FilmDOC 97

Page 1

FILMDOC NUMERO

97

Anno XXI • marzo | aprile 2012

TARIFFA REGIME LIBERO: “POSTE ITALIANE S.P.A.• SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 70% - DCB GENOVA”

DISTRIBUZIONE REGIONALE GRATUITA

PERIODICO DI INFORMAZIONE CINEMATOGRAFICA

Verdone in Paradiso 03

06

07

14-15

OSCAR 2012: vincitori e vinti

Sasha Baron Cohen: il corpo comico

I film sul G8 genovese al festival di Berlino

Il cinema nello Spezzino


IN QUESTO NUMERO

PERIODICO DI INFORMAZIONE CINEMATOGRAFICA

FILMDOC NUOVA SERIE • ANNO XXI • N° 97 MARZO APRILE 2012 REDAZIONE c/o A.G.I.S. LIGURIA via S.Zita 1/1 16129 Genova tel. 010 565073 - 542266 fax 010 5452658 www.agisliguria.it e-mail: agisge@tin.it

04

DIRETTORE RESPONSABILE Renato Venturelli COORDINAMENTO EDITORIALE Daniele Biello Vittorio Di Cerbo Gianfranco Ricci Riccardo Speciale Coordinamento redazionale Giancarlo Giraud Registrazione stampa N. 30/93 (1/10/1993) del Tribunale di Genova

03 03> Oscar 2012: vincitori e vinti 04> Una storia semplice - A Simple Life

Progetto grafico, ricerca immagini e impaginazione B&G Comunicazione via Colombo 15/2 - 16121 Genova info@begcom.it Stampa Ditta Giuseppe Lang srl Via Romairone, 66 - 16163 Genova (Bolzaneto) Questa pubblicazione, ideata nel quadro della collaborazione tra Regione Liguria - Settore Spettacolo e la Delegazione Regionale Ligure dell’AGIS, contiene i programmi delle sale del Circuito Ligure Cinema d’Essai e viene distribuita gratuitamente, oltre che in dette sale, anche nei circoli culturali e in altri luoghi d’incontro e di spettacolo

05> Intervista a Jason Reitman 06> Verdone in Paradiso

07>

Sacha Baron Cohen

08>

Stragi d’Italia

05

09> Occhio ai film doc FilmDoc ragazzi

06

10> Diaz a Berlino 11> Intervista a Massimo Lauria

© A.G.I.S. Liguria - Regione Liguria

12-13> Le recensioni doc - Fight Club

I cinema del Circuito Ligure Cinema d’Essai aderiscono a:

14-15> Il cinema nello Spezzino

08

16> Colonne sonore Cinema e cucina

F.I.C. F.E.D.I.C. C.G.S. A.N.C.C.I. La rivista è anche visibile on-line sul nuovo sito www.filmdoc.it . Ogni numero è anche scaricabile in formato pdf.

17> La posta Doc - Forza Italia

11

18> Libri & Riviste 19> Intervista a Lionello Cerri

20>

Un sogno lungo un giorno

21>

Starved for Attention Intervista a De Serio

22>

Daniele Gaglianone Popoli in movimento

23-27>

14-15 17

Programmi sale d’essai

22 19 In copertina Carlo Verdone in Posti in piedi in Paradiso di Carlo Verdone (foto © 2012 Filmauro – Romolo Eucalitto)

20

www.filmdoc.it

Leggi la rivista, guarda i programmi e commenta gli articoli sul nuovo sito on line


TRIONFA IL FRANCESE THE ARTIST, PREMI TECNICI ALLA PARIGI ANNI ‘20 DI HUGO CABRET

Europa da Oscar C

INQUE STATUETTE AL TRIONFATORE THE ARTIST, CINQUE AL RIVALE SCONFITTO HUGO CABRET, UNA MORALE INEVITABILE: AGLI OSCAR 2012 HANNO VINTO L’EUROPA, IL FASCINO D’INIZIO ‘900, IL LUNGO PONTE STORICO TRA PARIGI E HOLLYWOOD CHE STA ALLE ORIGINI DEL CINEMA. MAI COME QUEST’ANNO L’ACADEMY HA GUARDATO AL PASSATO PER PREMIARE IL PRESENTE, DISINTERESSANDOSI FORSE DEL FUTURO. The Artist è il film francese che celebra la Hollywood del cinema muto, Hugo Cabret è il film americano che riscopre Méliès, le origini francesi della settima arte, l’idea del cinema come spettacolo fantasioso e imprevedibile ma anche come dedizione assoluta di vita. E l’Oscar alla sceneggiatura di Midnight in Paris premia la cultura newyorkese che rievoca il mito della Lost Generation americana tra rive gauche e Montmartre… Accademia? Nostalgia? Estetismo? Le accuse si sono sprecate, perché The Artist è lo spettacolo ingegnoso e smaliziato, l’esercizio di artigianato brillante che non piace ai cinefili duri e puri: l’insofferenza era partita già dal festival di Cannes, ma ancora una volta Hollywood si è semplicemente schierata dalla parte del pubblico, dell’estro spettacolare, della capacità di sorprendere lo spettatore. Nonostante tutto, The Artist resta essenzialmente un gioco, senza ricatti estetizzanti o pretese metalinguistiche: un gioco perfettamente riuscito, ma senz’altra ambizione al di là dello sperimentare mecca-

nismi comici all’interno di un sistema di convenzioni forti su cui poter sorridere. E gli sconfitti? Anche quest’anno il cinema di regia, l’ambizione autoriale, la ricerca linguistica. Tutte cose che agli Oscar sono sempre contate poco, perché si tratta di un’industria che celebra se stessa e le proprie capacità professionali. La trovata esteriore, l’invenzione di facile impatto, l’illusoria verniciatura culturale, il virtuosismo mimetico dell’attore hanno sempre avuto più peso. John Ford non ha mai vinto con i suoi grandi western, Hitchcock non ha mai vinto con i suoi grandi thriller. Ma, almeno, stavolta ci sono stati risparmiati i contenuti pomposi, i Grandi Temi trattati in modo pompieristico. E tra i film stranieri è stato premiato l’ottimo Una separazione: magari ha vinto solo perché si tratta di una produzione iraniana critica verso il regime, ma facciamo finta di niente e festeggiamo il riconoscimento di un gran bel film.

GLI ITALIANI

O

RMAI È UN’ABITUDINE: con le splendide scenografie parigine di Hugo Cabret, gli italiani Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo hanno vinto il loro terzo Oscar, dopo quelli già ottenuti per The Aviator (2005) e Sweeney Todd (2008). Non ce l’ha fatta invece il giovane genovese Enrico Cimarosa (La luna) nella categoria corti d’animazione: ma la nomination, alla sua età, è già un grande successo.

GLI SCONFITTI

Terrence Malick, il trionfatore di Cannes, è uscito completamente a mani vuote. Zero statuette al suo The Tree of Life, ma nessun premio nemmeno a L’arte di vincere e War Horse di Spielberg.

LA DIVA

Il grande esercizio mimetico da star ha funzionato anche quest’anno: dopo il Colin Firth balbuziente del 2011, questa volta ha vinto l’imitazione di mrs.Thatcher fornita da Meryl Streep in The Iron Lady.

LA SORPRESA

La sua torta speciale e i suoi occhi sgranati hanno avuto effetto: dopo quindici anni di carriera senza premi, Octavia Spencer, classe 1972, ha vinto tutto grazie al ruolo di Minny in The Help.

IL GRANDE VECCHIO

A 82 anni suonati, vince il suo primo Oscar Christopher Plummer, attore di vecchia scuola teatrale shakespeariana, sempre ignorato dall’Academy. A portarlo alla vittoria, il film Beginners di Mike Mills.

I VINCITORI Miglior film: The Artist Miglior Regia: Michel Hazanavicius (The Artist) Miglior Attore Protagonista: Jean Dujardin (The Artist) Miglior Attrice Protagonista: Meryl Streep (The Iron Lady) Miglior Attore Non Protagonista: Christopher Plummer (Beginners) Miglior Attrice Non Protagonista: Octavia Spencer (The Help) Miglior Film Straniero: Una separazione di Ashgar Farhadi Miglior Sceneggiatura Originale: Woody Allen (Midnight in Paris) Miglior Sceneggiatura Non Originale: Alexander Payne (Paradiso amaro) Miglior Film D'Animazione: Rango di Gore Verbinski Miglior Documentario: Undefeated di Daniel Lindsay, T.J. Martin e Rich Middlemas Miglior Fotografia: Robert Richardson (Hugo Cabret) Miglior Montaggio: Kirk Baxter e Angus Wall (Millennium Uomini che odiano le donne) Miglior Scenografia: Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo (Hugo Cabret) Migliori costumi: Mark Bridges (The Artist) Miglior Colonna Sonora: Ludovic Bource (The Artist) Miglior Canzone Originale: Man or Muppet di Bret McKenzie (I Muppet) Migliori Effetti Speciali: Hugo Cabret Robert Legato, Joss Williams, Ben Grossmann e Alex Henning Miglior Missaggio Sonoro: Tom Fleischman e John Midgley - Hugo Cabret Miglior Montaggio Sonoro: Philip Stocton e Eugene Gearty - Hugo Cabret Miglior Trucco Mark Coulier e J. Roy Helland - The Iron Lady Miglior Cortometraggio d'Animazione: The Fantastic Flying Books of Mr. Morris Lessmore di William Joyce e Brendon Oldenburg Miglior Documentario Corto: Saving Face di Daniel Jungle e Sharmeen Obaid-Chinoy Miglior Cortometraggio: The Shore di Terry e Oorlagh George MARZO - APRILE 2012 FILM DOC

3


I FILM DOC

A SIMPLE LIFE DI ANN HUI, SUL RAPPORTO TRA UN UOMO E L’ANZIANA DOMESTICA

Una storia semplice [ di Bruno Fornara ]

C

I SONO DUE P E R S O NAGGI che vivono – davvero: vivono, li sentiamo veri e vivi – nel film. Lei è una vecchia signora, avanti con gli anni e con gli acciacchi, si chiama Ah Tao, ha fatto la amah, la donna di servizio, per sessant'anni nella stessa famiglia, ha conosciuto nonni, genitori, figli, nipoti, una generazione dopo l'altra, fino alla quinta. Lui è Roger, l'ultimo della famiglia che è rimasto dove i suoi avevano sempre vissuto, a Hong Kong. Adesso che tutti si sono trasferiti negli Stati Uniti, Roger è il solo a essere rimasto ed è il solo che conosce Ah Tao. Non la conosce soltanto: le vuole bene, come a una madre, a una nonna, come a una persona che ha passato la vita standogli vicino senza mai chiedergli nulla e dandogli tutto il proprio affetto e la propria devozione. È su questo rapporto tra una anziana e umile donna e un giovane che vive una vita attiva che si fonda il film. Roger ha un'attività nel cinema, fa il produttore e ha successo. Sa quanto deve essere riconoscente ad Ah Tao. Così, quando la donna viene ricoverata in ospedale, colpita da una paralisi, e deve essere seguita nella rieducazione, Roger si dedica a lei. La aiuta, la va a trovare, le cerca un posto in una casa di riposo, le fa sentire una vicinanza preziosa e sincera. La porta anche alla prima di un suo film, cosa inconsueta per Ah che si meraviglia che qualcuno possa uscire, poco educatamente, durante la proiezione. La regista Ann Hui è tutta presa da questo rapporto tra i due personaggi, li ammira, li descrive e li segue come se non fossero dentro un film. Usa uno stile chiaro, preciso, senza enfasi: sa bene come non sia necessario fare qualcosa in più di quello che serve. Il rispetto e l'ammirazione per Roger e per Ah Tao si vedono bene proprio se lui e lei sono seguiti nella più tranquilla serenità, si 4

FILM DOC MARZO - APRILE 2012

la liberazione in Boat People, poi la vita a Hong notano ancor più se i due vengono mostrati come Kong colonia inglese, porto franco e ora territorio se fossero guardati da una macchina da presa incinese. Una figura come quella di Ah Tao riassume visibile e potessero così sembrare non attori ma nella sua lunga e dignitosa esistenza tutti questi persone, due persone che si vogliono bene. Ann sobbalzi della storia che sembrano non aver laHui usa uno stile semplice come è semplice la stosciato tracce evidenti. L'approdo finale è l'essere ria che racconta: la semplicità è il suo modo di dire, riusciti a conservarsi liberi e giusti attraverso tante di rispettare un sentimento, un momento, un traversie. Ann Hui guarda ad Ah Tao e a Roger gesto. Anche perché A Simple Life è la storia di una con scrupolo e discrezione. Tra l'anziana signora, fine che si avvicina. Lo sanno sia Roger che Ah il giovane uomo, la regista che li segue e noi che Tao. Sanno che è lì che si arriverà e che quel che guardiamo si crea una vivace circolazione di simconta non è quel momento ultimo: contano tutti i patia e vicinanza. Cosa che non succede spesso al momenti, uno per uno, che devono ancora essere cinema. Mentre si vede A Simple Life, che in fondo vissuti e percorsi da qui dove sono fino a quando è una semplice storia di riconoscenza, questo cirsi giungerà alla fine. La perfezione del film sta cuito empatico lo sentiamo attivo e felice. Tutto è esattamente in questo: nel riuscire a dimostrare così tranquillamente vivo. E non ci si accorge quasi come la consapevolezza della fine non fa perdere che Roger è un grande e famoso attore come Andy neppure un istante dell'adesso. Lau e Ah Tao una famosa (in Oriente!) attrice come Saggezza confuciana: se si è vivi bisogna vivere Deanie Ip, premiata per la migliore interpretabene. Si festeggia con la famiglia tornata apposta zione alla Mostra di Venezia. Si dall'America. Si danno sono entrambi spogliati di ogni dei soldi a un ospite La perfezione del film traccia di divismo. Insieme a della casa di riposo, sta esattamente in loro, per chi conosce il cinema ben sapendo che non si tratta di un prestito ma questo: nel riuscire a orientale, appaiono in parti di contorno il fantasioso regista di una donazione a dimostrare come la Tsui Hark, l'acrobatico attore e fondo perduto. E quelconsapevolezza della regista Sammo Hung e un altro l'uomo, che userà il denaro per andare da una fine non fa perdere attore come Anthony Wong. Se sapessimo che sono loro donnina, resterà anche neppure un istante non non li noteremmo proprio. Se un lui legato a Ah Tao e ardell'adesso " film deve raccontare una vita riverà con un mazzo di semplice e piena non ha di sifiori per lei che non c'è curo bisogno di mettere i suoi interpreti su un piepiù. Con Ah Tao se ne vanno tanti ricordi, svanisce distallo. Attori e registi hongkonghesi stanno lì per un passato, si perdono le tracce di un tempo dionorare una anziana signora che è un po' la nonna menticato: resta la sua impronta, il suo modo d'esdi tutti. È una figura che riassume un modo d'essere, la gentilezza, la riservatezza. Roger lo sa: ha sere orientale. imparato tante cose da lei. Una è che non è la Nel film tutti stanno, con modestia, al loro morte ad avere senso. La morte non ha senso: lo posto, dalla prima che è Ah Tao, al secondo che è acquista per come si è vissuto. Per questo la fine Roger, fino all'ultimo dei vecchietti dell'ospizio. A di Ah Tao non ha nulla di drammatico. È il mettere Simple Life insegna che ognuno ha un posto nelun punto a un percorso giusto e meritevole. l'esistenza. Senza smancerie né patetismi. Eppure Ann Hui ha alle spalle una lunga carriera con ti viene alla fine un groppo in gola. Per le tante tanti film nei quali ha affrontato temi decisivi per tranquille emozioni. un intero e immenso continente, il Vietnam dopo


≥ American horror story

INTERVISTE DOC Intervista a Jason Reitman, regista di Young Adult. Con una Charlize Theron cattivissima.

[ di Roberto Pisoni ]

F

IGLIO D’ARTE, GIOVANE E AMBIZIOSO, CON UN PUGNO DI FILM JASON REITMAN È DIVENTATO UNO DEI REGISTI INDIPENDENTI PIÙ STIMATI E CELEBRATI DELL’ULTIMO DECENNIO. MENO INCLINE AL COMICO DEL PADRE IVAN - STRIPES, GHOSTBUSTERS, EVOLUTION -, HA INDIVIDUATO LA SUA “VOCE” DA STORYTELLER NELLA COMMEDIA SOCIALE ACIDA E POLITICAMENTE SCORRETTA, COLLEZIONANDO UNA GALLERIA DI PERSONAGGI CONTEMPORANEI IRRISOLTI, SPIGOLOSI O DICHIARATAMENTE IMMORALI. Dopo Nick Naylor, il lobbysta dell’industria tabacco di Thank You for Smoking, 2005, l’adolescente incinta e new romantic di Juno (2007) e Bingham, lo spregiudicato tagliatore di teste di Tra le nuvole (2008), in Young Adult al centro del quadro c’è Mavis Gray, una ghost writer psicotica che torna per una celebrazione a Mercury, nel Minnesota, la piccola cittadina che un tempo l’aveva eletta reginetta del liceo. L’homecoming, invece di redimerla dai propri fallimenti sentimentali e lavorativi, la consegna a una serie di regressioni, meschinerie e perfidie perfino peggiori. Sostenuto dai dialoghi sagaci di Diablo Cody - già Oscar per la sceneggiatura di Juno - e da una mostruosa Charlize Theron, Reitman confeziona il ritratto vivido di un’America profonda e grottesca, una specie di purgatorio di “mezzi” adulti, persi in un’infinita teoria di megastore, in cui trionfano malessere, sogni avariati e conformismo. Film di personaggi ben scritto, ottimamente recitato, iperrealistico e dai chiari riverberi autobiografici – i titoli di testa e la splendida soundtrack anni novanta hanno il calore della playlist personale – Young Adult corre un solo rischio, quello di innamorarsi troppo della propria intelligenza e di osare una cattiveria più “retorica” che reale. Ancora una volta Young Adult ruota intorno ad un personaggio centrale controverso. Come mai nei suoi film predilige sempre dei tipi umani moralmente borderline? « Mi piacciono le persone complicate, le persone gentili sono noiose da raccontare. Mavie è peggio di un’inondazione, vuole essere disperatamente amata e cerca di raggiungere l’obiettivo nei modi più sbagliati e compiendo una serie di azioni piuttosto sgradevoli. Ma credo che sia per quello che mi piace. Ci sono molte persone che non apprezzano i miei film, perché pensano che i miei personaggi siano freddi e calcolati. Ma ognuno di loro è un’opera personale, tutti hanno degli echi emotivamente autobiografici. Ho sempre apprezzato i registi che

fanno film di questo tipo e, nei miei, cerco sempre di esplorare un tema interessante o un dilemma morale attraverso un personaggio significativo; e di esporre, almeno un po’, me stesso nel film. Riconosco qualcosa di me in Ryan di Tra le nuvole, in Nick di Thank You For Smoking e ovviamente anche in Mavis. Anche se dietro la scrittura e la storia di Young Adult c’è molto di Diablo, se non sentissi il personaggio vibrare nella mia testa o non avessi vissuto esperienze simili, per me sarebbe impossibile da metter in scena. Solo una teoria senza vita ». Mi ha molto incuriosito una sua definizione del mestiere del regista: secondo le sue parole non si tratterebbe di un lavoro creativo ma di un lavoro “reazionario”. Ci può spiegare cosa intende e cosa ci sarebbe di “reazionario” in Young Adult? « Si trattava di una lezione universitaria. Volevo ridimensionare l’alone sacrale della parola “creazione” e dare una definizione più pragmatica del lavoro del regista. Reagire alle cose, da qui il termine “reazionario”, è il momento numero uno del mio lavoro. Se in me scatta una reazione la prima volta che leggo una sceneggiatura, un articolo o ho un’idea per un film, da quell’istante il processo decolla. La prontezza con cui ho risposto alla proposta di Diablo per Young Adult, mi ha dato la misura di quanto fosse necessario per me dirigere il film. E poi ogni atto del lavoro preparatorio scatta da una reazione: a un dialogo, una performance, un provino, un mal di testa, un pezzo di scenografia o un costume. E la domanda che mi pongo ogni volta, conscia o inconscia che sia, non è mai: “Sono ispirato o no rispetto a quello che vedo?”, ma: “Mi sembra autentico?”. Dalla prima reazione si crea una linea di tensione che diventa la sostanza del pitch del film. Un regista, come prima dote, deve sviluppare un occhio e un orecchio personali per chiedersi: “Questa performance è in tono o no? E questa location? E se non lo è, perché? C’è troppa luce? O la palette dei colori non è corretta?”. Questo modo di procedere mi sostiene per tutto il processo fino alle decisioni finali, quando devo correggere il colore o impostare il mix. E così è stato anche in Young Adult ».

Un’altra delle caratteristiche del suo cinema è la grande cura con cui riesce a incastrare gli attori, anche celebri, nei personaggi; la Mavis interpretata della Theron è un personaggio memorabile. « Sì, una “gran figlia di puttana”, come l’ha definita Charlize. La caratteristica maggiore di Charlize come attrice è il coraggio, ha avuto un coraggio pazzesco nel fare Monster, ma è stata impavida in molti altri dei suoi ruoli. Nella maggior parte dei personaggi interpretati da un bravo attore ti accorgi che c’è sempre qualcosa nel mezzo, tra lui e la sua performance. Lo capisci dall’accento, dal trucco o da altri dettagli: questo è un personaggio, l’attore si è servito di un elemento del mestiere, anche straordinario, per tenerlo alla giusta distanza. Charlize invece è l’unica attrice che non mette mai filtri tra sé e il suo personaggio e sapevo che avrebbe fatto altrettanto con Mavis ». Young Adult ha un finale spiazzante - il personaggio non si redime - ma è una caratteristica comune a tutti i suoi film quella di “riaprire” la storia e sospendere il giudizio. « Mi piacciono i film che mettono a disagio lo spettatore, i film horror per esempio mettono in difficoltà chi li guarda, almeno quelli più riusciti, e credo che Young Adult sia in qualche modo un film horror. I miei film sono commedie drammatiche e possono causare disagio perché danno una descrizione molto realistica dei personaggi. Mi piace l’effetto specchio di un film, quando mette in scena delle persone in cui è possibile non solo identificarsi ma scoprire i riflessi meno encomiabili di se stessi. Alcuni film mettono in scena la parte migliore dell’umanità, altri la parte peggiore, i miei film prediligono quella peggiore, che io reputo sia una porzione viva e reale della complessità dell’essere umano. Sono contento quando lo spettatore lascia il cinema incerto su quello che ha visto ed è spiazzato dalla mancanza di un happy-end. O forse anche di un semplice finale. Negli anni settanta era normale fare dei film “aperti”, sospesi, e non so perché ci siamo fermati. Per fortuna, fino a qui, ho trovato persone che non hanno mai avuto nulla da ridire sul mio modo di chiudere un film ». MARZO - APRILE 2012 FILM DOC

5


PERSONAGGI DOC

© Filmauro – Romolo Eucalitto

GLI ITALIANI SECONDO VERDONE: SEMPRE CIALTRONI, MA PIÙ ANSIOSI E INSICURI.

