80 ore con l'autore MIMMO JODICE

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80

ore con

l’autore

Giornale gratuito redatto in occasione della manifestazione 80 ore con l’autore. A cura degli studenti del Master in Photography and Visual Design di Forma e NABA.

Fondazione FORMA per la Fotografia • Piazza Tito Lucrezio Caro 1 • 20136 Milano • tel. 02.58118067 - 02.89075419 • tel. 02.89075420 - www.formafoto.it

Fondazione FORMA per la Fotografia

Mimmo Jodice


NOTE BIOGRAFICHE

Mimmo Jodice Mimmo Jodice nasce a Napoli nel 1934, città in cui tutt’ora vive e lavora. Si interessa alla pittura e alla scultura, ma dal 1967 sceglie la fotografia come strumento ideale per testimoniare il suo tempo e da autodidatta sperimenta tutte le possibilità di questo mezzo, arricchendo la sua formazione attraverso il contatto con artisti d’avanguardia che frequentavano Napoli in quegli anni, come Warhol e Beuys. Nel 1970 diviene il primo docente di fotografia in Italia nelle Accademie di Belle Arti. Presto si conferma protagonista nel dibattito culturale del tempo, ma la delusione verso questo tipo di esperienza lo conduce a una nuova ricerca espressiva e nel 1980 pubblica Vedute di Napoli, inizio di un lavoro verso un racconto di luoghi atemporali, silenti e fuori dalla realtà. Sarà proprio questa nuova spinta emotiva a consacrarlo a livello internazionale. Dopo Mediterraneo seguiranno personali in tutto il mondo. Nel 2011 riceve il plauso del Capo dello Stato per il premio francese di “Cavaliere delle Arti e delle Lettere” assegnato per la prima volta a un fotografo a testimonianza del suo ruolo decisivo nell’affermazione della fotografia italiana nel mondo dell’arte.

Su Mimmo

Jodice

Era così vuoto, senza abitanti, il bordo tra gli altari e il mare. Mimmo Jodice fotografo del sud dipendente dall’apparato sensitivo del veggente Tiresia più che della messa a fuoco di una lente, raccimola visioni di un tempo di antenati. Jodice agguanta il nostro passato comune e lo fiocina, lo trascina a riva, lo sventra ancora fresco e dalle viscere avvisa com’era sgombero di noi, così sarà di nuovo. Il nostro spargimento sul pianeta sarà calpestato a morte e poi raschiato e l’avanzo di noi ripartirà da qui, dal paesaggio avvistato dal veggente. I nostri pochi posteri si aggireranno tra le scogliere mosse dalle onde, tra le statue mosse dalla luce che agita con l’anima dell’ombra i loro corpi mutilati. Troveranno un piede scalzato sopra un suolo dichiarato sacro e per imitazione leveranno i sandali, fisseranno nel calcare cristallino del marmo i volti che hanno chiamato gli deì a sporgersi a uscire dall’assenza e faranno altrettanto balbettando. È bugiarda la storia che ci adatta il tempo come sola

andata il futuro sarà un’antica marina da riabituare. Sarà un’acquaforte, non una cartolina. Serviva un napoletano presocratico a fissarlo. Erri de Luca Per i reportage, ha documentato la società che lo circondava ed è stato, insieme ad altri, testimone del dolore e delle difficoltà di alcune fasce della popolazione napoletana. Ciò detto, l’originalità dei suoi primi passi da fotografo risiede altrove. Mimmo Jodice in realtà ha svolto molte ricerche sul mezzo fotografico, ha lavorato sugli effetti dell’inquadratura e della stampa e - con la sua musa Angela in particolare - ha sperimentato diversi montaggi mescolando il soggetto della foto con interventi sulla superficie della stampa, provocando in tal modo una certa confusione di lettura dell’immagine. Ma Mimmo si è allontanato a poco a poco da questo gusto per il gioco e la sperimentazione, per dedicarsi a una fotografia di natura molto più pura, del tutto priva di aneddoti e artifici. E di questa ha scoperto

“Vorrei citare Fernando Pessoa: ma cosa stavo pensando prima di perdermi a guardare? Questa frase sembra scritta per me e descrive bene il mio atteggiamento ricorrente: perdermi a guardare, immaginare, inseguire visioni fuori dalla realtà” MJ


“Le mie fotografie sono espressioni del mio pensiero e testimoniano il mio disagio e la mia inquietudine verso il nostro tempo. Percezioni di smarrimento e disorientamento che vogliono anche esprimere un’ipotesi di fuga dalla realtà”

