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ESTATE 2020: “L’ASSALTO ALLA MONTAGNA

Corriere delle Alpi | 21 Agosto 2020

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«Numero chiuso contro l'invasione» No dei sindaci ma si cercano soluzioni

Francesco Dal Mas AURONZO Le Dolomiti scoppiano. E lo si è visto anche ieri. A cominciare dagli intasamenti in A27. Ecco, dunque, gli ambientalisti rilanciare la proposta del numero chiuso. Ma con una novità. «Lo si faccia fin dalla valle, dai paesi del fondovalle - spiega Luigi Casanova di Mountain Wilderness -, organizzando parcheggi ad Auronzo, anziché a Misurina; a Cortina, prima che al Tre Croci, al Falzarego; ad Arabba anziché sui Passi». È impossibile, al momento, obietta Tatiana Pais Becher, sindaco di Auronzo, ma le "prove tecniche" sono già in corso. La strada delle Tre Cime viene chiusa quando sono esauriti i 700 posti macchina a monte. Davanti alla biglietteria d'ingresso compare già una nuova rotatoria che consente agli automobilisti di ritornare da dove sono venuti. I parcheggi del posto e quelli alle spalle del lago saranno tutti a pagamento e - anticipa il sindaco - sarà vietato sostare all'esterno. Via le macchine dal Lago d'Antorno, via anche dal Lago Misurina; più di 300 posti saranno ricavati nei due parck interrati, a pagamento, non appena verranno realizzati. Le auto potranno transitare perché si tratta di un valico, ma non fermarsi se non trovano uno stallo libero. Dei display lungo le strade - da Cortina, da Auronzo e da Carbonin - avviseranno, per tempo, se ci sarà posto. «L'afflusso di ieri - informa il sindaco - è stato più intenso e, in parte, più disordinato di quello di mercoledì. Con auto che hanno invaso perfino la pista ciclabile». Per gli ambientalisti, però, è necessario andare oltre, con urgenti atti dispositivi. «I laghi famosi, Braies, Tovel, Sorapis, Carezza, sono travolti dall'eccesso di persone e, in qualche caso, di auto. I crinali prativi, in qualche caso, causa un eccesso di calpestio, hanno perduto definitivamente la cotica erbosa innescando fin dall'alta quota processi erosivi dei pascoli che sono inarrestabili. Code infinite di turisti, in salita e discesa, agli impianti di arroccamento: Pordoi, Siusi, Belvedere e Col Rodella. Per raggiungere Cortina dall'autostrada si impiegano anche 5 ore, i fondovalle delle valli ladine, tutte, sono impraticabili causa l'eccesso di traffico privato».Quindi? «Quindi - risponde Casanova - è urgente togliere parcheggi sui passi, ridurre quelli esistenti in prossimità dei luoghi più frequentati, obbligare gli ospiti a fermare le loro auto presso le abitazioni o gli alberghi e servirsi negli spostamenti solo dei mezzi pubblici. E dove necessario, imporre finalmente il numero chiuso, ai laghi, ai passi, alle vette più famose, alle funivie e seggiovie. Come del resto avviene da tempo in tanti paesi civili: nei parchi americani e africani, a Disneyland, nelle città d'arte e altrove». Leandro Grones, sindaco di Livinallongo, è contrario alla chiusura. Si dice invece favorevole ad un pedaggio d'ingresso nelle valli, seppur di misura contenuta, ma che certifichi la contribuzione che il turista, magari quello di passaggio, dà alle spese di manutenzione dell'ambiente e dei servizi. Camillo De Pellegrin, sindaco di Val di Zoldo, è ancora più immaginifico. Secondo lui, il trend verso la montagna e le Dolomiti continuerà nel prossimo futuro. Quindi - argomenta - sarà saggio pensare a quest'area come ad un unico, grande Parco, non wilderness ma pieno di vita, ancorché sostenibile. «Se ci immaginiamo fra 10 o 20 anni, perché non considerare dei mega parcheggi all'ingresso della provincia di Belluno, magari a Longarone e nel Feltrino, dove parcheggiare l'auto in arrivo con l'autostrada e la Pedemontana e da dove raggiungere i siti della vacanza e del riposo con un sistema efficientissimo di navette? Lo propongo anche per garantire un minimo di vita sostenibile ai residenti che non possono vivere sotto questa pressione». Per gli ambientalisti è urgente introdurre provvedimenti drastici. «È triste constatare come la denuncia di tanti operatori turistici arrivi solo dopo l'evidenza del collasso ambientale delle nostre montagne. I segnali del superamento di ogni limite, i segnali del degrado paesaggistico delle Dolomiti, come del resto la perdita di biodiversità di tante situazioni di pregio in alta quota sono leggibili da decenni. Ora è auspicabile che con urgenza i responsabili delle istituzioni, i Comuni, le Regione e la Fondazione Dolomiti Unesco - insiste Casanova - superino i momenti accademici per arrivare a decisioni coraggiose. Una prima scelta è urgente e indifferibile. Basta consumo di suolo nelle vallate alpine. Da subito, anche con il blocco di progetti devastanti recentemente autorizzati: penso ai bacini di innevamento, ai previsti collegamenti sciistici, alle deroghe concesse nell'edilizia in alta quota e nei fondovalle». –

Alto Adige | 22 Agosto 2020

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È assalto alla montagna: in quota come a Rimini

paolo tagliente bolzano Salire su un sentiero di montagna e ritrovarsi all'improvviso pigiato, in mezzo alla folla, come in metropolitana, a Milano, alle 8 del mattino di una normale giornata lavorativa. Una battuta. Anzi no. Perché, in queste settimane, le montagne dell'Alto Adige - ma capita la stessa cosa a quelle del Trentino e del Veneto - sono letteralmente prese d'assalto da una folla di turisti. Un assalto che, almeno in questo caso, non è un'iperbole giornalistica. A confermarlo la foto che il "Corpo Nazionale Soccorso Alpino e

