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Il mio ricordo personale del professor Sergio Ferrari
MARCO DAL RÌ Già Dirigente del Centro Istruzione e Formazione
Festeggiamento per il 50° dell’Istituto Tecnico Agrario nel 2008. Sergio Ferrari è il secondo da sinistra in seconda fila. Assieme a lui alcuni docenti coetanei e nelle file posteriori i primi diplomati dell’Istituto Tecnico Agrario Il giorno 11 febbraio 2021 dopo breve malattia, inaspettatamente, il professor Sergio Ferrari ci ha lasciato. La sua dipartita ci ha visti increduli in quanto fino a poche settimane antecedenti alla sua morte era ancora, nonostante l’età, dedito alla sua attività di giornalista agricolo appassionato e viscerale, con un’attenzione particolare al suo “grande amore” da sempre: l’Istituto Agrario di S. Michele a/A (ora Fondazione E. Mach). Personalmente sento il bisogno di ricordarlo con una breve nota sull’annuario della scuola (nella quale lui è stato per tanti anni docente). Ho avuto modo di conoscere abbastanza bene il prof. Ferrari con il quale mi sono rapportato in diverse fasi della mia vita: prima come suo allievo negli anni ’70, quando ero giovane studente dell’Istituto Agrario, successivamente come collega, quando mi trovai anch’io nelle vesti di Docente di Botanica e Fitopatologia nella stessa scuola nella quale mi ero diplomato e infine, dopo il suo pensionamento, come amico. Il nostro rapporto è comunque sempre stato di grande rispetto reciproco e nel tempo anche di particolare confidenza; tuttavia, per me, è sempre rimasto il prof. Ferrari. In questa breve nota vorrei quindi ricordare Sergio Ferrari attraverso questi tre momenti della mia vita. Da studente lo conobbi nel 1973, anno in cui iniziai il terzo anno del sessennio enologico; in realtà la sua fama l’aveva preceduto in quanto, già nel biennio, noi studenti sapevamo attraverso i racconti dei più vecchi che in terza avremmo avuto “il Sergio” (così era soprannominato dagli studenti) un professore molto severo ed esigente. In realtà l’impatto che io ebbi fin dalle prime lezioni, al di là del timore derivato dalla sua fama, fu positivo in quanto avvertii
una grande passione nel suo modo di insegnare e un approccio alla didattica quasi di tipo universitario che mi stimolò immediatamente l’interesse e la voglia di approfondire la materia che lui insegnava, suscitando in me la passione per Botanica, anche in quegli aspetti di fisiologia vegetale più complessi. Ricordo ancora un’interrogazione di fine anno in seguito alla quale ricevetti come voto nove: lo stesso Ferrari dichiarò che era la prima volta nella sua carriera di docente che dava quel voto. Negli anni successivi l’interesse suscitato per le materie fitopatologiche fu ancora maggiore in quanto il prof. Ferrari riusciva a farci comprendere e toccare con mano lo stretto rapporto tra queste discipline e la futura attività professionale in campo come tecnici agricoli. E’ ancora vivo in me il ricordo di quanto diceva a noi studenti: se alla fine di questo corso voi sarete capaci di andare al bar e discutere, davanti ad un buon bicchier di vino, con gli agricoltori della difesa del frutteto o del vigneto non avete bisogno di tante interrogazioni e verifiche scolastiche. Io penso che devo proprio al prof. Ferrari la scelta che feci successivamente al diploma di laurearmi in Scienze Agrarie con un piano di studi di difesa delle colture e la tesi in quel settore in modo da poter accedere, dopo l’abilitazione specifica, all’insegnamento proprio di quelle materie. Entrato come docente all’Istituto Agrario di S. Michele su una cattedra parallela a quella del prof. Sergio Ferrari ne divenni collega condividendone con orgoglio l’ufficio. Per diversi anni, fino al suo pensionamento, avvenuto nel 1994, ho avuto il piacere di condividere con il prof. Ferrari tanti momenti belli, coinvolgenti ed importanti per la mia crescita di docente. Durante il primo periodo del mio incarico di docenza, quando mi era possibile, mi permetteva di seguire le lezioni che teneva a suoi studenti. Questi momenti sono stati molto utili e mi hanno permesso di perfezionare il mio approccio alla didattica ma soprattutto mi sono serviti per “tarare” meglio i programmi e gli argomenti da sviluppare a lezione: come succede alla maggior parte dei neo-docenti, anch’io nei primi anni di insegnamento ero portato spesso a dare molta importanza a tanti contenuti a scapito dell’interazione con gli studenti e del conseguente lavoro di approfondimento con loro. Il prof. Ferrari, forte della sua esperienza, mi mostrò fin da subito cosa è importante e cosa non lo è nell’impostazione del programma di Botanica e soprattutto di fitopatologia. Di questo gli sono ancora molto grato. Devo inoltre dire che spesso mi coinvolgeva, nelle sue lezioni, per approfondire alcuni argomenti nei quali ero particolarmente preparato grazie anche all’attività di sperimentazione nel settore della difesa della vite che parallelamente svolgevo presso l’Istituto (in quel periodo era possibile svolgere l’attività di docente-ricercatore). Questo coinvolgimento era per me motivo di orgoglio e soddisfazione. Dopo il suo pensionamento, il prof. Ferrari ed io restammo frequentemente in contatto sia telefonicamente sia incontrandoci nelle varie occasioni in cui era possibile. In questo periodo del nostro rapporto di amicizia, devo dire che l’ho sentito molto vicino soprattutto quando assunsi l’incarico di dirigente del Centro Istruzione e Formazione; mi chiamava spesso al telefono per sapere le novità e quali erano gli sviluppi dell’attività didattica presso la FEM. Percepivo che condivideva la mia visione e la modalità di direzione delle attività didattiche e talora, quando avvertiva la mia stanchezza o la delusione, mi incitava ad andare avanti e non mollare perché mi diceva che stavo andando nella giusta direzione. Questo, in breve, il mio ricordo personale del professor Sergio Ferrari, uomo certamente non dal carattere facile, ma che per me rimarrà sempre colui che mi ha aiutato a crescere professionalmente ed anche umanamente con attenzione e affetto quasi paterni.