Cinema
Uno spettro si aggira per il mondo: il capitalismo di Loretta Masotti
In “Capitalism. A love Story” Michael Moore, analizzando la crisi economica americana, denunciava l’incompatibilità tra democrazia e capitalismo. David Cronenberg in “Cosmopolis” va oltre, descrivendo in chiave apocalittica gli effetti devastanti di un sistema che finisce per distruggere la stessa identità umana. Tratto dal romanzo omonimo di Don DeLillo, maestro della narrativa postmoderna americana, il film rimane sostanzialmente fedele a un libro, pubblicato dieci anni fa, che si è rivelato estremamente profetico per quanto concerne la disastrosa crisi economica attuale. Ambientato in un’unica giornata di aprile del 2000, a New York, “Cosmopolis” parla di un giovane manager miliardario, Eric Packer (Robert Pattison, divo emergente conosciuto in vari film della serie su Harry Potter ma soprattutto come vampiro in “Twilight”) che attraversa la città in una bianca limousine per recarsi dal suo vecchio barbiere a tagliarsi i capelli. Per gran parte del film rimaniamo dentro la superaccessoriata automobile, in una dimensione piuttosto claustrofobica, e assistiamo alla frenetica attività del protagonista che organizza riunioni, segue l’andamento dei mercati azionari, si fa visitare dal suo medico, incontra donne con cui consuma rapporti sessuali freddi, meccanici, cercando di avere un controllo totale in ogni situazione. C’è uno scarto ben evidente tra desideri e realtà; l’insoddisfazione cresce fino a diventare una costante in un uomo che non riesce a provare più emozioni. La limousine foderata di sughero come la stanza di Marcel Proust lo isola dalla realtà e da se stesso. Il tema del rapporto uomo-macchina ritorna, dopo che il regista l’aveva ampiamente rivisitato nell’inquietante”Crash” in cui addirittura l’automobile diventava escrescenza del corpo umano. Ma qui la limousine assurge a simbolo di un mondo economico che segue inesorabilmente le sue logiche di profitto prescindendo totalmente dalla realtà umana. Compare persino, su un muro, una celebre frase di Marx: “Uno spettro si aggira per il mondo” ed è evidente che non è più del comunismo che si sta parlando. Le certezze incrollabili di Eric si sgretolano parallelamente alla crisi finanziaria che non è riuscito a prevedere. Gli ultimi venti minuti del film sono un pezzo di teatro. Eric si incontra con Benno (Paul Giamatti), l’uomo che costituiva per lui una minaccia di morte. Avviene tra i due un lungo dialogo. Ma per Eric ormai tutto è consumato, tutto è finito da vivo, qualsiasi cosa faccia il suo assassino.
“Cosmopolis” di David Cronenberg. 2012
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Cinema
Senza catarsi. Pietà di Loretta Masotti
La Corea del Sud è una delle quattro Tigri asiatiche, per potenza economica, anche se la crisi, alla fine degli anni Novanta, l’ha colpita duramente. Nel sobborgo degradato di Seul in cui è ambientato il film”Pietà”, è vissuto per cinque anni Kim Ki Duk quando faceva l’operaio; conosce per esperienza questa desolata periferia urbana, popolata da piccole officine artigiane del ferro, destinata, per la speculazione capitalistica, a essere spazzata via per lasciare posto a grattacieli. Contro questo capitalismo rapace, il regista lancia la sua invettiva e costruisce una parabola cupa incentrata sul potere inquinante del denaro, definito “la fine e l’inizio di tutte le cose”. Il film si apre e si chiude con due scene di suicidio (motivo ricorrente in molte sue opere) come a sottolineare l’assenza di speranza e l’autodistruzione di questa società. Nella prima sequenza vediamo un poveraccio sulla sedia a rotelle che s’impicca avvolgendosi intorno al collo una catena con gancio, legata a un macchinario che lo solleva, mentre si sente il grido di una donna sullo sfondo. Si tratta di una delle tante vittime del protagonista, Kang-do, un trentenne spietato che, alle dipendenze di un usuraio strozzino, va a riscuotere i debiti di questi lavoratori disperati e li mutila per incassare, se inadempienti, i soldi dell’assicurazione. Nella scena finale assistiamo a un altro macchinoso suicidio, probabilmente realizzato con lo stesso gancio e catena del primo: con ripresa dall’alto vediamo in soggettiva avanzare, su una strada livida, un camioncino che lascia dietro di sé una lunghissima scia del sangue di Kang-do, mentre risuona il “Kyrie eleison”. All’interno di questo circolo che si chiude in una sorta di contrappasso, si dipana la storia di Kang-do che è fatta di solitudine e di assenza di amore. Quando nella sua vita compare una donna (la bravissima Jo min-Su) che dice di essere sua madre e che chiede perdono per averlo abbandonato, la reazione del giovane è aggressiva e crudele. Prima di cedere e