I nuovi mostri [ di Natalino Bruzzone ]

U

O M I N I SULL’ORLO di una crisi di nervi. Comunque senza casa e senza più famiglia. Tre esemplari dell’epoca della crisi. Il nuovo film di Carlo Verdone, Posti in piedi in Paradiso, continua a pedinare gli italiani, a guardarli in faccia e ad esprimere una sua eterodossa diagnosi. Lo scricchiolio dei sentimenti e della vita quotidiana va oltre i tic, le manie, le fobie e le cialtronerie. E’ strutturale. Un trittico allo sbando: Ulisse (Verdone) è stato un discografico di successo, ora non solo vende oggetti da memorabilia su Ebay, ma abita anche nel retro del suo negozio di prodotti in vinile; Domenico (Marco Giallini) non solo poggia le ossa sulla barca di un amico ma per mantenere due famiglie si trasforma in gigolo per ricche ma vecchie; Fulvio (Pierfrancesco Favino) per campare al giornale si è dovuto convertire dalla critica cinematografica al gossip e pure lui deve adattarsi ad un “rifugio” offerto da un convitto religioso. Cacciati dalle consorti per qualche peccato di troppo e con il conto in banca azzerato dagli alimenti sono destinati a condividere lo stesso appartamento, mentre sulla scena si affaccia una strana cardiologa (Micaela Ramazzotti) con problemi al cuore, ma nel senso degli affetti. Forse saranno i figli a dare una nuova prospettiva al malessere che assedia gli sgangherati genitori. Senza una diretta visione (al momento in cui scrivo) non si può tracciare un diagramma esatto dello stato delle cose e di salute del tocco alla Verdone. Ma il tema e i suoi annunciati sviluppi sembrano garantire una coerenza con il Verdone 6

FILM DOC MARZO - APRILE 2012

lontano dalla multimimesi interpretativa. Non più un Fregoli di straordinario impatto satirico, ma un umorista che della commedia ha un concetto da pratiche alte, fondato su una tradizione e su una pratica ormai cancellate da pseudo autori che hanno come modello narrativo esclusivamente i toni e i modi della fiction televisiva. Verdone ha ancora e sempre voglia di guardare il prossimo per scoprire e capire dove sta andando quell’italiano che, per esempio, Risi e Monicelli avevano scorticato, pelle dopo pelle, dimostrando che una cipolla resta una cipolla anche se crede di aver imparato il miracolo dell’arte di arrangiarsi. I personaggi verdoniani sono il riflesso di un’osservazione ostinata, carpita, magari, ogni mattina da un angolo di farmacia in cui il regista si reca per misurare e tenere a bada pressione e paure. Il filo della nevrosi è teso e , paradossalmente, anche pieno di curve e sfilacciamenti: resta impervio fissare la fotografia di “creature” che assomigliano ad “alieni” rispetto a quelle mutazioni degli anni Cinquanta e Sessanta non così spiazzanti da fare impazzire un antropologo. Ma il cinema di Verdone non è mai così presuntuoso da sfogliare la margherita del sociologismo e dello psicologismo tagliati con l’accetta. Come lo struzzo di un celebre finale di Bunuel tiene la testa fuori dalla sabbia, scruta e poi inventa la sua analisi spicciola che, da sempre, ha anche la famiglia come crogiolo di inquietudini e complessi dove il nido di vipere morde le chiappe di ogni ingenuo eversore. E ci sono i figli come verifica di quanto è stato e di quanto potrebbe essere oltre le dabbenaggini, le viltà e gli errori dei padri. Che lo sguardo di Carlo Verdone sia, poi, secondo una frettolosa sentenza, buonista, è un’errata classificazione che confonde il rifiuto del cinismo con la mancanza di cattiveria: è la malinconia soffusa e irrimediabile che fa da filtro ad una crudeltà soffice ma che, in alcuni capitoli (come in Gallo Cedrone), si lascia implodere, mettendo in un angolo la “compassione” (sorridente) e qualsiasi assoluzione. La verità è che gli eroi stralunati di Verdone, rispetto alla galleria di “mostri” allestita dalla commedia italiana dell’età dell’oro, hanno conservato il gene della cialtro-

neria e della megalomania, ma devono fare i conti con le proprie insicurezze, con l’ansia di apparire senza essere, con il timore di restare soli e in compagnia di se stessi. Ecco, Posti in piedi in Paradiso sembra proprio ragionare ancora sul terrore di essere soli con i propri fallimenti e con l’impossibilità di una normalità di rapporti che faccia da scudo al caos esterno. Tre uomini in crisi e durante la crisi che si agitano per non smarrire completamente l’orientamento già precario di una navigazione a vista, in balia di un destino che li prende a calci nel sedere. Cronaca ironica di una sconfitta che sconvolge un panorama trapunto di rovine, di sogni infranti e di illusioni allestite con la cartapesta dei difetti generazionali. Ma per Carlo Verdone non sarà un marzo da consumarsi solo sullo schermo. C’è la libreria come replica alle immagini. Un “romanzo autobiografico” arriverà sui banconi negli stessi giorni del film. Titolo: La casa sopra i portici (Bompiani). Una casa grande a Roma nei pressi di Ponte Sisto, la casa dell’infanzia, la casa della famiglia, la casa di papà Mario, la cui morte ha riconsegnato al Vaticano la proprietà dello stabile con portici di LungoTevere dei Vallati. In questo spazio non claustrofobico, Verdone muove alla ricerca del tempo perduto. Alla sua maniera, raccon-

I personaggi verdoniani sono il riflesso di un’osservazione ostinata, carpita, magari, ogni mattina da un angolo di farmacia in cui il regista si reca per misurare e tenere a bada pressione e paure" tando tra sorrisi e commozione la storia di una casa, di un papà e di una mamma adorata, Rossana Schiavina, alla quale l’appartamento era passato per diritto di famiglia. In nome del padre e della madre. Un po’ per un pizzico di melanconia, un po’ per tanto affetto.


PERSONAGGI DOC

ASPETTANDO THE DICTATOR, L’ULTIMO FILM DEL “TERRORISTA DEI MEDIA”

Sacha Baron Cohen Lo specchio della vita [ di Giona A. Nazzaro ]

N

ON È UN CHE FA CERTO MOLTI SFORZI per farsi amare, Sacha Baron Cohen. Autentico terrorista dei media, è riuscito a creare, attraverso gli alter ego Ali G, Borat e Brüno, un mostruoso falò delle vanità che ha fatto piazza pulita della nostra stupidità televisiva (e politica, umana, culturale…) rivendendocela come il migliore dei mondi possibili. Cosa notevole, da un punto di vista strettamente imprenditoriale: farci comprare una cosa che abbiamo già… ma andiamo per ordine. Attore di origini ebraiche, nipote di un sopravvissuto allo sterminio nazista, cugino dello scienziato Simon Baron-Cohen, specializzato nelle ricerche sull’autismo, si è fatto notare attraverso la creazione di un personaggio, Ali G, che azzerava la distanza fra personaggio e attore. Un vero e proprio alter-ego in grado di fungere da catalizzatore del rimosso dell’intervistato o, se si preferisce, in grado di spingerlo a rivelarsi al di fuori del galateo televisivo. Il senso dell’assurdo di Baron Cohen nasce da un folle desiderio di conformismo elevato all’ennesima potenza. Come se il clown Augusto della tradizionale cultura circense tentasse in tutti i modi di attingere alla rispettabilità sociale del clown Bianco, sua perenne nemesi e modello irraggiungibile. Le creazioni comiche di Baron Cohen non sono degli outsider, tutt’altro. Sono semmai il minimo comun denominatore di un mondo azzerato su un modello linguistico e di comunicazione che non ha più altro orizzonte se non quello della propria autoreferenzialità mediatica. Ciò che dunque mette in scena Baron Cohen è sostanzialmente un mondo cieco incapace di vedere l’altro che, nonostante tutto, si ritiene legittimato a scandalizzarsi o a stigmatizzare le oltraggiose creazioni dell’attore che, come il più rigoroso degli scienziati sociali, si limita a tenere ben saldo lo specchio (e, lo sappiamo grazie a Carmelo Bene, che gli specchi sono osceni perché moltiplicano

brandello di l’essere umano…). politicaSe dunque la prima sortita cinematografica del mente cornostro con il film dedicato alle imprese del rapper retto. Brüno bianco Ali G non si distaccava molto, qualitativae s t re m i z z a mente, dalle pellicole che faticano a tenere al ciBorat in una nema il passo della televisione, con il successivo Borat – Studio culturale sull’America a beneficio sorta di auto della gloriosa nazione del Kazakistan, Baron da fé che asCohen spinge la sua scommessa formale in tersume i contorni ritori non esplorati dal cinema commerciale stasinistri di una condanna senza appello. Mentre tunitense e non solo. Borat, infatti, non si soffochiamo dalle risate, strozzandoci per i sensi vergogna di essere antisemita, sessista, fascista di colpa… Chi l’ha detto che ridere è liberatorio? e quant’altro. È semplicemente convinto che Che l’attore abbia in realtà anche altre numetutto il mondo sia fatto a sua immagine e somirose frecce al suo arco espressivo è dimostrato glianza e si comporta di conseguenza. Lui, Borat, ovviamente anche dalle sue caratterizzazioni in è più normale dei normali. E se pensate che la film come il recente Hugo Cabret di Martin Scorsese o lo Sweeney Todd di Tim Burton (anche se corsa antisemita stile palio di Siena con i fantocci la nostra preferenza va inevitabilmente al pilota dai nasi adunchi sia un’invenzione gratuita, beh, di nascar gay interpretato nella commedia Talladate uno sguardo all’agghiacciante documentario The Passion according to the polish comunity of dega Nights). Senza contare che è stato arruolato Pruchnik di Anda Quentin Tarantino per il suo anIl senso dell’assurdo dreas Horwath e nunciatissimo Django Unchained e che di interpretare MerMonika Muskala e di Baron Cohen nasce curyè, ilprocinto biopic dedicato al cantante se ne riparla. Lo da un folle desiderio dei Queen. sforzo compiuto Certo, nel paese del doppiaggio da Borat è di esdi conformismo elevato a oltranza, la forza della comicità di sere ammesso in all’ennesima potenza” Baron Cohen si arena sempre sulle un mondo al quale secche dei tentativi vani di rendere lui sente di apparil florilegio d’invenzioni dell’origitenere per diritto. nale in un improbabile italiano che non esiste se Chiede di essere ammesso in un mondo di simili. non nella testa di chi è ancora convinto che il In questo senso il processo è inverso a quello pubblico della penisola sia rigorosamente monodella comicità tradizionale nel quale l’elemento lingua. Eppure ciò non dovrebbe affatto smiscatenante del caos è introdotto da un corpo, un nuire la curiosità per l’attesa di The personaggio essenzialmente incapace di adatDictator, film che sarebbe tratto addirittarsi al mondo degli altri. Un mondo che non tura da un romanzo scritto da Saddam comprende e che rifiuta in ultima analisi. Se dunHussein in persona (ovvio che in queque c’è una comicità sovversiva, dichiaratamente sto caso il dubbio è più che lecito, tale, da Buster Keaton passando per Stan Laurel ma non si può fare a meno, perper giungere sino a John Belushi, Baron Cohen versamente, di sperare che ininverte il processo: il suo Borat non è la parodia vece sia “tutto vero”…). Dalle della cattiva coscienza degli altri, è sempliceimmagini che ci è dato vedere al momente la loro normalità. Ed è dunque su questo mento, sembra che Baron Cohen abbia crinale che l’attore dimostra tutto il suo potendelle idee molto precise in merito alla ziale politico. La caratterizzazione mostruosa non faccenda della democrazia nel crea distanza: è l’immagine riflessa di una deformondo. Se mai ci fosse stato bisogno mità antropologica che si pensa “normale”. di avere conferma della sua vocaIn questo senso il discorso di Baron Cohen si zione politica. E come non rabbriviradicalizza con il successivo Brüno che permette all’attore una serie di oltraggiose caratterizzadere alla battuta: “Oh l’America! Il zioni che non fanno prigionieri distruggendo ogni paese che ha inventato l’Aids!”.

MARZO - APRILE 2012


GUIDE DOC

IN USCITA ROMANZO DI UNA STRAGE, DI MARCO TULLIO GIORDANA SU PIAZZA FONTANA

Stragi d’Italia Da Salvatore Giuliano al caso Moro, da Pasolini a Ustica, una guida ai film che hanno indagato sui tanti misteri della Repubblica.

È

LA MADRE DI TUTTE LE STRAGI, la tragedia che inaugura la “strategia della tensione”, l’evento su cui – a suon di depistaggi – non è mai stato possibile fare giustizia. Esce a marzo Romanzo di una strage, il film di Marco Tullio Giordana che tenta di ricostruire quanto avvenne in quel maledetto 12 dicembre 1969 alla Banca dell’Agricoltura di Milano, quando un’esplosione provocò diciassette morti e diede il via alla stagione del terrorismo italiano. Con tutti i suoi segreti e i suoi misteri, con le infiltrazioni, i servizi segreti, la presenza americana, la teoria degli opposti estremismi… « L’ultima sentenza della Cassazione ha riconosciuto Freda e Ventura colpevoli – dice Giordana – ma non più giudicabili. E per un’atroce beffa ha costretto le famiglie delle vittime a pagare le spese processuali ». Vittime a cui bisogna sempre aggiungerne almeno un’altra: l’anarchico Pinelli, finito giù da una finestra della questura di Milano pochi giorni dopo, durante un interrogatorio della polizia. Con Romanzo di una strage, Giordana ripropone il suo cinema civile che cerca di entrare nel cuore della vita e della storia italiana, come aveva fatto in La meglio gioventù. Ma si ricollega anche a una tradizione sempre più frequentata dal nostro cinema: quella dei cosiddetti film “politico-indiziari”, che tra documenti e ricostruzioni cercano di far luce sui troppi misteri della Repubblica. Dal caffè avvelenato di Pisciotta a quello di Sindona, dalla morte di Mattei a quella di Pasolini, dal caso Moro alle stragi di mafia anni ‘90, da Ustica a Calvi, la P2 e lo Ior, ecco una guida ai film italiani che in quest’ultimo mezzo secolo hanno cercato di raccontare quanto era successo. Film di denuncia e di indignazione civile, ma anche oscillanti tra il puro spettacolo cospirazionista e la sottile riflessione linguistica attorno al concetto di “verità” cinematografica. SALVATORE GIULIANO (1962) • di Francesco Rosi * La storia del bandito Giuliano, dalla strage di Portella della Ginestra (1947) fino all’uccisione del suo luogotenente Pisciotta: tra mafia, servizi americani, politici democristiani… Il capostipite di stragi e misteri della Repubblica con tutti i protagonisti già ben delineati, in un film-prototipo di grande potenza e limpidezza, tra finzione e documentario. TRE IPOTESI SU GIUSEPPE PINELLI (1970) • di Elio Petri, con Gian Maria Volonté * Ricostruzione scenica delle grottesche versioni ufficiali sulla morte dell’anarchico Pinelli (1969). Cortometrag8

FILM DOC GENNAIO - FEBBRAIO 2012

gio realizzato nell’ambito di un progetto collettivo su Pinelli: ma solo Petri e Nelo Risi portarono a termine il proprio episodio. IL CASO MATTEI (1971) • di Francesco Rosi, con Gian Maria Volonté * Francesco Rosi s’inventa una struttura audace di film-inchiesta per raccontare la storia di Enrico Mattei, il presidente dell’Eni che stabilì rapporti diretti coi produttori di petrolio, scontrandosi con gli interessi delle “sette sorelle”. Fino al misterioso incidente aereo che nel 1962 mise fine alla sua vita. Film energico e di grande impatto, con uno strepitoso Volonté. Palma d’oro a Cannes. IL CASO PISCIOTTA (1973) • di Eriprando Visconti, con Tony Musante * Gaspare Pisciotta, in carcere per l’uccisione di Salvatore Giuliano, muore nel 1954 dopo aver bevuto una tazzina di caffè avvelenato. Il giorno dopo avrebbe dovuto deporre al processo... IL CASO MORO (1986) • di Giuseppe Ferrara, con Gian Maria Volonté * La storia del sequestro Moro (1978), con ricostruzione degli eventi ed aperta denuncia dei vertici DC per la rigida intransigenza. Incalzante come un pamphlet, accolto tra polemiche anche per l’interpretazione che Volonté aveva dato di un politico simil-Moro in Todo Modo (1976). PASOLINI, UN DELITTO ITALIANO (1995) • di Marco Tullio Giordana *L’uccisione di Pasolini (1975), le indagini contraddittorie, i dubbi di amici e familiari, fino al processo concluso con la condanna del solo Pelosi. Troppi misteri, troppe stranezze: il film semina dubbi pesanti e spinge la magistratura a riaprire il caso. IL MURO DI GOMMA (1991) • di Marco Risi, con Corso Salani * Il disastro aereo di Ustica (1980) raccontato attraverso l’indagine di un giornalista, che viene inviato per un articolo di routine, scopre scenari internazionali e con le sue denunce infastidisce le alte sfere dell’aviazione. Scontrandosi però con un autentico “muro di gomma”. Teso ed asciutto. GIOVANNI FALCONE (1993) • di Giuseppe Ferrara, con Michele Placido * La storia di Giovanni Falcone, del pool antimafia di Palermo e del suo smantellamento: fino all’uccisione di Falcone e Borsellino (1992). Instant-movie grezzo e serrato, tra didattica e action, nello stile di Ferrara. I BANCHIERI DI DIO (2002) • di Giuseppe Ferrara, con Omero Antonutti * Quali intrighi criminali si nascondono dietro la morte del banchiere Roberto

C a lv i nella Londra del 1982? Al centro c’è la storia del Banco Ambrosiano, il rapporto con lo Ior di Marcinkus e del Vaticano, l’Opus Dei, la loggia P2, Licio Gelli, Sindona: gran lavoro di documentazione, e imbarazzanti sosia di personaggi pubblici. UN EROE BORGHESE (2003) • di Michele Placido, con Fabrizio Bentivoglio * Dal libro di Corrado Stajano, la storia dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, incaricato di liquidare la Banca Privata Italiana di Michele Sindona: scoprirà porcherie che coinvolgono mafia, politici e Vaticano, finendo assassinato nel 1979. SEGRETI DI STATO (2003) • di Paolo Benvenuti, con Antonio Catania * Cosa accadde in realtà a Portella della Ginestra il 1 maggio 1947, quando mafiosi e banditi spararono sui manifestanti, poco dopo la vittoria della sinistra alle elezioni siciliane? Partendo dagli studi di Danilo Dolci e dal processo Pisciotta, il film cita vertici militari, Scelba, Andreotti, i servizi americani, il Vaticano. Ricostruzione documentatissima condotta con stile didattico e straniato, in un sottile lavoro linguistico. PIAZZA DELLE CINQUE LUNE (2003) • di Renzo Martinelli, con Donald Sutherland * Dopo il film sulla tragedia del Vajont (2001), Martinelli affronta il caso Moro inserendo nel taglio narrativo-spettacolare “alla JFK” una quantità torrenziale di informazioni e di interrogativi: dai servizi segreti italiani e americani alla P2, da Gladio a Cossiga, alla morte di Pecorelli e del colonnello Varisco. BUONGIORNO, NOTTE (2003) • di Marco Bellocchio, con Roberto Herlitzka * Film sostanzialmente estraneo alla tradizione “politico-indiziaria”: pur ispirandosi al libro della brigatista Anna Laura Braghetti, Bellocchio rievoca la prigionia e l’uccisione di Moro evitando ogni approccio investigativo, per riflettere invece sui destini dell’Italia da un interno simil-familiare. ROMANZO CRIMINALE (2005) • di Michele Placido, con Kim Rossi Stuart * Subito dopo Fatti della banda della Magliana (2005) di Daniele Costantini, Placido affronta lo stesso argomento col piglio e la libertà narrativa del grande romanzo epocale: e le imprese dei banditi romani s’intrecciano all’agonia della Prima Repubblica, tra mafia, terrorismo nero, servizi segreti, stragi e attentati. Dal libro di Giancarlo De Cataldo.


Camus secondo Amelio

OCCHIO AI FILM DOC

17 RAGAZZE

IL PRIMO UOMO (FRANCIA-ITALIA, 2011) DI GIANNI AMELIO, CON JACQUES GAMBIN, MAYA SANSA, DENIS POLYADÈS, CATHERINE SOLA

Un film ispirato a Le Premier Homme, il romanzo incompiuto del grande scrittore francese.

A

LLA FINE DEGLI ANNI ’50, uno scrittore parigino torna nell’Algeria dove era nato e cresciuto, e che adesso si ritrova sconvolta dalla guerra di liberazione, tra attentati dei patrioti e brutale repressione francese. Nonostante la violenza del clima storico e politico, l’uomo è però destinato a compiere un percorso che è innanzitutto interiore, alla ricerca di se stesso, della propria infanzia, del padre morto nella prima guerra mondiale a un’età molto inferiore a quella che lui ha adesso: e ad affiorare è un’infanzia trascorsa nel mondo dei coloni più poveri, al fianco di una nonna dispotica e di una madre più dolce ed assente… L’ultimo film di Gianni Amelio si ispira a Le premier homme, il

libro parzialmente autobiografico che Albert Camus stava scrivendo al momento della morte, al punto che le carte furono trovate all’interno dell’auto in cui nel 1960 morì insieme al suo editore Michel Gallimard: nelle intenzioni dello scrittore, doveva essere un romanzo che apriva una nuova stagione della sua opera, ma al momento dell’incidente stradale non era ancora stato completato, e venne poi pubblicato a cura della figlia solo a metà degli anni ’90. Oltre al protagonista Jacques Gambin, spicca la presenza di Maya Sansa nel ruolo della madre da giovane: e al festival di Toronto, dove è stato presentato, il film ha vinto il premio della Fipresci, vale a dire della stampa internazionale.

In una cittadina bretone, diciassette ragazze di un liceo prendono insieme una decisione inattesa e incomprensibile agli occhi dei compagni e degli adulti: decidono di rimanere incinte nello stesso momento. Senza commenti e senza spiegazioni. Film sui misteri dell’adolescenza scritto e diretto dalle sorelle Delphine

FILM DOC RAGAZZI

(FRANCIA, 2011) DI DELPHINE E MURIEL COULIN, CON LOUISE GRINBERG, JULIETTE DARCHE

POLLO ALLE PRUGNE (FRANCIA, 2011) DI MARJANE SATRAPI E VINCENT PARONNAUD, CON MATHIEU AMALRIC, MARIA DE MEDEIROS

360 L’ultimo film del regista di City of Denver. Scritto da Peter Morgan, God è ispirato a un classico della lo sceneggiatore di The Queen e letteratura e del cinema: La Ronde Hereafter. di Arthur Schnitzler. Al centro del racconto corale, i rapporti di cop(GB-USA, 2011) DI FERNANDO MEIRELLES, pia tra le persone in un mondo CON ANTHONY HOPKINS, globalizzato, esplorati a 360 gradi JUDE LAW, RACHEL WEISZ da Vienna a Parigi, da Londra a

e Muriel Coulin, al loro esordio nel lungometraggio: ottime accoglienze alla settimana della critica dell’ultimo festival di Cannes.

Secondo film per Marjane Satrapi, 32 anni, disegnatrice, scrittrice e regista diventata famosa qualche anno fa raccontando la sua autobiografia di ragazza iraniana in Persepolis. Stavolta rievoca la storia di un celebre musicista che ri-

nuncia a vivere dal momento in cui la moglie ha rotto il suo violino, togliendo così ogni significato alla sua esistenza. Dal graphic novel (2004) della stessa autrice, metafora del silenzio cui sono state costrette le voci libere del suo paese.

[ di Maria Francesca Genovese ]

Pirati! Briganti da strapazzo

S

e Johnny Depp aveva contribuito a demolire i cliche sulla figura del terribile predone dei mari nella saga Pirati dei Caraibi, a dare la spallata finale ci pensa l’ultima animazione della casa di produzione Aardman. Pirati! Briganti da strapazzo racconta di un gruppo di pazzerelli agli ordini di un Capitano vanesio e maldestro (nella versione originale a prestargli la voce è Hugh Grant, al suo debutto nel doppiaggio di un film d’animazione). Deciso a soffiare il titolo di Pirata dell’Anno ai suoi acerrimi ne-

mici Black Bellamy e Cutlass Liz, il Capitano si caccia in una lunga serie di guai, che lo porteranno a scontrarsi con la regina Vittoria e a far squadra con un giovane Charles Darwin. Tratto dai primi due libri della serie Pirati! firmata dall’inglese Gideon Defoe (The Pirates! In an Adventure with Scientists, edito anche in Italia, e The Pirates! In an Adventure with Whaling), il film racchiude i tratti che hanno reso la Aardman unica nel panorama dell’animazione internazionale. Fondata a Bristol nel 1972, la società di produzione è nota per la sua tecnica di animazione “a passo uno” (stop motion) di pupazzi di plastilina (claymation). Ma anche per lo humor pungente delle sue storie, ironiche e un po’ dissacranti. Così è stato sin dal lungometraggio d’esordio,

Galline in fuga (2000), seguito da Wallace & Gromit: la maledizione del coniglio mannaro, che è valso alla Aardman il premio Oscar per il miglior film d’animazione nel 2006. Giù per il tubo (2006), animato in digitale, ha segnato la fine della collaborazione con l’americana DreamWorks e l’inizio di una lunga pausa di riflessione. La Aardman ne è uscita alla fine del 2011 proponendo ben due film, questa volta in partnership con la Sony Pictures: il divertente Il figlio di Babbo Natale, in computer grafica 3D, e, appunto, Pirati! Briganti da strapazzo, la prima realizzazione Aardman in stop motion 3D. In realtà, come era già successo per Wallace & Gromit, più volte è stato fatto ricorso alla computer grafica. Secondo Peter Lord, cofondatore degli Studios nonché regista di Pirati! (aveva già co-diretto Galline in fuga), la nuova

tecnologia ha facilitato molto la lavorazione: “abbiamo fatto un uso massiccio del green screen, abbiamo arricchito i set e inserito il mare. Per un filmmaker è davvero liberatorio sapere che non c’è richiesta che il suo team non possa soddisfare attraverso la computer grafica”. Oltre a proporre tematiche come l’amicizia e la lealtà, il film offre buoni spunti storico-scientifici per illustrare ai giovani spettatori l’età vittoriana e l’operato di Charles Darwin.


