Confluenze Magazine Anno 1 Numero 6

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Confluenze esperienze di pesca a mosca

Anno 1 - n.6 novembre 2013

www.confluenze.com 1 Confluenze

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Coordinatore Rivista online

Natalino Costa Coordinatore Pubblicità per l’Italia

Marco Feliciani Coordinatore Pubblicità per l’estero e web master

Massimiliano Lo Faro Coordinatore Relazioni Italia/estero

Pino Messina Coordinatore Immagine

Corrado Corradini

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CONFLUENZE Esperienze di pesca a mosca

Foto di copertina: Alberto di Corrado corradini

Il bel sogno

Faccio una fatica bestiale ad attraversare questo boschetto. Come sempre, mi vado a cercare i posti più infrascati e incasinati, è diventato un vizio, mi sono infilato in un miscuglio di rami e foglie e magari cinque metri più in la, c’è un sentiero. Con la canna montata poi, è una vera e propria libidine, … la mosca che si infila in ogni angolo, il cimino che si incastra, la rete del guadino che si impiglia pronto a spararmi una bordata sulla schiena, … faccio più passi indietro che avanti. Ma finalmente la riva è alla mia portata, supero la solita battaglia con la natura e scopro l’acqua, bella tranquilla, limpida, perfetta, viva. Rimango per un attimo paralizzato dalla miriade di piccole bollate che rompono la quiete liquida. Mi introduco un po’ in acqua per avere spazio per il lancio, scelgo una moschetta nera e ad ogni posa corrisponde un temolo. Temoli, tutti temoli, è una temolata pazzesca, grossi piccoli, medi, succhiano quella piccola mosca senza ritegno, mi sento il re del temolo. Dopo il cinquantesimo, emergo un po’ dall’acqua, mi gonfio come Hulk e alzo le braccia al cielo per mostrare la mia superiorità al pesce, poi faccio un passo indietro e … bestia che buio! Perplesso e stralunato perlustro il posto. Ho un fianco indolenzito, i miei occhi fissano una luce rossastra: una radiosveglia, … l’ora, … è tardissimo, mi sono svegliato cadendo dal letto, tra breve mi verranno a prendere per partire ed io stavo beatamente sognando. Tutto ok, ce l’ho fatta e dopo qualche ora, molte risate, discorsi e dibattiti semiseri, arriviamo a destinazione, in cerca di una vera temolata. Fuori dal sogno la realtà è diversa e cruda.

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Acqua alta, velata, nessuna attività, nessuna collaborazione malgrado le nostre belle mosche. Proviamo sotto, sopra, … di fianco, dove vorremmo che fossero e anche dove non penseremmo mai di pescare, ma i risultati scarseggiano e anche i più bravi (non io!) e solitamente fortunati, stentano a catturare. Nel frattempo l’acqua cala, si libera dalle impurità, dando una speranza per un prossimo giorno migliore. Anche noi ci consoliamo a vicenda parlando della prossima uscita, studiando strategie diverse, convincenti. Oggi è un altro giorno, abbiamo cambiato fiume, non la voglia di vincere la nostra sfida e finalmente, senza dover sognare, le cose si mettono al meglio. Poche bollate, ma la caccia è una vera goduria. I pesci salgono convinti, trote e temoli, iridee cattivissime e temoli, temoli di tante taglie. Passiamo le ore centrali a catturare e slamare. Questa è una giornata da ricordare, da segnare nel diario dei bei ricordi, credo che quest’anno sia la migliore uscita di pesca. A sera, i nostri commenti sprizzano meraviglia, ognuno di noi racconta il proprio meglio. Si festeggia, poi la notte ci porta all’ultima pescata. Terzo giorno e terzo fiume, la giornata è splendida, la pesca, no! Nessun segno, l’incertezza ritorna insieme al solito tram tram delle ipotesi e dei perché. I pesci non mangiano e basta, non ci sono scuse, oggi torniamo anche noi nel solito anonimato, tra la moltitudine di quei pescatori delusi che hanno poco da raccontare e tanto da ascoltare, forse, per imparare. Sotto sopra, di fianco, nulla sprona i pesci, i temoli. Qualche sporadica minima cattura non ci consola. Torniamo alle nostre realtà, ripercorriamo la strada del ritorno tra pensieri e discorsi colmi di se e di ma, … pieni di tanti fiumi con pesce che collabora, … in cui io sono ancora il campione, l’unico che cattura grossi, piccoli e medi temoli che rilascio con tenerezza. Nat, nat … sveglia, siamo arrivati, siamo a casa. Ancora una volta il sonno mi ha vinto e il sogno mi ha pervaso, conquistato, quasi convincendomi. La dura realtà invece mi porta sulla soglia di casa mia verso le solite abitudini. In fondo credo che sia giusto così, forse la troppa soddisfazione porterebbe al non gusto della sfida. Allora via con mosche nuove, esperienze nuove, nuovi suggerimenti, strategie diverse. Si torna a lottare per sperare di rivivere qualche giorno da ricordare e se fortuna mi assisterà, potrò sperare di rifare un vero bel sogno! Natalino Costa

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Confluenze esperienze di pesca a mosca

ANNO 01 N.°06 novembre - dicembre

PRESENTA:

PIKE

on the fly

Prima parte

Di Pino Messina

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THE DREAMLAND TRIP Di Mauro Guidali

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LA PRIGIONIERA DELL’ACQUA Di Pierangelo Grillo

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TORRENTI E RII ALPINI mosca secca e valsesiana due tecniche a confronto Di Paolo Cerrina

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LA CACCIA D’AUTUNNO Di Danilo Palermo

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DITTERI, FORMICHE, CHIRONOMIDI E PICCOLI PLECOTTERI: quando trote e temoli fanno il crash test al nostro sistema nervoso.Seconda parte

Di Marco Feliciani

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Confluenze esperienze di pesca a mosca

Hanno collaborato per la realizzazione di questo numero: Paolo Cerrina Impossibile non pensare alla pesca parlando del suo passato, La sua prima immagine con la canna in mano risale a quasi 40 anni or sono. E’ arrivato alla pesca a mosca passando attraverso tutte le tecniche possibili, fino ad approdare ora anche alla valsesiana. E’ iscritto all’I.F.T.A.; adora la costruzione delle mosche ed ama la pesca nei torrenti alpini, alla ricerca di trote autoctone che insidia a mosca secca e e con tecnica valsesiana praticando rigorosamente il no kill.

Pierangelo Grillo Nato 56 anni fa a Biella, . Fa parte del club pescatori a mosca “Thymallus Aurora” di Biella e del Club Pescatori Sportivi di Novara. Socio e revisore dei conti dell’I.F.T.A. Inizia a costruire mosche artificiali quando capisce che catturare i pesci con le proprie imitazioni, procura un appagamento totale. Frequenta principalmente i fiumi della sua Provincia, il Cervo e l’Elvo ed i torrenti della Valle d’Aosta.

Danilo Palermo Sono nato e vivo in Liguria dove la pesca in mare fa parte della quotidianità, quindi esserne coinvolti è cosa normale. Purtroppo trent' anni fa la pesca a mosca in mare era sconosciuta. Ho avuto fortuna qui ad avvicinarmi ad essa un giorno per caso: "oltre al mare, il fiume" e scoprire il vero piacere della pesca in ogni ambiente possibile.

Marco Feliciani E’ nato nel 1959 a Milano, padre di tre figli, Giulia, Giovanni e Luciano, convive da anni con Antonella. Fin da bambino conobbe la pesca a mosca alla quale si dedicò completamente nel 1977: fu amore a prima vista e da allora praticò solo questa meravigliosa tecnica. Attualmente è presidente del FLY ANGLING CLUB di Milano, è sicuramente uno dei più quotati fly tyers Italiani. Da anni collabora con le migliori riviste di pesca a mosca. Altri collaboratori: Pino Savino - Osvaldo Gilli - Canepari Albino - Angelo Codecasa Laura Pisano - Stefano Vallongo - Bo M. Jensen - Luigi Naglia

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Mauro Guidali E’ nato nel 1967, di professione impiegato, sposato con Lia. La sua è nata dai primi anni della sua vita grazie ad uno zio che lo coinvolgeva con questa passione portandolo in pesca nei bellissimi laghetti alpini delle montagne ticinesi. Dal 1982 rimase folgorato dalla mosca guardando un suo compaesano dal quale ricevette le prime nozioni. Da qualche anno è impegnato per cambiare e migliorare la pesca in Canton Ticino. E’ membro del Club Pescatori a Mosca Ticino (CPMT).

Corrado Corradini Ha fatto il fotografo per passione e come professione per otto anni poi, per caso, è entrato in contatto con il meraviglioso universo della pesca a Mosca. È' stato un " colpo di fulmine ". Si sta parlando di una trentina di anni fa, oggi, in maniera certamente più matura ed equilibrata, vive parallelamente l'amore per la pesca e per la fotografia in funzione alla sua duplice esperienza.

Natalino Costa Nato a Lodi, nella pianura lombarda delle rogge, delle risorgive, dei canali e dell’Adda, risiede ed è sposato con Grazia dalla quale ha avuto due figli. Passata, spinning e poi mosca, l’escalation, della sua pesca. Dal 1983 la scoperta della pesca a mosca che ha poi cambiato non poco le sue abitudini e le sue passioni. Nel 2004 ha formato il gruppo di redazione che per otto anni ha curato la pubblicazione di Fly Fishing.

Max Lo Faro La pesca a mosca è per lui, più che uno svago o un lavoro, un vero e proprio stile di vita. Nato nel Friuli nel “73”, per motivi professionali, vive in Austria da più di 15 anni. Le sue esperienze di pesca, hanno varcato spesso i confini europei, partendo dai grandi fiumi dell’Argentina, fino ai fiumi del Nord come il Mörrum in Svezia, passando attraverso le flat delle Bahamas, ma il suo cuore rimane per i fiumi nostrani ricchi di trote e temoli.

Pino Messina La pesca a mosca a due mani è per lui una vera e propria religione, una passione che lo porta ad investire tempo e risparmi in continui corsi di aggiornamento sul lancio tecnico ed in battute di pesca al salmone atlantico ed alle trote di mare in giro per il nord Europa. Istruttore di lancio ed autore di diversi articoli pubblicati sia su riviste del settore che on-line, da anni si dedica inoltre alla caccia di trote marmorate nei grandi fiumi del piano. 9 Confluenze

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Paesaggio irlandese, foto di Pino Messina 17 Confluenze

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Testo di Pino Messina Foto di Angelo Codecasa, Stefano Vallongo, Pino Messina Quella della pesca al luccio, se non curata, rischia di diventare una vera e propria malattia, se poi i lucci vengono insidiati a mosca, allora la patologia è certa! Ma sapete qual’è la cosa più divertente? E’ che nessuno dei pescatori a mosca incalliti di pesca al luccio ha voglia di guarire da questa malattia!

