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Patrizia Arizza Antigone, nata contro

Antigone: nata contro

Patrizia Arizza

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La dimensione “eroica” di Antigone è originale creazione di Sofocle. Il suo nome significa “nata contro” e contiene in sé la particella anti che esprime opposizione: prodromo, attraverso la sua ribellione, della tragedia che diventerà il simbolo della lotta contro il potere.

L’Antigone di Sofocle fu rappresentata nel 442-1 a.C., a distanza di pochi anni dall’Aiace, la più antica tragedia sofoclea rimastaci. Di fatto l’Antigone riprende, ponendolo al centro dell’azione, un problema già emerso nella parte finale dell’Aiace: la liceità morale di lasciare insepolto il cadavere di un nemico ucciso.

Le fonti più antiche ignorano la vicenda narrata nell’Antigone, ovvero la storia della figlia del tebano Edipo e di sua madre Giocasta (secondo la più antica tradizione, di Eurigania), sorella di Ismene, Eteocle e Polinice. Omero accenna in un luogo dell’Odissea all’incesto di Edipo con Giocasta (o meglio, seguendo la denominazione omerica, Epicasta), ma sembra dalle sue parole che non siano nati figli da queste nozze: subito dopo l’incesto, infatti, Giocasta si sarebbe uccisa ed Edipo, accecato, avrebbe continuato a regnare su Tebe. Questa parte del mito è arricchita di ulteriori particolari nei ciclici. Secondo l’Edipodia i quattro figli (Eteocle, Polinice, Ismene e Antigone) sarebbero nati dalle nuove nozze di Edipo con Eurigamia; lo storico Ferecide, raccogliendo questa tradizione, aggiunge che Antigone e Ismene furono uccise da Tideo presso una fonte che prese da allora il nome di Ismene. L’aver fatto dei figli di Edipo il frutto colpevole dell’unione incestuosa con Giocasta sembra un’ulteriore rielaborazione della vicenda mitica, che sarà ripresa dai tragici con intensi effetti drammatici. Nell’argomento del dramma sofocleo compilato dal grammatico Sallustio si afferma che il mito di Antigone era stato trattato nei ditirambi di Ione, secondo cui le due sorelle furono bruciate nel tempio di Era da Laodamante, figlio di Eteocle. Secondo il poeta Mimnermo, invece, Ismene fu uccisa da Tideo per ordine di Era, dopo che si era unita con Teoclimeno.

La tradizione generalmente accolta dai tragici riferiva che dopo l’accecamento di Edipo le due figlie seguivano il padre nel suo volontario esilio, mentre in Tebe divampava la lotta per il trono fra Eteocle e Polinice; ma la morte dei due fratelli sembrava segnare la fine della parte più importante della vicenda, e il racconto si occupava dell’ulteriore sorte di Antigone e Ismene in modo molto superficiale e vago. Un solo testo, fra quelli cronologicamente anteriori a Sofocle, introduce Antigone e Ismene a lamentare la sorte dei due fratelli uccisi in duello e accenna alla decisione presa da Antigone di violare il bando di

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Creonte seppellendo il fratello: si tratta del finale della tragedia Sette a Tebe di Eschilo, che i critici ritengono quasi concordemente un brano spurio, che ha eliminato il finale originario di questa tragedia e che doveva servire solamente a saldare il finale dei Sette con l’Antigone sofoclea in qualche tarda ripresa di queste tragedie: motivi linguistici e storici conducono con quasi assoluta certezza a questa conclusione.

Antigone al cospetto di Creonte, Nestoris lucana a figure rosse, (ca. 380 a.C.), Londra, Brit. Mus. F 175, LIMC I, s.v. Antigone, 12

La tragedia sofoclea

Semplice e lineare è il nucleo drammatico intorno a cui s’incentra la vicenda dell’Antigone: si racconta dello scontro tra Antigone, figlia di Edipo ― che vuole seppellire i resti mortali del fratello Polinice, morto mentre assediava la città di Tebe per usurpare il potere al fratello Eteocle ― e Creonte, lo zio, divenuto tiranno di Tebe, che invece vuole lasciare il nipote insepolto, in pasto a cani e avvoltoi, perché nemico della città. La pena per chiunque proverà a seppellirne il corpo è la morte. Apprende questa notizia un’infuriata Antigone, che si ostina a pretendere la sepoltura del corpo del fratello affinché il suo spirito possa riposare in pace.

