Filmdoc Numero 98

Page 1

FILMDOC NUMERO

98

Anno XXI • maggio | agosto 2012

TARIFFA REGIME LIBERO: “POSTE ITALIANE S.P.A.• SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 70% - DCB GENOVA”

DISTRIBUZIONE REGIONALE GRATUITA

PERIODICO DI INFORMAZIONE CINEMATOGRAFICA

Il ritorno di Bertolucci 06

Intervista a William Friedkin

07

Doppio Tim Burton

14-15

19

Il cinema di Lars Von Trier

Nicolò Ferrari Il regista camoglino


IN QUESTO NUMERO

PERIODICO DI INFORMAZIONE CINEMATOGRAFICA

FILMDOC NUOVA SERIE • ANNO XXI • N° 98 MAGGIO AGOSTO 2012 REDAZIONE c/o A.G.I.S. LIGURIA via S.Zita 1/1 16129 Genova tel. 010 565073 - 542266 fax 010 5452658 www.agisliguria.it e-mail: agisge@tin.it

04

DIRETTORE RESPONSABILE Renato Venturelli COORDINAMENTO EDITORIALE Daniele Biello Vittorio Di Cerbo Gianfranco Ricci Riccardo Speciale Coordinamento redazionale Giancarlo Giraud

03 03> Cannes 2012: il ritorno di Bertolucci

Registrazione stampa N. 30/93 (1/10/1993) del Tribunale di Genova

04> C’era una volta in Anatolia

Progetto grafico, ricerca immagini e impaginazione B&G Comunicazione via Colombo 15/2 - 16121 Genova info@begcom.it Stampa Ditta Giuseppe Lang srl Via Romairone, 66 - 16163 Genova (Bolzaneto) Questa pubblicazione, ideata nel quadro della collaborazione tra Regione Liguria - Settore Spettacolo e la Delegazione Regionale Ligure dell’AGIS, contiene i programmi delle sale del Circuito Ligure Cinema d’Essai e viene distribuita gratuitamente, oltre che in dette sale, anche nei circoli culturali e in altri luoghi d’incontro e di spettacolo

05> Intervista a William Friedkin 06> Christopher Nolan

07>

Tim Burton

08>

Invisibili in sala FilmDoc ragazzi

05

09> Occhio ai film doc 10> Intervista a Luis Miñarro

06

11> Cartoons on the Bay Intervista a Alessandro Pepe

© A.G.I.S. Liguria - Regione Liguria

12-13> Le recensioni doc -

07

Fight Club

I cinema del Circuito Ligure Cinema d’Essai aderiscono a:

14-15> Lars von Trier 16> Colonne sonore -

La rivista è anche visibile on-line sul nuovo sito www.filmdoc.it . Ogni numero è anche scaricabile in formato pdf.

Cinema e cucina

17> La posta Doc - Forza Italia 18> Libri & Riviste 19> Nicolò Ferrari

14-15

20>

Nuovo Cinema Europa

21>

Perle noir

22>

Intervista a Ivan Cotroneo

23-27>

17

Programmi sale d’essai

19 In copertina Bertolucci a Cannes con Io e te (nostra elaborazione grafico-fotografica)

11

www.filmdoc.it

20

F.I.C. F.E.D.I.C. C.G.S. A.N.C.C.I.

22

Leggi la rivista, guarda i programmi e commenta gli articoli sul nuovo sito on line


Cannes, il ritorno dell’enfant prodige

FESTIVAL DOC

BERNARDO BERTOLUCCI FUORI CONCORSO CON “IO E TE”, TRATTO DAL ROMANZO DI NICOLÒ AMMANITI. È IL SUO RIENTRO  A CINQUANT’ANNI  DAL FILM  D’ ESORDIO “LA COMMARE SECCA”.

I FILM DI CANNES 2012

[ di Oreste De Fornari ]

In concorso

C

HISSÀ SE RIUSCIRANNO a  incrociarsi  sulla  Croisette, Bernardo  Bertolucci  e  JeanLouis Trintignant,  di ritorno a Cannes dopo una lunga assenza dagli schermi, il primo con Io e te, un kammerspiel dal romanzo di Ammaniti, il secondo con Amour del cupo Ph: Severine-Brigeot e  crudo  Haneke.  Non  si  può  sapere quale lingua useranno per comunicare : Jean Louis parla bene l’italiano e Bernardo, grande snob, dichiarò che quando  l’argomento  è  il  cinema  gli  viene  spontaneo esprimersi in francese.  Una cosa è certa, che non potranno fare a meno di evocare il solo titolo che hanno in comune, un film del 1970, tra i più belli  degli ultimi quarant’anni, Il conformista, dal romanzo di Moravia, spy story in stile déco  e radiografia di un italiano  non medio, che si arruola nell’Ovra per un patologico bisogno di normalità. Trintignant ingentiliva il suo personaggio di sicario con magistrali sfumature di timidezza e Bertolucci ne seguiva il percorso in un tono misto di ironia, complicità e riprovazione. Fondamentali si rivelarono tra gli altri l’ apporto dello sceneggiatore montatore Kim Arcalli, maestro di flash-back, che ha reso la storia più labirintica, e del musicista Delerue che ha evocato suggestivamente l’aria di Parigi . La vocazione parigina del giovane regista di Parma, figlio del poeta Attilio si era manifestata già nel suo secondo  film  Prima della rivoluzione,  omaggio  cifrato  a Stendhal, attraverso il ritratto di un ventenne di buona famiglia, Fabrizio (come Fabrizio del Dongo), incerto fra la  tentazione  del  comunismo  e  il  richiamo  all’ordine borghese, tra una fidanzata con palco al Regio e una zia inquieta (Adriana Asti che si chiama Gina, come la Sanseverina). Più del dilemma ideologico, colpiva la scrittura  irregolare,  a  base  di  dissonanze,  digressioni, citazioni e salti di tono alla maniera dei francesi. Non a caso il film, ignorato in Italia da pubblico e critica (che gli  preferì la rivolta più urlata  del Bellocchio de I pugni in tasca), fu invece ampiamente elogiato  dai Cahiers du cinema che  accolsero l’enfant prodige italiano (all’epoca ventitreenne) nel gotha dei giovani maestri. Ancor più francesizzante e più sfortunato il successivo Partner ,ovvero Il sosia di Dostoevskij riletto alla maniera di Godard,  «un  film  schizofrenico  sulla  schizofrenia», secondo le parole del regista) cui fece seguito un film per la televisione, dedicato alla regione Emilia Romagna, La strategia del ragno dal racconto di Borges Tema del

Gli altri film più attesi

traditore e dell’eroe,  trasferito  nell’ambiente  dell’antifascismo  anni  Trenta, con  sfondi bucolico surreali memori di Ligabue e  di Magritte (forse qualche lettore ricorda  la presentazione del film al Cuc di Genova nell’autunno del 1970: qualcuno accusò il film di revisionismo, e il regista seppe difendersi con ironia). Poi Il conformista, accolto un po’ tiepidamente  da  noi  (ma  alla  Paramount  lo  proiettavano come modello per i giovani registi), e il successo di scandalo oltre che di box office (con relative querele, sequestro e rogo della pellicola) di Ultimo tango a Parigi, festa della liberazione sessuale, tra Henry Miller e Wilhelm Reich. Rivisto oggi appare un po’ didascalico ma Marlon Brando usato come maturo oggetto di desiderio  e le luci arancioni di Storaro ispirate a Francis Bacon dicevano di più dei dialoghi. Nel 1976 il colossal nazional popolare Novecento, sui destini di due amici, il padrone e il contadino (De Niro e Depardieu) dal 1900 al 1945: un po’ troppo manicheo (i contadini sempre più sani e più onesti dei padroni) e poco originale soprattutto nelle scene dove l'influenza di Visconti è più evidente. La consacrazione internazionale arrivò con  il film dei nove Oscar, L’ultimo imperatore calligrafico biopic  su Pu Yi, autocrate senza potere, dai fasti della Città Proibita alla rieducazione nel carcere maoista. Bertolucci  rimane in superficie ma non era facile rendere interessante un personaggio tanto passivo. E ancora negli anni Novanta e oltre, cinque o sei titoli non tutti memorabili, tra cui spicca Il tè nel deserto dal romanzo di Paul Bowles. Ma in  Bertolucci certe volte c’è qualcosa di grande anche negli errori. Quello che ritorna nei suoi film, quindici in cinquant’anni (il debutto, sotto l’egida di Pasolini, risale al 1962 con La commare secca) assieme al vitalismo (eros più morte più edipo) e al populismo (nutrito di sensi di colpa di classe) è lo stile impuro, capace di alternare preziosismi e sciatterie, eccessi di realismo e di irrealismo, straniamenti brechtiani e  turgori  da  melodramma,  secondo  la  lezione  della Nouvelle Vague, di cui Bertolucci è l’erede italiano più autorevole. Perciò non è tanto importante sapere se Io e te sarà  all’altezza del Conformista (il risultato è già nell’averlo portato a termine malgrado la  salute precaria). E non è nemmeno giusto rammaricarsi se i suoi capolavori li ha girati prima dei trent’anni . Erano gli anni Sessanta , quando sognare (e girare dei  film che aiutano a sognare) sembrava più facile.

REALITY di Matteo Garrone

COSMOPOLIS di David Cronenberg

AMOUR di Michael Haneke

n MOONRISE KINGDOM di Wes Anderson (USA) - n DE ROUILLE ET D’OS di Jacques Audiard (Belgio/Francia) - n HOLY MOTORS di Leos Carax (Francia) - n COSMOPOLIS di David Cronenberg (Canada) - n THE PAPERBOY di Lee Daniels (USA) - n KILLING THEM SOFTLY di Andrew Dominik (Nuova Zelanda) - n REALITY di Matteo Garrone (Italia) - n AMOUR di Michael Haneke (Francia) - n LAWLESS di John Hillcoat (Australia) - n IN ANOTHER COUNTRY di Hong Sang-soo (Corea del Sud) - n THE TASTE OF MONEY di Im Sang-soo (Corea del Sud) - n LIKE SOMEONE IN LOVE di Abbas Kiarostami (Fr/Iran/ Giap) - n THE ANGELS’ SHARE di Ken Loach (Regno Unito) - n IN THE FOG di Sergej Losznitsa (Germania/Paesi Bassi/Bielorussia/Russia/Lettonia) - n BEYOND THE HILLS di Cristian Mungiu (Romania) - n BAAD EL MAWKEAA di Yousry Nasrallah (Egitto) n MUD di Jeff Nichols (USA) - n VOUS N’AVEZ ENCORE RIEN VU di Alain Resnais (Francia) - n POST TENEBRAS LUX di Carlos Reygadas (Messico/Fr/Paesi Bassi) - n ON THE ROAD di Walter Salles (USA/Fr/UK) - n PARADIES: LIEBE di Ulrich Seidl (Austria) - n JAGTEN di Thomas Vinterberg (Danimarca)

Fuori concorso n IO E TE di Bernardo Bertolucci - n UNE JOURNÉE PARTICULIÈRE di Gilles Jacob e Samuel Faure - n THÉRÈSE DESQUEYROUX di Claude Miller - n MADAGASCAR 3 di Eric Darnell e Tom McGrath - n HEMINGWAY & GELLHORN di Philip Kaufman - n DRACULA 3D di Dario Argento - n AI TO MAKOTO di Takashi Miike

DRACULA 3D di Dario Argento

N’AVEZ ENCORE RIEN VU di Alain Resnais

ON THE ROAD di Walter Salles

LIKE SOMEONE IN LOVE di Abbas Kiarostami


I FILM DOC

LA TURCHIA DI OGGI E I SUOI SCENARI ARCAICI NEL BEL FILM DI NURI BILGE CEYLAN, GRAN PREMIO DELLA GIURIA AL FESTIVAL DI CANNES DEL 2011

Giallo in Anatolia [ di Bruno Fornara ]

I

cessive indagini non arrivino a nulla, che ci sia L TROPPO GRANDE ALTOPIANO turco che qualcuno e qualche buona ragione perché esse non si chiama Anatolia, distese piatte, colline dietro portino a una soluzione e che quel vagare a vuoto colline, avvallamenti su avvallamenti, strade in cerca del corpo dell'ucciso si ripeta adesso sul sterrate che seguono le tortuose forme del terreno, terreno giudiziario, per dei buoni (cioè pessimi) posti dove non si incontra nessuno, piccoli paesi motivi. tutti uguali. Un deserto dove perdersi. Cercarvi un Il regista turco Nuri Bilge Ceylan, classe 1959, cadavere è peggio che cercare l'ago nel pagliaio. È ha vinto con questo film il Gran Premio della Giunotte. Due macchine, una camionetta, un medico, ria a Cannes 2011 e dev'essere molto affezionato al un magistrato, dei poliziotti, due arrestati. Vanno festival francese: nel 2003, con Uzak, suo terzo film, a caso, senza convinzione, su strade che sembrano intenso e profondo, uscito anche in Italia, aveva serpenti lungo i fianchi delle alture, tante sono le vinto il Gran Premio della Giuria e quello per la curve. Un albero isolato. La luna è quella di semmigliore  interpretazione  mapre. L'abbaiare lontano di Il film è un viaggio schile; con il film successivo, Il un  cane.  Un  tuono.  Non sanno  dove  è  stato  comnel nero di un piacere e l'amore (2006) era stato premiato dalla critica internamesso il delitto. Forse viabisso. È vero che zionale; infine, con Le tre scimcino  a  una  fontana,  a  un c’è un colpevole, ma mie (2008),  aveva  ricevuto  il abbeveratoio.  Ma  l'uomo che ha confessato di essere un po’ tutti sono col- premio  per  la  migliore  regia. Nel  giro  di  pochi  anni,  Bilge l'omicida non riconosce il pevoli: di essere fal- Ceylan è diventato un regista posto, era ubriaco, gli semliti come uomini " di primo piano nel panorama bra  sia  qui,  si  sbaglia,  riinternazionale. Soprattutto per partono,  si  fermano  di una  ragione:  che  tutti  i  suoi nuovo. Per quel che ne sanno pofilm danno del suo paese una visione lontana da trebbero anche girare in tondo, trovarsi sempre ogni  stereotipo,  diremmo  una  visione  europea, allo stesso punto. come se l'occhio del regista guardasse a quello che Il titolo C'era una volta in Anatolia sembra volerci resta della Turchia tradizionale ma soprattutto a trasportare  in  un'atmosfera  fiabesca,  o  persino quello che, dentro il vecchio mondo, lavora per epica. Non è così. La prima parte del film conserva farne venire alla luce un altro, più attuale e più delle fiabe un solo elemento, il perdersi, il girare a duro, più opaco, più ambiguo. Così C'era una volta vuoto nella notte: ma quell'elemento del vagabonin Anatolia è un film poliziesco ma anche un film dare viene stravolto, stinge nel vuoto e nel nero, che va alla ricerca di una verità perduta e occulfino allo sfinimento. Quella peregrinazione nottata, è un film con delitto ma tutto porta a far sì turna  confonde  gli  uomini  nella  loro  ricerca,  li che quel delitto svanisca nel nulla, è un film che, svuota, tanto che pensiamo possano perdere il modi notte sull'altopiano e di giorno di ufficio in uftivo  del  loro  cercare.  Si  fermano  in  un  paesino, ficio, di interrogatorio in interrogatorio, finisce per mangiano qualcosa, riprendono le ricerche: e alperdersi davvero e sfociare in una crudele e inerte l'alba trovano il cadavere. pacificazione che è un insabbiamento. Adesso – e siamo nella seconda parte del film – I tempi larghi, le sequenze dilatate, il modo di bisogna scoprire perché l'uomo è stato ucciso. E guardare per campi vuoti o per dettagli danno al noi, messi sull'avviso da quella lunga prima parte film  una  particolare  andatura,  quella  del  passo di spostamenti notturni alla cieca, cominciamo ben dopo passo, di un muoversi senza fretta, tanto non presto a pensare che, anche se il cadavere è sul si dovrà arrivare da nessuna parte. Ci sono nelle bancone dell'obitorio, è molto probabile che le suc-

4

FILM DOC MAGGIO - AGOSTO 2012

immagini  una sapienza  e  un disagio  quasi primordiale, come  se  ancor prima  di  mettersi  in  viaggio quella notte per trovare  il  cadavere tutti già sapessero che la ricerca non sarebbe servita a nulla. La natura spoglia, una steppa senza alberi né coltivazioni, le strade polverose, tutti elementi ripresi con grande abilità documentaristica ed espressiva, sono già di per sé più che significanti. Riflettono un panorama interiore ugualmente prosciugato, arido, colpevole. Nei titoli di testa del film, compare, inaspettato, il nome di Anton Cechov. Molti dei  dialoghi  sembrano  avere  un  sapore  cechoviano, dicono e non dicono, vengono lasciati in sospeso e ripresi più avanti, come quella storia della donna che ha previsto il giorno della sua morte (e che si scopre essere la moglie di uno dei protagonisti). Il film è un viaggio nel nero di un abisso. È vero che c'è un colpevole ma un po' tutti sono colpevoli: di essere falliti come uomini. Tutti hanno qualcosa da nascondere, vogliono che non si cerchi troppo e che, se mai si trovasse qualcosa, non lo si dica in giro. Meglio che ogni cosa torni com'era prima. La moglie della vittima e il suo bambino vanno, soli e silenziosi, verso casa lungo un campo di gioco, un pallone finisce oltre la recinzione, il bambino lo rimanda ai suoi compagni. Le piccole increspature sullo stagno del gruppo sociale scompaiono senza tracce. Cosa vuoi che sia nascondere un piccolo, insignificante delitto. Il titolo, C'era una volta in Anatolia, è allora da intendersi in realtà come “quel che c'era una volta c'è ancora adesso e ci sarà per sempre su quell'altopiano...” C'erano delitti da occultare, ci sono, ci saranno (siamo portati semplicemente ad aggiungere che fatti simili non succedono soltanto nell'odierna Turchia).


INTERVISTE DOC

INTERVISTA A WILLIAM FRIEDKIN, REGISTA DI KILLER JOE. UN WHITE TRASH NOIR DALL’HUMOUR FEROCE.

Pulp Friedkin [ di Roberto Pisoni ]

S

EI ANNI DOPO LO SPLENDIDO BUG, CHE AVEVA FINALMENTE RIACCESO L’INTERESSE DEI CINEFILI NEI SUOI CONFRONTI, WILLIAM FRIEDKIN RITROVA IN KILLER JOE IL DRAMMATURGO TRACY LETTS E LICENZIA UN FORMIDABILE “WHITE TRASH NOIR” ISPIRATO A JIM THOMPSON, UN APOLOGO VIOLENTO E GROTTESCO SULLA STUPIDITÀ DEL MALE O, PRIMA ANCORA, SULL’IRREDIMIBILE IDIOZIA DELLA NATURA UMANA. SE BUG ESPERIVA LA FOLLIA PARANOICA CONFINANDOLA NELLO SPAZIO RIDOTTO DI UNA STANZA D’HOTEL, KILLER JOE È UN BALORDO DRAMMA FAMILIARE CHE ESPLODE NEL PERIMETRO DI UNA ROULOTTE DISPERSA IN UN TRAILER PARK TEXANO, UN PIÈCE QUASI ELEMENTARE NELLA STRUTTURA, NUTRITA PERÒ DI HUMOR NERISSIMO E TONI IPERREALISTICI E ALLUCINATI. Non  sono  le  scene  di  brutalità  iperbolica  una già diventata di culto - o quelle d’azione a dare  al  film  la  sua  intensità  emotiva,  quanto l’energia disturbante degli scontri verbali tra i cinque  personaggi  protagonisti,  uno  più sporco, ottuso e cattivo dell’altro, in uno spazio chiuso, dove la storia di cospirazione familiare cresce gradualmente fino a trasformarsi in una farsa oscena e apocalittica. Libero dalle costrizioni degli studios e dagli obblighi d’incasso, Friedkin ha ritrovato nelle storie di Letts la voglia e l’opportunità di fare dei film liberi e personali, film che denunciano un inasprimento della sua misantropia e una visione del mondo più paranoica e claustrofobica, ma che ci riconsegnano un regista in gran forma. Un vecchio maestro incarognito e mordace, che si diverte a dirigere  delle  piccole  storie  da  camera  come fossero beffarde lezioni, di regia e di morale, da consegnare a quell’America puritana che l’ha sempre mal digerito.  In Killer Joe non ci sono buoni. A parte Dottie, che è una ragazzina incosciente più che innocente, il mondo pare in preda alla stupidità e alla violenza. È un’impressione o la sua visione del mondo si è incupita? « Non credo che sia una caratteristica di Killer Joe e di questi ultimi anni ma di un tratto peculiare, piuttosto inconscio, molto presente nella mia carriera e che ho scoperto consapevolmente soltanto in questi mesi. Sto scrivendo un’autobiografia e per farlo mi sono messo a ripensare a tutti i miei film, alle storie che ho scelto di girare ed è innegabile che il male sia sempre lì. Sono attirato dalle storie in cui i personaggi lottano per dominare le forze oscure che li tormentano: ci sono il bene e il male in lotta costante ed è un fatto che non sempre gli angeli migliori prevalgano. Non lo chiamerei pessimismo, lo chiamerei piuttosto realismo». Nessuno dei personaggi del film pare preoccuparsi troppo della gravità morale dei suoi

gesti e delle sue decisioni, sono soltanto accecati dal proprio tornaconto. « Le intenzioni morali del film sono tutte da attribuire a Tracy, è lui l’autore del testo da cui è tratta la storia e quindi anche del mondo etico che la caratterizza. Ma mi sento molto vicino alla sua lettura delle cose. Una questione di cui abbiamo a lungo discusso è la scomparsa, nelle persone comuni, della percezione dei legami di causa/effetto quando commettono azioni particolarmente feroci. Alcuni casi di cronaca americana, come quello della madre che ha ucciso la sua bambina in Florida perché non le consentiva di uscire la sera, hanno testimoniato che non c’è più la preoccupazione di nascondere prove  o  depistare  le  indagini  da  parte  di  chi commette crimini. Come se non avvertissero la gravità dei propri atti, ma ci fosse uno scollamento totale tra l’azione criminale e le sue tremende  conseguenze.  Non  so  se  questa incoscienza sia stata alimentata anche dalla crisi economica, ma vale la pena pensarci. Se la povertà è più vergognosa di un omicidio c’è qualcosa di molto importante nella scala dei valori umani  che  è  già  saltato  via.  In Killer Joe chi mette in moto il meccanismo per recuperare i soldi dell’assicurazione non ha assolutamente idea di quale inferno stia per scatenare».   Le atmosfere del film richiamano molto da vicino i noir di Jim Thompson: cupi, disperati e con dei personaggi dalla forte ambiguità morale. « Tracy ama molto Thompson ma i miei riferimenti non sono così letterari. Mi piaceva la claustrofobia  dell’ambientazione  del  testo,  il fatto che i personaggi non potessero sfuggire da loro stessi. Molti miei film hanno questa caratteristica: costringere i protagonisti a confrontarsi  in  spazi  claustrofobici  con  le  loro ossessioni o le loro paranoie. Perfino Vivere o morire a Los Angeles era  così.  Per  raccontare l’ambiguità  del  protagonista  invece  mi  sono ispirato a La notte corre sul fiume, l’unico film da

regista di Charles Laughton, una storia bellissima in cui Robert Mitchum interpreta un predicatore  malvagio.  Il  personaggio  di  Joe Cooper, il detective che in realtà è un killer spietato,  deve  molto  a  quella  figura  apparentemente docile e per questo ancor più pericolosa e terrorizzante. L’altra qualità molto originale dello script è la massiccia dose di humor, una dote  rara  di  cui  Letts  è  naturalmente  dotato. Non  sto  parlando  di  comicità  alla  Tati  ma  di commedia umana, quello humor non intenzionale che scaturisce dalle azioni più inaspettate e inspiegabili degli uomini». Bug e Killer Joe sono film indipendenti, molto personali e off Hollywood. Che impressione le fa oggi il cinema mainstream visto da lontano? « I film che vanno per la maggiore, tratti da fumetti, videogiochi o giochi per bambini, non mi interessano per nulla. Non ho niente contro di  loro,  alcuni  sono  anche  ben  realizzati,  ma non fanno per me. Per tutto il tempo che ho lavorato nel sistema hollywoodiano, dagli anni sessanta ai primi anni novanta, mi sentivo in sintonia con quello che l’industria produceva, ora no. Non mi piacciono i blockbuster, né le stupide commedie che dovrebbero farti sentire bene, cose tremende tipo Bridesmaids. Non mi piace  nemmeno  il  ritmo  visivo  che  i  film d’azione  impongono  allo  spettatore,  non  ha senso sparare 10 inquadrature al minuto, non c’è rispetto per chi guarda. Killer Joe è film vecchio stile: uno script forte, degli attori in gamba, la macchina da presa al servizio della storia e dell’atmosfera. Ed è una sfida per il pubblico, non è una storia immediatamente digeribile e non mi aspetto che venga vista da chissà quante persone.  Ma  non  me  ne  importa  nulla,  sono soddisfatto del risultato e non ho intenzione di cambiarne una virgola». MAGGIO - AGOSTO 2012 FILM DOC

