Cinerama 2.3

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CINERAMA

2.3

UN GENERE DI DONNA DA L’ALTRA HEIMAT A VERGINE GIURATA PASSANDO PER UNA NUOVA AMICA. LE RECENSIONI PUBBLICATE SULLA RIVISTA FILMTV DI TUTTI I FILM USCITI A MARZO 2015.


Lost Highway numero 5 IL CINEMA DI CHRISTOPHER NOLAN Torna la nostra pubblicazione monografica quadrimestrale, la prima del 2015! Tutto dedicato a Christopher Nolan, uno dei registi contemporanei piĂš discussi, amati, odiati e analizzati. Pro e contro, spiegazioni, congetture, analisi, impressioni, curiositĂ e recensioni esclusive. Una pubblicazione imperdibile per conoscere a fondo Christopher Nolan e la sua idea di cinema. Da questo numero solo in digitale, per tutti, per qualsiasi piattaforma e dispositivo.

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INDICE ALFABETICO DELLE RECENSIONI DEI FILM USCITI A MARZO 2015

CINERAMA 2.3 CLICCA SUL TITOLO PER APRIRE LA RECENSIONE

L’Altra Heimat - Cronaca di un sogno di Edgar Reitz Bekas di Karzan Kader Black or white di Mike Binder Blackhat di Michael Mann Cenerentola di Kenneth Branagh Chi è senza colpa di Michaël R. Roskam Cloro di Lamberto Sanfelice THE Divergent series: Insurgent di Robert Schwentke LA Famiglia Bélier di Eric Lartigau FIno a qui tutto bene di Roan Johnson Focus - Niente è come sembra di Glenn Ficarra, John Requa Foxcatcher - Una storia americana di Bennett Miller French connection di Cédric Jimenez Ho ucciso Napoleone di Giorgia Farina Home - A casa di Tim Johnson Io sono Mateusz di Maciej Pieprzyca Latin lover di Cristina Comencini Lettere di uno sconosciuto di Zhang Yimou Ma che bella sorpresa di Alessandro Genovesi N-Capace di Eleonora Danco Nessuno si salva da solo di Sergio Castellitto


INDICE ALFABETICO DELLE RECENSIONI DEI FILM USCITI A MARZO 2015

CINERAMA 2.3 CLICCA SUL TITOLO PER APRIRE LA RECENSIONE

UNA Nobile rivoluzione di Simone Cangelosi UNA Nuova amica di François Ozon Onde Road di Massimo Ivan Falsetta LA Prima volta (di mia figlia) di Riccardo Rossi THE Search di Michel Hazanavicius Senza Lucio di Mario Sesti Smokings di Michele Fornasero LA Solita commedia - Inferno di Francesco Mandelli, Fabrizio Biggio, Martino Ferro Suite francese di Saul Dibb Superfast & Superfurious di Jason Friedberg, Aaron Seltzer LA Terra dei santi di Fernando Muraca L’Ultimo lupo di Jean-Jacques Annaud Vergine giurata di Laura Bispuri


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L’Altra Heimat REGIA DI Edgar Reitz

di Roberto Manassero

A un anno e mezzo dalla presentazione alla Mostra di Venezia, esce nelle sale italiane L’altra Heimat - Cronaca di un sogno, ultimo tassello della monumentale saga di Edgar Reitz (per dire: quattro film dal 1984 a oggi, più una raccolta di frammenti; 33 episodi; 59 ore di durata complessiva). Nel nuovo capitolo, dopo aver raccontato lungo buona parte del Novecento le vicende della famiglia Simon di Schabbach, immaginario paese della Renania, Reitz riavvolge la freccia del tempo e risale fino a metà XIX secolo. L’altra Heimat è infatti ambientato tra il 1842 e il 1844, nella Prussia occidentale, tra contadini e artigiani in lotta contro la carestia e costretti ad abbandonare la loro patria (heimat) per emigrare in Brasile. Protagonista del film è Jakob, figlio ventenne di un maniscalco e di una contadina, che al lavoro nei campi preferisce lo studio e sogna un’altra vita nel nuovo continente. Jakob vorrebbe partire e incontrare le popolazioni indigene dell’altro mondo, ma


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come un grande eroe romanzesco vede la vita sfuggirgli di mano, senza mai riuscire a lasciare la terra natale. Reitz gira con un bianco e nero bellissimo, caldo e pastoso, sottolinea in senso pittorico il fascino di una terra spietata e con il suo ennesimo, fluviale capolavoro insegue in un passato ancestrale, quasi mitologico, quell’altrove immaginario di cui l’occidente ha ancora oggi bisogno per sopravvivere a se stesso.

L’altra Heimat - Cronaca di un sogno

REGIA DI Edgar Reitz Germania, Francia · 2013 · Drammatico · DURATA:220’ CON Maximilian Scheidt, Jan Schneider, Marita Breuer, Werner Herzog, Rüdiger Kriese GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 31 marzo


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BEKAS

REGIA DI Karzan Kader

di Alice Cucchetti

L’America è una città di luci oltre la montagna per Zana e Dana, dieci e sei anni, orfani, poveri e senza casa, in un villaggio del Kurdistan iracheno nei primi anni 90, mentre avanzano le armate di Saddam Hussein. L’hanno intravista spiando da un buco nel soffitto di un cinema, e così hanno conosciuto Superman, l’eroe invincibile e immortale che tutto può, perfino riportare in vita i morti e uccidere tutti i cattivi. L’idea è raggranellare 14 mila dinari a forza di lustrar scarpe, oppure raggiungerla a dorso di un mulo chiamato Michael Jackson, o ancora aggrapparsi a un camion in corsa o accucciarsi dentro un sacco nel bagagliaio di un’auto. Bekas, opera seconda e d’ispirazione autobiografica di Karzan Kader (kurdo emigrato in Svezia da bambino), cerca di guardare il mondo con occhi infantili: lo vede ovviamente semplice e definito, illuminato di luce dorata e più esotico che realistico. L’equilibrio rischioso tra fiaba e impegno ogni tanto si perde, scivola tra battute davvero troppo


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didascaliche («Zana, sei troppo giovane per l’amore!») e derive eccessivamente stucchevoli, si incastra in una struttura ripetitiva, mentre i ragazzini (logorroico tornado di disastri il piccolo, silenzioso e malinconico il più grande) scampano miracolosamente a una disavventura dopo l’altra, con l’incoscienza e l’improbabile fortuna dei supereroi. Si chiude come una favola della buonanotte, e il dubbio che sotto ci sia ben poco di più.

BEKAS

REGIA DI Karzan Kader Svezia, Finlandia, Iraq · 2012 · Drammatico · DURATA: 92’ Con Zamand Taha, Sarwar Fazil, Diya Mariwan, Suliman Karim Mohamad, Rahim Hussen GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 19 marzo


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BLACK OR WHITE REGIA DI MIKE BINDER

di Mauro Gervasini

Era atteso al varco Mark Binder, autore dell’acclamato Reign Over Me con Adam Sandler, anche sceneggiatore e produttore (insieme al protagonista Kevin Costner) di questo Black or White. Dramma con buoni sentimenti ambientato nella Los Angeles degli screzi (se non proprio conflitti) razziali. L’avvocato benestante Costner ha una nipotina che la figlia, morta in un incidente, ebbe giovanissima da un ragazzo afroamericano dal travagliato passato e dal difficile presente. Una volta diventato vedovo cerca di averne l’affido assoluto, ma la caparbia nonna paterna della bambina, Octavia Spencer, non ci sta, e la contesa assume connotati politico-razziali. Del tipo: il nonno bianco e ricco contro la nonna povera e nera. Schematismi qua e là, un finale non del tutto scontato, ma anche, va detto, un rispetto quasi religioso del politicamente corretto a uso e consumo di Hollywood, per cui sono comunque tutti più o meno bravi & buoni, anche se si tenta di dare


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un’immagine più critica al personaggio di Costner, schiavo dell’alcol. Binder sceglie di essere neutrale rispetto alla materia, ed è un errore perché così il film non si impenna mai, perdendo gradualmente interesse man mano che si approfondisce la querelle giudiziaria tra i nonni. Che sono molto bravi: Costner azzecca un buon ruolo dopo troppe prove insipide, e Spencer gli tiene testa con grinta.

