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6° Obiettivo del Millennio: combattere l’HIV/AIDS, la malaria e le altre malattie dimenticate 2008-2015
8 ANNI. 8 OBI ETTIVI DEL MILLENNIO
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RIDURRE LA MORTALITÀ INFANTILE
ELIMINARE LA LA PARITÀ FAME PROMUOVERE LA POVERTÀ TRAEUOMO E DONNA
ASSICURARE L’ISTRUZIONE PRIMARIA A TUTTI RIDURRE LA MORTALITÀ I BAMBINI E LE BAMBINE INFANTILE
53D E L M I L L E N N I64O G L I O B I E T T6 I1V I D I S V I L U P P O2
Nel settembre 2000, 191 Capi di Stato e di Governo hanno sottoscritto otto obiettivi di sviluppo globale da raggiungere entro il 2015:
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COMBATTERE L’AIDS, LA MALARIA E ALTRE MALATTIE ELIMINARE LA FAME E LA POVERTÀ
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LAVORARE INSIEME PER LO SVILUPPO UMANO PROMUOVERE PARITÀ ELIMINARE LA FAME TRAEUOMO E DONNA LA POVERTÀ
PROMUOVERE PARITÀ MIGLIORARE LALA SALUTE ASSICURARE L’ISTRUZIONE TRA UOMO E DONNA DELLE GESTANTI PRIMARIA A TUTTI I BAMBINI E LE BAMBINE
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MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA IL MIGLIORARE LAESALUTE ASSICURARE L’ISTRUZIONE RISPETTO DELL’AMBIENTE DELLE GESTANTI RIDURRE LA MORTALITÀ PRIMARIA A TUTTI INFANTILE I BAMBINI E LE BAMBINE
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53 PROMUOVERELA LASALUTE PARITÀ MIGLIORARE TRA UOMO E DONNA DELLE GESTANTI
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COMBATTERE L’AIDS, RIDURRE LA MORTALITÀ LA MALARIA E INFANTILE ALTRE MALATTIE
MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA E IL COMBATTERE L’AIDS, RISPETTO DELL’AMBIENTE RIDURRE LA MORTALITÀ LA MALARIA E INFANTILE ALTRE MALATTIE
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86 1 COMBATTERE L’AIDS, LAVORARE INSIEMEEPER LA MALARIA LO SVILUPPO UMANO ALTRE MALATTIE ELIMINARE LA FAME E LA POVERTÀ
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LAVORARE INSIEME PER LO SVILUPPO UMANO PROMUOVERE LA PARITÀ TRA UOMO E DONNA
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MIGLIORARE LA QUALITÀ COMBATTERE L’AIDS, C DELLA VITA ESALUTE IL LAVORARE INSIEME LA MALARIA E PER MIGLIORARE LAASSICURARE MIGLIORARE LAASSICURARE SALUTE L’ISTRUZIONE L’ISTRU RISPETTO DELL’AMBIENTE LO ALTRE SVILUPPO UMANO MALATTIE DELLE GESTANTIPRIMARIA A TUTTI DELLE GESTANTI LIMINARE LA FAME PRIMARIA A TUT ELIMINARE LA FAME I BAMBINI E LE BAMBINE E LA POVERTÀ I BAMBINI E LE BAM E LA POVERTÀ
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Gli Obiettivi del Millennio: responsabilità di tutti Nel 2000, adottando la Dichiarazione del Millennio, 189 leader mondiali si sono impegnati a eliminare la povertà estrema. Lo hanno fatto in nome dei propri governi e al fine di raggiungere 8 Obiettivi concreti entro il 2015. Questo impegno promosso e sostenuto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite si basa su alcuni importanti presupposti: • sono obiettivi concreti e raggiungibili nel tempo previsto; • presuppongono una responsabilità condivisa tra i governi dei paesi poveri e quelli dei paesi ricchi; • si basano su un’idea di sviluppo multidimensionale e multifattoriale, chiamando quindi ad una partecipazione di attori di livello e responsabilità diversi. Non solo le istituzioni internazionali, le nazioni ed governi sono chiamati ad attivarsi per raggiungere questi obiettivi, ma anche noi, società civile, giovani e adulti, governi locali, organizzazioni profit e non profit possiamo contribuire al compimento di tali traguardi. Per tale motivo, dal 2008, la World Social Agenda promossa dalla Fondazione Fontana onlus ha intrapreso un percorso di riflessione sui temi degli Obiettivi del Millennio partendo dall’ottavo ed innescando un percorso a ritroso che ci accompagnerà fino al 2015.