5


REGISTI DOC

© Filmauro – Romolo Eucalitto

ASPETTANDO “IL CAVALIERE OSCURO - IL RITORNO”, IN USCITA QUEST’ESTATE

CHRISTOPHER NOLAN o dei vuoti di memoria del cinema [ di Giona A. Nazzaro ]

C

hristopher possibilità offerte dal menù principale di navigaNolan è zione, viene a mancare anche la possibilità di riesattamente flettere filmicamente su questo suo intoppo, il tipo di regista chiamiamolo, diegetico. Eppure è proprio questa che a un certo tipo paradossale riduzione di complessità alla base di critica mancava, del cinema di Nolan che affascina un certo pendiciamo l’altro versiero critico, che nella limitata visione delle cose sante del misticidel regista trova esemplificata l’idea di un mondo smo settario di cui sempre più calato nelle forme e strutture di apbeneficia Nicholas proccio videoludico autoreferenziale. Winding Refn: il Laddove Kubrick creava meccanismi mentali feticcio dell’autore con la maiuscola ben calato simili ad organismi viventi che rimandavano l’imnei meandri dell’industria. Il regista in grado di magine dell’autosufficienza del cinema, Nolan, sfornare esattamente il tipo di cinema desiderato non comprendendo che al fondo del cinema kudai multiplex che nel farlo, però, si ammanta brickiano agisce una violentissima hybris (possa dell’aura della cultura, ossia di una presunta difpiacere o meno) che ambisce a essere l’immaferenza (cosa che a Michael Bay non interessa gine del cervello che l’ha posta in essere, prende minimamente, visto che fa un cinema provocatola scorciatoia della sceneggiatura (esemplare il riamente “intellettuale”…). caso di The Prestige) per creare delle inception Oscillando costantemente fra la tentazione di che in realtà non partono mai, restando nell’alveo replicare le strutture di pensiero di Kubrick e della prestidigitazione filmica. Rispetto a Scott, l’eleganza scenografica del migliore Ridley Scott, gli manca il gusto dell’inutilità dell’abbellimento Nolan riesce paradossalmente nell’impresa di scenografico, la gratuità dell’effetto decorativo dare forma a un’idea di cinema meramente siche rende interessanti persino i film più deboli mulacrale. Lo spettacolo è, infatti, esibito sempre del regista di Blade Runner. come un senso di colpa del cinema, e pertanto I limiti del cinema nolaniano emergono sopratreso inerte, bloccato, mentre il presunto discorso tutto nei film dedicati al ciclo di Batman, che sta che dovrebbe reggerlo viene “spettacolarizzato” per concludersi con Il cavaliere oscuro – Il ritorno. per timore d’essere incompreso. In questo senso Il capostipite della trilogia, Batman Begins, è Nolan, nel posizionarsi in questa sua dimensione esemplare per inquadrare la plumbea monuinterrotta, ha creato un corpus esemplare per mentalità del cineasta inglese. Calato in brume comprendere i senpost-industriali tieri intrapresi dalla nerissime e sbuffi Insomnia riesce a mettere critica più recente che di vapore, il film, in scena un mondo sospeso rispetto alla legnon esita a conferire l’appellativo di maegerezza aerea dei e ovattato, giocando sul stro a Nolan. fumetti, persino di Il film che ha sanquelli di Frank rovesciamento obbligato cito questo abbraccio Miller, primo ardelle ombre del noir in un è stato, ovviamente, tefice della resurInception, film che rezione della inferno silenzioso dove la teoricamente docreazione di Bob luce regna sovrana" vrebbe riflettere l’imKane, si muove magine rizomatica del con una pesanmondo della comunicazione contemporaneo, intezza che raggiunge l’apogeo nel finale dove è teso come specchio del nostro cervello, ossia evidente lo smarrimento di un cineasta di fronte della sua natura labirintica, piranesiana, ma che alla propria macchina spettacolare. Le cose midi fatto si limita a una sorta di illustrazione mecgliorano lievemente nel secondo episodio nel canica del principio autoritario del narratore onquale Heath Ledger incarna un Joker diventato nisciente al quale, però, una volta esaurite le immediatamente un’icona, complice anche la

6

FILM DOC MAGGIO - AGOSTO 2012

sua prematura scomparsa (come nel caso di Brandon Lee), mentre Aaron Eckhart porta sullo schermo un Harvey Dent davvero memorabile. Il problema del Batman secondo Nolan, che gode dell’approvazione di Grant Morrisson, il geniale e visionario sceneggiatore scozzese che ha letteralmente reinventato la mitologia del cavaliere oscuro, sta nella sua natura rigidamente macchinica, priva sia delle sfumature paranormali che si ritrovano in volumi come Batman R.I.P. e nella serie pop Batman and Robin. A fronte dell’incedere difficile dei film nolaniani, non si può fare a meno di immaginare cosa potrebbe fare un vero autore di cinema come Michael Bay, il fantasma nella macchina del post-cinema, se si trovasse fra le mani una materia fertile come Batman. Curiosità destinata a restare inevasa, probabilmente. Eppure, un buon film Nolan l’ha realizzato: Insomnia, remake dell’omonimo thriller norvegese nel quale è possibile rinvenire il tocco soderberghiano (che ha collaborato alla produzione). E se Memento è il classico giochino decostruzionista ai danni del noir fuori tempo massimo, come se Robert Altman non avesse mai diretto Il lungo addio, Insomnia riesce a mettere in scena un mondo sospeso e ovattato, giocando sul rovesciamento obbligato del mondo delle ombre del noir in un inferno silenzioso dove la luce regna sovrana. Ecco: a contatto con una storia minimale, paradossalmente dentro gli schemi di un cinema dichiaratamente meno d’autore, Nolan mette da parte spocchie e idiosincrasie formali e realizza un film convincente e sfaccettato. Un episodio isolato, al momento, nel corpo di una filmografia che ai nostri occhi pare esemplificare i limiti di un cinema schizofrenicamente scisso fra le esigenze produttive di una macchina spettacolare in perenne rivoluzione e le ambizioni di una visione poetica insufficiente a reggere l’urto della mutazione del cinema stesso.


REGISTI DOC

≥ DUE FIABE GOTICHE DI TIM BURTON IN ARRIVO: A MAGGIO DARK SHADOWS CON JOHNNY DEPP, IN AUTUNNO IL CARTOON FRANKENWEENIE

Doppio Burton, molto dark I

N PRINCIPIO FU DAN CURTIS, il re dell'horror televisivo americano tra gli anni '60 e '70, l'autore ricordato anche dai cinefili per film come Ballata macabra o La casa dei vampiri. Nel 1966, Curtis s'inventò una serie tv che s'intitolava Dark Shadows e parlava di personaggi enigmatici, dal passato misterioso, invischiati in vicende sempre spiazzanti e sorprendenti. Nelle prime puntate, la serie - in bianco e nero - non ottenne molto successo. Ma poi cominciarono ad arrivare sempre più personaggi fantastici, nel '67 si passò al colore, e quella che Curtis si ostinava a chiamare una "soap opera" (vampiresca) divenne un autentico fenomeno di culto, nello spirito camp che andava affermandosi in quegli anni. Quando terminò, il 2 aprile 1971, aveva alle spalle oltre milleduecento episodi, perché - visto il successo - la rete ABC l'aveva subito trasformata da settimanale in quotidiana. Ed aveva ispirato anche un film uscito nelle sale, La casa dei vampiri (House of Dark Shadows, 1970), diretto ovviamente da Dan Curtis, che vi sfoggiava la sua mescolanza weird di fantastico e di ironia, horror e intrigo "soap". Naturalmente, il protagonista del film era la star della serie: il vampiro Barnabas Collins, interpretato da Jonathan Frid, che dopo aver fatto un po' di vittime si presenta nella famiglia Collins spacciandosi per un cugino inglese. E lo spirito era quello agile tipico di Dan Curtis, in cui sfociava tra ammiccamenti autoreferenziali l'ondata horror anni '60, prima di venir travolta dalle truculenze splatter del decennio successivo. Quella soap vampiresca aveva incantato tra gli altri anche Tim Burton, che all'epoca aveva una decina d'anni, e che adesso s'è tolto lo sfizio di riportarla sullo schermo, reinventandola ovviamente a modo suo. La vicenda del suo Dark Shadows affonda le radici a metà del '700, quando la famiglia del piccolo Barnabas si trasferisce dall'Inghilterra agli Stati Uniti in cerca di fortuna. Vent'anni dopo, Barnabas è diventato ricco, brillante e potente, ma commette l'errore di sedurre una giovane strega, che lo trasforma in un vampiro e lo seppellisce vivo. Quando riemerge dalla tomba, due secoli dopo, Barnabas si ritrova così nell'America del 1972... «La serie mi ha colpito quando ero adolescente - dice Burton - Mi sentivo come se non mi adat-

tassi al mondo, per cui questo tipo di strano vampiro, questo essere anomalo, questa non-persona, ha avuto un impatto forte su di me». E aggiunge: «Non l'ho mai considerato davvero un film di vampiri. E' solo un film con un personaggio che è un vampiro... Agli studios non piace sentirlo dire, ma per me è tutto una specie di esperimento. E' una commedia? E' un dramma ria di Frankenstein e della sua creatura, che è un gotico? E' entrambe le cose? Non l'ho mai penpo' uno dei miti-chiave di tutto l'universo gotico sato in questi termini. Perché è più un film sul di Burton. Protagonista, un bambino che cerca di tentativo di cercare la vibrazione giusta, in un riportare in vita il suo cagnolino morto in un incimodo strano, melodrammatico, da soap opera... dente, e si ritrova tra le mani un cane dallo Ho fatto qualcosa che non posso classificare. Nosguardo indifeso e dai comportamenti incontrolnostante tutte le streghe, i fantasmi e i vampiri, è labili. un dramma familiare, la storia di una famiglia Ventotto anni fa, Frankenweenie fu il film che che ha smarrito la sua strada, e di Barnabas che fece conoscere l'universo poetico e struggente di ricorda a loro chi sono». Tim Burton, oltre al suo personalissimo rapporto Barnabas è l'ennesimo eroe burtoniano socon la dimensione grafica. Ottenne speso tra mondi diversi, estraneo a Le avventure gotiche una nomination all'Oscar e favorì l'esordio del regista nel lungomechi lo circonda, del vampiro Barnabas traggio con Pee Wee's Big Adventure gentile e pericoloso, vittima e Collins (Johnny Depp) (1985) e Beetlejuice (1988), ma venne anche bollato dalla censura mostro al tempo si ispirano alla serie tv con un marchio "PG" (minori solo stesso. Non a accompagnati da genitori) che ne caso ad interpredegli anni ‘60 impedì la carriera commerciale. tarlo è il solito Adesso, il nuovo Frankenweenie coJohnny Depp, che stituisce un esempio di animazione stop-motion manco a dirlo sostiene di essere stato da ragazin bianco e nero e in 3D, e raggiunge un pubblico zino un fan della serie tv. Eva Green è invece Anche già conosce capolavori animati burtoniani gelica, la strega vendicativa, mentre Helena come Nightmare Before Christmas o La sposa caBonham Carter è la dottoressa Julia Hoffman e davere. Michelle Pfeiffer è Elizabeth Collins Stoddard, la E non è finita. Perché tra Dark Shadows e Franmatriarca interpretata nella serie tv dall'ex-star kenweenie è in arrivo un altro film targato Burton. hollywoodiana Joan Bennett. Ma belle sorprese Si tratta di La leggenda del cacciatore di vampiri, è arrivano anche dai ruoli di contorno, dove spicca scritto dallo sceneggiatore di Dark Shadows Seth il grande novantenne Christopher Lee, ultimo Grahame Smith a partire da un suo romanzo ed mito vivente dell'horror classico, il Dracula dei è diretto dal russo Timur Bekmambetov, il regifilm Hammer: per lui, c'è il ruolo di Bill Malloy. E sta di I guardiani della notte. L'idea di base è che poi ci sono Alice Cooper nella parte di se stesso, Abrahm Lincoln, il presidente degli Stati Uniti, oppure i camei di protagonisti dell'antica serie tv, era in realtà un indefesso cacciatore di vampiri, a cominciare da Jonathan Frid. diventato abolizionista quando scoprì che gli Il film uscirà in Italia l'11 maggio, in contemschiavi venivano utilizzati come carne da macello poranea con gli Stati Uniti e praticamente con il dai vampiri... Le immagini del trailer fanno per resto del mondo. Ma Dark Shadows è solo il primo ora pensare a un film molto più legato a Bekappuntamento del 2012 con Tim Burton. A ottomambetov che a Burton, il quale figura solo come bre uscirà infatti anche Frankenweenie, remake produttore: uscita prevista, giugno negli Stati del cortometraggio realizzato dal regista ad inizio Uniti, fine agosto in Italia. carriera, nel 1984: una geniale rilettura della sto-

MAGGIO - AGOSTO 2012 FILM DOC

7


GUIDE DOC

ALLA RICERCA DEI FILM DI QUALITÀ RIMASTI INEDITI IN LIGURIA. DA SCORSESE AI GIOVANI REGISTI ITALIANI

Invisibili in sala [ di Giancarlo Giraud ]

C

HE COSA CI SIAMO PERSI (per ora), quali film non abbiamo visto nelle ultime stagioni a Genova e in Liguria? Sono molto più numerosi di quanto non si creda i film usciti su altre piazze che avrebbero meritato una ben maggiore attenzione. La capacità di assorbimento dei film da parte del mercato italiano rimane bassa: nelle grandi città esce il 70-80% del totale dei titoli (380 nella stagione 2010/2011). Ad eccezione di Roma ed in parte Milano dove i film escono quasi tutti, nelle città medie arriviamo al 50-60%; nelle piccole appena il 20-30%. I film esclusi dalla normale programmazione, anche di pregio, sono ancora molti nonostante, almeno per la Liguria, l’impegno di realtà importanti dell’esercizio d’essai. A questo si deve aggiungere, sia in fase di lanciamento o di recupero dei film, il ruolo sempre più decisivo di rassegne e festival ed altre estemporanee iniziative promosse da associazioni ed enti locali. Ma è auspicabile che il circuito d’essai in futuro sfrutti meglio e più rapidamente informazioni e contatti e sappia regalarsi finalmente un cartellone ricco e stimolante di film piccoli e intelligenti come si aspettano i tanti cinéphiles della regione. Ecco, tra gli invisibili, dieci film da cercare. A LETTER TO ELIA di Martin Scorsese, Kent Jones (Usa 2010) • Un documentario in cui Martin Scorsese racconta l'importanza che il cinema di Elia Kazan ha avuto nella sua formazione. Scorsese vede in Kazan il padre

FILM DOC RAGAZZI

del suo cinema, l'uomo che ha prima ammirato come spettatore, tentato di emulare come collega e conosciuto come amico. Appassionato. BAKROMAN di Gianluca e Massimiliano De Serio (Italia 2010) • Doc dei fratelli De Serio, esordienti quest’anno con “Sette opere di misericordia”. I ragazzi di strada di Ouagadougou, in Burkina Faso, si inventano una sorta di “sindacato” per cercare di uscire dall’emarginazione sociale in cui sono costretti a vivere. Serio. ET IN TERRA PAX di Matteo Botrugno, Daniele Coluccini (Italia 2010) • Racconti di vita quotidiana e disperata di un gruppo di ragazzi in un quartiere al limite della città e della legalità. Opera prima – senza finanziamenti pubblici – di notevole maturità stilistica. Pasoliniano. DANCING DREAMS - SUI PASSI DI PINA BAUSCH di Anne Linsel, Rainer Hoffmann (Germania 2010) • Un gruppo di adolescenti senza alcuna esperienza teatrale e un progetto ambizioso: allestire “Kontakthof”, opera celebre di Pina Bausch in una versione fatta da e per i ragazzi. La stessa Bausch coordinerà le fasi finali del lavoro pochi mesi prima della sua scomparsa. Commosso. MIÀ E IL MIGÙ di Jacques-Rémy Girerd (Francia, Italia 2008) • Lontano dalla tridimensionalità e dagli ultimi ritrovati in materia di computer grafica, Mià e il Migù si caratterizza per il tratto artigianale dei disegni e per un sapiente uso dei colori che ricorda Van Gogh, Cezanne ma soprattutto Gauguin. Allegorico. LA MISURA DEL CONFINE di Andrea Papini (Italia 2010) • La montagna, silenziosa e ruvida, ac-

coglie una storia intrigante che comincia come una sorta di documentaristica cronaca di una spedizione scientifica per trasformarsi poi in un raffinato giallo investigativo. Con Thierry Toscan, protagonista de “Il vento fa il suo giro”. Alpino. NOWHERE BOY di Sam Taylor-Wood (Canada 2009) • Racconto dell’adolescenza di John Lennon basato sul libro di Julia Baird, sorellastra del musicista. In evidenza nel film il rapporto con la zia (Kristin Scott-Thomas) e l’incontro con la madre che lo abbandonò a 5 anni ma gli trasmise la sua grande passione per Elvis e il rock. Diviso. PASSANNANTE di Sergio Colabona (Italia 2011) • Dallo spettacolo di Ulderico Pesce, un’opera di impegno civile su un personaggio ignorato nei libri di storia, Giovanni Passannante, il giovane anarchico lucano che nel 1878 tentò di uccidere Umberto I. Musiche dei Têtes de Bois. Cerebrale. SCUOLA MEDIA di Marco Santarelli (Italia 2010) • Il documentario, interamente girato in una scuola media di un quartiere della periferia industriale a nord di Taranto, segue il lavoro quotidiano di alcuni insegnanti e di una preside che si confronta e si scontra con i sogni, i problemi e le difficoltà di ragazzi e genitori. Promosso. LA VITA AL TEMPO DELLA MORTE di Andrea Caccia (Italia 2010) • Straziante pedinamento della malattia e della morte del padre. Cinema come sperimentazione continua. Dello stesso autore anche “Vedozero” film-diario realizzato nel 2009 da adolescenti con i videofonini per filmare il loro vissuto. Zavattiniano.

[ di Maria Francesca Genovese ] fortuna. Allora il paesaggio era lussureggiante e costellato di meravigliosi alberi che, al posto delle foglie, avevano morbidissimi ciuffi colorati. Nonostante l’opposizione di Lorax, la minuscola creatura magica a guardia della foresta, Once-ler aveva abbattuto tutti quegli alberi per costruire una fabbrica, distruggendo l’ambiente a causa della sua avidità di guadagno. La fabbrica era stata chiusa poco dopo e Once-ler era rimasto lì, con la sola compagnia dei suoi rimorsi e dell’ultimo seme di albero esistente sulla terra. Ted se lo fa consegnare con l’idea di piantarlo al centro della sua città ma il sindaco O’Hare, industriale disonesto che ha fatto fortuna speculando

Lorax – il guardiano della foresta

L

ORAX È UN DELIZIOSO FILM d’animazione in computer grafica 3D tratto dall’omonimo libro del Dr. Seuss, celebre scrittore americano per ragazzi. Più volte Dr. Seuss (Theodor Seuss Geisel, 1904-1991) ha fornito storie al cinema: i due live Il Grinch e Il gatto … e il cappello matto, con rispettivi protagonisti Jim Carrey e Mike Myers, e l’animazione in CG Ortone e il mondo dei Chi. Lorax sperimenta per la prima volta il 3D ma è frutto del lavoro di una squadra già collaudata: il produttore Chris Meledandri (Illumination Entertainment), il regista Chris Renaud e la Universal ossia gli autori del successo di Cattivissimo Me, che per tipo di humor e grafica dei personaggi influenza non poco quest’ultima realizzazione. Il giovane Ted vive in una città artificiale

dove tutto è di plastica, incluse le piante. Innamorato della bella Audrey, le promette di realizzare il suo più grande desiderio: vedere un albero vero. Coraggiosamente si mette alla ricerca del misterioso Once-ler, l’unico in grado di aiutarlo e, lasciatosi alle spalle le mura cittadine, si ritrova in un paesaggio desolato, dove la terra è arida e il cielo è buio e inquinato. Trovare Once-ler e spingerlo a raccontare non è facile, ma poco alla volta Ted scopre che l’uomo, tanti anni prima, era giunto in quel luogo in cerca di

sui disastri procurati dall’inquinamento, cerca di ostacolarlo in ogni modo. Per fortuna il ragazzo può contare sull’aiuto di Audrey e della sua arzilla nonnina. Lorax è un’allegra favola ambientalista, piacevole agli occhi per i colori vividi dei paesaggi naturali, esaltati dal 3D. La confezione scintillante e i diversi numeri musicali veicolano con grazia briosa tematiche fondamentali, come l’importanza del rispetto dell’ambiente naturale e le conseguenze drammatiche dell’inquinamento. Il racconto punta il dito anche contro l’avidità capitalistica, ma soprattutto chiama all’azione ogni spettatore, piccolo o grande che sia. Perché da un piccolo seme può nascere un’intera foresta.


Nelle paludi del Texas

OCCHIO AI FILM DOC

COSMOPOLIS

S zione a Cannes, arriva in

Dalla figlia di Michael Mann, un thriller a tinte fosche dove il paesaggio conta più dei personaggi

I

N TEXAS KILLING FIELDS la regista Ami Canaan Mann trae spunto da fatti di cronaca realmente accaduti per raccontare le paludi che circondano Texas City, luogo archetipico in cui, a partire dal 1969, vennero gettati i corpi senza vita di una cinquantina di donne vittime di violenze sessuali. L'asse portante è costituito dall'indagine poliziesca dei nuovi vicesceriffi, il detective texano e il newyorkese Brian Heigh: e del thriller il film sposa l'impeto, il gusto per una descrizione ambientale che è struggente perdita di confini e teatro di emozioni fisiche e mentali. La figlia di Michael Mann, produttore del lungometraggio, non tradisce le attese. Come nel miglior cinema di Mann senior, le atmosfere e la composizione architettonica sono un punto di forza della rappresentazione. Qui si perde un po' per strada l'intreccio narrativo, in virtù del desiderio di calare i personaggi nelle tinte fosche di una palude umana e malavitosa che ha il sopravvento sulla ragione: sono invece i luoghi a trionfare, a dettare il tempo cinematografico, a regolare le temperature

di un thriller che si permette di lasciare indietro i personaggi. Jessica Chastain, in un ruolo da donna "dura", si toglie di dosso il velo candido che la indorava in The three of life ed è qui assai più oscura, come in Salomé di Pacino. Il degrado delle terre disagiate, dove la povertà è teatro di delinquenza, si unisce all'ambizione espressiva di Ami Canaan Mann, alla sua opera seconda dopo l'esordio, avvenuto dieci anni or sono con Morning: e il personaggio più' interessante è il detective appesantito dell'intenso Jeffrey Dean Morgan, fervente cattolico costretto a venire a patti con quella violenza che si trova a (Roberto Lasagna) combattere.

TEXAS KILLING FIELDS DI AMI CANAAN MANN, CON SAM WORTHINGTON, JEFFREY DEAN MORGAN, JESSICA CHASTAIN, CHLOE GRACE MORETZ

WORKERS PRONTI A TUTTO

DI LORENZO VIGNOLO CON DARIO BANDIERA, NICOLE GRIMAUDO, FRANCESCO PANNOFINO

Un "bamboccione" va ad accudire un invalido dal carattere insopportabile. Un tizio viene scambiato per chirurgo dalla ragazza che corteggia, mentre in realtà lavora in un allevamento di tori. Una truccatrice teatrale finisce a truccare cadaveri alle pompe funebri. Tre episodi per raccontare in forma brillante il lavoro giovanile al tempo della crisi. Dirige il ligure Lorenzo Vignolo, fra dramma e commedia, con Michelangelo Pulci, Alessandro Bianchi e Andrea Bruschi.

ubito dopo la presenta- per andare dal vecchio barbiere del padre: ma all'imsala l'attesissimo film di David provviso scopre che il suo Cronenberg tratto dal ro- mondo sta cominciando a manzo di Don De Lillo. Robert sgretolarsi. E precipita in una "Twilight" Pattinson vi inter- giornata da incubo. preta Eric Packer, il giovane DI DAVID CRONENBERG rampante del mondo della fiCON ROBERT PATTINSON, nanza che un mattino attraSAMANTHA MORTON, PAUL versa Manhattan a bordo GIAMATTI, JULIETTE BINOCHE della sua limousine bianca

TUTTI I NOSTRI DESIDERI

U di avere un male incura-

na giovane giudice scopre l'emergenza economica con le ragioni del cuore: liberabile, e nel frattempo si pro- mente ispirato al romanzo diga per aiutare una madre di Vite che non sono la mia di famiglia rimasta vittima degli Emmanuel Carrère (Einaudi). istituti di credito. Nella sua azione verrà affiancata da un DI PHILIPPE LIORET maturo collega. Dal regista di CON VINCENT LINDON, Welcome, un film che mescola MARIE GILLAIN MEDEIROS

7 GIORNI ALL'HAVANA Una settimana a L'Havana raccontata in sette episodi: uno per ciascun giorno, diretto ogni volta da un regista diverso. Si comincia con Benicio Del Toro (il lunedì), e si prosegue con il francese Cantet, il palestinese Suleiman, l'argentino Trapero... Ciascuno col suo sguardo diverso, passando in rassegna la vita quotidiana a Cuba, il punto di vista dei turisti, una storia d'amore, un esorcismo: e col grande Emir Kusturica protagonista di un episodio.

