O P E R A / O P E R
Elektra Richard Strauss VEN/FR 15.01.2010 ore 20.00 Uhr Sab/sa 16.01.2010 ore 20.00 Uhr Dove/wo
teatro comunale/stadttheater
Durata/dauer ca. 100’ (senza Intervallo/ohne Pause) Lingua/Sprache
dt
sovratitoli/übertitelt
IT + DT
1999 – 2009 10 anni/10 Jahre
O P E R A / O P E R
Elektra Richard Strauss
Elek tr a
Richard Strauss Opera in un atto/Oper in einem Akt
figurante/Statist
Libretto
Hugo von Hofmannsthal
Editore proprietario/Eigentümer und Herausgeber
Fürstner/Schott, Mainz Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano
cover 1., 2., 3. Magd assistente musicale/musikalische Einstudierung
Rappresentante per l’Italia/ Vertretung für Italien
aiuto regista/ Regieassistenz direttore di scena/Inspizienz maestro collaboratore di sala/Korrepetition assistente direzione di scena/Assistent des Inspizienten
Direzione musicale/Musikalische Leitung Regia/Regie Concetto scenografico/Bühnenbild Konzept Scene/Bühnenbild Costumi/Kostüme
Luci/Licht
Gustav Kuhn Manfred Schweigkofler Hans-Martin Scholder Michele Olcese Violeta Nevenova Andrej Hajdinjak
operatore video/Videoaufnahmen capo macchinista/Bühnenmeister macchinisti di produzione/Produktionsbühnentechniker tecnici macchinisti/Bühnentechniker
capo elettricista/Beleuchtungsmeister elettricisti di produzione/Produktionsbeleuchtung tecnici elettricisti/Beleuchtung elettricisti fonici/Beleuchtung und Ton
Personaggi e Interpreti Personen und Darsteller
attrezzista/Requisite sarta/Schneiderei capo truccatrice/Chefmaskenbildnerin
Elektra Chrysothemis Klytämnestra Aegisth Orest Pfleger des Orest Vertraute Die Schleppträgerin Junger Diener Alter Diener Aufseherin 1. Magd 2. Magd 3. Magd 4. Magd
5. Magd 6 Dienerinnen
Anna Katharina Behnke (15.01.10)/Elena Popovskaya (16.01.10) Michela Sburlati (15.01.10)/Maida Hundeling (16.01.10) Anna Maria Chiuri (15.01.10)/Mihaela Binder-Ungureanu (16.01.10) Richard Decker Thomas Gazheli (15.01.10)/Wieland Satter (16.01.10) Igor Bakan Elisa Maffi Charlotte Soumeire Arnold Bezuyen Vito Maria Brunetti Martina Bortolotti Jelena Bodrazic Monika Wäckerle Anahita Ahsef JaeHee Kim Lara Martins Bettina Block, Gloria Contin, Stefania Ferrari, Mariangela Lontani, Luisa Staboli, Vittoria Vitali
truccatrice/Maskenbildnerin trucco/Maske parrucchiera/Frisuren Aiuto trucco/MaskenHilfe sovratitoli/Übertitelung
elaborazione rendering tecnici/Ausarbeitung technische Zeichnungen laboratorio scenografico/Bühnenbau Direttore/Intendant responsabile amministrativo/Verwaltungsleitung Direzione tecnica/Technische Leitung Assistente alla direzione tecnica/Assistenz der technischen Leitung segretario artistico/Künstlerisches Betriebsbüro comunicazione, pubbliche relazioni/Kommunikation und PR ufficio stampa nazionale/Nationales Pressebüro fotografo/Fotograph amministrazione e personale/Verwaltung und Personal segreteria di direzione/Direktionssekretariat
orchestra/orchester
Orchestra Haydn di Bolzano e Trento/Haydnorchester von Bozen und Trient Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna
responsabile ticketing/Verantwortlicher Ticketing ticketing amministrazione/Verwaltung
Coro/Chor Direttore del coro/Chorleitung
Coro del Teatro Municipale di Piacenza Corrado Casati
biglietteria/Kasse
percorsi di formazione/Ausbildungsprojekte
Nuovo Allestimento/Neuinszenierung
redazione sito internet/Redaktion Webseite supervisione/Haustechnik
Produzione/Produktion
in coproduzione/Koproduktion
Fondazione Teatro Comunale e Auditorium - Bolzano Stiftung Stadttheater und Konzerthaus - Bozen Teatro Comunale di Modena, Teatro Municipale di Piacenza, Teatro Comunale di Ferrara
Systemadministrator capo sala/Saalchef portiniera/Pfortendienst custode/Hausmeister Auditorium/Konzerthaus
David Thaler Anna-Lucia Nardi Peter Valentovic Franz Braun Sandro Pasqualetto Armando Anselmi, Emanuele Lippi Enrico Gerola Christine Würfl Gian Carlo Turato Rosario Greco, Claudio Oppio Peter Bamhackl, Elena Boschi, Gianluca Cucco, Andrea Rizzi, Andrea Zampolli Pasquale Quaranta Davide Pedrotti, Mario Zanella Luca Migliaccio, Luca Predenz Maurizio Conta, Ezio Ventriglia Michela Dall’Ara Elisabetta Starita Marisa Girardi Gudrun Pichler Ingrid Blasbichler, Brigitte Novak Maria Iorno Marie Fliedel Maria Vittoria Prospero, Rossella Simonazzi Enrico Musenich L’Atelier di Ezio Sanzogni Manfred Schweigkofler Francesco Nardelli Alfredo Bagatin Barbara Westermann Emanuele Masi Marion Thöni Roberto Valentino Franco Tutino Giulio Levoni Judith Paone Christian Villella Margarete Höller Margit Hofer, Melita Winkler Gerda Schranzhofer, Verena Irsara, Martina Serena Rocca, Katia Carratù Laura Miori Stefania Gatta Matteo Zanirato Mirko Tait Christian Zischg Edgar Aichberger, Ernst Kofler, Dean Venturini Paul Hölbling Giorgio Magnanini, Marco Turato, Dan Romanti
S y nop sis Nach seiner Heimkehr aus dem Trojanischen Krieg wurde König Agamemnon von seiner Frau Klytämnestra und deren Geliebtem Aegisth ermordet. Elektra, die Tochter Klytämnestras und Agamemnons, will ihren Vater rächen. Sie wartet auf die Heimkehr ihres Bruder Orest, der als Kind nach der Bluttat vom Königshof entfernt worden war. Die Mägde verspotten Elektra, die, ausgestoßen, vor dem Palast leben muss. Nur die jüngste Magd bekennt sich zu ihr und wird deshalb von den anderen misshandelt. Elektra beschwört den Geist ihres toten Vaters und ruft sich das Bild seiner Ermordung vor Augen. In einer blutigen Vision erlebt sie den Tag der Rache, die sie mit Hilfe Orests nehmen will. Chrysothemis warnt ihre Schwester Elektra vor Klytämnestra: Elektra solle – so habe sie gehört – eingesperrt werden. Chrysothemis, die sich leidenschaftlich nach erfülltem Leben und Liebe sehnt, fürchtet für sich ein ähnliches Los und gibt der Schwester die Schuld an ihrer gemeinsamen Lage.
Elettra è l’unica persona del palazzo che sa che proprio in quel luogo è sepolta l‘ascia con cui è stato ucciso il padre.
sinossi L’azione si svolge nel periodo immediatamente successivo alla fine della guerra di Troia al palazzo degli Atridi a Micene. Clitemnestra ha assassinato, con l’aiuto dell’amante Egisto, il marito Agamennone, dopo che costui ha fatto ritorno dalla guerra di Troia. Adesso Clitemnestra ed Egisto sono marito e moglie e governano insieme Micene. Le figlie di Clitemnestra, Elettra e Crisotemide, vivono penosamente. A Micene, sul calar della sera, nella corte del palazzo degli Atridi le ancelle parlano di Elettra E l’uccisione di suo padre Agamennone. Arriva Elettra la quale ricorda che proprio verso quell’ora suo padre fu sgozzato e, invocando il suo spettro, conferma il proposito di vendetta. Elettra vive come un animale, camminando sempre nello stesso angolo della corte del palazzo, in silenzio, senza comunicare con nessuno, con l’aspetto trasandato e lo sguardo perso. Le ancelle si burlano della giovane, mentre lei non smette di vegliare al solito posto nella corte. Solamente un’ancella sembra avvertire compassione per la figlia di Clitemnestra e per questo viene malamente percossa dalle compagne.
Crisotemide avvisa la sorella di guardarsi da Egisto e dalla madre la quale poco dopo entra rivolgendosi ad Elettra per chiederle un rimedio contro gli incubi che tormentano le sue notti. Inizialmente la giovane dà risposte ambigue, poi le profetizza la vendetta di cui sarà la vittima. Clitemnestra si rallegra alla notizia, non vera, della morte del figlio Oreste perché vede in lui un possibile vendicatore. Elettra, pur non credendo alla morte del fratello, si accinge lei stessa ad uccidere la madre e l’amante; mentre Crisotemide rifiuta di partecipare alla strage. Elettra non riconosce subito lo sconosciuto che si presenta: è Oreste; poi, riconosciuto il fratello, gli mette in mano una scure e attende fuori dalla porta quando sente il grido della vendetta compiuta. Elettra, al sopraggiungere di Egisto, lo spinge in casa dove viene ucciso da Oreste. Mentre tutti acclamano il vendicatore, Elettra si scatena in una folle danza di esultanza sino alla morte.
Klytämnestra wird von Alpträumen geplagt, in denen Orest als Rächer seines Vaters erscheint. Sie erhofft sich von ihrer Tochter Elektra ein Mittel gegen diese Träume. Elektras Antwort, sie werde nicht mehr träumen, sobald das richtige Opfer unter dem Beil gefallen sei, versteht sie nicht. Als Elektra der Mutter haßerfüllt ihre Rachepläne ins Gesicht schleudert, erhält die Königin die Nachricht vom Tod des Orest. Höhnisch lachend verschwindet sie im Palast. Elektra ist entschlossen, die Rache an Klytämnestra und Aegisth nun zusammen mit Chrysothemis durchzuführen. Doch Chrysothemis weigert sich. Ein Fremder gibt sich Elektra gegenüber als Bote aus, der den Tod des Orest zu melden habe. Als Elektra den Boten verflucht und ihren Namen nennt, gibt er sich ihr als Orest zu erkennen. Er ist gekommen, um den Vater zu rächen. Noch bevor Elektra ihm das Beil geben kann, mit dem Agamemnon erschlagen wurde und das sie für Orest aufbewahrt hat, wird er zur Königin in den Palast gerufen. Der Todesschrei Klytämnestras erlöst Elektra aus ihrer Spannung.
