Confluenze magazine speciale 05 Ottobre 2013

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Light EDITION

Speciale 05 Ottobre 2013


www.moscavalsesiana.it

Quando si parla di pesca a mosca in Italia non si può non ricordare le numerose tecniche di pesca della nostra tradizione. Molte sono praticamente estinte e con loro è andato perduto un vero patrimonio di cultura piscatoria, altre so-

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pravvivono appena nelle zone in cui hanno avuto origine. Una in particolare però, è ancora viva e viene praticata entro e fuori la valle dove ha avuto origine: la pesca a mosca valsesiana.


Light EDITION

PRESENTA:

Speciale 05 Ottobre 2013

I Tricotteri III Parte di FRANCO VACCARINO pag. 6-33 Cayo Cruz di SANDRO MEDIANI pag. 34-51 Ricette di Pesca di MAX LO FARO pag. 54-67 La pesca a mosca VALSESIANA di ANDREA SCALVINI pag. 68-91

Altri collaboratori: NATALINO COSTA, MARCO FELICIANI, CORRADO CORRADINI, PINO MESSINA, PINO SAVINO.

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Sono partito da lontano con le mie considerazioni sui tricotteri per creare un quadro il più possibile completo riguardo la loro presenza in modo tale da poter vedere adesso in ordine pratico, partendo dal morsetto fino ad arrivare sull’acqua, quello di cui abbiamo parlato. Ecco che possiamo considerare che: Nei tricotteri colori e forme si riducono a poche variabili con eventuali sfumature, ma il concetto deve riguardare l’effetto della rifrazione delle ali e l’assetto dello stadio immaginale a cui ci riferiamo. I materiali dovranno invece riguardare la tipologia di acque che dovremo affrontare. Soprattutto per le “secche” useremo materiali morbidi per acque calme e mano a mano che pensiamo ad acque più turbolente materiali più rigidi. Io personalmente non amo troppo i materiali morbidi. Sporcandosi con le abboccate, si “impappano” e fanno perdere tempo nella pesca in caccia in torrente, perché diventando troppo bagnati, perdono il loro assetto naturale costringendoci a sostituirli. Per questo motivo, occorre sempre avere una maggiore scorta per il loro ricambio pur senza averne persi. Diverso è usarli in acque più tranquille.


I colori da considerare sono soprattutto: Nelle secche: per le ali il beige, il cannella, il marrone maculato chiaro, il grigio cenere, il grigio maculato, il marrone scuro, il nero. Per i corpi: il grigio, il marrone chiaro tipo lepre naturale, l’oliva, il crema, il nero. Ovviamente le combinazioni varieranno per le specie. Nelle pupe: verde brillante, beige, giallo sporco. Nelle larve: il verde brillante per Rhyacophila, il beige per Hydropsiche e Philopotamus, varie tipologie di montaggio per portasassi e portalegna (mi piace per esempio fare una larva portasassi con l’astuccio imitato con un raschietto di gallo

misto rosso, nero, grigio e golden). Questa determinazione dei colori non vuole tendere a sminuire oppure ad avere una scarsa considerazione delle capacità visive dei pesci (trote in primis). E’ che proprio tutte le varie specie di tricotteri nostre (diciamo Italia ed Europa) cadono in questi toni con minime sfumature che purtroppo difficilmente potremo ottenere con i materiali a disposizione. Mi tormenta per esempio una bella sfumatura di grigio-beige maculato di alcune rhyacophila, ma non ho mai trovato piume che riproducessero quella variegatura in modo da darmi sufficiente soddisfazione, né materiali sintetici corrispondenti. Non me ne voglia poi chi è amante del colore