Antigone, contravvenendo al divieto, va dunque al campo di battaglia davanti a Tebe, copre di sabbia il corpo di Polinice ed effettua i riti di sepoltura, non potendo sopportare che il proprio fratello non ricevesse una degna sepoltura, che il suo corpo rimanesse per terra, arroventato dal sole e sbranato da uccelli e cani.

La notizia della sepoltura del corpo giunge al re e, per capire chi fosse il responsabile, il cadavere è nuovamente messo allo scoperto; le guardie di Creonte si appostano nelle vicinanze e con sorpresa colgono Antigone sul fatto mentre ricopre un’altra volta il cadavere con terra e acqua. Nessuno si aspettava che fosse proprio lei, una donna giovane, la responsabile. E lei si lascia docilmente arrestare da una guardia uscita da Tebe, insospettita dal sollevarsi della polvere.

La ragazza è così portata al cospetto del re, suo zio. Interrogata, risponde ammettendo senza esitazioni la propria colpevolezza. Tuttavia confessa di averlo fatto perché l’editto del re, che vietava la sepoltura del fratello, a suo giudizio andava contro i principi espressi da leggi non scritte ma naturali che accompagnano l’uomo da sempre. Nessuna legge umana poteva, secondo Antigone, contrariare questi principi, nemmeno un editto dell’ente massimo, ossia del re. Nessuno quindi poteva impedire la sepoltura di un corpo, nemmeno se apparteneva a un traditore; e soprattutto nessuno poteva vietare a una sorella di seppellire il proprio fratello. Incredulo che una donna abbia osato disobbedire ai suoi ordini, Creonte decide l’imprigionamento di Antigone e ne decreta l’esecuzione. La fa rinchiudere pertanto in una caverna, dove troverà la morte.

Nel frattempo l’indovino cieco Tiresia avverte Creonte che gli dèi sono

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molto adirati per aver rifiutato la sepoltura a Polinice e gli preannuncia imminenti sciagure. Il re di Tebe va dunque a liberare Antigone dalla caverna in cui è imprigionata, ma è troppo tardi per evitare la tragedia: la donna si è impiccata. Questo porta al suicidio del figlio di Creonte, Emone (promesso sposo di Antigone), e poi la moglie del tiranno, Euridice, lasciando il re solo a maledire la propria stoltezza.

Il nucleo del dramma sofocleo risiede nello scontro fra due volontà e due concezioni del mondo: quella di Antigone, fanciulla fragile fisicamente ma fortissima moralmente, fondata sul rispetto delle leggi non scritte della natura (physis) e quella di Creonte, tesa a imporre la forza dello Stato e della legge (nomos).

In una società come quella della Grecia antica, dove la politica è una esclusiva riservata agli uomini, il ruolo di dissidente della giovane donna Antigone si carica di molteplici significati, ed è rimasto anche dopo millenni un sorprendente esempio di complessità e ricchezza drammaturgica. La sua ribellione non riguarda soltanto la sottomissione al nomos del re, ma anche il rispetto delle convenzioni sociali che vedevano la donna sempre sottomessa e rispettosa della volontà dell’uomo (in tutta la Grecia, ma ancor più ad Atene). Creonte trova intollerabile l’opposizione di Antigone non solo perché si contravviene a un suo ordine, ma anche perché a farlo è una donna. Nel suo ribellarsi, però, la donna risulta essere una figura meno dirompente di altre eroine come Clitennestra o Medea, poiché la sua azione non è rivolta a scardinare le leggi su cui si fonda la polis, ma solo a tutelare i suoi affetti familiari e la legge naturale che sente dentro di sé. Esemplare il dialogo tra la protagonista e la sorella Ismene:

ΙΣ. […] Ἀλλ’ ἐννοεῖν χρὴ τοῦτο μὲν γυναῖχ’ ὅτι ἔφυμεν, ὡς πρὸς ἄνδρας οὐ μαχουμένα ἔπειτα δ’ οὕνεκ’ ἀρχόμεσθ’ ἐκ κρεισσόνων καὶ ταῦτ’ ἀκούειν κἄτι τῶνδ’ ἀλγίονα. Ἐγὼ μὲν οὖν αἰτοῦσα τοὺς ὑπὸ χθονὸς ξύγγνοιαν ἴσχειν, ὡς βιάζομαι τάδε, τοῖς ἐν τέλει βεβῶσι πείσομαι […] (v.v. 61-67) ΑΝ. Οὔτ’ ἂν κελεύσαιμ’ οὔτ’ ἄν, εἰ θέλοις ἔτι πράσσειν, ἐμοῦ γ’ ἂν ἡδέως δρῴης μέτα. Ἀλλ’ ἴσθ’ ὁποία σοι δοκεῖ, κεῖνον δ’ ἐγὼ θάψω […] (v.v. 69-71)

IS. […] Ma bisogna pensare questo e cioè che siamo nate donne e tali da non combattere con gli uomini, e inoltre poiché siamo dominate dai più potenti (bisogna) obbedire a queste e a cose ancora più dolorose di queste. Dunque io chiedendo di ottenere perdono a quelli di sotterra, poiché sono costretta a queste cose, obbedirò a quelli che son saliti al potere […]

AN. Io non potrei esortarti a farlo anche se tu in seguito lo voglia potresti compierlo insieme a me di mio gradimento. Ma sii quale a te sembra giusto, io invece seppellirò quello […]

Il contrasto tra le sorelle evidenzia la figura eroica di Antigone, contrapponendola a quella tradizionale di Ismene che, al contrario, rappresenta il modello femminile del suo tempo di donna debole, sottomessa all’uomo

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e obbediente al potere. Si può peraltro intendere Ismene anche come il contraltare debole della sorella, ossia come colei che esprime i dubbi che sono in effetti anche di Antigone stessa, che però si risolve ad agire. Antigone nelle arti

Le rappresentazioni pervenuteci sono spesso ispirate più da Euripide e dalla favola di Igino che non da Sofocle.

Al racconto di Igino si riferiscono, secondo Heydemann, le scene dipinte su due anfore àpule, una – dove i personaggi sono contrassegnati dai nomi – nella Collezione Jatta a Ruvo; l’altra nell’Antiquarium di Berlino, in cui l’archeologo Friedrich Gottlieb Welcker ha invece visto una derivazione da Euripide. Rappresentano Antigone condotta prigioniera da Creonte, che, riconosciuto il nipote, vuole che il proprio figlio Emone e Antigone muoiano, nonostante l’intervento di Eracle. In un sarcofago di villa Pamphilj, a Roma, la prima scena, con l’incontro di Eteocle e Polinice, che Antigone, Giocasta ed Edipo cercano di distogliere dal duello, e che si è pensato derivasse da una celebre pittura attribuita a Tauriskos oppure da altra pittura in una villa di Napoli descritta da Filostrato, illustra Le Fenice di Euripide; l’ultima, invece, con Antigone e Argia che sollevano il corpo di Polinice per portarlo sul rogo, ricorda il racconto di Igino. Le Fenice sono illustrate anche nelle coppe omeriche e in molte urne etrusche.

In una coppa del British Museum e in un frammento nei Musei di Berlino, Antigone corre con Giocasta verso il luogo del duello e prega Creonte di permettere il seppellimento di Polinice, mentre in una coppa dell’Università di Halle e in un frammento di coppa omerica del Museo Nazionale di Atene sono rappresentati il suicidio di Giocasta e il lamento di Antigone sui corpi dei fratelli. Nelle urne etrusche Antigone o interviene per impedire il duello, o cerca di dividere i fratelli che combattono, oppure piange sui caduti. Un rilievo di Taranto nel museo di Berlino e un altro in pasta vitrea, nei quali si è voluto riconoscere Antigone che conduce il padre, illustrerebbero l’Edipo re di Sofocle. Un episodio dell’Edipo a Colono è probabilmente rappresentato in un cratere àpulo del Vaticano: la richiesta di ospitalità al re Teseo da parte di Edipo assistito da Antigone. Una parodia dell’Antigone sofoclea è in un vaso fliacico proveniente da Sant’Agata dei Goti, in cui la ragazza con la hydrìa condotta davanti a Creonte, toltasi la maschera, si rivela per un vecchio servo mandato da Antigone al suo posto; forse alla medesima tragedia è da riferire la raffigurazione di un’anfora lucana del British Museum, con una donna condotta prigioniera dinanzi a un re.