Mit heuchlerischer Freundlichkeit tritt sie dem nun heimkehrenden Aegisth entgegen, bestätigt ihm die Nachricht vom Tod des Orest und geleitet ihn ins Haus, wo Orest ihn erwartet. In ihrer Freude über die vollzogene Rache nimmt Elektra Chrysothemis, die ihr von der Ankunft und der Tat Orests berichtet, kaum noch wahr.
a lbero gene al o gico/s ta mmbaum
Tantalos
CONIUGI/EHEPARTNER
Re della Lidia/König von Sipylos in Lydien
FIGLIO-FIGLIA/SOHN - TOCHTER Pelops
Re di Pisa/König von Pisa
Atreus
Thyestes
Re di Micene/König von Mykene
1)
ana xibia
MENEL aOS
agamemnon
Strophios
Helena
kly tämnestr a
pyl ades
Re di Sparte/König von Sparta 2)
Hermione
1 )
Re di Micene/König von Mykene
Orest
Elek tr a
2)
Un’alternativa fonte greca indica come padre di Menelao e Agamemnone il premorto Plistene, figlio di Atreo. Plistene sarebbe anche il padre di Anaxibia.
Helena era la sorellastra di Clitemnestra. La loro madre era Leda, che fra l’altro era anche la madre dei Diòscuri (Càstore e Pollùce).
Eine andere griechische Quelle nennt als Vater von Menelaos und Agamemnon den früh verstorbenen Pleisthenes, Sohn des Atreus. Pleisthenes sei auch der Vater der Anaxibia gewesen.
Helena war Klytämnestras Halbschwester. Ihrer beider Mutter war Leda, die u. a. auch die Dioskuren (Kastor und Pollux) gebar.
tantalos
aegisth
Pelopeia
Chrysothemis
IPhigenie
3)
3)
L’ordine dei matrimoni di Clitemnestra è Tantalo – Agamemnone – Egisto Die Reihenfolge der Eheschließungen Klytämnestras: Tantalos - Agamemnon - Aegisth
4)
Madre di Egisto/Mutter des Aegisth
4)
Tieste si accoppia con la figlia Pelopia e dall’unione nasce Egisto, che era quindi sia figlio che fratello di sua madre. Ancora in cinta Pelopia diventa la moglie di Atreo.
Pelopeia wurde von Thyestes geschwängert und brachte Aegisth zur Welt, der damit zugleich ihr Sohn und ihr Bruder war. Noch während der Schwangerschaft wurde sie die zweite Gemahlin des Atreus.
ELEKTR A TR A ANTICO E MODERNO
ELEKTR A AI LIMITI ESTREMI DELL’ARMONIA
Alberto Fassone Elektra di Richard Strauss, «tragedia in un atto», rappresenta uno dei momenti più significativi del confronto con l’antichità classica nella storia del teatro in musica e segna al contempo l’apice della fase espressionistica di Strauss. Si tratta del primo frutto della collaborazione, estremamente proficua e protrattasi per ben due decenni, fra il compositore bavarese e il letterato viennese Hugo von Hofmannsthal, la cui Elektra andò in scena a Berlino nel 1903 con la regia di Max Reinhardt. Strauss assistette ad una delle recite e ne rimase profondamente impressionato, riconoscendovi, come ebbe a scrivere più tardi, «uno splendido testo operistico (realizzato nella sua compiutezza, in realtà, dopo la mia rielaborazione della scena di Oreste), nonché, come a suo tempo nella Salome, il possente crescendo musicale che culmina nella scena conclusiva; in Elektra, dopo la scena dell’agnizione, realizzabile fino in fondo soltanto con la musica, la danza liberatoria ...». Nonostante l’entusiasmo Strauss esitò, all’inizio, preoccupato soprattutto per la evidente somiglianza dei due soggetti, che richiedono entrambi un sacrificio umano (nella Salome la testa del profeta Jochanaan, in Elektra Clitennestra e il suo indegno amante Egisto, rei di avere assassinato Agamennone, re di Micene e vincitore dei Troiani). Strauss espresse le sue perplessità in una lettera al poeta nella quale si chiedeva se avrebbe avuto le forze necessarie per «trattare con la più grande freschezza d’invenzione un soggetto per molti versi così simile a questo [la Salome]». Hofmannstahl,
che non aveva al momento nessun altro tema da proporre in alternativa, rimarcò da parte sua la relativa diversità dei suoi atti unici, mettendone in rilievo soprattutto «l’impasto cromatico: scarlatto e viola, direi, in Salome, in un’atmosfera rovente; invece in Elektra una mescolanza di notte e luce, nero e chiaro». La partitura di Elektra fu ultimata il 22 settembre 1908; la prima rappresentazione ebbe luogo il 25 gennaio 1909 presso il Königliches Opernhaus di Dresda sotto la direzione di Ernst von Schuch. Così scrisse Strauss nel 1942, al termine di una carriera operistica straordinariamente lunga: «Il successo della prima – come al solito lo venni a sapere soltanto dopo – non fu che un decoroso tributo di rispetto». Come ha rimarcato Siegfried Mauser, alla struttura in un atto unico corrisponde in Elektra un impianto drammaturgico compatto e unitario, fondato sul principio dell’improvviso ribaltarsi di una situazione statica, i cui contorni appaiono sin dall’inizio nettamente delineati: Strauss e Hofmannsthal convogliano lo svolgimento drammatico verso la peripezia, che si verifica, repentinamente, con l’ingresso in scena di Oreste. Quest’ultimo, compiendo la sua vendetta nei confronti della madre Clitennestra e del di lei amante e ‘assassino fedifrago’ Egisto, porta il dramma al suo tragico epilogo (Elektra si accascia priva di vita, dopo aver terminato la sua danza frenetica). Tratti tipicamente espressionistici e comuni ad altri atti unici dell’epoca, sono, nell’adattamento che Hofmannstahl realizzò dell’originale sofocleo, l’estrema compressione dell’azione, l’eliminazione delle parti corali e l’assoluta centralità che viene di conseguenza ad assumere il ruolo della protagonista. In una prospettiva di storia della composizione, Elektra appartiene all’Avanguardia musicale della cosiddetta ‘Moderne’ degli inizi del XX secolo e segna, soprattutto con il suo linguaggio armonico pregno di tensione, che predilige costrutti politonali, l’ultima stazione nello sviluppo del linguaggio armonico del compositore: nel successivo Rosenkavalier (Dresda, 1911), secondo frutto della preziosa collaborazione con Hofmannsthal, Strauss avrebbe volto decisamente le spalle alla radicalità di Elektra per giungere, attraverso una sorta di ‘ritorno a Mozart’, ad una nuova definizione, non meno originale, sia dell’armonia tonale sia dell’impianto drammaturgico dell’opera. L’organico strumentale impiegato da Strauss nell’Elektra, erede diretto dell’apparato strumentale tardo-romantico del Dramma musicale wagneriano, porta addirittura all’estremo il principio della differenziazione polifonica e della tecnica dei Leitmotive. Questo aspetto è controbilanciato, per contro, da una tendenza alla monumentalizzazione suggerita dal dramma stesso.
Il giudizio che lo stesso Strauss esprimerà in seguito riguardo ai suoi due atti unici, secondo cui sarebbe giunto con Salome, ed ancora più con Elektra, «ai limiti estremi dell’armonia, della polifonia psicologica e della capacità di ricezione dell’orecchio odierno», esprime la consapevolezza da parte del compositore di aver raggiunto, in questi due lavori, una soglia oltre la quale egli non volle procedere. Come nel precedente ‘dramma gemello’, basato sull’omonimo dramma di Oscar Wilde (prima esecuzione: Dresda 1905), Strauss colloca l’estatica danza, vero culmine del dramma, alla fine dell’opera: una danza che rimanda, fra l’altro, alla moderna Danza espressiva anti-accademica che grazie soprattutto a Mary Wigman si diffuse, a partire dal 1910 circa, dapprima in Germania e poi negli USA. Strauss mostra inoltre il suo raffinato senso della simmetria musicale – e la sua capacità di costruire un arco di tensione drammatica orientato teleologicamente verso la fine – nell’impiego del gigantesco apparato strumentale come mezzo di articolazione formale negli intermezzi orchestrali: il «carattere apertamente immaginifico» (Mauser) dei quali riflette la dovizia di esperienze che Strauss aveva accumulato, a partire dal 1886, nei suoi Poemi sinfonici.