perfetto, né chi parzializza il problema con la valutazione “d’insieme” compensata da una buona presentazione. Ad entrambi pongo una domanda, per proporre tra l’altro di mettere il problema sotto una luce che non mi è mai capitato di veder esporre come considerazione di base e che secondo me come si suol dire “taglia la testa al toro”. Quando guardavamo la televisione in bianco e nero mica perdevamo il senso della realtà delle immagini, perché le vedevamo in varie sfumature di grigio, no? Allora: che i pesci vedano o meno i colori non ha importanza. Che loro la loro vita sia in una infinita scala di grigi o di colori in entrambi i casi in essa ci sarà la sfumatura corrispondente. Alcuni vecchi film sono stati riproposti “restau-

rati” e “colorati” usando i riferimenti di ogni sfumatura di grigio in funzione del colore corrispondente tramite adeguati programmi di computer che li hanno “rieditati” in versione a colori. Ora io posso non sapere quale sfumatura di grigio corrisponde ad un color cannella, ma comunque e quindi … nel limite del possibile io ai colori degli insetti mi ci riferisco. Per quanto riguarda la rifrazione invece rimando alla spartizione fra ali traslucide e/o opache fatta precedentemente riguardo le specie di tricotteri. Tutto troppo riconducibile alla realtà umana? Beh, mi spiace, ma è quella che viviamo. Se fossi nato pesce non sarei qui a scrivere. Posso però rimanere affascinato da ed ammirare realtà diverse dalla mia.


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Philopotamus adulto come esempio di montaggio statico ad ali opache, come da montaggio già presentato. Ovviamente questa impostazione si adatta in taglia dall’amo 16 all’amo 10 ad ogni montaggio ad ali opache di quel genere di imitazioni che ho definito “statiche”, che poi in pesca in realtà statiche non sono. Molte volte mi è capitato di vedere tricotteri sostare sull’acqua, perchè caduti in acqua da un sasso o per altri motivi, che prima di riprendersi e volare via restano in deriva sull’acqua per un certo periodo di tempo. L’azione di pesca conseguente starà nel far stare in loco la mosca il più possibile senza dragare od in deriva nella corrente senza pattinamenti, magari presentandola facendola cadere direttamente sull’acqua in battuta, oppure lanciandola contro una pietra a perpendicolo sul bordo della corrente in modo che cada sull’acqua di rimbalzo, oppure ancora facendola scivolare da

un bordo pozza. Insomma, prima di lanciare ragionate da insetti!


Elk caddis e sedge in gallopardo come esempio di montaggio imitazione di movimento da caccia ad ala traslucida. La scelta di materiali non corrispondenti all’insetto da imitare potranno far perdere in efficacia la nostra mosca dato che il colpo d’occhio anche su una imitazione che transita casualmente e rapidamente (leggi “caccia”) non può mancare di questo particolare. Consideriamo bene il fatto che se l’aspetto delle ali in una effimera pesa per il 50% della sua immagine definendo il genere di artificiali (dun o spinner) non vedo per quale motivo debba essere diverso per un tricottero dove questo particolare riveste la quasi totalità del suo profilo. Bisognerebbe chiedere al pesce se pensava veramente di catturare un tricottero o se credeva che fosse altro! Come possiamo sostenere realmente il successo di una imitazione? Facciamo ora una constatazione riguardo la costruzione di una imitazione rispetto alle problematiche che i materiali possono dare al lancio nella fase di pesca. Il grosso vantaggio delle sedge rispetto ad altri insetti sta nel fatto che il loro profilo di per sé risulta quanto mai aerodinamico, per cui anche l’uso di materiali rigidi non causerà grandi arricciamenti del finale, purchè noi si faccia atten-

zione a non posizionare le ali “staccate” in materiali più o meno rigidi, ma comunque a capanna, perchè lo spazio che si creerebbe tra la due ali risulterebbe creare un’elica anche in quella posizione di montaggio.