Speleologico" ha pubblicato sul profilo ufficiale di Facebook, accompagnandola ad un vademecum di comportamenti da tenere in montagna: un serpentone formato da centinaia di persone in fila, un serpentone che si snoda a perdita d'occhio ai piedi del Piz Boè. Sembra un fotomontaggio, ma è tutto vero. Merito, o colpa, del Covid. Molti italiani hanno raccolto l'invito a trascorrere le vacanze in Italia e un'altissima percentuale di chi, negli anni passati volava all'estero, ha scelto di godersi i panorami e l'aria pulita della montagna. «L'afflusso dei turisti italiani - spiega Giorgio Gajer, presidente provinciale del Soccorso Alpino - è andato oltre ogni previsione. Molto più intenso che passato». Un'ottima notizia dal punto di vista economico e promozionale, con la montagna diventata prepotentemente meta turistica anche in estate. Meno positiva, invece, è l'analisi di diversi altri aspetti legati a questo assalto. «La presenza di così tante persone - prosegue Gajer - aumenta il rischio di incidenti, anche perché la stragrande maggioranza di loro non ha alcuna esperienza e nemmeno l'attrezzatura adatta. Poco importa che queste persone arrivino in quota con gli impianti di risalita e non si cimentino in escursioni impegnative o, tanto meno, in scalate. I rischi ci sono sempre. Anche chi va al mare a Rimini deve rispettare certe regole di prudenza perché, pur bellissima, con la natura non si scherza. Per questo, noi siamo come sempre in allerta con uomini e mezzi per garantire, qualora sia necessario, interventi di soccorsi il più rapidi possibile. Oltre a questo - continua Gajer - molti hanno scarso rispetto per l'ambiente e per la proprietà altrui. Mi è capitato di parlare con albergatori che raccontano di recinti scavalcati, di prati e boschi invasi e di danneggiamenti per "rubare" una foto o portare via un ricordo. Cose che accadono quando, proprio come accade per le località di mare, si assiste ad un'invasione incontrollata, con persone che si portano via barattoli di spiaggia, pezzi di corallo o danneggiano gli scogli o lasciano sporcizia ovunque. Ecco, questo è uno degli aspetti spiacevoli di questa pacifica invasione».Stupito da questa enorme folle di turisti anche Kurt Walde, presidente della guide alpine dell'Alto Adige. «In questi giorni è davvero pazzesco. C'è una massa di gente incredibile e dopo le 10 del mattino - spiega - tutti gli spazi sono occupati e non si trova più nemmeno un posto in cui parcheggiare. Un affollamento che non è tanto sano, anche se la maggior parte delle persone non arriva in quota. È un tipo di turismo che si concentra nelle località famose, come passi e laghi. Un turismo esagerato, legato al comprensibile bisogno della gente di stare all'aria aperta e in grandi spazi, ma credo debbano essere presi dei provvedimenti per regolamentarlo.

Corriere delle Alpi | 22 Agosto 2020

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L'assalto dei turisti alle Dolomiti File mai viste per prendere le funivie

Francesco Dal Mas belluno Oggi e domani l'ultimo assalto veneto alle Dolomiti? «Speriamo di no, anche se le prenotazioni negli alberghi cominciano a raffreddarsi» mette le mani avanti Walter De Cassan, presidente bellunese di Federalberghi. «La montagna sta scoppiando, ci vuole il numero chiuso all'ingresso delle valli» avverte Gigi Casanova, figura storica dell'ambientalismo alpino. Prefettura, Questura, Autostrade, Anas, tutti sono mobilitati - con agenti e movieri - per evitare le code di auto in salita, ma soprattutto quelle in discesa previste per domani, giornata da bollino nero sulle strade bellunesi. il SOCCORSO ALPINOSotto pressione in queste settimane sono il Soccorso alpino e il 118. Gli interventi aumentano in misura esponenziale, di giorno in giorno. «Si telefona al 118 a mezzogiorno, perché si è stanchi» racconta Alex Barattin, delegato bellunese del Cnsas, esemplificando i paradossi di questa stagione. «Ci si fa recuperare dall'elicottero a conclusione della ferrata perché si è sfiniti. Si sale con l'e - bike fino in rifugio e, scendendo, non si sa frenare e si cade». SUL PORDOI COME A SAN MARCOAvete presente la coda in piazza San Marco per entrare a Palazzo Ducale e in Basilica? In questi giorni, sul Sass Pordoi, è molto più lunga: in attesa della funivia, che ha i posti dimezzati dalle misure covid. Il covid, appunto. La processione senza mascherina è quotidiana per salire al lago del Sorapis. Come pure per compiere l'anello delle Tre Cime (con i 700 posti macchina che si esauriscono tra le 8 e le 9 del mattino). La ferrata del Sass de Stria ha gli arrampicatori che per buona parte della giornata hanno la bocca a pochi centimetri dalle scarpe da ginnastica (proprio così) di chi li precede. E in trincea ci si fa largo a gomitate. in maglietta SOTTO LA TEMPESTA«È positivo che più italiani camminino in quota (mentre mancano gli stranieri), ma a condizione che siano attrezzati. L'immancabile temporale con tempesta del pomeriggio - racconta Barattin - li sorprende spesso in maglietta, a 2 mila metri; nello zaino non hanno neppure una mantella impermeabile». È di ieri l'ultimo appello dell'agenzia Arpav e del Soccorso alpino del Veneto ad affrontare le gite con l'equipaggio adeguato e la verifica delle condizioni meteo. «L'escursionista deve valutare con buonsenso il proprio itinerario, controllando le previsioni e scegliendo percorsi adeguati. In estate è facile, soprattutto al pomeriggio, che il tempo cambi velocemente. Raccomandiamo di non trascurare mai le previsioni». L'Arpav pubblica ogni giorno 4 bollettini di previsione meteorologica, più alcuni altri prodotti previsionali stagionali (es. bollettino disagio fisico durante la stagione estiva). I NUMERIGli interventi del Soccorso Alpino e speleologico, sulle Dolomiti dal 1° giugno al 10 agosto sono stati 292, con 358 persone soccorse, contro i 290 dell'anno scorso (medesimo periodo) con 326 persone assistite. Gli elicotteri hanno compiuto 135 missioni, le altre sono state portate a termine dai volontari a terra per complessive 4 mila ore di intervento. Variegata è l'età di chi s'infortuna. Gli anziani, sopra i 70 anni, sono il doppio dei giovani. La prima attività coinvolta resta l'escursionismo con 214 persone (201 nello stesso periodo 2019), l'alpinismo con 37 (39 l'anno scorso); in ferrata sono state recuperate 23 malcapitati contro i 18 del 2019. Ben 22 i soccorsi da mountain bike, contro i 1 5 dell'anno scorso, 5 da parapendio contro 9. E anche questo è un segnale che mancano gli stranieri.«La prima causa di incidente sono le cadute - spiega ancora Barattin -, il 23, 3%, un po' meno del 25% del 2019». Il dato farebbe ritenere che gli escursionisti siano più preparati. Ma ecco ciò che lo smentisce. Ben 67 le persone che quest'estate hanno perso l'orientamento, contro le 47 dell'anno scorso. Siamo passati dal

