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NOTIZIE DAI RIFUGI

Alto Adige | 22 luglio 2022

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L'idrologo: anche sulle Alpi la siccità sarà il «new normal»

Bolzano Solleone, temperature che sfiorano i 40 gradi. E non piove. Superata di nuovo, per la seconda volta, la soglia di attenzione dell'ozono. E da oggi, in città è allerta rossa per il caldo torrido. Ma questa estate rimarrà un caso isolato? «Gli studi indicano chiaramente che stagioni estive così siccitose saranno sempre più frequenti. Dovremo attrezzarci per potervi fare fronte». È la risposta fornita da Giacomo Bertoldi, ingegnere idrologo, ricercatore dell'istituto per l'ambiente alpino di Eurac, dove al riguardo esiste un nutrito team multidisciplinare. «Attualmente - racconta - sta terminando un progetto Interreg cui hanno partecipato vari paesi alpini. Siamo stati profeti sulla tematica della siccità alpina. Al momento, anche grazie all'osservatorio europeo, si sta scoprendo in maniera drammatica che la siccità non è un problema relegato alle regioni mediterranee, alle zone di pianura». Le ricerche«Nel report 2018 avevamo evidenziato proprio questo rischio». Quest'anno, c'è stata una combinazione di eventi. «Bisogna stare sempre molto attenti agli influssi del tempo sul clima: in questo caso un inverno secco e un'estate calda, una combinazione di eventi, una congiuntura meteo particolare. L'anno prossimo potremmo avere un'estate piovosissima». Gli studi, però, «dicono che situazioni come quella attuale diverranno sempre più frequenti».Per questo, prosegue, «dobbiamo prepararci a creare strumenti adatti a gestire questo tipo di eventi in maniera ottimale. Nei prossimi 50-100 anni questa sarà la nuova normalità». Quest'anno, precipitazioni molto inferiori alla media (circa -40%), poca neve in montagna, un'estate estremamente calda con temperature massime avviate in fondovalle verso i 40 gradi. «L'ondata siccitosa riguarda tutta l'Europa centrale e in particolare l'arco alpino, in maniera più acuta l'occidentale. In Alto Adige soffre la Venosta, un po' meno le Dolomiti, che hanno ricevuto un po' più di precipitazioni». Più vulnerabiliLe conseguenze più gravi da noi sono il rischio incendi e la scarsità idrica, che colpisce però soprattutto le zone a valle della nostra regione, le pianure venete e lombarde. Urge però chiarire un punto: «Quello che si nota non è che stia aumentando la frequenza della siccità, quanto piuttosto che gli eventi siccitosi si verificano con un clima più caldo e questo crea più problemi. Stiamo diventando più vulnerabili».Per tentar di risolvere? «Esistono vari strumenti», chiarisce Bertoldi, «sia tecnologici sia di coordinamento». Si possono «fare interventi tecnologici per rendere più efficiente l'irrigazione, misurando con precisione l'umidità del terreno. Possibile poi una serie di interventi per il risparmio idrico migliorando le reti, soprattutto in pianura padana, dove sono meno efficienti. Alcuni invasi potrebbero essere gestiti non solo per finalità idroelettriche ma anche per lo stoccaggio dell'acqua. Questo avrebbe naturalmente dei costi economici». Gli strumentiAnche perché le società idroelettriche, «per lo più private, sono restie a rilasciare quest'acqua, dal loro punto di vista non sfruttata in maniera ottimale». Sarà poi necessario realizzare nuovi invasi di stoccaggio, «ma questo avrà dei costi ambientali». Soluzioni legate ai cambiamenti climatici riguardano pure le tipologie di specie sfruttate in agricoltura. «Dovremo chiederci se abbia senso continuare a coltivare i meli da noi e il riso in pianura o se invece in futuro dovremo adattarci, introducendo specie meno bisognose di acqua; in questo senso si potrebbero per esempio cambiare le varietà di viti».Le competenzeUn problema concreto è poi rappresentato dal coordinamento delle competenze sull'acqua, oggi molto frammentate. Ogni Comune può emettere ordinanze per restringere l'uso dell'acqua, secondo modalità differenti. «Le decisioni non dovrebbero essere prese su base politica ma conoscitiva: misure, quantitativi. Si deve sapere se la tal misura crea effettivamente benefici o meno». Pure l'idroelettrico sta cominciando a studiare il problema. «Il settore idroelettrico è privato e tende a tenere le informazioni all'interno. Negli ultimi anni però come idrologo vedo che comincia a esserci consapevolezza. Si fanno studi sull'impatto climatico sul tal lago, se avrà così tanta acqua a disposizione o meno. Il mercato è molto orientato al profitto a breve termine, fanno fatica a programmare a lungo termine. Ma c'è un inizio di consapevolezza». DA.PA