Sedge palmer Come ho scritto riguardo ai colori delle coppie di ali dei tricotteri, una buona imitazione di un tricottero in volo la possiamo rappresentare con un palmer bicolor. Questo artificiale è dedicato ad una battuta di pesca a “quadranti”. Non ci dovremo limitare ad utilizzarlo con una deriva e dei dragaggi controllati su un lungo tratto. La manovra migliore consiste nel dividere in piccoli spazi i punti di caccia del pesce, lanciare l’artificiale e fare alcuni piccoli e rapidi dragaggi alternati da altrettanti momenti di rilascio, richiamando l’artificiale risollevando la coda di topo con un secco colpo di vetta prima di iniziare il recupero vero e proprio ed il lancio successivo per togliere la mosca dal nostro immaginario “quadrante” e ripetendo alcune volte questa operazione nello stesso spazio prima di passare a quello successivo che pescando in risalita con-

verrà sia a lato del precedente oppure più a monte a seconda della forma della buca.



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Esiste poi la questione di voler comunque ricordare la scelta compiuta rispetto alla situazione che affronteremo riguardo la possibile emergenza di tricotteri, ricordando qual’è il concetto di emergente applicata nella costruzione. Nella tecnica di pesca spesso si considera poco la reale condizione di “emergente”. Purtroppo spesso ci si ferma all’immagine di uno dei momenti dell’emergenza e l’imitazione appare quasi una foto di uno dei passaggi della fase, ma non ci si può fermare a considerare tale solo quella posizione. Pochi insetti hanno in realtà una fase statica abbastanza lunga da poter essere considerata come presentazione. L’artificiale deve essere messo in condizione di imitare un insetto in risalita ed il suo assetto di conseguenza va’ opportunamente calibrato per questo scopo. L’azione di pesca “farà il resto”, nel senso che la dinamica con cui questa verrà gestita renderà l’imitazione meritevole di tale definizione. In generale lo stato di emergenza conosce almeno tre differenti posizioni rispetto al pelo dell’acqua. Il più banale è sicuramente rappresentato dall’insetto intrappolato nella pellicola superficiale, sia che si tratti di una ninfa in procinto di sfarfallare, sia che si tratti di una subimmagine intenta ad estrarre le ali dall’esuvia o di una pupa di sedge nello stesso stato. La condizione dipenderà dalla specie in schiusa, questione che non richiede in questo contesto di essere specificata, ma a discrezione del pescatore che dovrà valutare la specie e/o l’evento per stabilire quindi la posizione dell’emergente sul momento. La nostra imitazione sarà in un certo senso, come detto, comunque statica e non richiederà altro che una attenta deriva e l’aspetto o di una ninfa/pupa a galla con accorgimenti costruttivi che la facciano rimanere a galla con il torace appoggiato alla pellicola superficiale o di una esuvia parzialmente fuoriuscita con un accenno di ali già oltre la superficie.


Un secondo caso è certamente rappresentato da emergenti (sia pupe che ninfe). Non so se sia il caso di fare dei disegni con la deriva sott’acqua delle varie fasi) che si fanno trasportare dalla corrente a mezz’acqua, qualche centimetro al di sotto della superficie, ma in deriva senza particolari accenni nel voler guadagnare la superficie. Anche in questo caso l’unica attenzione starà nel seguire una corretta deriva senza dragaggi, pericolosi per la presentazione sia sopra come sotto la superficie. L’artificiale dovrà però essere costruito con un particolare assetto in modo che l’imitazione rimanga nella posizione corretta, utilizzando materiali galleggianti nella realizzazione del torace oppure un impermeabilizzante in modo da consentire di mantenere il torace verso l’alto e l’addome sempre verso il basso e permettere di dare il senso del “tentare” da parte dell’insetto il mantenere stabilità in acqua, quindi con un atteggiamento perciò abbastanza rigido. Sono da scartare in questo caso materiali troppo morbidi che potrebbero muovere troppo o chiudersi sull’imitazione perdendo il loro profilo. Un buon esempio in questo caso sono sicuramente le imitazioni di pupe di Guy Plas in gallopardo. Con lo stesso assetto costruttivo dobbiamo considerare il terzo caso, sempre sia che si tratti di effimere che di tricotteri. Alla deriva dovremo accompagnare l’artificiale ben appesantito con brevi strappi, in modo da simulare una risalita decisa dal fondo verso la superficie. Eventuali zampette dovranno essere di un materiale morbido, ma con un buon ritorno elastico per imitare il nuoto, per esempio micro-elastici o piume molto tozze, cioè con barbe molto coniche dal calamo alla punta. (in questo artificiale un sottocorpo in rame bilancia l’assetto in pesca, mentre le zampe in piuma morbida, ma tozza, consentono una azione di movimento. L’hackle è sopra-ala di germano). In alcuni casi questo comporterà anche la possibilità di piombare sul finale l’artificiale, qualora la corrente fosse molto forte, per permetterci di avere un tratto di “manovra” dal basso verso l’alto che stimoli il pesce ad abboccare. Tale azione in questo caso a sua volta dovrà essere repentina e decisa, così come la corrente che andremo ad affrontare.