FESTIVAL DOC

PREMIO DEL PUBBLICO AL FILM DI DANIELE VICARI SUL G8 GENOVESE

Diaz a Berlino [ di Francesca Felletti]

I

L TRIONFO dell’Italia alla 62esima Berlinale arriva insperato a risollevare gli umori, di un cinema ormai troppo spesso concentrato, a livello produttivo, su commedie banali che puntano sul successo commerciale. L’Orso d’oro per Cesare deve morire consegnato ai fratelli Taviani – che contano, in due, 164 anni di vita simbiotica perlopiù dedicata al cinema, una Palma d’oro nel 1977 per Padre padrone, molti altri successi come La notte di San Lorenzo e qualche caduta come il recente La masseria delle allodole presentato proprio a Berlino nel 2007 – arriva dopo 21 anni dall’ultimo successo italiano (l’Orso a La casa del sorriso di Marco Ferreri), mentre da 11 anni il “made in Italy” non vince una Palma a Cannes e da 14 un Leone a Venezia. Cesare deve morire è un film poetico, coraggioso, difficile. Una docufiction ambientata nella sezione di massima sicurezza del carcere di Rebibbia a Roma che racconta la messa in scena del Giulio Cesare shakespeariano da parte dei detenuti (fra cui molti condannati all’ergastolo), in un gioco di teatro nel teatro dove amore e odio, lealtà e tradimento, potere e assoggettamento rappresentano i meccanismi che dominano non solo gli antichi romani, non solo i carcerati ma l’umanità intera. L’Italia ha fatto parlare di sé a Berlino anche fuori del concorso ufficiale: Diaz di Daniele Vicari ha conquistato il secondo premio, assegnato dal pubblico, della sezione Panorama. Anche qui si

potrebbe parlare di docufiction, o meglio di una fiction documentaristica che ripercorre alcuni dei drammatici eventi del G8 di Genova nel 2001, in parte rifacendosi alla documentazione video di quei giorni, in parte affidandosi alle testimonianze dei partecipanti. Spiega il regista: «È stato un evento enorme che ha coinvolto i capi di Stato di tutto il mondo, ha visto l’arrivo di centinaia di migliaia di manifestanti anch’essi da tutto il mondo, ha visto la presenza di una quantità mai impiegata prima in Italia di forze dell’ordine. Migliaia di video attivisti, operatori televisivi, video operatori delle forze dell’ordine, fotografi e registi cinematografici hanno ripreso ogni cosa. Nell’archivio del Genova Legal Forum sono conservate migliaia di ore di riprese video e fotografie. Tutto è stato documentato. Tutto, tranne ciò che è accaduto dentro la scuola Diaz e dentro la caserma di Bolzaneto».

Diaz è un po’ come un film di guerra: ha avuto bisogno di un grande lavoro di stuntmen, effetti speciali, numerose auto di scena e mezzi tecnici abbondanti”

E Vicari parte proprio da questo vuoto narrativo per ricostruire – attraverso gli atti del processo e la voce di quelli che hanno partecipato – ciò che verosimilmente è potuto accadere all’interno della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto: la violenza e la vendetta delle forze dell’ordine su dei supposti black block, vittime sacrificali dei disordini dei giorni precedenti. “Anche supponendo che i presenti fossero stati

Orso d’oro ai Taviani

C

ESARE DEVE MORIRE di Paolo ed Emilio Taviani ha vinto l’Orso d’oro e il premio della giuria ecumenica, battendo il favorito tedesco: Barbara di Christian Petzold, storia di una dottoressa nella vecchia DDR, cui è andato l’Orso d’argento per la miglior regia. Il Gran Premio della

10

giuria è invece andato all’ungherese Just the Wind di Bence Fliegauf, film sull’odio anti-rom che ha vinto anche il premio di Amnesty International. Nella sezione Panorama, il pubblico ha premiato Parada del serbo Srdjan Dragoje-

FILM DOC MARZO - APRILE 2012

vic (sui diritti gay), Diaz – Don’t Clean Up That Blood di Daniele Vicari e Xingu di Cao Hamburger.

tutti incalliti black block, in base a quali norme o principi democratici si è potuta prendere una simile iniziativa? Per perseguire reati contro le cose, uno Stato ha il diritto di commettere così gravi reati contro le persone? A posteriori mi chiedo anche: non è per caso che Genova 2001 abbia dato inizio ad una crisi sociale e istituzionale profondissima che in un decennio di “fantapolitica” ha portato l’Italia sull’orlo del baratro?” sono le agghiaccianti domande che il regista di Velocità massima (si) pone. Prima di arrivare a raccontare gli orrori della Diaz e di Bolzaneto: pestaggio, umiliazione e tortura da parte della polizia sugli ospiti del Genoa Social Forum, Vicari ripercorre alcuni tragici episodi dei giorni precedenti – la morte di Carlo Giuliani, le cariche sui manifestanti, i vandalismi dei black block – guardandoli attraverso il punto di vista di vari personaggi: un giornalista (Elio Germano), il comandante del VII nucleo di poliziotti (Claudio Santamaria), un’anarchica tedesca (Jennifer Ulrich), un anziano militante Cgil (Renato Scarpa), a cui si affiancano tantissimi altri personaggi e diversi attori genovesi come Ignazio Oliva e Fabrizio Lo Presti. La narrazione procede avanti e indietro nel tempo, con una costruzione che ha il suo leitmotiv nella rottura di una semplice bottiglietta di vetro, un simbolo forse troppo artificioso (così come il rallenti dell’inquadratura) che vuole rappresentare l’innocenza dei manifestanti. Le riprese si sono svolte a Genova e a Bucarest. “In Romania abbiamo ricostruito Via Battisti, 250 metri di scenografia – racconta Vicari – Dal nulla di un gigantesco piazzale di cemento alla periferia di Bucarest è venuto su un intero quartiere di Genova. Diaz è un po’ come un film di guerra: ha avuto bisogno di un grande lavoro di stuntmen, effetti speciali, numerose auto di scena e mezzi tecnici abbondanti”. E conclude ringraziando il produttore Domenico Procacci che nonostante le difficoltà ha creduto nel progetto fino in fondo.


INTERVISTA A MASSIMO LAURIA

FESTIVAL DOC

Summit di sangue [ di Renato Venturelli ]

L

A PIÙ GRAVE SOSPENSIONE DEI DIRITTI DEMOCRATICI IN UN PAESE OCCIDENTALE DOPO LA SECONDA GUERRA MONDIALE. È LA FRASE DI AMNESTY INTERNATIONAL SU CUI SI APRE THE SUMMIT, IL DOCUMENTARIO DI FRANCO FRACASSI E MASSIMO LAURIA PRE-

SENTATO AL PANORAMA DOKUMENTE DEL FESTIVAL DI BERLINO. UN FILM SUL G8 GENOVESE DEL 2001 REALIZZATO PER CAPIRE NON SOLO CHE COSA È SUCCESSO NELLE STRADE DI GENOVA IN QUEI GIORNI, MA SOPRATTUTTO CHE COSA C’ERA DIETRO QUEGLI AVVENIMENTI. « Sono stati fatti tanti documentari, anche molto belli e importanti, su quello che è successo a Genova nel 2001” dice Lauria, che è nato in Calabria ma è cresciuto ad Arenzano, dove ha vissuto per vent’anni. “E’ però la prima volta che si fa un film per capire cosa c’era dietro. Non è credibile che singoli poliziotti o singoli reparti si fossero presi la briga di fare una repressione così dura, come non si era mai vista. E siccome il G8 non è un discorso solo italiano, abbiamo cominciato a ragionare su motivazioni di livello internazionale. Già allora, del resto, si sapeva che c’erano settecento agenti dell’Fbi in quei giorni a Genova. Il significato di quello che era successo doveva andare al di là di una repressione tutta italiana: a Genova c’era un collegamento di intelligence a livello internazionale». Quindi avete fatto un film-inchiesta anziché un film-testimonianza. «Abbiamo intervistato un centinaio di persone, studiato filmati, documenti, atti dei processi. Siamo andati a parlare con esperti di tattiche militari informali, con l’ex-generale della Nato Fabio Mini, con le vittime della Diaz e della caserma di Bolzaneto, con poliziotti e carabinieri…». E cosa avete concluso? «Che c’era una volontà internazionale di reprimere in maniera esemplare quel movimento che si stava sviluppando a livello mondiale. Un movimento che non riguardava solo forze di sinistra, ma riuniva cattolici, associazioni religiose, liberali, contadini del nord e del sud del mondo… A Genova è stata attuata una repressione di massa in modo da evitare il confronto che veniva chiesto. Molti di questi metodi erano già stati sperimentati a Seattle, Praga, Napoli, a Goteborg c’era già quasi stato il morto: solo per un miracolo la vittima riuscì a sopravvivere. E a Genova vennero segnalate in modo preciso le persone violente che stavano arrivando: ma nessuno andò a fermarle. Non si capisce perché furono fatte agire nonostante si sapesse. Ci sono ordini della questura che sono stati completamente ignorati: invece di andare a prendere i black bloc che sfasciavano tutto, si andarono ad attaccare le tute bianche… Venne costruita una situazione senza possibilità di fuga, tra via Tolemaide e piazza Alimonda: tutto lascia intendere che lo scopo non era quello di disperdere

la folla, ma di creare una vera e propria imboscata fino a far esplodere la tensione. Dal film si desume che la repressione del G8 genovese è stata una gigantesca operazione internazionale. Si voleva dimostrare al mondo che la piazza era pericolosa, che era meglio tenersene a distanza». Avete fatto un collegamento tra la repressione del 2001 e la crisi di oggi: la macelleria messicana come premessa alla macelleria sociale? «La crisi economica che stiamo vivendo è frutto di quel G8, durante il quale sono state prese decisioni che hanno cambiato il volto di questo pianeta. A Genova è stato deciso che i mercati finanziari del mondo avrebbero potuto agire in pratica senza nessuna regola, facendo piombare il mondo in una recessione finanziaria, ma soprattutto sociale, di cui oggi viviamo gli effetti più drammatici». Come è stato accolto il film a Berlino? Che cosa ha interessato maggiormente gli stranieri? «E’ stato accolto molto bene, pensa che al mercoledì mattina erano già tutti esauriti i biglietti per la proiezione del venerdì sera. Alla prima hanno chiesto di essere presenti il giornalista inglese Marc Cavell, massacrato alla

Diaz, il parlamentare tedesco Hans Christian Stroebele, una rappresentante di Amnesty International. Il giorno dopo Stroebele ha presentato una mozione al Bundestag per obbligare la Merkel a fare pressione sul governo italiano, affinché Monti faccia riaprire una commissione parlamentare d’inchiesta in Italia». E il pubblico? «Era interessato a capire meglio il movimento dei black bloc, le infiltrazioni, i gruppi militari, addestrati soprattutto negli Stati Uniti, che hanno compiuto atti serviti a giustificare l’attacco ai manifestanti pacifici. Un altro oggetto d’interesse erano le torture subite dai manifestanti: non dimentichiamo che le vittime erano in gran parte straniere. E poi il coordinamento internazionale: è la prima volta che un film sul G8 si concentra su questo aspetto. Finora era stato trattato come argomento nazionale. Non è così, il G8 è un evento mondiale e in questa prospettiva va visto». Si sa come e quando il film verrà distribuito? «Abbiamo ricevuto diverse offerte, sia di distributori italiani, sia stranieri, ma abbiamo detto a tutti di no. Volevamo aspettare la fine del festival, per avere una distribuzione vera, al cinema: e adesso stiamo decidendo».

Il contributo genovese di Video Voyagers

T

RA I PRODUTTORI DI THE SUMMIT, accanto alla Telemaco, c’è la genovese Video Voyagers di Furio Bruzzone e Ugo Nuzzo, una delle società che hanno sede a Villa Bombrini presso gli spazi della Genova Liguria Film Commission. Nata nel 2000, Video Voyagers realizza documentari istituzionali, creativi, filmati televisivi: un suo settore specifico riguarda la collaborazione con compagnie crocieristiche italiane ed estere. “Ho partecipato con entusiasmo alla realizzazione di The Summit, in quanto genovese e presente alle manifestazioni del 2001 che hanno lasciato una traccia indelebile nella mia coscienza

civile” dice Furio Bruzzone, che in The Summit è direttore della fotografia. “Io ho effettuato gran parte delle riprese del film, Ugo Nuzzo ha realizzato le riprese aeree ed un grande aiuto è arrivato da un altro genovese: Simone Torrisi, che ci

ha seguiti con passione, collaborando alla parte tecnica (microfonista) durante il nostro lunghissimo viaggio per raccogliere le interviste dei protagonisti. Un viaggio intenso e carico di emozioni”.


LE RECENSIONI DOC

HUGO CABRET

Il cinema è una cosa meravigliosa

N

ON OPERAZIONE NOSTALGIA, ma omaggio appassionato alle proprie radici culturali. Non bio-pic dedicato al pioniere del cinema fantastico, ma una favola per l’infanzia capace di tradurre in metafora della modernità le numerose citazioni dei film che si sono amati. La dimensione astorica di Hugo Cabret è del resto certificata da quel “Festival del cinema muto” dove il giovane protagonista fa vivere alla sua bibliofila coetanea l’avventura della scoperta del racconto per immagini, mentre Scorsese testimonia con l’aggiunta di quel incongruo aggettivo (“muto”) l’evidenza della prospettiva di un gioco della memoria che guarda quel tempo (l’azione si svolge presumibilmente nel 1925) come qualcosa di inesorabilmente coniugato al passato. Ma Hugo Cabret non è The Artist e tanto meno le inquietudini artistiche di Martin Scorsese sono paragonabili al-

J. EDGAR

l’estetizzante operazione “retrò” messa in scena in elegante bianco e nero dal francese Michel Hazanavicius. Pur nell’evidenza di un gusto citazionista che alla lunga può risultare un po’ stucchevole, quello di Scorsese è comunque un film d’autore, capace di costruire un mondo meraviglioso e non solo di evocarne le radici storiche. Il cinema come arte meccanica (artigianato?) per eccellenza si rispecchia non solo nel trionfo d’immagini dedicate all’era della tecnica (gli ingranaggi degli orologi: sia quelli costruiti da papà Jude Law, sia quelli amorevolmente accuditi da Hugo per eredità di zio Claude; i treni che entrano in stazione nella storia del cinema come negli incubi e nella realtà del protagonista; i giocattoli a molla e le protesi più o meno difettose; soprattutto l’antropomorfico robot che sta al centro del racconto e sul cui sguardo il film si conclude), ma trova compiuta espressione nel virtuosismo futuribile dei movimenti della cinepresa di Martin Scorsese, il quale

si serve dei ritrovati più moderni della tecnologia cinematografica (montaggio digitale, piani sequenza “impossibili”, lo stesso 3D) per costruire un universo d’immagini e di suoni nel quale possano rispecchiarsi sia l’amore per i grandi romanzi d’avventura (da Robin Hood a Jules Verne), mescolati con il realismo sociale delle più celebri opere di Charles Dickens, sia soprattutto la testimonianza del debito emotivo ai pionieri che hanno aperta la strada a quel meraviglioso giocattolo che è il cinema: da Georges Méliès a Harold Lloyd, ma anche dai Lumière a Charlie Chaplin. Un cinema, quello di cui parla Scorsese nell’atto stesso di farlo, inesorabilmente trasformato dalla realtà storica esterna (la prima Guerra Mondiale), ma capace di ritornare in tutto il suo splendore nello sguardo contemporaneo degli uomini (e dei bambini) del terzo millennio, ai quali Scorsese dedica idealmente la sua prima favola cinematografica, concludendola significativamente sullo sguardo del robot che ha ripreso infine a funzionare. Il cinematografo, caratte-

in scena apparentemente senza giudicarla è quella che ha caratterizzato la componente più conservatrice della storia statunitense nel corso del Novecento: pregiudiziale anticomunismo, insofferenza per l’equiparazione dei diritti per bianchi e negri, incompatibilità con le manifestazioni dichiarate di idee progressiste o di evidenti tendenze sessuali, amore per l’organizzazione del lavoro spinto ossessivamente sino al culto di meticolosi dossier finalizzati a ricattare tutti, presidenti compresi. Introdotto dall’uso insistito della voce fuori campo, J. Edgar è un film costruito interamente sui comportamenti e fa proprio, almeno in apparenza, il punto di vista del suo protagonista. Di Hoover, infatti, racconta solo l’attività storicamente accertata, anche se poi, alla resa del conti, Clint Eastwood finisce col coniugare sullo schermo una storia molto più complessa e contraddittoria: una storia di uomini e di donne votati con una tenacia spinta anche al di là dell’evidenza a far coincidere la realtà con la loro idea del mondo; un viaggio esistenziale sempre identico a se stesso, dallo splendore fisico di una giovinezza mal vissuta alla sua putrefazione sotto il makeup pesantemente caricato della vecchiaia; un sottile percorso nei grovigli dell’animo umano cadenzato

al ritmo dei 24 fotogrammi al secondo. Ancora una volta – come in Flags of Our Fathers o in Invictus – Clint Eastwood scommette sulla possibilità di tradurre in puro cinema la storia di un recente passato e, evitando i difetti come smussando le punte più personali di quelle sue opere precedenti, consegna al grande schermo quello che è forse il suo film più scespiriano, nel quale l’autore sparisce completamente nell’autonomia dei propri personaggi e nella forza evocativa della storia raccontata. Tutto questo concorre a fare di J. Edgar un grande film che però poco concede alle aspettative dello spettatore, il quale non può far altro che o evitare di comprendere quello che accade davanti ai suoi occhi o uniformarsi all’idea che solo nell’autonomia linguistica dell’opera vanno ricercati il suo senso e i suoi significati. Dal primo corno del dilemma nasce lo sconforto di chi, non trovando nel film neppure l’esplicito appiglio offerto ancora, ad esempio, dal messaggio edificante contenuto nel finale di Gran Torino, ha frettolosamente etichettato J.Edgar come un prodotto senile e reazionario o come anche solo un capolavoro mancato; dal secondo, invece, prende vigore la convinzione dell’assoluta coerenza espressiva di un regista che, consapevolmente in viaggio verso la rappresentazione

Storia del F.B.I. secondo Clint

C

ON J. EDGAR, Clint Eastwood racconta la storia degli Stati Uniti nel XX secolo, dal primo dopoguerra all’inizio degli anni Settanta, privilegiando due punti di vista che tendono a convergere: quello dei corpi che progressivamente imputridiscono sino a diventare un’amorfa massa di carne abbandonata ai piedi di un letto; e quello di una ideologia che si dimostra sempre più incapace d’interpretare la realtà entro la quale è nata e si trova ad operare. Il corpo è quello di Leonardo di Caprio ( ma anche, per assonanza, quelli di Armie Hammer e di Naomi Watts) che, dando una maschera all’onnipotente J. Edgar Hoover, offre ancora una volta uno splendido esempio di recitazione “a levare”; mentre l’ideologia messa 12

FILM DOC MARZO - APRILE 2012

rizzante forma d’arte della rivoluzione industriale, può far proprie le più meravigliose invenzioni tecniche, ma per essere davvero arte, sembra ammonire Scorsese inquadrando quello sguardo, non deve mai dimenticare che l’arte è fatta dagli uomini e per gli uomini. E questo è valido non solo per l’immaginario poetico dei pionieri, quale Georges Méliès, ma anche per i suoi moderni apologeti, perché per nostra gioia Martin Scorsese non dimentica mai, neppure in una favola per bambini quale Hugo Cabret, di essere l’autore di film “adulti”, capaci di parlare il linguaggio universale del cinema, come Quei bravi ragazzi o Gangs of New York.

HUGO CABRET (Hugo, Stati Uniti, 2011 ) Regia: Martin Scorsese – Soggetto: dal romanzo illustrato di Brian Selznick – Sceneggiatura: John Logan – Fotografia: Robert Richardson - Musica: Howard Shore -Scenografia: Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo - Costumi: Sandy Powell e Fola Solanke – Montaggio: Thelma Schoonmaker. Interpreti: Asa Butterfield (Hugo Cabret) – Chloë Moretz (Isabelle) – Ben Kingsley (George Mélies) - Sacha Baron Cohen (ispettore Gustav) – Jude Law (padre di Hugo) – Christopher Lee (monsieur Labisse) – Helen McCrory (mamma Jeanne) – Michael Stuhlbarg (René Tabard) – Ray Winstone (zio Claude) – Richard Griffiths (monsieur Frick). Distribuzione: 01 Distribution - Durata: due ore e 7 minuti

della morte, come ci ha ben dimostrato con Hereafter, continua a guardare al presente e a indagare tramite il cinema la complessità dell’animo umano, lasciandosi sempre più alle spalle la voglia preconcetta di essere capito, per sollecitare invece gli spettatori a mettersi in relazione con quello che è lì, chiaro ed evidente, sullo schermo. A condizione che si sappia guardare quello che si sta vedendo, perché solo in questo caso accade allora che un film di Clint Eastwood dimostri ancora una volta di saper riempire gli occhi e di scaldare il cuore di chi ama il cinema.

J. EDGAR (J. Edgar, USA, 2011) Regia e musica: Clint Eastwood - Sceneggiatura: Dustin Lance Black - Fotografia: Tom Stern - Scenografia: James J. Murakami - Costumi: Deborah Hopper – Montaggio: Joel Cox e Gary D. Roach. Interpreti: Leonardo Di Caprio (J. Edgar Hoover), Armie Hammer (Clyde Tolson), Naomi Watts (Helen Gandy), Josh Lucas (Charles Lindbergh), Ed Westwick (agente Smith), Lea Thompson (Lela Rogers), Dermot Mulroney (colonnello Schwarzkopf), Jeffrey Donovan (Robert Kennedy), Stephen Root (Arthur Koehler), Judy Dench (Anne Marie Hoover), Ken Howard (generale Harlan F. Stone), Christopher Shyer (Richard Nixon). Distribuzione: : Warner Bros.- Durata: due ore e 17 minuti.


[ di Aldo Viganò ]

WAR HORSE

Melodramma equino

T

RA LE MOLTE VIRTÙ del regista e produttore Steven Spielberg c’è anche quella di saper tradurre la convenzionalità tematica in opere autoriali, la favola dal sapore infantile in metafora della vita e in riflessione personale sul linguaggio cinematografico. E War Horse non fa eccezione. Anzi, il suo ultimo film sembra quasi voler portare sino alle estreme conseguenze questa tendenza che attraversa gran parte dell’opera spielberghiana, affrontando da vincente anche il rischio dello schematismo narrativo o della ripetizione di stilemi drammaturgici. Come già aveva fatto in L’impero del sole, anche in War Horse Spielberg mette in scena una storia di formazione: la violenta separazione di un giovane dalle proprie radici famigliari; il sentimento dell’amicizia come forza che fa affrontare e superare le difficoltà della vita; l’assurdità della guerra come abbrutimento etico e come drammatico specchio storico della lotta per l’esistenza; il premio della felicità che alla fine il destino dona a chi ha saputo attraversare con animo puro la tragedia di vivere. Solo che questa volta al centro del racconto non sta un ragazzino che la guerra con i giapponesi ha violentemente sottratto al nido dell’infanzia, ma c’è un mezzo

purosangue inglese che, con quel suo sguardo sempre un po’ spaventato, viene sottratto all’affetto materno, venduto all’asta, costretto a tirare l’aratro e poi ad abbandonare il ragazzo che l’ha educato per cadere nell’inferno della prima guerra mondiale, dove passa dalle cure di un ufficiale dell’esercito di sua Maestà, a quelle di uno stalliere tedesco e poi a quelle di una fanciulla francese, per tornare quindi tra i tedeschi che lo utilizzano per trainare i cannoni; sino a che, dopo una folle corsa tra il filo spinato che separa le trincee nemiche, il protagonista che ha conosciuto sino in fondo l’orrore dell’esistenza ritrova il suo primo padroncino, con il quale torna a vivere felice e contento sullo sfondo di un tramonto tanto infuocato, che neanche si era visto in Via col vento. War Horse, come già L’impero del sole, è un melodramma a lieto fine e, come Salvate il soldato Ryan, trae forza drammatica dalla giustapposizione di sequenze belliche di straordinaria forza spettacolare con altre in cui domina soprattutto il lirismo del paesaggio e la silenziosa presenza di una natura tragicamente violentata dagli uomini. Nel mettere in scena tutto questo, ancora una volta, Steven Spielberg rivela il suo straordinario talento visivo, capace di

FIGHT CLUB

trascorrere con fluidità narrativa dalla citazione della splendida retorica paesaggistica dei film MGM degli anni Quaranta e Cinquanta all’invenzione, tramite il montaggio digitale, dello spazio cinematografico, tutto fango e ritmo narrativo, che caratterizza le grandi scene di guerra. Se poi, dopo due ore e mezza che scorrono senza che il film perda mai l’unità stilistica, qualcosa non convince completamente in War Horse, a ben vedere, questo non dipende tanto dalla storia raccontata o dalla enfasi che alla favola dà la ridondante partitura musicale di John Williams, quanto dal fatto che la scelta del cavallo come assoluto protagonista finisce col dare al film un certo sapore astratto da cartone animato, relegando gli esseri umani al ruolo di poco più che comprimari: con il risultato che gli attori (fatta eccezione di Niels Arestrup) stentano quasi

sempre a trovare lo spazio e il tono per dare ai propri personaggi una dimensione drammatica che sappia essere altrettanto coinvolgente di quella che la cinepresa regala al suo interprete equino.