14, 4 al 18%. E questo significa che chi si fionda in quota non chiede, appunto, le informazioni che sarebbero necessarie. SEMPRE LA MASCHERINA«Abbiamo visto, negli assembramenti di questi giorni, pochissimi escursionisti che portano la mascherina. Va sempre indossata. E le escursioni non vanno organizzate in funzione della notorietà su Instagram, ma chiedendo consigli e consultando le guide così da trovare il percorso più adatto alla propria forma fisica e alle proprie competenze tecniche». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 22 Agosto 2020

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«Scarpe da tennis sul ghiacciaio abbiamo assistito anche a questo»

l'intervistaSi può scendere lungo il ghiacciaio della Marmolada in condizioni di pericolosità come quelle di questi giorni, indossando le sole scarpe da tennis? Evidentemente non si può. «Eppure c'è chi l'ha fatto» ammette Marco Spazzini di Piazzola sul Brenta, presidente del Collegio veneto delle guide alpine. Come spiega l'assalto di quest'estate non solo alle Dolomiti? «Ci sono indubbiamente molti più italiani, che non sono andati all'estero, mentre mancano quasi del tutto gli stranieri. Adesso sono in tanti perché le poche ferie a disposizione sono concentrate in questo periodo e soprattutto i giovani cercano quella libertà di movimento che non hanno goduto per mesi».Chi cerca una guida, compie un atto di responsabilità. Questi, almeno, sono preparati per un'arrampicata? «Capiamo subito se non lo sono e li portiamo in escursione. C'è chi arriva con le scarpe da ginnastica e ci rendiamo conto che è meglio suggerirgli qualcosa di diverso».Se uno non ha l'attrezzatura, lo portate comunque in parete? «Sì, se ha la preparazione adatta. Il più delle volte l'attrezzatura la mettiamo a disposizione noi stessi, tant'è che dopo ogni missione viene sanificata». Quali sono gli itinerari più richiesti? «Tirano molto le ferrate. Alcune hanno difficoltà tali che si avvicinano all'arrampicata». L'elisoccorso ha dovuto recuperare in parete escursionisti troppo affaticati lungo le ferrate... «È vero. Questo non succede con quelli che accompagniamo noi, perché misuriamo le loro forze e li assistiamo anche nell'alimentazione, che è molto importante. Accade con chi si fionda da solo su percorsi impegnativi senza allenamento. E casi come questi ne sono successi parecchi». È giusto che per interventi che l'interessato paghi il soccorso? «La Regione ha previsto la gratuità solo se l'intervento è di tipo sanitario. È consigliabile un'assicurazione, con il Cai o con Dolomiti emergency. Ma bisogna anche decidersi ad imparare la cultura della rinuncia, che significa conoscere i propri limiti e saper dire basta». --F.D.M.

L'Adige | 23 Agosto 2020

p. 11, segue dalla prima

«L'assalto alle montagne va fermato»

L'effetto Covid si ripercuote sulle località di montagna. Complici le restrizioni ai viaggi all'estero e il numero limitato dei posti in spiaggia si assiste ad un boom in località montane per molti anni trascurate dal turismo di massa. L'assalto dei turisti soprattutto nella zona delle Dolomiti ha raggiunto livelli mai visti prima. Lo segnala anche il "re degli ottomila", Reinhold Messner che nella zona dolomitica attorno alle Pale di San Martino ha trascorso gli ultimi giorni, girando un film. «La situazione è come ogni anno in piena estate, ma con un ulteriore aumento. Spero che questa sia l'occasione di prendere in mano la situazione. La politica deve prendere delle decisioni per il management dei flussi turistici, è una questione di organizzazione», sostiene Messner. «È comprensibile che i turisti vogliano evadere dalle torride città per cercare degli spazi liberi, ma queste libertà vengono meno quando si formano lunghe code, quando non si trova parcheggio, perché ai passi non ci sono spazi di sosta. Attualmente sui passi dolomitici si verifica un caos paragonabile al peggior ingorgo che si possa immaginare in una grande città», così l'alpinista. «Intendiamoci - dice Messner - è un bene che gli alberghi siano pieni e che ci sia un guadagno dopo il lockdown, ma ora la politica deve agire, perché l'afflusso di auto e moto va in qualche modo arginato. I passi vanno organizzati in modo da poter essere fruibili». Messner suggerisce che vengano chiusi al traffico per qualche ora al giorno e che siano istituiti dei bus navetta per permettere ai turisti di giungere in quota senza dover muovere la propria auto. «Le Dolomiti - conclude l'alpinista cresciuto all'ombra delle Odle, in questi giorni tra le mete più ambite -sono troppo fragili per lasciare libero accesso al traffico veicolare. Chi va in montagna lo fa per cercare pace e libertà, mentre qui si stanno creando aggressioni, nervosismi, rumori, che non sono necessari, anzi». Dello stesso avviso è anche l'imprenditore e albergatore Michil Costa di Corvara in Val Badia, che chiede ai responsabili politici di avere «il coraggio di scelte radicali». Per Costa il caos che si è venuto a creare nella zona dolomitica, dove l'afflusso di turisti ha superato ogni aspettativa è «un'anticipazione di quello che succederà nel 2024. Perché alla fine di questa crisi che durerà forse un anno e mezzo - stima Costa - si cercherà di attrarre nuovi mercati, quello cinese e quello indiano, per esempio, e arriveranno nuovi flussi di turisti. Pertanto se non ci adoperiamo ora, con la gestione di questi flussi, chiudendo i passi dolomitici, mettendo fine al lievitare di nuovi alberghi grazie ad una legge urbanistica che ponga dei veti, non riusciremo a venirne fuori», dice Costa. «Questa corsa alla montagna fa malissimo ai veri amanti della montagna che si disaffezionano per via dei problemi della mobilità, dell'inquinamento acustico e via dicendo. Con questo caos della montagna non resta più nulla», conclude Costa.