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Montaggio pupa a galla: Amo: grub #14 - #10Filo di montaggio: 8/0 beige Parte terminale dell’addome: ciuffetto di cdc naturale Rigaggio: filo di rame Addome: pelo di lepre misto scoiattolo verde brillante Torace: sottocorpo foam marrone, corpo pelo di foca (sostituto) beige Ali della pupa: rafia sintetica marrone Sacca alare: cdc naturale Occhi: piccola sezione di foam marrone

Fissiamo il ciuffetto di cdc. Fissiamo il rame facendo solo verso il fondo del l’amo un doppio giro dello stesso e

formiamo l’addome per due terzi dell’amo con il pelo verde brillante.

A questo punto eseguiamo il rigaggio ed iniziamo con il metter un po’ di pelo di foca e la piuma della sacca alare. Ora andremo a formare il sottocorpo in foam e gli occhi.

Posizioniamo dell’altro pelo di foca e le ali in rafia.


Giriamo in avanti la piuma di cdc e completiamo il torace con dell’altro pelo di foca, avendo l’accortezza di farne passare anche attorno alla striscia che imita gli occhi. Completiamo con un nodo all’altezza del cdc della sacca alare affossandolo nel dubbing.

Se proprio ci teniamo potremo imitare gli occhi facendo due punti con un pennarello indelebile nero sul foam. In realtà tutto questo materiale ha il preciso scopo di mantenere l’assetto dell’imitazione. L’azione di pesca consisterà nel fare andare in deriva la mosca con delle piccole trattenute, causate dal richiamo del finale con un ribaltamento in avanti della coda di topo. Nei laghi alpini potremo utilizzare questo artificiale anche sotto la superficie, quando il foam completamente bagnato non terrà più l’imitazione a galla. Dopo aver lanciato ed aver lasciato affondare la mosca per qualche secondo, la faremo tornare a galla con dei brevissimi, rapidi e temporalmente distanziati recuperi della coda, in particolare se avremo posizionato la mosca sul tragitto di un pesce che in questo modo osserverà la “risalita” di una pupa. A volte questa operazione per me ha fatto veramente la differenza nell’ingannare un pesce.


Montaggio pupa in deriva. Amo: grub #14 - #10 Filo di montaggio: 8/0 beige Rigaggio: filo di rame Addome: in pelo di scoiattolo grigio- beige, con due biot d’oca marroni ai lati Sacca alare: rafia marrone Ali della pupa: rafia sintetica marrone Torace: pelo di scoiattolo grigio Zampe: piuma di gallina grigio-marrone Occhi: filo di nylon bruciato Antenne: (facoltative) in criniera d’alce o pelo d’istrice

Fissato l’amo al morsetto formiamo un sottocorpo in rame all’altezza della seconda parte dell’addome A questo punto fermiamo ai lati dell’amo i biot d’oca.

Formiamo l’addome con il pelo grigio-beige.

Fermiamo i biot ai lati dell’addome con il filo di montaggio e rinforziamo con il rigaggio in rame. Fermiamo la rafia e cominciamo a formare il torace con il dubbing grigio.

A questo punto fissiamo le ali in rafia sintetica e la piuma di gallina oppure del sopra ala del germano. Completiamo i due terzi del torace avvolgendo la piuma ed eliminandone gli eccessi nella parte superiore.


Ora possiamo fermare gli occhi in nylon bruciato, ribaltando la rafia del torace fino davanti all’occhiello. Volendo fissiamo le antenne e completiamo il torace in dubbing, portandoci nuovamente davanti alla piuma.

Ribaltiamo la rafia all’indietro facendo attenzione a portare le antenne in avanti, nel caso le avessimo montate, chiudendo il tutto con un paio di nodi.Con uno spillo di servizio caldo pieghiamo le antenne e le barbe delle zampe.

Nello specifico questa imitazione vuole copiare la pupa dei philopotamus, ma naturalmente variando i colori e togliendo i due biot ai lati dell’addome, la potremo utilizzare per tutti i tricotteri che hanno una pupa che deriva sotto la superficie per guadagnare la riva e schiudere attaccata ai sassi che emergono ai lati di quest’ultima. Per farne uso non sarà difficile capire se sono presenti tricotteri di questo genere, osservando la presenza di esuvie aggrappate ai sassi. Come nel caso della precedente imitazione, pur se in questo caso lavorando sotto il pelo dell’acqua, l’azione di pesca consisterà nel fare andare in deriva la mosca con delle piccole trattenute, causate dal richiamo del finale e/o con un ribaltamento in avanti della coda di topo.


Piccola nota sui materiali: Come tutti i costruttori con le proprie relative esperienze e preferenze di acque, anch’io mi sono fatto il mio piccolo quadro sui materiali. Ve lo passo così com’è, per quello che mi è stato dato di interpretare nella mia azione di pesca. In funzione delle acque mosse, prediligo materiali più rigidi e che si “scrollino” da dosso l’acqua più facilmente. Di conseguenza utilizzo molto cervo che scelgo di tipo rigido ed ispido in modo che mantenga bene il profilo nel montaggio, senza cioè aprirsi mentre lo blocco. Non amo combinarlo con il cdc, perché trovo che quest’ultimo si sporchi troppo per consentire una pesca in risalita rapida e con meno vincoli possibili. Deve essere una mosca che se non perdo per qualche errore e/o per una limitata manutenzione del tip, non deve sporcarsi e bagnarsi. Lo stesso foam in questo manca un po’, perché quando è veramente bagnato l’unica soluzione è utilizzarlo … il fine settimana di pesca successivo. Il mio uso di ali bruciate e leggermente verniciate segue lo stesso criterio: durante il montaggio la verniciatura posizionerà le fibre che una volta legate rimarranno in posizione e questo contribuisce a ridurne la manutenzione. Il cervo sotto queste ali montate a capanna fa da supporto al galleggiamento oltre ad imitare il tratto di sovrapposizione delle ali. A volte approfitto del fatto che l’imitazione vada un po’ sotto di proposito, a dare un effetto tipo insetto appena annegato.

Il difetto è, ovviamente, che queste imitazioni restano un po’ pesanti nelle acque più tranquille e quindi in questo caso faccio più uso di ciuffi di penna o piuma come nel caso di una semplice peute o facendo un supporto di galleggiamento più morbido, con il conseguente uso di cdc sopra o sotto il profilo dell’ala, a seconda di quanto l’effetto della combinazione produce con sezioni di penna (più opaco), piuttosto che con punte di hackles o con barbe di gallopardo ( maggiormente traslucido ), con un più generico abbinamento con il cervo (il cdc meglio sopra, rende la mosca più visibile). Quando seguo questi profili in genere non faccio più uso di hackles di gallo per il collarino, oppure le combino in un doppio dubbing con foca (sostituto), con garretto d’alce, con cdc, con pelo di lepre, perchè come ho scritto prima il grosso vantaggio delle sedge rispetto ad altri insetti sta nel fatto che il loro profilo di per sé risulta quanto mai aerodinamico, per cui anche l’uso di materiali rigidi non causerà grandi arricciamenti del finale, purchè noi si faccia attenzione a non posizionare le ali “staccate”, ma comunque a capanna, perchè lo spazio che si creerebbe tra la due ali risulterebbe creare un’elica.

