Speciale Grecia

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UNO SGUARDO SUL CINEMA GRECO CONTEMPORANEO E SULLA SOCIETÀ CHE METTE

LE RADICI E LE ALI

IN SCENA ALL’INDOMANI DELL’ELEZIONE

di Mauro Gervasini

DI ALEXIS TSIPRAS, CHE APRE UN CAPITOLO NUOVO PER IL PAESE ELLENICO DI ERICA RE ll’ombra del Partenone, il concetto di crisi - che presuppone una dimensione temporale limitata - è diventato ormai uno, se non l’unico, status quo. Le notizie di queste settimane confermano. La scelta della Banca Centrale Europea di chiudere i rubinetti alla Grecia ha ridimensionato l’entusiasmo seguito all’elezione di Tsipras: il tour europeo del presidente di Syriza, in cerca del consenso dei creditori, e le parole spese ovunque (Obama compreso) in favore del paese sono stati freddati dalla decisione della BCE. Ponendo un ostacolo istantaneo di fronte un neo-primo ministro che, da programma, aveva e ha tutta l’intenzione di ridiscutere i tagli imposti dalla Troika. Tagli che hanno letteralmente messo in ginocchio il paese ma, magra consolazione, non un cinema che nella crisi sembra aver trovato nuova linfa e maggior forza, al punto di far parlare di una vera e propria new wave della produzione ellenica, forse figlia della voglia di riscatto o delle tante storie borderline da racconta-

[ FILMOGRAFIA TRA MITO E REALTÀ] a cura di Giulio Sangiorgio

GOLFO [Grecia, 1914] di Konstadinos Bahatoris I pionieri del cinema greco furono i fratelli (macedoni) Milton e Yanaki Manaki, sulle cui tracce è il protagonista di Lo sguardo di Ulisse di Angelopulos. La mitica commedia bucolica Golfo, primo lungometraggio di fiction della storia greca, fece fallire la compagnia del regista. Il cinema come industria è conquista lontana. 12 FILMTV

DAPHNIS AND CHLOE [Dafnis kai Hloi, Grecia, 1931] di Orestis Laskos Se l’agreste Golfo fonda il cinema greco all’insegna del genere pastorale (le “fustanelle”, dal nome del costume folkloristico maschile), fino alla Seconda guerra mondiale ricorrono film di stampo similamatoriale, che mettono in scena pièce teatrali e storie popolari. Tra questi si distingue il film di Laskos, per senso plastico del quadro e cura fotografica.

© HAOS FILM

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La crisi che ha messo la Grecia in ginocchio è anche, purtroppo, culturale. Parlando con vari operatori di Atene si percepisce la paura di non riuscire più a realizzare film, mentre l’industria editoriale nel suo insieme boccheggia e persino il turismo ne risente. Eppure in questi ultimi anni il cinema ha saputo dare le migliori chiavi di lettura di una situazione di depressione europea che nel paese delle radici del continente trova la sua più drammatica manifestazione. I film di Yorgos Lanthimos, in particolare Alps, Miss Violence di Alexandros Avranas, il fulminante cortometraggio Out of Frame di Yorgos Zois, i più recenti A Blast di di Syllas Tzoumerkas o Stratos di Yannis Economides ci parlano a volte in maniera indiretta, a volte esplicitamente, di quel che accade alle persone, del disgregarsi dei valori, di un tessuto sociale sempre più sfilacciato, ma anche delle responsabilità e delle speranze. Purtroppo in Italia, con l’eccezione di Miss Violence, nessuno di questi titoli è stato distribuito. Un vero peccato. Forse, chissà, parlano anche un po’ di noi.