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Praticare la pesca al luccio a mosca è molto bello, occorre tuttavia essere metodici e lasciare ben poche cose al caso. La stragrande maggioranza del merito di quanto personalmente acquisito e messo in pratica nell’insidiare il luccio, lo devo al mitico Paolo Pacchiarini ed alle straordinarie indicazioni e consigli minuziosamente forniti nel suo libro “Il Luccio – Strategie e Artificiali” della

Gea Edizioni. E’ da questo testo che ho evinto che per poter insidiare con successo l’esocide è indispensabile partire dalle conoscenze delle sue caratteristiche morfologiche e sensoriali, nozioni che inevitabilmente influenzeranno la nostra azione di pesca. La forma della sua testa,

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il corpo arrotondato e lungo caratterizzato dalla disposizione particolarmente arretrata delle pinne maggiormente sviluppate, lo rendono capace di scatti fulminei, tuttavia possibili solo per brevi distanze.

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La sua dentatura, incredibilmente sviluppata, difficilmente lascia scampo alla preda ghermita. La sua linea laterale, probabilmente l’organo sensoriale più importate e sviluppato, gli consente di individuale le prede anche a notevole distanza, ma anche di allontanarsi rapidamente a fronte di rumori molesti o da pose particolarmente rumorose della coda durante l’esecuzione dei lanci maldestri. L’azione di pesca deve essere effettuata con cura, specie nelle aree maggiormente battute, laddove i pesci diven-

tano sospettosi e sensibili. Altro aspetto assolutamente fondamentale è identificare le zone e gli ambienti frequentanti dal luccio, come la presenza di particolare flora acquatica o aree di riparo visibili; in assenza di questi riferimenti diventa importante la conoscenza dei fondali dei corsi e specchi d’acqua dove si svolgerà l’azione di pesca; la presenza di relitti, scalini o vegetazione sommersa diventa ideale per l’appostamento dell’’esocide. 23 Confluenze

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Altro aspetto da non sottovalutare sono le stagionalità che, al loro variare, porteranno il luccio a spostarsi. Nei grandi laghi del piano e subalpini un altro fattore che influenza la migrazione dei lucci, sono i venti e le relative temperature; nei paesi del Nord Europa come in Irlanda ed alcuni paesi scandinavi, i lucci seguono talvolta i flussi migratori dei salmoni, oppure, lungo specifici tratti di coste svedesi, seguono i banchi di aringhe. Diventa quindi molto importante avere le conoscenze specifiche per ogni luogo frequentato e le giuste cognizioni di causa per poter pescare con successo i lucci, specie se a mosca. L’attrezzatura riveste un altro aspetto molto importante. Tendenzialmente si preferirà l’uso di canne particolarmente potenti, caratterizzate da lunghezze nell’ordine dei 9ft, in grado di lanciare code del #9 o del #10. Le code impiegate saranno delle weight forward in grado di sostenere e lanciare a distanze, talvolta significative, voluminosi artificiali. Oltre la classica coda galleggiante, è molto importante disporre di code intermedie ed affondanti per poter sondare i diversi strati d’acqua, in funzione delle diverse condizioni e situazioni di pesca. 25 Confluenze

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Durante il viaggio di pesca al luccio effettuato a fine maggio del 2013 in Irlanda, ho trovato estremamente efficienti due tipologie di attrezzature. La prima è stata una potentissima canna della Vision, modello Big Daddy da 9ft per coda 9#, abbinata ad un mulinello Vision XLA Hard 11 caricato con un buon quantitativo di backing ed una coda Vision Big Daddy galleggiante del #9. La serie di canne Big Daddy è stata appositamente studiata dalla finlandese Vision per poter lanciare voluminosi dressing; grazie ad un’azione medio veloce questa canna risulterà molto piacevole durante l’esecuzione dei lanci, risultando tuttavia molto potente durante le fasi del combattimento, anche con esemplari di grossa taglia; la sua azione sembra infatti far stancare piuttosto in fretta i pesci allamati, riducendo il loro stress e relativo indebolimento. La seconda combinazione è stata una divertentissima Sea Level Extreme Inshore da 7,11ft per coda #9, abbinata ad un mulinello Alutecnos misura 80, caricato con del backing da 30lb e coda Vision Big Daddy intermedia del #9. Questa seconda canna è stata appositamente disegnata

dalla Sea Level per la pesca dalla barca; la sua lunghezza ridotta, la rende estremamente maneggevole e precisa, consentendo di cambiare repentinamente la direzione dei lanci, anche con esche di generose dimensioni. Nella pesca al luccio è sempre buona norma disporre altresì di una coda avente il 4° grado di affondamento, solitamente necessaria per sondare gli strati d’acqua più profondi, tuttavia, le condizioni affrontate durante quest’ultimo viaggio, non hanno necessitato dell’impiego di questa tipologia di coda. La difesa del luccio raramente comporta lo sbobinamento della coda fino al backing; l’esocide esercita infatti potenti e repentine fughe, seppur piuttosto limitate nel tempo; questo significa che i mulinelli impiegati dovranno essere di buona fattura e qualità, con frizioni progressive, caratteristica presente sia nel Vision XLA Hard che nell’italianissimo Alutecnos. Le due tipologie di attrezzature pocanzi descritte erano sempre montate, facendo si che fossi pronto ad affrontare le diverse situazioni di pesca che di volta in volta fronteggiavamo.

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Stefano Vallongo & Pike Pride Conosco Stefano Vallongo da qualche anno ormai. Stefano, noto a molti come Mr Esox, è il titolare di “Pike Pride”, www.pikepride.com, un tour operator unico nel suo genere. Oltre ad organizzare viaggi di pesca, negli ultimi anni è divenuta una delle persone più autorevoli in ambito pikefishing, sia a livello nazionale che internazionale. Recentemente, insieme ad altri cari amici e soci del club “Pescatori Mosca Lodi”, abbiamo trascorso una memorabile vacanza di pesca al luccio in Irlanda, avvalendoci degli ineccepibili servizi messi a disposizione dalla struttura di Stefano. Si è trattata di una vacanza completamente ed unicamente votata alla pesca del luccio, letteralmente immersi negli indimenticabili paesaggi dell’isola di smeraldo. Stefano e le sue guide ci hanno guidato negli spot più proficui sia lungo le rive dei fiumi Suck e e Shannon, sia alla ricerca di grossi esemplari nei migliori spot del lago Ree. La loro indiscutibile competenza ha fatto si che potessimo sfruttare sempre e al massimo le condizioni e situazioni di

pesca; l’utilizzo di imbarcazioni grandi e perfettamente equipaggiate, abbinata alle ineccepibili capacità di manovra e gestione da parte delle guide, ha consentito di ottenere il massimo da ogni battuta di pesca, con copiose catture giornaliere. Nulla è stato lasciato al caso. Stefano è il suo team sono sempre stati al passo con i tempi, perfezionando anno dopo anno sia le conoscenze dei luoghi pescati, identificando le migliori esche da utilizzarsi per singolo periodo, condizione climatica e livelli, nonché incrementando sempre più le quantità di spot utili. Quella sua e del suo team è una competenza che va oltre il rigore professionale, è una vera e propria passione viscerale che agevola e garantisce successi pressoché sicuri alla totalità dei clienti che decidono di avvalersi dei sui servizi. Per contattare l’autore: pinomessina@confluenze.com pinomess@libero.it

Tour Operator: www.pikepride.com




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L’artic char, foto di Mauro Guidali 35 Confluenze

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Testo di Mauro Guidali Foto di Mauro Guidali e di Bo M. Jensen

Finalmente è arrivato il giorno della partenza! Ho appena lasciato la mia cara dolce metà e mia nipote che mi hanno accompagnato a Malpensa e ora sono solo in attesa dell’apertura del gate per imbarcarmi su un volo SAS che mi condurrà a Copenhagen, dove incontrerò il resto del gruppo con il quale intraprenderò questa avventura in Groenlandia. 37 Confluenze

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Al mattino seguente, infatti, al ceck-in per Kangerlussuaq, anche se non li ho mai visti ne sentiti prima d’ora, riconosco per via dei loro bagagli e tubi per le canne, gli undici nordici miei compagni di avventura, che parlano una lingua incomprensibile, ma per fortuna, anche inglese. Dopo un altro volo interno, arriviamo a Sisimiut, ultimo caposaldo di civiltà prima di immergerci nella natura più assoluta e immensa che abbia mai visto. Ci prepariamo per l’ultimo trasferimento; sotto un cielo nuvoloso carichiamo la barca che ci porterà a destinazione con tutto l’occorrente per una settimana in tenda e arrivato il capitano, salpiamo. Risaliamo un fiordo avvistando qualche foca molto sospettosa e guardinga perchè da queste parti, gli inuit ne fanno banchetto, poi anche qualche cetaceo simile a dei

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grossi delfini. Le pareti di questi grandi “sassi” che emergono dall’acqua, a volte sono imponenti, incontaminati, la natura è aspra e brulla, da quando sono in Groenlandia non ho più visto un albero. Dopo qualche ora di viaggio arriviamo alla foce del nostro fiume, ma dobbiamo attendere che la marea alzi il livello dell’acqua per poterci avvicinare con una piccola barca al nostro campo base.