MJ

portare a piena espressione, nella stagione della maturità, la coincidenza fra immagine ed emozione. Roberta Valtorta

il potenziale espressivo, coniugando l’aspetto plastico a quello poetico che caratterizzeranno il suo stile. Ha osservato il paesaggio e gli oggetti che sono diventati elementi fondamentali: l’intelligenza e l’esperienza di quello sguardo catturano istanti assolutamente magici. Gabriel Bauret La verità è che tendiamo spietatamente a spartire con altri meno di quanto dovremmo le nostre scoperte. Questi fotografi scoprono qualche cosa da un secolo e si affrettano come formiche a chiudere i loro prodotti in un nido, volumi e riviste, lasciando che solo con i tempi lunghi si introducano nella vita vera e propria. Gli assi delle immagini sono, per esempio, dei

nomi come erano una volta quelli del jazz, difficili a pronunciarsi, e tale resta la loro materia, da camera. Dicevo a Mimmo Jodice, davanti ai suoi nudi, che diventano involontariamente perfino un po’ pornografici, in quanto li mostra da iniziato, dentro a cartelle ermetiche! Dovremmo distribuirli invece nelle scuole, dove sognai tanti anni fa che dessero in mano ai ragazzi la macchina da presa e oggi mi accontenterei di una macchina fotografica. Allenare i ragazzi è l’esercizio meno gesuitico del mondo e rivela che il corpo è tante cose, forse tutto, e non può esservi nel corpo qualche ipotesi di meno di quelle che ci sono nel resto, compresi gli apparenti vuoti siderali. Jodice mi ha dato l’occasione

di ricongiungermi attraverso un capezzolo o una gamba all’unicità del creato con o senza il relativo creatore. Cesare Zavattini Il Mediterraneo, antico ventre, laboratorio di profonda storia e cultura, è per Jodice un luogo sentimentale e mentale che gli permette di recuperare e

La bellezza, cercata e inseguita, trovata magari in frammenti archeologici o nella purezza naturale, è fermata dall’obbiettivo di Jodice con la malinconica certezza di chi sa che a meno di un passo di quella perfetta visione, regna un caos invadente e contagioso che tutto potrebbe portar via, in un turbine di oblio. Alessandra Mauro


Faccia a faccia con

Mimmo Jodice

D: Siamo nello studio di Mimmo Jodice nel centro di Napoli. L’autore ci accoglie a braccia aperte nel suo spazio pieno di immagini, libri e di lavoro. Dunque Napoli… R: Napoli è una città difficile, sicuramente se fossi andato via al momento giusto il mio lavoro, inteso come ricerca personale, ne avrei guadagnato in fama, vivendo ad esempio a Parigi, New York ecc., ma tuttavia credo in un certo senso di essere stato ripagato, perché è stata la città stessa a offrirmi diversi spunti di riflessione tra cui, il mare, l’archeologia e le vedute di Napoli. D: Per cui dal suo punto di vista si può anche restare nel proprio luogo d’origine? R: Non esiste uno spartiacque, sono stato io stesso per tanto tempo indeciso, ho sempre rimandato questa scelta però alla fine sono rimasto. Le motivazioni sono varie, tra queste l’insegnamento, che ho sempre amato molto. D: Come ha iniziato a lavorare? R: Come tante cose nella mia vita, sono stato un predestinato. All’inizio lavoravo per l’editoria, in particolare nel campo dell’architettura. Quando invece proponevo le mie fotografie a livello artistico, me le tiravano dietro. Nonostante in quegli anni, tra la fine dei ’60 e gli inizi dei ’70, ci fosse un gran rinnovamento nelle arti, la fotografia non era contemplata. D: Quindi cosa l’ha stimolata a continuare? R: Ho sempre praticato la fotografia: farlo mi procurava piacere e mi rendeva felice. Stavo bene, non credevo che un giorno avrei venduto le mie fotografie. Se mi attribuisco dei meriti nella mia vita, è di aver sempre lottato, insieme con altri, per far sì che la fotografia fosse considerata arte.