Il sesto Obiettivo: diritto alla salute L’HIV/Aids rimane ancora oggi una delle prime dieci cause di morte nel mondo e la principale in Africa. Oltre un miliardo di persone – un sesto della popolazione mondiale – soffre di una o più malattie come morbillo, malaria, sifilide, colera, tubercolosi o poliomielite. Tra le diverse dimensioni dello sviluppo umano globale la salute ricopre un ruolo primario e prioritario rispetto al benessere sociale ed economico sebbene comunque ad esso sia strettamente interconnessa. Ciò nonostante nel più ampio ordine internazionale, il diritto alla salute è troppo spesso subordinato al perseguimento del profitto. Esempio di questa logica è proprio il trattamento delle cosiddette “malattie dimenticate”, ovvero quelle malattie per le quali esiste già una cura ma non è conveniente produrre o distribuire i farmaci perché i malati sono troppo poveri per poterli acquistare e così pure i governi degli stati in cui vivono. Accade così che milioni di persone muoiano non perché non esiste la cura alla malattia che li ha colpiti, ma perché non è conveniente curarli. E se si aggiungono le politiche escludenti dei brevetti, le infrastrutture sanitarie inadeguate o i contesti di crisi umanitaria (guerre, desertificazione, instabilità sociali, ecc) non sorprende che il diritto alla salute primaria sia per la maggior parte dei Sud del mondo un obiettivo lontano dall’essere raggiunto
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10 libri per 10 scuole - edizione 2010 Il presente libretto raccoglie alcuni dei lavori svolti dai ragazzi delle scuole secondarie di II grado trentine coinvolti nel percorso 10 libri per 10 scuole edizione 2010. Gli scritti sono stati elaborati a partire dalla lettura di libri che trattano con sguardi e tematiche diverse la questione della salute globale. Al termine del percorso di lettura ed elaborazione è stato chiesto alle classi coinvolte di presentare in forma libera, in un incontro finale, le riflessioni emerse dalla lettura. Come sempre i ragazzi hanno sorpreso per l’originalità e la profondità delle presentazioni. I testi di seguito riportati dovendo necessariamente trasferire in forma scritta quanto presentato nell’incontro non descrive con compiutezza il ricco lavoro svolto dai ragazzi, ma danno comunque un “assaggio” di quanto elaborato con l’aiuto dei loro insegnanti. Il libretto è stato inoltre arricchito dai lavori artistici realizzati dai coetanei veneti che al pari degli studenti trentini hanno ragionato nel 2010 sul tema del diritto alla salute proposto dalla World Social Agenda.
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Eloisa Meggiolaro e Caterina Dalla Zuanna - Liceo artistico A. Modigliani di Padova
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Classe II Prof.ssa Giuseppina Coali Liceo Classico Arcivescovile di Trento
L’AMORE BUO NO
Marco Baliani - Rizzoli, 2006
RECENSIONE Marco Baliani, l’autore di L’amore buono, vuole, con questo lavoro, trasportare il lettore nell’Africa nera, fra gli abissi dell’Aids, l’animalesca lotta alla sopravvivenza, la povertà, la mancanza di rimedi, le superstizioni e il ridotto uso del condom. Queste, dunque, le dimensioni lungo le quali la testimonianza di Baliani si muove. Diverso, invece, il punto di vista a cui guardar loro: quello teatrale. Dopo lo straordinario successo della sua opera precedente, Pinocchio Nero, l’autore indossa nuovamente la maschera per affrontare, questa volta, un tema di forte attualità: l’Aids. Il teatro diventa così un mirabile filtro per guardare a una realtà terribilmente solida e malata, e lo fa attraverso i suoni delle canzoni hip hop dei ragazzi, le immagini di strade giallastre e sporchissime, le storie e le leggende dei luoghi, gli incensi della religione e la cupa ignoranza della superstizioni. A prevalere, infine, la frustrazione, la rabbia e l’ignoranza nei confronti della malattia. I personaggi sfilano, e recitano la loro parte, uno dopo l’altro: Michael, Daniel, John, elementi essenziali del gruppo, Nancy, la sola ragazza dei venti attori scelti da Baliani, e ancora Kuki Gallmann, la creatrice di Laikipia, incontaminata riserva naturale della Rift Valley dove si terrà la