RICHARD STR AUSS: ELEKTR A
Elek tr a an den äuSSersten Grenzen der Harmonik
Alberto Fassone Richard Strauss’ Elektra, „Tragödie in einem Aufzug“, markiert eine der wichtigsten Stationen der Auseinandersetzung mit der Antike in der Geschichte des europäischen Musiktheaters und stellt zugleich den Höhepunkt von Strauss’ expressionistischer Periode dar. Elektra ist das erste Ergebnis der sich über Jahrzehnte hinziehenden, äußerst fruchtbaren Zusammenarbeit zwischen dem bayerischen Komponisten und dem Wiener Dichter Hugo von Hofmannsthal, dessen Elektra 1906 von Max Reinhardt in Berlin inszeniert wurde. Strauss besuchte eine Vorstellung und blieb tief beeindruckt: Er erkannte, wie er selbst schreibt, „den glänzenden Operntext (der es nach meiner Umarbeitung der Orestszene tatsächlich geworden ist) und, wie seinerzeit in Salome, die gewaltige musikalische Steigerung bis zum Schluß: in Elektra nach der nur mit Musik ganz zu erschöpfenden Erkennungsszene der erlösende Tanz...“. Trotz seiner Begeisterung zögerte er jedoch zuerst, da er Bedenken hinsichtlich der auffäligen Ähnlichkeiten der beiden Stoffe hatte, in denen Menschenopfer gefordert werden (in der Salome der Prophet Jochanaan, in der Elektra Klytämnestra und ihr Buhle Ägisth, die Agamemnon, den Herrscher von Mykene und Sieger von Troja, ermordert haben). Strauss äußerte diese Bedenken in einem Brief an den Dichter, in dem er sich fragte, ob er noch die Kraft habe, „einen in Vielem derselben [der Salome] so ähnlichen Stoff in voller Frische zu bearbeiten“. Hofmannstahl, der ihm zur Zeit keinen anderen Stoff anbieten konnte, hob seinerseits die relative Verschiedenheit der beiden Einakter hervor, wobei er vor allem auf „die Farbenmischung“ verwies: „bei der Salome soviel purpur und violett gleichsam, in einer schwülen Luft, bei der Elektra dagegen ein Gemenge aus Nacht und Licht, schwarz und hell “. Die Uraufführung der Elektra fand am 25. Januar 1909 im Königlichen Opernhaus zu Dresden unter der Leitung von Ernst von Schuch statt. So schrieb der Komponist 1942, am Ende seiner außergewöhnlichen und langen Karriere als Opernkomponist: „Der Erfolg der Premiere war, was ich, wie gewöhnlich, erst nachher erfuhr, ein anständiger Achtungserfolg“. Wie Siegfried Mauser angemerkt hat, entspricht die Einaktigkeit der Elektra einer kompakten, einheitlichen dramaturgischen Anlage, die auf dem Prinzip des plötzlichen Umschlags einer am Anfang klar umrissenen, statischen Situation beruht: Strauss und Hofmannsthal steuern den dramatische Ablauf auf die Peripetie zu, welche jäh mit dem Auftritt des Orest eintritt. Letzterer führt durch den Vollzug seiner Rache an der Mutter Klytämnestra und an deren Liebhaber und „Meuchelmörder“ Ägisth das Drama zu seinem tragischen Ausgang (Elektra stirbt, nachdem sie ihren Tanz vollführt hat). Hochexpressionistisch und
anderen Einaktern der damaligen Zeit gemeinsam sind in Hofmannsthals Einrichtung der sophokleischen Vorlage die äußerste Komprimierung der Handlung, die Streichung der Chorpartien und die absolute Zentralität, die infolgedessen der Rolle der Protagonistin zukommt. Kompositionsgeschichtlich ist Elektra der musikalischen Avantgarde der sogenannten Moderne am Anfang des 20. Jh.s zuzuordnen und markiert, vor allem in der polytonale Klangbildungen bevorzugenden, hochgespannten Harmonik, die letzte Station in der Entwicklung der harmonischen Sprache des Komponisten: Im darauffolgenden Rosenkavalier (Dresden 1911, wieder in Zusammenarbeit mit Hofmannsthal geschrieben) sollte sich Strauss entschieden von der Radikalität der Elektra abwenden und durch eine Art „Rückkehr zu Mozart“ zu einer neuen, nicht weniger originellen Prägung sowohl der tonalen Harmonik als auch der dramaturgischen Anlage der Oper gelangen. Die von Strauss in Elektra verwendete Instrumentalbesetzung treibt das Prinzip der leitmotivischen und polyphonen Differenzierung des hochromantischen Klangapparats des Wagnerschen Musikdramas geradezu auf die Spitze, was allerdings mit einer durch das antike Sujet bedingten Monumentalisierung einhergeht.
Strauss’ spätere Selbsteinschätzung, er sei mit Salome und noch mehr mit Elektra an die „äußersten Grenzen der Harmonik, psychischer Polyphonie und Aufnahmefähigkeit heutiger Ohren gegangen“, drückt das Bewußtsein des Komponisten aus, mit den beiden Einaktern eine Grenze erreicht zu haben, die er dann nicht überschreiten sollte. Wie im vorausgegangenen Schwesterwerk nach dem gleichnamigen Drama Oscar Wildes (UA 1905, Dresden) platziert Strauss in der Elektra den kulminierenden ekstatischen Tanz am Ende des Dramas: einen Tanz, der auf den antiakademischen, modernen „Ausdruckstanz“ verweist, den u.a. Mary Wigman ab 1910 durch ihre expressionistischen Tänze in Deutschland und dann in den USA verbreitete. Von Strauss’ Sinn für musikalische Symmetrie und zielgerichtete Steigerung der dramatischen Spannung zeugt außerdem die Verwendung des riesigen Orchesters als Gliederungsmittel in den verschiedenen Zwischenspielen, in deren „direkter Klangbildlichkeit“ (Mauser) Strauss die Erfahrungen zugute kamen, die er ab 1886 in seinen Symphonischen Dichtungen gesammelt hatte.
Sincronismo non sincronico: accordi dell a c atastrofe in Wagner , Str auss e Skriabin Stefan Mickisch La partitura di Elektra è determinata dall’odio della protagonista per Clitemnestra, assassina dell’amato padre Agamennone. Questo odio profondo viene concentrato nel celebre accordo di Elettra, es mus. 1: accordo di Elettra che fa la propria apparizione subito dopo l’inizio del violento atto unico a b. 15. L’agglomerato di 6 suoni funge da questo momento in poi da ‘Leitmotiv armonico’. Vi è una saldatura bitonale di due tonalità lontane: Mi magg. e Re bem. magg. L’impossibilità di fusione di entrambe le tonalità, esprime il più intimo, insanabile conflitto nell’anima di Elektra: amore e odio. Come figlia di Clitemnestra ella deve odiare se stessa, come figlia del re ucciso però si ama, in quanto parte della maestà e della divinità. La ‘carica elettrica’ di questo suono pesante è così grande che il suo accumulatore si scarica soltanto alla fine dell’opera, dopo due ore e circa 500.000 note stimate (n. 189 della partitura «Es sind keine Götter im Himmel!» «non ci sono dei in cielo!»). Quando Elektra, poco dopo questo passaggio, comprende il grido di morte di propria madre e che Oreste era riuscito a compiere la sua vendetta anche senza scure che lei si era dimenticata di dargli, si dilegua logicamente anche l’odio accumulato della figlia del sovrano; il suo obiettivo è raggiunto, l’accordo si polverizza,
si scioglie e si disperde. Elektra era stata così a lungo connessa con il proprio suono che la risoluzione dell’accordo significa anche il dissolvimento della sua vita. La nota bassa Mi del ‘suo’ accordo costruisce al termine del brano la terza maggiore di Do maggiore, la tonalità della giustizia metafisica. Questo è un simbolo che sta a significare che la vendetta corrisponde al volere degli dei e che Elektra ne fungeva da base (nota bassa Mi): le idee cristiane della compassione e della rinunzia alla vendetta sono estranee al mito greco. Alexander Skrjabin ha lavorato ad agglomerati accordali simili, se non identici, contemporaneamente a Richard Strauss (ovviamente in un luogo totalmente diverso e senza contatti reciproci – ci si immagini che abbiano parlato delle loro imprese o ‘provocazioni’ via fax o via email). Tra il 1905 ed il 1908 entrambi i compositori costituiscono la vetta del ‘progresso’ musicale (anche un po’ prima di Schönberg!) e guidano l’atonalità e la dissoluzione armonica del XX secolo. Entrambi sono alla ricerca di cifre musicali per forze oscure ed occulte dell’animo umano. Messa nera è anche il titolo della VII sonata per pianoforte di Skrjabin, contemporanea, insieme alle sonate n. 5 e 6, ad Elektra di Strauss tra il 1907 ed il 1911. Qui due accordi di Elektra puri usciti dalla penna di Skrjabin, ma trasposti in altra tonalità: es. mus. 2: Skrjabin, Sonata n. 6
es. mus. 3: Skrjabin, Sonata n. 7
Richard Strauss iniziò a lavorare al concepimento di Elektra nel giugno 1906 e quindi era giunto alla ‘scoperta’ dell’accordo dell’odio circa 6 mesi prima di Skrjabin. Dal momento però che il geniale estatico russo non poteva averne informazione, è giusto dare anche a lui lo stesso riconoscimento di ‘inventore’ dell’agglomerato armonico. Dove fonda però le proprie radici l’accordo di Elektra? Richard Strauss – come si dice spesso e chi potrebbe misconoscerlo? – ha effettuato i suoi studi su Richard Wagner, con Tristan und Isolde, Götterdämmerung e Parsifal. L’accordo dell’odio di Elektra è generato da tre componenti wagneriane: l’accordo di Tristano dell’oblio, le concatenazioni armoniche della catastrofe dell’omicidio di Siegfried ed il cosiddetto ‘Ekel-Akkord’ (‘accordo ripugnante’) nel II atto di Parsifal. Più precisamente: il dissolvimento o l’elevazione della propria esistenza in uno stato estatico, nel quale tempo e spazio si vanificano, è già impresso nel 1857 nell’accordo di Tristano, nel celebre «Ich selbst dann bin die Welt» («dunque sono io stesso il mondo»). es. mus. 4: Wagner, accordo di Tristano
È interessante che la voce più acuta, il La bem., è identica a quella dell’accordo di Elektra. Oltre a ciò due altri suoni uguali, Fa e Si, descrivono la coincidenza del sentimento base di un’esistenza sulle medesime cifre nel caso di Tristano, Isotta ed Elektra. Mentre l’accordo di Tristano annuncia universalmente un’estasi erotica sostanzialmente estraniata dal mondo, ma in ogni caso non negativa, nell’omicidio di Siegfried attraverso Hagen nella Götterdämmerung, troviamo un carattere catastrofico nelle concatenazioni accordali. Il trionfo dei poteri oppositori, che fanno cadere l’eroe del sole ed iniziato Siegfried, viene connesso da Wagner a concatenazioni quadritonali cattive, trasversali ed atonali (partitura per orchestra della Schott, pp. 1140, b. 1 e sgg.). È questo il passaggio che si trova dopo l’esclamazione di Gunther: «Wash hör ich!» («Cosa sento!»), quando i corvi di Wotan svolazzano e l’omicidio di Siegfried ha il suo ineluttabile corso con il colpo mortale. Le aggressive concatenazioni accordali che si muovono cromaticamente verso l’alto hanno nel punto di volta anche tre suoni in comune con l’accordo di Elektra. Il carattere sonoro è di evidente verosomiglianza: es. mus. 5: Wagner, accordo della catastrofe dell’omicidio di Siegfreid Nella scena del bacio del II atto di Parsifal, quando egli si stacca dalla tentatrice Kundry, assumendo volontariamente su di sé nella stessa situazione tra sofferenze e dolori la colpa di Amforta, sgorga dall’orchestra in un pieno fortissimo un violento grido pesante che penetra nelle ossa. Questo accordo della catastrofe significa qui massimo dolore, disgusto e sofferenza. Su questo suono Parsifal grida: «Amfortas, die Wunde» («Amfortas, la ferita!»). Come siamo qui vicini alla ferita esistenziale di Elektra! es. mus. 6: Wagner, accordo di Tristano Questo ammasso bitonale porta – come nel caso dell’accordo di Elektra – Mi nel basso e trova in Re bem. e Fa altre note identiche. Di nuovo le affinità sono innegabilmente forti, sia armonicamente che spiritualmente. Strauss non avrebbe mai potuto trovare l’accordo di Elektra senza ricorrere al modello wagneriano. La circostanza che egli non lasciò trapelare nulla, è una prova della sua capacità di apprendimento e forza integrativa.