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Inganniamo l’attesa facendo qualche lancio a spinning con due rudimentali canne del capitano o meglio con una canna e mezza, visto che una è rotta a metà. In ogni caso, primo lancio, primo pesce! E’ un merluzzo, poi, ogni tre lanci, un pesce: incredibile! Finalmente è arrivata l’ora di sbarcare ed io assieme a Bo (il tour leader), Öve (il cuoco magico) e tutti i bagagli saremo i primi a sbarcare, gli altri

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ci seguiranno con un altro trasbordo. Il nostro arrivo coincide anche con la partenza di un altro gruppo che ha terminato la sua avventura ed io incontrando uno di quelli che sta ripartendo, un vichingo (che poi scoprirò sfogliando una rivista che si trattava di un noto un pescatore/regista di nome Peter Christensen), chiedo informazioni sul fiume. Mi risponde che è pieno di char, ma che sono un po’ apatici per via del caldo, (circa

15/18°), poi mi da alcune dritte riguardo i posti migliori dove insidiarli. Appena il gruppo è completo al campo e ognuno ha scelto la propria tenda, l’eccitazione aumenta. Tutti montano le canne e si preparano. Le uniche istruzioni per usufruire delle comodità e dei servizi del campo sono: cena alle 19,30 e colazione alle 7,30. Il livello del fiume è basso, monto una coda gal-

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leggiante del nr. 6 su canna 9 piedi. Bo mi suggerisce che se di giorno fa troppo caldo, saliranno a galla sulle mosche in foam di notte. Alle 17.00 tutti partono a pesca, la maggior parte scende in acqua appena oltre le tende, io invece mi sposto da solo, guado subito il fiume e raggiungo la sponda che preferisco, poi ripensando ai consigli del vichingo che mi ha detto che i pesci ci sono partire da ca. 40 min. di marcia dal campo, mi incammino deciso. Dopo una bella marcia, vedo i pesci, ma decido di continuare risalire ancora un po’ così poi potrò pescare a scendere con la ninfa. Trovo un piccolo affluente e lo risalgo per ca. mezzo chilometro. Qui l’acqua è un po’ più torbida rispetto a quella del fiume principale; innescata una pesante ninfa color

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verde fluo, inizio a pescare e quasi immediatamente vedo il filo che si blocca. Non sembra una mangiata, forse sono sul fondo. Alzo la canna e subito il mio mulinello inizia a cantare, è un pesce! Il torrente non è più largo di un metro, ma questo avversario, scappa avanti e indietro come una furia. Io forte del mio tip del 0.26 (kg. 8.8), cerco di forzarlo e dopo un bel combattimento riesco a guadinarlo: è uno splendido char argento. Lo misuro 52 cm., gli faccio la foto, lo riossigeno e lo rilascio. Bellissimo, è impressionante la difesa che ha messo in campo, ha lottato per la vita, non poteva immaginare

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che l’avrei rilasciato. Guardo l’ora, sono le 22.00, credo che questa sera non rientrerò per la cena, quando sono in pesca il tempo è relativo, non mi accorgo che passa e poi qui poi con la luce 24 ore su 24 è impossibile rendersene conto. Così continuo a pescare, prendo, perdo, rilascio, faccio le foto solo ai pesci che superano i 60 cm., poi mi accorgo che non ho visto nessuno

dei miei compagni così prendo la via del ritorno, arrivo alla mia tenda e il campo sembra deserto, tutti dormono. Guardo l’ora, sono le 05.45; ho fatto 7 foto ma avrò preso una quindicina di pesci o forse più. Mi sdraio, ho i crampi. Alle 07.30 mi sveglio e faccio colazione con tre uova e bacon poi torno a dormire fino a che non fa troppo caldo per restare in tenda.

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Nel pomeriggio con Bo si decide di andare fino alla foce per vedere se ci sono char che risalgono. Ne vediamo solo due, il vento mi porta al naso il profumo del soffice terreno che stiamo calpestando, sembra di respirare miele. Dopo aver cenato, riparto solo per la seconda battuta di pesca, marcio ma non arrivo fino al torrente di ieri, mi fermo in zona che viene chiamata la automatic pool. Rimetto la ninfa e i char non si fanno desiderare; non sono grossi come quelli di ieri, ma comunque sui 50/5 cm. e la battaglia è sempre incredibile anche perché qui il fiume è più grande ed hanno spazio per delle ripartenze spettacolari. Incontro Bo che sta pescando a galla con la mosca in foam e mi fa vedere come deve lavorare: praticamente va fatta dragare. Così dopo aver visto una bollata, decido di montarla anch’io. La pesca a galla non garantisce lo stesso numero di catture come la ninfa, ma è decisamente molto più eccitante; è impressionante vedere gli inseguimenti, gli attacchi che fanno esplodere l’acqua o semplicemente le grosse bocche aprirsi e inghiottire la mosca, è una pesca che ti toglie il fiato anche se a volte mancano la mosca o la rifiutano spingendola con

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i “becchi”, ma poi ecco che arriva quello giusto ed inizia un’altra lotta epica: 62 cm., spero che sia rimasto nel film della mini/telecamera che ho montato sugli occhiali, non mi posso assolutamente permettere di consumare troppo le batterie perchè al campo non c’è corrente. Sono felice, dopo una decina di pesci rientro e arrivo alla tenda mentre gli altri pescano ancora. Anche il giorno seguente, dopo un’ottima cena, riparto per una nuova battuta di pesca. Il bello di essere soli è che non devi render conto a nessuno, lo svantaggio è che nessuno ti filma o ti fa le foto di rito. Decido di ritornare fino al piccolo torrente e pesco subito a galla con la foamfly; gli attacchi e i combattimenti sono sempre spettacolari. Poi mi cimento sul fiume principale, rimetto la ninfa e così le catture si susseguono a ritmo frenetico finché non mi impiglio sul fondo. Provo a tirare il filo con la canna dritta, ma niente la ninfa vuole liberarsi. Non voglio perdere la mosca, così attraverso il fiume per avvicinarmi, ma quando riprendo in mano il filo, il “fondo si sposta” lateralmente di una ventina di centimetri!? … accidenti è un pesce, il papà di tutti i pesci! Non ho nemmeno il tempo di scorgerlo

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perché con un movimento se ne va con il mio finale del 0.26 lasciandomi in mezzo al fiume con “il naso in mezzo alla faccia”, incredibile! Incontro Bo e mentre prepara un bel caffè, gli racconto la mia avventura e lui se la ride di gusto. Poi riprendiamo pescare insieme mentre dalla cime di due picchi, già baciati dal nuovo sole, spunta una luna fantastica grossa e piena. Uno spettacolo della natura che difficilmente potrò riammirare, fantastico! Quando rientro e vado a dormire sono le 03.30. Nuovo giorno, non combino un granché. Finalmente si cena e dopo essermi rifocillato con entrata di char affumicato e come piatto principale petto d’anatra con patate, broccoli e peperoni, (Öve Hitchcook, come ormai viene da tutti chiamato è un vero mago della cucina) io, Öve, Bo e Ulf partiamo per una nuova missione: vogliamo andare a quella che è chiamata da tutti la “one milion dollars pool”. E’ una lunga marcia di ca. 9 km. Si sale fino a 800 m. slm. Lungo la via ci imbattiamo in un piccolissimo riale di pesci, si, perché sembra che al posto dell’acqua ci siano solo pesci! Nelle piccole buche si vedono pinne dorsali e code che fuoriescono, così Öve ci mostra la pesca con le mani, ma ad essere sinceri, non è che ci voglia una grande abilità e tutti ne prendiamo almeno uno.

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Riprendiamo il cammino, Öve e Ulf vanno diretti alla pool, io e Bo decidiamo di pescare a risalire a galla. Il torrente da queste parti si presenta come un vero e proprio torrente di montagna con sassi, buche profonde e una buona corrente, piuttosto impegnativo. Bo ha subito alcuni pesci in canna, mentre io ne manco diversi e ne prendo qualcuno. Poi vedo una grossa bocca aprirsi e inghiottire la mia foam-fly e subito dopo mi ritrovo ad inseguire questo diavolo su e giù per le buche, dietro i grossi sassi. La corrente è forte, rischio di fare il bagno più volte e dopo il combattimento più estremo che ho affrontato in questi giorni, riesco finalmente a spiaggiare un maestoso char maschio, bellissimo, con il becco e anche abbastanza colorato; lo misuro: 76 cm. non sto più nella pelle, da qui alla pool le catture si susseguono e i pesci sono tutti grossi quasi tutti oltre i 60 cm. e come sempre cattivissimi, alcuni riescono a spaccare i nostri finali. Quando finalmente arriviamo al hot spot, è passato parecchio tempo e li non c’è più nessuno. Mentre facciamo il caffè, ci sporgiamo quatti quatti sulla pool che misura ca. 3 m. di larghezza per 25/30 m. di lunghezza. Quello che vedo ha dell’incredibile, nell’acqua calma ci sono centinaia di pesci, che scopriamo comunque piuttosto difficili da catturare. Riusciamo a prenderne un paio

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a testa e due di questi superano ampiamente i 70 cm. misurati. Bo mi propone di andare oltre dove ci sono ancora bellissime buche ed in effetti catturiamo sempre a galla tantissimi altri pesci, in alcuni spot anche 3 pesci a testa. E’ veramente pazzesco, alla fine decidiamo di rientrare. Facendo alcune considerazioni posso affermare che avremo catturato in due, una sessantina di pesci o forse anche di più. Torniamo al campo, mangiamo uova e bacon poi vado a riposare. Guardo l’ora sono le 10.45, siamo dei pazzi, sono esausto. Mi sveglio che è pomeriggio, il tempo non è bello, il campo è deserto, decido che è ora di fare il bagno così mi armo del mio beauty case, vado al fiume e preso il coraggio a due mani, mi lavo dalla testa ai piedi, l’acqua sarà 5° e per di più c’è un venticello che è tutto un programma però una volta asciutto sono come nuovo. Mentre ceniamo, si mette a piovere e scende anche il freddo, per cui decido di provare a ritornare alla normalità e quindi di dormire anche di notte per pescare l’indomani. Dormo benissimo. La mattina seguente piove a dirotto, c’è vento e fa molto freddo, dopo colazione malgrado le condizioni, io e Bo ci incamminiamo per una nuova destinazione (anche per lui) a nord oltre il grande lago, dove ci dovrebbe essere una cascata e dopo ca. 3 ore di marcia, oltrepassato il grande lago ci mettiamo a pescare. Le condizioni sono veramente orrende, il vento è molto forte e continua a piovere. I pesci ci sono, purtroppo io non riesco a pescare molto, ho il polso sinistro

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(sono mancino) gonfio. Non ci crederete, ma è per via dei combattimenti che ho sostenuto i giorni precedenti, non mi era mai capitata una cosa simile, ma in ogni caso cerco di non mollare. Dopo un po’, considerando il meteo e visto che sono arrivato fino a quel punto, decido di vedere la cascata. Lascio Bo in pesca e mi incammino, marcio ancora per un oretta, ma della cascata non c’è traccia così desisto e torno da Bo che ritrovo in pesca. Peschiamo assieme ancora per un po’ finché non prendiamo la via del ritorno. Arriviamo al campo alle 22.00, credo che abbiamo marciato per ca. 25 km. Öve ci ha tenuto da parte del sushi e polpette che apprez-

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ziamo moltissimo. Durante la notte smette di piovere e ormai è arrivato il sabato, l’ultimo giorno di pesca. Dopo la colazione vado alla pool più vicina al campo, l’automatic, il freddo e la pioggia hanno fatto risalire dal mare flotte di nuovi pesci e anche se ho nelle gambe la spedizione di ieri e il polso mi duole ancora pesco, monto la ninfa. Lancio e sostengo il combattimento con la destra, chiudo in bellezza con una ventina di bellissimi char. A metà pomeriggio non ce la faccio più, così ritorno al campo, riposo un po’ e comincio a preparare i bagagli per domani, in attesa del cenone e della baldoria dell’ultima sera nella natura più assoluta.