BLACK OR WHITE

REGIA DI MIKE BINDER USA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 121’ CON KEVIN COSTNER, OCTAVIA SPENCER, ANTHONY MACKIE, JILLIAN ESTELL GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 4 marzo


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BLACKHAT REGIA DI MICHAEL MANN

di Mauro Gervasini

Blackhat, in gergo “hacker cattivo”. Quelli capaci di insinuarsi nei sistemi operativi per manomettere, fare danni, spiare, rubare... Per cose così Nick Hathaway (Chris Hemsworth) è in galera. Ma a Hong Kong qualcuno di veramente bravo produce un virus informatico che danneggia il sistema di raffreddamento di una centrale nucleare. E a Chicago, probabilmente lo stesso blackhat crea una speculazione online facendo lievitare i prezzi della soia sul mercato internazionale. Decine di milioni di dollari che si spostano da qui a lì. Una task force mista, statunitensi e cinesi, dà la caccia al colpevole, ma Nick è il solo che può risolvere la questione. Quindi lo liberano, e lui, con gli altri, si mette in caccia. Ovviamente la vicenda è più complessa di così. A sei anni da Nemico pubblico - Public Enemies, Michael Mann torna al grande schermo scrivendo, producendo e dirigendo un thriller informatico che pare mescolare Strade violente e Miami Vice. Ma nel suo mondo


C è difficile trovare riferimenti, si riparte sempre da zero, pur rispettando l’impianto “umanistico” di fondo e una certa idea di “cinema d’autore in cui si spara” che tiene lontani sia gli intellettuali (perché si spara) sia gli amanti dei film d’azione (perché qui siamo a livelli che forse solo Bergman). Il risultato è noto: clamoroso flop in patria e un futuro pregiudicato. I migliori registi americani viventi, secondo me, sono due. Uno, Michael Cimino, è già inattivo da anni e deve pure subire l’onta di vedersi rimontare I cancelli del cielo (!!!) dal primo che passa. L’altro, Michael Mann, rischia di fare la stessa fine. Ma Blackhat è qui, in tutta la sua magnificenza. In un universo virtuale pervaso da fantasmi (ad esempio quello dell’11 settembre), paura e amore sono concreti, allora gli uomini e le donne di Mann li affrontano vivendo cartesianamente l’impresa: lotto/amo quindi sono. Affetti familiari, eros, ma anche battaglie dove il sangue sostituisce lo scorrere dei dati in una matrice informatica che pare fogna. Per dire: si comincia con una guerra combattuta attraverso la tecnologia più avanzata, quasi fantascienza, e si finisce con gli antagonisti che si prendono a coltellate durante una cerimonia tradizionale millenaria. In mezzo, puro Michael Mann, che sperimenta con il digitale (la sparatoria tra cunicolo/scivolo e container è incredibile) e regala personaggi di contorno memorabili come l’agente dell’FBI Viola Davis, il marshal Holt McCallany e un mercenario, Kassar (Ritchie Coster), a queste latitudini già leggenda.

BLACKHAT

REGIA DI MICHAEL MANN USA · 2015 · THRILLER · DURATA: 135’ CON CHRIS HEMSWORTH, VIOLA DAVIS, WEI TANG, LEEHOM WANG GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 12 marzo


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CENERENTOLA REGIA DI Kenneth Branagh

di Alice Cucchetti

Checché ne pensasse l’amica di Vivian in Pretty Woman, l’happy ending di Cenerentola non è solo questione di fortuna. Ma di «coraggio e gentilezza», ribadisce Kenneth Branagh fino allo stremo, nella nuova versione Disney dell’immortale fiaba, questa volta in live action, ma con fortissime iniezioni di computer grafica. Che srotola su un tappeto barocco di dettagli sfarzosi e lussureggianti tutta l’atemporalità del classico: per la maggior parte aderente all’intreccio di Perrault (lo stesso seguito dall’animazione di zio Walt nel 1950), in equilibrio tra stupore del fantastico e (relativa) verosimiglianza di trama, Cenerentola aggiunge ai suoi personaggi lo spessore che basta a non farli sfigurare in tre dimensioni e rincorre con consapevolezza i fasti della Hollywood che fu, di un cinema lussuoso e sfavillante capace di concretizzare su pellicola la sostanza dei sogni (e il sogno di diventare “principessa per un giorno” è da sempre il cuore del successo di questa storia). Così la matrigna


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è una diva in declino che odia la “Eva” destinata a soppiantarla, l’orfanella incarna la fresca e incorruttibile determinazione dell’innocenza, il principe è intrappolato in un’accennata commedia degli equivoci e delle convenzioni sociali; a parziale eccezione della fata Madrina (un po’ mago Merlino di La spada nella roccia), tutti ballano al passo infallibile della tradizione. Con gentilezza. Coraggio, un po’ meno.

CENERENTOLA

REGIA DI Kenneth Branagh USA · 2015 · Fantasy · DURATA: 105’ CON Lily James, Richard Madden, Cate Blanchett, Helena Bonham Carter, Hayley Atwell GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 12 marzo


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CHI È SENZA COLPA REGIA DI MICHAËL R. ROSKAM

di Mauro Gervasini

Pare un po’ goffo Tom Hardy dietro al bancone del pub che gestisce insieme al cugino Gandolfini. Clientela abituale, qualche scommessa e un business (letteralmente) sottobanco, dato che nel locale si “lavano” i soldi sporchi di un clan di mafiosi ceceni. Hardy trova un cagnolino e chiede a Noomi Rapace, sua vicina di casa, di dargli una mano. Solo che il cucciolo appartiene all’ex fidanzato di lei, Matthias Schoenaerts, un tizio squinternato che ha nel quartiere una pessima fama. Qualcuno intanto cerca di fregare i ceceni, e tutto si complica. Bel noir opera seconda del belga Roskam, già candidato all’Oscar nel 2012 per Bullhead, quale miglior film straniero. Da un racconto di Dennis Lehane, anche sceneggiatore e produttore esecutivo, in trasferta da Boston a Brooklyn, forse per far sentire a proprio agio il compianto Gandolfini che era di quelle parti. Narrazione incatenata all’incedere apparentemente schivo e impacciato di Hardy, una volta di più ottimo


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interprete, del quale si intuisce la carica esplosiva repressa ad ogni abbozzare davanti al prepotente di turno. La qualità del film è tutta nella sua trattenuta risolutezza, mentre si perde per strada il confronto con il poliziotto John Ortiz, che pare a un certo punto avere capito tutto ma resta troppo sullo sfondo, poco definito. Chi è senza colpa è l’ultimo film di James Gandolfini, anche per questo va visto con sguardo solenne.

CHI È SENZA COLPA

REGIA DI MICHAËL R. ROSKAM USA · 2014 · THRILLER · DURATA: 107’ CON TOM HARDY, NOOMI RAPACE, JAMES GANDOLFINI, MATTHIAS SCHOENAERTS GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 19 marzo


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CLORO REGIA DI LAMBERTO SANFELICE

di Ilaria Feole

La casa di Jenny è il mare e con la neve no, non la può cambiare. Sradicata da Ostia per colpa di uno sfratto e di un padre vedovo relitto di se stesso, deve ambientarsi nella provincia di Sulmona, giostrarsi fra la scuola, un lavoro da donna delle pulizie, il fratellino e il babbo da accudire. Ma soprattutto, tenersi allenata, intrufolandosi nottetempo in piscina, per non rinunciare ai campionati di nuoto sincronizzato di cui è giovane promessa. Sara Serraiocco, splendida interprete di Salvo, si carica sulle spalle un film dallo script esile quanto lei: rivestendo Jenny di corteccia ruvida, la trasforma in un virgulto coriaceo, trapiantato in una terra ostile e gelida, ma deciso a tenere nascoste le sue radici - e i suoi tumulti - sotto il pelo dell’acqua. Le riprese subacquee rivelano il moto furioso di uno sport che, visto da fuori, è solo eleganza e precisione, metafora non audace di una libertà femminile negata, ingabbiata in ruoli indesiderati: Jenny adempie di malavoglia ai suoi do-


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veri di figlia, tenta di sbarazzarsi dell’incarico di madre surrogata per il fratello e si offre come amante solo per ottenere in cambio l’accesso clandestino alla piscina. Nel frattempo, si tiene a galla: più ritratto in movimento che romanzo di formazione, l’esordio di Sanfelice lascia intravvedere in filigrana un tentativo di cinema della crisi, un’attenzione per gli ambienti e per angoli di provincia disertati dagli autori nostrani, ma il suo sguardo acerbo si ferma spesso in superficie.