Gleichzeitigkeit des Ungleichzeitigen: K atastrophenakkorde bei Wagner , Str auss und Skrjabin
Richard Strauss begann im Juni 1906 mit der musikalischen Ausarbeitung der Elektra, war also mit der Erfindung des „Hassakkords“ ca. 6 Monate „früher dran“ als Skrjabin. Da der russische, geniale Ekstatiker jedoch davon keine Kenntnis haben konnte, gebührt ihm das gleiche Recht auf das Patent der klanglichen Ersterfindung.
Stefan Mickisch Die Partitur der Elektra ist bestimmt von deren Hass auf die Mutter Klytämnestra, die Mörderin ihres geliebten Vaters Agamemnon. Dieser hohläugige Hass ist in dem berühmten Elektra-Akkord verdichtet,
und 7 entstehen nahezu gleichzeitig mit Strauss´ Elektra in den Jahren 1907 bis 1911. Hier sind zwei pure „ElektraAkkorde“ aus Skrjabins Feder, nur in anderer Transposition: Bsp. 2: Skrjabin 6. Klaviersonate
Bsp. 1: Elektra-Akkord welcher gleich zu Beginn des gewaltigen Einakters, in Takt 15, erscheint. Der sechsstimmige Zusammenklang fungiert fortan als „harmonisches Leitmotiv“. Es liegt vor eine bitonale Verschweißung zweier sich fremd gegenüberstehenden Tonarten: E-Dur und Des-Dur. Die Unvereinbarkeit beider Klangbezirke drückt den innersten unlösbaren Selbstwiderspruch in Elektras Seele aus: Liebe und Hass. Als Tochter Klytämnestras muss sie sich selbst hassen, als Tochter des ermordeten Königs aber liebt sie sich selbst, da sie Anteil hat an seiner Majestät und Göttlichkeit. Die „elektrische Ladung“ dieses schwärenden Klanges ist so groß, dass sich sein Akku erst ganz am Ende der Oper, nach 2 Stunden und geschätzten 500.000 Noten leert (Ziffer 189 der Partitur, „Es sind keine Götter im Himmel!“). Als Elektra kurz nach dieser Stelle an den Todesschreien ihrer Mutter feststellt, dass Orest die Rache auch ohne das Beil, das sie vergaß ihm zu geben, ausführen konnte, verschwindet folgerichtig der aufgestaute Hass der Königstochter, ihr Ziel ist erreicht, der Akkord zerstäubt, löst sich auf und verschwindet. Elektra war so lange mit seinem Klang verbunden, dass die Auflösung der Akkordverbindung aber auch die Auslöschung ihres eigenen Lebens bedeutet. Der Bass - Ton E „ihres“ Akkordes bildet am Ende des Stücks die Dur-Terz des C-Dur, der Tonart der metaphysischen Gerechtigkeit. Dies ist ein Symbol dafür, dass die Rache dem Willen der Götter entsprach, und Elektra als Basis dieser Rache (Basston E) fungierte. (Die christlichen Gedanken des Mitleids, des Verzichts auf Rache, sind dem griechischen Mythos fremd). Alexander Skrjabin hat gleichzeitig mit Richard Strauss (natürlich an ganz verschiedenem Ort und ohne jegliche Verbindung – man stelle sich vor, sie hätten einander ihre neuesten harmonischen Wagnisse und „Frechheiten“ gefaxt oder gemailt ...) an ähnlichen bzw. sogar identischen Akkordverbindungen gearbeitet. Beide Komponisten stehen in diesen Jahren 1905 bis1908 an der Weltspitze des musikalischen „Fortschritts“ (noch etwas vor Schönberg!!) und führen in bzw. leiten ein die Atonalität und Zerrissenheit des 20. Jahrhunderts. Beide suchen nach klingenden Chiffren für dunkle, okkulte Kräfte der menschlichen Seele. „Schwarze Messe“ ist der Titel der 7. Klaviersonate Skriabins, seine Sonaten 5, 6
Bsp. 3: 7. Klaviersonate
Wo hat der Elektra-Akkord nun aber seine Wurzeln? Richard Strauss hat – wie so oft, und wer wollte es ihm verdenken – bei Richard Wagner seine gründlichen Vorstudien betrieben, bei Tristan, Götterdämmerung und Parsifal. Strauss´ Elektra-Akkord des Hasses wird geboren aus drei Komponenten bei Wagner: dem Selbstvergessen des Tristan-Akkords, den „Katastrophenketten“ bei Siegfrieds Ermordung, und dem sogenannten „Ekel-Akkord“ im 2. Aufzug des Parsifal. Genauer : Die Auslöschung oder Aufhebung der eigenen Existenz in einem Zustand der Ekstase, in welchem sich Zeit und Raum auflösen, ist vorgeprägt im 1857 erstellten Tristan-Akkord, dem berühmten „Ich selbst dann bin die Welt.“ Bsp.4: Tristan-Akkord
Bsp. 5: Katastrophenakkord bei Siegfrieds Ermordung In der Kussszene des 2. Aufzuges des Parsifal schließlich, als Parsifal sich von der Verführerin Kundry löst, unter Qualen und Schmerzen sich Amfortas’ Verfehlung in der gleichen Situation bewusst werdend, entringt sich dem Orchester im vollen Fortissimo ein gewaltiger, schwärender Schrei, der „durch Mark und Bein“ geht. Dieser Katastrophenakkord bedeutet hier höchsten Schmerz, Ekel und Leid. Parsifal ruft auf diesem Klang : „Amfortas! Die Wunde!“. Wie nahe sind wir hier an der „Lebenswunde“ der Elektra! Bsp. 6: Ekel-Akkord (Parsifal, 2. Aufzug) Diese bitonale Klangballung führt - wie der Elektra-Akkord das E im Bass und hat in Des und F weitere identische Töne. Wiederum sind die Verwandtschaften unabweisbar stark, sowohl klanglich harmonisch als auch geistig. Strauss hätte seinen berühmten Elektra-Akkord ohne die Wagnerschen Muster mit Sicherheit nicht erfinden können. Die Tatsache, dass er darüber nie etwas verlauten ließ, ist gerade ein schöner Beweis seiner wirksamen Lernfähigkeit und integrativen Kraft.
Interessanterweise ist die Oberstimme, das As, identisch mit derjenigen des Elektra-Akkords. Außerdem beschreiben zwei weitere gleichlautende Töne, F und H, die Übereinstimmung des Grundgefühls einer Existenz erfüllenden Lebenschiffre bei Tristan, Isolde und Elektra. Kündet der weltumspannende Tristan-Akkord von einem grundsätzlich wertfreien, auf alle Fälle nicht negativen Schwebezustand erotischer Ekstase, so finden wir bei der Ermordung Siegfrieds durch Hagen in der Götterdämmerung einen deutlich katastrophalen Charakter der dort angebrachten Akkordverbindungen. Der Triumph der Widersachermächte, die den Sonnenhelden und Initiierten Siegfried zu Fall bringen, ist von Wagner in bösartige, querständige, atonale Vierklang-Ketten gebündelt worden (Orchesterpartitur Schott Seite 1140 Takt 1 ff ). Es ist dies die Stelle nach Gunthers Ausruf: „Was hör ich!“, als die zwei Raben Wotans auffliegen und Siegfrieds Ermordung durch Hagens Speerstoß unmittelbar folgt. Die nach oben chromatisch auffahrenden aggressiven Akkordketten haben am Durchgangspunkt, „auf Augenhöhe“ des Elektra-Akkords sogar 3 Noten mit diesem gemeinsam. Der Klangcharakter ist von auffallender Ähnlichkeit.
Elek tr a – Richard Str auss Michele Olcese
Elek tr a – Richard Str auss Michele Olcese Gli stessi Hugo von Hofmannsthal e Richard Strauss auspicavano che le messe in scena della loro “Elektra” venissero avulse da riferimenti storicistici limitati all’epoca di Sofocle o meglio indicavano già allora la possibilità offerta dal narrato di essere pensato e collocato ovunque. Niente colonne, statue o altri elementi della classicità micenea quindi, ma soltanto l’essenza di una sordida tragedia umana e le aspre passioni che in essa si manifestano. In questo modo ogni epoca ed ogni luogo diventano quindi possibili e credibili. Ed ecco infatti che la presente messa in scena risulta decontestualizzata da luoghi o tempi definiti: restano protagoniste la vicenda e le figure che la animano con i loro cupi sentimenti e la brutale umanità. La rivoluzione che ha portato Clitennestra sul trono degli Atridi a seguito dell’uccisione di Agamennone si è consumata: il paesaggio è circondato da rovine e macerie, immote nella loro fredda assenza di colore. Tuttavia la ricostruzione è cominciata ed il cantiere per il restauro della reggia è in atto, con i suoi ponti, scale e passaggi. Ed è la suddetta definizione degli spazi ad identificare due ambienti fondamentali, che non si distinguono come tradizionalmente sul piano orizzontale del palcoscenico nel davanti/dietro o dentro/fuori, ma qui nel sopra e sotto, nell’alto e basso. L’uno identifica la corte, distinta dal blu della regalità, con Clitennestra ed il suo seguito, l’alta società appunto, sdegnosamente distaccata dalla realtà sottostante, e l’altro, l’orcus, la tana profonda dove Elektra vive quasi come un animale, fuori dalla reggia, lontana da qualsiasi altra umanità, in una fossa carica di simboli e di ricordi da cui essa non si allontana mai.
