Progetto didattico Oper@4u 2014/15 | Forèst - Food Opera

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Progetto Oper@4u Coordinatore progetto Carlo Delfrati Responsabile dell‘area artistica Emanuele Masi Organizzazione Sabrina Chatham Iscrizioni Judith Paone Testi Carlo Delfrati Traduzioni Corinne Werth Ente organizzatore Fondazione Orchestra Haydn di Bolzano e Trento Via Gilm, 1/A I – 39100 Bolzano Progetto e realizzazione Fondazione Teatro Comunale e Auditorium Bolzano Piazza Verdi, 40 I – 39100 Bolzano Grafica Clab Cooperativa Sociale Stampa Publistampa - Pergine Valsugana (TN) www.teatrocomunale.bolzano.it | T 0471 053 800 Febbraio 2015 L‘editore rimane a disposizione per eventuali diritti non assolti.

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Indice Un prelibato ritorno

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Gli autori

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L‘allestimento

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La vicenda

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Quadro primo. La primavera

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Quadro secondo. L‘estate

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Quadro terzo. L‘autunno

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Quadro quarto. L‘inverno

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La componente musicale

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Vivere le stagioni

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Dai sensi ai simboli

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Vegetariani e vegani

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Sinestesie

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Ricette in musica

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Le stagioni

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Film da mangiare

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Bibliografia

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Un prelibato ritorno

Tornano sulla scena del progetto Oper@4u due protagonisti ammirati dal suo pubblico nel 2011: il compositore Matteo Franceschini e il regista Volodia Serre che è anche l’autore del testo (libretto) dell’opera. I due artisti hanno proposto nel 2011 l’electro-opera My Way to Hell, audace rivisitazione del mito di Orfeo. Non meno audace l’opera del 2015, come s’intuisce già dal suo sottotitolo: food opera, opera-cibo. Questo spiega la partecipazione di un terzo partner, inaspettato: lo chef Alessandro Gilmozzi. Il cibo acquista nell’opera Forèst la stessa importanza che hanno le altre colonne portanti: la

food opera infatti invita gli spettatori non solo all’ascolto e alla visione, ma anche alla degustazione. Siamo abituati a considerare l’artisticità delle opere legate all’immagine, le arti visuali; quelle legate al suono, le musiche; accanto a quelle legate alla parola. Siamo meno portati a pensare che esistano arti fondate sugli altri sensi, come il gusto e l’olfatto. È su questo parente considerato povero e trascurato dall’estetica tradizionale che l’opera di Franceschini porta la nostra attenzione. E lo fa all’insegna di una sorta di Commonwealth delle arti, come s’intitolava un classico dell’estetica del Novecento1, dove i diversi canali sensoriali convergono in un unico grande fiume espressivo, caratteristico di ogni tempo e luogo storici.

Forèst è appunto uno spettacolo multisensoriale, o addirittura onnisensoriale: dove cioè sono coinvolti tutti i nostri sensi, in stretta interazione fra loro. La sensazione gustativa è messa in rapporto con quella visiva dell’allestimento scenico, e con quella uditiva proposta dalle voci e dagli strumenti della partitura. I dialoghi del libretto (cantato e parlato in più lingue: italiano, tedesco, inglese, francese, dialetto trentino) tracciano una vicenda ideale che si snoda lungo l’arco delle quattro stagioni. L’opera sarà rappresentata in prima assoluta nel Teatro Comunale di Bolzano il 16 aprile 2015. Il pubblico, limitato a un numero di 50 spettatori per ogni rappresentazione, sarà invitato a prendere posto al centro Questa dispensa offre

dell’installazione scenografica.

una descrizione dell’opera e delle sue motivazioni. Ma offre anche, agli studenti, una serie di suggerimenti di attività da sperimentare in proprio,

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a scuola o fuori.

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Curt Sachs, The Commonwealth of art, New York, Norton, 1946.


Matteo Franceschini Musica e Concetto Nato a Trento nel 1979, Matteo Franceschini si è diplomato in composizione sotto la guida di Alessandro Solbiati presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano. Perfezionatosi con Azio Corghi presso l’Accademia Nazionale “Santa Cecilia” di Roma, ha poi frequentato il “Cursus Annuel de Composition et d’Informatique Musicale” presso l’IRCAM di Parigi. Premiato in diversi concorsi, ha presentato suoi lavori in vari festival internazionali (tra cui la Biennale di Venezia) e in teatri rinomati tra i quali la Scala di Milano. Ha composto musiche di scena per il teatro, colonne sonore ed installazioni multimediali. Alla base della riflessione creativa di Matteo Franceschini ci sono il teatro musicale, la vocalità, le relazioni tra le diverse espressioni artistiche e le tradizioni culturali, in particolare della sua regione d’origine, il Trentino-Alto Adige. Inoltre, il compositore nutre un forte interesse per l’arte culinaria, specialmente se svolta con fantasia. È da qui che nasce la decisione di mettere in scena un’opera che abbia come punto focale la cucina e l’enologia. Ma questo progetto non declama solo un menu o la preparazione di una ricetta, bensì è da considerarsi uno studio sulle suggestioni dei suoni, dei gesti, dei profumi e dei sapori della tradizione enogastronomica di una ben precisa regione.

Gli autori Volodia Serre Libretto e Regia Dopo aver completato gli studi al Conservatoire National Supérior d’Art Dramatique di Parigi nel 2001, Volodia Serre prosegue la carriere di attore dedicandosi al contempo ai propri progetti. La sua prima creazione è Le Suicidé, di Nikolaï Erdman, presentato nel 2008 al Théâtre Romain Rolland di Villejuif, al Théâtre 13 di Parigi e in tournée. Seguono la messa in scena di Tre sorelle di Cˇechov al Théâtre de l’Athénée Louis-Jouvet a Parigi nel 2011/2012 e l’adattamento del romanzo

di Goncˇarov, Oblomov, presso la Comédie Française nel 2013. Nel 2010 lavora con Matteo Franceschini all’elaborazione della loro prima opera My way to hell, della quale è librettista. Forèst è la loro seconda collaborazione.