di riaprirsi all’amore, sottopone la madre a prove estreme, per la violenza e l’atrocità. Approfondendosi il legame, tra i due si sviluppa un rapporto edipico; è uno dei tanti richiami alla tragedia greca che accompagnano tutto il film, dominato dal tema della nemesi che inevitabilmente si abbatte sul carnefice. E’ per Kang-do una sorta di educazione sentimentale accelerata che tuttavia lo rende vulnerabile e dipendente dall’amore. Ma la catarsi non è possibile nell’universo del regista coreano. Chi cerca di cambiare diventando umano tradisce le regole di un capitalismo che non permette deroghe alle proprie leggi.
Kim Ki-Duk “Pietà” Corea del Sud 2012
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Cinema
La bella addormentata è l’Italia di L. M.
La bella addormentata del film di Bellocchio è Rossa, una giovane tossica interpretata da Maya Sansa, disperata, che tenta ripetutamente di togliersi la vita e che viene salvata da un medico (Pier Giorgio Bellocchio) convinto che la donna possa rinascere, “risvegliarsi” appunto e riaprirsi alla vita. Rossa la vediamo subito, nelle sequenze iniziali del film, che dorme su una panca di una chiesa. Ma bella addormentata è, metaforicamente, l’Italia di oggi (febbraio 2009) in uno stato di torpore «E' un film che racconta il coma delle idee, non quello fisiologico», ha detto magistralmente Toni Servillo, che nel film è il senatore del Pdl Uliano Beffardi, profondamente in crisi. La politica esce a pezzi. In uno dei più alti momenti del film uno psichiatra di partito (Roberto Herlitzcha, che Bellocchio aveva scelto già in “Buongiorno notte” per interpretare Moro) parlando con Servillo nel bagno turco, dice con ironia: ”Sono molti i malati di mente in Parlamento” e di fronte allo scrupolo raro di qualche senatore invita ad assumere psicofarmaci per tacitare la coscienza. Anche nel bombardamento televisivo che occupa gran parte del film i politici, che vogliono essere presenti ad ogni costo, strumentalizzano a fini di consenso persino la tragedia Englaro. Questo caso doloroso rimane sullo sfondo e fa da raccordo alle tre storie che compongono il film e finiscono in qualche modo per intrecciarsi, nel richiamarsi a un’unica tematica che ha a che vedere con le libertà di scelta, il senso della vita, la possibile speranza. Da una parte si parla appunto di Rossa e del dottor Pallido, dall’altra del senatore Uliano che vuole dimettersi dal suo partito, assumendosi la responsabilità delle sue convinzioni, perché non condivide il disegno di legge del governo Berlusconi, il provvedimento Sacconi, che vuole impedire la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione per i pazienti in stato vegetativo. Uliano è profondamente legato a sua figlia Maria che invece milita nel Comitato per la vita. L’ultima storia chiama in causa un’altra giovane in coma irreversibile, Rosa, per dedicarsi alla quale la madre, una famosa attrice splendidamente interpretata da Isabelle Huppert, sacrifica carriera e famiglia. Il film si collega idealmente a”L’ora di religione” del 2002 in cui era rappresentata l’ipocrisia religiosa e veniva stigmatizzato il potere che la chiesa detiene in Italia da secoli. Meno duro e arrabbiato il Bellocchio di “La bella addormentata” che, da laico e ateo qual è, si capisce che difende la scelta libera del proprio destino, ma non infierisce su chi non la pensa come lui e sa descrivere con rispetto anche i sentimenti di personaggi come Maria. Non è un caso che l’episodio che chiude il film non riguarda la fine ma l’inizio di vita, con la trasformazione di Rosa, perché “L’amore cambia il modo di vedere tutte le cose. Non è vero che acceca, anzi.” “Bella addormentata” di Marco Bellocchio .2012.
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Cinema
Infanzia violata di Loretta Masotti
Uscito in Italia il 3/2/2012 e già in televisione ad agosto per iniziativa di Enrico Mentana, che gli ha dedicato uno degli speciali del cinema, per l’alto valore sociale della pellicola, “Polisse” ha ottenuto meritatamente il premio della giuria al festival di Cannes. Il titolo è una storpiatura grammaticale di “police”, suggerita alla regista da un errore d’ortografia del figlio, e utilizzata per differenziarlo dall’omonimo film di Maurice Pialat del 1985. Qui la polizia viene presentata positivamente, descrivendo il difficile lavoro dell’Unità per la protezione dell’infanzia che opera nella zona nord di Parigi, soprattutto contro gli abusi ai minori. Compare uno spaccato della drammatica vita quotidiana di dieci poliziotti; si tratta di storie vere, resoconti tratti dai verbali e frutto di lunghe ricerche sul campo della regista. Vediamo sfilare visi di bambini abusati, per violenze, pedofilia, sfruttamento della prostituzione, ma il film non si limita alla denuncia sociale e scava nelle vite di tutto quest’universo degradato, in una società complessa e multietnica come quella francese. Anche le vite dei poliziotti sono presenti nel loro difficile equilibrio tra pubblico e privato; qualche successo raggiunto ripaga di tante tensioni e brutture. La stessa regista francese, Maiween Le Besco, qui al suo terzo film, è presente nel ruolo di Melissa, fotoreporter incaricata dal Ministero di documentare l’attività della sezione. Sposata con Francesco (Riccardo Scamarcio), direttore d’orchestra affermato, molto infedele, da cui ha avuto due figlie, Melissa s’innamorerà di Fred (Joey Starr), il più ribelle e intemperante dei poliziotti, e per lui abbandonerà il marito e il benessere alto borghese della sua precedente condizione. Forse questa è la parte meno efficace ed essenziale del film che funziona soprattutto nelle dimensioni corali, quando seguiamo le vicende abilmente realizzate con camera a mano, ascoltiamo gli interrogatori a genitori e parenti diffidenti e irresponsabili, sentiamo il dolore profondo di queste giovani vite. Un film duro, che non concede molto alla speranza, anche nel finale drammatico che è come un pugno nello stomaco. “Polisse“ di Maiwenn Le Besco. 2012
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formazione
L’Istat fa il censimento del volontariato a cura della Redazione
A
10 anni di distanza dal primo rilevamento, l’Istat ha dato il via al censimento sul non profit. Un settore importante, che secondo lo stesso Istituto di statistica conta oltre 235 mila organizzazioni non profit, pari al 5,4% di tutte le unità istituzionali; circa 488 mila lavoratori, pari al 2,5% del totale degli addetti e circa 4 milioni di persone coinvolte in veste di volontari. I questionari pervenuti alle aziende e alle istituzioni non profit potranno essere compilati via web oppure in modo cartaceo entro il 20 dicembre 2012. Nel caso in cui il rispondente decide per la compilazione del cartaceo, deve consegnare il questionario esclusivamente a mano all’Ufficio Provinciale di Censimento della Camera di commercio (indicato sulla prima pagina del questionario). Nella compilazione via web l’utente viene guidato passo per passo dal programma, il procedimento è più veloce e permette di ottenere immediatamente una ricevuta, oltre a consentire di stampare la copia del modello appena compilato. L’Istat con il supporto di forum Terzo Settore, CSVnet Italiana (Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato) e Caritas, invita gli operatori di riferimento della sua struttura, a due workshop tecnici sulle modalità operative per partecipare al Censimento delle istituzioni non profit. All’indirizzo http://censimentoindustriaeservizi.istat.it/ sono disponibili informazioni e chiarimenti video-tutorial che spiegano come effettuare la compilazione on-line. Secondo la FITeL, a fronte della crisi del welfare state, così come lo abbiamo conosciuto in Italia e in Europa nei decenni scorsi, dei profondi cambiamenti culturali, sociali ed economici in atto, è auspicabile che tale censimento possa servire a capire se e dove sia utile ri-orientare l’iniziativa del Terzo Settore, per rispondere ai nuovi bisogni e all’ampliarsi di problematiche già in parte presidiate, ma anche intercettare attese e valori dei cittadini a cui garantire una migliore qualità di vita.
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Enogastronomia
Funghi Porcini fritti
Ingredienti (per 4 persone) • • • • •
Funghi porcini 1 Kg Olio d’oliva Un paio di spicchi d’aglio Sale Farina
Preparazione Con spazzola o panno inumidito ripulire la cappella e il gambo dei funghi. Tagliare il gambo alla base della cappella. Affettare i funghi dello spessore di 1 cm ed infarinare. Immergere i funghi affettati nell’olio bollente di un’ampia padella in cui ci sarà pure qualche spicchio d’aglio con la buccia. Importante è che i funghi “galleggino” sulla superficie. La cottura deve essere effettuata solo su un lato avendo cura di picchiettare con la punta di una forchetta sui funghi per immergerli completamente nell’olio anche per un solo istante. La cottura è pronta quando il perimetro della fetta risulta indorata. Togliere i funghi rapidamente sgocciolandoli e depositandoli su di un vassoio con carta assorbente, salare a piacere e servire caldi.
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Libreria
Un thriller eno-gastronomico
“
di Ferruccio Valletti
R
icette per un delitto”, questo il titolo di un romanzo collettivo scritto a dieci mani dai soci dell’Arca Enel. Il “fare insieme” è l’elemento centrale su cui si sviluppa l’idea, un metodo che riconduce alla partecipazione attiva, caratteristica fondamentale che accompagna l’associazione nelle molteplici attività che svolge come fonte produttrice di cultura. Hanno deciso di mettersi in gioco per creare un racconto incentrato su Vittorio Chiara, uno chef geniale e altezzoso, un alchimista della cucina caratterizzato da una complessa personalità che, ahimè lo condannerà ad un finale beffardo. Un giallo interessante in cui i personaggi si incontrano intorno ai fornelli per mescolare ingredienti e ricordi, per ripercorrere le passioni e anche le delusioni condivise con Vittorio. Il tutto sullo sfondo di una città affascinante e multietnica, Torino. La scelta della città in cui ambietare il thriller rispecchia la passione del protagonista per le spezie e le contaminazioni tra le cucine del mondo. Maria Pia Capuano, Adriana Virzì, Michele Ciardi, Vittoria Maraniello, Leonarda Barraco, Antonella Calatabiano, Nino Cirrincione, Maria Concetta Noto, Massimiliano Del Testa, i 9 soci dell’Arca Enel a cui va un ringraziamento sincero per il grande lavoro svolto insieme. Un ringraziamento anche a Silvia De Marchi, ora editor della Casa editrice indipendente “Compagnia delle Lettere”, coordinatrice del lavoro e a Fabio Sabatini dell’Ufficio Marketing dell’Arca, ideatore dell’iniziativa. La frase che segue, che è stata citata nel libro in quanto strettamente legata alla trama del racconto, fa riflettere e pone il punto di partenza per scoprire un thriller enogastronico ricco di ricette e personaggi improbabili. “La cucina italiana è una smentita quotidiana alla xenofobia ideologica, che rifiuta la prospettiva della società multietnica. Perchè è da secoli multietnica, miscela formidabile e squisita di culture disparate, dall’araba alla nordeuropea.” Curzio Maltese
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