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L’esperienza CAPES a sei anni dalla sua attivazione

ANDREA SEGNANA Docente di Materie letterarie Un po’ di note tecniche per capire di cosa stiamo parlando. Nel febbraio 2013 il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e le Province autonome di Trento e Bolzano hanno sottoscritto un protocollo d’intesa che definiva i criteri generali per la realizzazione di corsi annuali per gli studenti che avessero conseguito un diploma professionale al termine del percorso di Istruzione e formazione professionale quadriennale e intendessero sostenere l’esame di stato. A partire dall’anno formativo 20142015, perciò, nella Provincia di Trento sono stati attivati dei CAPES (Corso Annuale per l’Esame di Stato) nelle articolazioni “Industria e artigianato” e “Servizi”. Nell’anno successivo anche la FEM ha deciso di far partire un Corso nell’ambito dell’”Agricoltura e ambiente”, che portasse al diploma di “Servizi per l’agricoltura e per lo sviluppo rurale”, equipollente al diploma di Istituto professionale, che in Trentino da parecchi anni ormai non è più conseguibile per la scelta della PAT di diminuire il numero degli Istituti professionali (ad esempio, a San Michele è scomparso l’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente). Attivare il corso per la FEM non è stata una scelta scontata, perché a differenza degli altri CFP trentini, che si occupano solo di formazione professionale, da noi già esisteva l’Istituto Tecnico e vi erano delle remore ad attivare un nuovo percorso che portasse studenti, che sicuramente avevano una preparazione molto diversa rispetto a quelli del Tecnico, al traguardo della cosiddetta “maturità. Erano contrari i dirigenti e gli insegnanti che ritenevano sbagliata la scelta della PAT, timorosi che potesse rivelarsi una scorciatoia allettante e comoda per bypassare la frequenza

del quinquennio del Tecnico, scenario che, però, finora non si è verificato. Il percorso CAPES ha l’obiettivo di formare gli studenti in tre aree di apprendimento teoriche (linguistica, matematica-scientifica, storico-socio-economica) e in un’area tecnico professionale che porti all’elaborazione di uno specifico project work, che possa valorizzare le competenze tecnico-professionali a partire dai risultati di apprendimento del percorso precedente, conclusosi con il diploma professionale di tecnico e, a San Michele, anche con l’acquisizione del brevetto di imprenditore agricolo. Accanto all’attività di Project work, il piano di lavoro individua come discipline caratterizzanti anche Economia agraria e dello sviluppo territoriale e Scienze integrate (in parte insegnata in modalità CLIL), le sole in cui è previsto possa svolgersi la seconda prova scritta d’esame. Vi sono poi Lingua inglese e Matematica e un numero di ore di Letteratura italiana e Storia doppie rispetto a quelle previste nel quinto anno del Tecnico. Insomma, come rivela la stessa denominazione del corso, si punta a preparare gli iscritti alle prove d’esame facendo recuperare loro competenze che non avevano potuto sviluppare in precedenza. L’accesso non è libero, ma legato al superamento di una selezione mirata all’accertamento del possesso di prerequisiti (da appurare attraverso due prove scritte di Italiano e Matematica) definiti dalla PAT per garantire uniformità di valutazione in tutti i CFP presso i quali sono attivati i corsi. Inoltre, non sono ammessi più di 25 studenti per corso, ma finora alla FEM non è stato necessario escludere nessuno. Nel corso degli anni è aumentata la percentuale di studenti in uscita che si iscrivono alle selezioni. Per l’anno 2021/2022 si è attestata sul 40% e ha riguardato soprattutto studenti provenienti dal corso per tecnici imprenditori agricoli (anche frequentato in modalità duale, cioè in alternanza scuola/lavoro), anche se non mancano i tecnici alla trasformazione agroalimentare. Il CAPES è certamente un’opportunità per i tecnici professionali in possesso di discrete competenze di base. Non si tratta di transitare dal sistema dell’Istruzione e formazione professionale a quello dell’Istruzione, come del resto rimane sempre possibile fare, ma di intraprendere un percorso che possa portare comunque ad ottenere un titolo che consenta, oltre che l’accesso all’Università, magari al corso di laurea in Viticoltura ed Enologia afferente al C3A (Centro Agricoltura, Alimenti e Ambiente, in convenzione tra FEM e Università di Trento), anche di iscriversi ai percorsi di Alta Formazione attivati sempre presso FEM (Tecnico superiore del verde e Bevande) o di sostenere l’esame per il conseguimento del titolo di Perito Agrotecnico, importante soprattutto per gli studenti che possiedono un’azienda agricola e possono così integrare il loro reddito con un’attività di libera professione. La tendenza all’aumento delle adesioni, però, è dovuta anche all’esigenza di un surplus di formazione culturale. Infatti, parecchi studenti si dicono principalmente mossi dal desiderio di completare la loro preparazione e, una volta terminato il CAPES, si immettono nel mondo del lavoro senza utilizzare il loro nuovo diploma. Certamente, le difficoltà per gli studenti durante il CAPES non mancano. Innanzitutto, può succedere che qualcuno si ritiri, magari dopo poche settimane o pochi mesi, perché si rende conto della mancanza di una forte motivazione che lo dovrebbe sorreggere o valuta come insormontabili le difficoltà riscontrate. Inoltre, a volte, con il tempo svanisce la presa delle legittime aspirazioni e pressioni dei genitori che hanno spinto inizialmente il figlio a superare la selezione e frequentare il percorso… Nel corso degli anni, però, si è notata una progressiva diminuzione di coloro che decidono di interrompere la frequenza e questo può dipendere da una maggiore capacità di valutare in modo realistico, prima dell’iscrizione, le proprie competenze o la propria determinazione a frequentare il corso.