Corriere della Sera | 16 luglio 2022

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Nevai esauriti, non c’è più acqua «A rischio chiusura un rifugio su 4»

di Andrea Pasqualetto Ha tenuto duro, ha resistito fino all’ultima goccia, dice, ma niente da fare: «Non c’è più acqua, chiudo». Stremato e deluso, Davide Gonella chiude lo storico rifugio che gestisce da vent’anni, abbarbicato fra le rocce del Monte Bianco a oltre tremila metri di quota. Un simbolo dell’alta montagna, un punto di riferimento per gli alpinisti, la sua passione. «Il nevaio si è estinto e la cisterna piange», spiega

con il tono di voce di chi sta per lasciare qualcosa di molto caro. Oggi è stato l’ultimo giorno di apertura, con due di anticipo rispetto alla data canonica. «Lo faccio anche per la sicurezza degli alpinisti». Vuole dire che oltre al problema dell’acqua c’è anche quello della via verso la vetta che deve fare i conti con il ghiaccio vivo e i crepacci sempre più aperti della calotta del Dôme, diventata una trappola. «Non ci prendiamo questa responsabilità». È l’ennesimo effetto del caldo anomalo che a suo parere avrà anche delle importanti ricadute ambientali: «Qui se ne vanno trenta centimetri di ghiaccio al giorno, è in corso una sconvolgimento orografico che cambierà la mappa della zona». L’infausta stagione del Gonella (il rifugio è intitolato all’alpinista Francesco, omonimo ma non parente del gestore) potrebbe non essere un caso isolato. «C’è il rischio che un rifugio su quattro possa chiudere i battenti prima del previsto», ha stimato Riccardo Giacomelli, presidente della Commissione Centrale Rifugi del Cai che gestisce oltre 300 strutture d’alta quota. Il problema è diffuso e attraversa l’intero arco alpino, dal Monte Bianco alle Dolomiti, toccando Valle D’Aosta, Piemonte, Trentino-Alto Adige e Veneto. Lo faccio per la sicurezza degli alpinisti Qui se ne vanno trenta centimetri di ghiaccio al giorno, è in corso uno scon-volgimento orografico che cambierà la mappa della zona Molti rifugisti stanno correndo ai ripari cercando di evitare con ogni mezzo il doloroso stop. «Tutti cercano di resistere, per orgoglio, per amore, per senso di responsabilità, perché il rifugio è sempre e comunque un presidio sul territorio che dovrebbe rimanere aperto. Cioè, si chiude quando si è disperati», spiega Osvaldo Marengo, che è stato direttore della Commissione rifugi del Cai di Torino. Di questa tenace resistenza ne sa qualcosa Livio Naldin, responsabile tecnico della Sat, la società degli alpinisti tridentini sotto il cui ombrello ricadono 34 presidi. Per lui sono giornate intense: «Sul campo la situazione è tragica... proprio adesso sto venendo giù dal rifugio Boè — spiega col fiatone mentre cammina sul sentiero dalle parti del Pordoi —. Sono andato a captare una nuova sorgente che però non butta più. Il rifugio ha ancora qualche scorta perché ha fatto degli accumuli ma non so quanto durerà». Non lo sa neppure Valentina, che gestisce la struttura con i genitori: «Difficile fare previsioni, di certo il problema c’è ed è grosso. Senz’acqua non possiamo rimanere neppure noi che ci lavoriamo». Spera in qualche temporale o in una sorgente alternativa da scovare fra queste crode arse dal sole. È la stessa speranza che accompagna le giornate del suo collega Mariano Lott del Rosetta, sull’altopiano delle Pale di San Martino, che si è organizzato così: «Io mi sono preso due cisterne, terminate queste me la farò portare con l’elicottero o con la funivia e dalla stazione d’arrivo con un tubo. Operazioni costose. Intanto ho messo i lavandini a stantuffo, quelli con il getto d’acqua di pochi secondi, e ho chiuso le docce...». Non va meglio sul fronte occidentale, dove Alessandro Tranchero del Quintino Sella al Monviso sta combattendo una battaglia su più fronti: quella dell’acqua per l’energia elettrica, quella economica di sopravvivenza e, assicura, anche quella etica per un’uso sostenibile della montagna: «Ci dobbiamo chiedere quale sia il limite da non superare. Anni fa eravamo partiti con l’energia pulita, quella idroelettrica che sembrava inesauribile, ma adesso è carente e i rifugi sono sempre più simili ad alberghi di città dove ne serve molta. Dobbiamo così bruciare gasolio che significa inquinare e questo diventa un problema». È combattuto fra il desiderio di restare fra le montagne che ama e quello di dare un senso etico alla sua attività. E mentre lui si pone domande esistenziali Aldo Turri del Dodici Apostoli, Dolomiti di Brenta, osserva con ansia il ghiacciaio di Prato Fiorito che è la sua fonte primaria: «Si sta sciogliendo l’ultimo pezzettino... ma forse sotto i sassi c’è ancora qualcosa. Speriamo».