WAR HORSE (U.S.A., 2011) Regia: Steven Spielberg - Soggetto: dal romanzo omonimo di Michael Morpurgo, adattato per la scena da Nick StaffordSceneggiatura: Richard Curtis e Lee Hall - Fotografia: PJanusz Kaminski - Scenografia: Rick Carter - Costumi: Joanna Johnston - Musica: John Williams Montaggio: Michael Kahn. Interpreti: Ariane Ascaride (MarieClaire), Jean-Pierre Darroussin (Michel), Gérard Meylan (Raoul), Maryline Canto (Denise), Grégoire Leprince-Ringuet (Christophe), Anais Demoustier (Flo), Adrien Jolivet (Gilles) – Robinson Stévenin (il commissario). Distribuzione: : Sacher - Durata: un’ora e 40 minuti

[ di Giona A. Nazzaro ]

MILLENNIUM – UOMINI CHE ODIANO LE DONNE di David Fincher

Il primato dello stile

N

ON C’È BISOGNO DI SCOMODARE Raymond Queneau per affermare che gli esercizi di stile sono nobilissime manifestazioni del pensiero. E non c’è bisogno di scomodare Serge Daney (o chi per lui) per dichiarare che al cinema le storie (e le sceneggiature) contano ma sino a un certo punto.

Questo per dire, semplicemente, che il nuovo film di David Fincher, non è la versione hollywoodiana giunta in ritardo della trilogia cinematografica svedese tratta dai libri elefantiaci di Stieg Larsson. Ci vuole davvero poco per notare come Fincher, in perfetto stile hollywoodiano (nel senso di quella classica, be-

ninteso), se ne freghi altamente di plot e varia exotica svedese. Riducendo all’essenziale, grazie all’aiuto di Steve Zaillian, il primo tomo dedicato alle imprese di Lisbeth Salander, Fincher dimostra che ciò che conta al cinema è lo stile, perché è solo dallo stile che discende la potenza del racconto stesso. Ciò che entusiasma di più del suo film, però, e non è un paradosso, è l’invisibilità del suo stile (anche questa una cosa classicamente hollywoodiana). Se si escludono i titoli di testa che sembrano rimandare a Tsukamoto Shinya, il suo film estremizza quel partito preso della trasparenza che a partire da Zodiac è diventata la cifra dominante del suo stile. Ed è grazie a questa trasparenza che Fincher riesce a inoculare nel corpo del suo film una strepitosa riflessione sulle forme del tempo che assume i contorni di una vera e propria lezione di sguardo e di cinema. C’è una linea retta che collega le indagini al computer di Rick Deckard in Blade Runner alle foto animate di Fincher. Nel mondo di Millennium secondo Fincher ciò che conta è lo sguardo e il tempo.

L’uno e l’altro esistono in una simbiosi inevitabile. Così, mentre la trilogia svedese, pigramente mette per immagini linearmente la traccia narrativa dei libri di Larsson, Fincher, operando verticalmente, offre una lettura mai vista di storie che ormai conoscono anche i sassi. E, come in ogni vero esercizio di stile, quando pensi che sia tutto chiaro, giunge la fitta al cuore che non ti aspetti, che conferisce carne e sangue a quei corpi che sullo schermo sembravano così… trasparenti. Se proprio volete saperlo, è esattamente questo la differenza fra un cineasta e un mestierante che si limita a filmare sceneggiature illudendosi così di fare del cinema. MARZO - APRILE 2012 FILM DOC

13


VIAGGIO NELLE SALE STORICHE DELLA LIGURIA - 2

Il cinema nello Spezzino [ di Ariodante Roberto Petacco ]

I

NIZIANDO DALLA ZONA DELLE CINQUE TERRE, il panorama delle sale cinematografiche dalle origini del cinema ad oggi porta soprattutto i segni di innumerevoli vuoti causati nel corso del tempo da una molteplicità di ragioni che sarebbe troppo lungo ricordare. Tengono ancora alta (quanto e soprattutto fino a quando?) la bandiera a Levanto il Nuovo Roma e lo Sport con inserimento di arene estive ed un apprezzato festival fortemente voluto dalla famiglia Morandini, episodicamente si accendono gli schermi sulle notti estive anche a Moneglia e Portovenere. Ma è avvicinandosi a La Spezia che ci si accorge di quanti cambiamenti sono avvenuti: l'avvento di una grande multisala come "Il Megacine" ha assestato il colpo di grazia ad un complesso di sale di grande rilevanza che da molti anni ormai si andavano rarefacendo. Dal piccolo locale situato nel quartiere della Chiappa scendendo si è visto chiudere il glorioso Monteverdi, enorme cinema teatro con furoreggiare di avanspettacoli. Chiuso ormai da oltre un decennio l'Odeon del mitico gestore Beltramo (sembra peraltro che vi sia già più che un'intenzione da parte del Comune della città per una riapertura), stessa sorte per il Civico che, rimasto dopo una accurata opera di risanamento teatro di importanza non solo regionale, si è lasciato dietro solo la memoria di splendidi percorsi di cinema legati alle figure dell'indimenticabile Enzo Ungari che con Franco Ferrini, Enrico Oldoini ed altri appassionati ha segnato un'epoca. Passato definitivamente a luci rosse il Diana, hanno chiuso anche il Marconi e lo Smeraldo (dopo una velleitaria e breve trasformazione in multisala) mentre l'Astra ha concluso il suo per-

Da Moneglia alle Cinque Terre Due le sale “storiche” di Moneglia: l’Arena San Lorenzo, attiva dal 1964 al 1977 e il Centrale (19461994) di Emilio Frixione, un chiavarese che aveva fatto fortuna in Perù. Nella vicina Deiva, il Valdeiva. AnIl Centrale di Moneglia, oggi chiuso cora attive l’Arena di Bonassola e l’Arena Giardino di Monterosso, cui si è aggiunto il Burgo di Moneglia.

14

FILM DOC MARZO-APRILE 2012

corso diventando un superstore. Restano il Controluce Don Bosco che guidato da un gruppo di ex-oratoriani dopo un periodo di assoluto fulgore tra gli anni'80 e 2000 (decine di interventi di registi di assoluto prestigio con attori e sceneggiatori e rassegne mirate di grande consistenza) continua caparbiamente a resistere. Così come resiste il Cinema Nuovo diventato tale dopo decenni di esistenza come Unione Fraterna ed un lungo periodo di chiusura negli anni '80 per un completo restauro sotto la guida di due appassionati filmmaker come Tedoldi e Corvi (un po' troppo frettolosamente dimenticati) ed oggi affidato alle cure di Silvano Andreini per una programmazione di qualità. Ma tra gli anni sessanta e gli ottanta e qualche volta anche oltre anche la periferia spezzina presentava diverse interessanti realtà; a cominciare dal parrocchiale Candor di Mazzetta che ha finito i suoi giorni sotto la cura di un autentico personaggio che ha fatto senz'altro un po' di storia in questa zona. Si tratta di Carlo Roda vera memoria storica ed inesauribile fonte per collezionisti e non solo grazie ad una collezione sterminata di "pellicole" d'epoca. Lo stesso che aveva tentato per un breve periodo la riapertura di un vecchio locale cittadino profondendo i suoi sforzi per rianimare il Garibaldi del Canaletto costretto poi alla chiusura. Stessa sorte per il parrocchiale Palmaria di Canaletto stroncato dalla assoluta vicinanza del Megacine. Stessa causa probabile per la chiusura di un'altra storica sala del centro città come il Cozzani diventato sala bingo. Le avvertenze della crisi delle periferie aveva coinvolto già negli anni settanta il Volta e l'Augustus di Migliarina, una sala nella località Limone (diventata palestra) e ben due locali in località Termo. Da dove proseguendo si trova solo il ricordo di un piccolo cinema ad Arcola e del Verdi di Romito Magra (finito addirittura distrutto da un incendio e per anni sotto l'oculata gestione di Pino Trefiletti, ancora oggi ad una bella età memoria storica dei tempi andati). Ma anche la riviera spezzina non si faceva mancare il fascino del cinema in sala,

basti ricordare a S. Terenzo il Mantegazza e soprattutto il Giardino che sotto la ferrea direzione dell'allora parroco cinefilo Mons. Attilio Castiglione era attrezzato in maniera avveniristica per proiezioni al chiuso in inverno ed all'aperto per le estati con anche una ventennale presenza di attività di cineforum in cui non era raro incontrare il mitico padre Angelo Arpa. Oggi in quella zona resta solo l'Astoria di Lerici con programmazioni soprattutto di qualità ed annessa arena estiva sotto la guida dell'intraprendente Davide Borghini. Per l'altro locale chiuso nell'80 il Goldoni un avvenire di attività bancarie. A Portovenere c’era l’Arena, a Le Grazie lo Scalone. Anche Ameglia ebbe nel dopoguerra la sua sala situata all'incrocio tra il piano ed il paese e voluta da quel Onelio Moretti che praticava l'attività di proiezionista a bordo di transatlantici. A voler essere pignoli bisogna riconoscere ad Ameglia la voglia di cinema perché da svariati anni nell'incantevole area adiacente al palazzo comunale nel centro storico nel periodo estivo vengono promosse rassegne di indubbio interesse. Per Sarzana per fortuna è andata meglio perché a partire da ben prima del secondo conflitto mondiale esisteva una piccola sala (Marconi) cui successe il Moderno oggi multisala molto attiva (sei sale con 3D e digitale) che sotto la guida di Alberto Taponecco e Mimo Modaffari è un vero e proprio polo di attrazione per l'intera vallata ed oltre con periodiche rassegne mirate e cineforum. Fino a pochi


SALE DOC

≥ Dalla Cinque Terre alla Lunigiana, dalla costa all’entroterra, una zona di grande tradizione cinematografica.

anni fa si proiettava cinema anche nell'incantevole Teatro Impavidi oggi destinato specificamente a spettacoli teatrali e musicali. Un'altra presenza costante è rappresentata dal cinema parrocchiale Italia che nato nei primi anni cinquanta dalla volontà dell'allora parroco Giacinto Bertonelli è presente con una destinazione prevalentemente d'essai e vede al suo interno un cineforum attivo dal 1962. Ma forse per capire la vocazione al cinema di queste zone bisogna spingersi ancora oltre nel territorio fino a Castelnuovo Magra dove agli inizi del novecento la famiglia Carlini curava proiezioni viaggianti con la lanterna magica ed in seguito diede vita prima a proiezioni nel vecchio teatro nel centro storico del paese e poi costruì nel piano il Cinema Luni famoso a suo tempo per aver avuto per primo la possibilità di passare dal muto al sonoro. Ha chiuso negli anni settanta seguito poco dopo dal cinema Centrale (i due locali distavano 200 metri). Vi era tra loro una collaborazione commerciale tra la famiglia di Armando Carlini (figlio del pioniere) e quella di Mario Bello e Afra Pierantoni (gestori del Centrale). Negli anni sessanta un locale circolo culturale ("LA VETTA" anch'esso defunto) nei due locali propose per un periodo consistente rassegne ancora oggi ricordate (free-tedesco, cinema americano noir anni trenta). Del gruppo faceva parte anche un locale situato al confine con la Toscana: il Dogana di Ortonovo affidato al genero di Carlini di nome Licio Bologna. Possiamo aggiungere l'aneddoto relativo al figlio di Bologna (Sergio) che imparò il mestiere insieme alle sorelle seguendo soprattutto le arene estive che

per un ventennio ed oltre il gruppo gestì a Marinella di Sarzana e Fiumaretta di Ameglia per diventare gestore del mitico Politeama di Carrara in anni recenti fino alla chiusura attuale per problemi che troveranno, forse, soluzione in tribunale. Risalendo da Sarzana verso la Lunigiana si ricordano a S. Stefano prima un piccolo parrocchiale sotto l'edificio della chiesa dove era presente un 16 millimetri che alcuni giovani del posto usarono anche per brevi cineforum. Il locale industriale era rappresentato dal Lux situato lungo la statale e gestito dalla famiglia Vannucci/Lucà e chiuso negli anni '80, diventato in seguito supermercato ed oggi acquisito dal locale Comune per insediamento di uffici. Un piccolo locale ebbe breve esistenza anche ad Albiano mentre per qualche decennio fu presente ed attivo a Ceparana (frazione del comune di Bolano) il Perla in origine con la gestione Angeletti ed in seguito (dal 1970 fino alla chiusura nel 1985) gestito da Mario Lucà con frequenti rassegne di stampo cineforistico. Procedendo verso Fivizzano si incontravano il Castello di Pallerone (all'interno dello storico castello), il Moderno di Gragnola e l'Ideal di Monzone (edificato specificamente con tanto di galleria e chiuso nel 1960. Infine a Fivizzano il cinema Vittoria gestito ai primordi da Mattei Enrico cui subentrò Bozzoli Alfonso che aveva ceduto analoga attività tra Reggio Emilia e Modena per tentare la fortuna in Lunigiana. Dal 1952 al 1974 subentrò il figlio Gianfranco, poi la chiusura, oggi nei locali è insediato un istituto bancario. Ma il vero centro propulsore dell'attività cinematografica nella vallata fu Aulla dove dapprima si insediò un'arena nella piazza antistante la stazione ferroviaria e poi furono costruiti ben due locali l'Italia e il Nuovo. Gestiti dapprima da persone del luogo (Osmo Mattei, Fiorentini) conobbero il loro momento di boom quando il Nuovo venne gestito da Vincenzo Lucà che con i figli Mario e Giuseppe fu presente in varie realtà. In anni molto recenti (nuovo millennio) dopo la chiusura

dell'Italia il Nuovo conobbe una nuova gestione fino alla chiusura pochi anni fa. Nel frattempo però il Comune di Aulla provvide alla creazione di una vasta sala multimediale (circa 400 posti) in ambienti sottostanti il palazzo comunale. La gestione venne affidata a Mario Lucà (successore col fratello Giuseppe del patriarca Vincenzo) che riuscì a creare un'attività molto seguita con attenzione al cinema di qualità (cineforum e rassegne) ed alle proiezioni per le scuole. La recente alluvione ha cancellato il locale. Ma i Lucà sono presenti da decenni anche nella vicina Terrarossa con un locale di proprietà (il Verdi) ed a Villafranca Lunigiana dove l'amministrazione comunale ha riadattata una sala già attiva fino ad una ventina di anni fa come cral della Montedison. Oggi forse è questo il locale di maggior prestigio della zona con prime visioni, rassegne, proiezioni per le scuole di ogni ordine e grado. Resta Pontremoli dove ancora resiste il Manzoni (recentemente digitalizzato) dove uno strenuo drappello di volontari cura proiezioni "ordinarie" dal venerdì alla domenica ma allestisce anche (in primavera ed autunno) rassegne e proiezioni per le scuole. Ha chiuso al cinema dopo una onesta carriera il Teatro La Rosa oggi ritornato all'antico splendore dopo una complessa opera di restauro che lo vede insieme al Quartieri di Bagnone polo teatrale di eccellenza. E pensare che il cinema nel dopoguerra era presente in una piccola sala addirittura nella zona di Arpiola. Sic (forse) transit gloria cinema ma forse importante è e sarà resistere.

Al centro, Il Teatro Impavidi di Sarzana e due immagini del suo interno. In questa pagina, dall’alto in basso, il Moderno di Sarzana (esterno e interno), un interno del Controluce di La Spezia, lo Sport di Levanto. Nella pagina accanto, l’Odeon di La Spezia (esterno e interno) e il Roma di Levanto. Qui accanto, a cavallo delle pagine, il Monteverdi di La Spezia in una foto d’epoca.

a cavallo

MARZO - APRILE 2012 FILM DOC

15


The Artist

PERCORSI SONORI • Musiche da Film

C

OME PREVISTO, QUESTO PICCOLO GIOIELLO d’altri tempi firmato da Michel Hazanavicius continua a raccogliere innumerevoli riconoscimenti. Si tratta di un film muto, ambientato nel 1927, che narra la storia d’amore fra un divo sul viale del tramonto ed una stella nascente destinata a sfondare nell’era del sonoro. Uno dei punti di forza del film è senz’altro la partitura originale di Ludovic Bource, arrangiatore e musicista francese, semisconosciuto fuori patria sino a questo momento, ma già da tempo collaboratore di Hazanavicius (ha iniziato a collaborare con il regista franco- lituano dapprima per alcuni spot pubblicitari, poi per l’esordio al cinema con Mes amis , del 1999, e ha proseguito con le due parodie spionistiche dedicate all’agente segreto OSS117 uscito dalla penna di Jean Bruce). Scrivere lo score di The Artist imponeva al compositore di emulare lo stile delle colonne sonore tipiche dei film muti, evitando però di creare una parodia a buon mercato. Per essere in grado

Sherlock Holmes: Gioco di Ombre

S

ECONDO C A P I TO L O DEDICATO a Sherlock Holmes. Stesso regista, Guy Ritchie, stessi interpreti, Robert Downey Jr. e Jude Law, stesso compositore, Hans Zimmer, che per questo sequel, ha ripercorso la vecchia via, ma lo ha fatto spingendo la musica al suo estremo. Andando dritti al sodo, questo è il caso in cui una colonna sonora si trasforma in una scusa per dare libero sfogo allo sfrenato divertimento del compositore. Beninteso, divertirsi lavorando non è certo un male, ma duole riscontrare la totale mancanza dello sviluppo di nuovi motivi nell’intera partitura. La musica, infatti, si limita in gran parte ad espandere il leitmotiv del capitolo precedente. Nonostante sia entrata una nuova porzione musicale che potremmo definire zingaresca, con tanto di fisarmonica, banjo, cembalo e violino, questa colonna sonora ha poca personalità e non ha una direzione nar-

Millennium - Uomini che odiano le donne

I

L POPOLO DI SVEZIA SARÀ INORRIDITO per tutta l'attenzione che l’industria editoriale e cinematografica ha dato alla trilogia Millennium di Stieg Larsson. Si tratta di tre romanzi polizieschi, pubblicati postumi, già trasposti in film da registi scandinavi, e caratterizzati da un potpourri di violenza che non suona certo come un omaggio alla società svedese. Ora, il perché a poco più di un anno di distanza venga prodotta una seconda versione di Millennium - Uomini che odiano le donne (primo dei tre romanzi), affidata

Vendetta al cioccolato

16

The help è “l’aiuto” per la padrona di casa, una domestica tuttofare con mansioni di cameriera, cuoca e bambinaia. Siamo nei primi anni ’60. John Fitzgerald Kennedy è Presidente, il reverendo King ha un sogno, Barack Hussein Obama nasce ad Honolulu, ma nel sud degli Stati Uniti la segregazione razziale è ancora una rassicurante certezza. Sono in molti a Jackson a pensare che esista una “differenza fisica tra la razza bianca e nera che impedirà per sempre una convivenza in termini di parità sociale e politica”, per usare le garbate parole di Lincoln. Le domestiche di colore vengono pagate poco, sono prive di ogni diritto e hanno l’obbligo di usare un bagno separato da quello dei bianchi perché le si immagina portatrici di malattie terribili. Lavano, rassettano, cucinano e si occupano dei bambini che, non informati dell’artificio che distingue e separa i bianchi dai neri, adorano le loro tate colorate, almeno fino al momento in cui molti di loro, crescendo, prendono ad assomigliare ai genitori. Molti, ma non la Stockett né Eugenia Skeeter Phelan/Emma Stone alter ego della

FILM DOC MARZO - APRILE 2012

al regista David Fincher, è uno dei tanti misteri del mercato cinematografico. Ma passiamo alla colonna sonora, che Fincher affida a Trent Reznor, ex membro dei Nine Inch Nails, e a Atticus Ross, con cui aveva già lavorato in occasione del film The Social Network (la cui colonna sonora, lo scorso anno, si è aggiudicata l’Oscar e il Golden Globe nella sua categoria). Per quest’occasione i due musicisti hanno optato per la leggerezza, una scelta coraggiosa dato il tenore della pellicola. Il risultato è un triplo CD con tre ore di musica inedita, ognuno dei quali contiene tredici brani, per un totale di trentanove tracce piacevolmente accessibili. Particolarmente apprezzabile è la scelta dell’inserimento di tre canzoni; la prima è una cover a dir poco abrasiva di "Immigrant Song" dei Led Zeppelin interpretata da Karen O degli Yeah Yeah Yeahs (accompagna i titoli di testa), la seconda è una rilettura appetibile di “Is Your Love Strong Enough?", nota hit di Bryan Ferry, eseguita dai How To Destroy Angels, la terza è la nota ballata new age di Enya "Orinoco Flow", che pare sia stata inserita grazie ad un suggerimento di Daniel Craig, protagonista del film.

• 19 •

The Help di Tate Taylor

I

di scrivere passaggi musicali che citassero i manierismi e l’andamento delle partiture di quegli anni, ma che avessero al loro interno un nucleo di originalità, il compositore ha dovuto studiare approfonditamente la musica della Golden Age. In senso tecnico questo è un lavoro riuscito, in senso lato, questo score merita di entrare a far parte delle vostra collezione. Ad orecchie allenate non saranno sfuggiti alcuni riferimenti ai magnifici commenti sonori di Franz Waxman, Erich Wolfgang Korngold, Max Steiner e Alfred Newman (così come alcuni tocchi alla Bernard Herrmann e alla Maurice Jarre), o ancora i suggestivi passaggi che ricordano Charlie Chaplin, Leigh Harline e Carl Stalling; ma Bource se riecheggia lo fa con garbo, e se rilegge lo fa con una freschezza tutta contemporanea, cosicché questo CD può essere considerato non solo una colonna sonora, ma anche una valida compilation di melodie Golden Age. L'elemento vincente risiede nella sua personalità estroversa e romantica… questo tipo di accompagnamento sonoro, d’altronde, non è mai stato destinato ad essere sottile o appena percepibile. Il film sarà anche muto, ma la voce della musica si ode chiaramente. Lo score ha già vinto il Golden Globe per la migliore colonna sonora originale ed ha ottime possibilità di bissare con l’Oscar (nel momento in cui scrivo la cerimonia deve ancora svolgersi).

rativa, in più, manca una coesione strumentale e la parte orchestrale della partitura è stanca e ridondante. Ma allora, c’è qualcosa da salvare? Sì. Le registrazioni degli artisti slovacchi sono, sotto molti aspetti, ammirevoli. Questa accuratezza va ricollegata al fatto che Zimmer sia così stregato dal suono gitano da basarsi quasi esclusivamente su di esso (ed ecco l’errore), e si limiti ad alternarlo qua e là con la reprise di temi già utilizzati. Compratelo solo se siete stati in Slovacchia e ne avete amato la tradizionale musica gitana.

QUANDO IL CINEMA SPOSA LA CUCINA

N PRINCIPIO THE HELP era solo il libro di Kathryn Stockett uscito nel 2009, un romanzo con alcuni elementi biografici riguardanti l’autrice, cresciuta a Jackson, nello stato del Mississippi, dove la nonna aveva come domestica Demetrie, una donna di colore. Il libro, inizialmente rifiutato da molte case editrici, è diventato un best seller. Nel 2011 Tate Taylor ne ha tratto un film che, ottenendo quattro nomination agli Oscar, ne ha consolidato il successo.

[ di Barbara Zorzoli ]

scrittrice. La giovane e ribelle neolaureata ha avuto una tata nera, Constantine, che ha continuato ad amare. E’ consapevole delle terribili condizioni di vita dei neri di Jackson e decide di dare il suo contributo alla loro causa. Raccoglie le testimonianze delle domestiche di colore e le pubblica in un libro. Il gesto richiede molto coraggio, soprattutto da parte delle domestiche, ma in un film tutto è possibile, soprattutto quando, pur mostrando una realtà drammatica, decide di mantenere il tocco leggero della commedia. In Mississippi Burning non sarebbe potuto accadere. Per il suo progetto Skeeter si avvale dell’aiuto di Aibileen Clark/Viola Davis e Minny Jackson/Octavia Spencer, le due domestiche di colore protagoniste della storia. Aibileen è specializzata nel crescere bambini bianchi, mentre Minny è un’ottima cuoca – proverbiali il suo pollo fritto, reso particolarmente croccante dall’utilizzo dello strutto, e la torta di cioccolato con vaniglia messicana - e nonostante debba subire, oltre ai consueti soprusi, anche la violenza del marito, fa mostra di una grande dignità e perfino di una certa verve. Si tratta di un film che ha un dichiarato intento educativo e sarebbe molto “politicamente corretto” se non fosse per la sfrontatezza di Minny. Licenziata dall’odiosa padrona per aver usato il bagno di casa, si vendica confezionandole una delle sue torte di cioccolato a cui aggiunge un ingrediente speciale che, per ragioni estetiche, tralasciamo di citare. I lettori interes-

[ di Antonella Pina ] sati alla ricetta, che hanno un conto in sospeso con qualcuno, potranno sempre andare a vedere il film, nel caso non lo abbiano ancora fatto. Noi ci limiteremo a cucinare un dolce innocuo, una sorta di crostata con mousse al cioccolato. Per la base: lavorate 150 g di farina con 100 g di burro, 50 g di zucchero, un tuorlo, una bustina di lievito per dolci e, se serve, un po’ d’acqua. Stendete la pasta in uno stampo a cerniera di 22 cm - precedentemente imburrato - tenendola sollevata lungo il bordo, bucherellatela, coprite con carta da forno e legumi secchi e fate cuocere a 180° per 20 minuti. Poi fate raffreddare. Per la crema: portate ad ebollizione 1.5 dl di panna e 1.5 dl di latte incorporandovi 200 g di cioccolato fondente e due uova precedentemente sbattute. Versate la crema sulla base e rimettete in forno a 180° per 15 minuti. Servite le fette di torta con un cucchiaio di panna fresca montata. Con il cuore sgombro da impulsi vendicativi, aggiungiamo un tocco di poesia e abbiniamo un Aleatico dell’Isola di Capraia.