CLORO

REGIA DI LAMBERTO SANFELICE ITALIA · 2015 · DRAMMATICO · DURATA: 98’ CON SARA SERRAIOCCO, PIERA DEGLI ESPOSTI, GIORGIO COLANGELI, IVAN FRANEK GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 12 marzo


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THE DIVERGENT SERIES: INSURGENT REGIA DI ROBERT SCHWENTKE

di Alice Cucchetti

Rifare qualcosa che funziona fino allo sfinimento è uno dei dettami che Hollywood segue con più puntiglio, fingendo d’ignorare che raramente il successo si ottiene su ricetta. Ma la regola, nel filone “saghe teen”, svela un attrito di duplice ipocrisia: da un lato, dopo il languore adolescenziale di Twilight, si corteggia la distopia politica per sublimare tutta l’insofferenza giovanile nei confronti di adulti e istituzioni; dall’altro, mentre a parole si istiga alla ribellione, alla presa di posizione e al pensiero critico, il risultato affoga nella ripetizione più conservatrice di contenuti e messa in scena. Così Insurgent non ha alcunché di sovversivo, nemmeno per sbaglio, soffre un po’ (ma neanche troppo) della “sindrome da capitolo intermedio”, mentre il Robert Schwentke di Red (assunto evidentemente per aumentare l’adrenalina latitante in Divergent) si aggrappa agli occhi enormi e carismatici di Shailene Woodley, ai suoi dolori di crescita e all’abusato conflitto interiore del «chi


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tocco muore». Il punto è che lo specchio scuro della fantascienza, qui, conta molto meno del fascino da esperienza videoludica: ogni film è accesso a un livello nuovo, all’interno del quale ci si muove secondo schemi consolidati dai giochi di ruolo e strategia. Lo script di Insurgent si inventa addirittura un McGuffin/scatola magica che rende il trucco quasi meta: spudorato ma efficace, tiene teso almeno il filo della tensione.

THE DIVERGENT SERIES: INSURGENT

REGIA DI ROBERT SCHWENTKE USA · 2015 · FANTASCIENZA · DURATA: 158’ CON SHAILENE WOODLEY, THEO JAMES, KATE WINSLET, OCTAVIA SPENCER GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 19 marzo


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LA FAMIGLIA BÉLIER REGIA DI ERIC LARTIGAU

di Giulio Sangiorgio

Sono tutti sordomuti, i Bélier, eccetto Paula, la figlia. Che è figura fondamentale per fare da interprete - dal francese al linguaggio dei segni, e ritorno - in occasione del presentarsi della famiglia sulla scena sociale. E interprete è un eufemismo: perché il suo ruolo è anche quello di mitigare, rendere accettabili agli interlocutori, i burberi, schiettissimi discorsi dei genitori, agricoltori e allevatori, totalmente affrancati dalla lingua dei convenevoli sociali. E politici: tanto che Bélier padre, stanco dei ritornelli retorici del sindaco, decide di candidarsi alle elezioni. In gioco, in questa storia, ci sono la responsabilità e l’ipocrisia del linguaggio, genitori infantili e figli maturi, un coming of age basato soprattutto su un’espressione di sé che passa dal farsi ascoltare dai padri e dal loro sordo egoismo. Perché l’handicap, qui, trova una giustificazione simbolica. E se si pensa che la via per l’emancipazione di Paula è quella del canto, il lessico si fa limitato ed eticamente


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discutibile. Il concept alla base è il seguente: commedia media caricaturale d’ambientazione provinciale, ancoraggio nullo al reale, tranquilla prevedibilità, feticci culturali (Michel Sardou), una stella di The Voice da far cantare (Louane Emera, César come attrice del futuro), equivoci giocati sulla disabilità (per un’integrazione nell’immaginario che apparentemente non passi dal politicamente corretto, vedi Quasi amici), ecumenismo di fondo. Non è che non funzioni. È che non ci piace.

LA FAMIGLIA BÉLIER

REGIA DI ERIC LARTIGAU FRANCIA · 2014 · COMMEDIA · DURATA: 105’ CON KARIN VIARD, FRANÇOIS DAMIEN, ERIC ELMOSNINO, LOUANE EMERA GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 26 marzo


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FINO A QUI TUTTO BENE REGIA DI ROAN JOHNSON

di Adriano Aiello

Pisa, oggi: una casa di studenti inevitabilmente fuoricorso. Cioni è affettuoso, guascone e disadattato, Vincenzo, invece, laureato in vulcanologia, ha un’offerta di lavoro in Islanda che vale la fine del rapporto con Francesca. Ilaria è incinta del solito idiota e Andrea non ingrana con la recitazione perché pensa a Marta, o forse perché non ha il talento. Le feste, le sbornie, il cameratismo, il sesso occasionale, i litigi, il frigo vuoto con la muffa, la pasta bianca, i progetti, la noia e un certo malessere esistenziale. Tutto in condivisione per gli ultimi giorni, in attesa dell’abbandono della casa: un rito di passaggio per il definitivo ingresso nel mondo adulto. Che in Italia è un’ipotesi. Raccontato così, Fino a qui tutto bene, mette paura e richiama maldestri scenari generazionali, quadretti sociologici da nazione piccola piccola. E invece l’angloitaliano Johnson, dopo il buon esordio I primi della lista, conferma il suo sguardo fresco e gentile, scavalca la retorica e abbraccia i limiti dei suoi


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personaggi, li rende vivi. Un ritratto essenziale, privo di grandi ambizioni, con idee semplici ma chiare, un po’ di candore e molto amore per i suoi interpreti. Che ricambiano: mica facile vedere in Italia attori che sembrano veri, non strillano, non eccedono, non appaiono la controfigura artefatta dell’uomo della strada (da molto tempo già di suo in debito di ossigeno narrativo). Con anche un bel finale sospeso. Sì, fino a qui tutto bene.

FINO A QUI TUTTO BENE

REGIA DI ROAN JOHNSON ITALIA · 2014 · COMMEDIA · DURATA: 80’ CON ALESSIO VASSALLO, PAOLO CIONI, SILVIA D’AMICO, GUGLIELMO FAVILLA GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 19 marzo


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FOCUS - NIENTE È COME SEMBRA REGIA DI GLEN FICARRA, JOHN REQUA

di Giona A. Nazzaro

«Quando parli sento odore di vagina». Lo dice Adrian Martinez a Margot Robbie. Ed è la cosa migliore del film. Una battuta che avrebbe potuto scrivere Francesco Milizia e che sarebbe stata perfetta anche per John Belushi. Diretto da Glenn Ficarra e John Requa, i quali avevano fatto ben sperare con il singolare Colpo di fulmine Il mago della truffa, ritornano, dopo Crazy, Stupid, Love, al film di bidoni e raggiri, ma il tutto sa di riciclato, nonostante la confezione di lusso tenti di convincerci del contrario. Will Smith è il mago che deve mettere le mani sulla formula del carburante del milionario Rodrigo Santoro. Purtroppo per lui s’innamora di Margot Robbie e tutto si complica. Sceneggiatura ovviamente onnisciente, eppure sorprendentemente priva di trovate… sorprendenti. Al confronto, In Trance di Danny Boyle e Now You See Me - I maghi del crimine di Louis Leterrier ci fanno la figura dei capolavori cubisti. E a nulla serve sparare sul pubblico Simpathy for the


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Devil degli Stones e Gimme Danger degli Stooges. La soglia dell’attenzione resta a zero. Dominando il weekend di lancio Usa con meno di venti milioni di dollari, Focus ha ristabilito le quote di Smith, ammaccate dopo il flop del ben più audace After Earth. Forse però il merito è del fascino di Santoro (Serse in 300 - L’alba di un impero), degli occhioni di Margot Robbie e, soprattutto, del suo magnifico bikini a stringhe.

FOCUS - NIENTE È COME SEMBRA

REGIA DI GLEN FICARRA, JOHN REQUA USA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 104’ CON WILL SMITH, MARGOT ROBBIE, RODRIGO SANTORO, GERALD MCRANEY GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 5 marzo


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FOXCATCHER - UNA STORIA AMERICANA REGIA DI BENNETT MILLER

di Giulio Sangiorgio

Dopo Truman Capote (un manifesto d’intenti) e L’arte di vincere, Miller torna al reale che si fa letterario, adattando l’autobiografico Foxcatcher di Mark Schulz e David Thomas. 1987. Un campione olimpico di lotta (Tatum), cresciuto sotto l’egida del fratello maggiore (Ruffalo), è chiamato dal miliardario John E. du Pont (Carrell), a far parte della sua neonata società sportiva. Ovvero un sogno a fondo perduto, una visione privata, malata d’Edipo e fuori misura, che nasce con hybris per rifondare nello sport i valori perduti d’America. Su questo squilibrio tra storia personale e destino di un paese, tra capitale e Mito, tra retorica e pratica, Miller costruisce un film che lavora sul classico ma è in cerca continua di scarti e scompensi, di tratti alienanti, di spettri: tra immagini del passato che ritornano, make up caricaturali e doc che non documentano, le inquadrature non si limitano a raccontare solo gesti ed eventi, ma si soffermano a lungo sul rapporto fisico tra


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gli uomini, sfumano il pathos, ammutoliscono l’epica e fanno dei luoghi teatri astratti e deformi, ring della mente. Sono i corpi muti a parlare, a dire delle tensioni psichiche, sessuali, economiche: la lotta non è uno sport, qui. È una tragedia implosa, silente. E non è solo un biopic, un ritratto umano, Foxcatcher. Ma storia d’America, parabola sull’imperialismo economico e culturale, mitologia che s’infrange e non smette d’infrangersi.

