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INTERVISTE E EDITORIALI

illustrato il risultato di due anni di lavoro. «In questo ultimo anno gli interventi di soccorso sono aumentati in modo esponenziale, sicuramente dopo il "liberi tutti" seguito ai lunghi periodi di lockdown», sottolinea ancora Selenati, «spesso molti di questi interventi sono dovuti alla scarsa preparazione, alla superficialità o all'inadeguatezza dell'equipaggiamento». Ecco perché i destinatari del progetto sono tutti i frequentatori delle terre alte, in special modo i bambini e i ragazzi. Si tratta di strumenti diversi. Per gli adulti brochure cartacee con i suggerimenti per inverno ed estate; per i bambini delle scuole primarie le piccole regole estate/inverno e un corto di animazione; per i ragazzi delle medie e superiori, due corti di animazione per estate e inverno. Il Soccorso alpino ha inoltre realizzato appositi gadget, dai nuovi adesivi, ai buff con le mascotte Pino Volp e Salva Rech. In due libretti, uno per l'estate e uno per l'inverno, di facile comprensione e di immediata fruibilità - formato cartine Tabacco - vengono riassunti tutta una serie di consigli. Per i bambini, altre guide e un video da poter utilizzare in modo interattivo durante le eventuali lezioni a scuola. Questa sarà la seconda estate dopo i blocchi Covid. L'anno scorso, malgrado mesi di chiusura, si è registrato il più alto numero di interventi, ricorda Alex Barattin, delegato provinciale del Cnsas. «Una dimostrazione di quanto sia necessario operare non solo dal punto di vista tecnico del soccorso, ma anche da quello didattico». Il progetto non si fermerà a questa prima realizzazione. «Sarà costantemente aggiornato», precisa Barattin, «valutando quali saranno di volta in volta le priorità, adattandolo ai diversi linguaggi dell'informazione e utilizzando i mezzi che riterremo più adatti per raggiungere la più vasta platea possibile. Ovviamente il nostro primo obiettivo saranno sempre i più giovani». Dal 5x1000 sono stati destinati a "Una montagna di sicurezza" 40mila euro, cui si sono aggiunti 5mila euro raccolti da Karpos.