DISEGNO DI ELENA PONGIGLIONE

LA POSTA DI DOC HOLLIDAY

Victor Mature, il grande Doc Holliday

Gent.mo dottor Fava "doc Holliday", ho appena visto in sala un vecchio film girato a Genova con Victor Mature e mi rivolgo a Lei, in quanto con questa rubrica rende omaggio a uno dei grandi personaggi interpretati dall'attore, forse il più importante della sua carriera. Per Lei, Mature era un bravo attore o era solo un bisteccone? Ed è vero che aveva origini italiane, come ho letto da qualche parte? Cordiali saluti. Pasquale Musso – Genova Caro Musso, il film di cui lei parla è presumibilmente “Interpol” (1957) di John Gilling (in originale “International Police” o “Pickup Alley”) di cui ha scritto recentemente Renato Venturelli proprio in Film Doc n.95 del 6 Novembre 2011. Venturelli ricordava che era stato ampiamente girato a Genova -via Balbi, il Lagaccio, il Ponte di Carignano, eccetera- ma che la nostra città non vi era menzionata, camuffata, secondo la necessità della sceneggiatura, principalmente da Atene, e forse anche da altri luoghi. Al fianco di Mature recitarono attori di buon livello, o comunque di buona notorietà, come Anita Ekberg, Trevor Howard, Bonar Colleano. Per venire al succo della sua domanda credo si possa rispondere che Victor Mature era tante cose insieme: al tempo stesso un bravo attore e, come dice lei, un “bisteccone”. In una prima parte della carriera egli apparve in film di notevole importanza. Ad esempio, come ricorda il lettore, in “Sfida infernale” (My Darling Clementine, 1946) di

Forza Italia  • 07 •

John Ford dove fu appunto a fianco di Herry Fonda - nella parte di Wyatt Earp - il Dr. John “Doc” Holliday: anni dopo dopo in “Sfida all’O.K.Corral” (Gun fight at the O.K. Corral) lo stesso personaggio venne interpretato da Kirk Douglas mentre la parte di Wyatt toccò a Burt Lancaster. Nel 1947 Victor Mature fu invece il gangster Nick Bianco nell’ottimo “Il bacio della morte” (Kiss of Death) del grande Henry Hathaway, ricordato soprattutto perché fu il film di esordio di Richard Widmark nella parte di un sadico, Tommy Udo, che lo rese famoso. Si può dire che ancora per un decennio Victor Mature ebbe una carriera di successo ove appunto interpretò parti di buon livello o comunque di successo. Ricordo “Il gigante di New York” (Easy Living, 1949) di Jacques Tourneur a fianco di Lizabeth Scott, Lucille Ball e Lloyd Nolan. Oppure il gigantesco Sansone irretito da Dalila (Hedy Lamarr) in “Sansone e Dalila” (Samson and Delilah, 1949) di Cecil B. De Mille, allineando poi altri personaggi epici ad esempio ne “La tunica” (The Robe, 1953) di Henry Koster con Richard Burton e Jean Simmons. Via via con il passare del tempo Victor Mature si gonfiò, sia fisicamente che professionalmente, pur con qualche momento di maggiore credibilità come in “Controspionaggio” (Betrayed, 1954) di Gottfried Reinhardt ove, opposto a Clark Gable impersonava un capo partigiano olandese traditore. Di classe anche il resto del “cast” con Lana Turner e soprattutto Louis Calhern, O.E.Hasse e Wilfrid Hyde–White. Mature era nato nel 1913 a Louisville nel Kentucky (secondo altre fonti nel 1915) e morì nel 1999 in una “community”, Rancho Santa Fe, in California. Malato da diversi anni e da diverso tempo lontano dal cinema. Salvo un mio errore la sua ultima, fugace apparizione fu in un toccante film del 1979 “Oltre il giardino” (Being

There) di Hal Ashby, cavallo di battaglia di Peter Sellers, a fianco di molti tipici attori hollywoodiani, fra cui Shyrley MacLaine e Melvyn Douglas. Fu, nei pregi e nei difetti, con la sua ostentata tipologia da italo-americano atletico, una tipica figura post bellica, completamente superata dai tempi e dalle mode. Era di padre italiano, Marcello Gelindo Maturi (un arrotino nato a Pinzolo in Trentino quando faceva ancora parte dell’Austria-Ungheria, ed emigrato negli Stati Uniti nel 1912) e di un oriunda svizzera, Clara P.Ackley. Come si vede il suo cognome era un vago arrangiamento americano dell’originale trentino. Ebbe ben cinque mogli ed una figlia. Partecipò alla Seconda Guerra Mondiale come sottoufficiale del Coast Guard.

Per scrivere a Claudio G.Fava: claudio.g.fava@village.it

[ di Giovanni Robbiano ]

VERRANNO RECUPERATI IN TV FILM INEDITI O POCO VISTI DI GIOVANI AUTORI LIGURI

Non fiori ma opere di bene…! M

I È VENUTO in mente questo titolo ma una ragione c’è e la spiego. Premessa, questa volta non tratto di un film piccolo o medio che sia ma di una iniziativa che spero possa avere un senso. Da qualche tempo collaboro con una tv privata genovese, da tempo in precaria situazione e da qualche mese nelle mani di un nuovo gruppo: la gloriosa TeleGenova. Non sto a parlare dei problemi enormi che si debbono affrontare per risollevare un marchio che era finito in pesanti sofferenze, intanto ci vuole molto tempo e molto lavoro e i primi segnali di un nuovo rilancio si vedranno da qui in avanti, lentamente ma si spera costantemente; parlo piuttosto del desiderio di rilanciare una voce storica con idee possibilmente interessanti. Il che non vuol dire necessariamente idee nuove: la pretesa di fare qualcosa di nuovo in televisione ci ha

regalato alcuni dei programmi più avvilenti di sempre. Certo un po’ di gusto e qualche intuizione non guastano ma su questo vedremo. La prima cosa a cui ho pensato assumendo il mio “incarico” è stata l’idea che film, magari visti poco, potrebbero suscitare interesse e tenere la gente seduta davanti allo schermo, il che è poi quello che conta nel nostro caso, noi non dobbiamo manipolare le menti, dobbiamo solo far passare un po’di pubblicità… Così siamo andati in cerca di accordi e posso anticiparlo, tra qualche settimana cominceremo a programmare classici, filmoni in bianco e nero, comiche, anche capolavori: sembra non interessino a nessuno e con le dovute proporzioni, te li tirano dietro…E allora, ho pensato, e se cercassi di recuperare quei film che non sono mai usciti, alcuni oggettivamente brutti ma tanti decenti e perfino decorosi? E via una campagna di ricerca che necessariamente è partita da Genova e dintorni: così posso annunciare che cominceremo a trasmettere, “hic et nunc” alcuni dei film più o meno recenti prodotti nelle nostre contrade,

anzi per lo più autoprodotti. Cominciamo con Il Metodo Orfeo, di Filippo Sozzi del 2008: un piccolo horror sorprendentemente gradevole, che ha raccolto qualche premio ed è stato gestito con grande professionalità e ottimo risultato tecnico da uno staff quasi integralmente genovese, a partire dal regista – sceneggiatore (con l’aiuto di Sabrina Sappa e Alessandro Gentini) , il cast artistico (Riccardo Traverso e Cecilia Nesti con l’apparizione del nostro feticcio Alberto Bergamini) , la fotografia (Sara Fenu) e produzione tra cui a braccio non me ne vogliano gli altri cito l’amico Stramaglia… Un manipolo di ex allievi della gloriosa Sdac di Maurizio Gregorini che ha sfornato in tanti anni un buon numero di futuri professionisti o amateurs di livello come il buon Filippo. Due parole sul film, è un classico archetipo del genere, lo scrittore che assieme alla compagna affitta una casa isolata, qui all’Elba, anche se la location non viene contestualizzata, per scrivere un thriller, peccato che, come nei classici del genere, la villa sia stata luogo di una strage efferata… Il protagonista ci va apposta, convinto che la discesa in quel luogo di sofferenza ag-

giunga valore alla sua opera, e ovviamente se ne pentirà. La volontà è proseguire in questa ricerca, andando anche a scovare opere più lontane nel tempo di ambiente e produzione genovese e oramai perse in qualche mensola, invisibili da tempo o addirittura da sempre: piccole rassegne di cortometraggi, film indipendenti girati rompendo i salvadanai, qualche operazione maggiormente ambiziosa che magari ha avuto poca fortuna. I contatti sono stati presi, ci sono almeno una decina di prodotti pronti, l’invito a chi mi legge è di farsi vivo, segnalarmi il suo film o il film di qualche conoscente: mi trovate a giorobbiano@gmail.com, a voi la palla, attendo con curiosità. MARZO - APRILE 2012 FILM DOC

17


LIBRI E RIVISTE Cooper ≥Gary di Mariangela Pierini

(Le Mani, Recco

2011, 411 pp., 22 euro) I libri sugli attori corrono sempre il rischio di essere una mescolanza di aneddoti biografici e di filmografie commentate. In questa ampia monografia, invece, la figura di Gary Cooper (1901-1961) viene analizzata dettagliatamente discutendo innanzitutto le caratteristiche interpretative dell’attore, il modo in cui venne utilizzato dallo studio-system e dai registi con cui ebbe a che fare: a partire ovviamente dalla sua “naturalezza” e dal suo “underplaying”, dalla “recitazione invisibile” che scandisce una formazione interamente cinematografica, secondo una tradizione divistica non rara all’interno del grande cinema hollywoodiano classico. Sintomatico, a questo proposito, un commento dello stesso Cooper: “Quando leggo che sono un talento naturale che non ha mai preso una lezione di recitazione in vita sua, mi chiedo cosa siano tutte quelle migliaia di ore che ho passato con Ronald Colman, William Powell, John Huston, Henry King, Sam Goldwyn, Cecil B.De Mille, Charles Laughton…”. E Orson Welles: “Gary Cooper era un attore cinematografico, il caso classico. Lo vedevi lavorare sul set e pensavi: ‘Dio mio, questa scena dovranno rigirarla!’. Praticamente, sembrava che non ci fosse. Poi vedevi i giornalieri, e riempiva lo schermo!”.

ricerca della (in)felicità: il ci≥ Alla nema di Todd Solondz di Nicolò Barretta, Andrea Chimento, Paolo Parachini (Falsopiano, Alessandria 2011, 198 pp., 19 euro) L’opera cinematografica di Todd Solondz analizzata attraverso una serie di temi (la famiglia, l’adolescenza, la sessualità, la società ecc.) e collocata sullo sfondo della produzione indipendente americana degli ultimi trent’anni. Con un capitolo dedicato all’analisi dei rapporti tra i film di Solondz e i fumetti indie americani, e in particolare con Daniel Clowes, autore molto vicino al regista e disegnatore fra l’altro del manifesto di Happiness. Altri rapporti affrontati: quelli con Chester Brown e con gli scrittori Raymond Carver, John Cheever, Samuel Beckett. Introduzione di Alberto Pezzotta, conversazione finale con Todd Solondz, che indica alcuni dei suoi registi contemporanei preferiti (Mike Leigh, Terry Zwigoff, il Matteo Garrone di Gomorra, il Laurent Cantet di A tempo pieno e soprattutto Todd Haynes; negativo invece su Paul Thomas Anderson) e chiude con la frase: “il mio lavoro non è dire la verità, è raccontare storie, la verità non è interessante”.

uomini oggetto ≥ Gli di Laurent Jullier e Jean-Marie Leveratto (Gremese, Roma 2011, 128 pp., 18.50 euro) Il punto di partenza è naturalmente Marlon Brando, che in canottiera o in t-shirt fece esplodere all’inizio degli anni ‘50 la questione dell’erotismo maschile in termini di corpooggetto e di virilità da striptease. Il libro di Jullier e Leveratto si presenta col formato di un album illustrato, ma come altri titoli della collana è in realtà un saggio articolato, scritto da due docenti universitari (Jullier è tra l’altro autore di “Il cinema postmoderno”). E la riflessione sul corpo oggetto maschile parte da una frase di Jean-Paul Sartre (“io esisto il mio corpo”) 18

FILM DOC MARZO - APRILE 2012

Thriller italiano in cento film di Claudio Bartolini e Luca Servini (Le Mani, Recco 2011, 268 pp., 18 euro) All’epoca della loro uscita venivano per lo più bistrattati, confinati ai circuiti di sale popolari e al cosiddetto mercato di profondità. Da molti anni, invece, i thriller “all’italiana” sono diventati uno dei generi di culto della cinefilia internazionale, che li ha ribattezzati col termine “Giallo” partendo dal modo in cui in Italia venivano chiamati mysteries e polizieschi classici per via dei Gialli Mondadori. Nella storia dei generi in cento film della casa editrice Le Mani esce adesso questa utilissima guida al thriller italiano, filone impostosi tra gli anni ’60 e ’70 sulla scia di una crescente tendenza sensazionalista: una tendenza che affonda le sue radici nelle sceneshock della vasca da bagno di I diabolici di Clouzot o della doccia di Psycho, prosegue con produzioni inglesi

per rovesciarla nel suo opposto: “per l’uomo oggetto, il suo corpo lo esiste, il suo involucro lo definisce, i suoi muscoli lo giustificano”. Il percorso va dall’atletismo spavaldo di Douglas Fairbanks alla corporeità “nature” di Johnny “Tarzan” Weissmuller, da Clark Gable a Charlton Heston, dall’esibizione sadomaso del corpo continuamente martoriato di un Burt Lancaster fino ai travestitismi, al body building di Schwarzenegger, ai film di Visconti, al fascino felino (categoria in cui figurano Redford e Delon), a Viggo Mortensen e Mickey Rourke. Fino ad osservare il ribaltamento avvenuto nel cinema mainstream di oggi, dove la nudità maschile sarebbe diventata più accettabile di quella femminile. Un percorso che coincide con una liberazione del corpo maschile o del desiderio femminile? Forse, più semplicemente, un percorso che scandisce la continua ricerca di erotismi da parte dell’immagine cinematiografica.

Cinecritica n.64 (ottobre-dicem-

2011, pp.114, 6 ≥ bre euro)

Il primo piano della rivista del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici (SNCCI) è dedicato in questo numero a Pasquale Scimeca, con una lunga e dettagliata intervista a cura di Cristiana Paternò, oltre a saggi di Emiliano Morreale e Anton Giulio Mancino. Altri articoli sul cinema romeno, la neoavanguardia italiana, il Risorgimento, Hemingway, Bellocchio, i documentari di Cosimo Terlizzi (con intervista), le recensioni di giovani critici vincitori del premio “Giovani e innocenti”.

Walt Disney di Roberto Lasagna ≥ (Falsopiano, Alessandria 2011, 344 pp., 23 euro) Torna in libreria in edizione ulteriormente accresciuta e aggiornata l’ormai classica monografia di Roberto Lasagna su Walt Disney, dove ogni singolo film viene analizzato nell’ambito del contesto culturale, storico e politico in cui venne prodotto: affrontando le innumerevoli contraddizioni della figura di zio Walt, ma anche l’intuizione che lo portò a proporsi come pionieristico “artista seriale” novecentesco. Aggiornato fino agli anni della Pixar/Disney, con contributi di altri saggisti, e introduzione dell’autore dell’altra storica monografia italiana su Disney: Oreste De Fornari, che del prodigioso Walt sottolinea l’immortalità au-

o addirittura tedesche ed esplode poi nel tripudio di invenzioni formali e coloristiche, di raptus omicidi e di coreografie della violenza, di zoomate e stravaganze pop della produzione italiana. La selezione prende il via da Il rossetto di Damiani (1960), indicato come precursore, prosegue col fondamentale Mario Bava di La ragazza che sapeva troppo (1963) e Sei donne per l’assassino (1964), passa attraverso i primi titoli di Dario Argento che consacrano il filone e affonda nella produzione più intensa compresa tra il 1969 e la metà degli anni ’70, quando comincia il rapido declino (il volume tratta comunque anche titoli successivi, arrivando fino ai nostri giorni). Con molti titoli obbligati, qualche riscoperta, una sostanziale bocciatura per l’ultimo Dario Argento, anche se motivata dalla volontà di testimoniare nuove tendenze e nuovi autori. Curiosità: il regista più rappresentato è Sergio Martino (con 9 film), seguito da Mario Bava (6), Dario Argento (6), Umberto Lenzi (5), mentre per gli ultimi decenni spiccano i Vanzina con 4.

toriale per cui “morto quarant’anni fa, continua a firmare cartoon in puro stile Disney”.

si gira! ≥ Camogli… (Corigraf, Genova 2011, pp.48, 8.50 euro) Quaderno abbondantemente illustrato sui film girati a Camogli, con brevi schede sui titoli principali (Preludio d’amore, Il diavolo in convento, Pezzo capopezzo e capitano ecc.), alcune riscoperte (il semisconosciuto Al mare pago io, film svizzero interamente girato nella località ligure ed interpretato da Capannelle, ma che non compare quasi mai nelle filmografie dell’attore), cenni sulle produzioni televisive e i documentari. Tra questi ultimi, da ricordare Tigullio minore, realizzato nel 1947 da Dino Risi.

Neapolitan Cinema ≥ diTheAlexNew Marlow-Mann (Edinburgh University Press, pp. 242) Il giovane ricercatore inglese Alex Marlow-Mann con il suo ottimo libro The New Neapolitan Cinema ha circoscritto la sua analisi del cinema napoletano al periodo degli ultimi vent’anni, quello che dopo un’anonima fase di transizione seguita agli exploit di Piscicelli e Troisi nei primi anni ’80, ha visto gli autori partenopei imporsi sullo scenario nazionale e in alcuni casi internazionale. Datando l’inizio della sua esplorazione 1990 (Matilda di Antonietta De Lillo e Giorgio Magliulo) e 1991 (Vito e gli altri di Antonio Capuano), l’autore individua i 50 film-chiave del ventennio e ne cita molti altri, senza tralasciare proprio nulla: i nuovi autori e gli artigiani, i capolavori e i film di serie B, le opere artistiche e il cinema ‘basso’, le poetiche d’autore e i filoni di genere e le formule vincenti (la postsceneggiata con Nino D’Angelo, la ricetta canoro-sentimentale declinata sui neomelodici), le nuove realtà produttive, l’equivoco della coincidenza della rinascita del cinema napoletano e del ‘Rinascimento’ bassoliniano, il “Nuovo Cinema Napoletano” degli anni ’90 dei Corsicato, Martone, Incerti, De Lillo, Capuano e l’affermazione dell’’onda’ successiva dei Sorrentino, Terracciano, Luglio, Di Majo, Dionisio, Gaudino, Marra, Lambertini, Marrazzo. Preziose anche la bibliografia e le appendici con grafici e dati. (Alberto Castellano)


INTERVISTE DOC

INTERVISTA A LIONELLO CERRI, ESERCENTE, PRODUTTORE E NUOVO PRESIDENTE ANEC

L’uomo Anteo Il premio Pittaluga va quest'anno a un simbolo del cinema di qualità in Italia. Tra i suoi successi, Giorni e nuvole di Soldini e Fuori dal mondo di Piccioni.

[ di Matteo Mazza ]

G

UARDARE E PENSARE AL PUBBLICO. DA ESERCENTE E PRODUTTORE DI CINEMA DI QUALITÀ. QUESTO, IN SINTESI, È IL LIONELLO-CERRI-PENSIERO, PRESIDENTE ANEC E DI LUMIÈRE & CO. E PATRON DI ANTEOSPAZIOCINEMA CHE, DOPO DOMENICO

PROCACCI E SIMONE BACHINI, SI È AGGIUDICATO IL GIOVANE PREMIO PITTALUGA. QUEST’ANNO IL RICONOSCIMENTO IDEATO DAL CLUB AMICI DEL CINEMA E DALL’ACEC LIGURIA HA VISTO LA COLLABORAZIONE DEL GENOVA- LIGURIA FILM COMMISSION. PER L’OCCASIONE FILM DOC LO HA INCONTRATO NEL SUO UFFICIO DALLE PARETI ARANCIONI, CHE SEMBRANO ANTICIPARE IL SUO ENTUSIASMO, E SI È FATTO RACCONTARE IL SUO ORIGINALE PUNTO DI VISTA. Un premio da Genova e dalla Liguria. Città e regione a cui sei particolarmente legato… Mi fa piacere di ricevere questo giovane premio. La Liguria e Genova per me rappresentano un bel ricordo e anche delle belle situazioni vissute, sia per il documentario Un piede in terra un piede in mare, sia per Giorni e nuvole. Sono molto affezionato a Giorni e nuvole e credo che Genova rappresenti in quel film il terzo interprete principale e, quindi, anche uno dei motivi di successo del film di Soldini. Esercente e produttore: quale attività prediligi? La tua esperienza più che ventennale come esercente del cinema Anteo di Milano che cosa ha aggiunto al difficile mestiere di produttore? Quali sono stati i motivi che ti hanno spinto da esercente “illuminato” alla produzione? Quali qualità occorrono? Da oltre trent’anni l’esperienza di esercente all’Anteo è un’esperienza incollata alla mia figura professionale e a quella dei miei soci. È sempre stata un’esperienza che aveva un faro, un punto di vista nei confronti del pubblico come primo momento di riflessione. Anche oggi che faccio il presidente degli esercenti il punto di riferimento è sempre la condizione della finalizzazione del prodotto. Pensando a questo mi è venuto molto naturale pensare di andare a verificare il discorso produttivo. Ho voluto mettere a disposizione la mia esperienza organizzativa in quanto esercente non tradizionale, ma un esercente che è come se fosse un organizzatore culturale che pensa di conoscere il suo pubblico, che prova ad intercettarlo, a capirlo, che lo studia in modo critico. Ho scelto di mettermi a disposizione nella fase creativa del regista che ha in testa una storia, che si confronta con te per capire a che tipo di pubblico va incontro. Questo legame di aspetto organizzativo a disposizione dell’aspetto creativo mi è parsa una bella scommessa. È per questo motivo che mi piace molto produrre. Riesci a stare dentro un processo creativo che è finalizzato al doppio binario: quello dell’organizzazione e quello dell’idea. Quali sono state le difficoltà che hai incontrato? Le difficoltà stanno all’interno di un mercato e in Italia non abbiamo un mercato maturo perché

esiste un duopolio televisivo e pochi distributori preparati a fare un certo tipo di discorso. Questo tipo di realtà porta a un mercato ricattato. Tutte le difficoltà arrivano non solo dalle risorse, dove c’è anche uno Stato assente. Pensando a Francia o a Germania, che hanno una concezione diversa della cultura, e quindi dell’intervento pubblico, l’Italia vive altre situazioni. Il rapporto che c’è tra noi e la Francia è di uno a dieci, cioè 800 milioni di euro spesi dalla Francia contro i 75/80 spesi dall’Italia. Questa è la fotografia della difficoltà dove si inseriscono le nostre imprese sia produttive, sia distributive, sia di esercizio. Quali interventi, o quale atteggiamento, per affrontare questa situazione che appare critica dal punto di vista economico e dal punto di vista culturale? Innanzitutto continuando a fare bene il proprio lavoro e a credere nel proprio lavoro, mantenendo sempre chiari i punti di riferimento e i punti di arrivo. Poi bisogna pensare ad unire le risorse private alle poche risorse pubbliche. Il privato deve continuare a creare, non può abbandonare la sua spinta ideativa. Io mi considero fortunato perché ogni mattina mi alzo dal letto e sono contento di andare a lavorare. Il fatto di capitalizzare questa consapevolezza e questa fortuna ti deve dare quell’energia e quella volontà per portare a casa risultati che altrimenti non riusciresti a raggiungere. A proposito di soddisfazioni e delusioni, quali le più grandi? Parecchie, tante soddisfazioni ma anche alcune delusioni. Ma io vedo, continuo a vedere, il bicchiere mezzo pieno. Sono ottimista e penso che stiamo continuando a fare belle cose che, se non

ora, magari verranno riconosciute anche in un futuro. Se devo pensare al mio modo di lavorare in produzione, comunque, penso ad una linea editoriale e, quindi, tutti i film che io ho prodotto sono film che io avrei voluto fare e di cui vado fiero. Un titolo che ha fatto fare il salto di qualità? Be’, già dall’inizio con il primo film da me prodotto, Fuori dal mondo di Piccioni, sono stato premiato come miglior produttore. Poi, comunque, altri film come i successivi di Piccioni o quelli di Soldini e altri progetti mi hanno dato molte soddisfazioni. Le interessanti esperienze documentaristiche di Biùtiful Cauntri, di Esmeralda Calabria, Andrea D’Ambrosio, Peppe Ruggiero e di Niente paura di Piergiorgio Gay hanno ottenuto riscontri positivi. Altra scommessa vinta. Quali saranno i prossimi progetti? A proposito di documentari, abbiamo appena finito di girare un documentario di Soldini che a breve verrà montato e che speriamo di vedere in sala prossimamente. Poi c’è il film di Diritti (Vanità, Nda) che stiamo girando in Brasile, uno coprodotto di Susanne Bier (The bald hairdresser, Nda). L’iniziativa di cui sei parte Schermi di qualità ha consolidato l’attenzione sul cinema europeo. Ci sono ulteriori sviluppi? Il cinema di qualità ha bisogno di sale di città, come salvarle e riqualificarle? Schermi di qualità è un’idea nata da un’altra idea che voleva portare avanti il cinema italiano nelle sale, sia nelle piccole città, sia nelle città metropolitane: offrire la possibilità di vedere più titoli italiani. Con Schermi di qualità siamo riusciti a dare un impulso alla programmazione nazionale e di cinema europeo maggiore. È un’iniziativa meritoria, poco finanziata dallo Stato. Ma abbiamo moltiplicato il numero di schermi che sostengono il cinema di qualità.