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la Groenlandia è territorio Danese, ed è proprio da qui che nasce l’organizzazione di questo fantastico viaggio esattamente a Copenhagen grazie a Getaway tour che dal 2009 ha anche un unico referente per l’Italia nella persona di Omar Gade, il quale vi organizzerà impeccabilmente la vostra avventura e con cortesia e disponibilità assolute sarà lieto di rispondere a qualsiasi vostro quesito, per cui non esitate a visitare il suo sito www.fising-denmark.it




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la Puccini, foto di Corrado Corradini 61 Confluenze

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Il mondo della costruzione delle mosche artificiali è in continuo rinnovamento. La comparsa costante di nuovi materiali (per la maggior parte sintetici), ci porta a costruire mosche sempre piÚ innovative a livello di dressing. Basta osservare il web e le riviste specializzate, per comprendere a quale livello qualitativo sono assemblati i nostri artificiali.

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Per la costruzione delle ninfe, vi sono materiali che danno sistematicamente “movimento” alla mosca, che agli occhi dei pesci risulta un esca a cui difficilmente rinunciano. Dalla prime ninfe di facile costruzione (killer bug), si è passati a quelle di “ultima generazione”, dalla imitatività quasi impressionante con corpi traslucidi e anelli addominali che i vari materiali, sia naturali che sintetici assemblati, trasformano l’artificiale rendendolo “vivo”. Certo è, che l’abilità e la capacità di cogliere e rappresentare anche le più piccole sfumature di un insetto da parte del costruttore, rimane un patrimonio personale che lo differenzia comunque sempre da ogni altro tyer, infatti è vero che le metodologie di assemblaggio sono cambiate nel tempo con i vari materiali, ma la manualità e la conoscenza personale, trovano sempre una costante. E’ la creatività di un singolo costruttore che fa la differenza! Nelle gare di costruzione, a prescindere dal giudizio finale, quando i materiali da impiegare per la realizzazione degli artificiali sono uguali per tutti i partecipanti, si può osservare, appunto, come questi siano interpretati e quindi assemblati dai vari fly tiers. In questi frangenti emerge chiara la

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differenza tra un costruttore e un altro. Alla fine della competizione ognuno ha la possibilità di verificare quello che è stato costruito dai vari concorrenti e di paragonare la propria mosca con gli altri artificiali. Ultimamente oltre a realizzare mosche per andare a pescare, costruisco anche per analizzare e testare i materiali che mi vengono suggeriti dalla mia esperienza e dai vari tipi di dressing che trovo sulle riviste o sul web. Ritengo molto importante ricercare continuamente le varie metodologie di costruzione e di non fermarsi ai pochi sistemi di montaggio “classici”. A volte modificando o mescolando i più conosciuti tipi di montaggio si possono ottenere risultati totalmente diversi tra loro. Forse è proprio per questo motivo che la stragrande maggioranza dei costruttori che conosco, cercano sempre di variare e di migliorare le proprie mosche sostituendo questo o quel materiale con altri perchè possa migliorarne l’aspetto o la galleggiabilità. Le split hackles ad esempio, possono trasformare la nostra mosca costruita con il classico montaggio ortogonale, in mosca “quasi” parachute, inoltre usando per le hackles il montaggio ad asola,

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si possono ottenere una infinità di artificiali costruiti con tantissimi diversi materiali che si prestano a questo scopo. Io, ad esempio, uso tantissimo per la costruzione dei miei artificiali, le fibre di capriolo e di lepre che ritengo particolarmente adatte per la costruzione delle mosche secche; come detto in precedenza, queste fibre naturali si adattano perfettamente per il montaggio ad asola. Inoltre, per qualche imitazione di effimera, con l’aiuto delle pinzette, miscelo assieme al capriolo alcune barbule di pernice per dare più “movimento” alla mosca. L’imitazione che vi propongo di seguito, è una emergente di effimera, nello specifico una emergente di ecdyonuride che sta lasciando la spoglia esuviale, in uno stadio in cui l’effimera è ancora impossibilitata a prendere il volo. In questo particolare lasso di tempo, gli insetti sono particolarmente vulnerabili e in presenza di schiuse, attirati da queste facili esche, i pesci perdono la loro proverbiale diffidenza. Come ben sapete, le ninfe giunte a maturazione sviluppano al loro interno del gas che permette loro di avvicinarsi alla superficie dell’acqua e, appena al di sotto della tensione superficiale, ini-

ziano la loro trasformazione in subimago. Molti insetti riescono appunto a rompere la tensione dell’acqua per compiere la metamorfosi, ma molte rimangono intrappolate e non riescono a liberarsi dell’esuvia morendo annegate. Queste vengono in gergo chiamate still born. Nell’artificiale che vado a presentarvi, ho voluto cercare di ricreare l’attimo in cui l’insetto tenta di liberarsi dalla sua exuvia, rappresentando anche il “movimento” legando l’artificiale finito, con l’exuvia mediante un filo nylon. Una volta lanciato l’artificiale in acqua, sarà poi la stessa corrente a far muovere le due parti della mosca, donandole vitalità. L’idea di costruire un’emergente con l’esuvia “legata”, mi è venuta sfogliando un libro di costruzione, dove Marco Feliciani presentava una sedge costruita con due ami uniti da un filo di nylon. Pensai di usare lo stesso metodo di montaggio per l’emergente che volevo costruire ed il risultato è l’imitazione che vi presento. Questo è frutto della mia esperienza, ma come ho anche scritto, sicuramente in base alla vostra esperienza su i fiumi e torrenti, potrete variare e modificare taglia, colore e quant’altro dell’artificiale in base agli insetti che vorrete imitare.

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La mosca che vado a presentarvi è composta praticamente da due artificiali, per i quali avremo necessità di due tempi di esecuzione. Prima dovremo preparare la nostra exuvia e poi l’artificiale che la sta perdendo. Ecco di seguito il dressing ed i passaggi necessari per il completo assemblaggio.

DRESSING Exuvia:

Filo di montaggio: marrone 8/0 Amo: n° 14 gambo lungo (Ben’s dry gl) Code: tre fibre di coda di fagiano Corpo: Biot di tacchino crema Addome: dubbing in poly marroncino con l’aggiunta di alcune fibre di pernice

Emergente:

Filo di montaggio: marrone 8/0 Amo: n° 12 grub (Ben’s grub F) Corpo: quil di tacchino rossiccia Addome: dubbing in poly colore marroncino e alcune fibre di pernice Ali: ciuffo di opossum colore crema.

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Dopo aver posizionato su un amo le code, costruire il corpo con del biot colore crema.

Montare poi i prossimità dell’addome della mosca alcune fibre di pernice, completare la testa con il nodo di chiusura.

Dopo di che, tagliare con una pinza la curvatura dell’amo. L’exuvia è terminata.

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Fissare ora un nuovo amo per la costruzione dell’artificiale.

Con uno spezzone di filo di nylon di diametro proporzionato (personalmente per una mosca sull’amo del 14 uso lo 0,16) unire la nostra exuvia all’amo per la costruzione dell’artificiale, inserendo prima il nylon nell’occhiello dell’exuvia, fissando poi i capi all’amo con il filo di montaggio.

Fissare con il filo di montaggio una quil di tacchino.

Avvolgere la quil sul gambo dell’amo.

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Inserire un ciuffo di pelo di opossum di colore chiaro privo del sottopelo a circa due terzi dell’amo.

Tagliare l’eccedenza delle fibre di opossum, formare il dubbing e costruire l’addome della mosca inserendo al di sotto, alcune fibre di pernice per imitare le zampette dell’insetto.

Ribaltare in avanti il pelo per ottenere la sacca alare dell’ecdyonuride

Costruire la testina della mosca completando l’artificiale.

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Ecco la nostra imitazione pronta per la pesca. Questa mosca è particolarmente adatta in acque dove le emergenti tradizionali hanno poca fortuna. Il movimento dell’esuvia in pesca rende l’artificiale particolarmente “vivo”, il ciuffo di opossum rende la mosca visibile anche in condizioni critiche. Nella fotografia in basso, è possibile osservare un’alternativa dello stesso artificiale con l’exsuvia costruita invece che su un amo tagliato, su uno spezzone di nylon.

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La trota ... di Corrado Corradini 77 Confluenze

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Testo e fotografie di Paolo Cerrina Fresh

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Sono veramente fortunato, perché quando decido di bagnare le mie mosche in torrente ho molteplici possibilità. Vivo a Verzuolo, un piccolo paese in Provincia di Cuneo, ai piedi di due bellissime vallate, la valle Varaita e la valle Po, attraversate da due torrenti ricchi di laterali posti ad altitudini tra i 600 e i 1800 metri circa: il regno della trota fario. Da ormai più di venti anni affronto questi torrenti e questi rii con la mosca secca e la passione per la costruzione mi ha portato negli anni, a selezionare un certo numero di artificiali che da Maggio a fine Settembre, mi permettono di ottenere buoni risultati. Nell’agosto del 2011 durante un’uscita di pesca nel Sesia, ho però avuto la fortuna di conoscere la tecnica valsesiana. 79 Confluenze

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Ero con il mio amico Francesco nella riserva delle Piode, lui come al solito con le sue imitazioni piombate, io imperterrito a secca. La giornata era calda, l’acqua del Sesia alta e velata, probabilmente a causa del disgelo dei ghiacciai in quota. Francesco incannava una trota dietro l’altra, bellissime fario locali e grandi iridee super aggressive, mentre io continuavo a cambiare mosca alla ricerca dell’imitazione che mi permettesse di effettuare almeno una cattura. Ormai stanco e rassegnato, verso l’ora di pranzo, decisi di andare a mangiare un panino presso l’hotel dove pernottavo; in bella mostra in una bacheca, come se fosse stata messa lì apposta per me, era esposta una canna valsesiana in carbonio con le relative mosche e coda (sintetica). Pochi minuti dopo era nelle mie mani, pronta a regalarmi nuove emozioni. Ritornai sul torrente e da quel momento lo scenario cambiò: un susseguirsi di catture divertentissime ... Come mi capita sempre, abituato a cercare la perfezione in tutti gli hobby nei quali mi cimento, la valsesiana da quel giorno è diventata per me una nuova tecnica da studiare e da affinare. Ho poi avuto anche la fortuna di conoscere e frequentare persone come Arturo Pugno, Andrea Scalvini, Paolo Badino, pescatori che mi hanno insegnato molto. Ho praticato tanto, veramente tanto, accorgendomi di come sia essenziale, affascinante ed efficace questa tecnica. E’ difficile da spiegare, ma poter affrontare il torrente con gli stivali a coscia, la canna leggerissima senza mulinello, il portafoglio valsesiano, i semplici artificiali costruiti direttamente sul torrente, mi dà sempre grandi emozioni. Basta girare per il torrente a mo di Rambo, con giubbotti stracolmi di scatole piene di mosche, guadini e fili ...

