Colombano, le cui spoglie si trovano ancora proprio qui a Bobbio. A fianco della chiesa si possono visitare il chiostro e il giardino. All’interno dell’Abbazia si trova anche un interessantissimo museo, i recente ristrutturazione. Il museo detto “di San Colombano” raccoglie e custodisce numerose opere ed oggetti d’arte appartenenti all’epoca romana, medievale e rinascimentale, tra cui l’anfora di alabastro detta “Idra di Cana” (III sec. d. C.), lapidi ed epigrafi romane, plutei e transenne longobardi e le ampolle votive di Bobbio. Il Museo dell’Abbazia è unito al Museo della Città da un porticato dell’ala sud del chiostro lasciata totalmente originale. Il Museo Civico, situato in locali originali del nono secolo, sempre all’interno dell’abbazia, si propone come museo didattico multimediale nel quale sono affrontate e descritte tematiche legate alla vita ed all’operato di San Colombano, la situazione geopolitica dell’Italia e l’attività del famoso Scriptorium.
Museo della città
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scendo, fate ancora quattro passi e raggiungete la Cattedrale di Santa Maria Assunta, circondata dai suggestivi portici medievali e palazzi nobiliari, che si affaccia sulla Piazza Maggiore. L’edificio è tipicamente in stile romanico, edificato nell’undicesimo secolo; l’architettura segue le regole dettate dalla riforma cluniacense, con due torri all’ingresso, il presbiterio sopraelevato rispetto alle navate e la cripta sottostante. Nella cappella di San Giovanni, potrete ammirare un bellissimo affresco, raffigurante l’Annunciazione. A fianco della cattedrale si trova il Palazzo Vescovile (XI sec). Visitate anche il Monastero di San Francesco (situato fuori le mura), in puro stile francescano rustico del tredicesimo secolo. La parte conventuale è stata mantenuta totalmente originale, mentre la chiesa ristrutturata nel settecento ha uno stile più barocco. Suggestivo il chiostro del quindicesimo secolo dall’aspetto semplice e rustico.
Poco distante sorge il Castello Malaspina (non può esistere un borgo senza castello, vi pare?). Il maniero è riconducibile al quattordicesimo secolo ed è stato costruito per volere di Corradino Malaspina per il controllo del Caminus Genue; si trova sulla collina dominante la città di Bobbio (probabilmente dove Colombano aveva costruito la sua originaria cella monastica), quasi a volerla proteggere, sorvegliare e custodire. La struttura del castello consta di un mastio centrale e due torri minori di servizio; restano ancora intatte le mura difensive. Da qui la vista panoramica delle colline e dello splendido Borgo è strepitosa.
Monastero di San Francesco Veduta Posteriore
Monastero di San Frances Veduta anteriore
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Duomo - Cattedrale di Santa Maria Assunta
Castello Malaspina
Santuario della Madon
nna dell’Aiuto
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e non siete particolarmente stanchi, passate anche dalla Chiesa di San Lorenzo, risalente al dodicesimo secolo ed ampliata nel ventesimo, mostra ancora la distinzione tra la parte antica e quella “nuova”. E per finire, ammirate il Santuario della Madonna dell’Aiuto, conosciuta come “Madonnina dell’aiuto”, in stile romanico, risalente al Quattrocento.
Completata nel 1641, contiene un importante affresco raffigurante una Madonna legata ad un avvenimento miracoloso: si narra, nel 1611 stillò sudore dalla fronte.
Chiesa di San Lorenzo
Speciale Week End - Bobbio
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, per finire in bellezza, scendendo verso il fiume, scorgerete l’attrazione principe del panorama di Bobbio, presente in tutte le riproduzioni del borgo: il Ponte Vecchio.
Questo ponte, detto Ponte Gobbo o del Diavolo, è probabilmente di età romanica; fu più volte distrutto dagli eventi bellici e sempre ricostruito. Nel 1590 venne raggiunta la sponda sinistra del fiume e dal XVII sec presenta delle decorazioni barocche dette comunemente “crocini”, che sulla punta recano una croce di ferro (sull’ultimo crocino vi sono, quasi a protezione del ponte, i bassorilievi di San Colombano e della Madonna dell’aiuto). Lungo circa 280 metri, è caratterizzato da una gobba (da cui “gobbo”) la cui origine è riconducibile ad una bizzarra leggenda.
Secondo il mito, infatti, il ponte sarebbe stato costruito dal Diavolo in una sola notte su commissione di San Colombano in cambio dell’anima della prima persona che lo avrebbe attraversato. Il ponte fu così costruito, ma San Colombano non poteva certo permettere che il Diavolo portasse via l’anima ad un innocente, così fece attraversare il ponte da uno sventurato cagnolino. Il Diavolo, infuriato per il patto non rispettato, diede un calcio al ponte creando, così, quella gobba che tanto lo caratterizza. Magia e fede si intersecano in questo meraviglioso borgo d’altri tempi, dove fermarsi, staccare dalla vita caotica di tutti i giorni e trovare un momento per apprezzare le bellezze della nostra Terra.
Il Ponte Vecchio
“Ponte Gobbo” o del “Diavolo”
Speciale Week End - Bobbio
DOVE MANGIARE: Trattoria Gold, ambiente giovane, caldo ed informale. Qui potrete degustare un ottimo menù a base di prodotti tipici!