DI ELIA SULEIMAN, LAURENT CANTET, BENICIO DEL TORO, JULIO MEDEM, PABLO TRAPERO, JUAN CARLOS TABIO, GASPAR NOÉ

SISTER

ATTACK THE BLOCK

MARGIN CALL

DI URSULA MEIER, CON LÉA SEYDOUX, KACEY MOTTET KLEIN, GILLIAN ANDRESON, JEAN-FRANCOIS STÉVENIN

DI JOE CORNISH CON JOHN BOYEGA, NICK FROST

DI J.C.CHANDOR CON KEVIN SPACEY, PAUL BETTANY, JEREMY IRONS, ZACHARY QUINTO, DEMI MOORE, STANLEY TUCCI

Un orfano di dodici anni mantiene se stesso e la sorella maggiore rubacchiando attrezzature e altri oggetti ai turisti della località sciistica presso cui vive. Fino a quando un colpo di scena rovescia ogni prospettiva. Dalla regista franco-svizzera di Home, un film premiato con l'Orso d'argento speciale all'ultimo festival di Berlino, facendo citare i fratelli Dardenne.

Un gruppo di teppisti della periferia londinese si ritrova ad affrontare un'emergenza imprevista: un'invasione di ferocissimi alieni, che irrompono nel quartiere popolare per vendicare l'uccisione di uno di loro. Sembra l'ennesima sciocchezzuola popcorn, e invece è un action dal ritmo forsennato che ha conquistato il pubblico dell'ultimo Torino Film Festival.

La crisi economica raccontata dall'interno di una banca newyorkese d'investimento: tutto nell'arco di trentasei ore, durante le quali diventa chiaro che le speculazioni stanno portando al crack, e i cinici capi cercano di trovare il modo per scamparla. Film corale ricco di ritmo, di grandi attori e di battute taglienti.


FESTIVAL DOC

Intervista a Lluis Miñarro , uno dei grandi proiduttori del cinema europeo, ospite del prossimo Genova Film Festival (The Space, 2/8 Luglio ).

Produzioni d’autore [ di Emanuele Varone ]

L

UIS MIÑARRO (BARCELLONA, 1949) È IL PRINCIPALE PRODUTTORE “INDI” DI SPAGNA, E UNO DEI PIÙ IMPORTANTI IN EUROPA. A PARTIRE DA UNA PROLIFICA CARRIERA NEL MONDO DELLA PUBBLICITÀ, FONDA NEL 1989 LA SUA CASA DI PRODUZIONE, EDDIE SAETA, TRAMITE LA QUALE PRODUCE 26 FILM IN POCO PIÙ DI 15 ANNI. CON ESSI HA RAPPRESENTATO LA SPAGNA NEI PRINCIPALI FESTIVAL INTERNAZIONALI, VINCENDO A CANNES NEL 2010 E RICEVENDO PREMI A VENEZIA, SITGES, KARLOVY VARY, MA ANCHE IN FRANCIA, ARGENTINA, MESSICO, TAIWAN, NEW YORK, LONDRA, MAROCCO ECC. SIAMO ANDATI A BARCELLONA AD INCONTRARLO, IN OCCASIONE DELLA RASSEGNA CHE IL PROSSIMO GENOVA FILM FESTIVAL DEDICHERÀ ALLA SUA PRODUZIONE. Come nasce la tua passione per il cinema? «Avevo quattro anni quando mi portarono al cinema a vedere Bambi di Walt Disney (sorride). Rimasi terrorizzato ma al contempo affascinato dalle immagini animate. Da allora rimasi per sempre intrappolato e sedotto dal cinema. In seguito fondai alcuni cineclub, Ars e Mirador, e contribuii a formare cineclub oltre i Pirenei, a Perpignan e Ceret, dove si organizzavano cicli di proiezioni in cui le copie giungevano da Parigi incensurate, e potevamo finalmente vedere i film senza tagli: vedemmo Pasolini, Buñuel, i registi francesi della Nouvelle Vague. Ho anche scritto di cinema per una rivista che si pubblica tuttora, Dirigido». Come comincia il tuo percorso come produttore? « Cominciai lavorando in pubblicità per varie agenzie  multinazionali:  McCann-Eriksson,  J. Walter Thompson, Saatchi&Saatchi. In seguito divenni indipendente, fondai una compagnia, Eddie Saeta, ed iniziammo a produrre noi stessi gli spot non solo per il mercato della Spagna, ma anche per Italia, Belgio, Francia, Stati Uniti ecc.  Allora  il  mercato  della  pubblicità  era  in piena espansione, e ciò ci permise di mettere da parte un capitale sufficiente per cominciare, a partire dal 1995, a investire denaro nella produzione di film, che era l’obiettivo che ci eravamo prefissati dall’inizio. Il primo tentativo riuscì bene: producemmo Le cose che non ti ho mai detto di Isabel Coixet negli Stati Uniti, che fu presentato a Berlino. Questo film permise alla regista di affermarsi come autrice e cominciare la sua carriera,  ed  a  noi  di  continuare  nella  produzione di film». Quindi produrre cinema era qualcosa che avevate previsto fin dall’inizio. «Il cinema era un obiettivo, qualcosa a cui tendere, una speranza: è sempre stato un desiderio, la mia passione, ciò che sempre mi è piaciuto.  Perciò  metto  tutto  me  stesso  nella produzione».   Come scegli un progetto? È più importante la sceneggiatura, il regista, l’idea, il livello di definizione del progetto, la possibilità di svilupparlo in parte con l’autore? «Per me la sceneggiatura non è la parte più 10

FILM DOC MAGGIO - AGOSTO 2012

importante. A volte ho cominciato un film in cui non c’era una vera e propria sceneggiatura, ma solo un’idea: ad esempio Il Canto degli Uccelli di Albert  Serra.  A  volte  dipende  dall’intuire  o meno se dietro ad un idea c’è qualcosa di potente, e soprattutto dipende dal rapporto che si instaura con il regista. Poiché normalmente in questo tipo di film il regista è anche lo sceneggiatore, è una persona che mette nel progetto la sua  vocazione  artistica.  Per  me  è  importante identificarmi con ciò che faccio, non produrrei un film qualunque, e da ciò deriva forse il poter intuire una identità, un filo sottile che unisce i film  che  ho  prodotto,  che  a  volte  sembrano quasi dialogare tra di loro. Prendiamo ad esempio En la Ciudad de Sylvia di Guerin e Singolarità di una ragazza bionda di Manuel De Oliveira: due film che non hanno nulla in comune, eppure vi è  in  entrambi  i  film  uno  sguardo  simile,  un punto di vista comune sulla vita, e sul cinema». Quindi per il fatto che sia rintracciabile una matrice comune, si può dire che esista una certa paternità “autoriale” da parte del produttore? Dovuta alla relazione col regista, con l’idea del film? «Si potrebbe dire di sì, nel senso che il produttore sceglie il progetto in cui impegnarsi. Io parto anche da un’altra premessa: non girare più di due film con lo stesso regista, per impedire  che  si  comprometta  la  relazione  registaproduttore, e per darmi anche la possibilità di lavorare con altri autori, permettendo di arricchirmi a livello umano, conoscendo altri mondi, altri modi di comunicare, altre personalità». Che tipo di relazione si instaura con il regista sul set: intervieni, ti autocensuri, apporti idee e suggerimenti? «Sono convinto che la cosa più importante sia mettere in chiaro ogni dettaglio prima di girare. Al contrario sto molto poco sul set vero e proprio, in alcuni film addirittura non vi ho messo piede. Non mi sembra opportuno supervisionare l’attività di qualcuno in cui hai riposto la fiducia. Intervengo solo se c’è qualcosa che va fuori posto, per impedire che i costi lievitino. L’altro momento in cui intervengo ed esprimo le mie opinioni è nel montaggio. Sono comunque sempre rispettoso nei confronti del regista,

cercando di non interferire mai nel suo processo creativo». Hai anche diretto due film come regista … «Si  ho  girato  due  film,  ma  tardi  (nel  2009, n.d.A.), credo per una questione di prudenza, poiché  sentivo  che  già  stavo  facendo  il  mio come produttore. Però un bel giorno ho sentito il bisogno di esprimermi attraverso la macchina da  presa.  Iniziai  in  modo  molto  semplice  e spontaneo, decidendo di fare un film sui miei genitori, Familystrip, e questo mi ha infuso coraggio per continuare, per osare». Che cos’è per te il cinema, e cosa non è cinema. «Mi interessa il cinema dal punto di vista del concetto  di  arte,  e  che  in  qualche  modo  può smuovere  la  coscienza,  che  serva  come  strumento di critica, di contrasto, che esprima una visione della vita: che sia in qualche modo uno strumento  di  conoscenza  dell’animo  umano. Allo stesso modo mi interessa un cinema che non sia prevedibile, che lasci spazio allo spettatore  perché  possa  elucubrare  sul  film,  darne una propria rilettura. Mi interessano i film da cui si possono trarre differenti visioni, che promuovano anche elementi di discussione, o semplicemente che esprimano un ideale di bellezza, senza  ricercare  nessuna  componente  intellettuale, razionale, o politica». È più “attuale” un attore di fiction, cioè un personaggio, o il protagonista di un documentario, una persona? «Il cinema che mi interessa è un incrocio di generi, è finzione ma in esso non si riesce a riconoscere il confine tra un documentario e la finzione pura. Alcuni dei film da me prodotti appartengono  a  questo  filone,  ad  esempio Honor de Caballería di Albert Serra, o Liverpool di Lisandro Alonso, Uncle Boonmee di Apitchapong o lo stesso En la Ciudad de Sylvia. Se dovessi  scegliere  in  maniera  più  radicale l’espressione  più  rappresentativa  dei  nostri tempi,  sceglierei  il  documentario,  poiché  mi sembra che aggiunga un tocco di verità, di connessione con la realtà che la finzione non possiede».


ANIMAZIONE DOC XVI edizione di Cartoons on the Bay: tutte le novità dall’India

Bollywood si anima

Una nuova generazione di cineasti e tecnici indiani sta invadendo il cinema d’animazione. Alla conquista delle major americane.

U

N PAESE GIOVANE, FORTE, VITALE: questa è l’India nell’economia mondiale, produzioni di cinema e tv comprese. Abilissimi nel trovare partnership internazionali, pronti a trasferirsi là dove un’eccellenza può essere fatta propria per poi tornare in patria e metterla al servizio delle aziende locali. Che nel campo dell’animazione realizzano due tipi di prodotti: globali (per stile e tematiche nessuno potrebbe scommettere sulla provenienza) e “glocali”, cioè pensati per il mercato globale ma influenzati in modo significativo dalla cultura locale. L’occasione per conoscere più da vicino il comparto animazione dell’industria cinematografica più grande del mondo è stata offerta da Cartoons on the Bay, il festival internazionale dell’animazione televisiva e cross-mediale che si è svolto a Rapallo (Ge) nel marzo scorso e che per la sua sedicesima edizione ha avuto come paese ospite l’India. Attualmente quest’ultima realizza solo il 2% dell’animazione mondiale ma il settore è in costante e rapida crescita, tanto che si stima un incremento del 23% nei prossimi quattro anni, complice la vastità del mercato interno (il 50% della popolazione ha meno di 25 anni). A Rapallo sono giunti i rappresentanti dei maggiori studi d’animazione, con una caratteristica in comune: pur cercando di eccellere nel ramo cartoons, hanno

un’attività molto diversificata, che copre praticamente tutte le forme di espressione visiva, dal lungometraggio bollywoodiano ai videogame e app per smarthphone passando per la pubblicità tv e i film educativi. La Animagic di Chetan Sharma per esempio realizza film live sui diritti dei bambini, ma il lungometraggio più distribuito è l’animazione 2D Tripura, scritta, disegnata e diretta dallo stesso Sharma e tratta dall’omonimo fumetto, celebre in India. Un soggetto strettamente legato alla mitologia del paese (vi compaiono Shiva, Brahma e Vishnu), che racconta l’eterna contrapposizione tra il bene e il male. “Certo siamo lontani dai soliti cliché dell’animazione”, ha spiegato Sharma prima della proiezione (in anteprima europea). “Non ci sono canzoni né graziosi teenager, ma sono veicolati concetti importanti, come il valore assoluto della vita rispetto a qualsiasi inutile guerra”. Cartoon Network ha coprodotto e distribuito il film a livello internazionale. Il design ricercato caratterizza lo Studio Eeksaurus di Eriyat Suresh: lo splendido Smell, See, Savour, di gusto pittorico, è dedicato alla lavorazione e degustazione del the, mentre il divertente Tanjore Painting, per ritmo e lay out, ricorda una presentazione Internet. A queste realizzazioni “glocali” lo studio affianca produzioni più internazionali, come il lungometraggio sulla trasferta bollywoodiana di Johnny Bravo, in collaborazione con Cartoon Network. Produzioni esclusivamente internazionali per la

Toonz Animation: il suo lungometraggio in CG tridimensionale Gaturro – The Movie (storia tragicomica di un gatto innamorato, diretta da Gustavo Cova e tratta dall’omonimo fumetto di Cristian Dzwonik) è campione d’incassi al cinema in India e Argentina. Premio Pulcinella come miglior studio internazionale dell’anno è andato a DQ Entertainment, fondata da Tapaas Chakravarti. Quotata in borsa a Londra e Mumbai, leader mondiale nell’animazione tv in 3D stereoscopico, presto passerà al cinema col lungometraggio The Prodigies, insieme a Warner Bros e Fidélité Films. Nella primavera del 2013 sarà la volta della nuova versione del Libro della Giungla e nel 2014 arriveranno Le Nuove Avventure di Peter Pan. Con l’ambizione di non far rimpiangere i classici Disney. (Maria Francesca Genovese)

Il Pepe dell’animazione Effetti speciali e animazione secondo Alessandro Pepe, genovese, visual effect artist alla DreamWorks.

D

A SEMPRE INNAMORATO dell’animazione tradizionale Disney, a dieci anni è rimasto folgorato dagli effetti speciali di Tron di Steven Lisberger e ha voluto il Commodore 64 per realizzare quel tipo di immagini sul piccolo schermo. Oggi, a quarant’anni, Alessandro Pepe, romano di nascita genovese d’adozione, è visual effect artist alla DreamWorks, dove ha collaborato a titoli come Shrek e vissero felici e contenti, Kung Fu Panda 2, Il gatto con gli stivali. Prima di arrivare lì, dopo la laurea in ingegneria, una gavetta nei videogiochi e negli spot televisivi, poi finalmente i primi film: Batman il cavaliere oscuro di Christopher Nolan, Le avventure del topino Despereaux e La bussola d’oro (Oscar per i migliori effetti speciali 2007). Mentre lavora a The Rise of Guardians, Alessandro Pepe ci racconta del suo lavoro. «Come visual effect artist creo gli effetti speciali con la computer grafica: nuvole, pioggia, mare, fiumi, fuoco, esplosioni, ma anche cose assolutamente fuori dalla realtà, per esempio un personaggio fatto d’acqua che si trasforma in sabbia. Uno degli ultimi task su cui ho lavorato per quasi due mesi è stata la realizzazione di un aurora boreale. Per farlo ho visto decine di video del feno-

meno reale studiandone i colori e il movimento dinamico. Poi ho iniziato ad implementare la sua realizzazione utilizzando dei programmi specifici che permettono di trasformare in immagini formule matematiche. In ogni caso sono obbligato a studiare e riprodurre fenomeni quotidiani: che cosa succede esattamente ad una goccia d’acqua quando cade per terra? Come si muove uno stormo di uccelli?». C’è un’esperienza nella sua filmografia che ricorda in particolare? «Ho tratto grande soddisfazione da Kung Fu Panda 2. Adoro la storia e il personaggio di Po e ho potuto lavorare con grande libertà, cosa che non succede sempre». Qual è l’ambiente lavorativo alla DreamWorks? «In America, da molti anni, hanno capito che un lavoratore contento lavora meglio. Questo semplice principio è applicato in maniera direttamente proporzionale alla dimensione dell’azienda e al grado di specializzazione dei dipendenti. La DreamWorks recluta più di 2000 artisti altamente specializzati provenienti da tutto il mondo e l’ambiente di lavoro è da favola. Il campus è immerso nel verde, tra alberi rigogliosi, scoiattoli e corsi d’acqua pieni di pesci colorati. Non esiste un dress code poiché non abbiamo mai a che fare con clienti esterni alla società, così c’è chi si veste casual, chi elegante, chi punk. Un mio collega sceglie uno stile Sixties con pantaloni a righe, bretelle, orologio a cipolla. E ognuno addobba il proprio ufficio come preferisce. Ci sono tavoli da ping pong, calcio balilla, una

stanza con un mega schermo tv, biliardo e videogames. Ogni artista ha delle deadline ed è completamente responsabile del proprio lavoro». Quante figure professionali stanno dietro alla nascita di un film di animazione? E chi le coordina? «Prendendo ad esempio Il Gatto con gli Stivali: la produzione è durata all'incirca 2 anni e sono state impiegate circa 600 persone. Le suddivisioni sono in dipartimenti: sceneggiatura, story boarding (l'intero film è disegnato stile fumetto su un libricino), modeling (i personaggi, gli ambienti, tutto viene modellato in 3d, con strumenti simili a quelli usati da uno scultore, ma al computer), surfacing (i materiali e colori da applicare sui modelli), layout (chi arreda gli ambienti), rigging (chi progetta i personaggi, e costruisce i complicatissimi telecomandi per animarli), animation (chi usa i telecomandi e anima i personaggi), FX (effetti speciali), lighting (chi mette le luci e genera il fotogramma finale). Solitamente gli artisti lavorano su shot, poi raggruppati in sequenze. Ci sono varie figure a coordinare ogni cosa – fondamentale il VFX supervisor, che ha voce in capitolo sul look complessivo – ma naturalmente sopra a tutti c’è il regista, che ha l’ultima parola su ogni aspetto del film». (Francesca Felletti)


LE RECENSIONI DOC

TO ROME WITH LOVE

La leggerezza dell’ovvio

W

OODY ALLEN continua a mandare le sue cartoline dalle grandi città europee. Dopo il trittico londinese spruzzato di giallo (Match Point, Scoop, Sogni e delitti), la visita turistico-sentimentale della capitale catalana (Vicky Cristina Barcelona) e il tuffo nostalgico nella Parigi “d’antan” (Midnight in Paris), ecco che il regista newyorkese è venuto in Italia (dove già aveva girato, a Venezia, alcune sequenze di Tutti dicono I Love You) per raccontare sullo sfondo del capoluogo capitolino quattro storie intrecciate, le quali hanno in comune quello sguardo ironicamente distaccato sugli esseri umani e sulle cose del mondo, con cui l’ormai settantasettenne Woody ama personalizzare l’eleganza formale dei film che continua allegramente a sfornare al ritmo di uno all’anno. Lo schema narrativo rimane in fin dei conti sempre lo stesso. Si

parte da un’idea bizzarra (l’impresario di pompe funebri che solo sotto la doccia rivela eccezionali qualità di cantante lirico), o nostalgico-pedagogica (l’affermato architetto statunitense che, attraverso il proprio vissuto, fa da grillo parlante all’avventura amorosa di un aspirante collega incontrato a Trastevere), o sarcastica (il ruolo dei mass-media nel costruire dal nulla personaggi di successo) o anche da una citazione “cinefila” (il remake di Lo sceicco bianco del sempre amato e citato Fellini), per poi ritagliarvi all’interno delle figurine più o meno azzeccate, ma sempre tali da suggerire un raffinato e autoreferenziale gioco dell’intelligenza da parte di un regista che coniuga sullo schermo la sua disincantata visione del presente. Quello di Woody Allen è un cinema dai modi gentili, ma sempre caratterizzato da un impronta fondamentalmente autoritaria: come lo sono sempre i film che non ammettono ambiguità interne. È in-

fatti sempre solo lui, il regista, che inesorabilmente conduce il gioco, non lasciando di fatto alcuno spazio all’autonomia dei personaggi e al dialettico confronto con le idee degli altri. Prendere o lasciare. In questo senso, To Rome with Love è un’opera “a tesi”, a volte anche un poco predicatoria, che si rivolge soprattutto ai “fans” di Woody Allen, i quali possono trovare tra i suoi fotogrammi non solo la conferma di uno stile sempre vagamente televisivo (i personaggi che parlano direttamente allo spettatore), ma anche l’innegabile bravura del loro beniamino a infarcire i dialoghi con fulminanti battute in stile cabaret. Ma agli altri cosa resta? Sintetizzando, si potrebbero annotare almeno tre qualità: uno spettacolo nel complesso piacevole da vedere; la presenza di un cast internazionale che Woody Allen ha la capacità di rendere immediatamente simpatico (questa volta torna a dirigere anche se stesso, in un ruolo attraversato da esplicita autoironia); l’esibizione dell’arte di ammantare anche le maggiori banalità in un’aureola di apparente e

pensosa intelligenza psicologica, sociale, filosofica. Basta accontentarsi. Magari relegando in secondo piano la non proprio positiva sensazione che nel cinema di Woody Allen le eleganti immagini e il buon ritmo con cui queste scorrono sullo schermo servano più a incartare la superficiale ripetitività di una visione schematica del reale, che a denunciare – come ogni tanto sembra emergere dalle dichiarazioni del loro autore il conformismo in cui il mondo contemporaneo sta precipitando e/o il degrado culturale che ad esso sempre si accompagna: anche e soprattutto nelle capitali del mondo occidentale.

TO ROME WITH LOVE (Nero Fiddled - U.S.A., Italia, Spagna, 2012) Regia e sceneggiatura: Woody Allen – Fotografia: Darius Khondii - Musica: Howard Shore -Scenografia: Anne Seibel - Costumi: Sonia Grande. Interpreti: Ellen Page (Monica), Alec Baldwin (John), Woody Allen (Jerry), Jesse Eisenberg (Jack), Penélope Cruz (Anna), Roberto Benigni (Leopoldo), Carol Alt (Carol), Alessandro Tiberi (Antonio), Riccardo Scamarcio (Il ladro d’albergo), Flavio Parenti (Michelangelo). Distribuzione: Medusa - Durata: un’ora e 51 minuti

CESARE DEVE MORIRE

Shakespeare a Rebibbia

N

EL TRASFERIRE lo svolgimento del scespiriano Giulio Cesare dal foro romano (o, se si preferisce, dal palcoscenico elisabettiano) al carcere di Rebibbia, i fratelli Taviani ( e con loro il regista teatrale Fabio Cavalli sul cui lavoro si sono appoggiati) trasformano una storica tragedia della lotta per il potere in un regolamento di conti tra bande criminali; e, così facendo, riescono compiutamente a esprimere il loro fondamentale pessimismo nei confronti delle ideologie, nonché dell’attuale vita politica italiana e internazionale, realizzando nel contempo il loro film migliore da molti anni a questa parte. Ma Cesare deve morire non racconta solo l’arroganza di Cesare, i travagli intellettuali di Bruto, l’acrimonia di Cassio, il pericoloso populismo di Marc’Antonio e la fredda determinazione di Ottaviano sullo sfondo di un’ambientazione carceraria, perché di fatto il suo discorso 12

“brechtianamente” (i Taviani non rinnegano loro stessi) si allarga sino a stabilire un rapporto dialettico tra la storia raccontata e la sua ambientazione, tra la libertà dell’arte e la condizione di reclusi in cui si trovano coloro che occasionalmente le stanno dando corpo, tra quelle vite malvissute, e rese perdenti se non altro dalle condanne definitive ricevute, e l’utopico sprazzo di luce che l’incontro con Shakespeare sembra lasciar loro intravvedere. Lavorando su un materiale umano e drammaturgico che di fatto a loro non appartiene (sono anni ormai che Fabio Cavalli porta avanti con ottimi risultati il laboratorio teatrale del carcere di Rebibbia), gli ormai ottantenni fratelli Taviani lo traducono in cinema (in una loro personale esperienza cinematografica) attraverso lo sguardo della cinepresa che, da una parte, è molto rispettosa della funzione documentaria assunta, ma che, dall’altra, rivendica a piena voce per sé (anche attraverso il sapiente lavoro del montatore Roberto Perpignani) il dirittodovere di portare sullo schermo un’opera dotata di autonomia artistica. Ed ecco così che il lavoro collet-

FILM DOC MAGGIO - AGOSTO 2012

tivo - i provini per la scelta degli attori, il lavoro di questi per tradurre Shakespeare nei propri dialetti, le faticose ore di prove che ravvivano la monotona vita del carcere pur facendo percepire a uno di loro che la cella (dove infine farà inesorabilmente ritorno) proprio per quella parentesi di evasione è diventata una prigione, lo stesso intreccio narrativo di una delle più misteriose tragedie scespiriane (alla semplice linearità degli avvenimenti, vi fa infatti sempre riscontro la complessa ambiguità dei personaggi) - diventa il punto di partenza per fare essenzialmente del cinema che esprime il meglio di sé proprio quando le immagini indugiano a indagare i volti e i gesti di quei non-attori che, neo-realisticamente, vengono elevati al ruolo di storici giganti: con in primo piano la possente presenza dell’autorevole Giovanni Arcuri, nel ruolo del migliore Giulio Cesare visto

sullo schermo (e forse anche sul palcoscenico), e la tormentata vitalità interpretativa del Bruto di Salvatore Striano che, non per caso, dopo di aver scontata la sua lunga pena, ha con piena legittimità scelto di continuare nella carriera dell’attore.