prima parte dell’iter teatrale… Sospeso fra l’orrido e il gioioso, il libro si muove a tentoni nella lunga notte africana: è un’Africa diversa, tanto bella quanto terribile, lontana ma viva, quella che ne esce dipinta dalle sue pagine. COMMENTO CRITICO È il nero a dominare. La nebbia d’Africa si stende. Il buono del titolo è un ricordo o una speranza, distante. Mentre si legge, le mani bruciano sopra le pagine. Echeggia il fuoco scuro della malattia; crepita e scoppietta, sempre più piano, dentro un interno caminetto, il focolare della giovinezza, della famiglia, del semplice poi. Eppure, man mano che le righe scorrono, un secondo fuoco si è aggiunto al primo. Un fuoco strano, inatteso, che qui, a Nairobi, capitale del Regno d’Aids, nessuno si aspettava; un fuoco di fiamme e maschere, di burattini e voce. Il teatro. È Marco Baliani, l’autore, a portarlo qui, nel cuore più vivo e pulsante della malattia. Lo fa con una storia nota, tanto semplice quanto potente, il Pinocchio di Collodi. Ma pure lo adatta. Anche il Pinocchio, qui, diventa Nero, si intesse nel tessuto d’Africa, finché un qualcosa di nuovo non emerge, prepotentemente. 4
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Il risultato strega: sono venti i ragazzi strappati alla strada dall’eco della maschera; e subito l’opera si ripete. Questa volta Baliani colpisce al cuore della questione. Ne L’Amore Buono mette in scena quel nero, la sempiterna notte africana, L’Aids. Non sono rari i luoghi comuni, le opposizioni, le risate agitate, l’ipocrisia, la paura. Questa volta Baliani ha toccato qualcosa di forte, di attuale. Il filtro della fiaba è scomparso, la morte e il dolore, lo stupro e la superstizione si fanno, d’un tratto, spettri pesanti, vivi, tanto silenti quanto terribili, veri. Sono gli abissi degli slums, del silenzio, delle lacrime e della rabbia ad emergere tanto violentemente dalle pagine di Baliani. La malattia nera è il faro che ha chiamato allo scoperto le più solitarie e temibili creature notturne dell’anima: i sentimenti meno umani, più densi e sanguigni. Occorre quindi una cura, e il teatro si fa medicina. Gradualmente, in un vortice cupo che si muove fra realtà e spettacolo, vicoli polverosi e sacre assi di legno, l’odio diventa consapevolezza, la consapevolezza scoperta, la scoperta volontà, la volontà, volontà reale. Il teatro, inaspettatamente, si frappone, sospeso a metà, tra l’inferno spalancato dal virus e la fragilità vitrea della coscienza, fa scudo all’uomo, e come il Limbo, o l’anticamera dell’Ade, offre un’ultima speranza per la redenzione, l’ultimo appiglio per sfuggire ai mostri più reconditi dell’anima. Il progetto è cominciato, ha incontrato successo e delusione, si è spesso scontrato con realtà e pregiudizi molto più forti di esso: a salutarne la fine solo il calore umano; il libro si è aperto con un racconto d’odio e morte, e si chiude con l’acqua, a lavare il tutto: la pioggia di un giorno densissimo e le lacrime diamantine dell’autore; il teatro, del resto, ha mescolato il tutto: ha spinto le riflessioni sul nero fin nelle profondità cave della notte malata, ha fatto odiare e amare, ha sublimato le dimensioni di una realtà degradante al bestiale, recuperando la dignità, fors’anche la volontà di rimanere in vita come essere liberi e pensanti. Forse, dopotutto, le sacre assi hanno davvero cambiato, pur in modo infinitesimale, il tessuto uniforme della notte africana: venti piccole anime hanno aperto gli occhi e quella notte, ora, la guardano senza paura. Forse l’alba non è poi così lontana…
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Classi I A e I B Prof.ssa Monica Gadotti Centro Moda Canossa di Trento
IO MUOIO, MA IL RICORDO VIVE
UN ’ALTRA B ATTAGLIA CON TRO L ’AID S
Mankell Henning - Marsilio, 2005