Alessandro Gilmozzi Fingerfood-Menu Classe 1965, è uno dei più quotati chef italiani, specialista di piatti che prendono forma e gusto dai sapori del bosco: una cultura acquisita alla corte di nomi come Michel Bras e Alain Ducasse. Un’umiltà rara da incontrare, per chi si aggira per le cucine italiane. Ogni novità apportata al suo menu è frutto di una ricerca minuziosa, scientifica. A Cavalese, sperimenta da più di vent’anni materie prime inusuali, come i licheni, o perfeziona le ricette antiche che hanno perso un po’ di smalto. La sua è una cucina che profuma di affumicatura, di erbe dei boschi, di capanna da caccia. Queste conoscenze si sposano ad hoc con il nuovo, con le tecniche di cucina più avanzate: cucina molecolare2, cotture a bassa temperatura, l’uso creativo del fumo, l’avvicinamento primordiale fra il fuoco, il legno e la carne.

Cucina molecolare è l’applicazione della gastronomia molecolare: una disciplina che studia scientificamente le trasformazioni che avvengono negli alimenti durante la loro preparazione.

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L’allestimento Forèst si presenta alla vista come un’installazione collocata all’interno di una “camera” in cui lo scorrere di un video crea via via l’ambiente scenico. L’opera si articola in una sequenza di episodi musicali, a ciascuno dei quali sono associate suggestioni testuali, iconiche ed enogastronomiche che prendono spunto dalle realtà popolari e dalle tradizioni regionali. Il libretto multilingue condurrà lo spettatore attraverso immagini, memoria, associazioni culinarie ispirati alla tradizione delle Dolomiti, patrimonio culturale dell’UNESCO. Il tutto si struttura e si dispone secondo un’interazione che fa del pubblico un protagonista attivamente coinvolto nella percezione di quanto accade. Più che raccontare una singola storia, la food opera segue dunque un “percorso di immagini” costituito da episodi musicali legati tra di loro da una coerenza poetica, gestuale e tecnica. I personaggi in scena si presentano come una sorta di “architetti”, li definiscono gli autori, intenti a soddisfare appetiti diversi. Un viaggio fantastico dove da una sola e semplice idea possono a catena nascerne altre, per combinazioni di sapori, forme e colori. E questa “geniale, lucida follia”, diventa il vero nucleo del brano, dice Franceschini. Il cast è formato da due cantanti, un attore, un fisarmonicista, un violoncellista, ed elettronica e video in tempo reale.

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La vicenda L’opera, preceduta da un prologo e seguita da un epilogo, consta di quattro episodi, ispirati alle quattro stagioni e ai quattro elementi, con un’attenzione particolare ai loro aspetti territoriali e alle loro possibili rappresentazioni gastronomiche. La primavera è legata all’acqua, con al centro la montagna e l’olio; l’estate all’aria, con la malga e il formaggio; l’autunno al fuoco del caminetto, con la possibilità di scegliere tra carne di cervo e di trota; infine l’inverno, legato alla terra, con la neve. A condurre il nostro viaggio nelle terre intorno alle Dolomiti è un’esperta Guida, che ci farà sperimentare gli effetti d’eco e ci farà incontrare quattro donne (una madre, una donna-acero, una donna-cecoviana, una donna-ribelle: tutte interpretate da un soprano), e quattro uomini (un padre, un uomo-cecoviano, un uomo-cervo, un uomo-appollaiato: affidati a un baritono). Nel prologo, la Guida invita il pubblico a entrare in quella che per ora è solo una “selva oscura”: lo fa servendosi di immagini tolte da Dante, David Henry Thoreau e Anton Cˇechov. Seguono istruzioni sul modo di prepararci agli assaggi gastronomici offerti a ogni spettatore in un apposito kit. I versi di Thoreau e il ricordo di un episodio dal Peer Gynt di Henrik Ibsen accompagnano i giochi d’eco che introducono al quadro della primavera.

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Quadro primo. La primavera

È annunciata dallo scrosciare dell’acqua da una cascata. La Guida invita a risvegliare gli echi sopra il suono dell’acqua3. È il primo contatto che la Guida fa recuperare con la natura nei suoi fenomeni ancestrali; a cominciare dall’acqua fresca da cavare dallo zainetto, e da bere. Passa quindi a introdurre il primo episodio: il picnic di una coppia con i suoi bambini. La loro esperienza diventa l’occasione per riprovarla in scena: un olio speciale preparato aggiungendo i sapori di erbe e fiori di campo. È il primo assaggio. Sono i bambini della coppia a recitare la ricetta, anzi a cantarla; mentre la Guida ci ricorda il lungo tempo che i nostri antenati dedicarono a gustare l’acqua e i sapori del bosco, fino a farne manifestazioni sacre, altrettante Fonti di Castalia4. Oggi invece la natura è violentata dal calpestio di ‘anime vagabonde’, e dalle loro costruzioni. La

Natura è un tempio…, ripete con le parole di Baudelaire5. Che meritano di essere conosciute per intero, perché sintetizzano bene lo spirito che domina in Forèst: La Nature est un temple où de vivants piliers

La Natura è un tempio dove incerte parole

Laissent parfois sortir de confuses paroles;

mormorano pilastri che son vivi,

L’homme y passe à travers des forêts de symboles

una foresta di simboli che l’uomo

Qui l’observent avec des regards familiers.

attraversa nel raggio dei loro sguardi familiari.

Comme de longs échos qui de loin se confondent

Come echi che a lungo e da lontano

Dans une ténébreuse et profonde unité,

tendono a un’unità profonda e buia

Vaste comme la nuit et comme la clarté,

grande come le tenebre o la luce

Les parfums, les couleurs et les sons se répondent.

i suoni rispondono ai colori, i colori ai profumi.

II est des parfums frais comme des chairs d’enfants,

Profumi freschi come la pelle d’un bambino,

Doux comme les hautbois, verts comme les prairies,

vellutati come l’oboe e verdi come i prati,

– Et d’autres, corrompus, riches et triomphants,

altri d’una corrotta, trionfante ricchezza

Ayant l’expansion des choses infinies,

che tende a propagarsi senza fine – così

Comme l’ambre, le musc, le benjoin et l’encens,

l’ambra e il muschio, l’incenso e il benzoino

Qui chantent les transports de l’esprit et des sens.

a commentare le dolcezze estreme dello spirito e dei sensi.

La bufera scaccia l’acqua, e si apre a noi il secondo episodio... 3 Ricordiamo il dato acustico. Quando un’onda sonora incontra un ostacolo, rimbalza e torna indietro. L’onda in arrivo è detta onda incidente, quella che torna indietro è detta onda riflessa. È questa a produrre il fenomeno dell’eco. L’onda riflessa torna al punto di partenza dopo un certo intervallo di tempo, che dipende dalla distanza tra sorgente sonora e ostacolo. L’orecchio umano percepisce due suoni distinti solo se arrivano a intervalli di almeno un decimo di secondo l’uno dall’altro. Poiché la velocità del suono nell’aria è di 340 metri al secondo, l’onda sonora riflessa potrà essere sentita solo se l’ostacolo si trova ad almeno 17 metri di distanza.