CESARE DEVE MORIRE (Italia, 2012) Regia e sceneggiatura: Paolo e Vittorio Taviani - Soggetto: da Giulio Cesare di William Shakespeare - Fotografia: Simone Zampagni - - Musica: Giuliano Taviani e Carmelo Travia - Montaggio: Roberto Perpignani. Interpreti: Cosimo Rega (Cassio), Salvatore Striano (Bruto), Giovanni Arcuri (Giulio Cesare), Antonio Frasca (Marcantonio), Juan Dario Bonetti (Decio), Vincenzo Gallo (Lucio), Rosario Majorana (Metello), Fabio Cavalli (il regista). Distribuzione: : Sacher - Durata: Un’ora e 16 minuti


[ di Aldo Viganò ]

IL PRIMO UOMO

Il ritorno alle origini

N

EL SUO PRIMO lungometraggio, La fine del gioco, Gianni Amelio raccontava la storia di una fuga dal profondo sud verso la speranza rappresentata dal nord e ora, più di quarant’anni dopo e con la complicità del romanzo incompiuto di Albert Camus, egli mette in scena il tragitto inverso, alla ricerca delle proprie radici sentimentali e antropologiche. In entrambi i casi, dietro allo scorrere dei fotogrammi, si avverte la presenza di un nume tutelare identificabile con il cinema di François Truffaut; e non solo perché nel suo film d’esordio, come del resto anche in Il primo uomo, è ben evidente un percorso d’iniziazione (là iniziazione alla vita e qui all’avvicinarsi della morte), ma soprattutto perché quell’autorevole riferimento cinematografico è qui ben riscontrabile nell’abbondante uso delle panoramiche orizzontali che, nel lungo piano sequenza a seguire il piccolo protagonista sino al suo affacciarsi verso il mare, assumono l’esplicito sapore di una libera citazione di I 400 colpi. Al suo ritorno a casa dopo lunghi anni di volontario esilio, Jean Cormery, il protagonista del romanzo di Camus, sembra essere spinto soprattutto dalla volontà di rientrare nel ventre della madre: una madre che non è solo la donna analfabeta da cui è stato partorito e cre-

sciuto senza il padre morto in guerra, ma è anche la Patria martoriata dai conflitti anticoloniali, il ricordo della nonna materna fedele ai più rigidi sistemi tribali d’educazione, il maestro che gli insegnò il piacere di conoscere e il compagno di scuola arabo, che ora deve fare i conti con la condanna a morte del figlio per terrorismo. Nel romanzo come nel film, la storia si dipana attraverso l’intersecarsi di due piani cronologici: il 1957 è l’anno in cui si svolge il ritorno dell’”esule”, caricato da un tono tragico che a tratti evoca i “nostos” della cultura greca; mentre il 1924 è il momento in cui il piccolo Jean Cormery si trova a dover fare la scelta fondamentale della sua vita: fuggire da quel mondo arcaico, aprire la mente alla conoscenza del nuovo come vorrebbe il suo lungimirante maestro e diventare così Albert Camus, oppure rassegnarsi a rimanerne prigioniero della tradizione e crescere “straniero” in patria come molti altri figli di “pied-noirs” algerini. Gianni Amelio racconta questa storia di nostalgia e d’iniziazione con i toni dolenti di un’esperienza autobiografica, senza però rimanerne prigioniero, perché il suo film sa sovente elevarsi in una personale riflessione sulla Storia (la contestata conferenza di Cormery nell’aula universitaria), sui sempre difficili rap-

FIGHT CLUB

porti tra sentimenti personali e modelli di comportamento dettati dalla tradizione (la bella figura della nonna che usa la frusta come necessario strumento d’educazione), sull’attualità del conflitto etnico alimentato da un regime coloniale poliziesco (la sottesa violenza che caratterizza gli incontri del protagonista con il coetaneo arabo, sia nell’infanzia, sia soprattutto nel loro incontro nella casbah assediata dall’esercito francese). Tutto questo, insieme a un uso molto classico della cinepresa, concorre a fare di L’ultimo uomo il film più intenso, appassionato e coerente della filmografia di Amelio, il quale ancora una volta non rinuncia ai toni dolenti che gli sono più congeniali, ma sa anche molto bene servirli attraverso la sapiente direzione degli attori (adulti e bambini) e la composta utilizzazione dei lunghi primi piani alla ricerca dei fermenti del-

l’anima che ribollono dietro la maschera dei molti momenti di silenzio che caratterizzano il film.

IL PRIMO UOMO (Le premier homme – Italia, Francia, Algeria, 2012) Regia e sceneggiatura: Gianni Amelio Soggetto: Albert Camus - Fotografia: Luca Bigazzi - Scenografia: : Arnaud de Moleron e Etienne Rohde - Costumi: Patricia Colin. Interpreti: Jacques Gamblin (Jean Cormery), Catherine Sola (Catherine Cormery, 1957), Maya Sansa (Catherine Cormery, 1924), Denis Podalydès (professor Bernard), Ulla Baugué (la nonna), Nicolas Giraud (zio Etienne, 1924), Nino Jouglet (Jean bambino), Abdelkarim Benhabouccha (Hamoud), Hachemi Abdelmalek (Aziz), JeanFrançois Stevenin (film maker). Distribuzione: 01 Distribution - Durata: un’ora e 38 minuti.

[ di Giona A. Nazzaro ]

ROMANZO DI UNA STRAGE di Marco Tullio Giordana

La politica della messinscena

L’

ACCOGLIENZA STRETTAMENTE contenutistica nei confronti di Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana, che in alcuni casi è sfociata addirittura nell’insulto, è sintomatica della considerazione che il cinema gode nel nostro paese. Posizione che si

può riassumere, in soldoni, in questo modo: il cinema è sempre e comunque subordinato a un altro discorso, indipendentemente dal suo orientamento ideologico. In tutto questo, naturalmente, che il film di Giordana sia anche un ottimo film, conta poco o niente. Non conta la

compostezza formale di un racconto che si svolge come un thriller cospirazionista ma non si appiattisce sulle proprie tesi. Conta poco la struttura a capitoli che si offre come un caleidoscopio di possibili letture complementari e contrastanti. Conta meno di zero l’attenzione con la quale sono mossi i protagonisti di questa vergognosa tragedia tutta italiana. Conta solo l’adesione alle tesi dominanti, ufficiali o meno nei cui confronti Giordana e i suoi collaboratori si sono mossi con encomiabile libertà formale e intellettuale. A Giordana, insomma, non si perdona di avere realizzato il suo film e attraverso il suo film di pensare e offrire un proprio punto di vista. Come dire che il cinema è meglio se resta nel recinto delle posizioni accettabili/accettate. Se Romanzo di una strage fosse stato un pessimo film, allora Giordana sarebbe stato davvero nei guai. Ma siccome l’unica politica che conta per un regista è la politica della messinscena, è lì che si determi-

nano le sue scelte di campo”, Romanzo di una strage, che è probabilmente il miglior film del regista, fa risuonare autorevolmente la sua voce proprio in quanto creazione cinematografica. Ed è in quanto creatore cinematografico che Marco Tullio Giordana si inserisce nel dibattito sulla strage di piazza Fontana, non in quanto politologo. In quanto poeta. E, come è ben noto, non si spara ai poeti. Soprattutto quando NON si è d’accordo con loro.

MAGGIO - AGOSTO 2012 FILM DOC

13


LARS VON TRIER CHI E' Lars Trier nasce a Copenaghen il 30 aprile 1956 da genitori nudisti, comunisti e atei. Sulla sua infanzia circolano molte leggende, in gran parte alimentate da lui stesso. Certo il “von” fu aggiunto al cognome da lui stesso nei primi anni Settanta. Forse grazie all’intercessione di uno zio già introdotto nell’ambiente si accosta giovanissimo al cinema e alla televisione. Il 20 marzo1995 legge a Parigi (al Theâtre de l’Odéon, nell’ambito delle celebrazioni per il centenario del cinema) il manifesto Dogma 95 di cui è uno dei quattro firmatari e che gli dà notorietà internazionale. Famoso per le sue molte fobie (rifiuto di viaggiare in aereo, ossessioni ipocondriache), Lars von Trier considera il connazionale Dreyer il suo primo e vero maestro.

FILMOGRAFIA Cortometraggi 1967: Viaggio a Squashland (Turen til Squashland) - 1968: Buonanotte, tesoro (Nat, skat) - 1969: Una brutta esperienza (En rovsyg oplevelse) – Una partita a scacchi (Et skakspil) - 1970: Perché fuggire da qualcosa che sai di non poter fuggire? (Hvorfor flygte fra det du ved du ikke kan flygte fra?) 1971: Un fiore (En blomst) - 1977: Il giardino delle orchidee (Orchidégartneren) – 1979: Menthe, la ragazza felice (Mynthe - Der lyksalige) – 1980: Notturno (Nocturne) – 1981: L’ultimo particolare (Den sidste detalje) – 1982: Immagini della liberazione (Befrielsesbilleder) – 2007: Occupation (ep. di Chacun son Cinèma) – 2010: Dimension 1991-2024.

Miniserie TV 1994: L’aula dell’insegnante (Laerervaerelset) – The Kingdom, il regno ((Riget) – 1997: The Kingdom 2 (Riget 2).

Lungometraggi 1984: L’elemento del crimine (Forbrydelsens element) – 1988: Epidemic – Medea (film Tv) – 1991: Europa – 1996: Le onde del destino (Breaking the Waves) – 1998: Idioti (Dogme#2: Idioterne) – 2000: D-Dag (coregia Thomas Vinterberg) - Dancer in the Dark – 2003: Dogville – I cinque ostacoli (De fem benspænd) – 2005: Manderlay – 2006: Il grande capo (Direktøren for det hele) – 2009: Antichrist – 2011: Melancholia – 2012: The Nymphomaniac (annunciato).

Sceneggiature per altri 2005: Dear Wendy di Thomas Vinterberg – 2007: Erik Nietzsche - De unge år di Jacob Thuesen.

14

FILM DOC MAGGIO - AGOSTO 2012

Il cinema e le regole [ di Aldo Viganò ]

L

ARS VON TRIER O DELLE REGOLE. E del piacere di trasgredirle. Considerato dal marxista Edoardo Sanguineti «uno dei giganti del cinema» (Sanguineti’s Song, Feltrinelli 2006), ma espulso dall’ultimo Festival di Cannes con l’accusa di apologia del nazismo, il regista danese ha fatto della progettualità ideologica  la  chiave  principale  del  suo  cinema,  individuando proprio nel porsi delle regole da seguire la via principale per portarvi all’interno un soffio di novità capace di fargli ritrovare l’innocenza perduta. È nato così “Dogma 95”, il manifesto  non  a  caso  scritto  e  reso pubblico nell’anno in cui in tutto il mondo si celebrava il centesimo anniversario della nascita del cinema.  Concepito  nel  periodo  in  cui,  soprattutto dopo la caduta del muro di Berlino, sembravano non esserci più i movimenti ideologici, “Dogma” contiene toni, obblighi e prescrizioni, che non hanno nulla da invidiare ai più autoritari manifesti delle avanguardie storiche del primo Novecento. «Un manifesto, però, fatto per essere trasgredito, dal suo autore  in  primis»,  come  opportunamente  sottolinea ancora il suo “fan” Sanguineti in un intervista rilasciata nel 2009 al “Venerdì” di “La Repubblica”. A ben vedere, infatti, Lars von Trier è da sempre un maestro nell’arte scandalosa di imporre delle regole, che poi è il primo a non rispettare. Ma forse proprio per questo per lui le regole sono così necessarie, rappresentando l’argine entro il  quale  incanalare  la scommessa  della  creazione artistica, la quale per definizione sceglie poi liberamente  i  propri  percorsi.  Paladino  dell’anonimato dell’opera cinematografica  («Il  regista  non  deve  essere  accreditato», recita il decimo comandamento di “Dogma”), von Trier è però oggi riconosciuto come uno degli autori più personali del cinema mondiale. E certo non ha fatto mai nulla perché questo non accadesse: sia a proposito della dozzina di lungometraggi da lui sinora realizzati, sia anche in relazione alle sue molto apprezzate miniserie televisive (con The Kingdom in prima fila), così esplicitamente segnate da un’impronta autoriale. Sostenitore delle riprese con la camera  a  mano,  egli  usa  comunque  sovente  (ad esempio in Dogville e soprattutto nel suo “quasi” seguito Manderlay) lunghi piani fissi, all’interno di uno spazio scenografico dichiaratamente astratto (trasgredendo così il terzo comandamento di “Dogma”) che evoca un tempo e una geografia in fin dei conti indeterminati, nonostante l’uso delle didascalie e delle cartine  geografiche,  in  esplicita

contraddizione con  il  settimo  comandamento  del suo manifesto che, a ben vedere, non ha rispettato neppure  in  Idioti il quale apparentemente sembra essere il suo film più “Dogma”,  anche  se  è  stato  interamente  girato  in video, con buona pace del suo nono comandamento che prescrive l’uso esclusivo del 35mm standard. Regista scomodo e contraddittorio, sovente  sgradevole  nelle  sue  scelte  più estreme, Lars von Trier è autore di film che vanno analizzati per quello che sono sullo schermo, senza assolutamente cadere nella tentazione di metterli in rapporto con le regole che pur li sottendono e, soprattutto, con ciò che di loro dice o ha detto il loro artefice. Solo così, molto più che nel suo “gioco a scandalizzare” che tanto piaceva a Sanguineti («Oggi c’è ancora chi sa giocare fino a scandalizzare? Al cinema lo fa molto bene Lars  Von  Trier,  un grande» egli ebbe occasione di dichiarare a “Il Sole  –  24  Ore”),  von Trier rivela, nonostante tutto, di essere un artista di prima grandezza. Un autore  di  film  che  programmaticamente dividono gli spettatori, esibendo come una bandiera idee estetiche e/o narrative sempre  molto  forti.  Siano  queste  rappresentate  dalla struttura da detective story che, in preventiva trasgressione all’ottavo comandamento di “Dogma”, von Trier mette in scena nel suo primo lungometraggio (L’elemento del crimine) o dal finto naturalismo di Epidemic, che mima i toni e le cadenze di “una storia vera”. Oppure, risultino, quelle idee, rintracciabili nel curioso e umoristico cocktail di melodramma e di thriller storico (si parla di nazisti e di organizzazioni tese a farne rivivere l’ideologia) che si sintetizza in Europa (girato in buona parte in bianco e nero,  nonostante  il  quarto  comandamento  di “Dogma”)  o  nell’appassionato  e  misticheggiante erotismo che sottende i fotogrammi di Le onde del destino, il primo folgorante successo internazionale del regista. O, ancora, emergano dall’eccentrico comportamento dei finti ritardati mentali e giocosi nudisti protagonisti di Idioti, cui ha fatto seguito il trittico “statunitense” rappresentato dal musical Dancer in the Dark e dalla struttura a capitoli - coniugati tra teatro, lettura e cinema - di Dogville (con la bellissima  ultima  scena  tra  Nicole Kidman e James Caan) e di Manderlay, in cui si affronta in modo molto originale  il  tema  del  razzismo  tra bianchi  e  negri;  sino  ad  arrivare  a quella curiosa, e sgradevole comme-


I REGISTI DOC • 42 •

Il Manifesto di DOGMA

Dogma 95 è un collettivo di registi cinematografici fondato a Copenaghen nella primavera del 1995. Il suo scopo preciso è opporsi a certe derive del cinema contemporaneo. Dogma 95 è un’azione di salvataggio! Nel 1960 si è raggiunto il limite! Il cinema era morto e bisognava farlo risuscitare. La Nouvelle Vague, attraverso slogan di individualismo e libertà, ha prodotto certi capolavori. Ma il cinema antiborghese è diventato borghese, perché si fondava sulla percezione borghese dell’arte. Il concetto di autore era una versione borghese del romanticismo e, in quanto tale, falso!

dia che è Il grande capo, la cui  comicità  nasce  in gran parte dall’esibita rivalità tra islandesi e danesi o, anche, ai contorti arrovellamenti  eroticonaturalistici di Antichrist, che resta forse il film più ermetico di von Trier.  C’è sempre molta tensione visiva, ma anche tanto manierismo, nel modo in cui l’eccentrico  regista  danese  arabesca  sul  grande schermo i suoi complessi giochi linguistici e le  sue  programmatiche  prese  di  posizione narrative; ma, pur sotto l’insopportabile e narcisistica crosta didascalica, non è difficile cogliere sempre nei suoi film la forte e personale presenza di un autore che sa caricare di forza espressiva  le  proprie  immagini,  come  conferma anche Melancholia, per ora il suo ultimo film (ma è già annunciato The Nymphomaniac), che è anche il suo più intimo e autobiografico, con una prima parte non sempre digeribile a causa dell’insistito e fluttuante uso della camera a mano (in postumo stile “Dogma”), ma con una seconda che porta prepotentemente in primo piano quella che è forse la caratteristica più originale e inquietante di tutto il cinema  di  von  Trier:  vale  a  dire,  il  profondo amore della sua cinepresa per i personaggi, intesi  come  individui,  che,  senza  paura  di contraddizione, si accompagna però a un fondamentale disprezzo per la specie umana, la quale  solo  attraverso  l’arte  può  sperare  di poter  infine  colmare  la  catastrofica  frattura che  la  scienza  e  il  progresso,  portando  al trionfo solo la razionalità tecnica, hanno  storicamente finito col creare nei  confronti della natura, che  proprio della bellezza è la  più legittima depositaria.

Il voto di castità Io giuro di sottomettermi al seguente corpo di regole delineate e confermate da Dogma 95:

➊ Le riprese devono aver luogo in esterni. Non devono essere utilizzati scenografie e set (se è necessario per la storia un particolare elemento scenografico, si deve scegliere una location in cui è già presente quell'elemento).

➋ Il suono non deve mai essere prodotto separatamente dalle immagini e viceversa (la musica non deve essere usata a meno che non si senta nell'ambiente in cui si svolge il film).

Agli occhi di Dogma 95, il cinema non è individualista! Oggi la tempesta tecnologica imperversa e il risultato sarà la democratizzazione definitiva del cinema. Per la prima volta, chiunque può fare un film. Ma più i media diventano accessibili, più si fa importante l’avanguardia. E non è un caso che la parola avanguardia abbia una connotazione paramilitare. Perché la risposta è la disciplina... Dobbiamo fare dei film in uniforme, perché il film individualista è decadente per definizione! Dogma 95 si contrappone al cinema individualista con una serie di regole definite “voto di castità”. Nel 1960 si è raggiunto il limite! Si diceva che il cinema fosse divorato dall'artificio, ma in seguito l'utilizzo di questi artifici si è moltiplicato. 'L’obiettivo supremo” dei cineasti decadenti è ingannare il pubblico. Dobbiamo esserne fieri? È tutto quello che abbiamo messo da parte in questi cento anni di cinema? Illusioni con cui comunicare emozioni? Grazie all'inganno di un artista isolato? La prevedibilità (la drammaturgia) è il vitello d'oro attorno cui danziamo. Giustificare l'azione attraverso la vita interiore dei personaggi sembra molto complicato e non è “arte alta”. Mai come oggi l'azione superficiale e i film superficiali hanno ricevuto tanti elogi. Il risultato è sterile, un'illusione di pathos e di amore.

➌ La macchina da presa deve essere a mano. Sono concessi tutti i movimenti (e l'immobilità) che si possono tenere a mano (il film non deve svolgersi dove è piazzata la cinepresa; sono le riprese che devono avere luogo dove si svolge il film). ➍ Il film deve essere a colori. Non sono

geografica (cioè il film deve avere luogo qui e ora).

➑ Non sono accettati film di genere. ➒ Il formato del film deve essere 35mm standard.

➓ Il regista non deve essere accreditato.

ficiali (omicidi, armi, etc, non devono essere ripresi in nessun caso).

Inoltre, come regista giuro di astenermi dal gusto personale! Non sono più un artista. Giuro di non creare un’opera perché ritengo l'istante molto più importante dell'insieme. Il mio fine supremo è costringere la verità a uscire dai miei personaggi e dall'azione in sé. Giuro di fare ciò con tutti i mezzi disponibili e a discapito di ogni considerazione di buon gusto o di carattere estetico.

➐ E’ proibita l'alienazione temporale o

Pronuncio così il mio “voto di castità”.

concesse illuminazioni speciali (se la luce è insufficiente per impressionare la pellicola, la scena deve esser tagliata, o si può attaccare un singolo faretto alla m.d.p.).

➎ Trucchi ottici e filtri sono proibiti. ➏ Il film non deve contenere azioni super-

Per Dogma 95 il cinema non è illusione! Ai giorni nostri imperversa la tempesta tecnologica: l'artificio è elevato al rango di divinità. Ricorrendo alla nuova tecnologia chiunque, in qualunque momento, può spazzare via gli ultimi sussulti di verità nella stretta soffocante della spettacolarità. Le illusioni sono ciò dietro cui il cinema si può nascondere. Dogma 95 combatte il cinema delle illusioni con una serie di regole indiscutibili note con il nome “voto di castità”. Letto pubblicamente a Parigi, Théâtre de l’Odéon, il 20 marzo 1995, nell’ambito delle celebrazioni per il centenario del cinema. MAGGIO - AGOSTO 2012 FILM DOC

15


PERCORSI SONORI • Musiche da Film

La memoria del cuore

L

a memoria del cuore, diretto da Michael Sucsy, è uno di quei film che uno non sa se andare a vedere o meno: la trama, infatti, lascia intuire fiumi di lacrime. L’intera vicenda ruota intorno ad una coppia di neosposi che rimangono coinvolti in un incidente d'auto da cui escono sì vivi, ma la moglie riporta un’amnesia e non ricorda né il matrimonio né il marito che, da perfetto innamorato, si impegna a conquistarla ancora una volta. A dar voce, in note, a questa storia struggente, ça va sans dire, non poteva che esserci una donna, la compositrice britannica Rachel Portman (Haslemere, 11 dicembre 1960), nota per essere stata la prima donna ad aver vinto l’ Oscar per la migliore colonna sonora, quella del film Emma, del 1996. Autrice di score di pellicole di successo, tra cui Le regole della casa del sidro, Chocolat, Oliver Twist,

Viaggio nell'Isola Misteriosa

V

iaggio nell'isola misteriosa è arrivato a 270 milioni di dollari d'incasso mondiale. Il suo franchising con il precedente Viaggio al centro della Terra è stato così vantaggioso da far sì che la Warner Bros abbia chiesto al regista Brad Peyton e agli sceneggiatori Brian & Mark Gunn di mettersi immediatamente al lavoro su un terzo atto, che si prevede uscirà nel 2014. Ma business a parte, torniamo a questo secondo ‘viaggio’ (il titolo originale è Journey 2: The Mysterious Island), che riprende i temi del classico di Jules Verne, ovviamente in versione 'blockbuster', e vediamo cos’ha in serbo la colonna sonora. Sarà altrettanto avventurosa? Assolutamente sì. Affidata al giovane compositore canadese Andrew Lockington (quattro anni fa ha annunciato il suo arrivo, da solista, al mainstream delle colonne sonore con Ember - Il mistero della città di luce e Viaggio al centro della terra 3D, dopo una lunga carriera come orchestratore del collega canadese Mychael Danna), la partitura orchestrale è caratterizzata da una manciata di spunti parecchio fantasiosi e da alcuni intermezzi d'azione turbolenti, concentrati soprattutto nella parte centrale del lavoro. Per Viaggio nell'isola misteriosa Lockington ha creato una solida continuità con i suoni e i temi dalla partitura del film precedente (Viaggio al centro della terra

J

ohn Williams, compositore che è diventato sinonimo di classicità moderna americana, pur avvicinando all'età di 80 anni, nell’appena trascorso 2011 è stato in grado di resuscitare la sua carriera (se mai ce ne fosse stato bisogno!) tessendo due splendide partiture per Tintin e War Horse, entrambi di Spielberg. Nello specifico, il commento sonoro di War Horse si concentra sulla narrazione e si lascia condurre

• 20 •

Rinascere con le spezie

16

sono eccellenti. Tom Wilkinson è gay ed era un giudice della corte suprema, Judi Dench è vedova e senza denaro, Maggie Smith è una zitella acida, razzista e con un femore rotto, Bill Nighy è tristemente sposato con Penelope Wilton, Celia Imrie è ancora alla ricerca di un marito milionario e Ronald Pickup di un’ultima notte di passione. Ognuno di loro sa che il termine è vicino, talmente vicino che Maggie Smith non compra più le banane ancora verdi, ma non vogliono arrendersi alla solitudine, ad un appartamento per anziani con i corrimano per non scivolare, a vivere con i propri figli, a convivere con il rimorso per aver rinunciato alla vita. Per strade diverse tutti raggiungono l’India dove “non accade niente se prima non lo hai sognato” e dove “alla fine, tutto andrà bene, e se non andrà bene vorrà dire che non è ancora la fine”. Cosa possa fare quel continente ad un cittadino inglese lo avevamo già appreso da Passaggio in India, ma si trattava di uno splendido dramma del tutto privo di umorismo. L’India di Madden è colorata, calda e caotica e sferza i sensi come le spezie sferzano le papille gustative ormai assuefatte alla cucina britannica, affermazione questa, cioè l’esistenza di una “cucina britannica”, che molti considerano un

FILM DOC MAGGIO - AGOSTO 2012

dalla natura, dalla perseveranza e dalla famiglia. Williams, chiaramente influenzato dai toni inglesi di Ralph Vaughan Williams, infonde sfumature anglosassoni allo score semplicemente aggiungendo tocchi di melodie celtiche. Il tono di War Horse pur giocoso e forte quando necessario, è fortemente attratto dalle sue stesse espressioni drammatiche. Non c'è un vero e proprio tema dominante, ci sono, piuttosto, quattro temi portatori di diverse idee secondarie. Nonostante quest’osservazione, la partitura è un flusso musicale di 65 minuti, un esempio di solida narrazione capace di spostarsi senza difficoltà attraverso temi ‘alla Williams’ e temi nuovi. Unico neo, la precisione millimetrica che, in alcuni punti, rischia di far perdere alla partitura il suo appeal generale… d’altronde questa colonna sonora deve la sua riuscita all’intelligenza dei costrutti melodici, e Williams, si sa, in materia è un fuoriclasse.