FOXCATCHER - UNA STORIA AMERICANA

REGIA DI BENNETT MILLER USA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 130’ CON CHANNING TATUM, MARK RUFFALO, STEVE CARELL, ANTHONY MICHAEL HALL GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 12 marzo


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FRENCH CONNECTION REGIA DI CÉDRIC JIMENEZ

di Claudio Bartolini

Storia di Pierre Michel, giudice inviato da Metz a Marsiglia nel 1975 per smantellare il traffico di eroina della French Connection guidata dal boss Tany Zampa. Storia vera, anni di piombo. Storia privata, intima, personale di due uomini dalla personalità ingombrante, dai molti nemici, la cui linea di demarcazione è tutta in un dialogo in cima a una collina, unico momento di contatto visivo tra gli immensi Dujardin e Lellouche. È nei loro personaggi, eredi legittimi di decine di volti deloniani e belmondiani, che si consuma un’e(ste)tica polar a tinte crepuscolari fatta di ambiguità morali, contraddizioni comportamentali, dissidi interiori e un’idea di legalità piuttosto malleabile da entrambi gli schieramenti. Se in interni Jimenez si rivolge alla tradizione di genere francese, è in esterni (scenografici e drammaturgici, nella messa in relazione dei protagonisti con il mondo istituzional-malavitoso) che French Connection alza lo sguardo per cercare Scorsese e Friedkin.


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La vicenda privata diventa così grande narrazione, equivalente transalpino del nostrano Romanzo criminale, con il quale condivide afflato corale, istinti pulp nella definizione dei personaggi e grammatiche realiste nell’abbondante uso di camera a spalla. Nella messa in scena filologica della Marsiglia che fu si riaprono ferite mai sanate: la giustizia, da quelle parti, è ancora lontana. E Michel diventa paradigma del presente.

FRENCH CONNECTION

REGIA DI CÉDRIC JIMENEZ FRANCIA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 135’ CON JEAN DUJARDIN, GILLES LELLOUCHE, CÉLINE SALLETTE, MÉLANIE DOUTEY GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 26 marzo


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HO UCCISO NAPOLEONE REGIA DI GIORGIA FARINA

di Giulio Sangiorgio

Eleganza oscura modello Malefica, capelli corvini, corpo perfetto stretto in tailleur, sguardo sdegnante, passo sicuro. Anita è così, algore anaffettivo e precisione di calcolo, anche se canta filastrocche d’infanzia nei momenti di ansia e nella scarpa tacco 12 ha un tallone d’Achille: la liaison con il capo, un affetto collaterale che la fa promuovere, la lascia incinta e, d’un tratto, priva di lavoro. Segue vendetta, con cromie e modi tarantiniani, l’aiuto di un gruppo di donne in disagio e l’amore di un timido avvocato. Giorgia Farina, dopo la farsa pulp Amiche da morire, che mixava stereotipi mediterranei al femminile, qui cerca con sguardo eccitato e survoltato di raccontare una nuova, possibile, contraddittoria donna di oggi. Come molta odierna serialità tv è oltre lo stereotipo (anche di quello da caratterista di Micaela Ramazzotti). Ma con i toni, comunque, della caricatura: mostra lati fumettistici dei personaggi con scene dimostrative (come quella che regala il titolo al film) e poi


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li ribalta con traumi e coup de théâtre. Solo che in un regista come Sorrentino, questo grottesco esclamativo, che schianta uno contro l’altro aggettivi qualitativi, che dice e smentisce, sa creare una misteriosa complessità. Qui la ricerca continua dell’effetto sbrana problematicità, credibilità, paradigmaticità sociale delle figurine, e quel che si vede, prima dei personaggi, è solo un esercizio di stile, di scrittura eccentrica e fuori misura.

HO UCCISO NAPOLEONE

REGIA DI GIORGIA FARINA ITALIA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 90’ CON MICAELA RAMAZZOTTI, LIBERO DE RIENZO, ADRIANO GIANNINI, IAIA FORTE GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 26 marzo


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HOME - A CASA REGIA DI TIM JOHNSON

di Andrea Fornasiero

Una razza di innocui, piccoli alieni, simili a calamari e che cambiano colore a seconda delle emozioni, invade la Terra e in men che non si dica ne trasferisce l’intera popolazione nel deserto australiano, appositamente rinverdito e attrezzato per l’accoglienza. Gli alieni Boov si installano poi nelle città, anch’esse trasformate secondo le loro strane necessità. Capaci di controllare tecnologicamente la gravità, i Boov non sanno però socializzare e sono concentrati solo sulla loro versione degli smartphone. In questo scenario, l’ipersocievole ed emarginato Oh si mette nei guai e finisce per trovare il riluttante aiuto di una ragazza, Tip, e del suo gattone Pig. Insieme attraversano il mondo su una macchina volante e vivono avventure incredibili, ma poco sorprendenti. Home - A casa si gioca subito la carta migliore con la conquista della Terra, però già dopo pochi minuti scivola nelle carinerie e nelle banalità cui la DreamWorks ci ha abituato negli ultimi anni. I Boov vorrebbero


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essere dei nuovi Minion, ma non ne hanno l’irriverenza né la comicità slapstick. E se per una volta c’è una ragazza nera al posto del solito ragazzo bianco, Tip rimane purtroppo un personaggio sui generis. Home invita all’uso consapevole delle tecnologie e al superamento delle diversità, in modo però così palese da essere adatto solo ai più piccoli, come le canzoncine di Rihanna scritte per il film.

HOME - A CASA

REGIA DI TIM JOHNSON USA · 2015 · ANIMAZIONE · DURATA: 94’

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 26 marzo


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IO SONO MATEUSZ REGIA DI MACIEJ PIEPRZYCA

di Claudio Bartolini

Ewa Pieta fu una giornalista polacca che, nel 2004, realizzò Like a Butterfly, documentario dedicato al giovane disabile Przemek, al quale i medici diagnosticarono erroneamente la paralisi cerebrale. Ma quel cervello viveva e ragionava, pensava e muoveva sentimenti mai compresi dalla società, immersa nell’eccesso stridente di un tempo in cui all’incapacità di comunicare è pavlovianamente associata quella di capire. A Ewa Pieta, morta nel 2006, è dedicato questo dramma lieve, il cui registro sfiora ripetutamente l’obiettività documentaria, salvo prendere da essa le distanze in libere ricostruzioni narrative (Mateusz si toglie l’etichetta di vegetale a 35 anni, Przemek lo aveva fatto a 16) e in concessioni retoriche atte a tirare per i capelli l’emozione, trascinandola su schermo in ralenti al pianoforte. La struttura biografica è tripartita e dal 1989 del focolare domestico, di un fugace amore, della protezione fraterna e materna, salta dapprima al 1998 - con la


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ribellione all’istituto, la scoperta di una sessualità da consumare con gli occhi e l’ipocrisia di Magda, che si occupa di Mateusz per liberarsi la coscienza -, quindi al 2008, anno del riconoscimento medico e dell’incontro con la giornalista Ewa. Racconto di una formazione diversamente abile, Io sono Mateusz offre spalla al sentimento e all’introspezione con un percorso in voce off che, per una volta, è funzionale al discorso e con un’interpretazione del giovane Ogrodnik da lacrime agli occhi.