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Ho iniziato così la costruzione delle lenze, rigorosamente naturali, utilizzando il crine della coda di cavallo maschio bianco, materia prima che non ho avuto difficoltà a reperire grazie alla mia attività di veterinario. Infine mi sono anche costruito la canna, rigorosamente in legno di Nizza (Arundo Donax); prima ho cercato i pezzi giusti, sia nel diametro sia nella distanza tra i nodi, poi ho ricercato la corretta stagionatura ed infine l’ho assemblata. Il mio ambulatorio durante le sere d’inverno, è diventato un vero e proprio laboratorio di costruzione!!! Poter ingannare le trote con l’attrezzatura costruita da me, ha reso ogni cattura un’emozione e una soddisfazione indescrivibile. Nelle ultime due stagioni ho quindi alternato la mosca secca con la valsesiana, prediligendo però quest’ultima (direi che su 10 uscite almeno 7 le ho fatte con la valsesiana). Anche il mio approccio con la mosca secca è cambiato molto grazie alla valsesiana; ho cercato l’essenziale anche lì, mi sono imposto di utilizzare solo due scatolette di mosche, un rocchetto di filo per poter cambiare il tip, un tubetto di silicone per ingrassare le mosche e un pacchetto di fazzoletti di carta per asciugarle. Con i miei compagni di sempre, Gianni, Michele, Paolo e Francesco, abbiamo intavolato delle vere e proprie sfide tra secca e valsesiana, rendendoci conto di come quest’ultima tecnica non abbia eguali in fatto di efficacia e numero di catture.

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LUOGHI Quest’anno, prediligendo le ore serali, i miei amici ed io abbiamo risalito almeno trenta tra torrenti e rii, alternando tra loro le due tecniche di pesca. Abbiamo pescato molto in splendidi tratti liberi, ben popolati di trote autoctone, nel Po, nel Varaita, nel Maira, nel Grana e nello Stura. Partendo dal fondovalle, dove i bei e lunghi raschi si intercalano alle profonde buche, tane di grosse marmorate, si sale verso le montagne, dove i raschi lasciano il posto alle correntine e alle piccole buche tipiche dei tratti torrentizi.

Almeno fino ai 1500/1600 metri la vegetazione in certi tratti è difficilmente penetrabile; quindi la pesca con la valsesiana risulta essere praticamente impossibile, mentre con la secca si ha qualche possibilità in più. I rii laterali riservano sovente delle sorprese inattese e molto interessanti. La portata d’acqua è chiaramente più contenuta, si tratta nella maggior parte delle situazioni di buchette, salti e piccoli raschi, con a volte qualche bella e profonda buca, che generalmente ha origine da una piccola cascatella.

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Tali tratti sono nella maggior parte dei casi meno frequentati dai pescatori rispetto al torrente principale; qui la taglia media delle trote è decisamente inferiore, anche se, nelle buche più profonde qualche bella sorpresa l’abbiamo avuta. Per pescare in queste acque è indispensabile possedere il permesso governativo. La maggior parte dei tratti è assolutamente libera; alcuni sono gestiti dalla Provincia (è sufficiente un versamento di 12 € annui presso gli uffici postali; 15€ annuali per pescare nel tratto no kill della Valle Varaita tra Frassino e Sampeyre, sempre gestito dalla Provincia), altri tratti invece sono gestiti dalla F.I.P.S.A.S. (anche in questo caso si deve fare un versamento presso gli uffici postali di 29€ annui). E’ doveroso non infrangere i regolamenti, quindi a chi venisse voglia di venire a pescare in queste acque, è consigliata un’attenta documentazione prima dell’impresa.

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ATTREZZATURA E TECNICA MOSCA SECCA Pescare a secca in torrenti e rii richiede un’attrezzatura leggera ed essenziale; sarà così possibile “saltare” da una pietra all’altra, guadare e camminare nei boschi senza grosse difficoltà. E’ necessario un minimo di allenamento per raggiungere i torrentelli lontani dalle strade e dai sentieri principali, dove le trote sono belle e meno smaliziate. Le canne che utilizzo sono principalmente due: una 7’e 6” in carbonio con azione rapida e una 6’e 7” in bamboo anch’essa con azione rapida costruita dal mio caro amico rodmaker Claudio Biagi. Sono canne leggere, rapide, alle quali abbino una coda del 2 o del 3 a seconda della ampiezza del torrente che vado ad affrontare; tutto questo per poter effettuare lanci mirati, precisi e silenziosi. Non è necessario fare lanci lunghi, è importante però evitare il dragaggio della mosca tra le correntine e le piccole pozze e lanciare nei sottoriva infrascati, tana delle trote più belle. Come per la canna, anche il mulinello deve es-

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sere essenziale e leggero. I terminali, conici o a nodi (io preferisco questi ultimi) con un tip di almeno 1 metro 1,5 metri devono essere sufficientemente lunghi (almeno 15 piedi) sempre per cercare di contrastare i dragaggi provocati dai turbinii e dalle correntine che si creano tra i salti e le pietre. I tip, a seconda della trasparenza delle acque e della stagione, dovranno avere un diametro dello 0,14. A volte è necessario scendere allo 0,12, ma se possibile, lo 0,14 permette di lasciare meno mosche appese ai rami degli alberi che sovrastano il torrente. Per quanto concerne le mosche, ogni pescatore ha le sue predilezioni, essenziale è il fatto che le nostre imitazioni siano ben visibili e che galleggino bene. La velocità dell’acqua fa si che la trota non abbia il tempo di poter scegliere la mosca con troppa attenzione. Imitazioni di tricotteri, effi-

mere, plecotteri e terrestrial sono apprezzate dai nostri pinnuti; sono consigliati ami dal 10 al 16 ed è importante avere sempre al seguito silicone e fazzoletti di carta, tenendole così sempre in condizione di buona galleggiabilità.

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VALSESIANA Come ho scritto all’inizio dell’articolo, la pesca con la tecnica valsesiana necessita di un’attrezzatura essenziale.Io, nelle mie uscite, generalmente utilizzo un marsupio, dove ripongo il portafoglio valsesiano, una pila frontale per la sera e i permessi di pesca. La canna che utilizzo è fissa, lunga generalmente 4,30 mt, anche se per i tratti infrascati utilizzo delle canne di circa 3,70 mt; generalmente sono in carbonio, leggerissime e con un’azione abbastanza rapida (le canne per la tecnica del Tenkara, che hanno tendenzialmente un’azione molto morbida, non si prestano per questi luoghi).La classica canna utilizzata dai vecchi valsesiani era costruita in “legno di Nizza”, l’Arundo Donax; si tratta di canne presenti in gran numero lungo il letto dei torrenti del Piemonte e soprattutto della Liguria. Queste canne ben assemblate, generalmente sono in due pezzi, abbastanza leggere e resistenti, hanno un puntino in bambù (resistente e flessibile). La lenza è costruita in crine bianco di cavallo maschio; bianca perché è meglio visibile al crepuscolo. La lenza è lunga circa 4,30 metri a nodi e con un diametro decrescente (diametro che viene conferito dal diverso numero di crini utilizzati; si parte da 14 nella parte più vicina alla canna, per arrivare a 4). Si pesca generalmente con tre mosche di diverso colore (il “trenino”) montante su ami grub del n°12 (volendo anche del 14); sono artificiali assolutamente non imitativi, essenziali, costruiti con un filo di seta (si acquista generalmente in merceria) e con una piuma, generalmente di uccelli selvatici (starna, pernice, beccaccia ecc. ecc.). Si tratta di piume morbide, che conferiscono alla mosca nell’acqua, una sensazione di “movimento”. La tradizione vuole che la costruzione di questi spinner avvenga senza l’ausilio del morsetto, solo con le mani e con un paio di forbicine. Arrivare sul torrente, sedersi su una pietra e costruirsi la mosca prima di iniziare a pescare, mi permette di affrontare il rio con la giusta armonia, senza la foga legata all’attesa della prima cattura ... Le tre mosche sono distanziate tra loro circa di 35 cm; si utilizza come finale un filo di diametro di 0,18/0,16; importante che tale filo

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sia sufficientemente rigido da permettere al bracciolo della mosca (di circa 5 cm) di non ingarbugliarsi con l’asse della lenza duramente il volteggio e il lancio. Si pesca a risalire facendo cadere le mosche a inizio buca, tenendo la coda il più possibile fuori dall’acqua (la lunghezza della canna tenuta alta permette quest’azione), facendo in modo di seguire la discesa naturale delle mosche senza dragaggi. Le nostre mosche potranno essere sulla superficie dell’acqua o appena sotto di essa (la galleggiabilità è molto influenzata dal tipo di piuma che si utilizza) e l’attacco della trota è dato dalla classica bollata o dal fermarsi repentino della lenza. Se la lenza è tenuta in modo corretto, cioè in lieve tensione a seguire la discesa naturale delle mosche, la ferrata avviene quasi da sola; tenendo la canna alta e sfruttando l’azione della canna stessa, il pesce si stancherà in pochi attimi e sarà possibile portarlo verso riva senza alcuna difficoltà.Sia che peschiate a secca sia a valsesiana, nella maggior parte dei casi, per affrontare i nostri torrenti, sono sufficienti i cosciali, è importante che abbiano i chiodi o il feltro, per evitare di effettuare cadute dolorose e bagni ghiacciati …

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Concludendo, direi che le due tecniche ben si adattano ai torrenti alpini. Entrambe sono affascinanti nelle loro differenze, anche culturali. La mosca secca ha le sue origini in Inghilterra, nei salotti nobili, è una tecnica sopraffina, definita l’università della pesca; lo scopo è ingannare quel pesce ben preciso, con una giusta imitazione dell’insetto, di cui si sta cibando in quel momento. Si attende in riva al fiume il momento della schiusa, poi si inizia la pesca con lanci lunghi, armoniosi e precisi.La valsesiana, di contro, è nata in tempi remoti in Piemonte; è una tecnica semplice, economica ed essenziale, utilizzata dai pescatori locali per nutrirsi e per integrare le entrate famigliari con la vendita del pescato, nata per catturare il nobile temolo, rivenduto poi per le tavole dei benestanti della zona. Se ci sono le condizioni favorevoli, si scende sul fiume e si pesca sondando buca per buca. “La secca di non facile apprendimento, è quasi esasperante nella tecnica, la valsesiana essenziale, semplice, è devastante nel numero di catture!!!”