La Fonte di Castalia è una ninfa della mitologia greca che Apollo tramutò in una fonte, alle cui acque diede la virtù di far diventare poeti quelli che bevessero. La fonte è consacrata alle Muse.

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5 La celebre poesia di Baudelaire, che avrà un’incidenza straordinaria sulla letteratura dei decenni successivi, s’intitola Correspondances e appartiene alla raccolta Les fleurs du mal (I fiori del male), pubblicata nel 1857. La traduzione italiana è di Giovanni Raboni (Milano, Mondadori, 1977).

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Quadro secondo. L’estate

L’estate è la stagione dell’aria, che nelle malghe si va a cercare fresca. Senza dimenticare il buon vino. L’autore cita a propria difesa dagli astemi il celebre aforisma, pure questo di Baudelaire: “Un uomo che beve solo acqua ha un segreto da nascondere ai suoi simili”6. Un sorso di vino per preparare il secondo assaggio, ravioli al formaggio. Con un’importante raccomandazione, da ripetere ogni volta che si assaggia un cibo: “mai inghiottire senza assaporare!”. Lo spettatore lo prova subito, assaggiando in successione tre ravioli ripieni di formaggi con tre diverse stagionature che lo accompagnano a ritroso nel tempo... Si affaccia tra i rovi la prima donna che tanto vorrebbe identificarsi con quell’acero degli Indiani d’America, incapace di annoiarsi grazie al vento che lo fa fremere. La Guida sa come deliziosamente scrocchiano i suoi semi sotto i denti. Tutto suona come un inno alla natura incontaminata.

Quadro terzo. L’autunno

Il bramito di un cervo fa capire che si apre una scena di caccia. L’animale è assimilato ad Atteone, altra figura della mitologia greca, che nel corso di una battuta di caccia provocò l’ira di Artemide, dea dell’arte venatoria, quando la sorprese mentre faceva il bagno insieme alle sue compagne all’ombra della selva. La dea trasformò il giovane in un cervo. L’umanizzazione del cervo innesca una questione sempre più viva oggi: quale diritto hanno gli esseri umani di uccidere gli animali, protesta la donna ribelle. Insieme all’uomo-cervo riscopre il senso della parola foresta (e lo spettatore il senso del titolo dell’opera), e dei sinistri suoi derivati lessicali: il primo, che mette in pericolo la sopravvivenza stessa degli animali: deforestazione; il secondo, che denuncia l’alienazione dell’uomo dalla natura:

forestiero. La Guida prende le distanze dalle preoccupazioni dei due animalisti (ma chissà se i nostri autori non intendano invece mettere la Guida alla berlina): “tante storie per una preda, per un albero bruciato!”. Non può non tornare in gioco la componente radicale della vicenda: la cucina. Tocca alla Guida riprenderla, consentendo agli spettatori stessi di scegliere tra la carne di cervo e quella di trota marmorata. 6 Charles Baudelaire, Petits poèmes en prose. Les paradis artificiels, Paris, 1869. Non meno illustre nemico degli astemi, il suo predecessore Louis-Philippe de Segur: “Tous les méchants sont buveurs d’eau. C’est bien prouvé par le déluge”; in Contes, fables, chansons et vers, Paris, Buisson, 1801.

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Quadro quarto. L’inverno

La stagione, e il freddo portato dal vento del nord, è introdotta con le parole della celebre poesia di Jacques Prévert7:

Les feuilles mortes

Le foglie morte

Oh je voudrais tant que tu te souviennes

Oh! Vorrei tanto che tu ricordassi

des jours heureux ou nous étions amis

i giorni felici quando eravamo amici.

En ce temps-la la vie était plus belle

La vita era più bella.

Et le soleil plus brûlant qu’aujourd’hui

Il sole più bruciante.

Les feuilles mortes se ramassent a la pelle,

Le foglie morte cadono a mucchi...

tu vois, je n’ai pas oublié...

Vedi: non ho dimenticato.

Les feuilles mortes se ramassent a la pelle

Le foglie morte cadono a mucchi

Les souvenirs et les regrets aussi

come i ricordi e i rimpianti

Et le vent du nord les emporte

e il vento del nord le porta via

dans la nuit froide de l’oubli

nella fredda notte dell’oblio.

Tu vois, je n’ai pas oublié

Vedi: non ho dimenticato

la chanson que tu me chantais

la canzone che mi cantavi.

C’est une chanson qui nous ressemble,

È una canzone che ci somiglia.

toi, tu m’aimais et je t’aimais

Tu mi amavi, io ti amavo.

Et nous vivions tous deux ensemble,

E vivevamo noi due insieme

toi qui m’aimais, moi qui t’aimais

tu che mi amavi, io che ti amavo.

Mais la vie sépare ceux qui s’aiment

Ma la vita separa chi si ama

tout doucement, sans faire de bruit

piano piano, senza far rumore

Et la mer efface sur le sable

e il mare cancella sulla sabbia

les pas des amants désunis.

i passi degli amanti divisi.

Conosciamo questa canzone? Possiamo ascoltarla insieme? Possiamo cantarla? Accompagnarla con gli strumenti?

La musica fu composta da Joseph Kosma per il film Les portes de la nuit. Jacques Prévert vi adattò le parole. Interprete del film e della canzone, Yves Montand la fece diventare una delle canzoni top del Novecento. 7

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La Guida torna a rivendicare il diritto degli uomini a nutrirsi di carne. “Abbattere un animale o un albero, non equivale a dire che io appartengo allo stesso mondo?” Ossia, siamo cacciatori proprio come lo sono gran parte degli animali. Rivendica in altre parole l’originaria “barbara” natura dell’uomo, sulla scorta della Scienza nuova di Giambattista Vico8. Cade la neve, che invita a godere il tepore della casa: una casa sullo specchio d’acqua; e lo sguardo corre all’audace Casa sulla

cascata di Frank Lloyd Wright, il grande architetto americano. Anche la sua costruzione rimanda allo stato di natura: l’ambiente boschivo è stato rispettato, l’acqua scorre libera come prima. La Casa è “un santuario per l’uomo dentro la natura, un santuario per la natura dentro l’uomo”. E nella natura ritroviamo gli elementi originari della nostra alimentazione: “su un letto di resina e di licheni sott’olio, il severo carciofo…” Siamo giunti all’epilogo. La Guida ci ricorda un’ultima combinazione di sensazioni: quella che ci fa collegare un sapore particolare a un luogo dove l’abbiamo sperimentato o sognato.