Via Garibaldi 20 29022 Bobbio (PC) Telefono: 334 8497280 Chiuso la Domenica (periodo invernale)
DOVE DORMIRE: Il B&B Lo Sguardo sul Ponte, è una finestra su un panorama strepitoso, una calda e colorata coperta nella quale avvolgersi, una comoda poltrona nella quale sprofondare! Località Poggiolo 1 29022 Bobbio (PC) Telefono: 0523 933371 - 348 7752209 E-mail: losguardosulponte @ katamail.com Sito Web: silviapecora.wix.com/losguardosulponte Pagina Facebook: Lo Sguardo sul Ponte
DOVE DEGUSTARE E ACQUISTARE: La Salumeria Porta Nova è considerata un punto di riferimento per l’ottima proposta di salumi artigianali di rigorosa produzione propria, di formaggi, di miele, funghi locali e tanto altro. La Signora Maura vi aspetta! Contrada di Porta Nova, 23, 29022 Bobbio Telefono:0523 932550
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Fiume Trebbia
Ricette antiche dell’Oltrepo’ A cura di Claudia Peccenini
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envenute care lettrici,
in questa rubrica vi voglio raccontare i segreti, per altro molto semplici, della vecchia cucina nelle nostre belle vallate, all’epoca in cui le nostre bis nonne si “indaffaravano” ai fornelli per sopperire ai bisogni della numerosa prole e dei mariti che rientravano stanchi dalle campagne. È stata la mia mamma a trasmettermi questa passione, proponendomi sempre piatti diversi, genuini e naturali, ogni volta arricchiti da piccoli aneddoti e vicende risalenti agli anni in cui era bambina, ai tempi in cui la vita era difficile, la guerra era in corso e le donne dovevano adattarsi e cucinare pietanze povere con quel poco che offriva loro la terra e il pollaio..... Vi proporrò pertanto ricette tradizionali e originali dell’epoca, di facile esecuzione e con ingredienti semplici, illustrandovi i passaggi della lavorazione.
Claudia Peccenini
La “TORTA DI NOCI DELLA SIGNORA VRELIA” raccontata da mia mamma Maria Teresa allora bambina.
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ECCHI RICORDI.
Correva l’anno 1945, ero piccola quando mia mamma Rosa mi mandò dalla “sciura Vrelia” a chiedere la ricetta di questa torta perchè buona come la sua nessuno riusciva a sfornarla. Ricordo, che a questa mia richiesta, sorrise orgogliosa, prese una vecchia matita, si chinò curva sul tavolo e scrisse gli ingredienti. Sono trascorsi tanti anni ma,ogni volta che impasto questo dolce il mio pensiero affettuoso e nostalgico va a quella buona e distinta vecchina.....GRAZIE AURELIA!!!!
Rubrica ricette - Torta di noci della Signora Vrelia
Ingredienti • 200 Grammi di farina di tipo 00 antigrumi • 200 Grammi di zucchero • 200 Grammi di burro • 2 Tuorli di uova fresche • 200 Grammi di frutta secca mista: 140 grammi di noci e 60 grammi di noci mandorle e nocciole, più • 20 Grammi per la decorazione
Preparazione
• 1
Versate in una terrina lo zucchero e incorporatevi il burro a temperatura ambiente, impastando il breve tempo necessario, a mano o con un cucchiaio
• 2
Unite i due tuorli e amalgamate
• 3
Aggiungete la farina antigrumi o, in alternativa setacciata, e impastate
• 4
Il composto dovrà risultare morbido e compatto
• 5
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Tritate, con la mezzaluna o con il tritatutto, a pezzetti non troppo sminuzzati, il mix di frutta secca, meglio separatamente. Tenete da parte qualche frutto intero per la decorazione
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• 6
Incorporate all’impasto e impastate il tutto brevemente
• 7
Foderate una teglia bassa con la carta forno precedentemente bagnata con acqua e ben strizzata. Questo servirà a far si che la torta non si attacchi durante la cottura, e stendete l’impasto in modo regolare avendo l’accortezza di non schiacciarlo troppo con le dita.
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Rubrica ricette - “Torta di noci della Signora Vrelia” 8
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• 8
Decorate a piacere la superficie con mezzi gherigli e mandorline
• 9
Preriscaldate il forno a 180 gradi e Infornate per 35 minuti. A questo punto con uno stuzzichino verificate la cottura. Se risulterà asciutto dopo essere stato introdotto nel dolce, la vostra torta sarà pronta!!
• 10
Una volta raffreddata la torta potrà facilmente essere estratta dalla tortiera e Voilà !!! Ecco pronto un dolce rustico, goloso e sostanzioso, da gustare con un buon caffè o un passito.
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In cucina con Gaia A cura di Gaia Servidio
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i chiamo Gaia,
sono nata in Oltrepò Pavese, terra che sin da piccola mi ha cullata tra i suoi vigneti e le sue dolci colline, adoro cucinare, ma ancora di più utilizzare i prodotti del territorio. Mi ha sempre affascinato il profondo legame tra territorio, tradizione e identità. Vi propongo la ricetta di un riso facile e primaverile da gustare abbinato ad un calice di Riesling dell’Oltrepò. Buon appetito!
Gaia Servidio
Riso alla curcuma con asparagi e fragole
Ingredienti • Asparagi freschi 300 gr. • Fragole 10-12 • Cipollotto 2 o 3 • Riso arborio 250 gr • Brodo Vegetale 1,5 lt • Burro • Sale e pepe • Curcuma
Preparazione • 1 Fare un soffritto con cipollotti asparagi e fragole, tostare il riso e sfumarlo con un bicchiere di vino bianco, aggiungere il resto degli asparagi tagliati e rondelle spesse. • 2 Cuocere il riso aggiungendo il brodo vegetale caldo, il sale e un cucchiaio di curcuma. • 3 A cottura ultimata spegnere il fuoco e mantecare il risotto con burro e parmigiano grattugiato. • 4 Dopo qualche minuto impiattare con qualche sfoglia di fragole e alcune punte di asparagi sbollentate e condite con olio e sale. Abbinamento consigliato: Riesling dell’Oltrepò Pavese
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PVMagazine N. 3
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