E’ inutile ricordate che i torrenti vanno affrontati con il rispetto che meritano, non abbandonare rifiuti ed evitare di trattenere le trote pescando con ami senza ardiglione. Non bisogna dimenticare che le trote, quelle vere, selvatiche o immesse da avannotto, impiegano anni per diventare di taglia, affrontando mille difficoltà; cerchiamo quindi di essere consapevoli dell’ambiente dove stiamo pescando. Per qualsiasi informazione:

vet.pa.ce@gmail.com



Vi presento i vari passaggi costruttivi di due mosche che utilizzo nei torrenti e rii di montagna, una per ogni tecnica di pesca trattata nell’articolo.

SECCA Iniziamo con una classica mosca secca; può essere utilizzata sia in caccia che durante le imponenti schiuse di tricotteri ed effimere che si verificano da Maggio a tutto Settembre nei torrenti delle vallate cuneesi. Si tratta di una mosca d’insieme, costruita con materiali naturali, estremamente galleggiante, ai quali ho voluto aggiungere un ciuffo di polipropilene violetto per migliorarne la visibilità durante i coup de soir o anche solo per meglio individuarla nella schiuma bianca e nelle correntine che si creano tra un masso e l’altro. Consiglio di utilizzarla ben ingrassata e con un tip dello 0,14 sufficientemente lungo; diametri inferiori infatti non sono necessari, in queste acque è sicuramente più importante una corretta presentazione e il corretto avvicinamento al torrente.

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MATERIALI Amo: TMC 103 BL n°15 Filo di montaggio: filo trasparente scuro Code: 4 peli di alce Corpo: sottopelo di ghiro Rigaggio: 2 dei 4 peli di alce utilizzati per le code Ali: ciuffo di peli prelevati dal muso del capriolo Hackle: ciuffetto di peli provenienti anch’essi dal muso del capriolo

PASSAGGI COSTRUTTIVI - Fissare il filo di montaggio all’amo avendo l’accortezza di lasciare lo spezzone di filo lungo senza reciderlo (servirà per rinforzare i cerci formati dai peli di alce) - Portarsi verso la curvatura dell’amo e fissare le code avendo l’accortezza di non recidere l’eccedenza dei peli di alce (mantenerne almeno due); i peli di alce andranno fissati vicino alla curvatura senza sovrapporli troppo all’amo in modo da poter effettuare il rigaggio lungo tutto il corpo; - Incerare il filo di montaggio e applicare il sottopelo del ghiro a dubbing formando poi il corpo della mosca (applicare pochissimo materiale in modo da non creare una mosca eccessivamente grossolana);

- Tagliare un ciuffo di peli dal muso del capriolo, fissandolo all’amo con la punta dei peli rivolti verso l’occhiello, recidendo in seguito l’eccedenza del pelo;

- Con dei giri di filo a spire strette davanti al punto in cui è fissato il ciuffo “sollevarlo”,

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in seguito, con dei giri di filo ad 8, aprirlo a formare due ali;

- Applicare il ciuffetto di poli violetto sopra le ali con dei giri di filo ad 8;

- Completare il corpo con il sottopelo di ghiro ed effettuare il rigaggio con quello che rimane dei peli di alce rinforzando il tutto con lo spezzone di filo di montaggio mantenuto all’inizio;

- A questo punto effettuare le hackle con un altro ciuffetto di pelo preso dal muso del capriolo montato ad asola;

- Effettuare il nodo di chiusura; - Rifinire il collarino di hackle e le ali con le forbici - La mosca è finita.

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VALSESIANA Le mosche valsesiane, come spiegato nell’articolo, sono artificiali essenziali, molto semplici e veloci da costruire, credo possano rappresentare per le nostre prede degli insetti che stanno emergendo; i valsesiani le costruiscono senza l’ausilio del morsetto, generalmente in riva al torrente prima di iniziare a pescare. Ho scelto di presentarvi i passaggi costruttivi della “rossina”, essenziale e quasi sempre presente nel mio trenino di mosche; io la utilizzo costantemente come mosca di punta (in sostanza la più lontana dalla canna). Quest’anno, insieme alla “verdina” alla “violetta” e alla Blu, mi hanno regalato tutta una serie di catture spettacolari. L’abbinamento colore della seta e tipo di piuma è fondamentale … Le differenti piume utilizzate, oltre al colore, conferiscono una differente azione di pesca al nostro artificiale; per esempio le piume degli uccelli notturni sono più morbide e affondano più facilmente, mentre la piuma della pernice rossa conferisce una maggiore galleggiabilità alla nostra mosca.

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Prima di iniziare la costruzione vera e propria bisognerà preparare in modo adeguato il filo di seta e la piuma. -Tagliare dal rocchetto di seta uno spezzone di circa 30 centimetri; a questo punto sfilate uno dei tre fili che compongono il filamento; non è una operazione complicata, generalmente è sufficiente tenere tra le dita il filamento che si vuole utilizzare facendole scorrere verso il basso. In questo modo non si dovrebbero formare nodi o ingarbugli. La piuma va prelevata dal petto o dalla spalla della coturnice, andando ad eliminare le barbule poste alla base del calamo. Si dovranno aprire le fibre e tenendo la piuma ai due estremi bisognerà indirizzare tutte le fibre verso un unico lato; per far questo i valsesiani utilizzano la cosiddetta “Berlicada”, si tratta di inumidire le fibre con la saliva in modo da indirizzarle come detto.

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MATERIALI Amo: grub: io utilizzo i TMC 212Y n° 11; in realtà le vere valsesiane di un tempo venivano costruite su ami senza occhiello, facendo precedere al montaggio della mosca il montaggio sull’asse dell’amo del terminale; Corpo: seta rossa; la seta utilizzata si trova facilmente in tutte le mercerie. Si tratta di rocchetti di seta a tre fili utilizzata per il ricamo (seta Faro, tre bachi, ecc.); Hackle: piuma del petto o della spalla della coturnice.

PASSAGGI COSTRUTTIVI Tenendo l’amo con le dita della mano destra fissate il filo di seta partendo dall’occhiello; - Con il filo formiamo una sorta di testina abbastanza pronunciata;

- Fissiamo poi la piuma precedentemente preparata con alcuni giri di filo attorno alla punta della piuma stessa; - Recidiamo con le forbicine lo spezzone di filo in eccesso e l’eccesso della piuma;

- Ora, tenendo con la mano destra l’amo, con la sinistra, tenendo il calamo, facciamo girare la piuma attorno all’amo avendo l’accortezza di far rimanere le barbe della piuma tutte rivolte verso

l’occhiello dell’amo, mentre le spire andranno in direzione opposta. Fatto questo fissiamo il calamo all’amo con altri giri di filo; - Tagliamo l’eccedenza di calamo con le forbicine; 103 Confluenze

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- Facendo delle spire strette con il filo di seta formare il corpo della mosca (conico e decisamente fine);

- Infine,bisognerà effettuare il nodo di chiusura. Si tratta di un’operazione sicuramente più semplice da fare che da spiegare: formare un’asola con il filo utilizzando il dito indice; far fare due o tre giri al nostro filo ed infilare l’asola dentro l’amo. A questo punto chiudere il nodo facendo in modo di serrarlo bene e decisamente vicino alla piuma; - Recidere il filo non troppo vicino al corpo della mosca, lasciando almeno due o tre millimetri di moncone; - La mosca è finita; sarà sufficiente ravvivare e asciugare le barbe della piuma per avere la nostra mosca pronta all’uso.

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Il Bonfish di Gigi, foto di Luigi Naglia 107 Confluenze

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Di Danilo Palermo “Trovare inseguire e combattere pesci dalla grande forza”, la pesca a mosca sulle mangianze ai pesci di passo potrebbe essere sintetizzata in queste poche parole. Essa fa riscoprire il gusto della caccia circondati spesso dalla natura più cruenta e spettacolare. Nell’ultimo decennio, in Italia, la pesca a mosca sulle mangianze prevalentemente indirizzata a “piccoli” pesci migratori autunnali come palamite, alletterati o lampughe, ha avuto una grande crescita dovuta al divertimento che genera e alla sua efficacia in determinate condizioni favorevoli.

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... non servono grandi imbarcazioni, anzi meglio veloci e maneggevoli lance 109 Confluenze

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Laura con un piccolo bellissimo alletterato

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L’attrezzatura e la tecnica possono rendere questo tipo di pesca entusiasmante e indimenticabile. Per iniziare una buona canna 9 piedi per coda 10, un mulinello che deve avere una frizione decente e poter contenere una riserva di backing da 30 lb di almeno 150 metri. La coda di topo è la parte dell’attrezzatura più importante, deve essere adatta ai pesci di mare. Denominate salt water queste code sono più resistenti delle simili per acqua dolce, i costruttori hanno inoltre commercializzato code di topo con profili specifici

per facilitare lanci lunghi controvento, i nuovi materiali ne permettono affondamenti diversificati, da lento a velocissimo. Per avere successo è necessario utilizzare una coda che permetta alle nostre mosche di “lavorare” dalla superficie a qualche metro sotto, una coda galleggiante con punte intercambiabili di densità diverse potrebbe essere l’ideale utile a coprire tutte le necessità e situazioni, fondamentale è che la coda sia facile da lanciare e vada in pesca velocemente alla profondità desiderata.

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Alle volte però succede che i pelagici sono così eccitati dalla mangianza e dalla competizione alimentare, che la faccenda diventa piuttosto semplice e tutto si trasforma in puro divertimento: così che ti ritrovi con

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una canna 9 per la 10 nelle mani, il tuo bel mulinello con la coda saltwater, il finale di 9’ con tip da 20 lb, l’imitazione d’acciuga già saggiamente bagnata, numerosi metri di coda fuori dal mulinello e il cuore che batte

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iIn questa pesca l'attrezzatura è molto sollecitata

forte alla visione dello spettacolo in corso: migliaia d’acciughe in superficie che cercano di salvarsi e sotto i pesci migratori spietati e eccitati dal sangue e dalla predazione. In questo momento non fermarti a

guardare, cerca di rimanere concentrato e lancia la mosca! Viene da sè che il timoniere spesso si sacrifica per posizionare e mantenere la barca sotto vento a tiro di lancio della mangianza.