Poi, possono pagare lo scotto, almeno in partenza, di un’impostazione legata a una didattica più tradizionale e frontale, anche più nozionistica, rispetto a quella cui erano abituati. Mancano le attività laboratoriali, all’aria aperta, le uscite didattiche, i tirocini. Anche il loro modo di operare cambia rispetto agli anni di formazione precedenti. Si richiede loro di possedere un metodo di studio adeguato alla necessità di rielaborare i contenuti delle lezioni a casa, nei pomeriggi liberi e nel fine settimana. Le verifiche sono più impegnative e, specie all’inizio dell’anno, si nota il loro sforzo di adattarsi alla situazione, cercando di comprendere come riuscire ad avere successo modificando il loro approccio: prendere più appunti, fare mappe e connessioni, gestire una nuova e diversa complessità. Arriva sempre un momento dell’anno in cui qualcuno entra in crisi, si chiede se ha fatto la scelta giusta e ha bisogno di essere spronato a insistere e a far leva sulla sua forza di volontà. In questi casi, riuscire a fare gruppo e sostenersi a vicenda aiuta, perché crea sinergie e mobilita anche risorse interiori latenti. In primavera, gli studenti hanno la possibilità di partecipare al viaggio d’istruzione di fine corso all’estero che ha la finalità di offrire loro un approfondimento culturale e che viene vissuto sempre con entusiasmo, rivelandosi un’occasione per avvicinarsi con spontaneità e stupore alle meraviglie artistiche e alle tradizioni culturali delle città visitate. Al termine dell’anno, pur preoccupati per l’incipiente esame, sono in genere fieri di essere riusciti a portare a termine l’avventura e, anche a distanza di tempo, ritengono di avere fatto la scelta giusta e si dichiarano contenti di aver frequentato il Capes. La loro soddisfazione, certo, non è garanzia della qualità dell’offerta formativa, ma è un importante indice di gradimento che serve a rafforzare la convinzione della validità del CAPES e della sua proposta complementare a quella dell’Istituto Tecnico.

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