Messaggero Veneto | 1 luglio 2022

p. 42, edizione Pordenone

Frana sulla strada, rifugio Pussa isolato Il Cai: «Impensabile perdere la stagione»

Giulia Sacchi Claut La strada che porta al rifugio Pussa, in Val Settimana, torna impraticabile a causa di una frana: la struttura, di proprietà del Cai di Claut, è isolata. «Mercoledì in Val Settimana sono caduti ben 213 millimetri di pioggia in mezza giornata - ha riferito il Cai clautano . La strada per il rifugio Pussa è nuovamente interrotta e chiusa. Dopo la tempesta Vaia del 2018, la viabilità era stata finalmente riaperta a luglio 2021. Siamo preoccupati che pure questa stagione possa essere compromessa, anche se al momento non si conoscono i danni effettivi».Il Pussa, che si trova a 960 metri di quota, è ubicato al termine della Val Settimana in Comune di Claut, all'interno del Parco naturale delle Dolomiti friulane. A breve distanza c'è la sorgente solforosa-magnesica cha ha dato il nome alla località. Nei giorni scorsi, il Cai aveva annunciato di essere alla ricerca di un nuovo gestore per stagione estiva 2023. Quello attualmente in attività terminerà il suo incarico a ottobre.Nel 2018, le precipitazioni di ottobre, che avevano provocato ingenti danni in tutto il Friuli, avevano causato in Alta Valcellina anche l'interruzione della viabilità di accesso alle vallate principali (strade comunali) e la parziale distruzione del patrimonio boschivo e della rete dei sentieri. La Val Settimana, una delle più importanti del Parco delle Dolomiti Friulane, assieme alla parallela Val Cimoliana, era impraticabile per una lunga serie di frane e smottamenti.Il Cai di Claut anche allora aveva lanciato un appello, ricordando che «l'apertura della strada è fondamentale per garantire varie attività: in valle sono situate numerose malghe e stalle, che svolgono un'importante attività zootecnica, la viabilità è indispensabile anche per l'utilizzo dei boschi e la cura dei prati, funzioni più che mai necessarie anche per il recupero e il riutilizzo del materiale legnoso abbattuto dal maltempo e che se non prontamente esboscato verrà completamente perso. L'apertura della strada è inoltre fondamentale perché questa valle non perda quel turismo di montagna assicurato anche dal rifugio Pussa, in posizione strategica a cavallo della Val Cellina e della Val Tagliamento,

importante punto di appoggio per quanti si addentrano nel Parco, nonché essenziale punto di collegamento per le traversate verso la Val Cimoliana, verso le valli dell'alto Tagliamento e verso la val di Giere e i canali di Meduna». Ora il nuovo appello a intervenire. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 11 luglio 2022