In un post su facebook il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico Cnsas, visto l'afflusso dei turisti chiede il rispetto delle regole a partire da comportamenti che dovrebbero essere scontati: i rifiuti si riportano sempre a casa (compresi gli scarti organici); mascherina sempre indossata in caso di assembramenti importanti e dentro i rifugi; le escursioni non vanno organizzate in funzione della notorietà su Instagram; quando un elicottero è in volo a bassa quota significa che sta cercando di individuare un ferito in quella zona, evitiamo di salutarlo o di sbracciarci facendo credere all'equipaggio che siate voi ad avere necessità di aiuto». E soprattutto: buonsenso.

Trentino | 23 Agosto 2020

p. 11, segue dalla prima

La montagna scoppia più di prima di Luigi Casanova*

Due anni fa la Fondazione Dolomiti UNESCO aveva anticipato con un convegno tenutosi a Sesto Pusteria il tema degli accessi turistici in aree turistiche di alto pregio. Da allora, nonostante la chiarezza delle esposizioni e dei numeri presentati è calato un silenzio incredibile. L'immobilismo totale della Fondazione Dolomiti UNESCO e delle istituzioni che la compongono. Addirittura l'unica sperimentazione in atto sulla limitazione agli accessi in quota, il blocco del traffico privato sui quattro passi dolomitici, è stata vergognosamente cassata.La situazione di oggi, dopo l'esperienza COVID della primavera, è drammatica e visibile a tutti. La pandemia non ha insegnato nulla, né al mondo politico né ai cittadini, la montagna evidenzia i segnali dello sfinimento.Da giorni si deve chiudere la strada che porta alle Tre Cime di Lavaredo fin dalle 8 di mattina. I laghi famosi, Braies, Tovel, Sorapis, Carezza, sono travolti dall'eccesso di persone e di auto. I crinali prativi di Seceda (BZ), causa un eccesso di calpestio, hanno perduto definitivamente la cotica erbosa innescando fin dall'alta quota processi erosivi dei pascoli inarrestabili. Code infinite di turisti, in salita e discesa, agli impianti di arroccamento: Pordoi (BL), Siusi (BZ), Belvedere e Col Rodella (TN). Per raggiungere Cortina dall'autostrada si impiegano anche 5 ore, i fondovalle delle valli ladine, tutte, sono impraticabili causa l'eccesso di traffico privato.L'ambientalismo italiano denuncia questa situazione, questo divenire ora drammatico, fin dagli anni '80 (documenti di SOS Dolomites, CIPRA Italia e non solo). L'assenza di visione delle pubbliche amministrazioni, l'aver sostenuto in modo indiscriminato ulteriore antropizzazione delle vallate fin alle quote più impensabili, ha fatto maturare una situazione oggi ingestibile. Proprio a causa di tanta miopia e supponenza è necessario intervenire con misure impositive. Togliere parcheggi sui passi, ridurre quelli esistenti in prossimità dei luoghi più frequentati, obbligare gli ospiti a fermare le loro auto presso le abitazioni o gli alberghi e servirsi negli spostamenti solo dei mezzi pubblici. E dove necessario, imporre finalmente il numero chiuso, ai laghi, ai passi, alle vette più famose, alle funivie e seggiovie. Come del resto avviene da tempo in tanti paesi civili: nei parchi americani e africani, a Disneyland, nelle città d'arte e altrove.E' triste constatare come la denuncia di tanti operatori turistici arrivi solo dopo l'evidenza del collasso ambientale delle nostre montagne. I segnali del superamento di ogni limite, i segnali del degrado paesaggistico delle Dolomiti, come del resto la perdita di biodiversità di tante situazioni di pregio in alta quota sono leggibili da decenni. Ora è auspicabile che con urgenza i responsabili delle istituzioni, i Comuni, le Regione e la Fondazione Dolomiti UNESCO superino i momenti accademici per arrivare a decisioni coraggiose. Una prima scelta è urgente e indifferibile. Basta consumo di suolo nelle vallate alpine. Da subito, anche con il blocco di progetti devastanti recentemente autorizzati: penso ai bacini di innevamento, ai previsti collegamenti sciistici, alle deroghe concesse nell'edilizia in alta quota e nei fondovalle.La montagna ha reso evidente il valore del limite. Ora chi deve decidere si assuma responsabilità concrete e imponga decisioni coraggiose. Lo ripeto, da subito. * Presidente onorario di Mountain Wilderness Italia