A lato, Evangelia Randou e Ariane Labed (vincitrice della Coppa Volpi a Venezia 2010) in una scena di Attenberg di Athina Rachel Tsangari

THE SONG OF SEPARATION [To tragoudi tou horismou Grecia, 1939] di Filopimin Finos È per merito di Filopimin Finos che nasce un’industria cinematografica greca, prima con la Anzervos, poi con la Finos Film. Si consolidano i generi classici del cinema greco: il film di guerra, il melodramma, il film comico (da testi teatrali) e il film in fustanella. The Song of Separation è il primo titolo sonoro della cinematografia nazionale.

THE COUNTERFEIT COIN [Istoria mias kalpikis liras, Grecia, 1955] di Yorgos Javellas Ispirato ai mélo italiani d’impianto realista degli anni 30 e 40, il corrispettivo greco è genere che racconta storie di sacrificio, come a educare una nazione ad accettare la propria condizione di stenti. Javellas fu il regista più rappresentativo del filone.

STELLA, CORTIGIANA DEL PIREO [Stella, Grecia, 1955] di Michael Cacoyannis Cacoyannis, ispirato da Luciano Emmer, da Roberto Rossellini, come da Raffaello Matarazzo, racconta la storia melodrammatica di una donna che rifugge la morale e soccombe alle ragioni del cuore. Una tragedia greca al tempo di un neorealismo portato ai limiti, con recitazione modernissima. Cacoyannis, autore eclettico e centrale, è lo stesso di Zorba il greco. FILMTV 13


re. «Ora siamo tutti meno individualisti e questo ha creato una sorta di nouvelle vague autoctona», ha dichiarato l’attore Georges Corraface. A confermarlo, del resto, sono i festival che, con le antenne sempre puntate verso le zone calde della cinematografia internazionale, stanno intercettando da anni segnali e vibrazioni più che positivi in arrivo dalla regione attorno ad Atene. E questo a dispetto dei budget quasi irrisori (raramente si sfiorano i 100 mila euro) messi a disposizione dei registi quasi esclusivamente dal Greek Film Centre, che tende comunque a sfavorire gli artisti emergenti. «I privati e gli sponsor non investono perché mancano gli incentivi fiscali», ha denunciato il cineasta Yorgos Lanthimos. E ancora: «Questa industria non può contare su nessun tipo di aiuto - è stato il commento del documentarista Yorgos Avgeropoulos. - Possiamo solo autofinanziarci. Ma lo facciamo volentieri, anche per dimostrare che possiamo cavarcela da soli». Non è un caso che proprio di “orgoglio nazionale” si sia parlato quando Dogtooth è stato candidato come miglior film straniero agli Oscar del 2011. E in effetti, dal 2008 a oggi, numerosissimi titoli scritti con l’alfabeto greco sono riusciti a fiorire al buio di una sala cinematografica a dispetto della crisi, sebbene da quest’ultima siano stati profondamente influenzati. Da ameno luogo vacanziero ideale per matrimoni grossi e grassi, sul grande schermo la Grecia è infatti ora rappresentata in qualità di incubatrice di malessere e disagio, come riassume efficacemente anche Out of Frame, un corto di Yorgos Zois che mostra i pannelli per le affissioni sgombri, perché non c’è più nulla da pubblicizzare: come a dire che è la Grecia stessa a essere rimasta “vuota”. Ed è proprio questo forte senso di sofferenza a pervadere la produzione ellenica contemporanea. RITRATTI IN NERO Tra le strade, fra la gente, non si parla d’altro. Eppure, al cinema, la politica tende a fare solo da sfondo. Forse per una sorta di insofferenza, forse addirittura come forma di protesta. Fatto sta che la decadenza delle istituzioni viene esplicitata, ma neanche con troppa convinzione, solo in una manciata di titoli, quali, per esempio, A Blast (firmato da Syllas Tzoumerkas, 2014, un vero e proprio pugno nello stomaco per una nazione che ammette così il proprio fallimento), Pazza idea Xenia (Panos H. Koutras, 2014, sul diritto di cittadinanza), The Eternal Return of Antonis Para-