War Horse

Marigold Hotel di John Madden

T

La duchessa e Non lasciarmi, Never let me go, la Portman, essendo una veterana ‘in campo romantico’, in questo caso ha intelligentemente optato per un commento sonoro piuttosto intimo. Per raggiungere lo scopo le è stato sufficiente far prendere una piega inaspettata allo score. Quello che si percepisce dall’ascolto della prima metà del CD, infatti, è uno studio approfondito dei due protagonisti; è come se, durante lo sviluppo dei temi dedicati al personaggio femminile, la Portman si fosse resa conto che, per rappresentare il protagonista maschile, necessitava di un contrappeso stilistico. Ed ecco il coup de théâtre: la Portman chiede ausilio al compositore canadese Michael Brook, che darà al protagonista una personalità a base di chitarra (seconda metà della partitura). Brook, anche se ha contribuito ad alcune partiture di Hans Zimmer e ha scritto lo score di An Inconvenient Truth di Al Gore, non è un nome molto conosciuto all’interno della comunità dei compositori per musica da film. La sua esperienza con le chitarre di tutte le varietà, però, è stata fondamentale nel conferire un tocco maschile alla partitura, che risulta così una miscela di romanticismo urbano (la sensibilità melodica e strumentale della Portman domina quasi la totalità del paesaggio sonoro) e di chitarra acustica. Della serie: l’unione fa la forza.

3D), ampliandone però la portata dell’ensemble orchestrale (sintetizzatori, percussioni e voci). Il fiore all'occhiello di questo score è costituito dai tre nuovi temi: il tema dedicato all'isola, caratterizzato da ottoni, archi, fiati e pianoforte; il tema dedicato alla famiglia ed infine il tema dedicato all’avventura/scoperta, affidato esclusivamente a voci femminili che racchiudono al loro interno alcune progressioni esotiche di notevole spessore. Nonostante i prepotenti mix di percussioni e sintetizzatori che fanno capolino qua e là, i pregi della partitura (in primis la verve) superano di gran lunga le debolezze. Consigliato.

QUANDO IL CINEMA SPOSA LA CUCINA

he Best Exotic Marigold Hotel, il titolo originale dell’ultimo film di John Madden, è l’insegna di un decrepito hotel di Jaipur, gestito dal giovane Dev Patel, inserito nei dépliant turistici dopo mirati ritocchi con photoshop per attirare pensionati stranieri alla ricerca di un luogo esotico ma economico in cui finire la propria vita: una “delocalizzazione della vecchiaia”. L’argomento è triste ma in realtà di tratta di una commedia. E’ un film convenzionale, traboccante folclore e buoni sentimenti, ma l’umorismo è britannico e gli attori, inglesi,

[ di Barbara Zorzoli ]

ossimoro. La cucina indiana dà il suo contributo al folclore della storia: in principio sorprende e spaventa, poi, infiammando il palato, scuote le coscienze e risveglia i sensi. Ciò che caratterizza le ricette indiane, in realtà molto diverse da zona a zona, trattandosi di uno stato vasto e multietnico, sono le spezie. I ristoranti indiani per non indiani ne fanno un uso misurato, ma non la cucina tradizionale. Generalmente le pietanze vengono servite con un mélange di molte spezie, il masala, sempre preparato per l’occasione, mai acquistato preconfezionato. Il masala più diffuso è il Garam Masala. Ogni famiglia prepara la propria versione. Per la nostra ricetta seguiremo i consigli di Santha Rama Rau, figlia di diplomatici indiani nata a Madras nel 1923 che, nel 1984, collaborò con Lean alla sceneggiatura di Passaggio in India. Per una tazza di masala occorrono: cinque stecche di cannella da 12 cm, una piccola tazza di capsule di cardamomo verdi, otto cucchiai di chiodi di garofano, otto cucchiai di cumino in grani, quattro cucchiai di coriandolo in grani, otto cucchiai di pepe nero in grani. Potete mettere il tutto nel mixer oppure fare ciò che farebbe una famiglia indiana attenta alle tradizioni: cuocere le spezie per trenta minuti nel forno a 100°, muovendole almeno due volte perché non prendano colore. Estrarre con le dita i grani di cardamomo dalla capsula. Avvolgere le stecche di cannella in uno strofinaccio e ridurle in polvere con un mattarello.

[ di Antonella Pina ] Riunire il tutto dentro una tazza e mescolare bene. A questo punto occorre prenderne piccole quantità e pestarle nel mortaio, quello che normalmente utilizzate per il pesto – non osiamo neppure pensare che per il pesto usiate il mixer!!! - fino a ridurle in polvere finissima. Mettete la polvere in un contenitore ermetico e il Garam Masala conserverà il suo profumo per alcuni mesi. Potrete utilizzarlo per molte ricette prelevandone un cucchiaino ogni volta. Nessuno dei vostri commensali saprà mai se i bocconcini che avete servito con il masala appartenevano a un gambero oppure a un capretto. Vi ricordiamo che quando Splendini nel film Scoop porta Sondra al ristorante indiano, le dà il seguente suggerimento: “Prendi i gamberoni all’acido cloridrico, io li ho assaggiati, ti piaceranno”. Circa il vino siamo perplessi, la “superiorità” del Garam Masala è tale da renderlo superfluo. Del resto gli indiani bevono acqua e succhi di frutta oppure, se proprio volete, il lassi: il siero ottenuto da latte a cui si era aggiunto succo di limone, successivamente arricchito con dahi (yogurt e un pizzico di sale), foglie di menta e acqua di rose.


DISEGNO DI ELENA PONGIGLIONE

LA POSTA DI DOC HOLLIDAY

Dei doppiaggi perduti  e del regista scomparso

Salve, sig. Fava! Sono un grandissimo appassionato di doppiaggio d'epoca e spesso mi chiedo come sia possibile che così tante vecchie tracce audio abbiano dovuto essere accantonate negli anni '70/'80 per via dei nuovi doppiaggi TV (spesso rifacimenti inutili, ne sono convinto). Lei, che quando era in Rai ha lavorato tanto in tal senso, ha idea di come si potrebbe riuscire a recuperare i doppiaggi originali di film imprescindibili quali "La finestra sul cortile", "La donna che visse due volte" o "Il mistero del falco", tanto per citare una piccola percentuale di tutti quei vecchi audio che andrebbero assolutamente e urgentemente ritrovati? Cordiali saluti Francesco Caminiti Caro Caminiti, ho trafficato per anni alla Rai con i doppiaggi (pensi soltanto alla quantità enorme di contratti che ho dovuto richiedere per smaltire l’immenso e incalzante deposito, non solo dei film ma soprattutto dei telefilm e delle soap-operas). Molto spesso mi sono trovato nella curiosa, e sostanzialmente antipatica, necessità di fare ridoppiare dei film stranieri regolarmente entrati nel circuito italiano, di cui le Case avevano perso la colonna italiana! Sembra uno scherzo, se non una bugia per lucrare nuovi guadagni. Ma questa era la situazione. Cosa dovevo fare di fronte alla dichiarazione, avallata dal competente Servizio Acquisti  della  Rai,  che  il  vecchio  doppiaggio  era scomparso? Rinunciare a trasmettere quel film, essenziale per quel che rappresentava all’interno di

Forza Italia  • 08 •

un ciclo, o allestire un nuovo doppiaggio, magari inferiore a quello originario? Il quale utilizzava alcune  di  quelle  grandi  voci  di  doppiatori  che hanno contraddistinto il periodo del dopoguerra (parlo  di  Cigoli,  De Angelis  Gualtiero,  Rinaldi, Rina Morelli eccetera eccetera). Naturalmente non so perché altri hanno fatto ridoppiare dei film già doppiati a suo tempo. Fra i tanti episodi che potrei invocare  le  cito  solo  quello  di  “Angoscia”  (Gaslight, 1944) di George Cukor, con Ingrid Bergman e Charles Boyer, per un ciclo dedicato all’attrice svedese.  Due  settimane  prima  della  messa  in onda, quando il titolo era ormai già inserito nel Radio Corriere, vennero sfacciatamente a dirmi che la colonna non si trovava più. Mi intestardii e in una settimana organizzai il doppiaggio affidato all’eccellente Franca Genta, doppiatrice e direttrice di doppiaggio. Il film venne trasmesso e nessuno si accorse di niente.  Gent.mo Dottor Fava, ho letto in questi giorni sui giornali della morte di Pierre Schoendoerffer, regista di cui ho letto nel suo libro sui film di guerra. Purtroppo non ho mai visto nessun suo film, e vedo che pochissimi in Italia ne parlano. Come mai? A suo parere è un grande regista, da noi poco compreso, oppure è soprattutto un personaggio particolare? E quali sono i suoi film che bisogna assolutamente vedere? La ringrazio e spero di vederla ancora in tv. Rinaldo Rovida

Il regista Pierre Schoendorffer

dante Schoendoerffer. Da anni alimento un mio Blog (Clandestino in galleria) in cui ho pubblicato un piccolo e commosso annuncio riguardante la morte di quello che resta un regista e romanziere molto importante per ricostruire il clima morale e politico con cui la Francia affrontò la disastrosa guerra in Indocina (ancor più disastrosa fu la successiva partecipazione americana a quel conflitto detto del Vietnam che ha profondamente influenzato la politica degli Stati Uniti). Nel Blog ho ricevuto una circostanziata missiva da parte di una persona che non sento da decenni ma che di Schoendoerffer è un appassionato. Se lei mi fornisce un suo indirizzo e-mail mi farà piacere poterle inviare la mia risposta. Resto a sua disposizione per eventuali, ulteriori precisazioni e intanto le dico che i film indispensabili per capire lo scomparso regista sono due: “317° battaglione d’assalto” (La 317e section, 1964) e “L’uomo del fiume” (Le crabetambour, 1977). Ma tornerò sull’argomento.

Caro Rovida, la ringrazio della citazione riguardante il mio libro “Guerra in 100 film” e cerco di fornire  una  stringatissima  precisazione  riguar-

Per scrivere a Claudio G.Fava: claudio.g.fava@village.it

[ di Giovanni Robbiano ]

È la flessibilità, baby! Il precariato secondo Lorenzo Vignolo

A

VVISO: l’abbondanza di ripetizioni del termine Amico/ amici che adotterò in questo articolo non è indice di scarsa conoscenza del lessico, ma è strategia comunicativa assolutamente voluta, pura ridondanza alla Queneau, tanto per far vedere che la cultura ce l’abbiamo in borsa. Questo pezzo gronda miele più che un romanzo di Moccia, tanto per far vedere che flirtiamo anche con la cultura popolare. Sono più estatico di Benigni quando legge Dante o palpa Raffaella Carrà e ammetto: sono di parte, ammetto che uso questa rubrica che l’amico Renato mi ha concesso per incensare gli amici e gli amici degli amici, ammetto, sono mafioso, clientelare, familista. Ammetto, confermo. Gli amici prima di tutto! Ma il fatto che una persona unica, che poi è molto più di un amico, come Lorenzo Vi-

gnolo torni a dirigere un film dopo un po’ di anni da Tutti all’attacco, mi rende euforico. Dunque l’11 maggio esce con un buon numero di copie Workers – pronti a tutto, scritto dall’altrettanto amico Stefano Sardo, fotografato da (potevate dubitarne) l’amico Paolo Bellan ed interpretato dagli amiconi Pulci e Bianchi, dal fraterno amico Andrea “Marti” Bruschi e da alcuni altri nomi di gran classe: Pannofino, Briguglia, Molteni; un irresistibile Frassica (Nino Frassica è uno dei grandi attori italiani che inspiegabilmente non hanno il successo che avrebbero meritato…) e Dario Bandiera, Nicole Grimaudo, Alessandro Tiberi e altri. Insomma, nomi grossi, film da pubblico, comico e intelligente e poi, signori, che tempismo, nel momento in cui l’Italia si ripete alla noia il numero 18, nel senso dell’articolo di legge… ecco il film sul precarissimo mondo del lavoro, e sull’agenzia interinale Workers, gestita da Pulci e Bianchi in stato di grazia che offre nuove professioni e opportunità: tipo truccare i cadaveri, pulire i bidet, assistere un paraplegico sadico: è la flessibilità, baby, è il mondo del lavoro che piace

alla Fornero. In tre episodi, legati da, appunto, l’agenzia del nostro duo Miki e Lesh, tre terrificanti esempi di cosa aspetta i nostri giovani che accedono alla professione. In Badante, Tiberi deve assistere il terribile invalido Pannofino, volgare, sordido, incallito pokerista portato ad ogni eccesso. In Cuore toro Bandiera per amore di una commessa si finge chirurgo ma in realtà è l’addetto alla raccolta dei cosiddetti fluidi vitali di un toro da monta che forse nutre per lui una passioncella… Mentre ne Il trucco Nicole Grimaudo, appunto truccatrice affronta la crisi del settore e si ricicla per conto del becchino Luis Molteni come make up artist per cadaveri, salvo dover impersonare per via di una straordinaria somiglianza la figlia morta del boss mafioso latitante intrepretato da Frassica. Si ride amaro, ma si ride di gusto, e torna finalmente il binomio tra la commedia che parla della nostra società e che fa riflettere su quanto male si vive e quanta miseria si nasconde nella nostra piccola congrega, roba

che, complici panettoni e commediacce mal pensate e mal fatte, sembrava proibita nella nostra cinematografia e che invece aveva fatto la fortuna del cinema italiano in passato. Tanto per esemplificare come non pensare ai film ad episodi di Risi e Monicelli? Ad una specie di “Mostri” 2012? Lorenzo ha sempre avuto una vena leggera, comica, anche molto surreale, che ha accompagnato con un magistero tecnico che ne fa, pur ancora giovane, uno dei registi italiani più preparati e competenti, è stato ed è una star del videoclip, ed ora ha la sua prima vera possibilità al cinema dopo tanta attesa e tanto patimento. Di cuore, in bocca al lupo. E infine un auspicio ed un augurio: chi non andrà in sala a vedere Workers gli pigliasse (che je pijasse, nell’originale) lo scorbuto, andate, divertitevi e ringraziate che c’abbiamo Lorenzo , sperando che questo ritorno lo porti dove merita, tra i migliori. E che gli amici facciano sempre più film.

MAGGIO - AGOSTO 2012 FILM DOC

17


LIBRI E RIVISTE

Roberto Faenza di Ignazio Senatore ≥(Falsopiano, Alessandria 2011, pp.367, 22 euro)

Il corposo volume che lo psichiatra Ignazio Senatore dedica al regista di Sostiene Pereira si apre su una lunga e dettagliata intervista. Tra l'altre altre cose, Faenza vi rievoca le varie vicissitudini di Forza Italia! (tolto dalla circolazione la sera del rapimento Moro e rivisto solo quindici anni dopo), sostiene di aver perso i capelli a causa del rapporto con Harvey Keitel durante le riprese di Copkiller, ricorda il suo "esilio" quasi ventennale dal cinema italiano (tra il 1978 e il 1997 ha diretto solo film "stranieri"), afferma di aver pensato inizialmente a Philippe Noiret per il ruolo di Pereira, mentre fu Tabucchi a suggerirgli Mastroianni e Cecchi Gori avrebbe voluto Abatantuono. E si esprime in termini molto pessimisti sullo stato delle sceneggiature in Italia: «Nei dialoghi siamo davvero mal messi. Come pure nell'impianto delle storie». Curiosità: i suoi film preferiti sono Jona che visse nella balena e Prendimi l'anima. Seguono schedature dei singoli film con ampia antologia critica e un Diario americano scritto dallo stesso Faenza.

Valli – Gli occhi, il grido ≥ Alida di Nicola Falcinella (Le Mani, Recco 2011, pp.160, 15 euro) «Una donna diretta e coraggiosa, che è stata diva senza fare la diva», la definisce Nicola Falcinella. Nata a Pola nel 1921, Alida Altenburger von Markenstein Freuenberg non è soltanto una delle più grandi attrici italiane del '900, ma anche una delle più longeve artisticamente (settant'anni di carriera) e dalla vita più intensa: quando giunse al culmine della carriera con Senso (1954), aveva appena 33 anni, ma era già stata una diva del periodo fascista, era passata attraverso le vicissitudini belliche, era stata a Hollywood, aveva lavorato con Hitchcock e Selznick, era tornata in Italia... Il volume ripercorre l'intrecciarsi della carriera pubblica e della vita privata, comprendendo anche i capitoli più ostici: le chiacchiere su Mussolini, le conseguenze economiche della sua fuga da Hollywood, le esperienze di Il caso Paradine e Il terzo uomo, i trionfi di Senso e Il grido ma anche l'umiliazione del coinvolgimento nel caso Montesi. Con un'attenzione ampia anche per l'ultima parte della sua vita, solitamente più trascurata. E con appendice sulle interpretazioni cinematografiche, teatrali e televisive, oltre che con una dettagliata bibliografia.

Anna Magnani in Roma città aperta: oggi, con i cassonetti dell’immondizia e le auto in doppia fila, anche per i tedeschi sarebbe molto più dura. Prefazione di Enrico Vanzina.

Comencini. La poesia ≥ Francesca del reale di Ilaria Gatti (Le Mani, Recco 2011, pp.213, 15 euro) Monografia sulla regista di Pianoforte (1984), Carlo Giuliani ragazzo (2002), Mi piace lavorare -Mobbing (2006), Lo spazio bianco (2009), a partire dalla sua collocazione culturale tra l'Italia e la Francia, oltre che dall'intrecciarsi di documentario e finzione nella sua produzione. Vengono affrontati i rapporti col padre Luigi Comencini, con Elsa Morante, col neorealismo e Roberto Rossellini. Il volume comprende una lunga conversazione con la regista («Non sono una regista visionaria: per me gli spazi e gli ambienti devono essere rigorosamente corrispondenti a degli spazi interiori») e una schedatura film per film, seguita da interviste all'attrice Margherita Buy, al direttore della fotografia Luca Bigazzi, alla scenografa Paola Comencini. In appendice, la lettera che Francesca Comencini scrisse a "la Repubblica" rievocando l'esperienza di emigrati italiani in Francia della sua famiglia.

Italiano Novanta di Alberto ≥ Cinema Pesce (Liberedizioni, Brescia 2011, pp.259, 24 euro) Prosegue la serie di volumi che Alberto Pesce, dal 1960 critico cinematografico del "Giornale di Brescia", va dedicando al cinema italiano attraverso i decenni. In questo caso, sono di scena gli anni Novanta, in cui «come uscendo alla luce fuori dal buio di un tunnel, si ha l'impressione che il cinema italiano respiri aria nuova, riesca a riossigenarsi, lasciando alle spalle il decennio anemico e triste degli anni Ottanta». Un decennio che si apre con grandi maestri ancora in attività (La voce della luna di Fellini), e continua con l'affermarsi di nuovi autori come Gabriele Salvatores, Marco Risi, Silvio Soldini, Alessandro D'Alatri o col successo clamoroso del Ciclone di Pieraccioni. Ma anche il decennio della legge Mammì (1990), della chiusura delle sale di periferia e di seconda visione, dell'inizio dell'era dei multiplex. Anno per anno, dal 1990 al 1999, vengono schedati oltre duecento film, in media una ventina per stagione, fornendo un quadro ampio e dettagliato in cui l'informazione del cronista si fonde con l'attenzione del critico.

Roma, si gira! di Mauro D’Avino e LoCari maestri di Dario Viganò (Citta≥ renzo Rumori (Gremese, Roma 2012, ≥ della, Assisi 2011, pp.303, 17 euro) pp. 192, 16.90 euro)

Per tutti i maniaci delle location, i fan che amano andare a scovare gli scenari autentici dei film più amati, ecco un libro di minuziosa precisione sui set romani più famosi del cinema. I film presi in esame sono quelli degli anni ’40, ’50 e ’60, e il testo è organizzato per zone e quartieri, partendo da inquadrature di film famosi per accostarvi la fotografia del luogo così come lo si può vedere oggi. Uno degli autori è del resto il fondatore del sito www.davinotti.it, da anni scatenato investigatore delle location cinematografiche di ieri confrontate con le foto di oggi. Si va da Trastevere a Testaccio, dal Largo di Torre Argentina di Vacanze romane al Foro Italico del Sorpasso. E nelle sequenze di periferia, una mappa ci indica dove e come sono stati costruiti gli attuali edifici rispetto alle inquadrature d’epoca. Con appendici cult: lo stadio Nazionale, poi Flaminio; Rebibbia e Regina Coeli; il mitico negozio di tessuti di I tartassati, la casa del colpo di I soliti ignoti, la trattoria da cui evade Totò in Guardie e ladri… C’è pure il portone davanti al quale viene uccisa 18

FILM DOC MAGGIO - AGOSTO 2012

Sacerdote, direttore della Rivista del Cinematografo e presedente dell'Ente dello Spettacolo, don Dario Viganò affronta in questo libro quella che viene definita «emergenza educativa», analizzando il modo in cui il cinema e in alcuni casi la televisione hanno rappresentato in questi anni la scuola, la famiglia, il territorio con le sue varie occasioni di aggregazione. Lo scopo è quello di «fornire uno strumento agile e funzionale a coloro che sono interessati ad approfondire la questione educativa (...) agli studiosi che operano nel mondo della comunicazione, dagli animatori della comunicazione sino ai docenti dei vari livelli scolastici, ma anche agli operatori pastorali, a coloro che animano le sale della Comunità, i cineforum». In appendice, interviste a Gianni Amelio («Io credo nella famiglia ma forse la chiamo in un altro modo: il familismo può essere un danno miserabile se ci spinge a chiuderci in casa nostra»), Susanne Bier, Riccardo Milani, Giovanni Veronesi.