Trentino | 23 Agosto 2020

p. 17, segue dalla prima

Turisti in coda, assalto alle Dolomiti L'allarme di Messner: «Così non va»

trento L'assalto dei turisti soprattutto nella zona delle Dolomiti ha raggiunto livelli mai visti prima.Se ne è accorto anche il re degli ottomila, Reinhold Messner che nella zona dolomitica attorno alle Pale di San Martino ha passato gli ultimi giorni, girando un film. «La situazione è come ogni anno in piena estate, ma con un ulteriore aumento. Spero che questa sia l'occasione di prendere in mano la situazione. La politica deve prendere delle decisioni per il management dei flussi turistici, è una questione di organizzazione», sostiene Messner. «Intendiamoci - continua Messner - è un bene che gli alberghi siano pieni e che ci sia un guadagno dopo il lockdown, ma ora la politica deve agire, perché l'afflusso di auto e moto va in qualche modo arginato. I passi vanno organizzati in modo da poter essere fruibili». Messer suggerisce che i passi vengano chiusi al traffico per qualche ora al giorno e che vengano istituiti dei shuttlebus per permettere ai turisti di giungere in quota.Dello stesso avviso è anche l'imprenditore e albergatore Michil Costa di Corvara in Val Badia, che chiede ai responsabili politici di avere «il coraggio di scelte radicali». Per Costa il chaos che si è

venuto a creare nella zona dolomitica, dove l'afflusso di turisti ha superato ogni aspettativa è «un'anticipazione di quello che succederà nel 2024. Perchè alla fine di questa crisi che durerà perlopiù un anno e mezzo - stima Costa - si cercherà di attrarre nuovi mercati, quello cinese e quello indiano, per esempio, e arriveranno nuovi flussi di turisti. Pertanto se non ci adoperiamo ora, con la gestione di questi flussi, chiudendo i passi dolomitici, mettendo fine al lievitare di nuovi alberghi grazie ad una legge urbanistica che ponga dei veti, non riusciremo a venirne fuori», dice Costa.«Questa corsa alla montagna fa malissimo ai veri amanti della montagna che si disaffezionano per via dei problemi della mobilità, dell'inquinamento acustico. Con questo chaos della montagna non resta più nulla. Questa cosa non fa bene a noi autoctoni, qui lo sviluppo economico ha superato quello culturale, mentre noi dovremmo dare una direzione a questo sviluppo, prendere delle decisioni, avere il coraggio di scelte radicali» osserva Costa.In un post su Facebook il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico Cnsas, visto l'afflusso dei turisti chiede rispetto delle regole e propone un vademecum di comportamenti da tenere in montagna.

Trentino | 23 Agosto 2020

p. 33, segue dalla prima

L'assalto turistico d'agosto è un rischio per l'immagine

Bella, ma troppo... turistica! La Valle di Fassa rischia di seguire il destino del lago di Braies e delle Odle, luoghi d'incanto ma soffocati da un turismo asfissiante. Quest'anno l'emergenza sanitaria ha portato in montagna, specialmente nel mese di agosto, molti villeggianti. La stagione estiva è partita lenta, tra timori e titubanze. Poi l'assalto. «Non credo averla mai vista tanta gente» spiega Sabrina Lusuardi, residente a Tesero. Ammaliata dalle Dolomiti, trent'anni fa trova la montagna un luogo sacro: il culto della natura. Un amore a prima vista che l'ha spinta a risiedere e lavorare in Val di Fiemme. «Ovviamente gli operatori turistici, ossia albergatori, commercianti, ristoratori, sono soddisfatti di questa attenzione. Speravano in una bella estate e sono contentissima per loro», sottolinea.Ma c'è un problema. La gente è davvero molta e tra i "nuovi turisti" manca un minimo di cultura della montagna. Poca conoscenza dell'ambiente e quindi scarsa attenzione per i luoghi.«Molti credono semplicemente che la montagna sia un nuovo parco divertimenti, dove arrivare con la presunzione di poter far tutto. In Val di Fassa in questi giorni si sono viste scene incresciose, di persone incapaci di rispettare le elementari norme di educazione e sicurezza, lasciando nei boschi un sacco di schifezze. Ovvio che tutto si tramuterà in un ritorno in città con il ritornello di aver trovato una montagna piena di gente, di traffico, di persone senza mascherina, di boschi sporchi, di file chilometriche alle seggiovie o alle funivie».E questo è un vero peccato: una perdita d'immagine. Andrea Weiss, direttore Apt di Fassa, conferma che il mese di agosto ha visto e sta vedendo una concentrazione davvero notevole di turisti. «Credo che un apporto significativo - spiega - sia arrivato dalle seconde case, anche quelle chiuse da anni. Molti hanno scelto la montagna come luogo ideale dove trovare benessere, distanziamento e sicurezza. Se scorriamo le foto sui social constatiamo la presenza di molti giovani, forse per la prima volta a godere la montagna "estiva". Si tratta di una clientela disposta a salire in quota con navette e impianti e poco propensa a camminare. Tenendo conto delle limitazioni dettate dalla pandemia, è normale che si siano formate lunghe code, visto che gli impianti devono ridurre la capienza ai due terzi dei posti disponibili».Per Andrea Weiss l'estate 2020 sarà archiviata come una stagione di "passaggio", conseguenza di un evento che ha cambiato i ritmi di tutto il mondo.«Usciti dall'emergenza - continua il responsabile dell'Apt fassana - dovremo riprendere in mano temi strategici da anni in discussione, come quelli di rinunciare ai grandi numeri, selezionare la clientela, limitare il traffico con alternative di trasporto pubblico. Non ultimo, "spalmare" la presenza turistica in zone della Val di Fassa di indubbia bellezza, ma meno praticate. Penso, per esempio, alla Marmolada, oggi priva di impianti di risalita, e valli laterali, ottima alternativa alle zone del Catinaccio e del Sella ora sotto pressione».©RIPRODUZIONE RISERVATA

Alto Adige | 23 Agosto 2020

p. 23

Messner: Dolomiti, troppo caos

bolzano Quest'anno niente crociere, niente viaggi intercontinentali in aereo, niente villaggi turistici, il meno possibile in spiaggia e nelle città d'arte per via dei temuti sovraffollamenti. E allora in tantissimi, per la gran parte turisti del resto d'Italia, hanno scelto le montagne, specie le Dolomiti. Affollandosi sulle strade e in pochi luoghi celebri come non mai. Con la tripla conseguenza negativa di aver intasato le strade a livello impressionante, di aver aumentato lo stress loro e altrui e soprattutto di aver messo a rischio o addirittura vanificato il perseguimento dello scopo principe: salgo in quota dove c'è aria buona ed è più difficile che il virus circoli. Lo hanno evidenziato in tanti, a partire dal profilo Facebook nazionale del Soccorso alpino Cai. Lo conferma Reinhold Messner. «In certi luoghi tipo Braies o Carezza, siamo al limite estremo dell'affollamento, è il momento giusto per prendere delle decisioni a livello politico, per limitare il traffico sui passi».Gli hotspotQualche esempio: Carezza in queste settimane è uno dei luoghi del delirio. Code chilometriche sotto il lago, perché al parcheggio i posti sono a zero: tutti fermi in attesa che qualcuno esca. Il ponte tibetano che permette di raggiungere il lago dalla strada per malga Moser è un andirivieni su doppia fila, tutti appiccicati. Sulla piattaforma in riva per ammirare il panorama stanno almeno cento persone, ammassate, molte senza protezioni. Idem in quota: il sentiero dal rifugio