skevas (Elina Psikou, 2013, attraverso gli occhi di un presentatore tv rapito). Davanti alla mancata responsabilità dei poteri forti e, soprattutto, alla loro mancata rappresentazione abbondano le storie di personaggi che vengono reclusi, si autorecludono, puniscono o si autopuniscono. Trattasi di metafore di una situazione sociale ed esistenziale. La patria, molto spesso, è rappresentata come il focolare domestico. Non è difficile leggere i molti genitori, repressivi e ipocriti, che popolano i film di questa nuovissima onda greca (chiamata anche “Greek Absurdism” o “Greek Weird Wave”) come lo Stato. Di questo filone fanno parte innumerevoli film come, ovviamente, il già citato Dogtooth (Yorgos Lanthimos, 2011; figli rinchiusi ed educati come cani da padre padrone e madre supina) e Miss Violence (Alexandros Avranas, Leone d’argento per la regia a Venezia 2013; una famiglia apparentemente perfetta, un suicidio, un abisso che si scoperchia tra prostituzione e genitori ciechi e immorali), Wasted Youth (Argyris Papadi-

[ FILMOGRAFIA TRA MITO E REALTÀ]

THE OGRE OF ATHENS [O drakos, Grecia, 1956] di Nikos Koundouros Con Cacoyannis, Koundouros supera i limiti del cinema commerciale, intagliando una propria, riconoscibile, visione d’autore. Eletto miglior film della storia di Grecia, O drakos è un disperato quadro sull’alienazione urbana, tra istanze realiste e fughe espressioniste. Citato da Franzen in Libertà. 14 FILMTV

RICOSTRUZIONE DI UN DELITTO [Anaparastasi, Grecia, 1970] di Theodoros Angelopoulos L’Ossessione ellenico, il film che fonda, guardando ai pianisequenza di Antonioni, il nuovo cinema greco. Angelopoulos, all’esordio, racconta di un greco emigrato in Germania che, al suo ritorno, è ucciso da moglie e amante. La ricostruzione impietosa cancella ogni patina dalla cartolina greca.


© OFFICINE UBU / OXYMORON FILMS / HOMEMADE FILMS

mitropoulos e Jan Vogel, 2011), il nerissimo e laconico Stratos (Yannis Economides, vedi Scanners n. 5/2015), il drammatico J.A.C.E. (Menelaos Karamaghiolis, 2011, dedicato a un bambino solo nei bassifondi di Atene). E ancora i vampiri quotidiani di Alps (sempre di Lanthimos, 2011), Attenberg (Athina Rachel Tsangari, 2010, storia di morte, educazione sessuale e lotta all’anaffettività), Boy Eating the Bird’s Food (Ektoras Lygizos, 2012, quadro agghiacciante della disperazione dei giovani greci), un documentario scurissimo, su un’apocalisse rurale, come To the Wolf (Aran Hughes & Christina Koutsospyrou, 2013) e infine il prossimo venturo The Lobster (del caposcuola Lanthimos, probabilmente a Cannes 2015, film che immagina una società dove i single vengono segregati e perseguitati). La crisi economica mangia l’anima, come sanno i protagonisti di The Daughter (Thanos Anastopoulos, 2012; un padre di famiglia all’improvviso sparisce per non pagare i debiti, metafora esemplare di una società in cui i responsabili del disastro sfuggono alle proprie responsabilità) e The Enemy Within (Yorgos Tsemberopoulos, 2014, con in mostra la “barbarizzazione” di un’altra, ennesima famiglia a seguito del collasso nazionale). La domanda è banale, ma in questo buio sorge spontanea: dove sono finiti i paesaggi da cartolina di Mamma mia? Tv

A destra, un momento di A Blast; a sinistra, Wasted Youth ; in alto, Pazza idea Xenia

EVDOKIA [Grecia, 1971] di Alexis Damianos Storia d’amour fou tra un sergente e una prostituta, alla periferia di Atene, sotto lo sguardo dei colonnelli. Damianos, attore e immenso regista di pochissimi film (tre, oltre a una serie tv) gira un dramma sociale che annienta la mitologia bellica, portando alla luce di un sole crudele i limiti di società greca e pensiero borghese.