Javier Bardem di Da≥ vide Mazzocco (Falsopiano, Alessandria pp.197, 19 euro)

2011,

Javier Bardem raccontato non solo come il più importante attore spagnolo degli ultimi anni, ma dell'intera scena internazionale: «Quello che De Niro è stato per la generazione degli anni Settanta e Ottanta, Bardem lo è stato per gli anni Zero», dice l'autore, sottolineando «la puntualità con la quale si assume il rischio di ruoli estremi senza ricorrere all'ipergestualità o a qualsiasi tipo di scorciatoia atta ad accattivarsi i favori del pubblico». Il volume analizza la sua carriera, scandita da successi come Prosciutto prosciutto (1992), Carne tremula (1997), Mare dentro (2004), Non è un paese per vecchi (2007), ricordando anche i vari personaggi della famiglia Bardem: dal nonno materno Rafael (attivissimo caratterista) a sua moglie Matilde Munoz Sampedro (attrice, come le sorelle), dallo zio Juan Antonio (il più celebre di tutti) a sua sorella Pilar Bardem, madre appunto di Javier - il quale, non a caso, ha scelto il cognome della famiglia materna anziché quello del padre.

una volta in Italia - I filmati ≥ C'era di Marcella Pedone a cura di Luigi Boledi (Fondazione Cineteca Italiana, Milano 2012, pp.128, 20 euro) Partendo dai filmati di Marcella Pedone restaurati dalla Cineteca Italiana, viene ricostruita l'attività cinematografica della fotografa milanese che negli anni '50 aveva stabilito un accordo con la Ferrania: la ditta savonese forniva la pellicola, mentre Marcella Pedone viaggiava attraverso l'Italia a bordo della sua roulotte cercando in modo spesso avventuroso ambientazioni e manifestazioni pittoresche da filmare. Riprese così la Merca dei butteri maremmani, la mattanza di Mazara del Vallo e molti altri avvenimenti, in un misto di spirito autodidatta, puntiglio artigianale, intuizioni estetiche ed etnologiche. La crisi della Ferrania e l'anomalia dei lavori realizzati fecero sì che quei film non siano mai stati montati e proiettati per lo scopo promozionale per cui erano stati concepiti, ma oggi costituiscono un patrimonio archivistico di tutto interesse, testimonianze di un’Italia scomparsa. Al volume è allegato un dvd comprendente tra l'altro splendide riprese a colori sul Varo della Leonardo da Vinci (1958) a Sestri Ponente. Per informazioni: diffusioneculturale@cinetecamilano.it

& Generi 2012 a cura di Re≥ Cinema nato Venturelli (Le Mani, Recco 2012, pp. 146, 13 euro) Dal 2005, la pubblicazione Cinema & Generi riflette ogni anno sull'evoluzione del cinema di genere nelle cinematografie di tutto il mondo, aggiornando su tendenze e filoni, autori ed eventi con saggi di specialisti affermati. Quest'ottavo volume si apre su un'ampia intervista di Roberto Pisoni a J.J.Abrams, il regista di Super 8, che parla del suo rapporto con la fantascienza e con Spielberg, con gli effetti speciali e la televisione (è l'autore di Lost). Seguono saggi di Sergio Arecco su Ben Affleck e il noir, di Aldo Viganò sul western dell'ultimo decennio, e poi sui film americani inediti in Italia (Simone Emiliani), sul cinema liberal (Spiniello), la grande ondata di film apocalittici (Fontana), John Landis e l'horror (Lasagna), Todd Phillips e la commedia (Sozzo). Per quanto riguarda le ultime tendenze del cinema orientale, Stefano Locati aggiorna sulla fantascienza giapponese e il wuxia cinese nell'anno del Detective Dee di Tsui Hark. Per le serie tv, Giona A.Nazzaro analizza True Blood. Per la storia dei generi, un ampio saggio di Anton Giulio Mancino sui film di Elvis Presley e una rievocazione di Sidney Lumet, scomparso nel 2011. Con una sezione di cronache su festival, dvd, autori e film della stagione.


CAMOGLI RICORDA A LUGLIO IL REGISTA DI “LAURA NUDA” E “MIO MAO”

NICOLÒ FERRARI

Quando un cinema diverso è possibile [ di Renato Venturelli ]

E

RA PARTITO DALLA LIGURIA GIOVANISSIMO, PER ANDARE A ROMA A FARE CINEMA. E IL CINEMA, NICOLÒ FERRARI LO HA FATTO PER SESSANT'ANNI FILATI. HA DIRETTO DOCUMENTARI, HA REALIZZATO DUE LUNGOMETRAGGI, HA LAVORATO CON ROS-

SELLINI, ZAVATTINI E TANTI ALTRI AUTORI DEL MOMENTO D'ORO DEL CINEMA ITALIANO. FINO AGLI ULTIMI GIORNI DI VITA, CHE LO HANNO VISTO ANCORA IN PRIMA LINEA, FEDELE A QUELL'IDEA DI CINEMA FORTEMENTE ETICA CHE LO AVEVA SEMPRE GUIDATO.  Quest'estate, a luglio, Camogli lo ricorderà nel corso di una serata all'arena estiva. Nicolò Ferrari (Nicola per gli amici) era infatti un camoglino purosangue, nato nel 1928 da una famiglia tutta composta da gente di mare, capitani-armatori. Aveva studiato al liceo Doria di Genova, aveva fatto la Resistenza in Val Trebbia, aveva partecipato nel 1945 alla nascita del primo Film Club genovese. Finché, nel 1947, decise di trasferirsi a Roma insieme all'amico Enrico Rossetti, appena nominato segretario nazionale della Federazione dei Circoli del Cinema. Da lì comincia la sua storia di cineasta, destinata a durare oltre mezzo secolo. Lavora col produttore genovese Alfredo Guarini, quello di Le mura di Malapaga, che all'epoca è una figura centrale del cinema italiano. E' al fianco di Rossellini per l'episodio di Siamo donne e per Viaggio in Italia. Collabora spesso con Cesare Zavattini e con Romolo Marcellini, scrive varie sceneggiature, tra cui quelle per i peplum La vendetta di Ercole e Ercole alla conquista di Atlantide di Vittorio Cottafavi (con lo pseudonimo di Archibald Zounds jr.). Progetta in quel periodo anche diversi film d'ambientazione ligure: una versione della Bocca del lupo, da Remigio Zena, oppure una storia marinaresca per Guarini, ma nessuno di questi progetti va in porto. La grande occasione della carriera è costituita da Laura nuda, con cui nel 1961 esordisce nel lungometraggio. Un film ambizioso, che guarda alla società italiana dal punto di vista femminile, come si cominciava a fare con sempre maggiore insistenza in quegli anni. Un film "d'autore" che viene accolto dalla stampa come testimonianza di una Nouvelle Vague italiana, addirittura destinato a rappresentare l'Italia al festival di Cannes. Un film, però, che si scontra immediatamente con la censura, all'epoca ancora fortissima in Italia. Tutta colpa dell'argomento che affronta, oltre che del modo in cui lo racconta. GIorgia Moll vi in-

terpreta infatti una ragazza della buona borghesia soffocata dalle convenzioni di quella società perbenista cui vuole ribellarsi, ma di cui al tempo stesso fa parte. Finisce così per sposarsi controvoglia, abbandonandosi poi ad avventure autodistruttive, testimone delle ipocrisie di genitori, amiche, dello stesso marito. Lino Micciché lo definisce «uno dei più notevoli ritratti femminili del cinema italiano degli anni '60». Ma la censura non infierisce solo sui nudi e sulle avventure extraconiugali della protagonista: uno dei tagli richiesti riguarda infatti la scena in cui «Laura si confida con un'amica dicendole di temere che, sposando Franco, perderà la sua libertà», dove ad essere in ballo sono proprio i dubbi mossi all'istituzione matrimoniale. Rispondendo a un questionario di Film 1962, Ferrari dice: «Per ora mi piacerebbe raccontare storie di borghesi, solo perché mi sembra che dalla classe borghese sia ancora in gran parte condizionata la nostra società». Per vedere in sala un suo secondo film bisogna però aspettare nove anni: vale a dire fino all'uscita di Mio Mao - fatiche e avventure di alcuni giovani occidentali per introdurre il vizio in Cina (1970). Anche in questo caso siamo davanti alle inquietudini e alle contraddizioni giovanili, al rifiuto confuso della società da parte della nuova generazione. Solo che in meno di un decennio è radicalmente cambiato lo scenario sociale italiano, e con esso il modo di raccontarlo. Stavolta il protagonista si chiama Giuda, ed è un giovane rivoluzionario che trascina i suoi amici in un'impresa folle: recarsi in autostop in Cina per strappare la rivoluzione maoista al suo puritanesimo, introducendovi il vizio. «Aiuteremo tutti a scoprire e coltivare i loro vizi, così ognuno sarà veramente padrone di se stesso. La rivoluzione così sarà salva e potrà vincere anche in occidente» dice. Ma il viaggio si rivelerà catastrofico, i componenti del gruppo cederanno l'uno dopo l'altro,

lo stesso Giuda verrà respinto dalle Guardie Rosse appena mette piede in Cina. Alle forme più chiuse e rigorose di Laura nuda, film su una società soffocante e claustrofobica, Mio Mao contrappone una libertà narrativa e formale al passo coi tempi nuovi e una società smarrita. Ma qualcuno resta fin troppo frastornato, anche perché il racconto, più ancora che Laura nuda, ha un atteggiamento complesso nei confronti dei suoi personaggi velleitari, di comprensione e distacco critico al tempo stesso. E' un film sull'ideologia, ma non è un film ideologico: cosa sempre disorientante. Da allora, Ferrari non ha più realizzato lungometraggi di finzione. Resta però in gran parte da riscoprire la produzione di documentarista, che attraversa tutta la sua vita. A cominciare dagli anni '50: I bambini ci giuocano, prodotto da Zavattini e De Sica (1953), Uomini in più (1955), prodotto da Michelangelo Antonioni, Nell’Agro Pontino (1978), l'inchiesta tv Perché i vecchi non siano soli (1956) con una sequenza presso la Casa di Riposo per marinai di Camogli... E la Liguria? In un ricordo degli anni '80, Ferrari è piuttosto sarcastico: «Vivo a Roma, ma se cammino per strada a Parma o a Bologna e in altre città italiane e fuori d'Italia, incontro sempre qualcuno da salutare e tutt'e due abbiamo urgenza di parlare e stare insieme. A Genova no. Forse è colpa mia, attraverso le strade nelle ore sbagliate». Ma Genova tornerà prepotentemente con il G8 del 2001, quando Ferrari sarà tra gli autori di Un mondo diverso è possibile, ideato dall'amico Citto Maselli. Non a caso, un film collettivo di militanza e di resistenza morale, come tutto il suo lavoro degli ultimi anni: fino all'estremo Nella terza guerra mondiale contro i poveri (2006), film sulla marcia per la pace, raccontato tutto attraverso le immagini e montato quando già la malattia lo stava assediando. MAGGIO - AGOSTO 2012 FILM DOC

19


FESTIVAL DOC

LA TERZA EDIZIONE DEL FESTIVAL SI SVOLGERÀ AL SIVORI DAL 7 ALL’11 MAGGIO

Nuovo Cinema

EUROPA

Cinque giorni di film inediti in italia, in versione originale sottotitolata [ di Massimo Lechi ]

T

ORNANO LE ANTEPRIME DEL FESTIVAL NUOVO CINEMA EUROPA, E PER GENOVA SARÀ ANCORA UN MAGGIO ALL’INSEGNA DI INTERESSANTI PROPOSTE CINEMATOGRAFICHE. GIUNTA ALLA SUA TERZA EDIZIONE, LA MANIFESTAZIONE - ORGANIZ-

ZATA DALL’ASSOCIAZIONE CULTURALE PROFONDITÀ DI CAMPO PRESIEDUTA DA ANGELA FERRARI, INSIEME A CIRCUITO CINEMA GENOVA ED AGLI ISTITUTI DI CULTURA EUROPEI CONSENTIRÀ AL PUBBLICO GENOVESE DI SCOPRIRE TITOLI DIMENTICATI DAI DISTRIBUTORI ITALIANI, MA BEN ACCOLTI NEI PRINCIPALI FESTIVAL COMPETITIVI D’EUROPA NEL BIENNIO 2010/2011. CINQUE GIORNI, DAL 7 ALL’11 MAGGIO, AL CINEMA SIVORI, CON PROIEZIONI GRATUITE DI OPERE PRIME DI GRANDE RICHIAMO SIA PER LO ZOCCOLO DURO CINEFILO CITTADINO SIA PER CHI È IN CERCA DI SGUARDI NUOVI E NARRAZIONI INEDITE. E IL TUTTO, PER UNA VOLTA, RIGOROSAMENTE IN LINGUA ORIGINALE CON SOTTOTITOLI. Germania, Svizzera, Austria, Spagna, Francia e persino Liechtenstein e Lussemburgo: cinematografie in movimento i cui rappresentanti, selezionati dagli organizzatori per la loro capacità di mettere in evidenza tendenze ed estetiche contemporanee, si contenderanno inoltre i tre premi previsti dal concorso (del Pubblico, della Critica, della Giuria dei Giovani). Si parte lunedì 7 con 8 FOIS DEBOUT (8 volte in piedi), opera prima del romanziere francese Xabi Molia: un dramma metropolitano con Julie Gayet e Denis Podalydès, incentrato sulle difficoltà quotidiane di due precari destinati ad unire le forze per sopravvivere al disagio emotivo di chi, complice la crisi, fatica a trovare un posto dignitoso nella società. A seguire DIE UNSICHTBARE (L'invisibile) del tedesco Christian Schwochow, storia di una giovane attrice teatrale (Stine Fischer Christensen, premiata al festival di Karlovy Vary insieme al film) costretta a far emergere la propria parte oscura per dare vita, sulla scena, al personaggio di una pièce di cui è protagonista. Martedì 8 sarà interamente in lingua tedesca. A cominciare dallo svizzero SYLBERWALD (Foresta d’argento) di Christine Repond, racconto di innocenze perdute ambientato in un piccolo villaggio, dove un gruppo di ragazzi dediti alla violenza gratuita si unisce agli skinhead locali con tragiche conseguenze. ATMEN, invece, ci porta in Austria ed è tra i titoli più attesi: esordio

dietro la macchina da presa di Karl Markovics (lo Stockinger de Il commissario Rex) premiato alla Quinzaine des Réalizateurs di Cannes 2011 e al festival di Bari, il film narra il lento ritorno alla vita di un giovane (Thomas Schubert) prossimo ad uscire dal carcere minorile ma ancora incapace di socializzare e relazionarsi con la realtà esterna. Mercoledì 9 apertura affidata ad una tavola rotonda sul rapporto tra settima arte e architettura, al termine della quale verranno proiettati TODOS VÓS SODES CAPITÁNS (Tutti voi siete capitani) e LE S E N T I MENT DE LA CHAIR (Il sentimento della carne). Nel primo, produzione spagnola guidata dal filmmaker galiziano Oliver Laxe, un regista dai metodi poco ortodossi si inimica i ragazzi di un centro di accoglienza a Tangeri, Marocco, dove sta preparando un film; nel secondo, diretto dall’italiano naturalizzato francese Roberto Garzelli e presentato con buon successo di critica al Festival di Roma 2010, una studentessa di anatomia (Annabelle Hettman) ed un professore di radiologia (Thibault Vinçon) intrecciano uno strano menage ferreriano basato sulla comune ossessione per il corpo e le sue forme interne. Giovedì 10 la giornata più intensa, con ben tre pellicole: HEINRICH KIEBER – DATENDIEB (Heinrich Kieber – Ladro di dati), documentario di Sebastian Frommelt e Sigvard Wohlwend targato Liechtenstein, in cui si ricostruisce la vicenda realmente accaduta del

piccolo contabile tramutatosi in un Robin Hood che, nel paradiso fiscale del centro Europa, vende dati segreti alle autorità fiscali di mezzo mondo; DIE FARBE DES OZEANS (Il colore dell'oceano) della tedesca Maggie Peren, storia di Nathalie (Sabine Timoteo), che durante una vacanza alle Canarie assiste alla sbarco di alcuni clandestini e decide di aiutarne due – madre e figlio – a fuggire sul continente; e infine lo svizzero LA PETITE CHAMBRE (La piccola camera) di Stéphanie Chuat e Véronique Reymond, con il grande Michel Bouquet impegnato nel ruolo di un anziano cardiopatico determinato a non rassegnarsi alla convivenza forzata con l’infermiera che deve accudirlo (Florence Loiret Caille). Gran finale poi venerdì 11, con la premiazione preceduta da PASTA NERA, l’ultimo documentario di Alessandro Piva, regista del piccolo cult LaCapaGira qui impegnato a ricostruire attraverso i materiale d’archivio dell’Istituto Luce il percorso dei treni organizzati dal vecchio PCI per portare al Nord i bambini meridionali nell’immediato dopoguerra. Un programma ricco e articolato, dunque; una panoramica sulle nuove leve europee in cerca di affermazione, tra sprezzature stilistiche e temi d’attualità stringente. Appuntamento al Sivori, dal 7 maggio.

Guarda il calendario dettagliato nei programmi a pag. 24


In programma film rari, B-movie anni’50, titoli introvabili di DeToth, Siodmak, Karlson, Siegel, Fuller, Castle ...

P

ICCOLI E GRANDI NOIR, oscuri B-movie dimenticati, polizieschi che non passano mai in  televisione...  La  mitica  stagione  del  noir classico continua a rivelare centinaia di tesori nascosti per chiunque sappia guardare dentro alla sterminata produzione degli anni '40 e '50.  L'estate scorsa, la Cinémathèque parigina ha dato il via ai recuperi realizzando una grande rassegna estiva chiamata "Perles noires": un titolo immediatamente ripreso dalla rivista catalana Dirigido por, con una serie di "speciali" sui B-noir noti soltanto entro una cerchia ristretta di addetti ai lavori. E adesso, tra giugno e luglio, anche il cinema America di Genova e la Cineteca D.W.Griffith si gettano nella mischia proponendo una serie di "perle noir" da riscoprire,  tutte  rigorosamente  in  pellicola, scelte tra quelle che è ben difficile vedere altrove.  In testa mettiamo subito tre titoli cult. Il primo è TRAGEDIA A SANTA MONICA (1948) del grande misconosciuto Andre De Toth, regista di origine ungherese  che in Francia è celebrato da anni ma in Italia continua  ad  essere quasi  ignorato. Dick  Powell  vi interpreta  un tranquillo agente delle assicurazioni  che si lascia tentare dalla  bionda  Lizabeth  Scott,  iniziando  una  relazione che lo mette nei guai. Come tutti i film di genere  americani,  anche  Tragedia a Santa Monica è un'opera stratificata che si può leggere a tanti livelli: è un film criminale, ma è anche un film sulla famiglia, sull'America profonda, sulla banalità del Sogno Americano, con tanto di (bel) finale aperto su un senso di amarezza e di sconfitta... Essere sempre qualcos'altro, o tante altre cose insieme, è del resto la caratteristica fondamentale del cinema di genere classico: tutti i migliori polizieschi, western, commedie e via elencando vanno sempre al di là di quelli che la critica più frettolosa definisce "i confini del genere" (quali mai saranno?). Un altro titolo pochissimo visto e da recuperare è I FRATELLI RICO (1957) con Richard Conte, trasposizione di un romanzo americano di Simenon firmata Phil Karlson. La vicenda riguarda un exdelinquente  che  di  colpo  si  trova  risucchiato  in quell'universo criminale che credeva di essersi lasciato alle spalle per sempre.  E  il  film  è  realizzato senza quell'aggressività visiva che Karlson aveva esibito  nei  suoi  noir  più famosi degli anni '50: esaltato  da  critici  americani come Andrew Sarris o Jack Shadoian,  stroncato  dai francesi per il "tradimento" di Simenon, è soprattutto un film importante che in

CLASSICI DOC

GIUGNO E LUGLIO ALL'INSEGNA DI CLASSICI DA RISCOPRIRE. ALL'AMERICA DI GENOVA.

Perle Noir Italia non si vede in sala da decenni! Il terzo titolo da non perdere è un grande gangster film a basso costo e ad alta qualità: LA LEGGE DEL MITRA (1958) di Roger Corman, con Charles Bronson nel ruolo di Machine-Gun-Kelly, ferocissimo criminale  terrorizzato  dalla morte, succube di un'amante castratrice  che  proietta  la  vicenda negli abissi delle letture psicanalitiche. Un B-movie rapido e brutale, stilisticamente libero  e  delirante  come  un esempio  di  "nouvelle  vague" calata nella logica dell'exploitation: un film AIP dove i luoghi comuni del genere vengono trattati in modo iperbolico e Charles Bronson, fino ad allora ruvida faccia da caratterista, ha il primo grande ruolo da protagonista della sua carriera.  Ma non è finita. La rassegna dell'America ci ricorda anche un grande regista di noir classici come Robert Siodmak attraverso un titolo piuttosto raro: VACANZE A NATALE (1944), curiosamente interpretato da due attori anomali  per  il  genere  come Gene  Kelly  e  la  lagnosa Deanne Durbin. Il loro matrimonio a tinte noir è raccontato in flashback, e una delle  scene  culminanti ruota  attorno  alle  tipiche scale noir di Siodmak: con una madre che le sale per andare  a  cucire  il  bottino del  figlio  criminale  nelle tende del salotto buono! Per tutti i fan di William Castle, il futuro Hitchcock dei poveri e re dei gimnick, il produttore di La signora di Shanghai e Rosemary's Baby, c'è poi un'accoppiata di piccoli noir realizzati quando era appena passato dalla Columbia alla Universal.  Chicago, bolgia infernale (1949) è una sorta di thriller hitchcockiano, in cui un ex-giocatore d'azzardo torna nella sua Chicago per sposarsi,  ma  viene  subito  incastrato  da  una  falsa accusa di omicidio.  I misteri di Hollywood (1951) riguarda invece un produttore deciso a realizzare una pellicola sull'omicidio irrisolto di un regista del muto, provocando così la reazione dei responsabili: un thriller che anticipa la futura vocazione metacinematografica di Castle, e che non a caso era uno dei suoi film prediletti. Infine, due autentici B-movie anni '50, di quelli che quasi nessuno ha visto e di cui quasi nessuno parla. Furia omicida di Franklin Adreon (1956, Republic) ha per protagonista un uomo  costretto ad unirsi a una banda di rapinatori; Cittadino dannato di Robert Gordon (1958, Universal) rievoca invece la storia -vera! - di un colonnello dell'esercito mandato a fare il sovrintendente di polizia in Louisiana per riportare l'ordine con i suoi metodi militari.  Ma nell'ambito delle "perle noir" possiamo far

rientrare  anche  due capolavori riproposti all'America  e  partecipi di una più generale  atmosfera  noir. Uno è il gelido Occhi senza volto (1960) di Georges Franju, dove un  chirurgo  sprofonda nella follia per tentare di ricostruire il volto  della  figlia  sfigurata: un titolo assolutamente  "cult",  cui ha  reso  abbondante omaggio Pedro Almodovar nel suo ultimo film, La piel que habito. E l'altro è L'invasione degli ultracorpi (1958) di Don Siegel, dove una tranquilla cittadina della provincia Usa viene a poco a poco  invasa da  alieni  che si  installano nel corpo dei suoi  abitanti. E'  un  grande classico  della fantascienza, che  testimonia  anche come le angosce  noir  dell'America  anni  '50  si  stessero  in  quel  periodo trasferendo nel genere fantascientifico alla moda. Insieme a Radiazione BX distruzione uomo, è uno dei capolavori della fantascienza noir: assolutamente da rivedere in sala. (Renato Venturelli)

DA ANTONIONI A FULLER, ANCHE I FILM DEI CENTENARI

O

LTRE ALLE PERLE NOIR, la rassegna estiva dell'America e della Cineteca D.W.Griffith comprende anche una serie di omaggi a registi di cui ricorre quest'anno il centenario della nascita. Si vedranno così La notte (1961) di Michelangelo Antonioni, il raro western di Sam Fuller Il barone dell'Arizona (1950, con Vincent Price!), La fossa dei disperati (1958) di Georges Franju, amatissimo da Godard: senza contare che anche Andre De Toth (Tragedia a Santa Monica) e Don Siegel (L'invasione degli ultracorpi) erano nati nel 1912.