È forse Antigone la giovane donna che visita la tomba di Edipo raffigurata su due vasi dell’Italia meridionale conservati nel Museo Nazionale di Napoli e nel Louvre. Si possono ricordare anche il disegno di H. Füssli (1770), il gruppo statuario scolpito da A. Canova (1798-1799), il disegno di J. Cocteau (ca. 1922).

È singolare che l’episodio dell’Antigone ribelle alle leggi della città non trovi espressioni significative nell’arte figurativa fino all’Ottocento. La pittura ottocentesca ha rappresentato molte volte Antigone in veste di figlia devota, mentre accompagna il padre cieco nel suo esilio di espiazione fino al bosco

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delle Eumenidi, ma non ha fatto altrettanto con l’episodio della sua ribellione. A parte alcune pitture dell’antichità classica, le successive raffigurazioni si collocano in buona parte nel XIX secolo e sono opere di artisti che, per convenzione, definiamo minori.

Al contrario, il personaggio di Antigone penetrò e si radicò tenacemente nella tradizione letteraria occidentale a partire soprattutto dal XIX secolo, favorito dalle speculazioni filosofiche di G. F. W. Hegel, F. Hölderlin e F. W. J. Schelling (il primo, per esempio, prese le mosse da Antigone per le sue riflessioni sullo Stato, sull’etica, sull’individuo).

Ma già in precedenza il personaggio di Antigone aveva suscitato notevole interesse nel teatro, dando luogo a numerose riscritture (basti pensare ai drammi intitolati Antigone, per esempio, di R. Garnier (1580); J. De Rotrou (1638); V. Alfieri (1783); o a La Tebaide o i fratelli nemici di J. B. Racine, (1664]). La rappresentazione dell’Antigone di Sofocle diretta da L. Tieck, con le musiche di F. Mendelssohn avvenuta a Potsdam nel 1841 segna l’inizio di un rinnovato impulso a portare in scena le tragedie greche in Europa. Nel ’900, particolarmente degne di menzione sono le rielaborazioni del mito di Antigone di H. St. Chamberlain (1915), W. Hasencleer (1917), J. Anouilh (1942), J. Dantas (1946), B. Brecht (1948).

Il personaggio di Antigone incontra notevole fortuna anche nel teatro musicale, con svariati libretti e musiche da scena: degni di menzione in particolare il pezzo in prosa di J. Cocteau, tratto dall’Antigone di Sofocle e musicato da A. Honegger (1927) o la musica composta da C. Orff per la tragedia, liberamente tradotta da F. Hölderlin (1949), o ancora la musica scritta da M. Theodorakis per il balletto con coreografia di J. Cranko (1959).

Un vasto e complesso percorso quello del mito di Antigone nelle arti, che si può (al momento) concludere ricordando come nel volume Antigone illustrata di Valentina Motta si proponga un ritratto – elaborato su fonti letterarie, ma anche e soprattutto iconografiche – dell’eroina sofoclea, soggetto caro in particolare alla pittura neoclassica italiana e francese, ai preraffaelliti inglesi e, in generale, ad artisti europei attivi tra fine Settecento ed età contemporanea. E sono proprio le immagini a guidare il lettore e a introdurlo nella storia di Antigone, fissando e sintetizzando il dramma attraverso cinque nuclei tematici: il rapporto col padre Edipo e la pietas filiale; Antigone, figura di eroina solitaria; lo scontro tra Eteocle e Polinice e il ruolo di mediatrice svolto dalla ragazza; la necessità di onorare Polinice a causa della sua mancata sepoltura; il legame e la rottura dei rapporti familiari.

NOTE

1 Od. XI 271 ss. 2 H. Heydemann, Phlyakendarstellungen, in «Jahrbuch», i, 1886, p. 303 3 Plin., Nat. hist., xxxv, 144 4 Imag., 2, 29 5 Motta V., Antigone illustrata, Albatros, Roma 2019.

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