a destra: due differenti tricotteri mostrano la diversa disposizione delle ali, mostrando inoltre la sovrapposizione nelle ali opache e l’accoppiamento nelle ali traslucide



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Con le effimere questo discorso è più rischioso e più evidente, data la posizione delle ali rispetto al corpo. La posizione delle ali nelle sedge poi risulta maggiormente stabile nei montaggi, poiché sono naturalmente nella direzione del volteggio. Con questo termino la mia piccola dissertazione sui tricotteri, contando sul fatto che se anche non avete trovato un completo riscontro in quanto presentato, per lo meno ora valutiate meglio una categoria di insetti che ci accompagna con la sua presenza per un lungo periodo di tempo lungo i nostri torrenti, dando più margine di prova e di manovra ai nostri artificiali rispetto alle brevi e spezzate schiuse di altri insetti e che in particolar modo non presenta la tecnica di pesca in caccia in maniera così riduttiva e banale come spesso viene considerata rispetto agli artificiali adoperati, oltre all’applicazione delle tecniche di lancio. Questa però è un’altra storia. “In ultimo desidero ringraziare il Dr. Marco Valle, direttore del Museo di Scienze Naturali “E. Caffi” della Città di Bergamo e tutto il suo staff per il loro lavoro di riconoscimento degli esemplari di tricottero forniti in questi anni e per i particolari che da questo scambio ho appreso su questi insetti.”


Cayo


Cruz

Foto e Testo di Sandro Mediani



Situata sulla costa NORDEST di Cuba, vincia di Cam nella proaguey, l‘ area di pesca di Ca e Cayo Roma yo Cruz no, è un enor m e e intatto ecos di Flats, Lagu istema ne, ed Estuar i. S ituata all’ int “Giardini del erno dei Re”, quest’ar e a protetta mis 366 km quad ura circa rati. La pesca commerciale mente bandit è severaa.


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Tutta l’ area di pesca è intatta e rappresenta uno degli ecosistemi piu biologicamente vari e puliti, dove abbiamo mai avuto occasione di pescare.



I pesci qui sono numerosi e aggressivi. Grazie alla particolare conformazione dei fondali, quest’ area è ricca di Permit e Bonefish, ma anche la pesca del Tarpon puo’ regalare grandi emozioni. Un personale specializzato ed un servizio impeccabile fanno da contorno a bellissime giornate di pesca in uno dei parchi marini più belli e incontaminati di tutto il Mar dei Caraibi. Il periodo gennaio-marzo porta con sé il rischio di fronti freddi provenienti da nord - est . Tuttavia, Cayo Cruz è ben protetto dalla stringa di isolotti che ospitano la maggior parte dei luoghi di pesca.


La pesca in questa stagione è molto buona, in particolare per le dimensioni dei Bonefish e piccoli e medi tarpon ( 20-30 libbre ). Da metà gennaio cominciano ad apparire i Permit. Il periodo da aprile a giugno è forse il momento migliore sia per il clima che per la presenza di grandi quantità di Tarpon adulti oltre al Bonefish e al Permit. In luglio e agosto , la pesca è ugualmente ottima , ma a volte si risente più il caldo . Da Settembre a dicembre si possono trovare diversi Bonefish e per piccole quantità di Tarpon grandi e medi.