p. 18

I rifugi sentinelle di legalità alleanza ad alta quota tra Libera Veneto e Agrav

L'iniziativa Francesco Dal Mas Dai rifugi alpini "sentinelle del clima" ai rifugi "sentinelle anti mafia". O anti 'ndrangheta, anti camorra. Insomma, sentinelle della legalità, o, se preferiamo, tutori della "Montagna libera". Lo conferma, appunto, il protocollo d'intesa "Montagna Libera" che sarà sottoscritto giovedì in Cansiglio tra il Coordinamento di Libera del Veneto e Agrav, l'Associazione dei gestori dei rifugi alpini del Veneto. Appuntamento alle 10 al rifugio Vallorch, nella foresta del Cansiglio.Il protocollo mira a realizzare iniziative in collaborazione tra le due associazioni favorendo occasioni d'incontro e percorsi educativi aventi per tema la legalità, la responsabilità civica e il rispetto dell'ambiente, con particolare riferimento a quello delicato dell'alta montagna, a vantaggio delle persone frequentanti i rifugi alpini del Veneto. Alla cerimonia parteciperanno l'onorevole Rosy Bindi, già presidente della Commissione parlamentare Antimafia, e Alfio Curcio della cooperativa sociale "Beppe Montana" di Libera Terra. Per Agrav sarà presente il presidente Mario Fiorentini. Le firme saranno di Marco Lombardo, referente Associazione Libera del Veneto, e di Fiorentini.«Il nostro intento è di promuovere la cultura della legalità anche sulle terre più alte. Se ci preoccupano le valli per li sviluppi della criminalità al traino delle grandi opere pubbliche, compresi taluni cantieri prima dei Mondiali e poi delle Olimpiadi (ma per nostra fortuna la vigilanza delle forze dell'ordine è somma), siamo non meno allarmati della prospettiva dello sviluppo turistico», afferma Pier Mario Fop, leader di Libera nel Bellunese. «Quando si vuol portare in quota un numero sempre maggiore di turisti, magari moltiplicando gli impianti, progettando nuovi alberghi, trasformando i rifugi alpini in confortevoli salotti, la trasparenza si opacizza e gli interessi si oppongo radicalmente a quelli della "montagna libera", per tutti». Sono recenti le denunce di Gianandrea Mencini, autore di "Pascoli di carta", in cui ha dimostrato che la criminalità organizzata ha messo le mani perfino sugli alpeggi, da quelli dell'Alpago a quelli della Val Fiorentina. «L'ingente quantità di risorse messa in campo dalla Comunità europea per il settore agricolo», è solito spiegare il giornalista, «ha generato una speculazione che inquina il settore montano dove spesso si intrecciano azioni scorrette, false dichiarazioni, animali "figuranti", pratiche di compravendita di alpeggi al limite della legalità. Un meccanismo per far salire il prezzo degli affitti dei pascoli e che, fra mancanza di controlli, creazione di società fittizie e truffe reiterate, danneggia la montagna». È ovvio che i rifugisti non potranno fungere da carabinieri forestali, «ma», assicura Fiorentini, «ci prenderemo cura dei nostri territori come fossero il giardino di casa nostra. Non potremmo non denunciare gli intrusi». Intrusi non solo sul piano malavitoso, ma anche in altri settori. «È evidente che, occupandoci di trasparenza e di giustizia ambientale e quindi sociale», afferma Fop, «non potremmo non denunciare ciò che di poco rispetto viene operato contro l'ambiente, con le manipolazioni più o meno sofisticate, più o meno abusive».Ecco perché, fra l'altro, Libera costituirà in autunno, in provincia, altri tre presidi. «L'accordo prevede anche la promozione dei prodotti delle cooperative sociali di Libera Terra, nate sui terreni confiscati alle mafie, informando i gestori sulle modalità di acquisto degli stessi perché possano presentarli e utilizzarli nei rifugi alpini», fa sapere Fiorentini. Rifugi che già quest'estate daranno ospitalità a dei "Filò", cioè ad incontri informali, per una sempre maggiore informazione sugli argomenti che motivano la difesa più strenua delle terre alte. «Senza ideologismi», precisa Fop, «prendendo a prestito le raccomandazioni del fondatore di Libera don Ciotti a Modena e tenendo conto della complessità». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Messaggero Veneto | 14 luglio 2022

p. 48, edizione Pordenone

«Sistemare la strada costa troppo L'abbiamo fatto per anni, basta»

Fabiano Filippin ERTO E CASSO Un rimpallo continuo di competenze e di uffici, le stagioni che trascorrono inesorabilmente, nel frattempo i titolari del rifugio escursionistico Cava Buscada si trovano costretti a provvedere di tasca loro alla manutenzione dell'unico accesso all'ex cava. «Non ne possiamo più, le spese ormai sono diventate insostenibili, ma nessun ente si vuole prendere in carico la gestione della strada», affermano Giampietro e Roberta Corona.AREA STORICAQuindici anni fa i due titolari del rifugio hanno acquistato la storica area di scavo di Erto. Da qualche anno sono costretti a sistemare quotidianamente i cinque chilometri di itinerario che si inerpicano sino a 29