Dieselben Hugo von Hofmannsthal und Richard Strauss wünschten, dass die Inszenierung ihrer „Elektra“ losgerissen von geschichtlichen Bezügen auf die Zeit von Sophokles sein solle oder noch besser, sie deuten bereits die Möglichkeit an, dass die Erzählung überall stattfinden kann. Folglich gibt es keine mykenische Klassik, sondern nur die Essenz einer schändlichen Tragödie der Menschen und die rauen Leidenschaften, welche sich in ihr manifestieren: die Protagonisten bleiben der Sieg und jene Figuren, die ihn mir ihren finsteren Empfindungen bewegen, und die brutale Menschheit. Die Revolution, die Klytämnestra unmittelbar nach der Ermordung Agamemnons auf den Thron der Atriden brachte, ist abgeklungen: das Land ist verwüstet und liegt in Trümmern, erstarrt in der kalten Farblosigkeit. Nicht desto trotz hat der Wiederaufbau begonnen und die Baustelle für die Restaurierung des Königspalastes mit ihren Gerüsten, Leitern und Durchgängen ist in Betrieb. Es ist die obengenannte Definition der Räume, welche zwei grundlegende Umfelder aufzeigt, die sich nicht traditionellerweise in Drinnen und Draußen gliedern, sondern in Oben und Unten. Das Eine versinnbildlicht den Hof, hervorgehoben in königlichem Blau, mit Klytämnestra und ihren Gefolgsleuten - die eigentliche High-Society - schnippisch, abgehoben von der unten stehenden Realität, und das Andere, der Orcus, die Unterwelt, das tiefe Loch, wo Elektra beinahe wie ein Tier lebt, abseits vom Hof, weit entfernt von irgendeinem anderen menschlichen Wesen, in einer Höhle voller Symbole und Erinnerungen von denen sie sich nie entfernt.
visualizzazione grafica/3-D Modell: Enrico Musenich
Note di regia M anfred Schweigkofler Elektra di Hugo von Hofmannsthal è un dramma da camera nevrotico che si sviluppa nel bel mezzo di una grande rivoluzione. L’opera si concentra su momenti di intimità che accadono nel corso di un importante periodo storico. Le vicende intime si realizzano all’interno, mentre fuori continua a scorrere il sangue della rivoluzione (anche dopo la conclusione di “Elektra ”). In Elektra c’è quindi un mondo interiore e uno esteriore, un sopra e un sotto. Nel mondo superiore si collocano la corte, il potere, il cerimoniale, la pompa magna; in quello inferiore invece l’Ade, la visione e la vicinanza della morte. Elektra è un’opera “importante”, perché è di una musicalità imponente a cui corrisponde un’epoca di eventi storici significativi. Ma Elektra non è affatto grande se si considera sotto l’aspetto dello spazio. Qui Elektra diventa molto piccola: “angustia, impossibilità di fuga, chiusura” ecco cosa esigeva Hofmannsthal dalla scenografia di Elektra . Un’atmosfera da salotto e small talk, bagarre da piccola borghesia alla corte reale – questa è la nostra storia. Un giallo freddissimo e pieno di suspense all’interno di una famiglia elegante e nobile. Ogni volta, però, che la storia si fa piccola e intima, non dobbiamo dimenticare che “fuori” si continua a morire di massacri. Quasi quasi si sente l’asporto dei cadaveri, le grida di morte, l’odore del sangue della rivoluzione che penetra attraverso le fessure della corte. Le conseguenze della rivoluzione e del colpo di stato sono evidenti e non si possono ignorare. Una città distrutta, una corte rovinata e in rovina. E come il “Times” riportò solamente poche settimane fa che lo stato di distruzione nella zona terremotata dell’Aquila era l’immagine equivalente dello stato morale del governo italiano, così le figure di Elektra sono - parallelamente all’ambiente distrutto – rovine psicologiche di se stesse. Il paese è spaccato in due da uccisioni e assassini, da faide tra famiglie e intrighi, odio e ribellione. Dietro le scene continuano gli omicidi, non si fermano. Con la morte di Agamennone non è tornata la pace politica, i massacri proseguono. La rivoluzione continua a divorare i suoi figli, anche se verso l’esterno si comincia a ricostruire. Non c’è mai fine, torna sempre a scorrere sangue fresco. Anche Oreste – una volta al potere – continuerà ad uccidere; la spirale di vendetta non ha fine. L’opera termina con “Oreste, Oreste” ed era iniziata con “Agamennone”. Si lavora comunque con impegno per ristabilire il vecchio ordine.
Per questo scelgo come ‘leitmotiv’ dell’allestimento il pensiero della restaurazione. Alla corte si lava, si fa manutenzione alle fontane, si ristabiliscono. Ma anche le figure si adoperano per ristabilire lo stato precedente, apparentemente idilliaco. Vogliono – e ciò li rende moderni – ritornare all’idillio che non c’è più. Questa ricerca delle figure della condizione di un tempo le rende moderne e attuali. Gli sforzi fatti oggi per trovare una via d’uscita dalla nostra crisi riportano semplicemente di nuovo al problema di come ristabilire in minor tempo possibile lo stato originario. Non si cercano nuovi obiettivi o nuove mete. La crisi è un’opportunità di cambiamento, e non di ripristino di ciò che ha condotto alla rovina. Ombre dal passato che si innalzano come nuvole scure sull’opera sono più forti delle visioni di un possibile futuro. Sono idilli rivolti indietro. Il concetto cristiano del perdono – unica via d’sucita – non esiste ancora e deve essere ancora inventato. È questo che ammorba le figure in Elektra . Girano attorno a se stesse, attorno al proprio problema e alle proprie nevrosi. L’altro viene percepito solamente come possibile aiuto alla risoluzione del proprio problema. La paura le immobilizza. E per questo tutti i mezzi sono giustificati per “uccidere” la paura. Questo mix di terrore è chiaramente riconoscibile in Clitemnestra. Sua figlia Ifigenia è stata sacrificata e ora teme, piena di panico, una possibile ricomparsa di Oreste. Clitemnestra è odiata a corte e alla fine è sottoposta anche ella all’interrogativo sulla colpa e al giudizio: essa teme, quindi, il giudizio morale sul proprio operato per mano di Elettra e il giudizio finale – la propria uccisione – per mano di Oreste. Non solo di se stessa in quanto essere umano, ma anche come regnante. Per questo motivo instaura un regime di terrore. Non si fida, è anche gelosa della sua confidente, di Elettra. Porta il peso di una sfiducia di fondo. Verso l’esterno conserva l’apparenza, si rifugia nella bellezza, nella presunzione, nel wellness, nell’alta moda, in feste e eventi vari. Ma dentro di lei traspare il terrore di essere abbandonata. Tollera le scappatelle di Egisto, “the show must go on”, eppure su tutta l’opera si stende un velo di fugacità, si intuisce la morte dietro l’apparenza, dalla prima nota all’ultima.
Nella loro disperazione le figure ricorrono ai rituali – come sempre un innocuo tentativo di coprire il proprio potenziale fallimento. Per Elettra sono i rituali di negromanzia che offre, ogni giorno, come danzatrice sacra, in omaggio al defunto Agamennone. È imprigionata nei movimenti sempre uguali del rito, come un animale in prigione, in una gabbia da cui non c’è via di uscita perché la gabbia imprigiona l’anima. Clitemnestra ritualizza lo sfarzo della corte, dei lacché, dei parassiti, di chi la segue, assomigliando così anche a qualche politico di oggi. Egisto segue invece i rituali anti-età della sorgente di giovinezza: palestra, pillole, viagra, stimolanti, ginseng. Per questo nell’opera nascono sempre dei momenti molto belli quando le figure escono dai rituali diventando umane, normali (“lass uns Karten spielen, Mama!”) In questi piccoli momenti intuiamo che le cose avrebbero potuto anche andare diversamente. Qui si capisce che giustizia non può essere fatta attraverso la vendetta. La vendetta non produce pace. La vendetta è morte. La vendetta uccide, ma non libera il vendicatore. Questa è solo una conclusione ingannevole. La vendetta genera vendetta. Vendetta significa anche dover adattare la legge per essere nel giusto. Poiché ciò non è facile, occorre innalzare il rituale. La guerra, di per sè ingiusta, viene dichiarata sacra, il soldato semplice diventa guerriero sacro e quindi buono. E Elettra esegue la danza sacra della sacerdotessa, la sposa è pronta a morire, per suo padre. Nulla ostacola lei e il suo (presunto) idillio.
Regieanmerkungen M anfred Schweigkofler Elektra von Hugo von Hofmannsthal und Richard Strauss ist ein neurotisches Kammerspiel inmitten einer großen Revolution. Die Oper ist fokussiert auf intime Momente, die in und während großer Weltgeschichte passieren. Das Intime geschieht Innen, während Draußen die blutige Revolution vor sich geht und weiterläuft und weiterläuft (bis über das Ende der „Elektra“ hinaus). In Elektra gibt es das Drinnen und das Draußen, aber auch das Oben und das Unten. Oben ist der Hofstaat, die Macht, das Zeremoniell, der Pomp; Unten ist der Hades, die Vision und die Nähe zum Tod. Elektra ist ein „großes“ Stück, weil es musikalisch wuchtig ist und Weltgeschichte dekliniert. Aber Elektra ist kein großes Stück, wenn man es räumlich betrachtet. Da wird Elektra sehr, sehr klein: „Enge, Unentfliehbarkeit, Abgeschlossenheit“, das verlangte Hofmannsthal vom ElektraBühnenbild. Wohnzimmeratmosphäre, Small Talk Ebenen, Kleinbürgergerangel am Königlichen Hof, das ist unsere Geschichte. Ein eiskalter, spannender Krimi in einer noblen, feinen Familie.