D: Come esegue le sue fotografie? R: Alla base di tutto esiste sempre un progetto. Questo deve contenere due elementi fondamentali: una specifica qualità formale e dei contenuti significativi. Per quanto bella esteticamente, una fotografia deve sempre contenere un messaggio, altrimenti non ha senso di esistere. D: Il suo cammino artistico è partito dalla pittura. Non ha trovato il mezzo fotografico uno strumento troppo legato alla realtà? R: In parte sì, ma tutto dipende dalla nostra testa e da quello che ci emoziona. Creare un’immagine partendo dalla realtà, non significa rappresentarla così

com’è; può anche essere un cambiamento completo. Se in qualche modo si è condizionati dallo strumento, non se ne resta certo vittime. D: Osservando l’andamento del suo lavoro, si nota un forte cambiamento,


segnato in particolare dalla scomparsa della figura umana. Da cosa è derivato questo cambiamento? R: Nel periodo in cui ho iniziato a insegnare, in pieno ’68 – anni rivoluzionari – mi sono fatto trascinare da questi movimenti di ribellione e ho fatto dei lavori con l’intento di creare una schedatura della povertà e della sofferenza. I miei lavori erano per me particolarmente sentiti, credevo veramente che le cose sarebbero potute cambiare. Ma poi la realtà si è dimostrata completamente diversa e ci fu una sorta di naufragio delle aspettative, insieme a un riflusso di pensieri positivi fino a cadere in una profonda delusione, coniugata a immagini di una realtà metafisica, surreale. Infatti osservando le fotografie, si nota la mancanza totale di elementi che ne connotino l’epoca. D: Che tipo di responsabilità ha l’artista in questo particolare periodo storico? R: Non parlerei di responsabilità. L’artista deve avere l’onestà di pensiero di affermare la propria opinione, che non deve essere solo speculativa, ma ap-

partenere a un’identità espressiva. D: Quali artisti l’hanno ispirata? R: Guardando al passato direi Magritte, per la dimensione surreale delle visioni del mondo. Più vicini a noi, per un concetto metafisico, parlerei di De Chirico. D: Per il progetto “Gli occhi del Louvre” com’è arrivato a concepire quella istallazione e come l’ha sviluppata? R: Mi hanno chiamato dal Museo per chiedermi se volessi realizzare un progetto sul Louvre. Da due anni il Museo ha allestito un’area dedicata all’arte contemporanea, chiamando artisti da tutto il mondo a realizzare un progetto che avesse come soggetto il Louvre stesso. Osservando i volti dipinti dei grandi maestri dell’arte occidentale, mi sono chiesto cosa avrebbero potuto realizzare questi autori se avessero avuto a disposizione una macchina fotografica. Di certo, dei ritratti straordinari, allora, ho deciso di farlo io per loro. Per dare una continuità temporale al progetto, ho fotografato le persone che oggi “appartengono” al Louvre: dal diret-

tore generale, all’inserviente, al pompiere, ecc. Abbinando i loro volti a quelli dei quadri selezionati, con uno studio di fisiognomica non indifferente, ho creato una continuità di sguardi. Il tutto poi si è fuso in un’installazione, dove ho allineato gli sguardi dei protagonisti, creando un effetto suggestivo molto intenso. D: Cosa pensa della fotografia italiana di oggi? R: Non posso e non voglio emettere giudizi. Certo, rispetto ad altre realtà come per esempio quella degli Stati Uniti, siamo indietro. Da noi non esiste una tradizione di scuola fotografica italiana, siamo arretrati a livello istituzionale e di pari passo alla creatività e alla volontà di diventare artisti non è cresciuta una valenza critica adeguata. Ma per realizzare un lavoro importante, che resista nel tempo, non è necessario avere un’idea per forza originale, diversa da quel che altri autori fanno. Può essere sufficiente anche accodarsi a un filone già esistente ma contribuendo ad arricchirlo e a valorizzarlo. La cosa importante, insomma, è avere un progetto che funzioni.

Intorno a una foto

Studio per un nudo

La Fotografia “Studio per un nudo del 1967” fa parte della mostra “Nudi dentro cartelle ermetiche”, presentata da Cesare Zavattini ed esposta per la prima volta presso la galleria Il Diaframma di Milano, luogo di promozione della fotografia italiana diretto all’epoca da Lanfranco Colombo. In quegli anni le sperimentazioni tecniche e linguistiche erano alla base del lavoro di Jodice. Egli riflette più volte e in modi diversi sull’atto stesso di fotografare, ed in questo caso l’attenzione è posta in maniera prominente sulla selezione del singolo fotogramma, scelta che è sottolineata dalla presenza sull’immagine stessa della serie di provini, che stanno ad enfatizzare come il fotografo interagisca con il soggetto, scattandone diverse pose e diversi punti di vista, tutto sotto un estremo controllo progettuale.