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foto sopra: il tombarello è una preda sensazionale per la mosca

a sinistra: imitazione d'acciuga, notare il finale di diametro considerevole

Restare calmi e effettuare un buon lancio però può non essere facile, meglio lanciare ai lati della palla d’acciuga, c’è meno affollamento e la mosca sarà notata di più, il recupero della mosca cambierà da veloce e continuo a ‘singhiozzo’: strip strip stop. Generalmente l’attacco avviene nei primi istanti del recupero da qui in poi segue l’entusiasmante combattimento. La regolazione della frizione andrebbe fatta prima di avere allamato il pesce, meglio una regolazione tendente al “duro” così da non avere sorprese a causa, ad esempio, della coda non in tensione, ma in ogni caso è una scelta personale. Per chi non ha esperienza con i pesci di passo è bene tenere a mente due cose: i tunnidi appena allamati eseguono una prima potente fuga difficile da contrastare, le lampughe spesso nuotano contro il pescatore facendo perdere tensione alla coda e contatto con il pesce riuscendo così a slamarsi. In barca il lavoro di equipe è fondamentale, a causa dell’imprevedibilità, occorre pianificare l’azione durante l’avvicinamento: “portami sotto vento dopo la virata a sinistra lancio”. 115 Confluenze

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Gli streamer che generalmente si utilizzano, imitano i pesciolini che formano i grandi banchi: acciughe, sardine, alacce ecc. Spesso i tunnidi sono di bocca buona e si buttano un po’ su tutto, capita alle volte invece che questi aggressivi pesci siano estremamente selettivi e sarà necessario avere con noi la mosca della dimensione giusta. Costruire gli streamer non è difficile ed è molto divertente, sicuramente funzionano meglio di quelli commercializzati, ma per le prime volte può

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esserne consigliabile l’acquisto: si trovano in ogni forma e misura anche a prezzi bassi. Ho visto pescatori espertissimi impazzire la prima volta a pesca su una mangianza, pescatori freddi e glaciali urlare a ogni attacco. Con un pochino di esperienza (bastano 2,3 volte) ci si renderà conto dell’efficacia della tecnica, utilizzare buoni ami senza ardiglione e trattenere solo il pesce della cena eleverà il nostro status di pescatori a mosca.

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il pesce pi첫 divertente la lampuga




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Bollata ... mancata, foto di Corrado Corradini 123 Confluenze

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Testo e fotografie di Marco Feliciani In questa seconda ed ultima parte dell’articolo, verrà completata la presentazione di artificiali che intendono imitare gli insetti che si possono incontrare nei corsi d’acqua ove sia ancora possibile pescare nei mesi autunnali, in particolare, artificiali rivolti ai temoli e, ove ancora pescabili, alle trote (vedasi riserve invernali). Con questa seconda presentazione di artificiali si presta particolarmente attenzione al periodo autunnale che precede l’arrivo dei mesi invernali, quando gli insetti presenti, oltre a diminuire numericamente, si riducono sensibilmente di taglia, fino a diventare inimitabili per le ridottissime dimensioni. Negli ultimi anni le case produttrici di ami hanno immesso sul

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mercato ami dalle dimensioni incredibilmente ridotte, al limite del loro impiego in pesca, più che per la ferrata, per il dover utilizzare fili talmente sottili da non comparire praticamente in nessun gilet da pesca, fili dal diametro dello 0.08 od addirittura 0.06. Vi presenterò un po’ provocatoriamente alcuni modelli realizzati su ami del nr 30 e 32, al limite dell’utilizzo in pesca a causa della difficoltà nell’infilare il filo nell’occhiello, altri dalle dimensioni sempre minuscole, ma più facilmente utilizzabili su ami del nr 24. Qui di seguito la presentazione di questi nuovi artificiali, alcuni dei quali veri e propri classici, altri di mia produzione.

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MICRO BROWN MIDGE Amo: TMC 518 dal 22 al 32 (il modello in foto amo nr 32) Filo di montaggio: VEEVUS A10 (tan) 16/0 Code: assenti Ali: assenti Corpo: realizzato con lo stesso filo di montaggio Hackles: 1 piuma di gallo coloro marrone medio girata 4/6 volte a circa metà corpo Note: da utilizzare quando sono presenti ditteri dalle dimensioni microscopiche, specie in acque lente o ferme. Le ridottissime dimensioni obbligano il pescatore ad utilizzare finali sottilissimi, dal diametro 0.10 nelle misure maggiori (22 e 24) per scendere allo 0.08 od addirittura 0.06 per le altre. Con questo artificiale la difficoltà maggiore la si trova nell’infilare il filo nell’occhiello dell’amo e nel non strappare sulla ferrata o in improvvise e violente fughe del pesce una volta allamato. Incredibilmente dimostra una ottima capacità di tenuta nella bocca nonostante le piccolissime dimensioni.

MICRO BLACK MIDGE Amo: TMC 2488 dal 20 al 30 (il modello in foto amo nr 30) Filo di montaggio: VEEVUS A (black) 16/0 o Benecchi Ultrafine xxf 12/0 sempre di color black; altrettanto valido il Ghost color fumè sempre della Benecchi Code: assenti Ali: piattina riflettente sagomata e montata parallela al gambo dell’amo e lunga circa 1 volta e mezza il corpo Corpo: realizzato con lo stesso filo di montaggio Hackles: 1 piuma di gallo colore grizzly girata 4/6 volte Note: da impiegare nelle medesime condizioni del precedente artificiale, con la particolarità di un migliore impiego in giornate soleggiate; l’ala riflettente, nonostante le ridotte dimensioni, aiuta a scorgere con minor difficoltà l’artificiale. Anche questo MICRO MIDGE intende imitare tutti quei moscerini che spesso sono presenti nei mesi tardo autunnali.

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MICRO GREY MIDGE Amo: TMC 518 dal 22 al 32 (il modello in foto amo nr 32) Filo di montaggio: VEEVUS A10 (tan) 16/0 Code: 2 micro fibbet di color grigio scuro lunghe 2 volte la lunghezza del corpo Ali: assenti Corpo: realizzato con lo stesso filo di montaggio Hackles: 1 piuma di gallo colore grigio medio girata 3/5 volte a circa metà corpo Note: anche questo artificiale intende imitare ditteri dalle dimensioni infinitesimali. Il colore grigio medio delle hackles e il color nocciola del corpo imita nell’insieme i colori principali, oltre al nero, all’oliva giallastro pallido, i principali colori che si trovano negli insetti presenti in autunno.

MICRO PALMERINI Amo: TMC 100 o 101 dal 20 al 28 (i modelli in foto amo nr 24) Filo di Montaggio: VEEVUS A10 (tan) 16/0,VEESUS A12 (yellow) 16/0 Code: in fibre di gallo di grizzly o marrone medio; valida alternativa fibre di piume di gallopardo e le artificiali micro fibbet nei colori grigio chiaro, medio o scuro con lunghezza equivalente al corpo. Ali: assenti Corpo: realizzato con lo stesso filo di montaggio Hackles: 1 piuma di gallo colore grizzly, marrone medio e grigio medio girata lungo tutta la lunghezza dell’amo. Note: anche questa serie di artificiali intende imitare ditteri dalle dimensioni infinitesimali. I colori qui presentati rappresentano nel loro insieme la maggioranza di tonalità presente in questa stagione.

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MICRO WITCH Amo: TMC 100 o 101 dal 20 al 28 (il modello in foto amo nr 24) Filo di montaggio: VEEVUS A10 (tan) 16/0 Code: ciuffo di fibre sintetiche (yarn) di colore rosso fluo molto corto o piume di sostituto di ibis sempre color rosso vivo Ali: assenti Corpo: realizzato con 1/2 fibre di pavone naturale non rasato Hackles: 1 piuma di gallo colore grizzly girata 4/5 volte Note: la Witch è un artificiale classicissimo da temoli, ottimo in tutte quelle condizioni ove non vi siano in atto schiuse di insetti specifici (effimere, sedge) ma con presenza di ditteri o chironomidi; solitamente si può realizzare anche in misure maggiori, ma su acque lente e nei mesi autunnali è importante ridurre sensibilmente la taglia. In estate si può utilizzare anche per insidiare trote e in misure maggiori sino al nr 16 e 14.

MICRO RED TAG Amo: TMC 100 o 101 dal 20 al 28 (il modello in foto amo nr 24) Filo di montaggio: VEEVUS A10 (tan) 16/0 Code: ciuffo di fibre sintetiche (yarn) di colore rosso fluo molto corto o piume di sostituto di ibis sempre color rosso vivo Ali: assenti Corpo: realizzato con 1/2 fibre di pavone naturale non rasato Hackles: 1 piuma di gallo colore marrone medio girata 4/5 volte Note: anche la Red Tag è un artificiale classicissimo da temoli, anch’esso come la Witch ottimo in tutte quelle condizioni ove non vi siano in atto schiuse di insetti specifici. Anche la Rred Tag viene impiegata anche in misure maggiori nei confronti di trote e cavedani, arrivando anche a misure di ami del nr 16 e 14.

MICRO PALMER WITCH Amo: TMC 100 o 101 dal 8 al 28 (il modello in foto amo nr 24) Filo di montaggio: VEEVUS A10 (tan) 16/0 Code: ciuffo di fibre sintetiche (yarn) di colore rosso fluo molto corto o piume di sostituto di ibis sempre color rosso vivo Ali: assenti Corpo: realizzato con 2 / 3 fibre di pavone naturale non rasato Hackles: 1 piuma di gallo colore grizzly girata per tutta la lunghezza del corpo Note: versione montata a palmer della precedente WITCH, è consigliata, data la maggiore galleggiabilità e visibilità, in acque con maggiore corrente. La sua versatilità è chiaramente intuibile dalle estrema ampliezza nelle misure di ami consigliati: dal nr 8 al nr 28, ovvero da imitazioni di grossi bruchi per arrivare a imitare minuscoli ditteri. 129 Confluenze

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POLI DITTERO Amo: TMC 100 o 101 dal 18 al 24 (il modello in foto amo nr 24) Filo di montaggio: Benecchi Ultrafine xxf 12/0 color black o VEEVUS A10 (tan) 16/0 Code: assenti Ali: assenti Corpo: realizzato in dubbing con ice dubbing nei colori peacok, olive/brown o purple; Hackles: 1 piuma di gallo colore grizzly girata per 2/3 del corpo Testa: 1 micro pallina di polistirolo inserita nel gambo dell’amo e assicurata con doppio strato di domopack o pellicola trasparente similare Note: un mio artificiale, non è molto tempo che lo utilizzo, ma ha già dato ottimi risultati in situazioni difficili, quando i livelli sono bassi, acque limpide e pesci molto selettivi e diffidenti, condizioni tipiche dei mesi tardo autunnali. Questo artificiale intende imitare in modo generico sia ditteri che chironomidi.