MAGGIO - AGOSTO 2012 FILM DOC

21


LIGURIA D’ESSAI

Incontro con lo sceneggiatore e regista Ivan Cotroneo, ospite della rassegna Stracult al Nuovo di La Spezia

[ di Antonella Pina ]

A

LLA TERZA EDIZIONE DELLA RASSEGNA STRACULT ALLA SPEZIA, ORGANIZZATA DAL CINEMA IL NUOVO E DEDICATA QUEST’ANNO AGLI ANNI ’70, ABBIAMO INCONTRATO IVAN COTRONEO VENUTO A PRESENTARE IL SUO PRIMO FILM, LA KRYPTONITE NELLA BORSA. LA KRYPTONITE VIENE DAL PIANETA KRYPTON ED È UNA SOSTANZA MOLTO PERICOLOSA, SOPRATTUTTO QUELLA VERDE. E’ LA SOLA COSA TEMUTA DA SUPERMAN. Prima di girare questo film sei stato uno sceneggiatore, rappresenti quindi uno di quei casi fortunati e rari in cui uno sceneggiatore ha la possibilità di dirigere il proprio film. Il tuo poi è un caso rarissimo perché sei anche l’autore del libro da cui il film è tratto. Immagino sia stata un’esperienza molto bella. «Sì, un’esperienza bellissima. Ho fatto lo sceneggiatore per anni, anche se il mio primo lavoro,  terminati  gli  studi  di  sceneggiatura  al Centro Sperimentale di Cinematografia, è stato quello di assistente alla regia. Erano i primi film di Pappi Corsicato, Libera e Buchi Neri. Poi ho iniziato a scrivere sceneggiature, ma  ho sempre avuto la passione per il set. Ero  molto contento quando scrivevo per registi che mi coinvolgevano nel loro lavoro, pensando che lo sceneggiatore potesse essere utile anche sul set. Mi è capitato con Milani, con Maria Sole Tognazzi, con  Ozpetek.    Mine Vaganti è  stata  l’ultima grande avventura che ho affrontato come sceneggiatore prima di dedicarmi al mio film.  Mi piace pensare che continuerò a scrivere sceneggiature, ma non vedo l’ora di tornare sul set. L’opportunità di girare questo film mi è stata data  dai  produttori  Francesca  Cima  e  Nicola Giuliano. Avevano letto il mio libro e pensavano che ci fosse del buon materiale per un film ma non sapevano quale regista chiamare. Nel frattempo mi avevano coinvolto come sceneggiatore. Durante le riunioni, anziché limitarmi a discutere  con  loro  l’aspetto  narrativo,  facevo mille osservazioni sugli  anni ’70: la musica, i colori, i vestiti. Parlavo di dettagli apparentemente insignificanti come i pantaloni con l’orlo di un colore diverso, meno sbiadito, perché venivano allungati continuamente. Si cresceva in

fretta e poi si passavano da un cugino all’altro. Così un giorno mi hanno detto: non troveremo mai un regista attento a tutto questo, perché il film non lo dirigi tu? Il fatto che fosse un mio romanzo poteva essere una forza: racconto una storia parzialmente autobiografica, racconto la Napoli degli anni ’70 che ho vissuto. Ma poteva anche essere una debolezza: l’entusiasmo può renderti cieco. Io non sono un fan del cinema ombelicale,  quando  racconto  una  storia  mi chiedo sempre se sia sufficientemente interessante per gli altri. Ho accettato, ma ho chiesto l’aiuto di due sceneggiatrici che conoscevo e stimavo,  due  donne  non  napoletane,  non  coinvolte nella storia: Monica Rametta  e Ludovica Rampoldi». Com’è lavorare con un attore che deve interpretare un personaggio a cui tu hai già dato vita? Lo scrittore teme il lavoro dell’attore? «No, io sono un fan del lavoro degli attori. Nonostante il film abbia avuto una lunga preparazione e le scene siano state provate molte volte, quando gli attori le facevano mentre la macchina da presa girava, accadeva una sorta di magia. Pur tenendo conto delle prove, ciò che si concretizzava era qualcosa di diverso, magari una luce che passa nello sguardo, piccole cose, ma irripetibili. Forse il mio entusiasmo per il loro lavoro dipende dal fatto che prima di essere uno scrittore sono uno sceneggiatore e quando qualcuno mette in scena una cosa che ho scritto, mi aspetto un cambiamento, un’emozione diversa che non  trovo sulla carta. Quel qualcosa di imponderabile che accade sul set non lo temevo  da  sceneggiatore  e  non  l’ho  temuto  da scrittore. Anzi, è una delle ragioni per cui desidero tornare sul set».

Foto: Flavio Musca

La kryptonite sullo schermo

Napoli nel tuo film sembra un luogo bello in cui vivere. E’ ancora così? «Ho trascorso l’infanzia a Napoli con i miei giovani zii, come Peppino, il personaggio del film.Poi crescendo il rapporto si è fatto conflittuale e negli anni  ’90 sono andato a Roma per studiare sceneggiatura. Quando sono tornato, prima per scrivere il libro e poi per girare il film, mi sono riconciliato con la città. Certo, quella del film è una Napoli sognata, vista attraverso gli occhi di un bambino». La musica ha un ruolo importante nel tuo film. Pensi anche tu come Truffaut che “le canzoni dicono la verità. E più sono stupide più sono vere? «Sì. Assolutamente sì. Ascolto molta musica e capita spesso che un mio sentimento, di allegria, di tristezza o di disperazione, lo ritrovi raccontato dalle parole di una canzone. Quando la protagonista del film scopre di essere stata tradita dal marito, ho messo come colonna sonora del suo dolore una canzone di Mina non molto conosciuta, Quando ero piccola, perché il testo racconta meglio di qualunque dialogo ciò che lei prova in quel momento». Il messaggio del tuo film è: scopri chi sei e vivi la tua vita, al di là del buon senso e del pregiudizio. Non temere la tua “diversità”, né il giudizio degli altri. Non temere nulla se non la kryptonite. «Sì, proprio così». Hai un progetto per il futuro? «Tornerò sul set con una storia nuova a cui sto pensando,  un  mio  soggetto.  I  produttori  saranno gli stessi e sarà un film sulla contemporaneità».

FESTIVAL E APPUNTAMENTI DOC IN LIGURIA AGAVE A SCIALLA!

WORKSHOP DI STEFANO SAVONA

DEFRAG: CINEMA, CIBO E VIAGGI

Il film Scialla! di Francesco Bruni ha vinto l'edizone 2012 dell'Agave di Cristallo, la manifestazione che si tiene ogni anno a Lerici per premiare il film della stagione con i migliori dialoghi. Scialla! ha avuto la meglio sugli altri due finalisti, La kryptonite nella borsa e This Must Be the Place, mentre il film straniero dai migliori dialoghi è risultato Beaver di Jodie Foster. La giuria presieduta da Valerio Caprara ha premiato con una menzione anche Posti in piedi in Paradiso di Carlo Verdone (migliori dialoghi comici), mentre un riconoscimento è andato a Carlo Delle Piane e a Giorgio Pasotti per "aver valorizzato la cine-letterarietà". La premiazione si è svolta il 21 aprile all'Astoria di Lerici.

Si svolgerà a Monterosso al Mare dal 29 maggio al 3 giugno un workshop con Stefano Savona dedicato al documentario. Durante i giorni del workshop, consigliato a chi dispone di attrezzature audio-video, i partecipanti gireranno brevi lavori dedicati a Monterosso e alla recente alluvione. Nato a Palermo nel 1969, formatosi come studioso di archeologia e di antropologia, Savona è uno dei migliori documentaristi italiani, autore di Primavera in Kurdistan (2006), Piombo fuso (2009, Premio Speciale della Giuria a Locarno), Palazzo delle Aquile (2010, Grand Prix al Cinéma du réel), Tahrir (2011). Per informazioni, rivolgersi al Laboratorio Probabile Bellamy: www.laboratorioprobabile.it. -

E' partito da Imperia e attraverserà tutta la Liguria "Defrag - Appunti di viaggio", serie di incontri su cinema, musica, arte, alimentazione. Giovedì 31 maggio Defrag tocca il Nuovo Filmstudio di Savona: si comincia alle 18.30 con la proiezione di Finché penso vivo, La storia di Marina, la vera principessa sul pisello, il film di Cinzia Bassani dedicato a Marina Garaventa, e si prosegue con un'apericena, un colloquio su salute e viaggio, un concerto del trio MalAcorda. Lo schema proseguirà nelle tappe successive a Bonassola (17/6), Bordighera (22/7), Cervo (4/8), Sestri Levante (22/8), Lerici (1/9), con puntate a Pisa e in Piemonte. A cura di Thesis e Lamaca Gioconda.

22

FILM DOC MAGGIO - AGOSTO 2012


I PROGRAMMI DEI CINEMA DOC in LIGURIA

GENOVA e PROVINCIA CLUB AMICI DEL CINEMA - Tel. 010. 413838 c/o Cinema Don Bosco - Via C.Rolando, 15 16151 Genova - Sampierdarena www.clubamicidelcinema.it - amicicinema@gmail.com Orari:

feriali: Unico spett. sabato: domenica e festivi: (da dom 27 /05/22012

ore 21,00 ore 15,30 - 21,00 ore 18,30 - 21,00 ore 15,30- 18,30 - 21,00)

Martedì 1 e mercoledì 2 MAGGIO

Martedì 15

POSTI IN PIEDI IN PARADISO

I COLORI DELLA PASSIONE

di Carlo Verdone con Marco Giallini, Carlo Verdone, Pierfrancesco Favino, Micaela Ramazzotti, Italia 2012, 119’. Verdone affronta un tema molto attuale, quello dei mariti separati o divorziati che diventano nuovi poveri per pagare alimenti a ex mogli e figli, mescolando dramma e ironia. Tre padri separati dividono un appartamento per ridurre le spese, ma la convivenza non è semplice. L’aiuto decisivo arriva dai loro figli.

Da giovedì 3 a martedì 8

QUASI AMICI

di Olivier Nakache, Eric Toledano con François Cluzet, Omar Sy, Audrey Fleurot, Francia 2011, 112’. Il film che ha polverizzato tutti i record di incassi in Francia . Un aristocratico paraplegico non sopporta la pietà politically correct che lo circonda, e assume come assistente un ragazzotto che viene da un quartiere popolare, è reduce da sei mesi di prigione, ma ha il pregio di chiamare le cose con il loro nome. I conflitti iniziali si trasformano in accettazione reciproca – o amicizia?

martedì 8 - Prima del film: Proiezione /trailer del doc ALL’OMBRA DEL PORTO di Serena Gargani, in collaborazione con l’associazione “3 Febbrario”

Mercoledì 9 e giovedì 10

IL BUONO, IL MATTO, IL CATTIVO di Kim Jee-woon con Kang-ho Song, Byung-hun Lee, Woo-sung Jung, Corea del Sud 2008, 139 . Quando Quentin Tarantino incontra Sergio Leone: nella Manciuria degli anni ’40 un ladro, un bandito e un cacciatore di taglie sono alla ricerca di un favoloso tesoro, braccati dall’esercito giapponese di occupazione e da criminali cinesi. • Prima Visione•

Venerdì 11

LA SIGNORA DELLA PORTA ACCANTO di François Truffaut con Fanny Ardant,Gérard Depardieu, Henry Garcin, Francia 1981, 106’. Protagonisti in passato di una burrascosa relazione e ora entrambi felicemente sposati, Bernard e Mathilde si ritrovano ad essere vicini di casa, e la passione si riaccende. Film hitchcockiano con tocchi umoristici e svolte inaspettate, in cui i temi sono la colpa, l’eros e le terribili conseguenze di una “piccola” trasgressione. • In collaborazione con la “Cineteca Griffith”

Da sabato 12 a lunedì 14

PIRATI! BRIGANTI DA STRAPAZZO di Peter Lord e Jeff Newitt, (voci originali Hugh Grant, Selma Hayek; voci italiane Christian De Sica e Luciana Litizzetto), GB/USA 2012, 88’. Sapiente fusione di computer grafica e stop motion per raccontare la storia di Capitan Pirata e della sua esilarante e sgangherata ciurma. Vorrebbe vincere il premio di Pirata dell’Anno, ma deve vedersela con rivali, mostri marini, e soprattutto con la fredda Londra vittoriana. E la Regina Vittoria non ama i pirati.

di Lech Majewski con Rutger Hauer, Charlotte Rampling, Michael York, Polonia 2011, 97’. Lech Majewski, nome importante della video art, entra in un capolavoro della pittura fiamminga, La salita al calvario di Pietre Bruegel, ed il quadro si anima. Sfruttando i prodigi della computer grafica le figure che popolano il dipinto prendono vita e svelano il motivo per cui il pittore ha fissati sulla tela e ha reso immortali i frammenti della loro esistenza.

Da mercoledì 16 a venerdì 18

17 RAGAZZE di Delphine e Muriel Coulin con Louise Grinberg, Juliette Darche, Roxane Duran, Francia 2011, 90’. Un fatto realmente accaduto in America e ambientato in una desolata cittadina francese: diciassette liceali che decidono di rimanere incinte nello stesso momento, all’insegna della solidarietà, dell’empatia, di una diversa collettività e del rifiuto del grigiore della vita degli adulti. Premio speciale della giuria a Torino 2011.

Da sabato 19 a martedì 22

THE LADY di Luc Besson con Michelle Yeoh, David Thewliss, Francia/GB 2011, 132’. Biografia dell’”orchidea d’acciaio” Aung San Suu Kyi, l’attivista birmana Nobel per la Pace 1991, e della sua lotta in nome della non violenza e dei diritti umani contro la dittatura militare. A fianco dell’impegno politico e delle lunghe detenzioni anche il dramma personale della lontananza dal marito malato e dai figli.

deltà e premura, a tre generazioni della sua famiglia si trasforma in una dedizione filiale e nella consapevolezza di quanto la sua discreta presenza abbia significato per lui. Coppa Volpi per Deanie Yip a Venezia 2011.

di Castel Volturno, dove in mancanza di un lavoro l’unica alternativa è tra lo sfruttamento e il crimine, e può concludersi in una strage, come accadde il 18 settembre del 2008. Premio Opera Prima a Venezia 2011.

Da sabato 2 a martedì 5

Da sabato 16 a martedì 19

IL MIO MIGLIORE INCUBO!

di Anne Fontaine con Isabelle Huppert, Benoit Poelvoorde, André Dussolier, Francia 2011, 103’. Inaspettato incontro tra due tipi sociali diametralmente opposti : lei è la ricca e sofisticata direttrice di una galleria d’arte, sposata con un editore. L’arrivo di Patrick, un manovale sbracato e precario, porta lo scompiglio nel già traballante matrimonio e dà il via a una girandola di eventi di imprevedibile comicità. Una sorprendente Huppert (per una volta) in un ruolo brillante.

PICCOLE BUGIE TRA AMICI

Da mercoledì 6 a venerdì 8

Da mercoledì 20 a venerdì 22

MARE CHIUSO

COSA PIOVE DAL CIELO?

di Stefano Liberti, Andrea Segre, Italia 2012, 63’. Tra maggio 2009 e settembre 2010 oltre duemila migranti africani intercettati nelle acque del Mediterraneo vennero respinti in Libia, sottoposti a innumerevoli forme di abusi e di violenze e poi destinati alla detenzione. Nel documentario di Segre (Io sono Li), raccontano cosa vuol dire essere respinti: racconti di grande dolore e dignità, ricostruiti con precisione e consapevolezza, testimonianze dirette di una strategia politica per la quale l'Italia è stata recentemente condannata dalla Corte Europea per i Diritti Umani. • Prima Visione • In collaborazione con “Music for Peace- Che Festival” e “ Centro delle Culture”

Da sabato 9 a martedì 12

POLLO ALLE PRUGNE

di Marjane Satrapi, Vincent Paronnaud con Mathieu Amalric, Golshifteh Farahani, Maria de Madeiros, Francia/Germania/Belgio 2011, 93’. Si parte da un racconto grafico della Satrapi (autrice di Persepolis) per seguire il viaggio di un violinista alla ricerca dello strumento perfetto, senza il quale non potrà più suonare una nota, dopo che il suo violino è stato distrutto dalla moglie, sposata in luogo della donna che amava. Il rifiuto di suonare come metafora della situazione politica iraniana, che condanna al silenzio l’arte e il pensiero.

Da mercoledì 23 a venerdì 25

Da mercoledì 13 a venerdì 15

POETRY

"LA RETE DEGLI SPETTATORI -100 AUTORI"

di Lee Chang-dong con Yoon Jeong-hee, Ahn Nae-sang, Corea del Sud, 2010, 139’. Mija ha 66 anni e un principio di Alzheimer, e un nipote coinvolto in uno stupro di branco. Ma non rinuncia, proprio ora che rischia di perdere la memoria, a intuire la bellezza di quel che osserva e a confrontarsi con il lato oscuro del mondo che la circonda. Premio migliore sceneggiatura a Cannes 2010.

Da sabato 26 a martedì 29

ROMANZO DI UNA STRAGE di Marco Tullio Giordana con Valerio Mastandrea, Pierfrancesco Favino, Michela Cescon, Italia 2012, 129’. Dopo I cento passi e La meglio gioventù, Giordana si misura con l’attentato di piazza Fontana, la strage di stato che diede il via alla strategia della tensione e a una lunga stagione di torbidi depistaggi. Un film rigoroso e avvincente sui protagonisti, una accorata denuncia della mancanza di una memoria storica che a 42 anni di distanza lascia impuniti i mandanti e inascoltate le vittime. Da mercoledì 30 a venerdì 1 GIUGNO

A SIMPLE LIFE

di Ann Hui con Andie Lau, Deanie Yip, Tsui Hark, Hong Kong 2011, 118’. La vecchiaia, l’assenza, la morte in un affresco delicato e struggente. Il debito di riconoscenza che lega un produttore di successo all’anziana domestica che ha dedicato sessant’anni di vita, con fe-

LA-BAS - EDUCAZIONE CRIMINALE di Guido Lombardi con Kader Alassane, Moussa Mone, Esther Elisha, Italia 2011, 100’. “Là-bas”, laggiù, per gli africani è l’Europa, la terra della speranza o della disperazione. L’apprendistato criminale è quello di Yssouf e dei clandestini

di Guillaume Canet con François Cluzet, Benoit Magimel, Marion Cotillard, Jean Dujardin, Francia 2010, 154’. Incomprensioni, nevrosi e piccole bugie nascoste da tempo vengono a galla nel corso della consueta vacanza estiva di un gruppo di amici parigini, ben decisi a schivare l’insostenibile confronto con i propri segreti mai svelati. Anche l’amicizia ha le sue ambiguità, e si può passare dal riso al pianto sul sottofondo di una playlist dei brani più famosi degli ultimi quarant’anni. di Sebastian Borensztein con Ricardo Darin, Ignacio Huang, Muriel Santa Ana, Argentina/Spagna 2011, 93’. Piovono mucche. Collezionare notizie assurde come questa è l’unico passatempo nella monotona routine di un cinquantenne tutto casa e bottega, che un giorno si vede “piovere” in casa un cinese solo come lui. Con irresistibile umorismo e siparietti surreali, il film è una brillante parabola sull’universale bisogno dell’altro. Miglior film aL Festival di Roma 2011.

Da sabato 23 a martedì 26

DIAZ di Daniele Vicari con Elio Germano, Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich, Renato Scarpa, Francia/Italia/Romania 2012, 127’. Un film duro, la documentazione appassionata ma oggettiva della mattanza consumata a Genova la notte del 20 luglio 2001, quando i destini dei protagonisti si incrociarono in una esperienza allucinante. La forza delle immagini ricostruisce l’incubo delle violenze perpetrate,per far entrare nella memoria collettiva lo sgomento e l’orrore di quella notte. E’ successo, può succedere ancora?

Da mercoledì 27 a venerdì 29

IL CASTELLO NEL CIELO

di Hayao Miyazaki , Giappone 1986, 124’. A 26 anni dalla sua uscita in Giappone, arriva in Italia uno dei più emozionanti film d’animazione del maestro Miyazaki. Tutti vogliono catturare Sheeta per impadronirsi del ciondolo che la ragazzina porta al collo, chiave per Laputa, una misteriosa città nel cielo di cui si favoleggia. Solo il giovane minatore Pazu è disposto ad aiutarla a sfuggire ai suoi nemici per tornare a Laputa.

Da sab 30 giugno a mar 03 luglio

Film a sorpresa

FESTIVAL INTERNAZIONALE DI POESIA - GENOVA

LEZIONI DI CINEMA CENTRO CIVICO BURANELLO

POEVISIONI 2012

MEDIATECA DI SAMPIERDARENA

CLUB AMICI DEL CINEMA 12-13-14 giugno | ore 18 MICROCOSMI CASE CHE RESISTONO, 45', di Maurizio Fantoni Minnella (Italia, 2012) NELLA KASBAH-SUITE D’ALGERI LA CITTA’ BIANCA, 60’ di Maurizio Fantoni Minnella (Italia, 2011) CINEMA DEI POPOLI SENZA TERRA BISQUILET (BICYCLE), 18' di Serhat Karaaslan (Kurdistan, 2010) DA QUANDO TE NE SEI ANDATO, 58', di Mohamad Bakri (Palestina, 2005) BAWKE, 16’ di Hisham Zaman (Norvegia, 2005) CINEMA TOTALE QUIJOTE, 75', di Mimmo Paladino (Italia, 2006)

3-10-17-24-31 maggio | ore 17,30

FRANÇOIS TRUFFAUT

IN BIANCO & NERO


I PROGRAMMI DEI CINEMA DOC in LIGURIA

Cineforum Genovese

CINEMA CITY - Tel 010 58 32 61

c/o Cinema America - Via Colombo, 11 16121 - Genova - Tel.010 5959146 www.cineforumgenovese.it

Via XXV Aprile - Genova - www. circuitocinemagenova.it Orari: al lunedì e al giovedì ore 15,30 - 18 - 21,15 Ingresso: Euro 6,00; ridotto Many Movies Gold Euro 5,00

Orari: ore 15,15 - 17,30 - 21,15 Le proiezioni sono riservate esclusivamente ai Soci muniti di tessera. Martedì 15 Maggio

7 e 10 MAGGIO 2012

21 / 24 maggio

SORELLE MAI di Marco Bellocchio

EXTREMELY LOUD AND INCREDIBLY CLOSE di Stephen Daldry con Tom Hanks, Thomas Horn, Sandra Bullock, Drammatico, U.S.A., 2011, 129’

BEL AMI di Declan Donnellan, Nick Ormerod, con Robert Pattinson, Uma Thurman, Kristin Scott Thomas, Christina Ricci, Drammatico, Sentimentale, Gran Bretagna, Italia, 2012, 102’

14 / 17 maggio

28 / 31 maggio

con Pier Giorgio Bellocchio, Elena Bellocchio, Donatella Finocchiaro, Letizia Bellocchio 105’ Italia, 2010

Martedì 22 Maggio Martedì 8 Maggio

NEL NOME DEL PADRE di Marco Bellocchio con Aldo Sassi, Ghigo Alberani, Laura Betti, Lou Castel, Piero Vida, Renato Scarpa, Yves Beneyton 90’ Italia, 1972

Film in lingua originale con sottotitoli in italiano

Evento Speciale (fuori programma) (accesso per i Soci fino ad esaurimento dei posti disponibili)

CINECLUB NICKELODEON - Tel. 010 589640

MIRROR MIRROR

di Tarsem Singh, con Lily Collins, Julia Roberts, Armie Hammer, Nathan Lane, Sean Bean, Fantastico, U.S.A., 2012, 105'

DARK SHADOWS di Tim Burton con Johnny Depp, Jackie Earle Haley, Eva Green, Helena Bonham Carter Drammatico, Mistero, U.S.A, 2012,

CINEMA MIGNON - Tel. 0185309694

Via Consolazione, 1 - 16121 Genova e-mail: info@cineclubnickelodeon.it

Via Martiri della Liberazione, 131 – CHIAVARI (GE) e-mail: cinemamignon@msn.com

Orari: venerdì e domenica ore 16,00 e 21,15; sabato e feriali: unico spettacolo ore 21,15

Orari: ore 16,00 – 21,15

Ven 4 - Sab 5 - Dom 6 - Mer 9 Gio 10 maggio

Ven 1 - Sab 2 - Dom 3 - Mer 6 Gio 7 giugno

MAGNIFICA PRESENZA di Ferzan

BIANCANEVE di Tarsem Singh con

Ozpetek con Elio Germano, Margherita Buy, Vittoria Puccini Italia 2012

Julia Roberts, Armie Hammer Usa 2011 105’

Ven 11- Sab 12- Dom 13 - Mer 16 Gio 17 maggio

Ven 8 - Sab 9 - Dom 10 - Mer 13 Gio 14 maggio

WAR HORSE di Steven Spielberg

A SIMPLE LIFE di Ann Hui con Andy

con Jeremy Irvine, Emily Watson - Usa, 2012 146'

Ven 18 - Sab 19 - Dom 20 - Mer 23 Gio 24 maggio

POSTI IN PIEDI IN PARADISO di

Lau, Denaie Ip

Hong Kong 2011, 117’

Ven 8 - Sab 9 - Dom 10 - Mer 13 Gio 14 maggio

TO ROME WITH LOVE di Woody Allen con Alec Baldwin, Roberto Benigni, W. Allen Usa-Italia-Spagna 2012, 111’

Mercoledì 02 Maggio

Martedì 29 e mercoledì 30 Maggio

" Omaggio al Cinema Francese”

" Il grande cinema angloamericano”

POLISSE di Maiwenn Le Besco con

WAR HORSE

Maiwenn Le Besco, Joey Starr Francia, 2011 -127'

di Steven Spielberg con Jeremy Irvine, Emily Watson - Usa, 2012 - 146'

Martedì 8 e mercoledì 9 Maggio

Martedì 5 e mercoledì 6 Giugno

" Il grande cinema angloamericano”

" Il grande cinema angloamericano”

LA CHIAVE DI SARA

di Gilles Paque-Brenner con Kristin Scott Thomas, Mèlusine Mayanne Francia, 2012 111'

HYSTERIA di Tanya Wexler

Martedì 15 e mercoledì 16 Maggio

Martedì 12 e mercoledì 13 Giugno

con Maggie Gyllenhaal, Hugh Dancy, Jonathan Pryce Gran Bretagna-Francia-Germania, 2011

" Il grande cinema angloamericano”

" Il grande cinema angloamericano”

J. EDGAR

L’ARTE DI VINCERE di Bennett Mil-

di Clint Eastwood con Leonardo Di Caprio, Naomi Watts Usa, 2012 - 137'

ler con Brad Pitt, Jonah Hill Usa, 2012 133’