Intorno a una foto

Atleta

Nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Mimmo Jodice ritrae una serie di bronzi provenienti da Ercolano, realizzando fotografie che saranno poi riunite nel progetto “Mediterraneo”. Particolare è il volto della fotografia “Atleta” del 1986, testimonianza di una memoria perduta, ma che in quest’immagine cerca disperatamente di ritrovarsi. La stessa scultura sembra una fotografia catturata secoli fa e restituitaci per parlare ancora oggi. Jodice, è un predatore di lacerti frammenti dell’antico, unici testimoni di una sovranità di rappresentazione ormai cristallizzata nei secoli. Il volto prende vita, vi è quasi l’impressione che da un momento all’altro si sia assordati da un urlo disperato, da una voglia di liberazione. È uno scatto che trasmette inquietudine e impazienza, sembra quasi che la materia voglia prendere vita da un momento all’altro. L’intento di Mimmo Jodice non è quello di ricordare il passato, ma di celebrare un luogo mistico. La potenza di questo volto deriva prima di tutto dalla suggestione stessa che l’autore sente migrando mentalmente a ritroso nel tempo.

Intorno a una foto

Opera 39

Questa fotografia fa parte del progetto “Eden” confluito nel libro omonimo del 1998, curato da Germano Celant. È la rappresentazione di una visione snaturata di quella che era la tradizione della natura morta, un tempo allestita nei “salotti buoni”, che riconducevano a una tranquillità d’animo. In queste “vanitas” contemporanee, non c’è staticità, tutto è in movimento, sono riprese rituali di una crudeltà legata all’esibizione di gesti e oggetti banali (un paio di guanti, una parrucca, forbici, cibo esposto sui banchi del mercato e nelle vetrine, ecc). Questa immagine in modo particolare, sembra anche rimandare al rumore stesso delle stoviglie, amplificato dalla proliferazione ripetitiva di quest’ultime. In questo lavoro Jodice porge il suo estremo omaggio alla sua città, Napoli, gorgo di memorie arcaiche e storie personali, come se ci si immergesse, sgretolandosi nel profondo della sua essenza più prosaica, fatta di fremiti vitali e cerimoniali eterni, quasi primitivi.

Gli espedienti fotografici, utilizzati maggiormente nel momento della stampa in camera oscura, completano e intensificano attraverso la sfocatura della parte periferica dell’immagine questo viaggio emozionale.


Intorno a una foto

Sibari

Fotografia appartenente alla serie “Mare”, compresa nel libro Perdersi a guardare, edito da Contrasto nel 2007. L’Italia e il suo paesaggio sono espressi attraverso una visione silente, meditativa, fuori dal tempo e dalla realtà. La fotografia, scattata in Calabria a Sibari, sembra essere una sintesi perfetta dell’intera visione dell’autore. Il protagonista indiscusso è il mare, definito da Mimmo Jodice stesso come “spazio verso l’infinito”. La linea dell’orizzonte, che sempre simboleggia una volontà di perdersi e di fuggire dal tempo, ritrova in quella del mare il suo momento massimo. La sintesi formale, la ripetizione ritmica dei bianchi e dei neri, la loro ridotta gradazione, restituiscono l’idea un silenzio ancestrale. La riflessione è accentuata ancor di più dalla presenza di una sedia in primo piano, testimonianza di uno spettatore altrettanto invisibile. È proprio questa semplicità compositiva che consegna al fruitore la possibilità di molteplici letture ed interpretazioni.

Intorno a una foto

Les Yeux Du Louvre

La suggestione di Jodice verso l’atemporalità prosegue nel suo ultimo lavoro, “Les Yeux Du Louvre”, commissionato e presentato lo scorso 2011 dal Museo stesso. Jodice questa volta si confronta con i grandi maestri della pittura occidentale. Affascinato dall’espressività dei volti dipinti dagli artisti, riflette sulla rappresentazione, immaginando cosa avrebbero fatto questi pittori se avessero avuto la possibilità di utilizzare una macchina fotografica.

Egli fa la stessa operazione ritraendo i lavoratori del Museo e le persone che lo frequentano in relazione alla riproduzione degli sguardi impressi nelle tele. In questo modo la realtà attuale si confonde con quella del passato a testimonianza dell’immutabilità dei sentimenti umani. Ad annullarsi è anche la differenza fra il linguaggio pittorico e quello della fotografia, tant’è che la distinzione tra il volto dipinto e quello fotografato tende gradualmente a scomparire.