DITTERO OLIVA Amo: TMC 2488 dal 16 al 22 (il modello in foto amo nr 16) Filo di montaggio: Benecchi Ultrafine XXF 12/0 color black o VEEVUS A10 (tan) 16/0 Code: assenti Ali: 2 fibre di flashabou di colore oliva/marrone e 2 piccoli ciuffi di fibre di cul de canard grigio medio scuro Corpo: realizzato con 3 fibre di flashabou di colore oliva/marrone Hackles: 1 piuma di gallo colore grizzly girata 2 / 3 volte Testa: realizzata con il filo di montaggio e i ciuffi di cul de canard ribaltati all’indietro per poi formare le ali Note: anch’esso è un artificiale di mia realizzazione, valido durante tutti i mesi, per i mesi autunnali ed invernali lo realizzo nelle misure più piccole: 18, 20 e 22; anche questo artificiale intende imitare in modo generico sia ditteri che chironomidi.

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BLACK MIDGE Amo: TMC 2488 dal 16 al 22 (il modello in foto amo nr 16) Filo di montaggio: Benecchi Ultrafine XXF 12/0 color black Code: assenti Ali: 2 corti ciuffi di aero dry wing della Tiemco di color bianco Corpo: realizzato con sottile strisciolina di foam nero di 2mm di spessore tipo cellula aperta (ottimo quello della Benecchi) diviso in 2 piccole sezioni per circa 2 /3 dell’amo Hackles: 1 piuma di gallo colore grizzly girata 2/3 volte Testa: realizzata in filo di montaggio e il ciuffo di aero dry wing della Tiemco ribaltato all’indietro per poi formare le 2 ali Note: artificiale di mia realizzazione, intende imitare tutti i ditteri di colore scuro o formiche alate. E’ dotato di buona galleggiabilità e quindi con esso si può pescare, nonostante le contenute dimensioni anche in acque con discreta corrente. E’ risultato efficace sia nei confronti di trote, temoli e, nelle misure maggiori, cavedani.

PURPLE MIDGE Amo: TMC 2488 dal 16 al 22 (il modello in foto amo nr 16) Filo di montaggio: Benecchi Ultrafine XXF 12/0 color black Code: assenti Ali: 2 corti ciuffi di aero dry wing della Tiemco di color bianco Corpo: realizzato con 3 fibre di criniera di alce, 2 scure ed 1 chiara, al fine di ottenere un corpo ben segmentato Hackles: 1 piuma di gallo colore grigio medio girata 2/3 volte sopra la voluminosa testa Testa: realizzata in dubbing con ice dubbing color purple Note: artificiale di mia realizzazione, intende imitare tutti i ditteri di colore scuro o formiche alate. E’ dotato di buona galleggiabilità e quindi con esso si può pescare, nonostante le contenute dimensioni anche in acque con discreta corrente. E’ risultato efficace sia nei confronti di trote, temoli e, nelle misure maggiori, cavedani.

PURPLE PARA MIDGE Amo: TMC 2488 dal 16 al 22 (il modello in foto amo nr 16) Filo di montaggio: Benecchi Ultrafine XXF 12/0 color black Code: assenti Ali: ciuffo realizzato con fibre di aero dry wing della Tiemco di color bianco Corpo: realizzato per 2/3 in dubbing con ice dubbing di color purple, la restante parte con 1/2 fibre di pavone naturale non rasato

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Hackles: 1 piuma di gallo colore grizzly girata 3/4 volte con montaggio parachute Note: artificiale di mia realizzazione, anch’esso intende imitare i ditteri di colore scuro. Dotato di buona galleggiabilità e visibilità grazie al riccio ciuffo bianco, permette di pescare, nonostante le contenute dimensioni anche in acque con corrente media e veloce. E’ risultato efficace sia nei confronti di trote, temoli e, nelle misure maggiori, cavedani.

POLI BLACK ANT Amo: TMC 2488 dal 12 al 22 (il modello in foto amo nr 16) Filo di montaggio: Benecchi Ultrafine XXF 12/0 color black Code: assenti Ali: assenti Corpo: Corpo: realizzato con sottile strisciolina di foam nero di 2mm di spessore tipo cellula aperta (ottimo quello della Benecchi) diviso in 2 piccole sezioni per circa 2/3 dell’amo Hackles: 1 piuma di gallo colore grizzly girata 3/4 volte e rasata nella parte inferiore Testa: micro pallina di polistirolo fissata all’amo con doppio strato di pellicola di domopack o similare trasparente Note: artificiale di mia realizzazione, ennesima imitazione di chironomidi o formiche di colore scuro. Dotato anch’esso di buona galleggiabilità e visibilità, è impiegabile anche in acque veloci. E’ risultato efficace sia nei confronti di trote, temoli e, nelle misure maggiori, cavedani.

POLI BLACK PARACHUTE Amo: TMC 2488 dal 12 al 22 (il modello in foto amo nr 16) Filo di montaggio: Benecchi Ultrafine XXF 12/0 color black Code: assenti Ali: realizzate con pallina di polistirolo legata all’amo con doppio strato di pellicola trasparente tipo domopack o similare Corpo: realizzato in dubbing con pelo naturale o sintetico di colore nero Hackles: 1 piuma di gallo colore grizzly girata 3/4 volte con montaggio a parachute Note: artificiale tipo parachute molto semplice ma che risulta efficace in molte situazioni e stagioni. Nei mesi autunnali ed invernali ridurre drasticamente le dimensioni (20, 22), mentre negli altri mesi si può realizzare anche su ami del nr 14 e 12. Dotato anch’esso di buona galleggiabilità e visibilità , è utilizzabile anche in acque veloci. Risulta valido nei confronti di trote, temoli e, nelle misure maggiori, cavedani. 139 Confluenze

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GRIFFITH’S GNAT Amo: TMC 100 o 101 dal 18 al 26 (i modelli in foto amo nr 24) Filo di montaggio: Benecchi Ultrafine XXF 12/0 di colore nero Code: assenti Ali: facoltative, realizzate con aero dry wing della Tiemco di colore bianco Corpo: realizzato con 2 / 3 fibre di pavone naturale non rasate Hackles: 1 piuma di gallo colore grizzly montata per tutta la lunghezza dell’amo Note: artificiale di origine nord americana molto conosciuto, con ali o senza, intende imitare una infinità di insetti, principalmente piccoli ditteri e chironomidi. Dotato di buona galleggiabilità e con l’impiego di ali anche di ottima visibilità, risulta utilizzabile in moltissime situazioni e diverse tipologie di acque.

DITTERO OLIVA VARIANT Amo: TMC 2488 dal 16 al 22 (il modello in foto amo nr 16) Filo di montaggio: Benecchi Ultrafine XXF 12/0 color black o VEEVUS A10 (tan) 16/0 Code: assenti Ali: 2 fibre di flashabou di colore oliva/marrone e 2 piccoli ciuffi di fibre di cul de canard grigio medio scuro Corpo: realizzato con 2/3 fibre di pavone naturale non rasate Hackles: 1 piuma di gallo colore grizzly girata 3/4 volte Testa: realizzata con il filo di montaggio e i ciuffi di cul de canard ribaltati all’indietro per poi formare le ali

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Note: variante del DITTERO OLIVA con corpo realizzato con flashabou oliva/marrone, possiede le medesime caratteristiche.

PLECOTTERO GALLOPARDO Amo: TMC 100 o 101 dal 16 al 24 (il modello in foto amo nr 18) Filo di montaggio: Benecchi Ultrafine xxf 12/0 color black o VEEVUS A10 (tan) 16/0 Code: assenti Ali: realizzate con ricco ciuffo di fibre di gallopardo grigio medio, grigio scuroi Corpo: realizzato in dubbing con pelo sintetico o naturale di colore grigio medio, medio scuro Hackles: 1 piuma di gallo colore grigio medio, medio scuro, girata 4/5 volte Note: generica imitazione di piccolo plecottero, è dotato di ottima galleggiabilità .

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DITTERO IN CDC Amo: TMC 100 o 101 dal 18 al 24 (il modello in foto amo nr 18) Filo di montaggio: Benecchi Ultrafine xxf 12/0 color black o VEEVUS A10 (tan) 16/0 Code: assenti Ali: realizzate con fibre di yarn di colore bianco Corpo: realizzato con 2/3 filamenti di flashabou di colore oliva Hackles: 1 piuma di cul de canard colore grigio medio, medio scuro, girata 3 / 4 volte Note: generica imitazione di piccolo dittero , grazie proprio alla possibilità di imitare molteplici insetti risulta catturante durante tutto l’anno specie con trote e temoli; nei mesi autunnali/invernali è sempre valida la regola di impiegare questo artificiale nelle taglie minori (20, 22, 24).

PLECOTTERO IN CUL DE CANARD Amo: TMC 100 o 101 dal 16 al 24 (il modello in foto amo nr 18) Filo di montaggio: Benecchi Ultrafine xxf 12/0 color black o VEEVUS A10 (tan) 16/0 Code: assenti Ali: realizzate con 2 fibre di biot di oca o tacchino nei colori grigio chiaro, medio, scuro e nocciola Corpo: realizzato in dubbing con pelo sintetico o naturale di colore grigio medio, medio scuro, oliva e nocciola Hackles: 1 piuma di cul de canard nei colori grigio medio, grigio scuro e nocciola, girata 3/4 volte Note: generica imitazione di piccolo plecottero, è dotato anch’esso di ottima galleggiabilità.

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FLUO GRIFFITH’S GNAT Amo: TMC 100 o 101 dal 18 al 26 (i modelli in foto amo nr 18) Filo di montaggio: Benecchi Ultrafine XXF 12/0 di colore nero Code: assenti Ali: realizzate con aero dry wing della Tiemco di colore fuxia fluo Corpo: realizzato con 2/3 fibre di pavone naturale non rasate Hackles: 1 piuma di gallo colore grizzly montata per tutta la lunghezza dell’amo Note: variante della precedente Griffith’s Gnat, realizzato con ala di colore fluo per migliorarne ulteriormente la visibilità.

PURPLE CDC PALMER Amo: TMC 100 o 101 dal 18 al 26 (i modelli in foto amo nr 18) Filo di montaggio: Benecchi Ultrafine XXF 12/0 di colore nero Code: assenti Ali: assenti Corpo: realizzato in dubbing con ice dubbing di colore purple Hackles: 1 piuma di cul de canard nei colori grigio medio, grigio scuro e caki montata a palemre lungo tuto il corpo Note: piccolo palmer realizzato con piuma di cul de canard, risulta più “morbido” rispetto ai precedenti palmers prima presentati e realizzati con piume di gallo. Dotato di minor galleggiabilità rispetto a quelli in piuma di gallo, per contro risulta molto catturante in acque lente.

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