Aber immer dann, wenn die Geschichte klein und intim wird, darf man nicht vergessen, dass „Draußen“ das Morden weitergeht. Fast kann man das Entsorgen der Leichen und die Todesschreie hören, fast kann man das Blut der Revolution riechen, das zwischen den Ritzen des Hofstaates hindurchtrieft. Die Folgen der Revolution, des Staatsstreichs sind unübersehbar. Eine zerstörte Stadt, ein ruinierter und ruinöser Hof. Und wie die „Times“ vor einige Wochen schrieb, der Zustand der Zerstörung im Erdbebengebiet von l´Aquila sei das äquivalente Bild zum moralischen Zustand der italienischen Regierung, so sind die Figuren der Elektra parallel zum zerstörten Ambiente psychische Trümmerfelder ihrer selbst.
Elektra, und das tatsächliche Urteil - ihre eigene Ermordung - durch Orest. Nicht nur für sich als Mensch, sondern für sich als Herrscherin. Deshalb hat sie ein Terror-Regime installiert. Sie ist misstrauisch, sie ist auch eifersüchtig, auf ihre Vertraute, auf Elektra. Sie schleppt ein Urmisstrauen mit sich herum. Nach außen hin wahrt sie den Schein, flüchtet in Schönheit, Aufgeblasenheit, Wellness, Haute-Couture, Parties und Events. Aber innen scheint die Panik durch, verlassen zu werden. Sie toleriert die Eskapaden Ägists, „the show must go on“, aber es liegt ein Hauch von okkulter Vergänglichkeit über der ganzen Oper, man ahnt den Tod hinter dem Schein, vom ersten Ton zum letzten. In ihrer Hilflosigkeit greifen die Figuren zu Ritualen – wie immer ein harmloser Versuch, das mögliche eigene Scheitern zu kaschieren. Bei Elektra sind es die Totenbeschwörungsrituale, die sie täglich als Tempeltänzerin dem toten Agamemnon als Opfer darbringt. Sie ist gefangen in den ritualisierten immergleichen Bewegungsabläufen eines eingesperrten Tieres, in einem Käfig, aus dem es kein Entrinnen gibt, weil dieser Käfig die Seele gefangen hält. Klytämnestra ritualisiert den Pomp des Hofstaates, der Lakaien, der Mitschwimmer und Mitesser und sie wird darin manchem heutigen politischen Herrscher nicht unähnlich. Ägisth pflegt die Jungbrunnen-AntiAging-Rituale: Fitnesstudio, Pillen, Viagra, Muntermacher, Ginseng.
Das Land ist von Mord und Totschlag, von Familienfehden und Intrigen, von Hass und Rebellion zerbombt, zerschlagen. Das Morden geht hinter den Kulissen weiter, es ist nicht gestoppt worden. Mit Agamemnons Tod ist keine politische Ruhe eingekehrt, das Schlachten geht weiter. Die Revolution frisst ihre Kinder weiter, auch wenn nach außen hin schon wieder gebaut und wiederhergestellt wird. Man kann nie fertig werden, es rinnt immer wieder neues Blut nach. Auch Orest wird - einmal an der Macht – weiterschlachten, die Spirale der Rache wird nicht aufhören. Die Oper endet mit „Orest, Orest“ und hatte begonnen mit „Agamemnon“. Eifrig wird an der Wiederherstellung der alten Ordnung gearbeitet. Deshalb wähle ich als Leitmotiv der Inszenierung den Gedanken der Restauration. Es wird geputzt am Hof, die Springbrunnen werden instandgesetzt. Aber auch die Figuren arbeiten an der Wiederherstellung eines vergangenen, scheinbar idyllischen Zustandes. Sie wollen – und das macht sie sehr modern - zurück in eine Idylle, die es nicht mehr gibt. Dieses Streben der Figuren nach einem Zustand, wie er früher einmal war, macht sie sehr modern und heutig. In unsere Krise führen die Bemühungen aus dieser heraus zu kommen, nur wieder zur Frage, wie man so schnell als möglich wieder den Zustand „ante“ herstellen könnte. Man sucht nicht nach neuen Zielen, Destinationen. Die Krise ist eine Chance zur Veränderung, nicht zur Wiederherstellung von dem, was ohnehin zum Scheitern geführt hat.
Die Schatten der Vergangenheit, die wie dunkle Wolken über dem ganzen Stück aufziehen, sind stärker als die Visionen einer möglichen Zukunft. Es sind rückwärtsgewandte Idyllen. Das christliche Konzept der Vergebung, das als einziges einen Ausweg wüsste, gibt es noch nicht und muss erst noch erfunden werden. Daran kranken die Figuren der Elektra. Sie kreisen um sich selber, um ihr eigenes Problem, um ihre Neurose. Der andere wird nur wahrgenommen, insofern er helfen könnte, das eigene Problem zu lösen. Die Angst lähmt sie. Und deshalb sind alle Mittel recht, die Angst zu töten. Bei Klytämnestra ist dieser Angst-Mix klar zu erkennen. Sie, deren Tochter Iphigenie man geopfert hat, die voller Panik eine mögliche Wiederauftauchen von Orest befürchtet, die gehasst wird am Hof, unterliegt nicht zuletzt auch der Frage von Schuld und Gericht: sie fürchtet das moralische Urteil ihrer Tat durch
Deshalb ergeben sich immer dann sehr schöne Momente in dieser Oper, wenn die Figuren aus ihren Ritualen heraustreten und menschlich werden, normal (‚lass uns Karten spielen, Mama!’) In diesen kleinen Momenten ahnen wir, dass es anders hätte kommen können. Hier ahnt man, dass Gerechtigkeit nicht durch Rache erreicht werden kann. Rache produziert keinen Frieden. Rache ist unlebendig. Rache tötet, befreit aber den Rächenden nicht. Das ist ein Trugschluss. Rache gebiert Rache. Rache heißt auch, das Recht zurecht biegen zu müssen, um in der Gerechtigkeit zu sein. Da dies nicht so ohne weiteres möglich ist, braucht es wieder eine rituelle Erhöhung. Der an und für sich ungerechte Krieg wird als heilig deklariert, der einfache Soldat wird zum Heiligen Krieger und somit zu etwas Gutem. Und Elektra tanzt den heiligen Tanz der Priesterin, die Braut ist bereit für den Tod, für ihren Vater. Ihr und ihrer (vermeintlichen) Idylle steht nichts mehr im Weg.
Kly tä mnes tr a ich will nicht länger träumen. Clitamnestra non desidera altro che tornare all’idillio che c’era prima dell’incubo, quando riusciva ancora a dormire e non era terrorizzata da visioni terribili.
Elek tr a Elettra vuole tornare al rapporto idillico con il padre Agamennon: Elektra will in die Agamemnon -Idylle ihres Vaters zurück: Wo bist du, Vater? Hast du nicht die Kraft, dein Angesicht herauf zu mir zu schleppen? Ich will dich sehn, lass mich heute nicht allein! Nur so wie gestern, wie ein Schatten, dort im Mauerwinkel zeig dich deinem Kind! Sogna una situazione che fu e che era l’unica giusta. Il suo scopo di vita è ora espiare l’ingiustizia che ha distrutto tale idillio. Sie träumt einen Zustand, der war, der der einzig Richtige war. Die Ungerechtigkeit, die diese Idylle verbaut hat, zu sühnen, wird zu ihrer Lebensaufgabe.
Klytämnestra wünscht sich nichts sehnlicher als die PreAlptraum-Idylle, als sie noch schlafen konnte und nicht terrorisiert wurde von den üblen Nachtgesichtern. Sie hat geträumt, ich weiss nicht, was, ich hab‘ es von den Mägden gehört, sie sagen, dass sie von Orest, von Orest geträumt hat, dass sie geschrien hat aus ihrem Schlaf, wie einer schreit, den man erwürgt. Clitamnestra si è caricata di una colpa che ora la perseguita. Klytämnestra hat Schuld auf sich geladen und wird von dieser nun gepeinigt. Diese Träume müssen ein Ende haben. Wer sie immer schickt: ein jeder Dämon lässt von uns, sobald das rechte Blut geflossen ist. È esaurita sia fisicamente che psichicamente, si tiene in piedi a fatica con stimolanti e farmaci; vegeta, non vive più. Sie ist physisch und psychisch am Ende, hält sich mühsam bei Kräften: mit Aufputschmitteln, Medikamenten; Sie vegetiert, sie lebt nicht mehr. Di notte due grandi colpe le opprimono la testa: l’omicidio del marito, l’atteso omicidio di suo figlio Orest. Uccidere i propri figli, per non essere a sua volta uccisa! Zwei große Schuldfragen geistern durch ihren Kopf in der Nacht: der schuldhafte Mord an ihrem Mann, der zu erwartende Mord an ihrem Sohn Orest. Ihre Kinder töten, um nicht selbst getötet zu werden!
bozzetti costumi/Kostümentwürfe: Violeta Nevenova
Ores t E infine Orest, chiamato alla vendetta; già il nome rivela il suo destino: riparare le ingiustizie, ripristinare l’idillio, almeno quello politico, che lo vede come re legittimo. Orest schließlich, der Zur-RacheBerufene, hat schon in seinem Namen eingeschrieben, was sein Schicksal ist: die Wiedergutmachung des Unrechts, die Wiederherstellung der – zumindest – politischen Idylle, die ihn als rechtmäßigen Herrscher vorsieht. Orest è soprattutto il fratello, il figlio ripudiato dalla madre, un uomo senza una propria destinazione. Il suo destino gli “succede”, è così e basta. Sarà Elettra a mostrargli il possibile idillio, il senso più profondo del proprio destino, trasformando così Orest in un guerriero sacro. Orest ist zunächst der Bruder, der verstoßene Sohn seiner Mutter, ein Mann ohne klare eigene Determination. Sein Schicksal „passiert“ ihm, es ist halt so. Es ist Elektra, die ihm die mögliche Idylle aufzeigt, das Höhere hinter seinem Schicksal, und Orest so zum Heiligen Krieger macht.