Paolina all'Aquila e a Roda di Vael è quasi impercorribile, fila in su, fila in giù, infradito e tacchi peggio del solito, pochi con la mascherina. È così ovunque. C'è gente che fa due ore e mezzo di coda per prendere la funivia del Ciampedìe a Vigo di Fassa, o impiega due ore per percorrere la strada fra Predazzo e Canazei. La foto più emblematica l'ha pubblicata il Cai: centinaia di persone in coda al Sass Pordoi, per ridiscendere a valle con la funivia. L'affondo di Michil Costa Messer suggerisce che i passi vengano chiusi al traffico per qualche ora al giorno e che siano istituiti bus navetta per permettere ai turisti di giungere in quota. Dello stesso avviso è anche l'albergatore Michil Costa di Corvara in Badia, che chiede ai responsabili politici di avere «il coraggio di scelte radicali». Per Costa il caos che si è venuto a creare nella zona dolomitica, dove l'afflusso di turisti ha superato ogni aspettativa, «è un'anticipazione di quello che succederà nel 2022. Perché alla fine di questa crisi, che durerà perlopiù un anno e mezzo, si cercherà di attrarre nuovi mercati, quello cinese e quello indiano, per esempio, e arriveranno nuovi flussi di turisti. Pertanto se non ci adoperiamo ora, con la gestione di questi flussi, chiudendo i passi dolomitici, mettendo fine al lievitare di nuovi alberghi grazie ad una legge urbanistica che ponga dei veti, non riusciremo a venirne fuori». Questa corsa alla montagna fa malissimo ai veri amanti delle vette che si disaffezionano per via dei problemi della mobilità, dell'inquinamento acustico e via dicendo. «Con questo caos della montagna non resta più nulla», conclude Costa. Il re degli OttomilaReinhold Messner ieri è tornato dalle Pale di San Martino, dove sta girando un film. «Due giorni fa ero al Sella, oggi al Rolle. Una situazione estrema. Capisco che la gente, specialmente in Italia, durante queste ferie di agosto provi a cercare posti liberi per perdersi in montagna, uno qui, due là, la famiglia nell'altra direzione. Dove salgono a piedi, si vede che si disperdono: malghe, sentieri, ghiaioni. Ma sulle strade è un problema. La situazione di adesso è causata dalla speranza della gente, che condivido, di poter trovare un po' di libertà, di spazio. Il fatto è però che stanno tutti di nuovo nei posti dove già prima c'era troppa gente». Braies, Carezza, i passi dolomitici, dove si moltiplicano gli assembramenti. «Ci si dovrà urgentemente mettere d'accordo», sostiene, «fra Bolzano, Trento e Belluno». Messner spera che l'anno prossimo il virus sarà battuto e che simili affollamenti non si ripresentino. «Penso che già a settembre il flusso si sarà fermato, la situazione si rovescerà, avremo troppo pochi turisti. I tedeschi vogliono stare a casa: spinti dalla politica rimangono sulle loro montagne. La stessa cosa vale per l'Austria». L'altroieri, racconta, al Sella tantissimi italiani, idem ieri al Rolle. «Lo ripeto: li capisco, sperano di trovare spazi di libertà, ma affollano gli hotspot. È il momento giusto perché la politica si renda conta e agisca ponendo regole, che dovranno esser messe in pratica da esperti di logistica; dobbiamo "tranquillizzare" questi posti. Ci vuole meno pressione, così c'è troppa aggressività, troppo rumore». Messner lo vede nei suoi musei: «Di solito gli italiani arrivavano al 40%, adesso sono il 90%. Pare che i pensionati germanici ora siano disposti a ritornare, spero in un settembre buono per il settore turistico. Ha sofferto tantissimo a fine inverno e inizio estate, con quasi zero income e tante spese».Il futuroQuest'inverno, dice ancora, si dovrà pensare di far salire meno gente sulle funivie, «d'altra parte sarebbe già legge adesso». La ricetta è spalmare geograficamente: «Bisogna dividere i nostri clienti su tutto l'areale dolomitico: Bolzano, Trento e Belluno. C'è posto per tutti. E non è detto che debba essere solo sci in pista. In tanti sono disposti a camminare, uscire all'aria aperta anche in inverno, a godersi un paesaggio innevato». Si dovrà cambiare anche la pubblicità, «tentando di dare a tutte le vallate la possibilità di sopravvivere con il turismo, che rimarrà la nostra base economica».Fondamentale però, ora e in inverno, è che «la gente segua le regole. Devo dire che ho visto gli italiani molto disciplinati: in albergo tutti mascherina a cena, tavoli divisi da metri e metri di distanza. In Germania rispettano molto meno le disposizioni. È molto strano, gli italiani sono disposti a seguire le regole, di solito vivono ai margini delle regole. Ho grande rispetto della disciplina vista nelle vallate».

Corriere delle Alpi | 23 Agosto 2020

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«Troppe auto sui passi» Montagne affollate. Messner: la politica intervenga

BOLZANO L’effetto Covid si ripercuote sulle località di montagna. Complici le restrizioni ai viaggi all’estero si sta assistendo ad un vero e proprio boom in località montane per molti anni trascurate dal turismo di massa. L’assalto dei turisti soprattutto nella zona delle Dolomiti ha raggiunto livelli mai visti prima. Il re degli ottomila, Reinhold Messner ( nella foto ) commenta: «La situazione è come ogni anno in piena estate, ma con un ulteriore aumento. Spero che questa sia l’occasione di prendere in mano la situazione. La politica deve prendere delle decisioni per il management dei flussi turistici, è una questione di organizzazione. È comprensibile che i turisti vogliano evadere dalle torride città per cercare degli spazi liberi, ma queste libertà vengono meno quando si formano lunghe code, quando non si trova parcheggio, perché ai passi non ci sono spazi di sosta. Attualmente sui passi Dolomitici — afferma Messner — si verifica un caos paragonabile al peggior ingorgo che si possa immaginare in una grande città. Intendiamoci — conclude — è un bene che gli alberghi siano pieni, ma ora la politica deve agire, perché l’afflusso di auto va arginato ».