Buscada, dal 2010 ufficialmente museo dell'arte mineraria con annesso ristoro. Se non fosse per loro il tracciato sterrato sarebbe impraticabile, complici le intemperie e il dissesto dovuto al traffico di mezzi pesanti che a più riprese hanno percorso la strada nel passato. «In zona sono transitati camion e macchine operatrici per operazioni di disboscamento e di regimazione idraulica ma nessuno ha provveduto al successivo ripristino dei luoghi - sottolineano i Corona - . Abbiamo interpellato il Comune di Erto e Casso, la Regione, il Parco naturale delle Dolomiti friulane e la Forestale». Non vi è certezza su chi sia il proprietario del tracciato, osservano, oltretutto necessario per consentire eventuali soccorsi in quota (due gli interventi d'emergenza nel solo week end da poco trascorso). «Da anni chiediamo che qualcuno assuma formalmente la gestione dell'infrastruttura, ma non riceviamo riscontri ufficiali - specificano - . In attesa, siamo costretti a farcene carico, con esborsi da migliaia di euro ogni volta».APPELLO ALLA REGIONELa pista originaria risale agli anni Cinquanta. Era stata allargata dalla Regione nel 1976. Una buona parte, cioè tre chilometri e mezzo, si snoda su terreni del Comune, m anche l'ente locale sembra non interessato a farsi avanti. Tanto che ora i Corona si appellano all'assessore regionale Stefano Zannier perché sbrogli la matassa burocratica. Da Buscada si gode di una panoramica unica sulla Val Vajont. Da qui si raggiunge anche il rifugio Maniago. Grazie alla famiglia di Erto è stato possibile salvare dall'oblio una pagina della storia industriale ancora poco conosciuta (in zona si estraeva il pregiato marmo rosso).PROBLEMI ECONOMICI«A parole tutti vogliono aiutare la montagna, nei fatti non è così - commentano amareggiati Giampietro e Roberta - . Un cantiere forestale ha divelto le tabelle di indicazione della nostra attività e abbiamo dovuto riinstallarle. Se piove più del solito dobbiamo subito intervenire sul tratto stradale per evitare problemi alle navette che organizziamo con il fondovalle. È dura continuare così. Non sappiamo ancora per quanto potremmo resistere e non solo dal punto di vista economico». --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 15 luglio 2022

p. 18

Bindi: «Basta soldi per le Olimpiadi La semplificazione favorisce la malavita»