Chrysothemis Crisotemide non è una figura di luce, ma solo una santa apparente. Il suo obiettivo, il suo idillio è molto chiaro: Chrysothemis ist keine Lichtgestalt, sondern nur eine Zum-Schein-Heilige. Ihr Ziel, ihre Idylle ist klar: Du bist es, die mit Eisenklammern mich an den Boden schmiedet. Wärst nicht du, sie liessen uns hinaus. Wär nicht dein Hass, dein schlafloses, unbändiges Gemüt, vor dem sie zittern, ah, so liessen sie uns ja heraus aus diesem Kerker, Schwester! Ich will heraus! Ich will nicht jede Nacht bis an den Tod hier schlafen! Eh ich sterbe, will ich auch leben! Kinder will ich haben, bevor mein Leib verwelkt, und wärs ein Bauer Ma in mezzo c’è come un muro: Elettra e il suo essere “indomato”. Aber dazwischen steht wie eine Wand: Elektra und ihr „unbändiges“ Sein. Wärst du nicht, sie ließen uns hinaus
bozzetti costumi/Kostümentwürfe: Violeta Nevenova
in particolare, Kuhn ha svolto un’intensa attività presso il Royal Opera House, Covent Garden di Londra, il Teatro alla Scala e le Staatsopern di Monaco di Baviera e di Vienna, affiancando al ruolo di direttore d’orchestra quello di regista lirico (trilogia Da Ponte/Mozart a Macerata, Don Carlo/ Don Carlos a Torino per il 250° anniversario del Teatro Regio, Parsifal e La Bohème al San Carlo di Napoli). Fra le sue ultime apparizioni si ricordano la prima italiana di Guntram di Richard Strauss a Catania, rappresentazioni di Tristan und Isolde, dell’Anello del Nibelungo e di Parsifal al Festival del Tirolo (Erl), produzioni di Così fan tutte e del Trovatore all’Opéra Bastille di Parigi e di Maometto II al Rossini Opera Festival di Pesaro con l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, nonché l’inaugurazione della Sagra Musicale Umbra 2008 di Perugia con la Missa solemnis di Beethoven, diretta con la Haydn ed il Coro del Festival del Tirolo, gli stessi complessi con cui Kuhn l’ha registrata nel 2007 per la casa discografica col legno classics. Nel novembre 2008 l’Orchestra Haydn ha compiuto una tournée in Giappone (Otsu e Tokyo), dove Gustav Kuhn ha diretto l’Otello di Rossini in una produzione del Rossini Opera Festival. Autore del libro Aus Liebe zur Musik (Per amore della musica) pubblicato dalla casa editrice Henschel, Gustav Kuhn ha al suo attivo numerose registrazioni discografiche edite da Arte Nova Classics, BMG, Capriccio, CBS, col legno, EMI, Eurodisc, Koch/Schwann, Orfeo, Philips, RCA e Supraphon. Impegnato anche quale compositore (Sala 500, Missa Intergalactica), egli ha fondato l’Institut für Aleatorische Musik di Salisburgo, l’Accademia di Montegral e i Tiroler Festspiele di Erl. Dal 1987 è direttore artistico del Concorso Neue Stimmen della Fondazione Bertelsmann a Gütersloh e, dal 2003, dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento.
Gustav Kuhn
Gustav Kuhn
Gustav Kuhn, direttore Di origine salisburghese, Gustav Kuhn vanta, oltre a una formazione umanistico-scientifica (lauree in Filosofia e Psicopatologia), una preparazione musicale acquisita sotto la guida di Hans Swarowsky, Herbert von Karajan e Bruno Maderna. La sua carriera lo ha visto sul podio dei Berliner Philharmoniker, della Staatskapelle di Dresda, dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, dell’Israel Philharmonic, della London Philharmonic e della London Symphony Orchestra, della Filarmonica della Scala di Milano, dell’Orchestre National de France di Parigi, di quelle dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, della Radio NHK di Tokio, nonché dei Wiener Philharmoniker. Acclamato interprete di Mozart e di Richard Strauss, egli ha al suo attivo un repertorio che spazia dall’epoca barocca alla musica contemporanea attraverso sia il genere sinfonico, sia quello operistico. Nell’ambito di quest’ultimo,
Gustav Kuhn, Dirigent Gustav Kuhn wurde 1947 in Salzburg geboren. Er studierte Dirigieren bei Hans Swarowsky, Herbert von Karajan und Bruno Maderna; mit 22 Jahren gewann er den ersten Preis beim Dirigentenwettbewerb des ORF. Von 1970 bis 1977 war er Generalmusikdirektor an der Dortmunder Oper und Chefdirigent am Opernhaus von Istanbul; in dieser Zeit gastierte er auch in Bologna, Florenz, Frankfurt am Main, Neapel, Rom, Venedig und Zürich. Zu den von ihm als Gastdirigent geleiteten Symphonieorchestern zählen die Berliner Philharmoniker, die Dresdner Staatskapelle, das Israel Philharmonic, das London Philharmonic und das London Symphony Orchestra, die Filarmonica della Scala in Mailand, das Orchestre National de France in Paris, die Orchester der Accademia Nazionale di Santa Cecilia in Rom sowie des Rundfunks NHK in Tokio und nicht zuletzt die Wiener
Philharmoniker. 1974 gründete er in Salzburg das Institut für aleatorische Musik. 1977 debütierte er an der Wiener Staatsoper mit Richard Straussens Elektra, 1978 an der Bayerischen Staatsoper in München mit Mozarts Così fan tutte und in der darauffolgenden Saison am Royal Opera House, Covent Garden in London. 1979 wurde er Generalmusikdirektor in Bern, 1980 dirigierte er zum ersten Mal bei den Salzburger Festspielen und beim Festival von Glyndebourne. Bald darauf erfolgten die Debüts in den Vereinigten Staaten (1981 mit Fidelio in Chicago), an der Opéra in Paris (Così fan tutte, 1982), an der Mailänder Scala (Tannhäuser, 1984) und in der Arena von Verona (Un ballo in maschera, 1986), schließlich in der Suntory Hall in Tokyo (Otello, 1991) und als Operndirigent bei den Salzburger Festspielen (La clemenza di Tito, 1992). Von 1983 bis 1985 war Kuhn Generalmusikdirektor der Oper der Stadt Bonn. In der Folge wurde er zum Chefdirigenten des Teatro dell’Opera in Rom und später zum künstlerischen Leiter des Teatro di San Carlo in Neapel ernannt. Von
1990 bis 1994 hatte er die Leitung des Festivals in Macerata inne. 1997 gründete Gustav Kuhn die Tiroler Festspiele Erl, deren künstlerischer Leiter und Präsident er seitdem ist. Seit 1986 ist er auch als Opernregisseur in Erscheinung getreten, indem er unter anderem Don Giovanni, Rossinis Otello, den Fliegenden Holländer, Tristan und Isolde, Don Carlo, Carmen, Das Rheingold, Die Walküre, Siegfried, Götterdämmerung, Parsifal, Falstaff, Richard Strauss’ Guntram, La Bohème, Die lustige Witwe, Salome, Ariadne auf Naxos und Capriccio inszenierte und gleichzeitig dirigierte. Bei Arte Nova, BMG, Capriccio, CBS, col legno, EMI, Eurodisc, Koch/Schwann, Orfeo, Philips, RCA und Supraphon liegen zahlreiche CDEinspielungen vor, darunter Mozart- Klavierkonzerte, der Zyklus der neun Beethoven-Symphonien sowie die Missa solemnis und die Brahms-Symphonien mit dem Haydn-Orchester. Im Henschel-Verlag Berlin erschien 1993 sein Buch Aus Liebe zur Musik. Seit 1987 ist er künstlerischer Leiter des Internationalen Wettbewerbs „Neue Stimmen” der Bertelsmann-Stiftung in Gütersloh und seit 2003 auch des Haydn-Orchesters in Bozen.
MANFRED SCHWEIGKOFLER
Manfred Schweigkofler viene nominato nel 2001 direttore della Fondazione Teatro Comunale e Auditorium di Bolzano, che sotto la sua direzione artistica e amministrativa vive una forte crescita anche a livello internazionale. Tra gli spettacoli che hanno convinto sia pubblico che stampa vanno ricordati in particolar modo le produzioni di danza e di crossover. Il lavoro svolto trova anche apprezzamento da parte del Ministero, che in data 28.02.2007 attribuisce al Comunale di Bolzano il titolo di “teatro di tradizione” dopo solo sette anni di attività. In particolar modo vengono elogiati dalla commissione esaminatrice il coraggio e la visione europea della direzione. Nel 2002 Manfred Schweigkofler assume anche la direzione artistica del festival di danza contemporanea “Bolzano Danza” giunta nel 2009 alla sua 25esima edizione. È direttore artistico del festival “Wintermezzo” con Gustav Kuhn e direttore generale della Accademia Neue Musik Bolzano. Le prime esperienze teatrali di Manfred Schweigkofler si sono realizzate calcando le scene dell’Alto Adige come attore e regista e cantando per vent’anni in una rockband. Inoltre si è dedicato all’ideazione e organizzazione di numerosi eventi culturali e turistici e ha approfondito gli aspetti comunicativi e legali del mondo del teatro come co-titolare di una ditta di comunicazione e di una casa discografica. Nel 1989 ha fondato il suo primo gruppo teatrale sperimentale, la “Kleinkunstszene”, che ha realizzato vari spettacoli anche all’estero. Nel 1992 è stato co-fondatore delle “Vereinigte Bühnen Bozen” e nel 1996 del teatro “Carambolage”. Nello stesso anno ha ideato e co-fondato la “Musical School” di Bolzano. La sua attività registica (che parte nel 1995 con il musical The Rocky Horror Show) viene interotto negli anni 1999/2000 dove ricopre il ruolo di commissario di sezione presso l´esposizione mondiale di Hannover. Nel 2004 è tornato a dedicarsi con passione alla regia e alla direzione artistica di spettacoli che sono andati in
Ausgabe feiert. Im Januar 2007 übernimmt er, zusammen mit M° Gustav Kuhn, die Direktion des internationalen Festivals „Wintermezzo“. Er ist auch Leiter und verantwortlicher Direktor der Accademia Neue Musik Bolzano. Die Theaterberufe hat Manfred Schweigkofler von der Pike auf gelernt: er war viele Jahre Schauspieler, inszeniert seit über 15 Jahren, war beinahe 20 Jahre Sänger in einer Rockband und hat viele – auch touristische - Events kreiert. Er gründete 1989 die Kleinkunstszene Bozen, leitete den 1. Kleinkunstkeller in Bozen, ist 1992 Mitbegründer der Vereinigten Bühnen Bozen und 1996 Mitbegründer des Theaters Carambolage. 1996 ist er auch Ideator und Mitbegründer der „Musical School“. 1999/2000 bekleidet er das Amt eines Abteilungsgeneralkommissars bei der Weltausstellung Expo 2000 in Hannover. Seit 2004 hat sich Manfred Schweigkofler wieder verstärkt eigenen Inszenierungen zugewandt. Seine letzten Produktionen Rockquiem, eine getanzte Rockfassung von Mozarts Requiem nach eigener Idee und scena con grande successo in Italia, Ungheria, Austria, Svizzera, Norvegia, Slovenia e nella Repubblica Ceca. Tra questi vanno segnalati le sue ultime creazioni: Rockquiem, uno spettacolo di danza basato su un arrangiamento in chiave rock del Requiem di Mozart; Les Fée du Rhin, riscoperta di quest’opera dimenticata di Jacques Offenbach e messa in scena in prima assoluta in epoca moderna; Steel, uno spettacolo di danza molto popular dedicato al tema dell’acciaio; Matthäuspassion di J. S. Bach realizzato con le coreografie e la partecipazione di Ismael Ivo; Julie, opera contemporanea di Philippe Boesmans; Nel 2007 ha ideato e diretto la cerimonia d’apertura dei Campionati Mondiali di Biathlon ad Anterselva alla presenza del Presidente del Consiglio Romano Prodi. Lo show è stato trasmesso in diretta televisiva in ben 27 paesi. Attivo nel settore del management culturale, per dieci anni è stato direttore artistico del festival cabarettistico “Cabarena”. È attualmente consigliere artistico della “Seebühne” di Caldaro per la quale ha curato la messa in scena di numerosi galà. Ultimamente si è dedicato al lavoro di formazione. In particolare sono stati molto apprezzati i suoi seminari sulla creatività, tenuti presso l’Abbazia di Novacella a Bressanone.