Corriere delle Alpi | 24 Agosto 2020

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Super lavoro del Suem e del Soccorso alpino per turisti in difficoltà

belluno Week end di intenso lavoro per il personale del Suem e del Soccorso alpino. Attorno alle 15 di ieri il Soccorso alpino della Val di Zoldo è stato allertato per un escursionista romano che era scivolato sul greto del Rio Canedo, in località Mareson in Val di Zoldo, e aveva sbattuto la testa. Raggiunto da una squadra, l'uomo, M. F., 77 anni, di Fiumicino, è stato medicato e imbarellato a seguito del probabile trauma cranico rimediato nell'urto contro i sassi. Trasportato fino alla strada, è stato poi affidato ai sanitari dell'ambulanza per le prime cure urgenti e poi trasferito sull'elicottero del Suem atterrato a Pecol, che è decollato in direzione di Belluno, dove è stato sottoposto ad accertamenti. Alle 17.50 circa la Centrale del 118 è stata allertata da due escursionisti che avevano perso il sentiero rientrando verso i Piani di Pezzè, ad Alleghe. La coppia (R.P., 55 anni di Russi e F.Q., 52 anni, di Ravenna) era partita dai Piani di Pezzè, era arrivata al Col dei Baldi e poi al Belvedere, ma al momento di scendere lungo il sentiero numero 566 verso Fernazza e rientrare si erano smarriti. Una volta geolocalizzati, una squadra del Soccorso alpino di Alleghe è andata incontro ai due che nel frattempo avevano ritrovato il sentiero e lì ha riaccompagnati alla macchina. Alle 18.10 il 11 8 è stato contattato dal gestore di un albergo di Auronzo, avvertito da una comitiva di 10 persone bloccate dalla pioggia al Casone di Valsalega.Gli escursionisti hanno fatto sapere che 3 sarebbero scesi autonomamente e 7 avrebbero pernottato nella casera.Sabato sera, sei escursionisti ungheresi arrivati al Rifugio Coldai hanno dato l'allarme per una loro connazionale di cui non avevano più notizie; l'ultima volta l'avevano vista a 3mila metri in cima al Civetta. Il gruppo aveva completato la Ferrata degli Alleghesi e, all'altezza di Punta Tissi, la 41enne si era fermata affaticata. I compagni, anziché aspettarla, avevano proseguito scendendo al Torrani e ripartendo per il Coldai, dove lei non era però arrivata. L'elicottero del Suem ha quindi sorvolato la normale e il sentiero Tivan, mentre le squadre del Soccorso alpino della Val di Zoldo si distribuivano lungo i possibili percorsi intrapresi l'escursionista. I soccorritori si sono divisi sulle due valli che scendono verso Zoldo arrivando fino sotto l'attacco, per poi continuare verso una terza possibile zona prioritaria. Fortunatamente verso le 21.20 è arrivata la notizia che la donna era stata accompagnata al Rifugio Coldai da un escursionista. –

Corriere delle Alpi | 29 Agosto 2020

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Infradito, costume e maleducazione È la movida estiva della montagna

Francesco Dal Mas comelico superiore Anche l'ultima settimana di agosto è continuato l'assalto ai rifugi. Magari con le infradito ai piedi, anche là dove il sentiero ha scalini di sassi e roccia.Ecco, dunque, comparire al rifugio Berti, ai piedi del Popera, le ragazze in pantaloncini e reggiseno. Vicino c'è il lago, non così rinomato come quello del Sorapis, ma comunque adatto per prendere il sole in costume da bagno. I rifugisti hanno perso la pazienza e all'inizio di questa settimana si sono messaggiati tutto il loro malumore. Dal Comelico all'Altopiano di Asiago. «Sì, c'è troppa confusione», protesta Bruno Martini, gestore del Berti. «Pochi si mettono la mascherina all'ingresso e rispettano il distanziamento. Troppi i maleducati che insultano quando gli si dice di evitare l'assembramento. Arrivano mezzi svestiti e tali restano anche se le temperature scendono e arriva il temporale. Si fiondano sul vicino laghetto come fossero in spiaggia».È la movida dei laghi alpini. Martini è naturalmente soddisfatto dell'affluenza e in particolare delle consumazioni; l'ospitalità notturna, invece, si è ridotta ad un decimo. Mancano completamente gli stranieri. Un'assenza che pesa soprattutto sulle Alte Vie alpinistiche, come la numero 1 che parte dal rifugio Biella. «Non è facile arrivare quassù, ci vogliono più di due ore a piedi, e quindi», dice Silvia Salton, figlia di Guido, lo storico gestore, «non vi approda il popolo della movida. Però ci sono quelli che improvvisano. La cosa più curiosa sono coloro che sopraggiungono senza la suola degli scarponi. Almeno 40-50 a stagione. A casa recuperano i vecchi scarponi, abbandonati magari da decenni, li calzano senza verificarne la tenuta, e lungo il sentiero, che non è facile, si stacca qualche pezzo. A suo tempo ci eravamo attrezzati con scarponi a disposizione, ovviamente in vendita, ma c'era gente che li rifiutava: non piaceva il colore. Quest'estate ci limitiamo a fornire le stringhe da elettricista per tenere la suola». «No, quest'estate non ho visto escursioniste con i tacchetti ed i lustrini ai calzoni come l'anno scorso», confida dal rifugio Venezia, ai piedi del Pelmo, Barbara Feltrin. Ma è ugualmente una "furia". «Il collega che ha invocato l'esercito ha visto giusto», racconta. «L'altro giorno un avventore, così lo chiamo, che pranzava all'esterno, è entrato quattro volte in rifugio e tutte e quattro le volte senza mascherina. Ho perso la pazienza e l'ho cacciato. C'è anche chi protesta perché chiede (e non trova) i caffè o gli aperitivi che ha il bar di corso Italia a Cortina. Ieri una delle mie ragazze è stata quasi aggredita perché facciamo pagare l'acqua, peraltro secondo il prezzo Cai. Ma si sa che solo per il trasporto io consumo un treno di copertoni da mille euro l'estate?».Feltrin non "incolpa" tutti coloro che raggiungono il rifugio, la maggioranza è responsabile, ma ci sono elementi da... rimandare al mare.«Ieri, durante il temporale, una coppia in calzoncini e tshirt ha deciso di scendere, portandosi in testa la sola coperta che aveva nello zaino. Da incoscienti».Giorni fa sul Civetta era stata recuperata un'alpinista ungherese che sarebbe stata abbandonata dai compagni di ferrata perché era stanca e voleva riposarsi. «È falso», precisa Venturino De Bona, che gestisce il rifugio Torrani, il più alto delle Dolomiti, a 3000 metri. «Quella signora non era in compagnia, saliva da sola. Chi arrampica non abbandona nessuno. Semmai questo accade lungo un sentiero».Ma sul "nido d'aquila" del Civetta arrivano solo alpinisti responsabili? «I più sì, ma troppo spesso, soprattutto quest'estate, ci sono gli incoscienti che partono a mattina inoltrata, anche verso mezzogiorno. Arrivano nel pomeriggio inoltrato e qualcuno di loro magari vuole scendere dopo essersi fatto un tè. Un tentativo di suicidio».Davanti alle pareti del Civetta sta di guardia, come una sentinella, il rifugio Tissi con il suo gestore, Valter Bellenzier. «Come va? No, non è proprio il caso di lamentarsi. In giugno temevamo addirittura

