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Auto, la domanda è debole. Anche perchè non si sa cosa comprare

AUTO, LA DOMANDA È DEBOLE. ANCHE PERCHÉ NON SI SA COSA COMPRARE

Nel mercato domina l’incertezza anche sul fronte della scelta della motorizzazione: termica, ibrida o elettrica.

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Rilanciare le vendite di automobili è cruciale per la ripresa veloce e frizzante dei consumi, lo diciamo da mesi. Probabilmente, serve un intervento congiunto del Governo e degli stessi operatori, non solo di natura economica ma pure di chiarezza su cosa acquistare. L’analisi delle vendite di giugno, confrontate con quelle pre-Covid di gennaio/febbraio, mostra alcuni dati interessanti. Le vendite a società di rent-a-car e le auto-immatricolazioni fatte dal sistema, anche in forma di noleggio, sono in grandissima sofferenza. Questo è fisiologico, visto che la capacità di questi operatori di assorbire nuove macchine è ridotta al lumicino. Anzi, è sorprendente in positivo che siano già sul mercato, sebbene a volumi molto ridotti. Questa è una parte del problema e la soluzione sta nella ripresa degli altri canali, che dovrebbero fare molto di più, se vogliamo che l’intero sistema distributivo tenga, senza provocare ulteriori danni a un tessuto economico abbondantemente in affanno. Questo è il momento in cui chi è in grado di produrre ricchezza e guadagnarsi da vivere sia messo in condizioni di farlo. Veniamo dunque agli altri canali, quelli che risentono direttamente della domanda dei clienti e che dunque con qualche approssimazione possiamo definire pull: i privati innanzitutto e poi anche le società, sia che acquistino direttamente sia che ricorrano alla formula del noleggio a lungo termine. Qui, bisogna ammetterlo, il mese di giugno ha sorpreso un po’ tutti, segnando un meno 12% che fa il paio col meno 11% del primo bimestre. Un risultato frutto principalmente della flessione del 22% dei noleggiatori, a fronte di una

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crescita del 18% di inizio anno. Il fenomeno si spiega col fatto che le aziende hanno rimandato il rinnovo dei noleggi in scadenza, anche per schivare brutte sorprese al momento della rivendita dell’usato, in tempi di vacche molto magre. Anche le società hanno tirato i remi in barca, a meno 18%, ma già a gennaio e febbraio stavano sul meno 10%. Un po’ come i privati, che a giugno hanno fatto meno 8%, una flessione che è la metà di quanto registrato a inizio anno. Questa fotografia sicuramente contiene anche un effetto-rimbalzo dei mesi di lockdown e dunque potrebbe peggiorare nel secondo semestre. Di conseguenza, è assolutamente necessario incentivare chi può acquistare a farlo, lasciandogli piena libertà su cosa acquistare. Ogni ulteriore distinguo su emissioni, pettinatura del venditore e giorno della settimana appare davvero fuori dalla realtà critica di questa congiuntura. Vieppiù perché l’analisi manda anche un altro messaggio: questa domanda pull era fiacca, molto fiacca, già prima della pandemia. Dunque, se è vero l’adagio latino post hoc ergo propter hoc, è vero anche il suo contrario: questi clienti comprano poco per ragioni che non dipendono dalle difficoltà economiche sorte dalla crisi Covid. Ma questo lo sapevamo allora e lo sappiamo oggi. Il cliente è confuso, non sa che macchina scegliere, perché gli sono arrivati troppi messaggi contraddittori e fuorvianti. Allora sarà bene che l’offerta si decida a fare chiarezza, una volta e per tutte. Abbandoni definitivamente l’espressione “neutralità tecnologica” che non è decifrabile dalla gente comune. Dica se il diesel fa parte o no del futuro dell’automobile, e se no smetta di venderlo, giacché è un po’ troppo pretendere che i clienti lo comprino se chi lo vende non ci crede o mostra di non crederci. Se piacciono tanto le elettriche, seguano la strada di Smart, che ha escluso dalla produzione quelle col motore termico e si accontenta del 10% dei volumi. Insomma, scelga una posizione e la occupi con convinzione: i clienti, pochi o tanti che siano, aspettano solo di sapere cosa acquistare. Articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore, il 2 luglio 2020

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