IO SONO MATEUSZ

REGIA DI MACIEJ PIEPRZYCA POLONIA · 2013 · DRAMMATICO · DURATA: 100’ CON DAWID OGRODNIK, DOROTA KOLAK, ARKADIUSZ JAKUBIK, HELENA SUJECKA GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 12 marzo


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LATIN LOVER REGIA DI CRISTINA COMENCINI

di Giulio Sangiorgio

Del cinema italiano dei tempi che furono, i tempi di Comencini Luigi, Saverio Crispo era un divo: un Volonté, un Mastroianni, un Gassman. La Comencini, come l’Avati di La cena per farli conoscere, offre al personaggio immaginario una carriera: costruisce, tra l’omaggio e la parodia cinéphile, stralci di film d’impegno e spaghetti western, di nebbie francesi e frammenti svedesi d’inconscio. E s’inventa per lui una lunga storia di donne sedotte, nel caso sposate e poi abbandonate, e di figlie cresciute part-time, praticamente sconosciute, quando non riconosciute. Ma il film è al presente, al tempo di oggi. Riunione di famiglia a dieci anni dalla morte dell’attore: due mogli e quattro figlie, i compagni (chi li ha) e una controfigura non bastano comunque a riassumere il passato del divo, che riaffiora e sconcerta, a colpi di postumi coup de théâtre. Affrontare la figura di questa magnifica presenza, di questo pater familias spettrale, sradicandolo dal mito, femminizzandolo,


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giustificando il gossip in abyme, è programmatica occasione di emancipazione del femminile dal maschile e (affettuosamente) del presente dal passato. Ovvero da un cinema italiano (paterno) che non ritornerà. Amen. Null’altro: una commedia autoreferenziale per pubblico borghese, slegata dal reale, con gioco d’attori teatrale, difficoltà d’amalgama dei toni (il farsesco soprattutto) e poco da dire del mondo. Ultimo film di Virna Lisi.

LATIN LOVER

REGIA DI CRISTINA COMENCINI ITALIA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 104’ CON ANGELA FINOCCHIARO, VALERIA BRUNI TEDESCHI, VIRNA LISI, MARISA PAREDES GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 19 marzo


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LETTERE DI UNO SCONOSCIUTO REGIA DI ZHANG YIMOU

di Adriano Aiello

Dopo due lustri di sfarzi, epiche wuxia e coreografie luccicanti per manieristi occidentali, il cinema di Zhang Yimou (e della fedele Gong Li) ritorna a casa, a bagnare i piedi nel classicismo. E nella Cina degli anni 70, dove un professore scomodo è costretto alla clandestinità per un decennio. Fallito, per colpa della figlia collaborazionista, un primo riavvicinamento con la famiglia, l’uomo viene successivamente riabilitato, ma la moglie, colpita da una sorta di amnesia selettiva, non lo riconosce più. Mélo classico, quanto ingessato e calligrafico, Lettere di uno sconosciuto è un film sulla memoria e sulla politica come corruttrice dell’animo, morte dei sentimenti e delle ambizioni artistiche. La prima parte (più vicina a un lungo incipit che a un atto vero e proprio) documenta tutti i danni dell’apologia di regime durante la Rivoluzione culturale, ma il grigiore e il conformismo, l’enfasi dei gesti e dei dialoghi (penalizzati anche da un doppiaggio ingeneroso) sono politicamen-


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te smussati, affogati nella caricatura. La dimensione intima, che indaga invece le ragioni di una rimozione e le assurdità delle vicende, ha i toni di una dramma da camera tutto sguardi e recitazione sommessa, dove la parola è un inutile orpello e la metafora funge da monito contro la tentazione dell’oblio. Ma è tutto in superficie, trasparente, privato di ogni impeto espressivo: un cinema stanco, dal fiato corto, mai capace di affrancarsi dalla retorica.

LETTERE DI UNO SCONOSCIUTO

REGIA DI ZHANG YIMOU CINA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 111’ CON GONG LI, CHEN DAOMING, ZHANG HUIWEN, NI YAN GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 26 marzo


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MA CHE BELLA SORPRESA REGIA DI ALESSANDRO GENOVESI

di Adriano Aiello

La bella sorpresa evocata dal titolo non è sicuramente quella di vedere nuovamente Bisio in versione lombardo fuori contesto al sud, in un’altra commedia/ remake sentimentale e macchiettistica che il regista Genovesi definisce «un auto-Truman Show» (amen). Stavolta il cinema italiano va a pescare il successo brasiliano A mulher invisível per raccontare un insegnante che, scaricato dalla fidanzata, finisce per innamorarsi di una donna perfetta frutto della sua fantasia, mentre la bella vicina lo desidera e il miglior amico cerca di farlo rinsavire. Come sempre a Napoli ce sta ‘o sole, gli indolenti e le usuali storie di ordinaria medietà ad amplificare il calore romantico delle vicende. Quello che manca, nonostante qualche siparietto eccentrico e una confezione curata, è il divertimento. Al netto di qualsiasi snobismo, registriamo che Ma che bella sorpresa non fa ridere: la scrittura non ha guizzi ed è sopraffatta dalla melassa amorosa, l’alchimia tra


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Bisio e Matano non funziona (per colpa del secondo), e il regista si adagia sul solito cinema nazionale piccolo piccolo. Le cose migliori? La vittoria “morale” delle generose forme della Lodovini sull’algida perfezione estetica della Baschetti e il colpo di casting di affidare a Pozzetto e alla Vanoni i ruoli dei genitori del Bisio nazionale. Coppia che fa un po’ tenerezza, un po’ nostalgia e sembra uscita da una commedia americana ruffiana, ma a cui è davvero difficile non volere bene.

MA CHE BELLA SORPRESA

REGIA DI ALESSANDRO GENOVESI ITALIA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 91’ CON CLAUDIO BISIO, FRANK MATANO, VALENTINA LODOVINI, ORNELLA VANONI GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dall’11 marzo


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N-CAPACE REGIA DI ELEONORA DANCO

di Ilaria Feole

Fra la crisi economica e quella dei quarant’anni; fra la perdita delle radici e il dramma delle doppie punte; fra le domande esistenziali e l’unica domanda che contasse, al mare con mamma, dopo pranzo: «Fra quanto posso fare il bagno?». In mezzo, proprio lì nel limbo, si incunea e si accoccola su se stessa l’opera prima dell’attrice, autrice e performer Eleonora Danco, qui nei panni di se stessa e di “Anima in pena”. Morettiana nello spirito e nel cocciuto egocentrismo, si sposta a piedi o a bordo di un letto, nuda o in pigiama, armata di piccone o immersa negli Oro Saiwa. Mette in scena il suo ego e la sua generazione, quella prima dei nativi digitali, quella che ormai non è più nemmeno X, forse è N: come niente, come non sa/non risponde. E allora, per sfida e per confronto, interroga le altre generazioni: intervista gli anziani della natìa Terracina e gli adolescenti della periferia romana, pone loro le medesime domande sul sesso, sul matrimonio, sulla società,


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entrando nel campo inquadrato per sbugiardare la sua stessa ricerca di verità. Danco mette in posa gli interlocutori/burattini, allestisce comizi d’amore mezzo secolo dopo, non cerca rivelazioni e non tira conclusioni: intorno ai suoi botta & risposta con nonni e ragazzini, scintilla mesta la N di nulla (quello che già registrava per Radio3 nel doc a puntate Il vuoto - Anziani e adolescenti a confronto), la N di narcisismo. Ma, anche per raccontare quelle, serve essere capace.

N-CAPACE

REGIA DI ELEONORA DANCO ITALIA · 2014 · SPERIMENTALE · DURATA: 80’ CON ELEONORA DANCO GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 19 marzo


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NESSUNO SI SALVA DA SOLO REGIA DI SERGIO CASTELLITTO

di Ilaria Feole

Non bisognerebbe confondere il cuore con lo stomaco, ma per Gae e Delia, durante una cena lunga una vita, la confusione è sostanziale. Lei è diventata anoressica dopo il divorzio di mamma e papà; poi, per riscatto, nutrizionista con strascichi di paranoie gastronomiche. Lui vuole fare lo scrittore ma è incagliato fra ambizione e questioni, appunto, alimentari: cerca il cinema, trova sitcom e vite dei santi in tv. Il loro amore passa per la bocca, per i denti di Delia consumati dagli acidi gastrici, per le paste con cui lui la imbocca e, infine, per il gelato che lei gli sbatte in faccia a sancire la fine di un matrimonio deperito. Castellitto indugia su saliva e sugo, in cerca del cinema tattile e febbrile di Non ti muovere, ma lo ibrida con quello da caricatura del salotto di sinistra stile La bellezza del somaro, prendendosela col mondo anchilosato del grande schermo nostrano: la figura grottesca dell’amico sceneggiatore di grido, la writing room-carcere, la finestra che affaccia sull’Audi-


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torium in pieno Festival di Roma. Ma nell’inseguire la prosa finto-realista della moglie Mazzantini («ho infilato la giacca che metto per buttare la spazzatura e sono andata ad abortire»), nel cercare la vitalità solo tramite i primi piani trash invasi di crema pasticcera, imbastisce un’opera che denuncia tutti i vizi e i vezzi di certo cinema “colto” italiano: non ultimo, il nuovo trend della danza liberatoria su brano di Lucio Dalla.