THE ENGAGEMENT OF ANNA [To proxenio tis Annas, Grecia, 1974] di Pantelis Voulgaris Piccoli dettagli restituiscono semplicemente e realisticamente le tensioni psicologiche che legano una famiglia borghese in interno e Anna, femminile di Il servo, cameriera a loro sottoposta. Da vedere in relazione al Greek Absurdism e alle sue prigioni.

LA RECITA [O thiasos, Grecia, 1975] di Theodoros Angelopoulos Attori vagabondi richiamano il mito degli Atridi e mettono in scena il loro spettacolo, mentre la Grecia scorre, dalla dittatura di Metaxas all’occupazione nazista, dalla Resistenza ai Colonnelli. I pianisequenza di Angelopoulos sciolgono la Storia in un unico tempo, racchiudono eventi fuor di cronologia, il pubblico, il mitico, il personale. Capolavoro assoluto. FILMTV 15


BREVE STORIA DEL PAESE ELLENICO NELLA SETTIMA ARTE: DAI FRATELLI MANAKI AL CINEMA DELLA CRISI, PASSANDO PER LE INQUADRATURE IMMORTALI DI THEODOROS ANGELOPOULOS DI GIULIO SANGIORGIO

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Lo sguardo di © BOO PRODUCTIONS / LINEL FILMS / EYEMOON PICTURES

lay, 2009. Una voce, dal mangianastri, recita: «Le parole nuove del giorno sono: mare, autostrada, escursione e carabina». È una voce di madre, che falsifica la lingua per educare i figli, per imporre limiti al loro mondo. «Mare» è la poltrona del soggiorno, «autostrada» ed «escursione» sono dissociate dal concetto di fuga, parole che non vanno da nessuna parte, «carabina» non è un’arma, ma un uccello bianco. «Telefono», per i figli di Dogtooth, secondo film di Yorgos Lanthimos, cronaca nera e teatro soffocante dell’assurdo, non permette di comunicare: è una saliera. E la «fica» non è l’organo sessuale femminile, detto con vogliosa trivialità: perché è semplicemente, per loro, una lampada. Rewind, 1939. The Song of Separation di Filopimin Finos, padre e padrone dell’industria cinematografica greca, è il primo film sonoro. La lingua e la musica, al cinema, restituiscono alla Grecia e al suo popolo il suono e il senso delle proprie radici, negate dalla dominazione turca. Il proprio linguaggio, i limiti del proprio mondo negato, rinato, fino alla prossima oppressione, fino alla prossima tragedia. Il racconto di una repressione e il sollievo di una liberazione. Se il cinema è la traccia di un mondo, se s’impregna della storia e della società che lo produce, se si conforma ai desideri del tempo e insieme li forma, allora è ragionando sui li-

[ FILMOGRAFIA TRA MITO E REALTÀ]

REMBETIKO [Grecia, 1983] di Costas Ferris Opera d’elevata ambizione, la migliore di Costas Ferris, è la biografia di Marika Ninou, rebetisse, ovvero cantante di rebetiko, musica blu dell’anima, dell’esilio e della nostalgia. Struggimento amoroso, e quarant’anni di storia del paese. Dedicato a chi conosce il genere solo perché ama Vinicio Capossela. 16 FILMTV

KARKALOU [Grecia, 1984] di Stavros Tornes «Di Stavros Tornes non si può dire che fosse un professionista, e nemmeno un artigiano: facendo cinema non esercitava un mestiere, ma uno stile», scriveva Marco Melani. Autore di un cinema povero, miserabile ma trionfante di poesia, fuori dal tempo, fuori dalla storia di ogni cinema: fughe dell’anima, occhi negli occhi con il mito.