Bibliografia essenziale Nudi dentro cartelle ermetiche - galleria Diaframma, Milano, 1975; La Napoli di Mimmo Jodice - “Progresso Fotografico”, numero monografico, Milano gennaio, 1978; Vedute di Napoli - Mazzotta, Milano, 1980; Naples une archeologie future - Institut Culturel Italien, Parigi, 1982; Un secolo di furore - Edizioni Editer, Roma, 1985; La città invisibile - Electa, Napoli, 1990; Tempo interiore - Federico Motta Editore, Milano, 1993; Mediterraneo - Art&, Udine, 1995; Paris, City of Light - Maison Européenne de la Photographie/Aperture, New York, 1998; Eden, Leonardo Arte, Milano, 1998; Reale Albergo dei Poveri - Federico Motta Editore, Milano, 1999; Mimmo Jodice. Retrospettiva 1965-2000 - G.A.M., Torino, 2001; Inlands. Visions of Boston - Skira, Milano, 2001; Silence - Musée de la Mer, Cannes, 2002; Mimmo Jodice, Sao Paulo - Skira, Milano, 2004; Perdersi a guardare - Contrasto, Roma, 2007; L’Errance du Regard - Actes Sud, Parigi, 2007; Transiti - Electa, Napoli, 2008; Pompei. Parole in viaggio - Contrasto, Roma, 2010; Les yeux du Louvre - Actes Sud, Parigi, 2011

© Mimmo Jodice - Napoli, 1990. Panorama

Principali mostre personali e collettive • 1967 Napoli, Libreria La Mandragola. • 1968 Urbino, Teatro Spento, Palazzo Ducale. • 1970 Milano, Galleria Il Diaframma. • 1974 Milano, Galleria Il Diaframma, “Fotografie dal Giappone”. • 1978 Napoli, Studio Trisorio, “Identificazione”. • 1981 Napoli, Museo Aragona Pignatelli Cortes; Milano, Galleria Il Diaframma; Roma, Galleria Rondanini; Bari, Neapolis – Spazio Immagine. • 1982 Venezia, Biblioteca Marciana (Biennale). • 1986 New York, Memorial Federal Hall. • 1988 Arles, Musée Réattu. • 1992 Praga, Palazzo degli Irlandesi, “Confini”.

• 1996 Napoli, Museo di Capodimonte, “Arti visibili”. • 1998 Duesseldorf, Kunstmuseum, “La citta invisibile”. • 2001 Boston, MassArt. • 2002 Cannes, Musée de le Mer, “Silenzio”. • 2004 San Paolo, Museo de Arte de São Paulo. • 2006 Napoli, Palazzo Reale, “Città Visibili”. • 2007 Tok yo, Istituto Italiano di Cultura, “Mito Mediterraneo”. • 2008 Napoli, Museo di Capodimonte. • 2010 Roma, Palazzo delle Esposizioni. • 2011 Parigi, Museo del Louvre, “Les yeux Du Louvre”.

© Mimmo Jodice - Paestum, 1985

La Fondazione FORMA per la Fotografia e NABA, Nuova Accademia di Belle Arti, organizzano il Master in Photography and Visual Design. Giunto alla sesta edizione, si tratta del primo e unico master accademico di settore legalmente riconosciuto offerto in Italia. Costruito con l’obiettivo di sviluppare competenze teoriche, tecniche e pratiche, questo programma di durata annuale è orientato alla formazione di fotografi, curatori, photoeditor e altre figure professionali specializzate nello studio e nel trattamento delle immagini fotografiche.

Progetto a cura di Forma Fondazione FORMA per la Fotografia

Le prossime uscite

Piazza Tito Lucrezio Caro 1 – 20136 Milano tel. 02.58118067 - 02.89075419 www.formafoto.it

Gabriele Basilico

Redazione: Maria Barkova, Roberta Dal Verme, Valentina Ghiringhelli, Teresa Giannico, Alberto Lapenna Progetto grafico: Daniele Papalini Foto di copertina: Studio di Mimmo Jodice, Posillipo Finito di stampare nel mese di marzo 2012 presso EBS, Verona

Gianni Berengo Gardin Piergiorgio Branzi Franco Fontana Nino Migliori Ferdinando Scianna


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