PREMESSA Gli studenti hanno proiettato brevi video in cui una loro compagna traduce con la lingua dei segni italiana (LIS) i loro commenti al libro di Mankell Henning. Di seguito riportiamo in forma scritta le riflessioni condivise dai ragazzi. --------MOANA: il libro parla di persona colpite dall’AIDS che consapevoli di avere ancora poco tempo da vivere scrivono i memory books. Questo libri sono stati dedicati dagli autori ai propri figli per ricordare loro quello che sicuramente da grandi non si sarebbero ricordati: i loro partenti, i loro genitori, il primo giorno d’asilo e altre cose. Sono stati scritti anche per far vedere la realtà in Africa. Sono dell’idea che bisognerebbe fare leggere questo libro a tutte quelle persone che si lamentano sempre, per far capire loro quanti privilegi hanno rispetto ad altre persone. ELISA: leggendo un memory book del libro di Henning Mankell ho riflettuto molto. Noi ci lamentiamo di tutto, di qualsiasi piccola cosa che ci succede, e invece loro, le persone malate, non hanno neanche il tempo di lamentarsi, perché invase dal dolore e dalla paura di morire. Mi piace l’idea di scrivere i memory books per ricordare queste persone, per non dimenticare e se un giorno questo grande dolore non esisterà più, le nuove generazioni sapranno il prezzo che è stato pagato per la soluzione di questo problema. Sapranno quante persone sono morte per questo, sapranno quante vite sono state distrutte per questo, i memory books servono per non dimenticare mai, per sentire le persone morte per colpa di questa malattia, più vicine a noi. ANNA: Io muoio ma il ricordo vive è scritto da Henning Mankell un uomo straordinario come lo definisce Desmond Tutu nell’introduzione del libro. Da quando ho iniziato la lettura di questo libro con la classe inizio a pensare anch’io a Mankell come a un uomo straordinario, non per il semplice motivo che sia un bravo scrittore, ma perché ha scritto 6
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un libro che aiuterà molte gente, adulti e ragazzi, a capire che non esiste solo l’Europa ma che si sono posti che hanno più bisogno di pensieri e ricordi. Questo libro tratta un argomento molto delicato, l’Aids, una malattia diffusa in quei paesi dove non c’è la possibilità di avere tutte le medicine per la prevenzione e la cura. Il continente più colpito è l’Africa ed è questo il paese di cui ci parla il libro che narra di un’iniziativa nata per contrastare la malattia. KEVIN: Io muoio ma il ricordo vive è un libro interessante creato per una buona causa. Il titolo secondo me è la parte più toccante, più commovente di tutto il libro, diciamo che è molto azzeccato. C’è davvero molta espressione nei racconti di ogni autore dei memory books che hanno tramandato attraverso la scrittura tutta la loro commozione e la loro emozione durante la stesura di queste biografie ed autobiografie. Il libro parla di una malattia distruttiva in senso fisico e in senso psicomotivo, l’AIDS, che sempre mi ha rattristito e anche un po’ impaurito. Nei paesi africani non esistono cure e dobbiamo aiutare questi popoli a sconfiggere questa malattia. SERENA: penso che sia bello che queste persone, pur sapendo di avere poco tempo a disposizione, hanno voluto scrivere questi memory books per far capire al mondo quello che si prova. È stato un bel gesto quello che ha fatto lo scrittore ad andare a conoscere questa gente più sfortunata di noi. FEIFEI: mi piace l’idea del libro della memoria che permette ai figli quando saranno adulti di ricordare i genitori; è utile per non perdere il loro ricordo. Nello stesso tempo credo che si dovrebbe fare in modo anche di curare l’AIDS in Africa così come nei paesi più ricchi con le medicine adatte. In questo modo i genitori potrebbero raccontare di persona ai loro figli le loro storie, le esperienze della loro vita. ALESSANDRA: secondo me l’idea dei memory books è buona perché permette ai figli dei genitori ammalati all’AIDS di conoscere quelle persone che se non fossero morti avrebbero chiamato mamma e papà. Vorrei aggiungere come conclusione che quando mi metto lì a pensare di AIDS provo paura e vorrei anche aiutare quelli che purtroppo sono stati contagiati, ma con rammarico non posso che pregare che tutto questo un giorno finisca. Vorrei fare di più ma cosa? Sono una sedicenne che non ha potere, nessuno mi ascolta a parte i miei coetanei. In questo preciso momento mi sento come se avessi le mani legate, forse un giorno riuscirò a fare qualcosa di più. ALICE: di questo libro mi ha colpito che ancora tanti bambini in Africa muoiono ogni giorno e loro, i memory books, non li possono scrivere.