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Scaldare la griglia al massimo per scottare il salmone su entrambi i lati, poi abbassare il fuoco e continuare a cuocere a media cottura fino ad ottenere un colore della carne perfettamente omogeneo. Aggiungere un poco di sale. Prima di servire, coprire il salmone ancora caldo con un coperchio e versare sul fondo del contenitore un poco di birra.


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Il salmone si accoppia bene con patate cotte al cartoccio (cotte in un foglio di alluminio) guarnite con iogurt magro, un cucchiaio di maionese, un pizzico di sale, un “pizzico di aglio (per chi vuole un sapore piĂš forte), scorza di limone grattugiata e spremuta dello stesso limone su tutto il salmone.



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Mi chiamo Andrea Scalvini e sono nato e cresciuto in Valsesia dove abito e pesco tuttora, ho iniziato la mia esperienza sul fiume seguendo mio padre e imparando da lui questa splendida tecnica, proprio come accadde per lui con mio nonno, in una famiglia dove la pesca a mosca è da sempre una tradizione oltre che una grande passione. Curiosamente proprio di recente, ripensando a quei giorni, riflettevo sul fatto che nessuno mai a casa mia, da bambino, mi avesse chiesto se mi piacesse pescare: credo proprio che non ci fossero dubbi in proposito! Si trattava di un fatto più che naturale, quasi come respirare. A partire da questo Speciale Confluenze e continuando poi nei successive numeri, cercherò di farvi scoprire e approfondire la tecnica della pesca con la mosca “alla valsesiana” soprattutto per comprenderla a fondo e per coglierne gli aspetti più belli legati ad un modo molto essenziale di andare sul fiume entrando in contatto con la natura e con l’ambiente fluviale, luoghi dove il pescatore si deve sentire il più possibile in sintonia con quello che lo circonda.



Un viaggio alle radici di questa tecnica antica attraverso i racconti e le storie dei pescatori che le hanno vissute, iniziando dall’amico Arturo Pugno, custode e maestro della valsesiana, che alla soglia degli ottant’anni, non smette di insegnare e dispensare consigli per un passaggio di consegne fra generazioni, come nella migliore delle tradizioni.






Una canna fissa, una lenza in crine di cavallo intrecciato e un trenino (“la moschetta”) di tre, quattro mosche, questi gli ingredienti alla base della pesca a mosca valsesiana, tecnica affascinante ed elegante che si compone di una serie di movimenti armoniosi e spontanei con cui il pescatore “cesella” il torrente, raggiungendo tutti i punti in cui si può trovare il pesce, stendendo la sua lenza in modo del tutto personale, tanto che da lontano è possibile distinguere e riconoscere la persona dallo stile con cui lancia.


Quello della Valsesia e della sua tecnica di pesca a mosca è davvero un caso particolare: forse è uno degli ultimi luoghi dove è ancora possibile conoscere e apprendere, praticandola in prima persona, una tecnica che è vera cultura della pesca, un pezzo di storia che giunge intatto fino a noi. In un certo senso tutto è rimasto come quando trent’anni orsono iniziai a praticarla sui nostri torrenti, proprio quelli

dove pesco ora e che fortunatamente sono tra i pochi in Italia ad essersi salvati dalla devastazione dei prelievi per lo sfruttamento idroelettrico. Questo non significa che i materiali non si siano evoluti, tanto che ad esempio, oggi è possibile utilizzare le modernissime e leggere canne in carbonio, ma tutto rimane nel solco della tradizione e per conoscere la vera valsesiana si deve partire da lì.



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Ecco allora che si impara quando e come tagliare una pianta per costruirci una canna, come intrecciare del crine di cavallo per farci una lenza che si stenda meglio dei sintetici, per finire con la costruzione con le sole mani e senza morsetto, delle mitiche ed efficaci mosche in seta e piume di uccelli montani, su cui ci sarebbe da scrivere pagine intere tanti sono i modelli e i comportamenti che hanno in acqua, peculiaritĂ che si ottengono abbinando pochi semplici “ingredientiâ€?.