MANFRED SCHWEIGKOFLER Manfred Schweigkofler leitet als Intendant seit 2001 das Stadttheater Bozen, das unter seiner Führung auch einen international wahrgenommenen Aufschwung erlebt. Besonders im Bereich Tanz und Crossover, aber auch im Bereich der zeitgenössischen Musik konnten seine Arbeiten Publikum und Presse überzeugen. Seit 2002 ist Manfred Schweigkofler zudem für das internationale Tanzfestival „Bolzano Danza“ verantwortlich, das im Jahr 2009 seine 25.
Konzeption; Les Fée du Rhin, die erste komplette szenische Aufführung der unbekannten Offenbach-Oper; Steel, eine populäre Tanzshow rund um das Thema Stahl, wurden in Italien, Ungarn, Österreich, Norwegen, Slowenien und der Tschechischen Republik zu großen Publikumserfolgen. 2007 folgte die szenische Umsetzung der Matthäuspassion von J.S. Bach als Tanzproduktion in Zusammenarbeit mit Ismael Ivo. 2009 inszeniert er zum 1. Mal eine zeitgenössische Oper - Julie von Philippe Boesmans - und feiert einen überwältigenden Erfolg bei der Kritik. Manfred Schweigkofler war Ideator und künstlerischer Leiter der Eröffnungszeremonie der Biathlon Weltmeisterschaft Antholz 2007. Die Show, an der auch der Italienische Ministerpräsident Romano Prodi teilgenommen hat, wurde weltweit in 27 Ländern übertragen. Er ist auch im Bereich Kulturmanagement tätig und war 10 Jahre lang künstlerischer Leiter des internationalen Kabarett-Festivals „Cabarena“. Als ehemaliger Mitinhaber einer Kommunikationsfirma und eines Verlages kennt er auch die kommunikativen und rechtlichen Aspekte der künstlerischen Berufe. In letzter Zeit widmet sich Manfred Schweigkofler wieder vermehrt der Ausbildungstätigkeit. Besonders seine Seminare zum Thema Kreativität im Kloster Neustift bei Brixen erfreuen sich großer Beliebtheit.
Elek tr a
ORGANICO ORCHESTRALE/ORCHESTERBESETZUNG VIOLINI PRIMI/ERSTE VIOLINE
VIOLONCELLI PRIMI/ERSTES CELLO
FAGOTTI-CONTROFAGOTTO/FAGOTT – KONTRAFAGOTT
** spalla/ Konzertmeister
Marco Mandolini ** Stefano Ferrario * Edlir Cano Renzo Michelini Elisabeth Pichler Erika Ferrari Maria Patron Ole Frederiksen
Alejandro Biancotti * Luca Pasqual Elisabetta Branca Jutta Kagerer Elke Hager Enrico Ferri
Flavio Baruzzi * Andrea Racheli Elio Galeazzi Paolo Dutto (controfagotto/ Kontrafagott)
* prima parte/ Stimmführer
Diana Cahanescu * Micaela Milone Vincenzo Fossanova Donato Colaci Filippo Zampa Fabio Gaddoni
Andrea Cesari * Alberto Serpente Vittorio Ferrari Alexander Perathoner Elisa Bognetti Ettore Contavalli (tuba wagneriana/ Wagnertuba) Giorgio Nevi (tuba wagneriana/ Wagnertuba) Giuseppe Affilastro (tuba wagneriana/ Wagnertuba) Samuele Bertocci (tuba wagneriana/ Wagnertuba)
CONTRABBASSI/KONTRABASS
Michelangelo Mercuri * Daniele Ragnini Corrado Pastore Agide Bandini Claudio Saguatti Antonio Bonatti Lorenzo Baroni Enrico Branchini
Matteo Beschi * Fabiano Ruin Fabio Trimarco Marco Catelli Augusto Righi Carlo Fiora
VIOLINI SECONDI/ZWEITE VIOLINE
Anna Biggin * Sandro Acinapura Mariarita Di Pasquale Andrea Rieder Cecilia Albertani Teodor Puscas Claudia Piccinini Mauro Mario VIOLINI TERZI/DRITTE VIOLINE
Viktoria Borissova * Valentina Violante Maurizio Daffunchio Julia Geller Luca Talignani Carlo Perucchetti Massimo Arcieri Sabrina Fontana VIOLE PRIME/ERSTE BRATSCHTE
Margherita Pigozzo * Gabriele Marangoni Maura Bruschetti Roberto Mendolicchio Claudia Pedrani Pierluigi Borgogno
VIOLONCELLI SECONDI/ZWEITES CELLO
CORNI-TUBE WAGNERIANE/HORN - WAGNERTUBA
TROMBE/TROMPETE
TROMBONI-CIMBASSO-TROMBA BASSA
FLAUTI-OTTAVINI/ FLÖTE- PICCOLOFLÖTE
POSAUNE – CIMBASSO - BASSPOSAUNE
Francesco Dainese * Donatella Toni Alessandro Visintini Andrea Oman * (ottavino/Piccoloflöte)
Maurizio Meneguz * Gianmauro Prina Antonio Martelli Erik Zavaroni (cimbasso/ Cimbasso) Carlo Gelmini * (tromba bassa/ Bassposaune)
OBOI - Corno inglese - Heckelphone
OBOE – Englischhorn - Heckelphon
TUBA
Antonio Belluco
Gianni Olivieri * Antonio Palumbo Fabio Righetti * (corno inglese/ Englischhorn) Massimo Parcianello * (heckelphone/Heckelphon)
VIOLE SECONDE/ZWEITE BRATSCHE
Matteo Amadasi * Cathryn Murray Daniele Zironi Sara Screpis VIOLE TERZE/DRITTE BRATSCHE
Carmen Condur * Ilaria Negrotti Fabio Verdelli Diego Spagnoli
TIMPANI/PAUKE
Domenico Cagnacci * Paolo Mantelli *
CLARINETTI/CLARINETTE
Mariafrancesca Latella * Andrea Brazzo Daniele Titti Francesco Zarba Roberto Gander * (corno di bassetto/ Bassetthorn) Miriam Caldarini (corno di bassetto/ Bassetthorn) Mario Torsani (clarinetto piccolo/ Piccoloklarinette) Fabio Bertozzi (clarinetto basso/ Bassklarinette)
Ispettore/Orchesterinspektor
Claudio Casamatti, Nancy Spinel
PERCUSSIONI/SCHLAGZEUG
Gianni Giangrasso * Simone Beneventi Paolo Murena Francesco Migliarini ARPE/HARFE
Rosanna Valesi * Simona Vallozzi
Addetto strumenti/Orchesterwart
Fabrizio Gandolfi, Cosimo Luppino, Domenico Mutzu, Andrea Uccelli
Elek tr a
CORO/Chor TEATRO MUNICIPALE di PIACENZA Soprani/Sopran
Eva Grossi Akiko Koga Mariangela Lontani Milena Navicelli Luisa Staboli Vittoria Vitali Contralti/Alt
Bettina Block Gloria Contin Stefania Ferrari Angelica Gorgni Ilaria Italia Paola Leveroni Tenori/Tenor
Oreste Cosimo Enzo Grella Bruno Nogara Ezio Pirovano Filiberto Ricciardi Giorgio Sordoni
Impressum
Fondazione Teatro Comunale e Auditorium - Bolzano Stiftung Stadttheater und Konzerthaus – Bozen Piazza Verdi Platz 40 I – 39100 Bolzano/Bozen
Testi/Texte Redazione/Redaktion
FOTO/FOTOS
Alberto Fassone, Stefan Mickisch, Manfred Schweigkofler, Michele Olcese, Roberto Valentino, Marion Thöni Emanuele Masi, Marion Thöni Roberta Cattoni, Benjamin Kucera, Marion Thöni Franco Tutino
L’editore rimane a disposizioni per eventuali diritti non assolti. Der Herausgeber steht für eventuell nicht erfüllte Autorenrechte jederzeit zur Verfügung.
Grafica/Graphik Stampa/Druck
Gruppe Gut Publistampa Pergine Valsugana (TN)
produzione/Produktion
© 2010
Fondazione Teatro Comunale e Auditorium Stiftung Stadttheater und Konzerthaus
Traduzioni/Übersetzungen
Bassi/Bass
Massimo Carrino Graziano Dallavalle Andrea Kim Diego Alessio Manto Alberto Marcenaro Alfredo Stefanelli
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