Francesco Dal Mas BELLUNO I mafiosi? «Sono i nuovi ladri di democrazia, di bellezza, di giustizia». Parole di Rosi Bindi, già presidente della Commissione parlamentare antimafia. «Sì, la mafia esiste anche a casa nostra. Non ce ne accorgiamo perché ha una straordinaria capacità camaleontica di adeguarsi. La sua forza sta nella complicità di professionisti e di imprenditori che si sentono sollevati dal rispetto delle regole, delle leggi» . E dunque? Dunque dobbiamo aprire bene gli occhi - è l'insistenza di Bindi - sulla gestione dei fondi per le Olimpiadi, ma anche dei tanti miliardi del Pnrr.L'ex parlamentare, che trascorre dei periodi di vacanza in Cadore, pur facendo capire di non essere contraria ai Giochi, rilancia le tante perplessità sulle opere olimpiche. Condivide in particolare i dubbi sulla cosiddetta semplificazione, cioè sulle scorciatoie autorizzative per rendere più rapidi i cantieri. «C'è una corsa all'escalation, esattamente come accade per la guerra: io sono contraria alla richiesta di ricorrere a norme straordinarie. E al tempo stesso vorrei un uso più corretto delle risorse».Siamo in Pian Cansiglio. L'associazione "Libera" e Agrav, il coordinamento regionale dei rifugi alpini, sono ospiti del rifugio Vallorch per sottoscrivere un protocollo d'intesa sulla cultura antimafia, da promuovere anche alle quote più alte. Questo rifugio che s'affaccia sulla piana, nel 2017 ha subito un incendio. Gli hanno dato fuoco alla legnaia e le fiamme sono finite anche sull'immobile, Tre anni di sospensione dell'attività, per recuperare la struttura da parte della proprietà, Veneto Agricoltura. Un attentato "mafioso" anche in questo caso? Pare di sì. Ecco, dunque, motivata la scelta di Libera e di Agrav. Ma torniamo ai Giochi del 2026. "Libera Cadore" si è già pronunciata sulla pista di bob, sul villaggio olimpico e su altre opere, condividendo con altre associazioni la preoccupazione per l'iter autorizzativo troppo semplificato. Puntualizza Bindi: «Nelle Dolomiti vive la contraddizione tra la forza di queste montagne e la loro fragilità, tra il senso di perennità, di eternità che manifestano e lo sbriciolamento, quasi tra le mani, di queste crode. Vogliamo tenerlo presente nei lavori che andiamo a fare? Oppure ci comportiamo come padroni, anziché come custodi del Creato? Dobbiamo trovare una sintesi e un equilibrio, anche in questi lavori olimpici, per evitare la devastazione di tanta bellezza».Ascolta e poi interviene anche Gian Candido De Martin, professore emerito della Luiss di diritto costituzionale e per lunghi anni presidente della Magnifica Comunità del Cadore. Concorda anche lui che sulla semplificazione bisognerà stare molto attenti. «C'è una semplificazione auspicabile, quella che risponde ad esigenze di legalità e di giustizia, ma», sottolinea con forza, «c'è una semplificazione del tutto negativa, quella orientata a eliminare le procedure e a non garantire la necessaria trasparenza». Per De Martin, la trasparenza è un obiettivo ineliminabile sia per le procedure delle opere olimpiche, sia per la cantierizzazione del Pnrr. Ancora Bindi: gravissima a suo avviso la sospensione delle regole sugli appalti.Al rifugio Vallorch ha voluto essere presente anche il colonnello Michele Di Cosmo, comandante dei carabinieri forestali e per la biodiversità di Vittorio Veneto, con giurisdizione anche sulla provincia di Belluno. Porta la sua esperienza soprattutto sul piano della formazione, come appunto Libera e Agrav intendono promuovere. Poi, a margine dell'incontro, ci confida che «la mia preoccupazione principale, per quanto riguarda l'ambiente, è l'occupazione eccessiva del territorio. Occupazione intesa come costruzioni ed impianti». Secondo il comandante, bisognerebbe «non consumare ulteriori terreni» per cementificare, ma recuperare i volumi già costruiti e magari abbandonati, come tante case in provincia 30

di Belluno.Ma c'è una seconda preoccupazione che il colonnello Di Cosmo intende sottolineare: è quella dell'overtourism, cioè della pressione turistica che in maniera eccessiva si crea in determinati siti. Dovrebbe preoccuparsene in modo più equilibrato la promozione turistica. In questo modo i carabinieri forestali lanciano anche messaggi in vista dei grandi eventi olimpici. --© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 15 luglio 2022

p. 18

I rifugi diventano presìdi di legalità Siglato l'accordo Libera-Agrav

Il protocollo I filò antimafia nei rifugi alpini. Dove saranno anche venduti i prodotti, pardon i "beni" delle terre confiscate ai mafiosi. È quanto prevede il protocollo sottoscritto ieri in Pian Cansiglio da Marco Lombardo e Pier Mario Fop di Libera e da Mario Fiorentini, gestore del "Città di Fiume" e presidente dell'Associazione Rifugi alpini del Veneto. Anzi, in calce al protocollo c'è pure la firma di Rosi Bindi, già presidente della Commissione Parlamentare Antimafia. Libera Cadore, che tra i suoi aderenti ha anche la cadorina Bindi, ha ottenuto la disponibilità di numerosi rifugi a creare un angolo dove l'escursionista potrà trovare materiale di Libera e alimenti prodotti dalla cooperativa sociale "Beppe Montana" di "Libera terra", in Sicilia."Montagna libera" è il titolo del protocollo, che è tutto un programma. «Vogliamo realizzare insieme», hanno spiegato Fop e Fiorentini, «occasioni d'incontro e percorsi educativi che hanno per tema la legalità, anzi la giustizia, la responsabilità civica e il rispetto dell'ambiente, con particolare riferimento a quello delicato dell'alta montagna, a vantaggio delle persone frequentanti i rifugi alpini del Veneto».«Quando si arriva in un rifugio e ci si ferma magari a riposare, si ha tutto il tempo di riflettere. Anzi, l'ambiente induce alla riflessione. E magari anche a chiedersi come si possa salvaguardare, quindi difendere tutta questa bellezza che ci circonda», hanno condiviso ancora Fop e Fiorentini.Alfio Curcio, responsabile della Cooperativa "Beppe Montana" ha portato dalla Sicilia la pasta bio, «la migliore al mondo», come l'ha definita Rosi Bindi, e alcune bevande bio, prodotte grazie agli agrumeti che la coop coltiva. L'accordo prevede infatti la promozione dei prodotti delle cooperative sociali di Libera Terra, nate sui terreni confiscati alle mafie, informando i gestori sulle modalità di acquisto degli stessi perché possano presentarli ed utilizzarli nei rifugi alpini. Nel corso dell'incontro, svoltosi all'aperto, a monte dei pascoli del Cansiglio, si è denunciato che purtroppo ci sono ancora terreni e immobili per un valore complessivo di 25 miliardi da sbloccare. E al tempo stesso si è denunciato che la disponibilità di questi beni avviene troppo lentamente e senza fondi per rigenerarli. È un problema che riguarda solo la Sicilia ed il Sud? Assolutamente no. Sequestri per sospetta mafia sono avvenuti anche a Cortina e più in generale nel Veneto.Sempre nel corso del convegno c'è stato chi, come Giancandido de Martin, già presidente della Magnifica Comunità del Cadore, ha auspicato, anzi raccomandato che si cambino stili di vita, in particolare nei confronti dell'ambiente e dell'uso che se ne fa, uso troppo aggressivo, fino all'abuso. I rifugi alpini possono essere i laboratori ideali di questa nuova cultura. --fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’Adige | 24 luglio 2022