Forse è questo il vero segreto della valsesiana, la sua apparente semplicità racchiude invece una serie di raffinati e geniali piccoli segreti basati sulle capacità e le abilità del pescatore, più che sull’attrezzatura che questi può portare con se sul fiume. In questo modo la soddisfazione per la cattura è maggiore e se le catture sono numerose,

cosa usuale vista l’efficacia di questa tecnica, potete credermi, il divertimento è assicurato e difficilmente la valsesiana vi deluderà! Al contrario di come spesso è stata descritta, non si tratta di una pesca sommersa, le mosche lavorano in superficie o leggermente “annegate”e le ferrate avvengono quasi sempre su chiare e fragorose bollate.



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Insomma avrete capito che c’è molto da raccontare e gli argomenti non mancano considerando i secoli di storia che si celano dietro questa tecnica di pesca, una storia tutta italiana che ha lasciato numerose tracce anche

nell’arte e partendo dal presupposto che oltre che pescatori siamo un popolo di artisti, dalle mie parti quando un bravo pescatore scende sul fiume, guarda caso, osservandolo, si usa dire che “pennella l’acqua”!

Per informazioni e dettagli tecnici: info@moscavalsesiana.it



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Borse e marsupi a tenuta stagna by Fish Age Con la stagione che stiamo affrontando in questa primavera decisamente umida, nessun articolo si presta meglio ad essere presentato se non una serie di oggetti di buffetteria a tenuta stagna, soprattutto se disegnati e progettati da una azienda totalmente italiana. Fish Age, già da qualche anno, ha introdotto sul mercato due interessantissime “duffle bag” interamente realizzate in tessuto antistrappo ed anti acqua le quali, grazie alla totale assenza di cuciture e cerniere garantiscono una reale tenuta stagna, garantendo di mantenere il loro contenuto totalmente asciutto e sicuro. Le Wetlands Duffle Bag sono prodotte in due misure: 120 e 45 litri e si prestano ottimamente ad essere utilizzate come borsone da viaggio, borsa porta belly boat, borsa da barca o semplicemente per riporvi waders e scarponi bagnati dopo un’intera giornata passata sul fiume. Il peso di quella più grande arriva ad appena 800 grammi, facendone una eccellente borsa da viaggio dandoci la possibilità di sfruttare davvero al massimo gli attuali 23 Kg di franchigia concessi dalla maggioranza delle compagnie aeree. Altro articolo dalle analoghe caratteristiche tecniche, ma di differente utilizzo, è il Wetlands Hip Bag, un comodissimo marsupio da portare in vita durante le uscite di pesca. Anche in questo caso la sua incredibile leggerezza lo rende comodissimo e pratico per essere indossato tutto il giorno ed accompagnarvi sull’acqua senza il continuo pensiero che il suo contenuto possa bagnarsi. Macchine fotografiche, documenti, scatole di mosche, panini e tutto ciò che vi riponiamo saranno al sicuro da pioggia, cadute accidentali in acqua e onde del mare. Per uno stretto utilizzo in barca od in ciambella, Fish Age ha inoltre realizzato una bellissima Dry Bag con capacità contenitiva di 20 litri . La Bikiny Dry Bag è realizzata in PVC azzurro/ trasparente rinforzato con intreccio in kevlar per renderla virtualmente indistruttibile. Graie alla comoda maniglia in gomma ed alla tracolla regolabile, il trasposto risulta molto comodo e pratico, ed anche in questo caso tutto ciò che metteremo al suo interno resterà totalmente asciutto e protetto. In considerazione della terribile stagione che sta imperversando sulla nostra penisola, il negozio The Fly è lieto di offrirvi una imperdibile offerta per tutto il mese di aprile (solo aprile), con uno sconto del 30% sui prodotti sopra elencati. Per maggiori informazioni visitate il sito

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