A lato, due immagini di To the Wolf; a sinistra, in basso, Dogtooth; qui sotto, Miss Violence

Ulisse miti del cinema, quelli delimitati dalle inquadrature, che possiamo capire come è cambiato un paese. In una cinematografia che nasce in ritardo, e poi arranca tra dittature, guerre mondiali, occupazioni, guerre civili, che prende il La da macedoni (i fratelli Manaki omaggiati da Lo sguardo di Ulisse di Angelopoulos) e cresce per poco tempo in Egitto (da greci in tournée ad Alessandria e il Cairo), che si fa industria negli anni 40 (proprio con Finos) tra film bellici, mélo, opere “in fustanella” (ovvero i drammi pastoral/folkloristici) e, dopo la guerra, per parlar di Resistenza è costretta (visto che il comunismo era inviso) a raccontar di eroi e storie minuscole, facendo del sacrificio degli umili un modello di vita da smerciare alla nazione,

THE PHOTOGRAPH [I fotografia, Grecia, 1987] di Nikos Papatakis Ambientato al tempo dei collonnelli, è la storia di un commerciante costretto ad abbandonare la Grecia per Parigi: qui una fotografia crea un malinteso con il suo ospite, un malinteso sostenuto dal giovane. Il realismo si astrae in un incubo soffocante e allucinato che riflette l’atmosfera sociale del periodo. Verso la tragedia.

per familiarizzare con miseria e disoccupazione, qui, in questa storia, non scegliamo le commedie drammatiche di Michael Cacoyannis, i lirismi trattenuti di Alexis Damianos, i pamphlet di Costa-Gavras, i capodopera di Nikos Koundouros o Stavros Tornes per guardare al cinema d’oggi. Ma Theo Angelopoulos, uomo del Nove-

DOGTOOTH [Kynodontas, Grecia, 2009] di Yorgos Lanthimos Cani e padroni di cani. Il film centrale del Greek Absurdism, allegoria sociale e caricatura rabbiosa, tra Haneke, i Peanuts e The Village : la famiglia è una casa chiusa, un luogo concentrazionario, in cui i padri reprimono i figli, sono loro proprietà, proprietà di Stato, e non c’è nessuna ipotesi di futuro.

cento, e le sue inquadrature. Perché nel racconto epico brechtiano dei suoi pianosequenza, il regista di La recita racchiude la Grecia, cerca di raccontare la storia che scorre ed è scorsa nel paesaggio, cerca di riassumere il tempo e i suoi cambiamenti in un’inquadratura, contempla quello che nel corso degli anni si è sedimentato sulle pareti, la terra, il cielo, le immense pianure e gli uomini, quel che lega il presente al Mito. Il cinema greco di oggi, quello di Lanthimos e Tsangari & Co, il cinema che nasce dalla Crisi e non vede (per ora?) vie di fuga, è l’esatto contrario: le sue inquadrature sono chiuse e asfissianti, caricature di pura superficie, di un realismo che s’è fatto perturbante parodia. Non conoscono profondità

epica, ma solo il sotterfugio, si serrano in focolari che sono campi di concentramento affettivo e se guardano al Mito s’accontentano di Sisifo (o dell’assurdo, secondo Camus) perché assurdo è il loro presente sfiancato, annichilito nel nichilismo, nel ridicolo nonsense, nella noncurante mercificazione d’ogni rapporto. I limiti del mondo: vignette satiriche e mortifere Tv

THE CAPSULE [Grecia, 2012] di Athina Rachel Tsangari Un collegio, una madre natura segregata, donne che le nascono intorno, si lasciano educare e poi, fragilissime, muoiono. La Tsangari stringe in un film fantastico, cortometraggio tra la pubblicità d’alta moda, lo sguardo antinarrativo della videoinstallazione e la sperimentazione linguistica (evolvendo il kinetoscopio), la claustrofobia e la rassegnata bestialità dei suoi tempi. FILMTV 17


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