Filmografia FILM SENZA ARTE NÈ PARTE (2011) • di Giovanni Albanese COSA VOGLIO DI PIÙ (2010) • di Silvio Soldini GIULIA NON ESCE LA SERA (2009) • di Giuseppe Piccioni GIORNI E NUVOLE (2007) • di Silvio Soldini QUALE AMORE (2006) • di Maurizio Sciarra LA VITA CHE VORREI (2004) • di Giuseppe Piccioni IL POSTO DELL'ANIMA (2003) • di Riccardo Milani

BRUCIO NEL VENTO (2002) • di Silvio Soldini LA FORZA DEL PASSATO (2002) • di Piergiorgio Gay LUCE DEI MIEI OCCHI (2001) • di Giuseppe Piccioni IL CERCHIO (2000) • diJafar Panahi FUORI DAL MONDO (1994) • di Giuseppe Piccioni

DOCUMENTARI NIENTE PAURA (2010) • di Piergiorgio Gay BIÙTIFUL CAUNTRI (2007) • di Esmeralda Calabria, Andrea D'Ambrosio, Peppe Ruggiero

MARZO - APRILE 2012 FILM DOC

19


LIGURIA D’ESSAI

ESCE IL LIBRO CHE RIEVOCA LA STORIA DELLA COOPERATIVA SPETTATORI PRODUTTORI CINEMATOGRAFICI

Un sogno lungo un giorno Volevano un cinema diverso, al di fuori dell’industria, finanziato direttamente dagli spettatori. Ma furono bloccati nell’Italia degli anni ‘50. Adesso il volume di Eligio Imarisio rievoca la storia genovese della Cooperativa che produsse Achtung! Banditi! e Cronache di poveri amanti. [ di Renato Venturelli ]

D

OVEVA CAMBIARE IL MODO DI FARE CINEMA IN ITALIA. E INVECE SI RITROVÒ EMARGINATA, BOICOTTATA E UCCISA NEL GIRO DI POCHI ANNI. ADESSO, PERÒ, QUALCUNO SI È PRESO LA BRIGA DI RICOSTRUIRE, DOCUMENTI ALLA MANO, LA STORIA DELLA LEG-

GENDARIA “COOPERATIVA SPETTATORI PRODUTTORI CINEMATOGRAFICI”, NATA NELLA GENOVA DEL 1950 SULLO SLANCIO DEGLI IDEALI PARTIGIANI PER REALIZZARE FILM AL DI FUORI DEI CONDIZIONAMENTI DEL MERCATO, DEI GOVERNI, DEI MECCANISMI INDUSTRIALI. UN CINEMA CHE VOLEVA ARRIVARE DAL BASSO, DA SPETTATORI APPASSIONATI E MILITANTI PRONTI A FINANZIARE LE PELLICOLE CHE VOLEVANO VEDERE: MA DOPO AVER REALIZZATO ACHTUNG! BANDITI! E CRONACHE DI POVERI AMANTI, ENTRAMBI DIRETTI DA CARLO LIZZANI, LA COOPERATIVA FU COSTRETTA A SCIOGLIERSI, RINUNCIANDO A REALIZZARE UNO DEI MOLTI SOGNI PER LE STRADE NELL’ITALIA DEL DOPOGUERRA. Come uccidere un’idea (ed.Le Genova completamente stipato: le cronache diMani, 352 pp. + ill., 23 euro) s’incono che centinaia di spettatori furono costretti titola adesso il libro che Eligio a restare fuori. Sul perché e quando la CooperaImarisio ha dedicato all’argotiva ebbe termine, dopo aver prodotto appena mento, dopo i due volumi che lo due film, si intrecciano poi considerazioni più stesso autore ha realizzato su complesse. Ufficialmente avvenne nel 1961, di Achtung! Banditi! e Cronache di fatto già a metà degli anni ‘50. Un episodio decipoveri amanti. Com’è noto, la sivo fu l’incendio e il fallimento (1956) della MiCooperativa nasce attorno a nerva Film, che distribuiva i due titoli. Ma una Gaetano “Giuliani” De Negri e causa determinante fu l’impedimento governaGiuseppe Dagnino, due ex-partivo ad esportare Cronache di poveri amanti, subito tigiani che vogliono proseguire dopo il successo ottenuto al festival di Cannes: nel dopoguerra la loro battaglia impossibilitata a vendere all’estero i suoi film, la con le armi della cultura. RacCooperativa veniva di fatto condannata al fallicolta l’adesione dell’ANPI, della Lega delle Coomento. E tra le concause – ricorda Lizzani – ci fu perative e di tante associazioni di lavoratori, anche il rifiuto di Togliatti, che durante un inviene finanziata da semplici spettatori, operai, contro col regista aveva detto di non essere inteportuali, tranvieri, sindacalisti e liberi professioressato ad aiutare finanziariamente produzioni nisti, dei quartieri popolari e di quelli borghesi. che alla fine sarebbero risultate targate P.C.I., Grazie alle ricerche dell’avvocato Alessandro mentre era meglio per la Cooperativa “navigare Ghibellini, l’ex-pallanuotista, figlio di quell’Anin mare aperto”. nibale Ghibellini che era stato uno dei promoNelle sue 350 pagine, il volume curato da Imatori, il libro fa chiarezza sull’atto di nascita e sui risio raccoglie documenti, testimonianze, fotovari spostamenti della Cooperativa. L’atto costigrafie, saggi di diversi studiosi (Marino Biondi, tutivo fu stipulato dal notaio Boggiano il 30 otPaolo Arvati, Camilla Toschi, lo stesso Imarisio) tobre 1950, le prime sedi si trovavano al 40 di via sul contesto culturale dell’epoca. Ma tra i docuXX settembre e in via D’Annunzio 2, poi nelmenti più ghiotti del dossier spiccano le “veline” l’edificio littorio di via Gallino a Pontedecimo della Direzione Generale dello Spettacolo, rima(ora abbattuto) durante la sta nelle mani di un ex-fascilavorazione di Achtung! sta come Nicola de Pirro. In Impossibilitata a Banditi!, quindi a Roma, una nota contraria alla realizvendere all’estero davanti a Porta Pia. E i soci zazione di Achtung! Banditi! fondatori comparsi dasi osserva la non opportunità i suoi film, la Coovanti al notaio erano undi riportare sullo schermo la perativa veniva di dici: i giornalisti Tullio guerra partigiana e le azioni Cicciarelli (“Il Lavoro”) e dei nazisti a causa della fatto condannata Kino Marzullo (“L’Unità”), nuova collocazione internaal fallimento" il chirurgo Aldo Podestà, zionale della Germania, sotGiuseppe Dagnino e Gaetano De tolineando come, nonostante Negri, Enrico Ribulsi, Annibale Ghibellini, non ci siano cenni sull’appartenenza politica dei Franco Venturini, Gastone Duse, Antonio partigiani, “la particolare forma mentale dei perChessa, Manlio Leonardi. sonaggi consente di individuarli chiaramente Il volume di Imarisio riporta anche gli articoli come comunisti”. Il benestare alla produzione di giornale relativi alla presentazione ufficiale venne così rifiutato, e solo in un secondo tempo del progetto, quando una domenica mattina (25 il film fu accettato, anche perché – si notava – giugno 1950) Massimo Girotti, Lamberto Magerano state attenuate o espunte alcune delle giorani, Carlo Lizzani, il sindaco Gelasio Adascene non gradite. moli e tanti altri vennero all’Universale di Oltre che una ricostruzione della famosa Coo-

20

FILM DOC MARZO - APRILE 2012

Eligio Imarisio con Carlo Lizzani. Sotto, Pontedecimo anni ‘50 e una scena di Achtung Banditi!

perativa genovese, il libro di Imarisio fornisce così spunti istruttivi su cosa fosse la censura nell’Italia degli anni ‘50, e su quanto fosse difficile la vita di chi voleva realizzare film non allineati. Alcuni dei protagonisti di quell’esperienza continuarono comunque in altro modo la loro battaglia cinematografica. A cominciare da Carlo Lizzani, che sta per compiere 90 anni. O Giuliano Montaldo, che rievoca in un semplice ma significativo aneddoto il suo impatto con l’ambiente romano. “Partito da Genova, – ricorda Montaldo – appena sceso dal treno telefono a un signore che lavora in una importante produzione cinematografica. Gli devo consegnare la lettera di un amico genovese. E’ una lettera di raccomandazione. Ottengo l’appuntamento: ‘Domani alle 9, al Caffè Rosati’. Il giorno dopo, con largo anticipo, sono in Piazza del Popolo, ma il locale ha le serrande abbassate. Attendo. I minuti passano, sempre più lenti. Il caffè è sempre chiuso. Dopo un’ora si alzano le serrande e io entro per telefonare, deluso e imbarazzato, a quel signore. Mi risponde, è ancora in casa. Divertito, mi sfotte: Alle 9 del mattino? Ma da dove viene? Da noi, le 9 sono quelle di sera!”.


© Starved forAttention- DRCongo-Ph.: Franco Pagetti

LIGURIA D’ESSAI

≥ PER IL PROGETTO “STARVED FOR ATTENTION” SULLA MALNUTRIZIONE INFANTILE NEL MONDO

Il cibo non basta I documentari di Medici senza Frontiere a disposizione di docenti e studenti su iniziativa di Circuito Cinema Genova

M

E D I C I S E N Z A F R O N TIERE è l’organizzazione medica e umanitaria fondata in Francia nel 1971, attualmente impegnata in oltre 60 paesi nel prestare aiuto a popolazioni © StarvedforAttention-Bangladesh-Ph.: Ron Haviv devastate da epidemie, guerre e catastrofi naturali; a bambini malnutriti e persone escluse dall‘assistenza sanitaria. L’organizzazione è indipendente, non finanziata da governi, e fornisce assistenza in modo imparziale, senza schierarsi, là dove è in corso un conflitto, con una delle parti politiche o religiose in campo. MSF si riserva però il diritto di denunciare eventuali inadeguatezze o veri e propri abusi nel modo in cui vengono gestiti aiuti e interventi umanitari. Per dare voce a tragedie che l’opinione pubblica tende a dimenticare ha promosso un’intensa attività di sensibilizzazione rivolgendo una particolare attenzione al mondo della scuola. Nel 2010, in collaborazione con VII Photo, ha lanciato la campagna “Starved for Attention - il cibo non basta”, per portare a conoscenza di docenti e studenti il tema complesso della malnutrizione infantile: “attraverso una serie di documentari multimediali che uniscono le testimonianze video e fotografiche di alcuni famosi fotoreporter, si intende evidenziare

come le principali malattie infantili e le morti premature, possano essere prevenute attraverso efficaci interventi nutrizionali”. Grazie alla collaborazione tra Circuito Cinema, MSF e l’Associazione Centro Culturale Carignano, anche a Genova sarà possibile seguire il progetto “Starved for Attention”. Su richiesta dei docenti, gli studenti dell’ultimo anno delle secondarie di primo e secondo grado, potranno assistere alle proiezioni dei sette documentari multimediali. Un operatore di MSF accompagnerà ogni appuntamento. Il costo a proiezione è di Euro 4,00 a studente, di cui 0,50 centesimi verranno donati a Medici Senza Frontiere (per informazioni: 010-583261 e scuole@circuitocinemagenova.it) Ciascun documentario è una testimonianza vissuta in prima linea da un gruppo di fotoreporter che hanno visitato i luoghi in cui il problema della malnutrizione è più grave, dal Bangladesh al Burkina Faso, dalla Repubblica Democratica del Congo a Gibuti, all’India, al Messico, mostrando non soltanto le cause ma anche le possibili soluzioni del problema. Apprenderemo quindi, guardando Frustrazione, che a Gibuti è l’estrema povertà ad aver portato, solo nel 2009, 1700 bambini malnutriti nella clinica di MSF. Mentre La malnutrizione che non dovrebbe esistere mostra come sia la guerra ad affamare la popolazione nella Repubblica Democratica del Congo. E, a proposito delle possibili soluzioni, vedremo come gli Stati Uniti, pur es-

sendo meritoriamente “la nazione che offre metà degli aiuti alimentari mondiali, invii però cibi scadenti e non adeguati, nonostante esista un efficace programma nazionale per fornire un’alimentazione di qualità ai suoi cittadini più a rischio. Due fotogiornalisti, Antonin Kratochvil e Jessica Dimmock, mostrano nel loro reportage, The US Standard and a Double Standard, l'ipocrisia della politica alimentare americana”. La collaborazione di Circuito Cinema Genova con MSF prevede anche un incontro aperto al pubblico, in programma per giovedì 15 marzo, con la proiezione al Cinema Sivori, in collaborazione con l’Associazione Culturale Ghazala, del film documentario Banganà, girato nella regione ad alto rischio di desertificazione del Sahel, sul drammatico tema della malnutrizione infantile in Niger. Gli occhi che osservano la vita della popolazione nomade dei Wodaabe sono quelli di Mooro, una giovanissima madre la cui figlia era stata realmente colpita da malnutrizione e curata, nel 2009, in una struttura di MSF. Il film sarà introdotto da Gianfranco De Maio di MSF; le voci fuori campo sono di due ragazze senegalesi residenti a Genova, Absa e Sokhna. (Antonella Pina)

IL REGISTA PARLA DI SETTE OPERE DI MISERICORDIA, PRESENTATO ALL’EDEN DI PEGLI.

Massimiliano De Serio e il cinema della misericordia

S

E T T E OPERE DI MISERICORDIA è l’esordio nel lungometraggio di finzione di Gianluca e Massimiliano De Serio, giovani registi che hanno già realizzato diversi cortometraggi e documentari.Incentrato sull’incontro tra una giovane clandestina e un signore anziano in fin di vita, il film ha uno sguardo molto lucido, che non nasconde la realtà ma che non la giudica, grazie anche ad una regia molto sobria e rigorosa, che per alcuni aspetti visivi e sonori ricorda il cinema dei fratelli Dardenne, caratteristica rara nell’attuale cinema italiano.

In occasione della proiezione all’Eden di Pegli ho intervistato Massimiliano De Serio. Com’è nata l’idea del film? Il progetto è nato qualche anno fa, in un periodo difficile per me e mio fratello perché nostro nonno era malato e in fin di vita. Abbiamo assistito al mutamento del suo corpo e “sperimentato” il sentimento della misericordia, che per noi significa prendersi cura dell’altro. La nostra intenzione è stata quella di ritrarre questo sentimento in un film. La vostra è una pellicola praticamente senza musica e con pochissimi dialoghi, in cui però i rumori sono molto importanti. Perché avete scelto questo linguaggio? Abbiamo voluto rappresentare il sentimento della misericordia basato sul corpo in modo estremo, senza musica e senza dialoghi, in cui i rumori diventassero la colonna sonora del film. Le didascalie presenti nell’opera sono

spesso in contrapposizione alle immagini rappresentate. Qual è il motivo di tale scelta? Il nostro è stato un approccio antididascalico. Nel film sono presenti sia a livello di contenuto che di stile diversi stereotipi e cliché “ribaltati”.Le didascalie fanno parte di tale metodo insieme ad altre scelte, tra cui alcuni campo/controcampo in cui i personaggi guardano in macchina o certe panoramiche che offuscano l’ambiente invece di rappresentarlo perché volutamente “bruciate”. Vi siete ispirati a qualche regista in particolare? Inconsciamente ci sono state delle ri-attualizzazioni di alcuni film e immagini che ci hanno colpito e cresciuto, ma in questo caso il riferimento è soprattutto pittorico. Ci siamo ispirati all’opera di Caravaggio Sette opere di misericordia, che per noi è stata una vera e propria guida estetica. Nella vostra carriera avete realizzato cortometraggi e documentari. I vostri la-

vori precedenti hanno influenzato in qualche modo il film? I nostri documentari, cortometraggi e le installazioni d’arte sono sempre stati dei tentativi di andare oltre i loro rispettivi “generi” e hanno influenzato la pellicola. Sette opere di misericordia è il punto d’arrivo di tutto il corpus dei nostri lavori precedenti, ma allo stesso tempo anche il punto di partenza per un nuovo percorso. Inoltre, abbiamo sempre avuto un fil rouge dettato dalla misericordia: per noi fare cinema è uno scambio reciproco, non solo materiale, ma anche molto umano. (Juri Saitta)

MARZO - APRILE 2012 FILM DOC

21


LIGURIA D’ESSAI

Ricordi dell’età inquieta Ritratto di Daniele Gaglianone, prossimo protagonista del workshop Spaziocinema 2012 a Celle Ligure [ di Massimo Lechi ]

A

S PA Z I O C I NEMA fanno da sempre le cose in grande, e, ancora una volta, ospite d’onore del seminario di filmmaking organizzato dal Laboratorio Probabile Bellamy sarà un regista di primo piano. Per la terza edizione, sostenuta quest’anno dal Comune di Celle Ligure, la Genova-Liguria Film Commission e Nuovofilmstudio, si è infatti puntato sul torinese Daniele Gaglianone, il quale lavorerà fianco a fianco con i venti prescelti in una quattro giorni intensiva dal 29 marzo al 1 aprile. Difficile trovare uomo più adatto. Quarantacinque anni, già sceneggiatore di Gianni Amelio e documentarista, Gaglianone rappresenta il prototipo del filmmaker indipendente maturato a pane, corti e buone letture: un regista di budget poveri, di attori semi-professionisti e racconti frammentati ed ellittici, un cantore di piccole storie senza

via d’uscita tra le rovine – materiali e spirituali – della nostra Italia post-industriale in declino. Quattro finora i suoi lungometraggi di finzione, tutti ben accolti da critica e platee festivaliere all’interno del triangolo Cannes-Locarno-Venezia. A cominciare dall’esordio, I nostri anni (2000), viaggio ipnotico nei meandri della memoria, tra passato bellico e malinconie presenti, attraverso l’esemplare vicenda di due vecchi ex-partigiani imbattutisi in un fascista dalle mani insanguinate: qui la resa dei conti senile è spezzata in una narrazione labirintica, nervosa, lontana tanto dall’emotività ruffiana quanto dalle facilonerie del neo-neorealismo straccione. Il successivo Nemmeno il destino (2004) si consuma invece in una Torino inospitale, specchio opaco di solitudine ed emarginazione: al centro del racconto, carico di reminiscenze faulkneriane, il dramma di tre ragazzi costretti a languire nel limbo di una gioventù bruciata per mancanza di alternative. Nel cortocircuito dei piani narrativi (reali e immaginari), si delineano perciò con chiarezza i contorni di un cinema dell’”innocenza perduta”, in cui Gaglianone, sotto le vesti sgualcite del poeta di strada, si interroga con profonda coerenza sul potere nefasto dei ricordi, l’invasività dei drammi del passato ed il peso della colpa individuale. Un mondo

compresso e desolato, insomma, in cui i rapporti tra padri e figli marciscono nella penombra degli alloggi popolari, la fuga è sistematicamente negata ed i giovani protagonisti – bambini, adolescenti o uomini incompiuti - si dibattono vagando per strade deserte, in attesa dell’evento improvviso in grado di far detonare la tragedia ed alterare l’immobilità dell’orizzonte. Quest’immensa periferia dei sentimenti torna inesorabilmente in Pietro (2010), ritratto amaro di un trentenne ritardato, via crucis austera in uno scenario di macerie dove neppure la macchina da presa sembra trovare collocazione stabile. E torna, arsa dal sole, in Ruggine (2011), ultimo tassello di un mosaico di tormenti metropolitani a cavallo tra passato e presente. Prodotto da Fandango ed interpretato da un cast altisonante (Accorsi, Mastandrea, Solarino e Timi, nell’ordine), il film, incentrato su un gruppo di adulti uniti da un fosco segreto, ha colpito gli spettatori veneziani con i suoi toni da fiaba nera e segnato l’incontro tra Gaglianone ed il grande pubblico. Un incontro a lungo rimandato, certo, ma che ha avuto il merito di svelare finalmente un talento rabbioso, spesso respingente, ma restio al compromesso. I partecipanti a Spaziocinema non avranno che da ascoltare, e riflettere.

POPOLI IN MOVIMENTO Tra marzo e aprile, MOVIEMENTI, maratona no-stop di corti e documentari. Per l’edizione 2012 di “La storia in piazza”.

M

IGRANTI, CLANDESTINI, lavoratori che si spostano da una nazione all’altra, ragazzi di paesi diversi che studiano fianco a fianco nella stessa classe… Anche quest’anno “La Storia in Piazza” sarà presente a Palazzo Ducale (29 marzo–1 aprile) con una maratona no-stop di cortometraggi che affrontano il tema dei popoli in movimento 22

FILM DOC MARZO - APRILE 2012

da tutti i punti di vista. Con proiezione di film e incontri con gli autori previsti fino a notte fonda. Fra i titoli in programma spicca A sud di Lampedusa, perché è diretto dal regista di Io sono Li Andrea Segre ed è uno dei lavori sull’emigrazione che stanno all’origine del suo esordio nel lungometraggio di finzione. Realizzato nel 2006, A sud di Lampedusa ci racconta chi sono gli immigrati che vediamo sbarcare in Italia, da dove arrivano, quali storie hanno alle loro spalle: un documentario girato nel 2006 nel deserto del Sahara, cercando di capire il vissuto degli africani in fuga dai loro paesi, scoprendo situazioni e storie diverse, tra chi parte per scelta, chi per disperazione, chi semplicemente si muove per voglia d’avventura. E chi si sposta da sempre da un paese all’altro dell’Africa in una tradizionale migrazione stagionale, ma si è ritrovato di colpo arrestato e incarcerato.

In Almost Married di Fatma Bucak e Sergio Fergnachino, c’è invece una ragazza curda che è venuta a studiare in Italia, vive con un ragazzo italiano e intende sposarlo: ma deve prima trovare il modo di dirlo al padre, un ex-fiancheggiatore del PKK di idee progressiste, rimasto sempre più prigioniero delle tradizioni che vogliono le donne e i loro matrimoni fermamente sottomesse ai voleri della famiglia. Altri titoli in programma. In La seconda famiglia, con Alba Rohrwacher, una giovane assistente sociale instaura uno stretto rapporto con la famiglia di una bambina straniera cui dà lezioni d’italiano. In Caffè capo, con Gianni Cavina, un professore universitario si sente proporre la candidatura a sindaco per le sue idee antirazziste. E poi La colpa con Gian Marco Tognazzi, Adil e Yusuf con Giorgio Colangeli, le paure di un immigrato scampato a un naufragio (Mare nostro), la vita di una prostituta ni-

geriana (Nera – Not the Promised Land), i problemi di una clandestina boliviana che lavora in Germania come donna delle pulizie (Clandestinas)… A Palazzo Ducale, ingresso libero, curato dal Genova Film Festival: e ci sarà anche conferenza di Steve Della Casa sui produttori italiani emigrati a Hollywood.


I PROGRAMMI DEI CINEMA DOC in LIGURIA

GENOVA e PROVINCIA Da mercoledì 11 a venerdì 13

CLUB AMICI DEL CINEMA - Tel. 010. 413838

FEBBRE GIALLA

MILLENNIUM-Uomini che odiano le donne di David Fincher

c/o Cinema Don Bosco - Via C.Rolando, 15 16151 Genova - Sampierdarena www.clubamicidelcinema.it - amicicinema@gmail.com

Orari:

feriali: Unico spett. sabato: domenica e festivi:

VENERDÌ 2 MARZO DAVID CRONENBERG CRASH di David Cronenberg con James Spader, Deborah Unger, Holly Hunter, Elias Koteas, Canada/GB 1996, 100’. Dopo un incidente stradale un regista si lega a un gruppo di persone che trasformano incidenti di macchina in eventi erotici, in una caotica danza macabra in cui il piacere sessuale è inestricabilmente associato a lamiere squarciate e rischio di morte. Disturbante. Premio speciale della giuria a Cannes 1996.

Da sabato 3 a martedì 6 FEBBRE GIALLA LA TALPA di Tomas Alfredson con Gary Oldman, Colin Firth, John Hurt, GB/ Francia/ Germania 2011, 127’.

ore 21,00 ore 15,30 - 21,00 ore 18,30 - 21,00 pedofili, genitori che maltrattano i figli e bambini abusati, le vittime che dovrebbero proteggere. Premio della giuria a Cannes 2011.

Mercoledì 14 e giovedì 15 FEBBRE GIALLA

THE HUNTER di Rafi Pitts con Rafi Pitts, Mitra Hajjar , Ali Nicksaulat, Germania/Iran 2010, 92’. La vita di Ali è sconvolta dalla morte accidentale della moglie durante una dimostrazione, e dalla scomparsa della figlia. La frustrazione e l’orrore di fronte all’indifferenza della polizia lo spingono a imbracciare il fucile e invertire i ruoli tra cacciatore e preda..

di David Cronenberg con Viggo Mortensen, Naomi Watts, Vincent Cassel, Armin Mueller-Stahl, USA/GB/Canada 2007, 100’. La tragica morte di una quattordicenne coinvolge un’ostetrica nella rete di prostituzione e criminalità di una spietata fratellanza russa. Nasce un rapporto ambiguo tra la donna e il brutale e imperturbabile autista della “famiglia”, ingaggiato per svolgere il lavoro sporco. Indimenticabile l’agghiacciante fisicità della sequenza nella sauna.

Da sabato 17 a martedì 20 FEBBRE GIALLA

A.C.A.B.

di Stefano Sollima con Pierfrancesco Favino, Marco Giallini, Filippo Nigro, Italia 2011,112’.

E ORA DOVE ANDIAMO?

Venerdì 9 DAVID CRONENBERG eXistenZ di David Cronenberg con Jennifer Jason Leigh, Jude Law, Ian Holm, Willem Dafoe, Canada/GB 1999, 97’. Un nuovo videogioco di realtà virtuale prevede game pods biologici inseriti nella spina dorsale dei giocatori, che consentono bizzarri piaceri ma rendono impossibile distinguere il gioco dal vero. Oscuramente divertente, oscuramente sensuale nel disorientamento nato dal moltiplicarsi dei livelli di realtà. Orso d’argento a Berlino 1999.

Da sabato 10 a martedì 13 FEBBRE GIALLA POLISSE di Maiwenn Le Besco con Karin Viard, Marina Fois, Joey Starr, Francia 2011, 134’. La vita quotidiana dei poliziotti della BPM (brigade de protection des mineurs), i contrasti e la solidarietà di una squadra davanti a cui sfila un campionario di umanità spregevole, dolente, straziante:

UNA SEPARAZIONE

di Asghar Far-

Ovvero All Cops Are Bastards. Controverso esordio di Sollima dopo la serie tv Romanzo Criminale, che punta su tre “celerini”, tre agenti antisommossa immersi nella violenza della città e in quella degli stadi, alle prese con le difficoltà delle loro vite private. Reagiscono con un uso spregiudicato della forza: cameratismo o squadrismo?

Mercoledì 21 e giovedì 22

SCIALLA!

di Francesco Bruni con Fabrizio Bentivoglio, Barbora Bobulova, Filippo Scicchitano, Italia 2011, 95’. Il gap generazionale come non s’era mai visto, con un adulto sgangherato, ghost writer per calciatori e pornostar, costretto a misurarsi in una convivenza forzata con la genuina vitalità di un adolescente, e la scoperta da parte del ragazzo di valori che oggi sembrano rivoluzionari: l’importanza della cultura, la dignità del lavoro. Opera prima dello sceneggiatore di Virzì.

Da venerdì 23 a martedì 27

THE ARTIST di Michel Hazanavicius con Jean Dujardin, Bérenice Béjo, John Goodman, Francia 2011, 100’. Un film “muto”, in bianco e nero, in cui si ride e ci

Da sabato 14 a martedì 17

QUASI AMICI

di Olivier Nakache, Eric Toledano con François Cluzet, Omar Sy, Audrey Fleurot, Francia 2011, 112’. Il film che ha polverizzato tutti i record di incassi in Francia. Un aristocratico paraplegico non sopporta la pietà politically correct che lo circonda, e assume come assistente un ragazzotto che viene da un quartiere popolare, è reduce da sei mesi di prigione, ma ha il pregio di chiamare le cose con il loro nome. I conflitti iniziali si trasformano in accettazione reciproca - o amicizia?

Mercoledì 18 e giovedì 19 FEBBRE GIALLA

13 ASSASSINI di Takashi Miike con

DAVID CRONENBERG

Mercoledì 7 - giovedì 8 e Sabato 10 ore 15.30 di Nadine Labaki, con Nadine Labaki, Claude Msawbaa, Layla Hakim, Yvonne Maalouf, Francia/Libano 2011, 110’. Elogio alla saggezza delle donne di un paesino del Libano, tra guerra, comicità e speranza. Per mettere pace tra i loro uomini , ferocemente divisi tra musulmani e cattolici, ricorrono a stratagemmi esilaranti, comprese lacrime della Madonna e ballerine post-sovietiche. Ma il conflitto religioso è sempre sul punto di esplodere.

Mercoledì 28 e giovedì 29

Venerdì 16

LA PROMESSA DELL’ASSASSINO

In piena guerra fredda un veterano dello spionaggio è richiamato in servizio per identificare un agente russo infiltrato nell’M16, il Servizio Segreto Britannico. La gelida determinazione di Smiley, oscuro e malinconico inquisitore, arriva alla verità in un clima di disincanto, compromesso e tensione.

si commuove sulla sorte di George Valentin, divo del muto che l’arrivo del sonoro condannerà al declino. Il suo destino si incrocia con quello di una comparsa che diventa la nuova star di Hollywood. Ricostruzione minuziosa delle tecniche d’epoca, e Palma d’oro come miglior attore per Jean Dujardin a Cannes 2011. • Oscar 2012 •

con Daniel Craig, Rooney Mara, Robin Wright, Stellan Skarsgard, USA 2011, 158’. Dal regista di Seven e di The Social Network, una nuova versione della trilogia diventata bestseller in tutto il mondo: un giornalista indaga sulla scomparsa di una ragazza avvenuta quarant’anni prima, avvalendosi della collaborazione di Lisbeth, una giovane hacker implacabile vendicatrice disperatamente vitale e vulnerabile. • Oscar 2012 •

hadi, con Peyman Moadi, Leila Hatami, Sereh Bayat, Iran 2011, 123’. In attesa del divorzio, Simin lascia il marito, che rimane solo ad occuparsi della figlia e del padre malato di Alzheimer. Assume una giovane donna che lo aiuti, Razieh, senza sapere che è incinta, ultraortodossa, e che lavora all’insaputa del marito. Orso d’oro per il miglior film a Berlino 2011. • Oscar 2012 •

Venerdì 30 SERATA SPECIALE - FEBBRE GIALLA Presentazione del libro “Thriller italiano in 100 film” di Claudio Bartolini e Luca Servini, edizione Le Mani.

DA SABATO 31 A LUNEDÌ 2 APRILE

THE IRON LADY

di Phillida Lloyd con Meryl Streep, Jim Broadbent, Olivia Colman, GB/Francia 2011, 105’. Ritratto intimo di una delle donne più influenti e controverse del ventesimo secolo. Nella confusione tra passato e presente indotta dalla malattia si inseriscono i ricordi di una carriera politica, di un immenso potere e dei costi pagati nelle vita privata. L’interpretazione di Meryl Streep strappa l’applauso. • Oscar 2012 •

Da martedì 3 a giovedì 5

SETTE OPERE DI MISERICORDIA di Gianluca e Massimiliano De Serio con Olimpia Melinte, Roberto Herlitzka, Italia 2011, 100’. Una giovane clandestina che vive di espedienti e di emarginazione trova una vittima per uscire dalla sua situazione, e “sequestra” Antonio, anziano malato e misterioso. Lo scontro tra i due porterà però a conseguenze del tutto inattese, rivelando la possibilità di un contatto umano. Presentato a Locarno 2011.

Venerdì 6 CHIUSO Da sabato 7 a martedì 10

WAR HORSE di Steven Spielberg, con Jeremy Irvin, Emily Watson, Peter Mullan, USA/GB 2011, 146’. La guerra separa il cavallo Joey da Albert, l’adolescente che lo ha domato e addestrato. Gli orrori del campo di battaglia non risparmiano neppure gli animali, e attraverso gli occhi di Joey si coglie tutta l’inutilità della immane carneficina. Ma il legame tra i due “amici” si rivela più forte di ogni orrore.

Koji Yakusho, Yusuke Iseye, Tsuyoshi Ihara, Takayuki Yamada, Giappone/GB 2010, 124’. Nel Giappone feudale un nobile samurai e i suoi guerrieri sono incaricati di una missione suicida per impedire l’ascesa al potere di un signore sadico e brutale. Sono quasi il doppio dei Sette samurai, ma devono affrontarne 200. Già film di culto “epico, spietato e indimenticabile”, e la battaglia finale è una delle migliori mai filmate.

Venerdì 20

RUDOLF JACOBS, l’uomo che nacque morendo

di Luigi M. Faccini, Marina Piperno con Marina Piperno, Carlo Prussiani, Alessandro Cecchinelli, Italia 2011, 96’. Definito da Morando Morandini uno dei tre film italiani più belli del 2011, il docufilm offre una puntuale ricostruzione storica della vicenda del capitano di marina tedesco che disse no allo sterminio e si unì ai partigiani. Morì due mesi dopo, nel corso di una azione contro le brigate nere, a dimostrazione che in quegli anni oscuri una scelta diversa era comunque possibile e praticabile.

Da sabato 21 a lunedì 23

HUGO CABRET di Martin Scorsese, con Asa Butterfield, Ben Kingsley, Chloe Moretz, USA 2011, 125’. Dal graphic novel di Brian Selznick, celebre illustratore per ragazzi. Un orfano vive nascosto in una stazione di Parigi, tentando ostinatamente di riparare un automa rotto, ultimo ricordo di suo padre. I suoi tentativi fanno riemergere vicende del passato, e riescono a riportare in vita Georges Méliès e le sue magie. Scenografia di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo. • Oscar 2012 •

Da martedì 24 a giovedì 26

CESARE DEVE MORIRE di Paolo e Vittorio Taviani con Cosimo Rega, Salvatore Striano, Italia 2012, 76’. Un corpo a corpo con il Giulio Cesare di Shakespeare nel docufilm girato nel carcere di Rebibbia e messo in scena dai detenuti. Ognuno di loro recita nel proprio dialetto d’origine, per ognuno compare in sovraimpressione la fedina penale. L’eterna attualità di Shakespeare, che si rispecchia anche nella corrispondenza tra i personaggi e la vita di chi li interpreta. • Orso d’oro Berlino 2012•


I PROGRAMMI DEI CINEMA DOC in LIGURIA

Cineforum Genovese

CINECLUB NICKELODEON - Tel. 010 589640

c/o Cinema America - Via Colombo, 11 16121 - Genova - Tel.010 5959146 www.cineforumgenovese.it

Via Consolazione, 1 - 16121 Genova e-mail: info@cineclubnickelodeon.it Orari: venerdì e domenica ore 16,00 e 21,15; sabato e feriali: unico spettacolo ore 21,15

Orari: ore 15,15 - 17,30 - 21,15 Le proiezioni sono riservate esclusivamente ai Soci muniti di tessera.

UNA SEPARAZIONE di Asghar Far-

MARTEDÌ 6 MARZO 2012

Martedì 27 marzo

SOURCE CODE di Duncan Jones; con:

LA DONNA CHE CANTA

Jake Gyllenhaal, Michelle Monaghan, Vera Farmiga, Origine: USA, 2011 ; Durata: 93’

Ven 2 - Sab 3 - Dom 4 - Mer 7 Gio 8 marzo

di Denis Villeneuve; con:Lubna Azabal, Mélissa Désormeaux-Poulin, Maxim Gaudette, Origine: Canada, 2010 ; Durata: 130’

hadi con Sareh Bayat, Sarina Farhadi, Iran 2011, 123’

Sab 3 marzo – ore 16- Filmbuster

MONSTERS di Gareth Edwards; con: Whitney Able, Scoot McNairy, Origine: UK, 2010 ; Durata: 93’

MARTEDÌ 3 APRILE 2012

ARTHUR E LA GUERRA DEI MONDI di Luc Besson con Freddie Hi-

Un film dai Festival

ghmore, Mia Farrow, Francia 2010, 101’

Martedì 17 aprile

Martedì 20 marzo

Il film dei Soci (da definire)

Ven 9 - Sab 10 - Dom11 – Mer 14 Gio 15 marzo

Martedì 13 marzo

ANIMAL KINGDOM

di David Michôd; con:Ben Mendelsohn, Joel Edgerton, Guy Pearce, Luke Ford, Jacki Weaver, Origine: Australia, 2009 ; Durata: 112’

segel, Amy Adams, USA 2011, 103’

Mar 13 marzo, alle ore 20.45 rassegna FILMISSIO

MISSION

di Roland Joffé con Robert De Niro, Jeremy Irons, GB 1986, 125’

Ven 16 - Sab 17 - Dom 18 - Mer 21 Gio 22 marzo

J. EDGAR

di Clint Eastwood con Leonardo DiCaprio, Naomi Watts, USA 2011, 137’

THE IRON LADY

Ven 23 – Sab 24 – Dom 25 – Mer 28 Gio 29 marzo

di Phylida Lloyd con Meryl Streep, Jim Broadbent, Gran Bretagna 2011, 105’

THE ARTIST di Michel Hazanavicius

Sab 10 marzo – ore 16- Filmbuster

con Jean Dujardin, Bérénice Bejo, Francia 2011, 100’

I MUPPETS di James Bobin, con Jason

CINEMA CITY - Tel 010 58 32 61

Film in lingua originale con sottotitoli in italiano

Via XXV Aprile - Genova - www. circuitocinemagenova.it Orari: al lunedì e al giovedì ore 15,00 - 18 - 21,15 Ingresso: Euro 6,00; ridotto Many Movies Gold Euro 5,00

gio 1 marzo 2012

Lun 5 - gio 8 marzo

MONEYBALL di Bennet Miller, con

THE GIRL WITH THE DRAGON TATOO di David Fincher, con Daniel

CINECLUB FOTOVIDEO GENOVA Sala Punto d'Incontro COOP, Terminal Traghetti - Piazzale Traghetti Iqbal Masih. www.cineclubgenova.net.

Brad Pitt, Philiph Seymour Hoffmann, USA, 2011, 126’

Craig, Rooney Mara, USA, 2011, 160’

CINEMA MIGNON - Tel. 0185309694

1 marzo

Via Martiri della Liberazione, 131 – CHIAVARI (GE) e-mail: cinemamignon@msn.com

Quattro giorni a Berlino - Welcome to Varazze di Antonio Mezzina e Angela Tamborra.

Orari: ore 16,00 – 21,15

15 marzo

Per la stagione Operistica 2011-2012, via satellite da New York, al Cinema CORALLO di via Innocenzo IV: 10 APRILE -ore 19: MANON di Massenet 17 APRILE - ore 19: LA TRAVIATA di Verdi

La panchina - Backstage del film “Una canzone per il Paradiso" di Nicola di Francescantonio.

Mercoledì 7 Marzo

29 marzo

RUGGINE di Davide Gaglianone con Fi-

Maria Maddalena, una donna in fuga di Bruno Belfiore.

lippo Timi, Stefano Accorsi, Valerio Mastandrea, Valeria Solarino

12 aprile

Italia 2011, 109'

Il Circo e la Memoria di Erika Baruffaldi Presentazione del catalogo del Cineclub Fotovideo Genova 1964-2012 a cura di Mario Ciampolini, Ugo Nuzzo, Claudio Serra.

Mar 13 e mer 14 Marzo

26 aprile Serata dedicata a Carlo Torre

Rassegna:" L'INTEGRAZIONE DELL'IMMIGRAZIONE"

Rassegna: "Donne dell'altro mondo"

THE HELP

di Tate Taylor, con Emma Stone, Viola Davis, USA – 137’.

Mar 20 e mer 21 Marzo

E ORA DOVE ANDIAMO? di Nadine Labaki, con Nadine Labaki Francia/Libano/Egitto/Italia 2011, 110'

Mar 27 e mer 28 Marzo

GANGOR di Italo Spinelli

con Hadyl Hussain, Samrat Chkrabarti, Tillotama Shome, India/Italia 2010, 91’

Mar 3 e mer 4 Aprile

UNA SEPARAZIONE di Asghar Farhadi, con Peyman Moadi, Leila Hatami, Sereh Bayat, Iran 2011, 123’.

IMPERIA E PROVINCIA Cineforum IMPERIA - Tel. 0183.63871 c/o Cinema Centrale - Via F. Cascione, 52 18100 - IMPERIA Porto Maurizio www.cineforumimperia.it - e-mail: info@cineforumimperia.it

Orari spettacoli: Lunedì 5 marzo

OFFSIDE

di Jafar Panahi con Sima Mobarak Shahi, Shayesteh Irani, Iran 2006, 93’

24

ore 16,15 - 20,15 - 22,30 Teheran. Una ragazza, goffamente travestita da maschio, tenta con ogni mezzo di entrare allo stadio per assistere alla partita di calcio Iran – Bahrain, decisiva per la qualifica alla Coppa del Mondo 2006, nono-

FILM DOC NOVEMBRE - DICEMBRE 2011

stante la legge proibisca alle donne di assistere alle partite.

Lunedì 12 marzo - solo ore 16:15 e 20:15 In collaborazione con il DAMS

PREFERISCO L’ASCENSORE (Safety last) di Fred G. Newmyer, Sam Taylor con Harold Lloyd, Mildred Davis, USA 1923, 78’ Harold (Lloyd), dipendente di un grande magazzino alloggiato in un grattacielo, escogita una brillante idea pubblicitaria: far scalare l’altissimo edificio da una specie di “uomo ragno”.

Il film sarà accompagnato al pianoforte dal maestro Luigi Giachino

Lunedì 19 marzo

POST MORTEM di Pablo Larrain con Alfredo Castro, Antonia Zegers, Vadell Jaime, Cile, Messico, Germania 2010, 98’ Santiago del Cile, 1973. Mario Corneo lavora come funzionario presso l’obitorio. Trascrive a macchina le autopsie. Si innamora di una ballerina di cabaret, Nancy, sua vicina di casa. Ma sono i giorni del colpo di stato, l’obitorio si riempie di cadaveri, della casa e della famiglia di Nancy non rimangono tracce.

Lunedì 26 marzo

TAMARA DREWE – TRADIMENTI ALL'INGLESE (Tamara Drewe) di Stephen Frears con Gemma Arterton, Roger Allam, Luke Evans, Gran Bretagna


2010, 111’ Seducente, attraente, ambiziosa e rampante, Tamara Drewe è l'amazzone londinese del XXI secolo. Il suo ritorno al paese dove viveva la madre è un vero choc per la piccola comunità e tutti sono attratti da lei e dalla sua bellezza incendiaria. Un invaghimento collettivo che risveglierà oscure passioni, provocando una serie di circostanze piuttosto assurde.

Lunedì 2 aprile

UOMINI DI DIO (Des hommes et des dieux) di Xavier Beauvois con Lambert Wilson, Michael Lonsdale, Olivier Rabourdin, Francia 2010, 120' 1996. Algeria. Una comunità di monaci benedettini

opera in un piccolo monastero in favore della popolazione locale. Il rispetto reciproco tra loro, che prestano anche assistenza medica, e la popolazione locale di fede musulmana è palpabile. Fino a quando la minaccia del terrorismo fondamentalista comincia a farsi pressante.

Lunedì 16 aprile - solo ore 16:15 e 20:15- In collaborazione con il DAMS

L’INVASIONE DEGLI ULTRACORPI (Invasion of the Body Snatchers) di Don Siegel con Kevin McCarthy, Dana Wynter, Larry Gates, King Donovan, USA 1956, 80’

CINEMA TABARIN - Tel. 0184 597822 Via Matteotti, 107 Sanremo (IM) www.aristonsanremo.com

Giovedì 8 marzo con Pierfrancesco Favino, Carolina Crescentini, Italia 2011, 94’

94’ Marco Pagot è un ex-pilota che, deluso dall’umanità nella da poco conclusa grande guerra, si è misteriosamente ritrovato nelle mutate sembianze di un maiale antropomorfo. Con il nome di battaglia di Porco Rosso, vola alla ventura sui cieli dell’Adriatico a bordo del suo idrovolante vermiglio, sfuggendo al giogo fa-

Orari spettacoli: unico spettacolo ore 21,00 Promozione film d’ Essai: Euro 3,00

di Luca Miniero con Claudio Bisio, Alessandro Siani, Italia 2012, 110’

L’INDUSTRIALE di Giuliano Montaldo

Lunedì 23 aprile

PORCO ROSSO (Kurenai no buta) di Hayao Miyazaki, Giappone 1992,

www.bordighera.it

Promozione Cinema: Euro 4,00

di Paolo Genovese con Raoul Bova, Barbora Bobulova, Italia 2012, 100’

scista e sbarcando il lunario come cacciatore di taglie. Ma l’arrivo del pilota americano Curtis, lo costringerà a nuove battaglie per la salvaguardia dell’onore proprio e di quello di una radiosa fanciulla, per la riconquista di un perduto amore e della fiducia nell’umanità.

Via Cadorna, 3 - BORDIGHERA - IM

Orari spettacoli (indicativi): 16,00 – 21,30

IMMATURI – IL VIAGGIO

Un medico californiano, il dottor Miles Bennel (McCarthy), scopre che la sua cittadina è stata invasa da baccelli alieni che s’insinuano nel corpo umano durante il sonno come parassiti invisibili e piano piano si sostituiscono ai loro ignari ospiti.

Cinema OLIMPIA - Tel. 0184 261955

0184 507070 -

Giovedì 1 marzo

I PROGRAMMI DEI CINEMA DOC in LIGURIA

Giovedì 22 marzo

UN GIORNO QUESTO DOLORE TI SARA’ UTILE di Roberto Faenza con Toby Regbo, Stephen Lang, USA/Italia 2011, 98’

Lunedì 5 e martedì 6 marzo

GLunedì 19 e martedì 20 marzo

EMOTIVI ANONIMI di Jean-Pierre

L’INDUSTRIALE di Giuliano Montaldo

Améris con Benoît Poelvoorde, Isabelle Carrè, Francia/Belgio 2010, 80’

con Pierfrancesco Favino, Carolina Crescentini, Italia 2011, 94’

Lunedì 12 e martedì 13 marzo

Lunedì 26 e martedì 27 marzo

LE NEVI DEL KILIMANGIARO

MIRACOLO A LE HAVRE

di Robert Guédiguian con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Francia 2011, 107’

in collaborazione con C.D.C.

Giovedì 15 marzo

di Aki Kaurismäki con Kati Outinen, JeanPierre Darroussin , Finlandia/ Francia/ Germania 2011, 93’

BENVENUTI AL NORD

SAVONA e PROVINCIA Nuovo FILMSTUDIO - Tel./fax 019 813357

MELOASCOLTO “Schönberg è morto”. Si salvi chi può!

Piazza Diaz, 46r - SAVONA

(Emanuela E. Abbadessa)

15.30 - 21.15 21.15

Quando la notte

ingresso libero

Film in prima visione mar 27 marzo mer 28 marzo

MELOASCOLTO L’onnivoro modernismo

di Nadine Labaki, con Nadine Labaki Francia/Libano/Egitto/Italia 2011, 110'

di Cristina Comencini, con Claudia Pandolfi, Filippo Timi, Italia 2011, 114'

sab 17 marzo

Tra le montagne un uomo e una donna s'incontrano. Manfred è una guida alpina, chiusa e sprezzante; Marina una giovane madre in vacanza col suo bambino. Una notte qualcosa succede nell'appartamento di lei e Manfred interviene. Da quel momento ha inizio un’indagine reciproca: i due cercano inutilmente di nascondere le ferite che portano dentro...

Il "Circolo degli Inquieti" presenta: “Da Don Chisciotte agli Indignados, a The protester: sogno impossibile o germe di una nuova democrazia tra cultura e politica?” Ospite del Circolo: Andrea Nicastro, corrispondente dalla Spagna del Corriere della Sera

9.45

ingresso libero

da ven 9 a lun 12 marzo

15.30 - 21.15 21.15

E ora dove andiamo?

(Stefano A. E. Leoni) ingresso libero

In un isolato villaggio tra i monti mediorientali, dove cristiani e musulmani convivono, un gruppo di donne è determinato a proteggere la comunità. Amale, Takla, Yvonne, Afaf e Saydeh sono solidali nel cercare di distogliere mariti e figli dal trasformare i pregiudizi in violenza, e pronte a utilizzare ogni mezzo per riuscire nella loro missione…..

gio 29 marzo

21.00

Film in prima visione

da ven 16 a lun 19 marzo

Lo Zonta Club di Savona e di Cairo Montenotte presentano:

mar 13 marzo mer 14 marzo

Film in prima visione

Amelia di Mira Nair,

15.30 - 21.15 21.15

Scialla (stai sereno) di Francesco Bruni, con Fabrizio Bentivoglio, Filippo Scicchitano, Vinicio Marchioni, Italia 2011, 95'

mar 20 marzo mer 21 marzo

15.30 - 21.15 21.15

J. Edgar di Clint Eastwood, con Leonardo DiCaprio, Naomi Watts, Usa 2011, 137'

Bruno Beltrame ha tirato i remi in barca. La passione per la scrittura e l’insegnamento ha lasciato posto a uno svogliato tran-tran di ripetizioni a domicilio a studenti altrettanto svogliati, fra i quali Luca, ignorante ma vitale e irriverente. Un giorno la madre del ragazzo si fa viva con una rivelazione che sconvolge Bruno: Luca è suo figlio…Film vincitore della sezione Controcampo Italiano a Venezia 2011

Nominato capo dell'FBI dal Presidente Calvin Coolidge, J. Edgar Hoover è un giovane e ambizioso uomo nell'America proibizionista. Edgar è ossessionato dalla sicurezza del Paese. Avviata una lotta senza esclusione di colpi contro ogni sorta di nemico, il direttore federale attraversa la storia americana costruendosi una reputazione inattaccabile…

gio 15 marzo

gio 22 marzo

Nuovofilmstudio presenta

17.00

Nuovofilmstudio presenta

17.00

con Hilary Swank, Ewan McGregor, Richard Gere, Mia Wasikowska, Usa 2009, 111'

Lo Zonta Club di Savona e di Cairo Montenotte celebrano Amelia Earhart, leggendaria pioniera dell'aviazione americana che all'inizio del secolo scorso fu la prima donna ad attraversare l'Oceano Atlantico in volo, con la proiezione del film "Amelia" di Mira Nair.

ven 30 marzo

corsi, Valerio Mastandrea, Valeria Solarino Italia 2011, 109'

da ven 23 a lun 26 marzo

www.nuovofilmstudio.it - info@nuovofilmstudio.it mar 6 marzo mer 7 marzo

ultimo lungometraggio RUGGINE con Filippo Timi, Stefano Ac-

21.15

Laboratorio Probabile Bellamy, in collaborazione con il Comune di Celle Ligure e Nuovofilmstudio, presenta: Spaziocinema 2012 film workshop | Lo sguardo obliquo

Incontro con il regista Daniele Gaglianone e proiezione del suo

Nord Italia, anni settanta. Durante una calda estate, in un quartiere di periferia, un gruppo di ragazzini, capitanato dal siciliano Carmine, passa il tempo tra giochi e scontri con altre piccole bande. Un nuovo medico arriva nel quartiere ma solamente Carmine e i suoi piccoli amici si renderanno conto della reale natura dell'uomo... Spaziocinema film workshop è un laboratorio dedicato all’approfondimento teorico e pratico dell’arte cinematografica. La manifestazione è alla sua terza edizione. Il workshop è aperto a venti partecipanti selezionati previo bando scaricabile dal sito: www.laboratorioprobabile.it

ingresso con tessera Arci: 6 euro

da sab 31 marzo a lun2 aprile

Film in prima visione Mar 3 aprile merc 4 aprile

15.30 - 21.15 21.15

Le nevi del Kilimangiaro di Robert Guédiguan, con Jean-Pierre Darroussin, Ariane Ascaride, Francia 2011, 107' Nonostante sia stato appena licenziato, Michel è felice accanto alla sua Marie-Claire, con cui è sposato da trent'anni, e ai suoi figli, nipoti e amici più cari. Un giorno due uomini col volto coperto fanno irruzione nella loro casa e, dopo averli picchiati e legati, li derubano. Quando Michel e sua moglie scopriranno l'identità dell'organizzatore dell'aggressione, la loro vita cambierà...

Gio 5 aprile

21.00

La Bottega della Solidarietà onlus e Nuovofilmstudio, con il contributo della Regione

SETTEMBRE - OTTOBRE 2011

FILM DOC

25


I PROGRAMMI DEI CINEMA DOC in LIGURIA Gio 12 aprile

Liguria, presentano:

Food&Film 3a edizione -Cinema, cibo per la mente Rassegna cinematografica per parlare del buon cibo e della cattiva economia

MANGIARE BERE UOMO DONNA di Ang Lee, Taiwan 1994, 124'

Nella moderna Taipei, la famiglia di Chu, uno chef di alta cucina tradizionale cinese, si trova abitualmente a condividere banchetti preparati da lui con amorevole cura. Attorno al cibo, secondo le possibilità infinite della cucina cinese, trova spazio un piccolo mondo di sentimenti dove tutto si può raccontare... Al termine della proiezione gli amici della Bottega della Solidarietà proporranno una degustazione di prodotti del Commercio Equo e Solidale, buoni per chi li produce, buoni per chi li consuma.

ingresso libero

Da ven 6 a lun 9 aprile

Film in prima visione Mar 10 aprile mer 11 aprile

21.00

La Bottega della Solidarietà onlus e Nuovofilmstudio, con il contributo della Regione Liguria, presentano:

Food&Film 3a edizione -Cinema, cibo per la mente Rassegna cinematografica per parlare del buon cibo e della cattiva economia

TOAST

di S.J. Clarkson, GB, 2010, 96' lingua inglese, sottotitoli italiano

L’Inghilterra degli anni ’60 vista con gli occhi di Nigel Slater, che 30 anni dopo diverrà uno dei più noti autori inglesi di libri di cucina. Fin da bambino Nigel si innamora dell’arte culinaria. Crescendo in una casa dove il meglio che si mangi è cibo in scatola, sviluppa una forte passione per la gastronomia e i libri di cucina... Al termine della proiezione gli amici della Bottega della Solidarietà proporranno una degustazione di prodotti del Commercio Equo e Solidale, buoni per chi li produce, buoni per chi li consuma.

ingresso libero

15.30 - 21.15 21.15

Da ven 13 a lun 16 aprile

per la mente Rassegna cinematografica per parlare del buon cibo e della cattiva economia THE DARK SIDE OF CHOCOLATE di Miki Mistrati e Roberto Romano, Danimarca 2010, 46', lingua inglese, sottotitoli italiano La cioccolata non è sempre dolce per tutti. È questa la scioccante verità che emerge dal viaggio-inchiesta compiuto da Miki Mistrati, pluripremiato giornalista danese, che partendo dal Mali e giungendo fino in Costa d’Avorio ripercorre le rotte degli scambi attraverso i quali i bambini vengono obbligati a lavorare nelle piantagioni di cacao... Al termine della proiezione gli amici della Bottega della Solidarietà proporranno una degustazione di prodotti del Commercio Equo e Solidale, buoni per chi li produce, buoni per chi li consuma.

ingresso libero

Da ven 20 a lun 23 aprile

Film in prima visione

Anonymous di Roland Emmerich

Film in prima visione

Mar 24 aprile mer 25 aprile

con Rhys Ifans, Vanessa Redgrave Germania 2011,130'

Mar 17 aprile mer 18 aprile

Pupi Avati, con Cesare Cremonini, Micaela Ramazzotti, Italia 2011, 85'

Nell'Inghilterra cinquecentesca della Regina Elisabetta I è disdicevole scrivere per il teatro se si è il Duca di Oxford, così Edward De Vere paga un attore per assumere lo pseudonimo da lui inventato di Shakespeare. Il successo è clamoroso, ma nell'ombra qualcuno trama ed è pronto a svelare il legame che lega il Duca alla Regina...

Gio 12 aprile

17.00

Nuovofilmstudio presenta

MELOASCOLTO: “Mitico!”, come disse Homer Simpson. Stelle e stelline nell’universo della modernità (Emanuela E. Abbadessa)

ingresso libero

15.30 - 21.15 21.15

Il villaggio di cartone di Ermanno Olmi, con Michael Lonsdale, Rutger Hauer, Italia 2011, 87' Una chiesa. Un parroco. Un'impresa di traslochi. La chiesa non serve più e viene svuotata. Restano solo le panche in uno spazio vuoto. Ma, di lì a poco, un gruppo di clandestini in cerca di rifugio entra nell'edificio e, prendendo quello che c'è, comincia a costruire un piccolo villaggio. Non tarda l’arrivo di chi deve far rispettare le leggi...

Gio 19 aprile

21.00

La Bottega della Solidarietà onlus e Nuovofilmstudio, con il contributo della Regione Liguria, presentano: Food&Film 3a edizione -Cinema, cibo

gelis, Italia 2011, 103'

Nel regno delle mozzarelle, Ciccio DOP è il signore assoluto. Dopo anni di dominio incontrastato, l’uomo si trova ad affrontare una guerra di mercato contro dei misteriosi imprenditori cinesi. Questi ultimi hanno invaso improvvisamente supermercati e ristoranti con mozzarella di ottima qualità, di sapore eccellente e, soprattutto, a metà prezzo… Al termine della proiezione gli amici della Bottega della Solidarietà proporranno una degustazione di prodotti del Commercio Equo e Solidale, buoni per chi li produce, buoni per chi li consuma.

ingresso libero

Da ven 27 a lun 30 aprile

Film in prima visione Programmazione cinematografica a cura di Corrado e Damiano Meraviglia. Programma realizzato da Damiano Meraviglia e Andrea Tessitore, con la collaborazione di Francesco Chignola.

15.30 - 21.15 21.15

Il cuore grande delle ragazze di Carlino Vigetti è un giovane intraprendente molto ambito dalle ragazze. Inaffidabile e analfabeta, è un uomo a cui nessun padre concederebbe in sposa la figlia, a meno che non difetti di bellezza e ingegno. Sisto Osti, avido proprietario terriero della zona, decide suo malgrado di ricorrere a Carlino per maritare almeno una delle sue due figlie…

Gio 26 aprile

21.00

La Bottega della Solidarietà onlus e Nuovofilmstudio, con il contributo della Regione Liguria, presentano:

Food&Film 3a edizione -Cinema, cibo per la mente Rassegna cinematografica per parlare del buon cibo e della cattiva economia

Mozzarella stories

di Edoardo De An-

LA SPEZIA e PROVINCIA Cineforum Film Club PIETRO GERMI c/o Cinema teatro Il Nuovo - Tel. 0187 24422 Via Colombo, 99 - 19100 LA SPEZIA e-mail: ilnuovocinema@tin.it - www.cinemailnuovolaspezia.it gio 1 ven 2 sab 3 dom 4 lun 5 e gio 8 Marzo 2012

THE HELP

con Maggie Gyllenhaal, Hugh Dancy, Jonathan Pryce Gran Bretagna – 95’ Dieci anni dopo Secretary Maggie Gyllenhaal torna ad interpretare una commedia irriverente ambientata nella Londra vittoriana che racconta una vicenda singolare come quella della 'scoperta' del vibratore, oggi popolarissimo sex-toy venduto in tutte le forme in qualsiasi sexy shop.

di Tate Taylor, con Emma Stone, Viola Davis, USA – 137’. Da non perdere per farsi catapultare nel Mississipi degli anni ’60 con l'adattamento di uno dei romanzi più chiacchierati di questi anni, un caso letterario che ha fatto conoscere il talento della scrittrice Kathryn Stockett. Un film provocatorio e un’analisi di cosa accade quando il perbenismo di facciata delle famiglie del sud è minato da tre donne coraggiose che stringono una strana amicizia.

ven 2 e sab 3 Marzo - ore 16.00

ven 9 e sab 10 Marzo - ore 16.00

BAMBINI GRATIS AL CINEMA IL CINEMA DI CIOCCOLATA ( per ogni adulto un bambino gratis e al termine della proiezione, merenda offerta a tutti i bambini)

BAMBINI GRATIS AL CINEMA IL CINEMA DI CIOCCOLATA ( per ogni adulto un bambino gratis e al termine della proiezione, merenda offerta a tutti i bambini)

ARIETTY IL MONDO SEGRETO SOTTO IL PAVIMENTO

IL GATTO CON GLI STIVALI

HYSTERIA di Tanya Wexler

Un film sulla scoperta e sullo stupore, sulla tollerenza e sulla vita; leggero come una foglia d'edera, e magnifico come la casa di bambole importata dall'inghilterra. Inevitabile farsi catturare dalle immagini di rara bellezza.

Mar 6 e mer 7 Marzo 19.30 -21.45 26

- ore 17.15-

Questo Gatto con gli stivali è da leccarsi i baffi, felino spadaccino star dello spin-off ideato dalla casa di produzione Dreamworks. Il gattone animato funziona che è una meraviglia: spavaldo, beffardo e seduttore

ven 9 sab 10 dom 11 lun 12 e gio 19 Marzo 2012

FILM DOC NOVEMBRE - DICEMBRE 2011

LA SORGENTE DELL’AMORE di Radu Mihaileanu con Leïla Bekhti, Hafsia Herzi, Belgio, Francia -136’. Dopo Il concerto, torna Radu Mihaileanu e mette le carte in tavola da subito; dichiara esplicitamente la natura favolistica della sua storia, a gusto del regista ulteriormente enfatizzata dal fatto di ambientare i fatti in un villaggio che potrebbe trovarsi in un luogo qualunque del Maghreb o della Penisola Arabica

lun 12 marzo 2012 ore 15.45 “I MILLE VOLTI DI GIAN MARIA VOLONTE’ “ Relatore: Sig. Giordano Giannini

IL CASO MORO (1986) Regia di Giuseppe Ferrara

ma 13 e me 14 Marzo - ore 17.1519.30-21.45

L’ARTE DI VINCERE di Bennett Miller con Brad Pitt, Jonah Hill, Philip Seymour Hoffman, Robin Wright, USA – 133’. Cast formidabile, un regista sensibile alle sfumature dell'animo e una coppia di sceneggiatori in grado di declinare su piano emozionale discorsi e cifre e di costruire personaggi sfaccettati, umani. incentrato sul coraggio di rimettersi in gioco, Pitt ci regala una performance indimenticabile.

ven 16 e sab 17 Marzo - ore 16.00 BAMBINI GRATIS AL CINEMA IL CINEMA DI CIOCCOLATA ( per ogni adulto un bambino gratis e al termine della proiezione, merenda offerta a tutti i bambini)

ALVIN SUPERSTAR 3 SI SALVI CHI PUO’ I tre scoiattoli canterini Chipmunks, Alvin, Simon e Theodore finiscono su un’isola deserta. Un brillante esercizio di animazione al computer mista a cinema dal vivo, tecnicamente impressionante. Un divertimento assicurato per grandi e piccini.

ven 16 sab 17 dom 18 lun 19 e gio 22 Marzo 2012

ALBERT NOBBS di Rodrigo García con Glenn Close, Mia Wasikowska, Gran Bretagna, Irlanda – 114’. Nella Dublino di fine '800 la vita è dura per una donna sola e senza mezzi. Perciò, da più di vent'anni la protagonista finge di essere un uomo: Albert Nobbs, l'impeccabile, riservato maggiordomo di un hotel di lusso. Fino a quando non si rende conto di essersi rinchiusa in una gabbia con le sue stesse mani. Una grande Glenn Close alle prese con un ruolo da lei già interpretato a teatro. mar 20 e mer 21 Marzo - ore 17.1519.30-21.45 STRACULT ALLA SPEZIA -3A EDIZIONEOMAGGIO AGLI ANNI ‘70

LA KRYPTONITE NELLA BORSA di Ivan Cotroneo con Valeria Golino, Cristiana Capotondi, Luca Zingaretti, Italia, 98’ . Ogni famiglia ha i suoi segreti, ma alcuni fanno più ridere di altri. Il film è il debutto alla regia di Ivan Cotroneo, sceneggiatore di Mine Vaganti, Ambientato a Napoli nei primi anni Settanta, La kryptonite nella borsa vede protagonista un bimbo di nove anni che deve affrontare la sua


gio 22 Marzo -Serata non stop STRACULT ALLA SPEZIA -3A EDIZIONEOMAGGIO AGLI ANNI ‘70 ore 17.30: PROFONDO ROSSO ore 19.30 IL GATTO DAGLI OCCHI ore 21.30:

DI GIADA ZEDER

ven 23 Marzo - Serata non stop STRACULT ALLA SPEZIA -3A EDIZIONEOMAGGIO AGLI ANNI ‘70

ore 17.30: TAXI DRIVER ore 19.30 QUALCUNO VOLO’ SUL

infanzia problematica inventandosi un amico immaginario-supereroe.

sab 24 dom 25 lun 26 e gio 29 Marzo 2012

QUASI AMICI

di Olivier Nakache, Éric Toledano con François Cluzet, Omar Sy, Francia – 112’ Ispirato ad una storia realmente accaduta, il film è incentrato sull'incontro tra due persone completamente opposte: un ricco e solitario paraplegico di mezz'età e un ragazzo di colore povero e disoccupato viene da una famiglia numerosa dei quartieri popolari. I due si scontreranno a causa del loro modo di vivere, ma grazie a questo renderanno unica la loro amicizia. SERATA FRANCESE CON DEGUSTAZIONE DI FORMAGGI

Lun 26 marzo

ore 15.45

I PROGRAMMI DEI CINEMA DOC in LIGURIA

vani attivisti in un Sessantotto che sembra improvvisamente remoto decidono di mettersi in salvo in Austria. Viaggio rocambolesco e improbabile di Masi, Lulli e Gismondi, che vivranno avventure di ogni storico di grande transizione

ven 30 e sab 31 Marzo - ore 16.00 BAMBINI GRATIS AL CINEMA IL CINEMA DI CIOCCOLATA ( per ogni adulto un bambino gratis e al termine della proiezione, merenda offerta a tutti i bambini)

LO SCHIACCIANOCI Complice una notte speciale, Lo Schiaccianoci ci conduce diretti nell'amatissima favola di un giocattolo che si anima, di fiocchi di neve che ballano e di una bambina che ha come unico desiderio quello di credere che tutto sia possibile.

NIDO DEL CUCULO ore 21.30: ARANCIA MECCANICA

“I MILLE VOLTI DI GIAN MARIA VOLONTE’ “ Relatore: Sig. Giordano Giannini

ven 30 sab 31 marzo dom 1 lun 2 e gio 5 Aprile 2012

ven 23 e sab 24 Marzo - ore 16.00

L’OPERA AL NERO ( 1988)

BAMBINI GRATIS AL CINEMA IL CINEMA DI CIOCCOLATA ( per ogni adulto un bambino gratis e al termine della proiezione, merenda offerta a tutti i bambini)

Regia di Andre’ Delvaux

360 ddi Fernando Meirelles con Rachel Weisz, Anthony Hopkins, Ben Foster, Jude Law, USA - 120’ Analisi della morale sessuale all'interno delle varie classi sociali operata attraverso la rappresentazione di alcuni personaggi che hanno relazioni sessuali all'interno del proprio ceto e con membri di classi sociali diverse.

LE AVVENTURE DI TIN TIN E IL SEGRETO DELL’UNICORNO Diciamolo subito, Steven Spielberg ha ritrovato l'Isola che non c'è e con quella il piano della favola. il suo ragazzo coi capelli rossi e la testa ovale, i pantaloni alla zuava e un maglione celeste emana un inconfondibile odore di grande cinema d’animazione.

Mar 28 e mer 29 feb Ore 17.30-19.30-21.30 STRACULT ALLA SPEZIA -3A EDIZIONEOMAGGIO AGLI ANNI ‘70

I PRIMI DELLA LISTA di Roan Johnson, con Claudio Santamaria, Francesco Turbanti, Paolo Cioni, Italia – 85’ Dicembre 1969, la strage di Piazza Fontana cambia il volto dell'Italia, soffiando nelle piazze "calde" del paese il timore di un golpe. Tre gio-

In una piccola città francese sull'Atlantico, diciassette ragazze dello stesso liceo prendono una decisione eclatante: rimanere incinte tutte insieme, nell'arco di poche settimane. Quello che sembra un gioco provocatorio si rivelerà un gesto d'amore e di ribellione, una scelta di libertà capace di andare oltre ogni pregiudizio. La storia di un gruppo di ragazze, che intraprende una scelta singolare, oltre che coraggiosa.

ven 13 sab 14 dom 15 lun 16 e gio 19 Aprile 2012

DIAZ - DON’T CLEAN UP THIS BLOOD di Daniele Vicari con Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich, Elio Germano, David Jacopini, Italia – 116’. Ricostruzione dei drammatici fatti occorsi nel 2001 a Genova, nella scuola Diaz, in occasione del G8. Il titolo fa riferimento a una frase scritta sui muri della scuola dopo l'infausto raid in cui numerosi attivisti appartenenti a movimenti pacifisti furono feriti nel corso della notte dalle forze di polizia.deranno unica la loro amicizia.

ven 6 sab 7 dom 8 lun 9 e gio 12 Aprile 2012

17 RAGAZZE di Delphine Coulin, Muriel Coulin con Louise Grinberg, Juliette Darche, Roxane Duran, Francia – 90’

CONTROLUCE -

CINEforuModerno

Tel.: 0187 714955 - Via Roma, 128 - 19100 LA SPEZIA

Tel.: 0187 620 714 c/o Multisala Moderno -

www.cgscontroluce.it

Via del Carmine, 35 19038 Sarzana (SP) - Fax: 0187 603 941 Orari spettacoli: ore 21,00 - www.moderno.it

Dal 24 febbraio al 1° marzo

LA PEGGIORE SETTIMANA DELLA MIA VITA di Alessandro Genovesi con Fabio De Luigi, Cristiana Capotondi, Italia 2011, 92’

Dal 2 all’8 marzo

di Nadine Labaki con Nadine Labaki, Claude Msawbaa, Francia/ Libano/ Egitto /Italia 2011, 110’

Dal 16 al 22 marzo

SHERLOCK HOLMES – GIOCO DI OMBRE di Guy Ritchie con Robert Dow-

SCIALLA

ney Jr, Jude Law, USA 2011, 129’

di Francesco Bruni con Fabrizio Bentivoglio, Filippo Scicchitano, Italia 2011, 95’

Dal 23 al 29 marzo

Dal 9 al 15 marzo

E ORA DOVE ANDIAMO?

IL GIORNO IN PIU’ di Massimo Venier con Fabio Volo, Isabella Aragonese Italia 2011, 123’

Nuovo Cineforum Sarzana c/o Cinema ITALIA - P.zza Niccolò V, 2 - Sarzana (SP) Tel. e Fax uffici 0102476147 - cell.3483368713 www.cattedraledisarzana.it

Orari spettacoli: ore 21,00

Giovedì 1 marzo

Giovedì 29 marzo

ET IN TERRA PAX

CIRCUS COLIUMBIA

di Matteo Botrugno, Daniele Coluccini con Maurizio Tesei, Ughetta d’Onorascenzo, Italia 2010, 89’

di Danis Tanovic, con Miki Manojlovic, Mira Furlan, Bosnia-Herzegovina, Fr, Germ, GB, Slovenia, Belgio, Serbia, 2010 113’

Giovedì 8 marzo

Giovedì 2 aprile

THE HOUSEMAID

13 ASSASSINI

di Im Sang-soo con Jeaon Do-yeon, Lee Jung-Jae, Corea del Sud 2010, 106’

di Takashi Miike con Kôji Yakusho, Yusuke Iseya, Giappone/Gran Bretagna 2010, 141’

Giovedì 15 marzo

Giovedì 12 aprile

LA POLVERE DEL TEMPO

ANGELE E TONY

di Théo Angelopoulos con Willem Dafoe, Bruno Ganz, Michel Piccoli, Grecia/ Italia/ Germania/Francia/Russia 2008, 125’

di Alix Delaporte con Clotilde Hesme, Grégory Gadebois, Francia 2010, 85’

GioGiovedì 19 aprile

Giovedì 22 marzo

MICHEL PETRUCCIANI – BODY & SOUL di Michael Radford con Michel Petrucciani, Francia/Germania/Italia 2011, 90’

Venerdì 2 marzo

Venerdì 16 marzo

THE TREE OF LIFE di Terrence Ma-

THE ARTIST di Michel Hazanavicius

lick, con Brad Pitt, Sean Penn, India, GB, 2011, 138’

con Jean Dujardin, John Goodman, Missi Pyleulia, Francia 2011, 100’

da questo numero

Venerdì 9 marzo

Venerdì 23 marzo -EVENTO SPECIALE

in poi li troverete solo

UN LUOGO COMUNE

nella nuova, apposita

GANGOR di Italo Spinelli

con Hadyl Hussain, Samrat Chkrabarti, Tillotama Shome, India/Italia 2010, 91’

di Diego e Toni Garbini – Documentario – Italia 2010 Saranno presenti gli autori.

VENERE NERA di Abdel Kechiche con Yahima Torrès, Andre Jacobs, Francia/Italia/Belgio 2010, 166’

Per motivi di spazio i film usciti in Liguria

sezione sul sito www.filmdoc.it. SETTEMBRE - OTTOBRE 2011

FILM DOC

27


www.begcom.it


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.