di non aprire. Luglio e soprattutto agosto abbiamo fatto il pieno di italiani; certo, non a dormire».Ma in parete non si sono verificati incidenti, quindi non sono state prese d'assalto? «Come no? Due soli soccorsi, ma chi arrampica ha la testa sulle spalle. Sa che non può permettersi il minimo errore».Ci vogliono tre ore di salita per raggiungere il Tissi. Quassù, dunque, non approdano i ragazzi della movida.«Si fermano al laghetto Coldai. Ma se prendono il sole in costume, senza disturbare, perché non lasciarli fare?». E quassù al Tissi? «Qualcuno "rompe". Ha pretese d'albergo, soprattutto per dormire. Siamo alla guerra delle coperte. Ma sono pochi. I veri alpinisti si accontentano». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 29 Agosto 2020

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«Bisogna partire prestissimo per rientrare al pomeriggio»

BELLUNO Escursionisti sul Grappa recuperati dall'elisoccorso perché, senza scarpe adatte, non riuscivano a risalire la scarpata in cui erano scivolati. La famiglia sul Col Margherita che si attarda, cerca di rientrare a piedi a Falcade ma il padre sfinito non riesce a proseguire e si fa imbarcare dallo stesso elicottero. Sono due esempi di interventi del Cnsas, il Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico, che mostrano quanto meno l'impreparazione con cui si affrontano le alte quote. A Rio Gere gli addetti alla seggiovia certificano la quotidianità delle famiglie che salgono ai 2 mila metri del rifugio in ciabatte e pantaloncini corti. Magari nello zaino non hanno nemmeno una felpa o una giaccavento.L'improvvisazione è la regola per tanti neoescursionisti. Lo constatano Rodolfo Selenati, coordinatore regionale del Cnsas, e Alex Barattin, delegato provinciale bellunese. È il caso di ritornarci sopra perché, fortunatamente, la stagione dell'escursionismo sembra destinata ad andare avanti; i rifugi sono ancora pieni (a mezzogiorno, ben s'intende, di notte risultano mezzi vuoti). «Non ci sono solo coloro che salgono in rifugio a farsi lo spritz con l'infradito ai piedi perché "tanto vi arriva la seggiovia o la funivia"», osserva Barattin. «La maggior parte delle chiamate di soccorso avviene il pomeriggio perché si parte alle 11, si sale, ci si trova bene, si fanno i "quattro passi", quindi si prende tempo, spesso ci si inoltra in sentieri problematici e poi, ritenendosi attardati, si scende secondo l'intuito, magari tagliando i sentieri».La disavventura, in questo caso, è sempre in agguato. I bollettini del Cnsas e del 118 certificano che la leggerezza quest'estate è esplosa. I temporali del pomeriggio colpiscono spesso all'improvviso, in misura violenta, tanto da provocare frane e distacchi, come è accaduto sul versante comeliano del passo della Sentinella, irraggiungibile da questo versante. «È pericolosissimo trovarsi, in queste circostanze, all'interno di un canalone o lungo un ghiaione», afferma Barattin. «Bisogna salire la mattina presto e rientrare nel primissimo pomeriggio. L'escursione va pianificata e questo oggi non accade. Ci vuole un'ora per superare 250-300 metri di dislivello, percorso pari a due chilometri e mezzo, in salita ed in discesa. Ma di questo pochi tengono conto».Una preparazione maggiore viene dimostrata dagli alpinisti; pochi, infatti, gli interventi di soccorso. «Negli ultimi anni la responsabilità è visibilmente cresciuta», attesta Luca Dapoz, presidente delle guide alpine di Cortina. «Noi guide, per la verità, non abbiamo riscontrato comportamenti da movida tra gli escursionisti. Ne sono arrivati parecchi, tutti si sono concentrati sui siti più noti, ma dietro l'angolo c'erano ambienti altrettanto suggestivi, ancorché da scoprire».Il problema è stato rappresentato dai tempi delle uscite, secondo Dapoz: l'arrivo in zona, magari dopo lunghe ore di auto, avviene in tarda mattinata e dopo la salita a piedi per due o tre ore è ovvio che si rischia lo sfinimento. --fdm

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