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Luca Meneghetti - Liceo artistico A. Modigliani di Padova
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Classe IV Liceo Sociale e della Comunicazione e III Istituto Tecnico Linguistico PACLE Prof.ssa Evelin Gruber e prof. Marco Brugna Istituto Sacro Cuore di Trento
MONDI AL LIMITE
NOV E SCRITTORI PER ME D ICI SE NZ A F RON TIE RE
Baricco, Benni, Carofiglio, Covacich, Dazieri, Di Natale, Giordano, Pascale, Starnone - Feltrinelli, 2008
PREMESSA I ragazzi delle due classi hanno letto il libro “Mondi al limite” ed aiutati dagli insegnanti si sono cimentati nella drammatizzazione del testo. Il libro infatti non narra una storia, ma è composto da nove brani che riportano le emozioni, le impressioni e l’esperienza vissuta da altrettanti noti scrittori che sono stati inviati nei territori in cui l’associazione “Medici senza Frontiere” opera. Il risultato è un volume molto interessate, ma difficile da riassumere; proprio per questo i ragazzi hanno cercato di interpretare il pensiero di base che accomuna i vari brani per sottolineare l’importanza del lavoro dei volontari e soprattutto il permanere di situazioni di estremo disagio sanitario che vivono popolazioni sparse in tutto il mondo. --------Siamo nella redazione di “Mondi al limite” una rivista che si occupa della divulgazione delle attività della grande organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere nata nel 1971 a Parigi e insignita del premio Nobel per la Pace nel 1999. È in corso una riunione per la scelta degli articoli da inserire nel prossimo numero. CAPOREDATTORE: «Avete visto quanto materiale è arrivato in redazione… basta parlare di salute e tutti cominciano a pensare e scrivere… avete visionato gli articoli che vi ho inviato? Qualcuno ha trovato qualcosa di interessante che si potrebbe pubblicare?» ARIANNA: «Io ho trovato due storie interessanti». ROSSELLA: «Io una breve ma molto toccante». FRANCESCA: «Di tutti gli articoli che mi hai dato solo uno mi è sembrato adeguato ai nostri scopi… parlare dell’ampia questione dell’accesso alla salute!!» CAPOREDATTORE: «Sono contento che non vi siano mancati gli spunti… dite un po’… condividete con noi i vostri tesori… fateci un breve riassunto degli articoli…». 9
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ROSSELLA: «Il mio parla della condizione della donna nel Beluchistan. Qui ho conosciuto Roxana, una donna segnata dal dolore, che però aveva trovato la sua ragione di vita nel marito, Ifran, e nei figli da lui avuti. Prima però aveva rischiato di non poter curare Layla, la figlia più piccola, per la contrarietà della suocera, che sosteneva che “Allah a volte decide di riprendersi i bambini e opporsi alla sua volontà è peccato”. Poi, essendo qui la poligamia normale, il marito si era sposato con un’altra donna e non cercava più Roxana, nonostante portasse in grembo il loro undicesimo figlio. Una mattina lei decise di affrontarlo con l’intento di riconquistarlo. Per tutta risposta Ifran, impugnato il carretto per andare al lavoro, la urtò violentemente facendola cadere. Venne così portata all’ospedale, perché l’unica salvezza per lei era una trasfusione. In Afganistan però è il marito che deve approvare le cure mediche necessarie alla moglie e Ifran, consapevole di questo, negò la trasfusione a Roxana, firmando così la sua condanna a morte. Al suo arrivo la accolsero una dottoressa e un’infermiera che la stesero su un lettino. La dottoressa continuò ad urlare “blad”, ma Roxana capì solo più tardi il significato di quelle parole. Fortunatamente due giovani, andando contro il volere di Ifran, si offrirono di donarle il sangue di cui aveva bisogno. Roxana non ha mai saputo cosa è accaduto al figlio che portava in grembo né ha mai ringraziato i due giovani: essere salvata contro il volere del marito per lei era stata una vergogna incancellabile». CAPOREDATTORE: «Che narrazione commovente! Non sapevo della terribile situazione della donna nel Beluchistan!» IMPAGINATORE: «Sono sicuro che sarà un successo, mi occupo io dell’impaginazione». CATERINA (rivolta ad Arianna): «Cosa dicevi a proposito di quegli articoli suggestivi?» ARIANNA: «Dopo aver sentito il racconto di Roxana… forse uno lo scarterei perché riprende un po’ lo stesso filone, ma l’altro è ambientato a Bogotà e la vicenda è molto coinvolgente». CATERINA: «Chi è l’autore?». ARIANNA: «Un