p. 14

Temporali lunedì notte. Poi temperature in calo. Ieri nubifragio in Val Canali

«Un po' di acqua dal cielo scenderà nella notte tra lunedì e martedì, ma senza eventi estremi come la grandine. E, a partire da martedì, le temperature torneranno "normali", abbassandosi di quasi una decina di gradi. Non farà fresco, semplicemente si tornerà in linea con il periodo, passando dai quasi 40 gradi ai poco più di 30». A spiegarlo è Giacomo Poletti, nostro collaboratore, ed appassionato meteorologo. Insomma, due buone notizie (un po' di pioggia e una po' meno caldo), ma domani - lunedì - si potrebbero raggiungere le temperature record, soprattutto in quota.Ma intanto c'è già chi ha sperimentato la pazzia del tempo in queste ore. Ieri la Val Canali, a San Martino di Castrozza, è stata colpita da un nubifragio improvviso. È stata danneggiata la strada che porta ai parcheggi del rifugio Treviso. Per il resto nessun altro danno. Ma intanto il resto del Trentino boccheggia. Già ieri abbiamo toccato i massimi di temperatura in Trentino, dopo che venerdì i picchi fra le stazioni di Meteotrentino sono stati a Rovereto 38.8°, a Trento Galilei 37.6° e ad Aldeno e Levico 37.4°. Poletti torna sulla tanto attesa pioggia, che si spera possa aiutare in agricoltura, per pulire l'aria e per aiutare contro la siccità. «La pioggia? Penso che fra lunedì 25 e martedì 26 avremo i primi temporali, una passata più ampia è probabile proprio martedì, da monitorare. A seguire sembra esserci un nuovo miglioramento, ma restano buone possibilità per un altro passaggio temporalesco sabato 30». Poletti, nel suo seguitissimo bollettino meteo su Facebook, riporta poi una curiosità. «La temperatura di rugiada (o dew point in inglese, cioè la temperatura alla quale raffreddando l'aria si avrebbe condensazione con formazione di nuvole o appunto di 31

rugiada) è molto importante per capire quanto è sopportabile il caldo. Se l'aria è secca, infatti, il nostro sudore evapora bene togliendo calore alla pelle e il dew point è molto più basso della temperatura dell'aria: si parla in quel caso di caldo torrido, più sopportabile. È il caso di venerdì, con le temperature di rugiada fra i 15° e i 17°, per fortuna non ancora elevatissime probabilmente in virtù del gran secco attuale. In caso di aria più umida si parla invece di caldo afoso: in questo caso il dew point cresce e se supera i 20° la sensazione di afa è notevole». Va avanti, intanto, l'allerta della Protezione civile del Trentino per temperature elevate, alla luce delle previsioni di Meteotrentino. Fino a domani, le temperature saranno molto sopra la media a tutte le quote. «Lo zero termico in libera atmosfera supererà i 4.500 metri; in molte zone dei fondovalle a bassa quota le temperature massime supereranno i 35 gradi centigradi e le minime non scenderanno sotto i 20 gradi (notti tropicali)». «Nei bassi strati, nelle ore più calde, sarà probabile l'aumento della concentrazione di ozono», si legge nell'avviso che porta la firma dell'ingegner Mauro Gaddo, direttore dell'Ufficio previsioni e pianificazione della Provincia autonoma di Trento.