NESSUNO SI SALVA DA SOLO

REGIA DI SERGIO CASTELLITTO ITALIA · 2015 · DRAMMATICO · DURATA: 100’ CON RICCARDO SCAMARCIO, JASMINE TRINCA, ANNA GALIENA, MARINA ROCCO GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 5 marzo


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UNA NOBILE RIVOLUZIONE REGIA DI SIMONE CANGELOSI

di Ilaria Feole

Quante vite ha avuto Marcella Di Folco? Quand’è nata, nel 1943, era Marcello, figlio di gerarca fascista; negli anni 70, col cognome Di Falco, è attore per Fellini (Satyricon, Amarcord, La città delle donne), per Petri (Todo modo), per Rossellini (L’età di Cosimo de Medici); nel 1987, a Casablanca, sancisce con la chirurgia la sua identità di donna; l’anno dopo diventa presidente del MIT (Movimento identità transessuale); nel 1995, eletta consigliere comunale di Bologna, è la prima transessuale al mondo a ricoprire una carica politica. Tra i fotogrammi dei film in cui ha recitato e quelli dei video amatoriali di famiglia, c’è una storia d’Italia in miniatura, gli anni d’oro del Piper e i primi comizi di Nichi Vendola e Vladimir Luxuria, le contraddizioni congenite di un paese la cui libertà sessuale non è mai andata di pari passo con quella sociale, per dirla con le parole della stessa Marcella, cattolica convinta e morta (nel 2010) col rosario in tasca. Simone Cangelosi fa politico il suo privato,


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costruendo un documentario intimo e narrato in prima persona, in cui il legame personale del regista col soggetto del film è esposto e fa da collante per una narrazione talvolta troppo ondivaga fra rimembranze emotive e indagine sullo status sociopolitico dei transessuali italiani. Un documento (auto)biografico prezioso quanto affettuosamente sbilanciato, che ridà voce a una figura cruciale non solo per la comunità LGBT italiana.

UNA NOBILE RIVOLUZIONE

REGIA DI SIMONE CANGELOSI ITALIA · 2014 · DOCUMENTARIO · DURATA: 83’ CON MARCELLO DI FOLCO GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 26 marzo


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UNA NUOVA AMICA REGIA DI FRANÇOIS OZON

di Mauro Gervasini

Anaïs Demoustier, mogliettina devota e un po’ dimessa di Raphaël Personnaz, scopre che Romain Duris, il marito della migliore amica morta all’improvviso, vive la propria (etero)sessualità en travesti. Si traveste molto elegantemente da donna come Ed Wood; la consorte sapeva ma ha sempre mantenuto il segreto. Invece la nostra fanciulla all’inizio si scopre turbata, poi attratta. Spumeggiante commedia di François Ozon che una volta di più, forse meglio del solito, riflette sui (labili) confini dell’identità sessuale, trattenuti dai lacciuoli di convenzioni sociali che un tempo si sarebbero definite “borghesi”. Guardando l’atrio della casa di Duris, osservandolo camminare con i tacchi a spillo, il più cinefilo degli spettatori potrebbe abbandonarsi (con gusto) alla ronde dei riferimenti. Hitchcock, Ophüls, e molto Billy Wilder, con una spruzzatina di Almodóvar. Ma non si pensi che Una nuova amica sia un semplice divertissement perché Ozon, con leggerezza sofisti-


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cata e intelligenza, racconta la confusione non del protagonista maschile, che sta invece benissimo così, ma della ragazza, creando un cortocircuito interessante. Immaginiamo l’adesione emotiva del regista al personaggio di Duris, ma è facile (e decisamente voluto) che lo spettatore si identifichi con Demoustier, così che sia nostro il suo (persino, se vogliamo, benefico) turbamento. Tra i migliori Ozon di sempre, in ogni caso.

UNA NUOVA AMICA

REGIA DI FRANÇOIS OZON USA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 105’ CON ROMAIN DURIS, ANAÏS DEMOUSTIER, RAPHAËL PERSONNAZ, ISILD LE BESCO GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 19 marzo


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ONDE ROAD REGIA DI MASSIMO IVAN FALSETTA

di Adriano Aiello

Docufiction o documentario pop, per sposare le parole degli autori, sanamente eccentrico, senza militanze o didascalie, piuttosto con lo spirito dell’elegia (l’intento è «generare nostalgia per un periodo che chi racconta non ha vissuto») e i volti e le musiche dei Rockets, a timbrare un immaginario a cavallo tra i 70 e gli 80. Che vive e pulsa della sua forza evocativa (con la realtà sostituita dalla sua stilizzazione), sottolineata da una messa in scena che va verso il road movie e la fantascienza visionaria di Diabolik. Le testimonianze dei protagonisti delle radio libere calabresi - apripista di quel sottobosco magmatico e spontaneista successivo alla “liberazione” dell’etere, sancita dalla Corte costituzionale nel 1976 - vengono scandite attraverso l’indagine di un’agente della “censura futuribile” (Barbara Cambrea, troppo ingessata nel ruolo) e gli interventi di una speaker radiofonica. Una successione di volti, strade, colori, retrofuturismi, aperture liminari che ten-


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gono in piedi una forma che non smette mai di specchiarsi in se stessa, come a volerci ricordare ossessivamente che non stiamo assistendo al più classico dei documentari. Ma il gioco alla lunga stanca e i “temi” - le potenzialità libertarie della radio, il valore culturale della musica - sono spuntati, senza storicizzazione o un discorso teorico sul movimento e sulla sua eredità storica. Magari da cercare in quel web un po’ retoricamente messo fuori dalla porta all’inizio della narrazione.

ONDE ROAD

REGIA DI MASSIMO IVAN FALSETTA ITALIA · 2013 · COMMEDIA · DURATA: 90’ CON BARBARA CAMBREA, FRANCESCA ZAVETTIERI, AWANAGANA, FEDERICO L’OLANDESE VOLANTE GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 26 marzo


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LA PRIMA VOLTA (DI MIA FIGLIA) REGIA DI RICCARDO ROSSI

di Pedro Armocida

È il film che non t’aspetti. A partire dal suo regista e interprete: quel Riccardo Rossi che ha attraversato in maniera trasversale e anche defilata il rutilante mondo dello spettacolo (ufficio stampa, cinema, tv, pubblicità liscia gassata o…) con la voce gracchiante d’una curiosa cornacchia. Per finire proprio con il tema su cui centra perfettamente il suo esordio: l’ansia di un padre quando scopre che la figlia adolescente è ormai in età di perdere la verginità. Ecco che il protagonista, separato dalla moglie, un medico della mutua (detto proprio così, a evidenziare anche il pubblico, dai 40 in su, a cui il film sembra rivolgersi), s’inventa la messa in scena d’una cena con gli amici, una ginecologa e il marito non proprio affidabile, il giorno del suo compleanno, per cercare di distogliere la ragazza da questa tentazione. Ma la serata, piano piano e dolcemente, si trasforma in qualcos’altro: nel ricordo della prima volta di ognuno dei commensali con tanto di flashback d’epoca. Una


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scelta intelligente della sceneggiatura (scritta dallo stesso regista insieme a Chiara Barzini e Luca Infascelli) e allo stesso tempo un po’ sadica, perché costringe lo spettatore a tornare indietro con la memoria e a confrontarsi direttamente, volente o nolente, con le proprie esperienze. Interrogandolo in maniera molto più profonda e universale rispetto all’ipotesi del titolo del film, limitato solo al discorso della prima volta di una figlia.

LA PRIMA VOLTA (DI MIA FIGLIA)

REGIA DI RICCARDO ROSSI ITALIA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 80’ CON RICCARDO ROSSI, BENEDETTA GARGARI, ANNA FOGLIETTA, STEFANO FRESI GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 19 marzo


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THE SEARCH REGIA DI MICHEL HAZANAVICIUS

di Mario Sesti

A chiunque abbia amato The Artist, The Search sembrerà girato da un’altra persona: anche se il giovane protagonista, un bambino ceceno traumatizzato da atti di brutalità dell’esercito russo nei confronti della propria famiglia, non dice una parola per gran parte del film, come i personaggi del cinema muto nel precedente lavoro di Hazanavicius. Ispirata a una pellicola di Fred Zinneman dallo stesso titolo (in italiano Odissea tragica), del 1948, l’opera pedina l’errare del giovane protagonista durante il conflitto del 1999, fin quando viene intercettato da un’avvocatessa, Bérénice Bejo, che lavora sul territorio in difesa dei diritti umani e che lo aiuterà nella ricerca di un famigliare sopravvissuto. In parallelo il film racconta le vicende di una giovane recluta russa, un ragazzo costretto ad arruolarsi dopo essere stato arrestato per possesso di stupefacenti, che l’esercito e la guerra trasformano in un automa violento di sapore kubrickiano. Quasi completamente desaturato di


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colori, il film perde presto la tensione necessaria a rendere convincenti, e non solo nobili, le didascaliche ed espositive tematiche umanitarie e i moniti di allerta delle coscienze che la Bejo e Annette Bening (nei panni di un ufficiale della Croce rossa) provvedono a disseminare. La rappresentazione delle brutali e omofobe milizie russe, insieme allo sguardo penetrante e muto del giovane protagonista, denunciano una guerra sanguinosa e sbagliata con efficacia maggiore.

THE SEARCH

REGIA DI MICHEL HAZANAVICIUS FRANCIA / USA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 160’ CON BÉRÉNICE BEJO, ANNETTE BENING, MAKSIM EMELYANOV, ABDUL KHALIM GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 5 marzo


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SENZA LUCIO REGIA DI MARIO SESTI

di Mauro Gervasini

Mario Sesti non è solo apprezzato critico cinematografico noto anche ai lettori di Film Tv, o animatore di festival, ma documentarista sui generis. Nel senso che parte da un progetto, può essere uno studio su Gadda o su Berlinguer, e poi cerca di svilupparlo nel modo meno prevedibile possibile. Senza Lucio non è, quindi, il film dedicato a Dalla che in tanti potrebbero aspettarsi. Non una biografia documentaristica con le immagini di repertorio, i videoclip, le scene live e la scansione biografica. Non c’è (quasi) nulla di tutto questo perché Sesti prende alla lettera il titolo e racconta un’assenza. Scomparso all’improvviso il 1° marzo 2012, l’autore di Anna e Marco ha lasciato un vuoto, quello che il film riempie di immagini (soprattutto fotografiche: suoi ritratti e poi decine di luoghi amati) parole, molta poesia, suoni e musica (di Teho Teardo, quando è originale), ma anche in questo caso meno del previsto e mai quella che ti aspetteresti. C’è un narratore esplicito,


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Marco Alemanno, compagno di Dalla e autore di quasi tutti gli scatti che si susseguono, spesso colti in viaggio: a lui il compito di definire l’uomo, più che l’artista. Per l’artista ci sono invece altri amici e colleghi, alcuni, come Renzo Arbore o Stefano Di Battista, attenti a rievocare quasi filologicamente lo spessore del musicista (jazz, pop, in realtà inetichettabile). Il ritratto così costruito finisce per essere inedito, e commovente.

SENZA LUCIO

REGIA DI MARIO SESTI ITALIA · 2014 · DOCUMENTARIO · DURATA: 86’

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 4 marzo


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SMOKINGS REGIA DI MICHELE FORNASERO

di Claudio Bartolini

Un viaggio nel mondo del mercato del tabacco su una «nave da guerra il cui fine è il danneggiamento finanziario delle multinazionali». La nave in questione si chiama Yesmoke, azienda nata nel 1999 in opposizione al grande business del colosso Philip Morris e gestita dai fratelli Carlo e Gianpaolo Messina. Iniziata con il commercio online di sigarette duty free - ovvero prive del marchio di “Monopolio di Stato italiano” - e proseguita con la distribuzione su larga scala in tabaccheria, l’attività della Yesmoke è diventata un caso: impresa di enorme successo all’estero, con particolare pervasività sui mercati nordcoreani, è stata ostracizzata sul territorio “amico” (avendo sede a Settimo Torinese) dall’attività congiunta di Philip Morris e AAMS (Azienda Autonoma Monopoli di Stato). Legalmente parlando i «Napster del tabacco» ne hanno fatte di tutti i colori, dalle multe non pagate ai sigilli infranti. Tuttavia, SmoKings procede per accumulo di paradossi, affiancando


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fino a sovrapporre le questioni etiche a quelle legali, le denunce ai monopoli alle giustificazioni della pirateria consapevole dei Messina, arrestati il 27 novembre 2014 con l’accusa di contrabbando ed evasione di 90 milioni di euro. Se tematicamente il lavoro di Fornasero apre il campo ad abissi di indignazione, filmicamente è un risaputo compito svolto per astrazione e stilizzazione, cercando il compromesso tra biografismo e denuncia nella periferia del grottesco.

SMOKINGS

REGIA DI MICHELE FORNASERO ITALIA / SVIZZERA · 2014 · DOCUMENTARIO · DURATA: 90’

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 19 marzo


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LA SOLITA COMMEDIA - INFERNO

REGIA DI FRANCESCO MANDELLI, FABRIZIO BIGGIO, MARTINO FERRO

di Giulio Sangiorgio

Da Qualunquemente a Italiano medio, passando da I soliti idioti e momenti di Zalone, c’è una vena del cinema italiano recente che potremmo definire nuovo ripugnante: ricerca del disgusto, degrado del discorso al tormentone tv, al grugnito, annullamento di ogni valore a un principio di piacere bassissimo, apoteosi di un narcisismo infantile. Non è difficile leggere nelle parole grevi e insensate dei personaggi la caricatura di una lingua (politica) ridotta a retorica d’occasione, in cui quel che si dice serve solo a persuadere il prossimo, e può esser negato subito dopo. Mi piace/non mi piace, e ritorno. Il linguaggio muore, resta la ricerca del godimento del corpo. Per paradosso in questo La solita commedia - Inferno Biggio & Mandelli mandano Dante Alighieri a mappar verseggiando i nuovi peccati contemporanei. E sono tutti peccati ridicoli e indegni, tra bolge al bar e dipendenze da smartphone, tarati su un trentenne milanese (così che i gironi s’intitolano come


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certi gruppi cinici e sornioni di Facebook). L’impressione è di un comico funereo, necrosi di una generazione reale, irredimibile: il paradiso è (s)fatto a immagine dell’uomo schifoso, dio muore, Dante è condannato all’inferno presente e l’uomo non è nudo, ma sterile, senza futuro (e senza cacchio). Cinema demente e sgradevole per forza di cose, sciatto e puerile ma inventivo, non accomodante come le commedie da salotto e le fiabe regionali. Più vivo.

LA SOLITA COMMEDIA - INFERNO

REGIA DI FRANCESCO MANDELLI, FABRIZIO BIGGIO, MARTINO FERRO ITALIA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 95’ CON FRANCESCO MANDELLI, FABRIZIO BIGGIO, GIANMARCO TOGNAZZI, MARCO FOSCHI GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 19 marzo


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SUITE FRANCESE REGIA DI SAUL DIBB

di Claudio Bartolini

È un melodramma bellico vecchio stile, quello che Dibb vorrebbe confezionare a partire dal romanzo di Irène Némirovsky pubblicato postumo nel 2004. Relegando l’afflato corale del testo di partenza a margine della storia d’amore tra il tenente nazista Bruno von Falk e la giovane Lucile, però, ne depotenzia il sottotesto fondamentale basato su una lotta di classe interna alla popolazione del villaggio francese, con la presenza nazista come semplice grimaldello per una guerra fratricida. Il sindaco collabora con l’occupante, il povero ruba al sindaco, il sindaco muore al suo posto, in quanto responsabile per l’operato dei suoi concittadini: i cortocircuiti umani sono complessi ma poco articolati e i momenti di lirismo in esterni risultano semplici corredi a un cinema frontale, patinato e verbale (a tratti verboso) da consumarsi negli interni di casa Angellier, dove cercare il senso di un’opposizione privata condotta dall’unico personaggio ben (ri)scritto. Madame


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Angellier, suocera di Lucile, è avida ma fiera, capitalista inflessibile tanto nei riguardi dei concittadini più poveri, quanto dei nuovi sfruttatori teutonici. Nei primi piani sulla fuoriclasse Scott Thomas la regia trova l’anima della Resistenza, ma palesa anche i limiti di una protagonista alla quale la soapoperistica flemma della Williams non riesce a donare la dovuta profondità. Il resto è dramma da camera per piccolo schermo, tra coiti interrotti, dolorose smorfie e vuoti silenzi.

SUITE FRANCESE

REGIA DI SAUL DIBB REGNO UNITO / FRANCIA / CANADA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 107’ CON MICHELLE WILLIAMS, KRISTIN SCOTT THOMAS, MATTHIAS SCHOENAERTS, SAM RILEY GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 12 marzo


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SUPERFAST & SUPERFURIOUS REGIA DI JASON FRIEDBERG, AARON SELTZER

di Adriano Aiello

Da qualunque prospettiva si decida di raccontare Superfast & Superfurious, il fallimento (del pensiero e del cinema) è inevitabile. Si può percorrere la strada dell’intransigenza e gridare alla luna contro la cecità distributiva italiana, grazie alla quale viene fatto circolare in anteprima mondiale (!!!) un prodotto del genere, pensato per l’home video, piuttosto che i tanti film (di genere, d’autore, sperimentali) meritevoli di un passaggio nelle sale. Si può cavalcare un brutale pragmatismo e considerarla una scelta legittima, perché le parodie dei franchise di maggior successo hanno un loro pubblico e fanno incassi. Oppure si può provare a raccontare il film come un oggetto dotato di una sua specificità. Che purtroppo non esiste. L’ottava collaborazione di Friedberg e Seltzer parte da una sceneggiatura, scritta probabilmente con il metodo Boris del generatore automatico, che ricalca e deride ovviamente il modello originale – con una trama che pesca sia nell’im-


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maginario delle corse clandestine dei primi Fast & Furious, sia nel nuovo corso a metà strada tra heist movie e exploitation di serie A – sulla linea dei vari Scary Movie, Epic Movie e compagnie parodianti, toccando però il vertice più basso del genere. Omaggio allo sbadiglio con un adattamento terrificante e una sequenza mortale di gag stanchi e annoiati, senza mai un momento in cui la visione sterzi su un trash sufficientemente consapevole da diventare almeno digeribile.

SUPERFAST & SUPERFURIOUS

REGIA DI JASON FRIEDBERG, AARON SELTZER USA · 2015 · COMMEDIA · DURATA: 100’ CON ALEX ASHBAUGH, DALE PAVINSKI, ANDREA NAVEDO, GONZALO MENENDEZ GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 5 marzo


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LA TERRA DEI SANTI REGIA DI FERNANDO MURACA

di Ilaria Feole

Speriamo che non sia femmina: nella Calabria infestata dalla ‘ndrangheta, ogni morto ammazzato, ogni boss arrestato, corrisponde a una ferita sul cuore di una madre o di una moglie. Così è per Assunta, mamma giovanissima e già vedova, sposa per forza di un uomo che non vuole; così per Caterina, consorte di un “capo” latitante di cui fa, sotto banco, le veci. Per loro valgono le leggi del sangue, dell’onore e della vendetta; per Vittoria, invece, magistrato arrivato da Roma, la legge dovrebbe essere uguale per tutti e proteggere almeno i figli innocenti dalle reti della malavita. L’opera prima di Fernando Muraca volge al femminile lo sguardo sulle mafie e sulla lotta dello Stato contro di esse, adattando il romanzo Il cielo a metà di Monica Zapelli (anche cosceneggiatrice) e tratteggiando tre esempi di sesso debole che deve, per amore, per etica o per sopravvivenza, farsi più forte degli uomini. Il presupposto, però, si mangia il film: lo sguardo acerbo di Muraca


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e la sceneggiatura esile e farraginosa non sostanziano l’intento dell’operazione, limitandosi a evidenziare, per giustapposizione, le nature più simili che opposte delle donne, siano esse assetate di potere o di giustizia. Con qualche ingenuità anche nel ritratto dei personaggi: Lorenza Indovina sembra la versione sobria della sua Carmen La Qualunque; inoltre il film, girato nel 2013, arriva in sala quando, sul tema, ha già detto di più la Imma Savastano di Gomorra - La serie.

LA TERRA DEI SANTI

REGIA DI FERNANDO MURACA ITALIA · 2014 · DRAMMATICO · DURATA: 89’ CON VALERIA SOLARINO, DANIELA MARRA, LORENZA INDOVINA, NINNI BRUSCHETTA GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 26 marzo


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L’ULTIMO LUPO REGIA DI JEAN-JACQUES ANNAUD

di Alice Cucchetti

Cina, 1967, Rivoluzione culturale: Chen Zhen e Yang Ke sono fra la moltitudine di studenti spedita nelle remote profondità del paese, incaricati di insegnare mandarino a una piccola comunità di nomadi mongoli. Sei mesi dopo, i due appaiono perfettamente assimilati al nuovo ambiente, soprattutto Chen Zhen, che, nel frattempo, ha sviluppato un’ossessione per i lupi che pattugliano la regione e una venerazione per il capotribù, l’anziano e saggio Bilig. Nel romanzo semiautobiografico di Jiang Rong – Il totem del lupo, bestseller che in Cina ha insidiato i record di vendite del Libretto rosso – Annaud ritrova i suoi temi preferiti: l’incontro/scontro tra uomo e natura, l’osservazione e la resa cinematografica del comportamento animale. Li impacchetta in un blockbuster ecologista che si vorrebbe per famiglie (ma qualche crudeltà sulle bestiole, più suggerita che mostrata, potrebbe traumatizzare i piccini) e sulla strada abbandona ogni sottigliezza: didattico


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e didascalico, L’ultimo lupo soffre personaggi abbozzati, per nulla approfonditi e incastrati dentro archetipi banali e manichei, appiattisce gli spunti problematici e le asprezze politiche del libro (e forse qua c’entra il budget cinese), dimentica sullo sfondo il potente conflitto storico-culturale tra modernizzazione e usi antichi. Di contro, il film è affollato di sequenze naturalistiche mozzafiato, tra paesaggi di bellezza acerba e dolorosa e scene di caccia ansiogene e vivide. Può bastare?

L’ULTIMO LUPO

REGIA DI JEAN-JACQUES ANNAUD CINA / FRANCIA · 2015 · AVVENTURA · DURATA: 118’ CON WILLIAM FENG, SHAWN DOU, ANKHNYAM RAGCHAA, YIN ZHUSHENG GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 26 marzo


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VERGINE GIURATA REGIA DI LAURA BISPURI

di Pedro Armocida

È tutto chiaro. È tutto evidente. La tradizione e la modernità. La campagna e la metropoli. Una donna che si fa uomo per essere libera - “vergine giurata”, appunto - e torna a essere donna per essere veramente libera. La metafora della condizione femminile, nella storia ispirata all’omonimo romanzo di Elvira Dones che si alterna tra il passato della protagonista incastonata nelle montagne mozzafiato dell’Albania più profonda, il paese delle aquile, e il presente d’una grande città italiana, è espressa con forza e con una sana dose di non detto. Le parole sono ben calcolate, perché il primo film della talentuosa Laura Bispuri gioca molto sull’immagine, sulla suggestione ancestrale del Kanun, l’antica legge consuetudinaria albanese, e, soprattutto, su Alba Rohrwacher, perfettamente in simbiosi con il suo personaggio. La macchina da presa la pedina, le sta sulla nuca, ne indaga il fisico mascolino, l’incedere dinoccolato. Poi però il lento riappropriarsi della propria femminilità


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nella ”civile” città italiana passa attraverso episodi resi in maniera un po’ forzata e quindi un po’ banale. Più ispirata, invece, la parte in Albania, dove la regista sembra essere maggiormente a suo agio, se non più interessata, soprattutto nel ritrarre la protagonista bambina e adolescente. Qui, paradossalmente, la freddezza degli ambienti e delle tradizioni rende il film più caldo, più sentito, più vero.

VERGINE GIURATA

REGIA DI LAURA BISPURI ALBANIA / FRANCIA / SVIZZERA / ITALIA · 2015 · DRAMMATICO · DURATA: 90’ CON ALBA ROHRWACHER, LARS EIDINGER, FLONJA KODHELI, LUAN JAHA GUARDA IL TRAILER su YouTube

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PROGRAMMAZIONE al cinema dal 19 marzo


In streaming

Ogni mese un titolo inedito in Italia in streaming sul nostro nuovo canale Video On Demand al prezzo promozionale di due euro e mezzo. Si comincia con il noir Policeman dell'israeliano Nadav Lapid. Guardiamolo insieme e aiutaci a promuoverlo. Se anche tu vuoi un cinema migliore fai circolare gli invisibili insieme a noi!

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FOTO TRATTA DAL FILM White God - Sinfonia per Hagen

CINERAMA RITORNA DA VOI l’8 MAGGIO CON LE RECENSIONI DI TUTTI I FILM USCITI IN SALA NEL MESE DI APRILE 2015. CINERAMA È UNA PUBBLICAZIONE TICHE ITALIA SRL. IMPAGINAZIONE A CURA DI GIULIA CIAPPA E LUCA GRIFFINI PER COMMENTI, APPREZZAMENTI E CRITICHE SCRIVETE A CHANNEL@film.tv.it PER INFORMAZIONI CONTATTATE LA REDAZIONE A SEGRETERIA@film.tv.it


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