certo Gianrico Carofiglio…». MARTINA: «Strano che si sia messo a scrivere riguardo a questi argomenti…». ARIANNA: «Il brano, che si intitola “Ambasciata italiana a Bogotà”, è ambientato nella capitale della Colombia, una delle città in cui Medici senza Frontiere dà assistenza medica di base, educazione sanitaria e sostegno psicologico ai “deplazados” cioè ai tre milioni di sfollati presenti nella città, vittime di un conflitto interno tra le milizie paramilitari e le truppe della guerriglia rivoluzionaria che, da decenni, insanguina il paese. I volontari di MSF hanno degli orari fissi da rispettare durante il giorno. Per questo, quando all’orario prestabilito Francesca Colonna, volontaria di MSF, non si era presentata all’ambulatorio, i suoi colleghi si erano preoccupati e avevano avvertito la polizia, che aveva raccolto tutte le testimonianze possibili. Molti suoi colleghi avevano parlato dell’amicizia che era nata tra Francesca e Maria, una ragazza madre che viveva in una baraccopoli. Proprio lo stesso giorno della scomparsa di Francesca, Maria era arrivata in ambulatorio preoccupatissima perché le era stato ordinato dai paramilitari di andarsene entro 24 ore dalla sua “abitazione”, altrimenti l’avrebbero uccisa assieme al figlioletto. Il giorno dopo le donne erano scomparse. Purtroppo 10
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quando in un Paese come la Colombia si iniziano delle indagini in seguito ad un rapimento, un’uccisione o ad un furto, si è già consapevoli che non si troverà mai il colpevole. Ora le indagini sono state archiviate per mancanza di prove. Parlo per esperienza personale quando dico che in questi casi si deve solo avere pazienza e forza di rassegnarsi al fatto che non si troverà mai una risposta a quanto è successo». FRANCESCA: «Senza dubbio aiutare gli altri in alcuni paesi del mondo può essere veramente pericoloso…». CHIARA: «Avete mai sentito parlare di Mauro Covacich? Anche lui ci ha mandato un articolo dal titolo Bungee-jumping a Takeo. È ambientato in Cambogia». CATERINA: «Sembra accattivante dal titolo!» CHIARA: «È vero, ma il titolo in realtà è solo una metafora! Il brano si concentra intorno alle pericolose missioni che il narratore compie in una cittadina rurale ai confini con il Vietnam, Takeo. Grazie alle visite negli ospedali, Covacich ha constatato che la Cambogia è uno Stato martoriato non solo a causa del particolare clima, ma anche della recente situazione politica e sta vivendo un periodo di instabilità. Nella sua cronaca si legge di campi di detenzione, dove gli aguzzini erano realmente spietati nei confronti di tutti e imponevano regole assurde ai loro prigionieri, i quali, se non le rispettavano, andavano incontro a delle conseguenze orribili che potevano portare anche alla morte. Tuttavia ciò che incuriosisce il lettore è la descrizione delle persone che popolano il luogo: la grazia è la loro dote distintiva, li accompagna in ogni gesto… e questo appare paradossale! Tanto più che questa regione è colpita dalle più tremende malattie: la tisi, la dengue (causata dalle punture della zanzara tigre), la tubercolosi, l’AIDS e molte altre. La malattia accompagna lo scorrere dei loro giorni e purtroppo non vi sono medici del posto che possano offrire le cure necessarie. Il personale di MSF risulta così fondamentale: proviene da tutto il mondo e si dedica agli altri prendendosi molti rischi. L’autore, che ha vissuto l’esperienza sulla sua pelle, con questo suo scritto riuscirà sicuramente a sensibilizzare i lettori della nostra rivista…». CAPOREDATTORE: «Bene, siamo a metà dell’opera: ancora due articoli… Per fortuna sono tanti gli scrittori che ci hanno mandato una testimonianza sull’esperienza da loro vissuta». FRANCESCA: «Ti tolgo d’impaccio io… Sentite un po’ cosa vi propongo… La “Normale vita di Naing Nay” scritta da Alessandro Barrico». MARTINA: «Un altro scrittore molto noto…». FRANCESCA: «Ascoltate… Naing Nay aveva vent’anni un futuro sicuro davanti a sé. Lavorava nell’esercito birmano all’interno di un dispensario di farmaci. Era un ragazzo che 11