L’Adige | 25 luglio 2022

p. 9

Il rifugista: mai vista una cosa così

Il giorno dopo, la Val Canali si lecca le ferite.Il violento temporale che, con due distinti acquazzoni nel giro di meno di due ore, nel tardo pomeriggio ha investito la zona, ha causato numerosi danni, soprattutto ai sentieri che salgono verso il rifugio Treviso e - sull'altro versante - verso il bivacco Minazio.«Mai vista una cosa del genere in tanti anni», ha raccontato il gestore del rifugio Treviso Tullio Simoni: «Soprattutto dal punto di vista dell'intensità in un così ristretto periodo di tempo».Una beffa, tra l'altro, oltre ai danni, perché questo tipo di precipitazioni serve a ben poco nel contrastare la siccità dato che il terreno non ha il tempo di assorbire quanto arriva dal cielo, con l'acqua che devasta senza lasciare in dote neppure i propri benefici.«Ed è andata anche bene», ha spiegato il sindaco del Comune di Primiero San Martino Daniele Depaoli: il ponte all'altezza del Cant del Gal è stato messo a dura prova ancora più che in altre occasioni. Se il secondo temporale fosse proseguito per un'altra decina di minuti la situazione avrebbe potuto diventare ancora più critica di quanto già non sia successo».Ieri, all'alba, Tullio Simoni ha dovuto ricorrere all'impiego di un piccolo escavatore e di alcuni collaboratori per risistemare il sentiero permettendo così agli escursionisti di raggiungere il Treviso, mentre sempre nel corso della mattinata sono state ultimate le operazioni di sgombero del materiale che ha travolto alcune delle auto in sosta, l'altro ieri pomeriggio.Paura, poi per un gruppo di escursionisti che proprio l'altro ieri erano stati visti nei pressi del torrente Canali nel momento più critico. Era stato mobilitato il Soccorso alpino, con sei operatori della Stazione del Primiero che hanno assistito una quindicina di escursionisti, che dovevano scendere a valle dopo il temporale, ad affrontare i tratti del sentiero fortemente danneggiati dal temporale e dal torrente ingrossato. Tutti gli escursionisti sono quindi rientrati a valle illesi. Intorno alle 20 è stato inviato sul posto anche l'elicottero per effettuare un sorvolo sull'area del rifugio Treviso, del bivacco Minazio, della Val Canali e del rifugio Pradidali per accertarsi che nessun altro escursionista avesse bisogno di aiuto. Nessuna persona è stata trovata in difficoltà. Le operazioni di soccorso alpino si sono concluse intorno alle 21, mentre sono proseguite le attività dei Vigili del Fuoco per la messa in sicurezza della zona. Anche ieri il Soccorso alpino ha assistito numerosi escursionisti. Tre gli interventi principali: intorno alle 11.05 è stato soccorso un 40enne roveretano in difficoltà sulla ferrata Bolver Lugli (gruppo Pale di San Martino). Poco prima delle 11.30 nel gruppo del Carega, nei pressi del sentiero attrezzato Pojesi, verso cima Tibet, dove un escursionista ha perso la via, incrodandosi in una zona molto esposta, privo di assicurazione. Altro intervento in ferrata sulle Dolomiti di Brenta, lungo il sentiero attrezzato Vidi per un escursionista in difficoltà e impaurito.

Alto Adige | 30 luglio 2022

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Una legge per interventi sui rifugi alpini

BOLZANO L'assessore provinciale Bessone ha ufficializzato con una legge la collaborazione con Cai e Alpenverein per costruire e ristrutturare i rifugi in maniera sostenibile nel rispetto della montagna. La proposta di legge è stata approvata con 28 voti a favore e due astensioni. Nella nuova legge viene inserito, rispetto al testo del 1987, l'articolo 15 bis riguardante i "Rifugi di proprietà provinciale". «Con questo articolo - ha spiegato l'assessore Bessone - vogliamo dare un'ufficialità ed un forte peso istituzionale alla collaborazione con le due associazioni alpinistiche. E' prevista l'istituzione di un gruppo di esperti con i presidenti di Cai e Avs. La commissione dovrà definire il fabbisogno di investimenti, manutenzione e le relative priorità d'intervento dei rifugi alpini di proprietà provinciale. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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