Ven 25 - Sab 26 - Dom27 - Mer 30 Gio 31 maggio

Martedì 22 e mercoledì 23 Maggio

Martedì 19 e mercoledì 20 Giugno

QUASI AMICI di Olivier Nakache,

" Il grande cinema angloamericano”

FILM DA DEFINIRE

Carlo Verdone con Pierfrancesco Favino, Marco Giallini, C. Verdone Italia 2012, 119’

Eric Toledano con François Cluzet, Omar Sy Francia 2011, 112’

Cinema SIVORI - Tel. 010.5532054 Salita Santa Caterina, 12 - 16123 GENOVA www.circuitocinema.it Orari spettacoli: ore 15:30 - 17:50 - 20:10 - 22:30

MARIGOLD HOTEL

di John Madden con Maggie Smith, Tom Wilkinson Gran Bretagna, 2012 123'

LUNEDÌ 7 MAGGIO ore 18,00: 8 FOIS DEBOUT (8 volte in piedi) di Xabi Molia - Francia 2009/2010 (103') ore 20,30: DIE

UNSICHTBARE (L'invi-

sibile)

di Christian Schwochow - Germania 2011 (113')

MARTEDÌ 8 MAGGIO ore 18,00: SILBERWALD (Foresta d'argento) di Christine Repond - Svizzera |

Germania 2011 (90') ore 20,30: ATMEN (Atmen) di Karl Markovics - Austria 2010 (93') • Segue il dibattito con il protagonista Thomas Schubert - modera Francesca Baroncelli •

MERCOLEDÌ 9 MAGGIO ore 16,00: Incontro: “Cinema e Architet-

tura - Percorsi critici a confronto” ore 18,00 TODOS VÓS SODES CAPITÁNS (Tutti voi siete capitani) di Oliver Laxe Spagna 2010 (79') ore 20,30: LE SENTIMENT

24

FILM DOC MAGGIO- AGOSTO 2012

DE LA

CHAIR (Il sentimento della carne) di Roberto Garzelli - Francia 2010 (91') • Segue il dibattito con il regista Roberto Garzelli modera Marco Cipolloni •

GIOVEDÌ 10 MAGGIO ore 16,00: HEINRICH KIEBER – DATEN-

DIEB (Heinrich Kieber – Ladro di dati) di Sebastian Frommelt e Sigvard Wohlwend Liechtenstein | Australia 2010 (52')

ore 18,00: DIE FARBE DES OZEANS (Il colore dell'oceano) di Maggie Peren - Germania | Spagna 2010/2011 (95')

ore 20,30: LA

PETITE CHAMBRE (La piccola camera) di Stéphanie Chuat e Véronique Reymond - Svizzera | Lussemburgo 2010 (87')

VENERDÌ 11 MAGGIO ore 17,00: PASTA NERA di Alessandro Piva - Italia 2011 (60') ore 18,00 Premiazione dei film

vincitori


I PROGRAMMI DEI CINEMA DOC in LIGURIA

SAVONA e PROVINCIA Gio 31 maggio

Nuovo FILMSTUDIO - Tel./fax 019 813357

DEFRAG e Nuovofilmstudio, con il patrocinio della Provincia di Savona e in collaborazione con Genova-Liguria Film Commission, presentano

Piazza Diaz, 46r - SAVONA www.nuovofilmstudio.it - info@nuovofilmstudio.it mar 8 maggio mer 9 maggio

15.30 - 21.15 21.15

Le idi di marzo di George Clooney con Ryan Gosling, George Clooney Usa 2011, 101'

sogno di una persona che si prenda cura di lui. La scelta cade su Driss, un ragazzo di periferia appena uscito dalla prigione. I due opposti universi entrano ben presto in rotta di collisione, ma prima dello scontro finale qualcosa cambia...

da ven 18 a lun 21 maggio

Film in prima visione mar 22 maggio mer 23 maggio

15.30 - 21.15 21.15

17 ragazze di Delphine Coulin, Muriel Coulin con Louise Grinberg, Juliette Darche, Roxane Duran Francia 2011, 90'

21.15

Nuovofilmstudio presenta

Ainom di Lorenzo Ceva Valla e Mario Garofalo con Lula Teclehaimanot, Enrico Olocco, Carlo Deprati, Alice Bachi, Ivan Alovisio Italia 2011, 94' Alpi italiane. Ainom, fuggita in Italia dall'Eritrea, lavora nella stazione sciistica di un paese di montagna. Per mantenere figlio e marito rimasti in Africa, accetta le offerte d'amore di Enrico, uomo violento. Ma il suo pensiero è ricongiungersi alla famiglia e attraversare il confine. Ainom elabora perciò un piano... Proiezione del film e incontro con gli autori

ingresso con tessera arci 5 euro

sab 12 maggio

10.15

"Centro Pannunzio" e "Circolo degli Inquieti" presentano

“Umanità e Inquietudine in Eugenio Montale” - Ospite Relatore Bianca Mon-

tale - Professore Ordinario dell’Università degli Studi di Genova La nipote ed erede universale del poeta, Bianca Montale, parla della vita di Montale, del suo anticonformismo, della sua ironia, della sua angoscia esistenziale, della sua vita privata. Aspetti che hanno sicuramente influito sulla sua poesia. Al termine, l’attrice Milli Conte proporrà letture delle liriche più note del poeta.

ingresso libero

da ven 11 a lun 14 maggio

Marina Garaventa, classe 1960, è da oltre otto anni immobile nel letto: non può camminare, respirare autonomamente, non può parlare, non può, come dice lei, “scopare” e uscire. Se si va però oltre l’apparenza, è soprattutto una forza straordinaria. I suoi occhi intelligenti, ironici, burloni, spostano le montagne... Francia. In un piccolo centro della Bretagna, la liceale Camille, rimasta incinta, diventa per le amiche di scuola un modello. Intenzionate a fare a meno di chiunque, diciassette ragazze decidono di avere un figlio e di crescerlo aiutandosi fra loro. Quello che sembra un gioco provocatorio si rivelerà un gesto d'amore e di ribellione...

gio 24 maggio

21.00

La sezione di Savona del Club Alpino Italiano e la Scuola di Alpinismo e Scialpinismo presentano

"Scarason, l'anima del Marguareis" con Fulvio Scotto e Angelo Siri Biografia della storia alpinistica della parete più difficile del Marguareis, dai primi tentativi alla prima salita di Alessandro Gogna e Paolo Armando. Durante la serata sarà presentato il libro scritto da Fulvio Scotto, appena uscito per Versante Sud, e verrà proiettato il film tratto dal libro, realizzato da Angelo Siri.

ingresso a offerta libera

Da ven 1 a lun 4 giugno

Film in prima visione Mar 5 giugno

Film in prima visione Mar 19 giugno mer 20 giugnoe

15.30 - 21.15 21.15

Paradiso amaro di Alexander

Payne con George Clooney, Shailene Woodley, Beau Bridges Usa 2011, 110'

Matt King, ricco discendente di un'antica famiglia hawaiana, si ritrova la vita stravolta da un incidente in cui è rimasta gravemente ferita la moglie. Come se non bastasse, il drammatico evento ha portato alla luce una relazione extraconiugale. Matt decide di trascinare con sé le due figlie per cercare l’uomo con il quale la moglie lo tradiva...

Da ven 22 a lun 25 giugno 21.00

Film in prima visione

Giornata Mondiale per l'Ambiente

Mar 26 giugno mer 27 giugno

appuntamento in via di definizione

Hugo Cabret di Martin Scorsese

mer 6 giugno

15.30 - 21.15

15.30 - 21.15 21.15

con Ben Kingsley, Sacha Baron Cohen, Asa Butterfield Usa 2011, 125'

Jane Eyre di Cary Fukunaga con Mia Wasikowska, Michael Fassbender Gran Bretagna 2011, 120'

da ven 25 a lun 28 maggio

Film in prima visione Mar 29 maggio merc 30 maggio

15.30 - 21.15 21.15

ACAB - All Cops Are Bastards di Stefano Sollima, con Pierfrancesco Favino, Filippo Nigro, Marco Giallini Italia 2011, 112'

Inghilterra del XIX secolo. Jane Eyre è un’orfana affidata alle cure di Mrs. Reed, una zia crudele che rimette la sua educazione al collegio di Lowood. La ragazza ne esce temprata e desiderosa di cominciare una nuova vita nella tenuta Thornfield, dove viene assunta come istitutrice. Qui incontra Edward Rochester, l'autoritario signore della casa...

15.30 - 21.15 21.15

Da ven 8 a lun 11 giugno

Quasi amici di Olivier Nakache, Eric

Film in prima visione

Toledano con François Cluzet, Omar Sy Francia 2011, 112'

Mar 12 giugno mer 13 giugno

15.30 - 21.15 21.15

50 e 50 di Jonathan Levine

con Joseph Gordon-Levitt, Seth Rogen, Anna Kendrick Usa 2011, 100'

Il ricco e aristocratico Philippe è divenuto paraplegico a seguito di un incidente di parapendio e ha bi-

Da ven 15 a lun 18 giugno

ingresso libero

Film in prima visione mar 15 maggio mer 16 maggio

Appunti di viaggio Programma dell'itinerario al Nuovofilmstudio: “La salute in viaggio” 18.30 Accoglienza e presentazione dei contenuti della serata 18:40 Proiezione del documentario "Finché penso, vivo. La storia di Marina, la vera principessa sul pisello" e incontro con la regista Cinzia Bassani 20.00 “Apericena” 21:00 “Vi racconto...” viaggio editoriale a tema con Fabrizio Benente 21.30 Concerto del trio MalAcorda

Seattle. Adam Lerner, un tranquillo giornalista radiofonico, a 27 anni ha tutto dalla vita: un ottimo lavoro e un'esistenza appagante che condivide con la fidanzata Rachel e l'amico Kyle. Ma quando il ragazzo comincia ad avvertire un dolore alla schiena, scopre di avere una forma di cancro. Frustrato, Adam sembra aver rinunciato a combattere...

Finché penso, vivo. La storia di Marina, la vera principessa sul pisello di Cinzia Bassani Italia 2010, 52’

Prossimo futuro. Stephen Meyers è il giovane e idealista guru della comunicazione nella campagna per le primarie presidenziali del Partito Democratico negli Stati Uniti. Il candidato che sostiene è il governatore Mike Morris. Nel corso della campagna, Stephen avrà modo di scoprire le bassezze, le menzogne e il lato oscuro della politica...

gio 10 maggio

a partire dalle 18,30

Parigi, 1931. Il piccolo Hugo Cabret vive nascosto nella stazione ferroviaria. Rimasto orfano, sogna di aggiustare l'uomo meccanico che rappresenta tutto ciò che gli è rimasto del padre. Per farlo, sottrae i pezzi dal chiosco del giocattolaio, finché non viene colto in flagrante e derubato del taccuino con i disegni dell'automa...

Programmazione cinematografica a cura di Corrado e Damiano Meraviglia. Programma realizzato da Damiano Meraviglia e Andrea Tessitore, con la collaborazione di Francesco Chignola.

Cobra, Negro e Mazinga sono tre “celerini bastardi”. Sulla loro pelle hanno imparato a essere bersaglio perché vivono immersi nella violenza. Nel momento forse più delicato delle loro esistenze, quando la vita privata arriva alla resa dei conti, incontrano “il futuro” in una giovane recluta appena aggregata al loro reparto...

MAGGIO - AGOSTO 2012 FILM DOC

25


I PROGRAMMI DEI CINEMA DOC in LIGURIA

LA SPEZIA e PROVINCIA Cineforum Film Club PIETRO GERMI c/o Cinema teatro Il Nuovo - Tel. 0187 24422 Via Colombo, 99 - 19100 LA SPEZIA e-mail: ilnuovocinema@tin.it - www.cinemailnuovolaspezia.it Da mar 1 Maggio “LE GRANDI PRIME DE IL NUOVO” TO ROME WITH LOVE di Woody Allen con Woody Allen, Alec Baldwin, Roberto Benigni, Penelope Cruz UsaItalia-Spagna, 2012

Mar 15 e merc 16 Maggio ore 17.30-19.30-21.30 “ASPETTANDO L’ARENA ESTIVA ”

TERRAFERMA

di Emanuele Crialese con Filippo Pucillo, Donatella Finocchiaro 88’ Italia- Francia, 2011

gonzoni 75’ Italia, 2006 In occasione del quarto centenario della pubblicazione del romanzo di Miguel de Cervantes, il regista racconta in un percorso che si snoda tra arte, cinema e letteratura, il personaggio di Don Chisciotte, eroe e anti-eroe al tempo stesso. Il film compie un viaggio nell'immaginario del cavaliere, la cui "triste figura" continua a sognare e a far sognare mentre piena di nobiltà e coraggio ingaggia infinite lotte contro mulini a vento.

Mar 29 e merc 30 Maggio ore 17.30-19.30-21.30 “ASPETTANDO L’ARENA ESTIVA ”

ROMANZO DI UNA STRAGE

di Marco Tullio Giordana con Valerio Mastandrea, Pierfrancesco Favino, 129’ Italia

Un'opera raffinata e umanissima, in grado di rivendicare l'importanza della memoria non solo personale ma collettiva, una memoria che deve essere adoperata come strumento d'indagine delle contraddizioni del presente.

In data da definire

GLI INFEDELI

di Emmanuelle Bercot, Fred Cavayé, Alexandre Courtès, Jean Dujardin, Michel Hazanavicius, Eric Lartigau, Gilles Lellouche con Jean Dujardin, Guillaume Canet 109’ Francia, 2012 L’attore dell’anno Jean Dujardin torna sul grande schermo dopo il meritato successo ottenuto grazie alla sua performance in The Artist. E torna non solo in veste d’attore, ma anche in quella di regista e sceneggiatore. Film a episodi, diretti da vari registi, legati fra loro da un tema comune. In questo caso si tratta dell’infedeltà maschile.

In data da definire

POLLO ALLE PRUGNE di Vincent Paronnaud, Marjane Satrapi con Mathieu Amalric, Edouard Baer 91’ Francia, 2011

Dopo Londra, Barcellona e Parigi, Woody Allen ha scelto di ambientare il suo in Italia. E più precisamente a Roma. Il film, come un moderno Decamerone boccaccesco, in vari episodi.

Mar 8 e merc 9 Maggio ore 17.30-19.30-21.30 “ASPETTANDO L’ARENA ESTIVA ”

MARIGOLD HOTEL

di John Madden con Judi Dench, Bill Nighy 120’ Usa, 2012

Un film che ci parla con grande delicatezza di senilità, di diversità, razzismo e capacità di adattarsi. È la storia di un gruppo di anziani, molto diversi tra di loro, che abbandonano il lavoro e con la pensione si affittano un Grand Hotel a Mumbai in India. Grande poesia.

Lun 14 Maggio ore 21.00 RASSEGNA: “IL CALDO E IL FREDDO” ingresso libero

ALEKSANDR NEVSKIJ

di Sergej M. Ejzenstejn Con Nicolaj Cerkasov, Nicolaj Ochlopkov, Andrej Abrikosov 111' Urss, 1938 Nella Russia del 13° secolo il Principe Nevskij sconfigge i Cavalieri Teutonici invasori nella battaglia sul lago Peipus ghiacciato (5-4-1249). Film patriottico in cui la propaganda nazionalista prende il posto dell'ideologia marxiana: eroe nazionale popolare, attori professionisti, sceneggiatura lineare.

Basato su contrasti, su antinomie, con un elemento unificante che, insieme, separa e unisce: il mare. Su un'isola troppo piccola per essere segnata sul mappamondo, un ritratto potente di un'Italia dolente, con uno stile evocativo e poetico, privo di concessioni retoriche, con immagini simboliche e dense di bellezza.

Il film di Giordana serve a imbastire pezzi di storie di individui, di fatti per ritessere la trama della memoria. Registi coraggiosi come Marco Tullio Giordana, ci aiutano a ricostruire la storia di quegli anni occultati dai nebbiogeni della dimenticanza.

Gio 17 Maggio ANTEPRIMA:

Gio 31 Maggio - SERATA SARDA ore 17.30 DEGUSTAZIONE SARDA

ULIDI PICCOLA MIA

a seguire

ore 21.15

di Mateo Zoni con Paola Pugnetti, Giada Meraglia 67’ Italia, 2011 Al suo primo lungometraggio, dopo aver lavorato per la Rai come documentarista e dopo vari cortometraggi, Mateo Zoni si ispira al libro di Maria Zirilli, “Fuga dalla follia. Viaggio attraverso la legge Basaglia”. Pudore in un'opera che sembra lasciar agire liberamente i suoi protagonisti all'interno della casa famiglia. un quadro sociale sulle funzioni reali e concrete degli istituti riabilitativi in Italia. OSPITE IL REGISTA E ALCUNI PROTAGONISTI

Mar 22 e merc 23 Maggio ore 17.30-19.30-21.30 “ASPETTANDO L’ARENA ESTIVA ”

HUGO CABRET

di Martin Scorsese con Ben Kingsley, Sacha Baron Cohen 125’ Usa, 2011 Nessuno prima del regista americano era stato capace di concepire un film basato totalmente sulle nuove tecniche, grazie ad una fotografia indimenticabile. Oltre all'aspetto tecnologico, è da sottolineare anche l'originalità e la magia della trama: una storia per tutte le età, con un omaggio tenero e commovente per un personaggio che ha fatto la storia del cinema.

Gio 24 Maggio “TUTTA LA VITA” - OMAGGIO A LUCIO DALLA

ore 17.30

Video Concerto

Una raccolta di brani registrati durante il tour : Tu non mi basti mai; Se io fossi un angelo; Come e' profondo il mare; Viaggi organizzati; Futura; Felicità; Anna e Marco; Caruso ecc….

ore 20,45

Degustazione Bolo-

gnese

ore 21,15

QUJOTE

Proiezione del film

di Mimmo Paladino con Lucio Dalla. Peppe Servillo, Alessandro Ber-

26

FILM DOC MAGGIO- AGOSTO 2012

( in collaborazione con l’associazione Deledda)

anteprima de

CADENAS

di Francesca Balbo Italia, 2012 Dopo la presentazione Mondiale al Festival di Nyon Una giornata con le guarda-barriera dei passaggi a livello delle Ferrovie della Sardegna: la loro vita, il loro lavoro, il rapporto con il tempo e lo spazio della Ferrovia. Vincitore Premio Solinas 2009 – Documentario per il Cinema.

Mar 5 e merc 6 giugno ore 17.30-19.30-21.30 “ASPETTANDO L’ARENA ESTIVA ”

LA SCOMPARSA DI PATO’

di Rocco Mortelliti con Nino Frassica, Maurizio Casagrande, Neri Marcorè, Flavio Bucci, 105’ Italia È un giallo in piena regola (e l'immaginario paese di Vigata teatro delle inchieste del commissario Montalbano ne è garanzia) quello che Mortelliti porta sul grande schermo a partire dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri. Si ride e si sorride in questa commedia gialla.

Mar 12 e merc 13 giugno ore 17.30-19.30-21.30 “ASPETTANDO L’ARENA ESTIVA ”

IL PRIMO UOMO

di Gianni Amelio con Jacques Gamblin, Catherine Sola, Maya Sansa, 98’ Italia-Francia-Algeria, 2011

Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud hanno saputo riproporre il loro talento visionario e poetico per raccontare un altro amore impossibile. Già ampiamente apprezzati in Persepolis,

In data da definire

COSA PIOVE DAL CIELO?

di Sebastián Borensztein con Ricardo Darín, Huang Sheng Huang. 93’ Argentina-Spagna, 2011 Che cosa unisce una mucca che piove dal cielo in Cina, un ferramenta che colleziona notizie strambe a Buenos Aires e una vecchia copia de L’Unità, sissignori, l’organo del Partito Comunista Italiano? Per scoprirlo bisogna vedere questa indovinatissima commedia argentina.

IL NUOVO CHIUDE PER FERIE DAL 18 AL 30 GIUGNO APERTURA ARENA ESTIVA IL 1 LUGLIO 2012 CINEMA E PIZZA CONTINUA PER TUTTO IL 2012: (CINEMA +PIZZA MARGHERITA+BEVANDA A SCELTA) Euro 10,00 CINEMA SULLA GRIGLIA: ( CINEMA+GRIGLIATA DI CARNE+BEVANDA A SCELTA) Euro 20,00


I PROGRAMMI DEI CINEMA DOC in LIGURIA

IMPERIA e PROVINCIA CINEMA TABARIN - Tel. 0184 597822 -

Cineforum IMPERIA - Tel. 0183.63871

0184 507070 -

c/o Cinema Centrale - Via F. Cascione, 52 18100 - IMPERIA Porto Maurizio

Via Matteotti, 107 Sanremo (IM) www.aristonsanremo.com

www.cineforumimperia.it - e-mail: info@cineforumimperia.it Martedì 8 maggio - ore 16- 19,30 22,15

Martedì 22 maggio - ore 15,30 17,40 - 20,00 - 22,15

THE LADY di Luc Besson

LA SORGENTE DELL’AMORE di

con Michelle Yeoh, David Thewlis Francia-Gran Bretagna 2011, 145’

Radu Mihaileanu con Hafsia Herzi, Leila Bekhti Belgio- Italia-Francia 2011, 125’

Orari spettacoli:

ore 16,15 - 20,15 - 22,30

Lunedì 7 maggio - solo ore 16:15 e 20:15 In collaborazione con il DAMS di Imperia

LA DECIMA VITTIMA

di Elio Petri con Marcello Mastroianni, Ursula Andress, Elsa Martinelli Italia, 1965 90’

Lunedì 14 maggio

LE NEVI DEL KILIMANGIARO di Robert Guédiguian con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin Francia, 2011, 107’

Lunedì 21 maggio

MIRACOLO A LE HAVRE

di Aki Kaurismaki con Kati Outinen, Jean-Pierre Darroussin Finlandia-Francia-Germania, 2011 93’

Martedì 15 maggio - ore 16- 18,00 20,00 - 22,00

LA CHIAVE DI SARA di Gilles Paquet-Brenner con Kristin Scott-Thomas, Mélusine Mayance Francia 2010, 111’

Martedì 29 maggio - ore 16,00 18,00 - 20,00 - 22,00

LE NEVI DEL KILIMANGIARO di Robert Guédiguian con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin Francia, 2011, 107’

AVVISO Si ricorda che, per esigenze di spazio, l’elenco dei “FILM USCITI IN LIGURIA” dal numero scorso (67) in avanti si troverà solo nella nuova, apposita, sezione sul sito www.filmdoc.it.

in collaborazione con C.D.C.

[ a cura di Sergio Labriola ]

L’ANGOLO DEL QUIZ

PELLICOLE D’AUTORE A SINISTRA: In questa commedia dove si alternano ironia e sarcasmo, il protagonista è Richard Gere nei panni e nel camice di un ginecologo di successo; atttorno a lui ruota un coro femminile, tanto variegato quanto difficoltoso da gestire: Farrah Fawcett, Helen Hunt, Liv Tyler, Laura Dern e, nel fotogramma qui riprodotto, Kate Hudson e Tara Raid.Il film è stato diretto nel 2000 da un regista tra i maggiori del cinema americano, scomparso nel 2006. Qual è il suo titolo? Chi è il cineasta? A DESTRA: Un film fortemente drammatico che porta la firma di Barry Levinson e che si sviluppa sulle peripezie di quattro ragazzi cresciuti a new York; chiusi a lungo in riformatorio, due di loro, quindi anni dopo, mettono in atto la loro personale vendetta contro i carcerieri aguzzini. Nel cast Brad Pitt Robert De Niro, Kevin Bacon e l’attore qui effigiato nell’inquadratura nel ruolo di Danny Snyder: qual è il suo nome? Di che film si tratta? In che anno venne realizzato? 2

3

4

5

6

7

8

9

10

CASELLARIO

UN FILM (FRASE: 2, 9, 2, 7)

Collocare verticalmente nel casellario le parole corrispondenti alle definizioni. A gioco ultimato, nella successione delle caselle evidenziate si leggerà il titolo di un noto film di Giuliano Montaldo.

DEFINIZIONI: 1.Barbora di "Immaturi - Il viaggio" - 2. Ha diretto "Machete"con Robert Rodriguez - 3. Insieme a Bisio e Siani in “Benvenurti al Nord” - 4. Il divo di "One day". - 5. Jessica di "The Help" - 6. La protagonista di "La cosa" di Van Heijningen - 7. Impersona J. Edgar nel film di Eastwood - 8. Il regista di "Mission: Impossible - Protocollo Fantasma"(Nome e Cognome) - 9. Peter di "Il mio angolo di Paradiso". - 10. Un interprete di di "Capodanno a New York (Nome e Cognome)".

SOLUZIONI - Pellicole d’autore: Il Dottor T e le donne, Robert Altman; Dustin Hofmann,Sleepers,1996. - Casellario: “Lindustriale”. - Rebus: T re UO - mini EU - N ape - C ora = Tre uomini e una pecora.

1

SETTEMBRE - OTTOBRE 2011

FILM DOC

27


www.begcom.it


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.