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aveva ricevuto molto dalla vita: un lavoro ben remunerato e la salute. Ma un giorno venne sorpreso da un suo superiore mentre dava dei farmaci a dei prigionieri e venne subito messo in prigione. Una volta uscito, si diede alla bella vita, ma, insoddisfatto, trovò conforto solo nell’alcool, finché, a causa della totale assenza di cautele sanitarie e della totale ignoranza, contrasse l’AIDS. Quando la malattia cominciò pian piano a portargli via la vita, iniziò a deprimersi e la solitudine per lui diventò una condanna. L’unica cosa che Naing Nay ora desiderava ardentemente era morire. Nella casa-ospedale dove era ricoverato e dove il tempo sembrava non passare mai, Naing Nay scriveva un libro sulla sua vita. Sperava che suo figlio, concepito da una donna che poi lui aveva lasciato, lo leggesse e non commettesse gli stessi errori e potesse così avere un futuro migliore del suo». CAPOREDATTORE: «Anche questa è una storia drammatica. Bene sono proprio soddisfatta. Ma… ci vorrebbe qualcosa di più …vicino…». LUCIA: «Forse ho trovato qualcosa io! Avete mai pensato che Medici Senza Frontiere potesse lavorare anche in Italia?» IMPAGINATORE: «Davvero? Si pensa sempre a paesi lontani ma spesso le problematiche sono anche vicino a noi…». LUCIA: «Domenico Starnone ha inviato un brano dal titolo “Condom Butterfly”. E’ un po’ forte ma ci fa capire il dramma che vivono le ragazze clandestine. Arrivano in Italia con la speranza di un futuro migliore e vengono spedite sui marciapiedi delle nostre città. Per fortuna i volontari di MSF cercano di aiutarle…». MARTINA: «Di che cosa si tratta?» LUCIA: «L’autore, che è anche medico scrive: ”Quando il mio capo mi ha detto che dovevo andare a fare un servizio su MSF…non mi sarei mai aspettato che la mia destinazione fosse Napoli, la mia città d’origine”. Questo racconto infatti parla di Dario e Lu, compagni di missione dell’autore e membri dell’associazione Medici senza Frontiere, e si sviluppa in Campania, in provincia di Napoli e Caserta. Dario e Lu danno alle prostitute consigli su come comportarsi con i clienti per evitare il contagio dell’Aids o di altre malattie. Inoltre danno informazioni sul funzionamento degli ambulatori medici per qualsiasi visita specialistica. Le ragazze, anche se non lo mostrano, sono contente delle loro visite. Sono tutte giovani e hanno abiti leggeri e cortissimi, sia di notte che di giorno col bello e col cattivo tempo. Parlano poco e si mostrano indifferenti, ma non appena una macchina si ferma le ragazze si rallegrano per la fortunata che può guadagnare qualche spicciolo da mandare alla famiglia». CAPOREDATTORE: «Caspita questo numero è una bomba! Siamo riusciti a trovare del materiale veramente d’impatto…». MARTINA: «Peccato dover lasciare fuori così tante testimonianze da questo numero...». CAPOREDATTORE: «Non vi preoccupate, non ci fermiamo qui… faremo degli altri numeri per sostenere per quanto ci è possibile il Sesto Obiettivo del Millennio “Combattere l’HIV/AIDS, la malaria e le altre malattie”. E adesso… al lavoro… si va in stampa tra pochi giorni!»
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Valentina Pierpaoli- Liceo artistico A. Modigliani di Padova
Classe II F Prof.ssa Maria Teresa Pontara Liceo Scientifico G. Galilei di Trento
IL MIO CUORE RIPOSAVA SUL SUO
Lara Santoro - E/O, 2008
PREMESSA Gli studenti hanno presentato il libro della Santoro attraverso la proiezioni di immagini e citazioni, descrivendone la trama, i passi più significativi, le similitudini con altre letture e la relazione con la loro esperienza di aiuto. --------«Mostrami un posto così pieno di Dio come questo. Mostrami una terra coi confini cuciti insieme da spine così grosse… Mostrami una vita così misera, un canto così ricco». Anna, la protagonista, è un’inviata speciale. Conduce una vita sregolata, fatta di eccessi, ma il suo cuore è grande. La sua domestica Mercy ha un passato molto tormentato. «Aveva cominciato come prostituta. Venne soprannominata “la donna di River road” la fornitrice di muratina (droga diffusa in Kenya) più importante di tutto il Kenya». Dopo la morte di Michael, Anna litiga con la sua domestica, la quale si trasferisce. La protagonista però, pur ricominciando a bere, inizia a svolgere il servizio sull’AIDS assegnatole. Inizio del Romanzo di Formazione per Anna. Negli slums, Anna conosce Padre Anselmo. Padre Anselmo spiega ad Anna come il problema dell’AIDS è così persistente e non si riesce a combattere. La prostituzione è l’unico modo per guadagnare soldi, ma significa anche un grande rischio. Gli abusi e l’abbandono di minori sono all’ordine del giorno. La sanità, oltretutto a pagamento, e l’igiene scarseggiano.