L’Adige | 4 Maggio 2021 p. 39, segue dalla prima

Agricoltore, un custode del territorio

Il 17 Novembre 2020 è stato presentato al Senato della Repubblica, su iniziativa di alcuni Senatori, un Disegno di Legge (n. 2023) recante disposizioni in materia di: «Riconoscimento della figura di agricoltore custode dell'ambiente e del territorio». Si tratta, a mio avviso, di un'iniziativa molto importante, avvertita da tempo, che trova in regioni alpine transfrontaliere come la Svizzera esempi consolidati. Un modo concreto e pragmatico di promuovere la tutela attiva dell'ambiente da parte dei portatori di interesse del territorio. I veri «costruttori di paesaggio» alpino, spesso inconsapevoli dell'importanza della loro funzione, sono proprio gli agricoltori di montagna. Più di tante enunciazioni astratte e ideologiche di matrice cittadina, gli agricoltori sono attori e protagonisti della cura dell'ambiente e del paesaggio. Sono garanti di un presidio che, se attuato con una nuova consapevolezza di ruolo, può portare al conseguimento di risultati eccellenti nel governo del territorio. Nel vicino Südtirol/Alto Adige questa consapevolezza è presente da sempre in termini di identificazione culturale o, se vogliamo dirlo con un termine ormai superato, etnica. La Federazione degli agricoltori - nonostante che i sudtirolesi, con una punta di orgoglio, preferiscano definirsi «contadini» (parola dal pregnante significato artigianale più che industriale) - da molti anni interagisce con il mondo del turismo e dell'ambiente in vista del mantenimento e della cura del paesaggio rurale. La parola tedesca «Bauer» (contadino) richiama, nell'etimologia, il significato di «costruzione» (Bau). Ed il paesaggio agrario è proprio una costruzione colturale/culturale. Se si eccettuano gli spazi selvaggi delle fasce di alta montagna, tutto il restante territorio alpino è stato segnato, nel corso della storia, dall'azione dissodante dei contadini. Campi, prati, prati-pascoli, boschi coltivati, terrazzamenti con muri a secco, sono ancora oggi da ammirare laddove gli agricoltori sono presenti. La distinzione, per niente capziosa e bizantina fra «agricoltore» e «contadino», aiuta a tracciare una qualche differenza fra pratiche intensive, proprie dell'agroindustria della pianura, e pratiche estensive o semi-intensive dell'agricoltura di montagna. Quando si attribuisce alla figura dell'agricoltore il ruolo di «custode dell'ambiente e del territorio», come indicato nella recente proposta di legge, non si deve intendere l'agricoltore alla stregua del «giardiniere della montagna». In passato si è discusso molto sull'interpretazione da dare a questa figura. La linea prevalente tendeva a fare del contadino una sorta di incaricato dall'Ente pubblico a gestire in forma assistita il territorio montano. Questa soluzione non è certamente la più idonea a far vivere la montagna in quanto tende a cristallizzare il paesaggio in forme stereotipate e secondo una logica assistenzialistica. Valorizzare l'agricoltura di montagna anche in chiave culturale, paesaggistica, ambientale, non esclusivamente produttivistica, non vuol dire farne un settore puramente assistito. Il bello estetico non è disgiunto dal valore funzionale. Al contrario, se vogliamo fare dell'agricoltura alpina un qualcosa di vivo e di identificativo di un territorio e non un mero oggetto museale, l'agricoltore di montagna deve trarre vantaggio economico dalla propria attività, ricavarne un profitto da reinvestire in nuove attività, porre l'agricoltura di montagna nelle condizioni di sostenersi pur con i necessari aiuti.Certamente taluni eccessi di monocoltura presenti anche in Trentino vanno ripensati nell'ottica della biodiversità naturale e culturale. È recente la proposta di reintrodurre la vite in Val di Non, utile a creare una qualche discontinuità rispetto alla pomicoltura. Oltre che una forma di tutela dai rischi di possibili crisi di mercato, anche il paesaggio ne beneficerebbe. Nel disegno di legge menzionato, peraltro ancora piuttosto sconosciuto, viene colta l'importanza della funzione di custodia territoriale svolta dall'agricoltore. Questa funzione di custodia vale soprattutto per i territori di montagna più che per quelli di pianura. Il professor Luca Battaglini del Dipartimento di Scienze agrarie, forestali, alimentari dell'Università di Torino, estendendo la riflessione anche al mondo degli allevatori e dei pastori da lui definiti «ambasciatori del paesaggio», ritiene giustamente che le piccole aziende agricole di montagna costituiscano una riserva di valori non

solo produttivi ma che vanno dalla vera protezione dell'ambiente e della biodiversità alla cultura. Vediamo allora, nello specifico, alcuni riferimenti del testo di legge. Nei cinque articoli che compongono il dispositivo troviamo richiamati concetti importanti che sottolineano come l'agricoltore-custode: «concorre alla protezione del territorio dagli effetti dell'abbandono delle attività agricole e dello svuotamento dei piccoli insediamenti urbani e centri rurali» (art. 1) «alla manutenzione del territorio attraverso attività di sistemazione, di salvaguardia del paesaggio agrario, montano e forestale e di pulizia del sottobosco, della cura dell'assetto idrogeologico e della difesa del suolo e della vegetazione da avversità atmosferiche e incendi boschivi ... alla custodia della biodiversità rurale intesa come conservazione e valorizzazione delle varietà colturali locali ... all'allevamento di razze animali e varietà vegetali locali ... al consumo di suolo» (art. 2).Forse ci troviamo in presenza di quell'auspicato cambiamento culturale che in Italia tarda a manifestarsi o che vede nel dogma del «laissez faire la nature» la soluzione dei problemi ambientali. Assegnare al contadino di montagna il ruolo di custode dell'ambiente, di costruttore virtuoso del paesaggio e di presidio di territori resi fragili dall'abbandono delle attività agricole, è anche far uscire l'ambientalismo da talune manifestazioni di snobismo intellettualistico à la page. Annibale SalsaAntropologo, già presidente del Club Alpino Italiano

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