L’indicazione della Guida è un invito anche per noi: quali luoghi e momenti della nostra vita ci fa venire in mente il profumo di un arrosto, il fumo di un braciere, il morso di un frutto speciale?

Secondo il filosofo napoletano, a fondare le società non sono stati i sapienti ma al contrario uomini-bestie, privi di cultura, di scienza, di religione.

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La componente musicale Oper@4u intende portarci in prima linea a conoscere le forme

l’udito.

più originali del teatro contemporaneo. Più propriamente del

Lo spettacolo ci rivelerà il modo particolare con cui Matteo

teatro musicale, dove la musica resta il motore espressivo ca-

Franceschini “ascolta” il suo mondo. Un mondo, una moda-

ratterizzante. La parola, l’azione, la scena, le ritroviamo anche

lità di costruzione della partitura, che ne fa un compositore

nel teatro di prosa; in Forèst aggiungeremo, come sorprenden-

attento alle strategie della musica contemporanea. Oggi un

te novità, il gusto e l’olfatto. Ma quello che è tipico del teatro

compositore ha a sua disposizione un millennio di tecniche, di

musicale, dal primo melodramma alle forme contemporanee,

procedimenti, di forme, di linguaggi, di stili… Dalla medievale

è l’integrazione musicale, l’apporto determinante che la musi-

Ars Antiqua alle forme eversive delle avanguardie contempo-

ca ha nel costruire le situazioni, nel caratterizzare i personaggi

ranee, gli si offre una tavolozza illimitata: di cui Franceschini si

e le loro emozioni, nel rimandare simbolicamente a realtà non

serve piegandola al messaggio che intende trasmettere, come

presenti sulla scena, e via continuando.

gli spettatori di Oper@4u ricordano dal suo My Way to Hell.

Questo comporta un’attenzione alla musica analoga a quel-

Un linguaggio dunque radicalmente diverso da quello reso

la che riserbiamo alle opere della letteratura o del cinema.

familiare dai media; una complessità che è esplorazione di

Leggendo un romanzo o guardando un film sappiamo di tro-

mondi, ricchezza di pensiero e di sentimento, suggestione

varci impegnati a seguire una lunga trama. Diverso il nostro

simbolica. Attraverso la visione, attraverso l’ascolto. Ma anche

atteggiamento abituale davanti alle musiche che ascoltiamo

attraverso la degustazione. Una sfida dunque. Se sappiamo

quotidianamente, le canzoni, più in generale la popular music,

accettarla, si allarga la nostra conoscenza del mondo.

o musiche neopopolari9: non foss’altro per la loro durata. Sotto

Forèst è rappresentata a Bolzano in prima assoluta. Questo fa

questo aspetto, possiamo dire che una canzone sta a un’opera

sì che potremo conoscerla solo quando saremo già seduti a te-

di teatro musicale come un aforisma sta a un romanzo. Ag-

atro. Ma anche chi non abbia avuto l’occasione di assistere alla

giungiamo che una canzone si costruisce con pochi elementi

prima opera di Franceschini data a Bolzano nel 2011, My Way

che, ripetuti, ne facilitano il padroneggiamento pressoché im-

to Hell, può conoscere il mondo espressivo del compositore da

mediato. Un’opera del repertorio “colto” procede invece per

qualcuno dei suoi lavori presenti su YouTube.

cammini e svolte che si rinnovano continuamente, lungo un arco di tempo molto ampio.

Ci è capitato di far esperienza di musiche

Ma la differenza principale tra un brano neopopolare è un’altra

lontane dal linguaggio delle canzoni? Qual è

ancora, e riguarda il linguaggio: gli autori di musica “colta”

stata la nostra reazione?

del nostro tempo sperimentano principi compositivi e moda-

Ci siamo interrogati sul perché di modi

lità d’impiego dei mezzi vocali e strumentali, che solo mar-

musicali così insoliti?

ginalmente ritroviamo nel repertorio neopopolare. Gustare quello che una pièce teatrale ha da offrirci richiede dunque

Quali procedure, tra quelle che possiamo

concentrazione. Se una canzone ci offre un flash di emozione

riconoscere nell’uno o nell’altro dei suoi

e di riflessione, un’opera di teatro musicale sollecita uno scavo

lavori, ritroveremo in Forèst ?

in profondità nel nostro vissuto affettivo e cognitivo. La musica non è un’astrazione, libera da tutto quanto fa di noi “animali simbolici” per dirla con il filosofo Ernst Cassirer10. Al contrario è un modo di pensare la realtà. Come un dipinto è un modo di guardare la realtà, come un cibo è un modo di gustarla, così una musica è un modo di ascoltarla, di viverla attraverso

L’attributo popolare è abitualmente riferito alle musiche dell’antica tradizione contadina, montanara, marina: vive oggi solo come testimonianza del passato. Popular è invece il termine che nei paesi anglofoni designa il repertorio contemporaneo, quello del pop, del rock, della musica leggera. Popolare contemporaneo è chiamato anche in corsi universitari: neopopolare appunto, il genere (i generi) di consumo quotidiano. 9

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Ernst Cassirer, Saggio sull’uomo, Roma, Armando, 1972.


Vivere le stagioni Come ogni altro lavoro teatrale ricco di sentimento e di pen-

atmosferici. Dulcis in fundo, è il caso di dire, anche il gusto

siero, oltre che di sapienza costruttiva, anche Forèst ci invita

e l’odorato. Proprio su questo principalmente i nostri autori

ad approfondire le motivazioni che lo sorreggono, o in altri

intendono portare la riflessione del loro pubblico: concreta-

termini a riflettere sulle sue implicazioni di carattere etico e

mente, con gli assaggi offerti perché l’esperienza sia reale,

sociale. A cominciare dal tema nevralgico dell’alimentazione.

com’è reale nello spettacolo la dimensione sonora; e com’è reale la dimensione visiva, con lo scorrere delle immagini nel

La natura, come sappiamo, ci offre prodotti diversi a seconda

video che circonda la platea.

del momento dell’anno. Nelle nostre campagne non raccogliamo l’uva a marzo o le arance a luglio. Ma sappiamo pure

Uno dei messaggi di Forèst è proprio l’invito a recuperare e a

che l’odierna, planetaria distribuzione nel mercato delle merci

gustare le peculiarità stagionali; a valorizzare la ricchezza che

coinvolge oggi anche l’alimentazione. Fino a pochi decenni fa

viene dalla varietà di colori, forme, eventi climatici, sapori

ogni stagione era caratterizzata non solo dagli eventi climatici,

e odori propri di ciascuna stagione dell’anno. Così da vivere

ma anche da quelli gastronomici. Oggi la caratterizzazione ali-

sempre le stagioni per quello che di singolare hanno da offrire

mentare delle stagioni è cancellata: è possibile avere sul de-

ai sensi, all’emozione, al pensiero.

sco fragole in gennaio e kiwi in luglio. Le medesime mutazioni coinvolgono la territorialità degli alimenti: sulle nostre tavole non sono insoliti i prodotti tipici del Continente Africano o del lontano Oriente; e anche questi cibi in qualunque momento dell’anno. Gli esperti conoscono le ricadute negative di questa

Quali sonorità riconosciamo

globalizzazione delle merci che riguarda l’innalzamento dei

caratteristiche della stagione

costi da una parte, l’inquinamento ambientale provocato dalla

presente, nei luoghi lontani

distribuzione planetaria delle merci (di qui le campagne per

dai traffici cittadini?

un consumo “a kilometro zero”, come si usa dire). L’opera di Franceschini e Serre lascia a noi la riflessione su questi temi. Ma più direttamente ce ne suggerisce l’alternativa. Presi come siamo dalla frenesia sempre più veloce che meccanizza la nostra vita, rischiamo di perdere la capacità di provare le sensazioni e le emozioni che la natura ci regala. Le gemme che spuntano sugli alberi a primavera o le foglie che cadono in autunno, il tepore delle belle giornate d’aprile o il fresco delle prime nevicate, i colori dell’estate o quelli dell’inverno, tutto sembra passare sotto i nostri sensi senza che ce ne accorgiamo, senza che sappiamo arricchirne il nostro vissuto. Non è solo la vista a essere invitata a recuperare il senso della natura e delle stagioni. È anche l’udito. Forèst è ricca di suggestioni uditive. Le stagioni si distinguono fra loro anche per i loro suoni e rumori, dai canti degli uccelli agli eventi

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Dai sensi ai simboli

Un’opera così ricca di suggestioni com’è Forèst sollecita ad alzare di livello la nostra riflessione: dall’esperienza primaria della sensazione all’esperienza che ne deriva e la trascende, quella del pensiero, della simbolizzazione. I suoni delle stagioni diventano musica delle stagioni, i colori diventano dipinti… e gli odori e i profumi? Ecco una prima scoperta: mentre gli altri sensi hanno dato luogo a un ricco corpus riconosciuto di opere grandi e grandi procedimenti, il senso del gusto e dell’odorato sembra fermo allo stadio della sensazione, sembra non elevarsi allo stadio del pensiero. Forèst nasce per dimostrarci il contrario proprio con l’inserimento dell’esperienza gustativa in una trama narrativa. Che è la sua sorprendente novità. Siamo animali simbolici. Grazie alla sempre più evoluta arte del

gusto, i sapori e i profumi trapassano da mere basi sensoriali a ingredienti per la costruzione di sistemi simbolici autonomi, come autonomi sono i sistemi che si costruiscono intorno al suono o intorno al colore. Da mere sensazioni diventano lin-

guaggi.

I sapori possono combinarsi in un “linguaggio”? Siamo abituati a considerare le portate come entità a sé, non relazionate fra loro: un certo antipasto, un certo primo, un contorno, un dessert…: ognuno sembra vivere sulla nostra tavola come un’entità autonoma. Possiamo invece creare un percorso culinario, che parta da un nostro cibo preferito e arrivi a una meta, attraverso passaggi dettati esclusivamente da affinità e/o contrasti? Proprio come

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un “messaggio gustativo”, un linguaggio?


In Forèst i diversi sistemi simbolici, i diversi linguaggi, interagiscono fra loro; ognuno supporta l’altro, vive nella relazione con l’altro. Ma l’opera vuole ricordarci che il linguaggio del gusto è autonomo proprio come sono autonomi gli altri linguaggi. Non a caso tra i co-autori compare la figura di un illustre chef del territorio. Anche in cucina si può costruire il capolavoro come l’opera mal riuscita. Basta guardare una libreria specializzata e si troveranno non solo innumerevoli ricettari, ma anche saggi critici e storici sull’arte del gusto, o della cucina, che dir si voglia11. E aggiungiamo pure l’arte dei profumi. Come ogni altro linguaggio, anche il gusto s’impara, anche il gusto è educabile. Approfondire la conoscenza e l’esperienza di un linguaggio arricchisce la nostra personalità, la nostra in-

Vegetariani e vegani

telligenza e il nostro mondo affettivo. Così avviene se raffinia-

La questione va sempre più prendendo piede anche da noi: il

mo la nostra sensibilità al linguaggio del gusto e dell’odorato.

rifiuto di cibarsi di carni da parte dei vegetariani e vegani, che

Forèst, con la varietà dei sapori e degli odori di cui parla e che

non si considerano in diritto di uccidere, maltrattare o sfruttare

ci fa assaggiare, ci invita proprio a vincere l’appiattimento a

gli animali. Mentre i vegetariani rifiutano di cibarsi di carni di

cui spesso la “sordità gustativa” ci ha abituati, e ad aprirci alla

animale, e dei loro derivati, i vegani sono più radicali, rifiutan-

ricchezza dei cibi e delle loro combinazioni.

do ogni forma di sfruttamento degli animali, non solo nell’a-

Con un’ulteriore estensione: aprirsi alle formule gastronomiche

limentazione, ma anche nell’abbigliamento, nello spettacolo

delle culture diverse dalle nostre. Come possiamo arricchire il

e ogni altro scopo. Nell’alimentazione, in particolare, evitano

nostro mondo interiore guardando templi indiani, ascoltando

latte e derivati, uova, miele e altri prodotti delle api, anche

canti arabi, leggendo poesie giapponesi, così possiamo am-

quando sono presenti in forma di ingredienti in altri alimenti.

pliarlo imparando ad apprezzare i sapori che non abbiamo ancora conosciuto, e le loro combinazioni. Se il cibo, con la

Il libretto affronta il dilemma mettendolo al cuore dell’episodio

sua consistenza e soprattutto con i suoi sapori e odori, è un

dedicato all’autunno: dove l’uomo e la donna piangono l’ani-

aspetto base della cultura di un popolo, allora la varietà di

male ucciso e la foresta oltraggiata, mentre la Guida difende

cibi disponibile in ogni momento dell’anno può essere vissuta

l’arte del cuoco: “Lasciatemi ricordare cos’è un cuoco: è qual-

come un “materiale di lavoro” utile per abbattere i muri che

cuno che trasforma la realtà! Che assaggiandola, reinventa e

continuano ad esistere fra i gruppi etnici.

ricrea. Che tesse un legame tra essa e la nostra umanità, e

L’opera di Franceschini ci invita a farlo partendo dalla nostra

che la glorifica offrendola ai nostri palati.” Sono i dialoghi di

regione: valorizzare il nostro, per imparare a valorizzare il di-

questo terzo quadro che spiegano il titolo dell’opera, Forèst.

verso.

E nel quadro successivo: “Abbattere un animale o un albero, non equivale a dire che io appartengo al medesimo mondo? “ L’argomento resta aperto alle nostre discussioni.

Quali esperienze abbiamo di sapori di culture lontane? E al contrario cosa conosciamo di molto particolare della nostra cultura?

11

Si veda la bibliografia alla fine.

15


Sinestesie

Colori che evocano suoni, suoni che evocano sensazioni tattili, o caloriche, sapori che evocano immagini… Sono esperienze che una volta o l’altra tutti abbiamo provato. Non è difficile leggere per esempio in una pagina di critica musicale che quel suono, o quel passaggio, è aspro (gusto), è ruvido (tatto), è

brillante (vista). Questo fenomeno, per il quale la percezione di uno stimolo sensoriale (per esempio la vista) si associa a quella di un altro stimolo (per esempio l’udito), prende il nome di sinestesia. Sono fenomeni tipicamente soggettivi, variabili da individuo a individuo, che hanno dato luogo a singolari creazioni. Nel 1883 Paul Verlaine pubblicava il sonetto, diventato poi famoso, del suo amico Arthur Rimbaud Voyelles (Vocali)12, dove ogni vocale è associata a un colore:

A noir, E blanc, I rouge, U vert, O bleu: voyelles,

A nera, E bianca , I rossa, U verde, O blu: vocali,

Je dirai quelque jour vos naissances latentes:

Io dirò un giorno le vostre nascite latenti:

A, noir corset velu des mouches éclatantes

A, nero corsetto villoso di mosche splendenti

Qui bombinent autour des puanteurs cruelles,

Che ronzano intorno a crudeli fetori,

Golfes d’ombre; E, candeur des vapeurs et des tentes,

Golfi d’ombra; E, candori di vapori e tende,

Lances des glaciers fiers, rois blancs, frissons d’ombelles;

Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d’umbelle;

I, pourpres, sang craché, rire des lèvres belles

I, porpora, sangue sputato, risata di belle labbra

Dans la colère ou les ivresses pénitentes;

Nella collera o nelle ubriachezze penitenti;

U, cycles, vibrements divins des mers virides,

U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari,

Paix des pâtis semés d’animaux, paix des rides

Pace di pascoli seminati d’animali, pace di rughe

Que l’alchimie imprime aux grands fronts studieux;

Che l’alchimia imprime nelle ampie fronti studiose;

O, suprême Clairon plein des strideurs étranges,

O, suprema Tromba piena di strani stridori,

Silences traversés des Mondes et des Anges:

Silenzi attraversati da Angeli e Mondi:

– O l’Oméga, rayon violet de Ses Yeux! –

– O l’Omega, raggio viola dei Suoi Occhi! 12

Esplorare le sinestesie è un modo per entrare in contatto con la nostra speciale sensibilità. Come sarà diverso da quello di Rimbaud il nostro abbinamento tra colori e vocali?

16

E tra sensazioni tattili e consonanti?

Traduzione di Diana Grange Fiori in Opere (Milano, Mondadori, 1975).


Le sinestesie che possiamo trovare nei testi letterari sono innumerevoli. La loro caratteristica è la totale soggettività. È scontato che chiunque possa avere una reazione diversa davanti ai “colori delle vocali” di Rimbaud. Sul terreno musicale, il caso più famoso di sinestesia sistematica è quello dichiarato dal russo Aleksandr Skrjabin, che s’immaginava questa corrispondenza tra le note musicali e i colori:

Cosa è la sinestesia? Inquadra il QR Code!

Skrjabin andò più in là: in alcune sue opere combinò suoni e luci colorate che venivano proiettate nella sala da concerto mediante un’apposita “tastiera di luci”. Possiamo provarlo esplicitamente: quali musiche

A queste sinestesie Forèst ci suggerisce ora di aggiungere il

assoceremmo all’uno o

gusto e l’olfatto, anzi di portarli in primo piano, come Skrjabin

all’altro cibo, a un dato

fece con lo scambio suoni/colori: non più semplice gioco, ma

gusto, a un dato profumo? E

dimensione base dell’opera.

viceversa, quale cibo, gusto, profumo assoceremmo all’una

Nella realtà quotidiana il mangiare e il bere non sono mai

o all’altra musica? Ancora:

separati da quello che contemporaneamente stiamo viven-

quali sapori e odori/profumi,

do, a livello superficiale o profondo, inconscio. Una ricerca

gusti leghiamo a luoghi

americana13 ci conferma quello che sappiamo dall’esperienza

particolari che abbiamo

quotidiana: la percezione di un gusto può variare a seconda

attraversato?

di come viene presentato e assaporato, servito su un piatto

La nostra fantasia sinestesica

piuttosto che un altro, sotto una luce o un’altra, sopra una

può galoppare…

tovaglia bianca o a colori, e così via. Ma più interessante per noi è come viene percepito in funzione di una o altra musica. Pensiamo a come viviamo abitualmente un concerto classico: un’esperienza chiusa in se stessa, astratta, del tutto svincolata dalla realtà fisica. Un momento per l’anima e la mente durante il quale il corpo non è preso in considerazione e le emozioni sono appena tollerate, catalogate come reazioni infantili-primitive. Ridare nobiltà di linguaggio al gusto, come agli altri sensi, permette di “gustare” in modi originali anche l’esperienza musicale.

13 Francesca Bacci & David Melcher, Art and the Senses, Oxford University Press, 2013. Il volume esplora la varietà di corrispondenze sensoriali, tra cui proprio quella legata al cibo.

17


Sono tutte esperienze che la partitura di Forèst ci permette di rivivere nei modi consolidati dell’opera d’arte. Assistere a una performance durante la quale si ascolta, si osserva e si gusta, permette di ricostruire l’interezza dell’esperienza percettiva della realtà e sollecita lo spettatore a prendere coscienza di quanto accade dentro e fuori di lui, in stretta, vicendevole interazione. Un emblematico caso ci è offerto dal Liceo Alberghiero della città francese di Limoges, in partenariato con il Conservatorio di Musica. Gli studenti hanno ricreato i piatti descritti in un trattato del Settecento accompagnandoli con l’esecuzione di musiche della stessa epoca14.

Scopri di più sulla scuola di Limoges

Tra le esperienze pratiche che possiamo condurre sul tema ci sta anche il contatto personale con uno chef di rango. Intervistiamolo: come ha lavorato? Quali criteri lo guidano nella scelta degli ingredienti, oltre alla stagionalità e al legame con il territorio? Lo chef ha mai pensato di collegare cibi e musiche? Se sì, è partito dall’ascolto di frammenti musicali per pensare poi un cibo, o viceversa? Oppure ogni esperienza ha viaggiato separatamente lungo un proprio percorso (quale, nel caso) e l’abbinamento è stato deciso alla fine? Oppure è stato volutamente casuale?

18

14 L’esperienza è raccontata nel sito: http://www.dailymotion.com/video/xiyq2z_le-festin-joyeux_tv .


Ricette in musica

L’esperienza delle scuole di Limoges può suggerirci di riprovare per conto nostro l’attività che sta alla sua fonte: il libro di ricette del XVIII secolo cantate sulle arie in voga a quel tempo, intitolato Le festin joyeux e pubblicato nel 1738, a cura di un certo J. Lebas, officier de bouche di Luigi XV, ideatore del sontuoso banchetto per l’incoronazione del re nel 1722. Ecco un esempio di ricetta15, cantata su un’aria allora famosa:

Des anchois et rouges betteraves Rôties de pain, câpres et petits oignons Ciboulettes, cerfeuils, estragon, Dressez dans une porcelaine Arrivé de l’île de Japon.

Acciughe e rosse barbabietoline. Pan tostato, capperi e cipolline Erba cipollina, cerfoglio ed estragone Sistemati in una porcellana Arrivata dall’isola del Giappone. L’idea di cantare le ricette su motivi noti è stata ripresa recentemente negli Stati Uniti, dove due musicisti si sono divertiti a mettere su cd canzoni note, sulle ricette di cucina dello chef Chris Cosentino16. Un passo avanti in direzione di Forèst lo compiva invece lo chef Bill Telepan creando appositamente un piatto ispirato a

Un’idea anche per noi magari a

Happy, una delle canzoni dell’album Paint it Black ’Tie. Risulta-

carnevale: piegare il ricettario della

to? Duck, fois gras & cherry dish17.

rivista di cucina per cantarlo sul motivo di una musica famosa! Come diventa questa ricetta per un dolce, cantata sul motivo iniziale della Sinfonia n° 40 di Mozart?

Mezzo chilo di belle patate, le lessate, sbucciate e schiacciate, un po’ d’olio d’oliva aggiungete con due uova e un cucchiaio di miel Da continuare in proprio

Proviamolo anche noi. Che sapori abbineremmo alla nostra musica 15

Tratta da: Giuliana Lomazzi, L’allegro banchetto, “Slowfood”, Dicembre 2007.

abbineremmo al nostro piatto

16

Si veda il sito dedicato a The Recipe Project.

preferito?

Cfr. Fish and chips and rock and roll: http://www.huffingtonpost.com/bill-telepan/cooking-music_b_1564051.html.

preferita? E viceversa, che musica

17

19


Le stagioni

La trama di Forèst si sviluppa lungo l’arco delle stagioni. Le stagioni con i loro colori, le loro forme, ma anche attraverso le loro impressioni sonore, tattili, termiche, e ora aggiungiamo gustative. Fermiamoci qui sulla componente musicale. Con due riflessioni. La prima riguarda quello che ha in comune con le altre arti. Quello che la differenzia è scontato: si serve dei suoni, come la poesia delle parole, un quadro dei colori. E in comune? I poeti e i pittori del Novecento ci hanno abituati a considerare i “propri racconti” delle stagioni in un modo ben diverso

Quanta inquietudine in questi alberi di Van Gogh18

da quello prima di allora irrinunciabile: nella loro descrizione può passare in secondo piano il riconoscibile oggetto-stagione, fino a scomparire del tutto; a rimpiazzarlo è l’insieme di sensazioni, impressioni, emozioni, pensieri che la stagione evoca in loro.

Quanto rigore geometrico in quest’altro quadro di Mondrian19

18

20

Vincent Van Gogh, Les oliviers, 1889. 19 Piet Mondrian, Melo in fiore, 1912.


Lo stesso vale per la musica. Più ancora delle altre arti la

E Franceschini? Davanti alla sua opera ci chiederemo: come

musica ci mostra come per il compositore sia marginale l’og-

ha interpretato le stagioni? Come le ha vissute, sentite, viste,

getto-stagione e balzi sempre in primo piano la reazione per-

gustate, odorate…? Con quali forme linguistiche della contem-

sonale agli oggetti-eventi che escono trasformati dal proprio

poraneità? È la scoperta che lo spettatore è chiamato a com-

filtro interiore. Una musica non ci dice se quel motivo “si-

piere a teatro.

gnifica” pioggia o nebbia; ci dice come il compositore sente la pioggia o la nebbia. Come il poeta o il pittore, anche il musicista nel creare la sua opera fa i conti con il suo vissuto multisensoriale. La seconda questione ha a che fare con la storia (e trascuriamo qui la geografia, le peculiarità etniche, certo altrettanto significative, se non di più). Ogni epoca (e ogni paese) si caratterizza per determinate proprietà linguistiche, stilistiche, offerte

In attesa di quel momento,

dai suoi artisti. Come un pittore guarda il mondo con l’occhio

possiamo prendere familiarità con

del suo tempo, così il compositore lo sente con l’orecchio del

qualcuna delle sue composizioni

suo tempo. Il compositore che s’ispira alla pioggia lo fa con

presenti su youtube:

le modalità ritmiche, melodiche, armoniche, strumentali, formali, che impiega ogni volta che inventa una musica. Quello

La grammatica del soffio . Concerto

del secolo precedente o successivo ce ne offrirà un’immagine

per corno di bassetto e orchestra.

uditiva completamente diversa. Il gridario . Ispirato a Cappuccetto

Sappiamo che le stagioni hanno da sempre affascinato i com-

rosso. L’autore stesso ne parla,

positori, che vi hanno dedicato musiche, in funzione delle im-

guarda il video:

pressioni che ognuna era (è) capace di evocare in ciascuno di loro. Il caso più famoso è quello di Antonio Vivaldi, con i suoi quattro concerti20, scritti per strumenti ad arco e clavicembalo. E cominciamo col dire che avrebbe usato lo stesso organico se avesse messo in musica la tempesta di mare o il riposo natalizio (come in realtà fece). Nel primo dei tre canonici movimenti della Primavera, Vivaldi ci fa sentire, in modo facilmente ri-

Zazie dans le métro. Pièce teatrale

conoscibile, il canto degli uccelli. Sono versi schematici quelli

tratta dall’omonimo romanzo

dei suoi animaletti: un autore del suo tempo non avrebbe

di Raymond Quenau.

potuto sottrarsi alla logica costruttiva del tempo, che oppone, come fa Vivaldi, il concertino ai tutti. Se lo confrontiamo con il canto degli uccelli interpretato da un musicista del Novecento, ci accorgiamo con quanta maggiore complessità costruisce il suo “scenario uditivo”. Un Olivier Messiaen, per citare l’autore che fece dei canti degli uccelli i materiali di base delle sue maggiori composizioni, non si sarebbe dedicato a evocare i cinguettii alla maniera squadrata, schematica, iper-razionale di un compositore del Settecento; non avrebbe mai “ascoltato il mondo” alla maniera di Vivaldi. Avrebbe benissimo potuto farlo, perché il passato è sempre disponibile al presente; non ha nemmeno senso immaginare il reciproco!

Ma ricordiamone almeno qualcun’altra: Pëtr Il’i cˇ Cˇ ajkovskij, Le stagioni, per pianoforte Emmanuel Chabrier, Pièces pittoresques, per pianoforte Aleksandr Glazunov, Le stagioni, per orchestra Franz Joseph Haydn, Le stagioni. Cantata Astor Piazzolla, Las cuatro estaciones porteñas, per orchestra. Contiene spunti tratti dai concerti di Vivaldi. 20

21


Film da mangiare

Sono innumerevoli le opere cinematografiche che pongono il cibo al cuore di una trama narrativa. Vederli e ascoltarli ci offre altrettante occasioni per riflettere insieme sull’importanza del cibo non solo nella nostra vita materiale, ma anche nei suoi risvolti etici, psicologici, sociali, e via continuando. Anche se il limite del cinema è che non ce ne può offrire proprio la dimensione centrale dell’opera di Franceschini: il gusto.

Qualche titolo famoso:

Il pranzo di Babette

Ratatouille

Chocolat

(Babettes gæstebud)

di Brad Bird (2007)

di Lasse Hallström (2000)

Tratto dall’omonimo racconto di Karen

Il ratto Rémy ama l’arte culinaria e

Una cioccolateria “magica” in un pae-

Blixen. Narra la storia di due anziane

vuole diventare un grande chef. Pene-

sino bigotto della Francia. Ambientato

sorelle, figlie di un pastore protestante

trando nella cucina di un grande risto-

negli anni Cinquanta, narra la storia di

in uno sperduto villaggio della Dani-

rante parigino con l’inganno, istruisce

una giovane donna madre di una bam-

marca, che hanno trascorso tutta la vita

un giovane garzone e con lui realizza il

bina che, attraverso i suoi cioccolatini,

alla ricerca della salvezza dell’anima

suo sogno. Una storia dove il cibo è il

riesce a far rinascere sentimenti nei

attraverso la mortificazione del corpo.

vero protagonista, linguaggio universale

cuori repressi degli abitanti del villag-

Quando decidono di accogliere Babette,

che sa raggiungere la parte più profon-

gio. Praline che resuscitano la passione,

una rifugiata di guerra, nella loro casa

da e più vera del cuore di ogni uomo.

sciolgono la freddezza, accendono i

di Gabriel Axel (1987)

si verificano impercettibili cambiamenti

cuori e rinsaldano amicizie. Il film ce-

che culminano nella misteriosa quanto

lebra il potere del gusto, l’amore per il

meravigliosa cena che la stessa Babette

cibo preparato con le proprie mani, la

prepara per loro e i loro ignari ospiti.

capacità di mettere in contatto l’anima

Sapori inimmaginabili, dolcezze e pre-

con il corpo e di cogliere pienamente

libatezze costosissime incontrano per la

l’attimo in cui ciascuna esistenza vive

prima volta le papille gustative di ques-

la pienezza della realtà che la circonda.

ti devoti della privazione e spalancano loro un diverso paradiso dove l’arte e la cucina celebrano il loro inno alla vita.

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Bibliografia

Il cibo è la colonna portante di una varietà illimitata di saggi e di romanzi. Abbiamo solo l’imbarazzo della scelta:

ROMANZI Isabel Allende, Afrodita, Milano, Feltrinelli, 1997. Muriel Barbery, Estasi culinarie, e/o, 2008. Nicolas Barreau, Gli ingredienti segreti dell’amore, Milano, Feltrinelli, 2010. Erica Bauermeister, La scuola degli ingredienti segreti, Milano, Garzanti, 2009. Stefania A. Barzini, La scrittrice cucinava qui, Milano, Gribaudo, 2011. Alan Bennett, Nudi e crudi, Milano, Adelphi, 2001. Anthony Bourdain, Il viaggio di un cuoco, Milano, Feltrinelli, 2008. José M. Fajardo, Il sapore perfetto, Parma, Guanda, 2005. M. F. K. Fisher, Biografia sentimentale dell’ostrica, Vicenza, Neri Pozza, 2005. Andrea Israel e Nancy Garfinkel, Il club delle ricette segrete, Milano, Garzanti, 2010. Radhika Jha, L’odore del mondo, Vicenza, Neri Pozza, 2001. Nicole Mones, L’ultimo chef cinese, Vicenza, Neri Pozza, 2009.

SAGGI AA. VV., Il cibo e l’impegno, n. 5, 2004 di “Micromega”. E Supplemento. Margherita Hack, Perché sono vegetariana, Roma, Altana, 2011. Marvin Harris, Buono da mangiare, Torino, Einaudi, 1990. Carlo Petrini, Buono, pulito e giusto, Torino, Einaudi, 2005. Daliah G. Sottile, La cucina dei colori, Milano, Tecniche Nuove, 2011.

23


24

Ludwig Feuerbach

Forèst

Noi siamo quello che mangiamo.


25

Ludwig Feuerbach

Der Mensch ist, was er isst.

Oper@4u


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