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«I soldi che mi dà il Vaticano bastano per sfamare, curare e seppellire circa cinquanta persone al mese. A Korogocho vivono cinquantamila persone, un terzo delle quali stanno morendo di AIDS, e a tutte manca da mangiare». Anna non comprende la fede degli abitanti, e non capisce a cosa sia dovuta la loro forza interiore. «Com’è che questa terra è così piena di Dio? Forse perché qui c’è tanta miseria, così tanto bisogno di grazia, di carità». Padre Anselmo: «Perdo la fede sai. Due o tre volte al giorno perdo la fede in Dio. […] La loro fede tiene viva la mia». Anna ormai da tempo vive da sola, ma quando scopre che Mercy è ammalata di AIDS rimane inorridita dal suo aspetto fisico. «..vidi una donna consumata, divorata dal virus, con la mascella spasmodicamente serrata nel tentativo di opporsi al tremolio delle labbra». A causa dell’AIDS Mercy è costretta a fare le analisi di accertamento, ma la sanità in Kenya è precaria. Ritardo nella consegna delle analisi. Mercy a causa della sanità precaria è costretta a curarsi in Sud Africa. Rabbia di Anna. «In Occidente le persone non riescono a vedere venti, trenta, quaranta milioni di africani che muoiono di Aids, e per questo loro continuano a morire! […] Ma la gente non vede, è troppo presa dalle insalatine di rucola e dal carpaccio di salmone». Mercy grazie alle medicine riesce a rimettersi in forze, ma mostra aggressività nei confronti dei suoi figli. Con l’aiuto di Padre Anselmo e di Anna, Mercy dà inizio a una battaglia contro l’industria farmaceutica che specula sull’AIDS e nega i farmaci salvavita. Nasce, così una nuova associazione. 15
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«Mercy sta chiedendo una cifra per pillola di quindici volte inferiore rispetto al prezzo che le aziende sono disposte ad accettare oggi». Anna, grazie al suo lavoro ottiene un incontro col Presidente, intervistandolo però, capisce che il problema è un altro. Lo stato, infatti, è costretto a comperare farmaci brevettati, di alto costo. Per risolvere il problema il Presidente dice no ai farmaci brevettati. In questo modo, però Mercy resterà senza medicinali per mesi. Anna capisce che Mercy ben presto morirà. «Quando una persona è così malata, così debole, il potere che puoi acquisire nei suoi confronti ti trasforma». «Ci mise poco a morire. Più le forze l’abbandonavano, più il suo volto si faceva calmo e composto». Grazie alla adozione a distanza, anche la nostra classe ha potuto scoprire il vero significato di un aiuto concreto. Di seguito viene riportata una frase di Fiammetta Cappellini, fondatrice AVSI. «La nostra grande speranza non crolla, anzi cresce. Affermare la vittoria della vita sulla morte e ricostruire l’umano è ora il nostro compito qui».
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Stampato da Publistampa Arti grafiche nel mese di aprile 2011 su carta 100% riciclata ecologica Cyclus Offset sbiancata senza impiego di cloro
Il percorso 10 libri per 10 scuole conferma il suo successo grazie all’entusiasmo con cui gli studenti delle scuole secondarie di II grado trentine hanno partecipato a questo percorso di lettura. La formula è semplice quanto innovativa poiché sono gli studenti che scelgono e presentano un libro e l’attualità della lettura. Un incontro finale con tutte le classi partecipanti permette loro di esprimere quanto letto attraverso parole, musica, immagini, drammatizzazione… tutti questi elementi fanno di 10 libri per 10 scuole un laboratorio semplice ma estremamente stimolante per gli studenti e gli insegnanti. Nell’edizione 2010, il percorso di lettura, parte integrante delle iniziative della World Social Agenda, ha affrontato il Sesto Obiettivo del Millennio: la salute globale. Gli studenti si sono confrontati con il tema del diritto alla salute e dell’accesso alle cure soprattutto in quei paesi dove questo diritto è ancora negato.
1O libri per 10 scuole è un evento della World Social Agenda edizione 2010 realizzata in Trentino con il contributo e il patrocinio di
Assessorato alla solidarietà internazionale e alla convivenza
COMUNE DI TRENTO
Assessorato alla Cultura, Biblioteche, Turismo e Solidarietà internazionale
Fondazione Fontana Onlus lavora per realizzare progetti di pace, cooperazione e solidarietà internazionale, educazione alla mondialità, informazione, microcredito e microfinanza. Promuove la cultura della solidarietà sia a livello nazionale che internazionale, con un approccio dal basso, che parte dalla comunità. Attraverso il progetto World Social Agenda, Fondazione Fontana Onlus ha scelto di proporre ogni anno alle scuole del Trentino e del Veneto un approfondimento e una riflessione su uno degli Otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio coinvolgendo più di 6000 ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado.
www.worldsocialagenda.org
Publistampa Arti grafiche 04/2011 - Carta 100% riciclata ecologica Cyclus Offset sbiancata senza impiego di cloro
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO