Il giornale di Architettura in Città

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Architettura in Città

Anticipazioni e curiosità dai principali eventi del festival in calendario

Supplemento di TAO, periodico di informazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Torino | Registrato presso il Tribunale di Torino con il n. 51 del 9 ottobre 2009 | Iscritto al ROC con il n. 20341 del 2010 n. 1/2014

La quarta edizione di Architettura in Città, a cura della Fondazione OAT con l’Ordine Architetti Torino, si svolgerà dal 10 al 14 giugno. Partecipano al festival oltre 160 soggetti culturali. Tema di quest’anno è Ritorno al futuro, un auspicio affinché creatività e progetto si confrontino con l’insieme dei soggetti che fanno cultura, gli architetti e i cittadini nella consapevolezza che è necessario tornare a parlare di futuro con forza visionaria, attraverso l’ibridazione tra architettura e altre discipline. 5 Dialoghi tra esperti (uno a sera dal 10 al 14/6) per 5 temi da condividere con la platea per una visione sul futuro di alcune azioni quotidiane: abitare (Mario Cucinella e Luca Mercalli), apprendere (Carlo Pession e Paolo Crepet), nutrirsi (Stefano Boeri e Oscar Farinetti), lavorare (Benedetta Tagliabue e Giuseppe Allegri), oziare (Patricia Urquiola e Davide Ferrario). Si può contribuire alla discussione usando l’hashtag #AIC14 #abitare (o un altro dei 5 temi) sul profilo di Twitter e di Facebook della Fondazione OAT. Dall’11 al 13 giugno, ai Dialoghi seguiranno le proiezioni di film selezionati da CinemAmbiente, con cui si inaugura una nuova partnership, mentre si consolidano quelle con Musica90, con 4 concerti dal vivo, e con Xplosiva per la festa finale. Fondazione OAT partecipa inoltre alla realizzazione degli AB Tour di Fondazione Fitzcarraldo e al progetto Tabula Casa di Gianluigi Ricuperati. La casa del festival sarà il BasicVillage, che apre le porte agli eventi il 10 giugno alle 19. Dall’11 al 14, l’orario sarà dalle 14 alle 24 con dibattiti, proiezioni, mostre, performance. Il festival vive anche in sedi diffuse in città e fuori città con iniziative tutte da scoprire. www.architetturaincitta.it


Architettura in Città 2014

Editoriale

Questo Festival Immersi nella gestione del quotidiano, costretti dai morsi della crisi, abbiamo “dimenticato” in questi anni di occuparci di futuro. Un danno notevole per chi ha scelto il progetto come proprio mestiere, perché è nel progetto stesso che risiede l’azione di prefigurare lo scenario che verrà; un danno anche per la collettività che, forse senza rendersene conto, perde un contributo importante di elaborazione e costruzione del proprio futuro, inteso come progetto dei luoghi, dove la vita futura svilupperà il proprio quotidiano: APPRENDERE, LAVORARE, NUTRIRSI, OZIARE. Ritorno al futuro è dunque questo: l’invito a rialzare lo sguardo verso l’orizzonte, l’unico modo possibile per ricominciare a costruire pensiero ed opportunità per un futuro tanto più vicino quanto più ce ne faremo carico. Un futuro da progettare e del quale sappiamo con certezza una cosa: i modelli e gli stili di vita che ci hanno portato alla pesante caduta non solo economica di questi lunghi anni, dovranno radicalmente cambiare. “Inconsapevole”, riferita alla collettività, è una delle parole chiave di questo Festival. Lo è perché esiste un solco profondo fra l’immaginario collettivo sul “mestiere” dell’architetto e la realtà. L’immagine che prevale si alterna fra gli “artisti del micro” e le archistar della grande opera pubblica o privata, disconoscendo quasi completamente l’intera “gamma” di attività proprie del fare dell’architetto, che possono avere positive ricadute sul quotidiano futuro di ognuno. Paradossalmente scontiamo in questa mancanza di conoscenza il fatto che gli architetti non sono protagonisti per il loro specifico professionale nella letteratura, nel cinema, nelle serie televisive, ... come accade per altre categorie i cui rappresentanti sono diventati nel tempo irrinunciabili eroi quotidiani per famiglie; forse questo non era proprio il risultato che si sarebbe voluto (o che vorremmo), ma ha contribuito ad affinare la percezione, la conoscenza ed in qualche modo la stima della collettività verso di loro. Nell’immaginario collettivo, che lo si voglia o no, l’architetto non si occupa di problemi concreti; si occupa del superfluo ed il superfluo, appunto, è superfluo e non gode di grande popolarità in tempi di crisi. Come rispondere? Intanto chiarendo che non tutto ciò che appare inutile è davvero inutile (sul tema consiglierei la lettura del recente saggio “L’utilità dell’inutile” di Nuccio Ordine) e che ciò vale anche per quelle parti del mestiere dell’architetto che sembra lo siano; tuttavia, “se fatti non fummo per viver come bruti”, anche l’inutile puro ha contribuito al progredire della storia. Per contro, è anche vero che gli architetti spesso non fanno molto per avvicinarsi “al mondo”, che sovente guardano con sufficienza anziché con passione. Ecco allora il secondo tema portante del Festival, parlare a tutti, parlare in modo comprensibile, coinvolgere il pubblico facendo azione di divulgazione, mettere a confronto diretto sul tema del

futuro architetti e non architetti, “costringersi” ad un dialogo necessario … in assenza di telefilm dedicati. Architettura in Città sino ad oggi si è caratterizzato per la capacità di porre all’attenzione del pubblico una settimana di eventi che parlano di città, di territorio e di architettura e delle loro relazioni con altre discipline ed arti. Qualcuno mostra tentando di esporre il meglio di sé, gli altri guardano: è stato un buon avvio ma non c’è l’interazione diretta che si deve trovare. Questa nuova edizione del Festival vuole tentare un modello più interattivo, essere un luogo ed un tempo dove sulle idee ci si può confrontare e si può sperimentare, verificando direttamente le proposte e mettendo alle strette i loro autori, in una parola il modello è: partecipare. Partecipare tutti, architetti e non architetti, per interesse personale o semplicemente per curiosità, ma con la disponibilità a occuparsi insieme di futuro attraverso le proprie visioni. Le risposte sono state positive ed il festival che si prefigura sarà espressione di un rinnovamento importante che chi ha proposto iniziative nelle passate edizioni e molti nuovi soggetti hanno accolto con entusiasmo. Molti architetti si sono lasciati coinvolgere, approfittando dell’occasione per sperimentare il difficile ruolo di protagonista in un confronto aperto che non offre indizi sui risultati. Qualche ritrosia tuttavia l’abbiamo registrata, che lì per lì ci ha stupiti; invece a ben pensarci è solo la dimostrazione che la nostra tesi iniziale è corretta, l’obiettivo è giusto. Troppo a lungo abbiamo tenuto lo sguardo inclinato verso il basso, ci siamo dimenticati che per costruire il futuro bisogna alzarlo, avere la consapevolezza di ciò che si ha alle spalle, conoscere le difficoltà del momento, ma pensare al progetto che si vuole realizzare e lavorarci con passione: non da soli, però. Giorgio Giani

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ABITARE

Abito su misura Indossiamo abiti realizzati con materiali naturali, che non irritano la pelle e adeguati alla stagione; della nostra misura, che esaltano la figura e minimizzano i difetti. Allora perché non scegliere (e modificare) i luoghi che abitiamo?

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luoghi dove svolgiamo la nostra esistenza sono ‘casa’? Oltre al nostro appartamento, le aule dove studiamo, gli spazi di lavoro, la stanza d’albergo, la cella del carcere, la camera d’ospedale, l’automobile o il tir e la città stessa sono spazi che abbiamo addomesticato o nei quali ci siamo ambientati? Non li vorremmo a nostra misura? Abito e abitare condividono di fatto la stessa radice latina. Constatazione che ha ispirato artisti come Lucy Orta, sintetizzando in Refuge Wear-Habitant l’involucro minimo che è abito e casa. Una tenda-tuta

ricerca di un’altra collocazione e chi messo nella condizione di provare nuovi modi di gestire il proprio tempo in luoghi non convenzionali. Le auto sono abitazioni minime e mobili, usate da chi con il lavoro ha perso anche la casa e si stringe all’unico bene che gli è rimasto. D’altro canto, le auto, sempre più intelligenti, si candidano a sostituirci alla guida, lasciandoci il tempo di rispondere alle email e alle telefonate più urgenti prima ancora di entrare in ufficio, se ci entreremo più: anziché una scrivania, presto cercheremo un parcheggio, in un bel vedere, perché saremo sempre connessi e potremo lavorare dove più ci piace. Se parliamo di edifici - in attesa che la domotica scandisca modalità e tempi quotidiani - il patrimonio edilizio italiano è in grande parte inadeguato e fatiscente. Se esistessero le condizioni economiche per abbatterlo, “La definizione di sostenibilità quelle ambientali per smaltire corretdeve tener conto del carattere tamente i rifiuti del cantiere e ricostrutecnico e prestazionale e di un ire secondo criteri nuovo rapporto tra architettura di sostenibilità, e quelle politiche per e il paesaggio, un’empatia garantire qualità di creativa, dove l’architettura è vita per la società corrette interprete delle diversità sociali, attraverso scelte architettoniche e urbanistiche, economiche e culturali.” potremmo realizMario Cucinella zare parti di città di nuovo vivibili e a da indossare e da abitare, fornita di kit di misura d’uomo. sopravvivenza; la certezza di un rifugio imÈ tempo di avviare una Green Italy, per mediato per i senza tetto, i terremotati, gli dirla con Ermete Realacci, una “Green Ecoalluvionati. L’avremmo voluta per riparare nomy in salsa italiana che affondi le radici dal gelo della notte l’uomo e il bambino sul- nella storia, ma si proietti nelle sfide del fula strada di Cormac McCarthy. La vorremturo”; recuperare il concetto ‘Abitare è essere mo per noi, se fossimo costretti a migrare ovunque a casa propria’ dell’ideologia degli per scappare dal nostro paese in guerra. anni Cinquanta dell’Internazionale SituaIn questa epoca, segnata da uno iato prozionista, su cui ha a lungo lavorato Ugo La fondo tra il sempre crescente numero di Pietra, proponendo riflessioni sul territorio chi sta peggio e i pochi che stanno sempre urbano per superare il concetto di spazio da meglio, gli individui sono ironicamente ‘usare’ a favore di uno spazio da ‘abitare’. accomunati da un processo di diffusione, di Le nostre città - caratterizzate da periferie frammentazione delle loro vite, chi costretcome zone abbandonate ai margini ma to ad abbandonare la casa e il lavoro alla anche in pieno centro storico - si meritano

Dialoghi

un ricamo, azioni multidisciplinari e allargate, diffuse e partecipate, qualcosa di più del rammendo proposto da Renzo Piano. Non una toppa nuova al maglione vecchio e logoro, ma scelte puntuali, pensate e realizzate per quello spazio, quel vuoto urbano, quella sfrangiatura. Un recupero a consumo zero di suolo, magari in versione Senseable City, il tessuto urbano proposto da Carlo Ratti, fortemente contaminato dalla cultura digitale, capace di tracciare il percorso dei rifiuti, di rendere la città condivisibile virtualmente, permettendo di mappare la mobilità e di istruire un sistema di trasporti intelligente, che dimezzerebbe il traffico garantendo la stessa possibilità di spostamento ai cittadini. Ma anche interventi di resilienza urbana a scala ridotta per fronteggiare i cambiamenti climatici, non solo imponenti opere come il Mose di Venezia, ma Water Squares come a Rotterdam, piazze come luogo di incontro e di svago che all’occorrenza diventano vasche di raccolta di copiose precipitazioni minimizzando l’innalzamento dell’acqua e proteggendo così la città, o verde sui tetti e verticale sulle facciate, non tanto estetico quanto antidoto all’inquinamento urbano. Per controllare il cambiamento climatico e mantenere l’aumento della temperatura media globale entro i 2°C bisogna ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera. Aumentare l’efficienza energetica e ridurre gli sprechi. Nuovi ambiti professionali per gli architetti deriveranno dall’urgenza di contrastare le calamità naturali, riconvertire il patrimonio edilizio dismesso, rendere le periferie esistenti città del futuro e non realizzarne di nuove, valorizzare la predisposizione geografica e climatica del territorio italiano

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Abitare il futuro

Dialogo tra Mario Cucinella e Luca Mercalli Festival Architettura in Città BasicVillage Tettoria Gregoretti Corso Regio Parco, 39 Torino Martedì 10 giugno ore 19.30  Mario Cucinella

Luca Maria Castelli  Luca Mercalli Andrea Avezzu

“Abbiamo ancora uno spazio di manovra per mitigare gli effetti del riscaldamento globale consumando meno risorse oggi, ma non possiamo prescindere dal progettare strategie di adattamento per fronteggiare nuovi scenari ambientali.” Luca Mercalli per sfruttare le fonti di energia alternative. Il senatore Renzo Piano ha detto bene, il miglior progetto architettonico-politico riconosce gli architetti come i sensori della società e forma una generazione di giovani professionisti a cui chiedere idee per la crescita della città.


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Dialoghi

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APPRENDERE

L’educazione è attività difficile Non è sempre facile il dialogo tra un adulto e un adolescente. Non solo perché il primo si è già nutrito e ha già forgiato la sua personalità e l’altro ha fame adesso, bulimico di vita, “Cortile, campo da calcio, ma anche per il diverso atteggiamento verso il futuro. parrocchia erano i luoghi dell’educazione, oggi delegata uante volte sulle sudate carte abbiamo non hanno saputo tradurre i progetti nella allo schermo del televisore o pensato con diffidenza all’origine delpiacevolezza dei luoghi, sovente privi anche del pc. Bisogna invece educare la parola scuola? In greco significava di qualità esecutiva, ad eccezione di timidi ‘libero e piacevole uso delle proprie forze, slanci al rinnovamento proposti in alcune alla libertà. Tutto il resto è soprattutto spirituali, indipendentemente da scuole degli anni Settanta. addestrare e indottrinare.” ogni bisogno o scopo pratico’, come l’otium Siamo consapevoli che il complessivo

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latino, ben distinto dal negotium. È in epoca recente che ‘scuola’ ha iniziato ad identificare il luogo dove si attende allo studio. Luogo resistente ai cambiamenti, anacronistico rispetto agli spazi della didattica quanto ai suoi strumenti e contenuti; eppure è proprio su questi aspetti che si gioca il futuro della formazione scolastica e personale delle giovani generazioni. Sulla tipologia degli edifici pesa l’eredità ottocentesca: l’austerità degli ambienti, i soffitti alti, la scelta dei materiali, una architettura che se può tranquillizzare il passante perché ne riconosce i codici stilistici,

patrimonio edilizio scolastico del nostro paese è ampiamente inadeguato e insicuro. Generalmente gli edifici non sanno offrire confortevoli spazi interni di relazione per la popolazione scolastica e neppure esterni di dialogo con il rione; sono energivori, decadenti, fragili, inospitali: la luce naturale e l’illuminazione artificiale sono mal gestite così come l’aerazione; le attrezzature obsolete e le nuove tecnologie sono guardate con sospetto o sottoutilizzate. Se, come sensibilizza Andrea Bajani, “la scuola non serve, non deve servire, ma essere”, ad essa si deve chiedere innanzitutto di essere un luogo sicuro, in cui si apprende anche la conoscenza degli spazi e la gestione del pericolo. La scuola in Italia ha dimostrato di poter essere una trappola mortale in caso di terremoto o anche solo per il collasso di tamponamenti obsoleti, controsoffitti non monitorati. Come è possibile pensare che basti individua“La costruzione di una scuola re un referente a cui sono state impartite dovrebbe essere il primo nozioni sulla sicurezza perché essa atto pedagogico. Oggi invece sia un diritto gasi chiede solo una risposta rantito? Perché non diffondere invece la funzionale ed economica. conoscenza, invitare L’architettura capace di donare all’osservazione, educare alla cura e un’emozione è vista come un alla responsabilità dell’edificio scolaaspetto superfluo.” stico (lo stesso vale Carlo Pession per qualsiasi altro edificio) tutte le è invece algida, respingente per chi la abita persone che lo abitano, anche gli studenti? nella quotidianità di studio e lavoro. D’altro Perché non sistematizzare e istituzionalizcanto, gli edifici realizzati nel momento del zare il ricorso a figure professionali quali boom economico e demografico se hanno architetti formati e dedicati, una sorta di risposto alla domanda di maggiori spazi medico di famiglia o medico condotto? Per

Paolo Crepet coinvolgere i giovani sulle tematiche della sicurezza (ma anche gli adulti) basterebbe forse un video gioco (serious game), di immediata comprensione e propedeutico all’esperienza diretta dei luoghi, al ‘prendere le misure’ dello spazio in cui viviamo. Oggi che non si gioca più in cortile, in piazza e per strada, luoghi percepiti dai genitori insicuri o più semplicemente vietati ai bambini dalla collettività, siamo tentati di rimandare il momento in cui i nostri figli possono conoscere in presa diretta gli spazi che li circondano, dalla piccola alla grande scala, dalla propria abitazione alla scuola, dal quartiere alla città. Limitare la loro libertà di movimento e di relazione, rischia di proiettarli in una dimensione di paura, diffidenza e ostilità. Quanti sono i bambini che si spostano da soli apprendendo come orientarsi e riconoscere non solo i pericoli, ma semplicemente gli spazi, i percorsi, i segnali? Come può l’architetto svolgere un ruolo sociale utile in questa direzione? Forse dovrebbe essere ridefinito innanzitutto il suo ruolo professionale in quel processo molto articolato che resiste al cambiamento e che comincia dalle decisioni politiche, continua con quelle economiche e programmatiche ma solo alla fine lo chiama ad intervenire per dare forma alle attese e ai bisogni della collettività. Sono passati 24 anni dall’avvio del progetto ‘La città dei bambini’ di Fano e la progettazione partecipata ha avuto molte stagioni per sperimentare, ma evidentemente non abbastanza per affrancare il metodo e misurare l’efficacia su tutta la città dell’azione multidisciplinare che parte dalle richieste che arrivano dal basso, dai bisogni dei più deboli. Il prevalere di un’interpretazione educativa ha limitato il successo dell’iniziativa. Forse è necessario tendere al passaggio da apprendere a comprendere, meno impositivo e unidirezionale, capace di scampare il pericolo dell’apprensione, della mania di controllo, che abbraccia e non soffoca, che ha e pretende fiducia, libertà, ‘con lo sguardo dritto e aperto sul futuro’.

Apprendere

Dialogo tra Paolo Crepet e Carlo Pession Festival Architettura in Città BasicVillage Tettoria Gregoretti Corso Regio Parco, 39 Torino Mercoledì 11 giugno ore 20.00


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on capiamo il valore delle cose finché non ci vengono a mancare. E finché possiamo chiediamo sempre di più, non per necessità e nemmeno per il gusto di possedere, ma per la noia di sprecare. Walid Mawed, palestinese, ha realizzato nel 2004 un’installazione artistica ospitata negli anni in diverse città: muri di tessuto nero a interrompere la vista del fiume, un monito per ricordarci l’importanza dell’acqua che è vita per tutti e business per pochi, e che per l’acqua e senza di essa si muore. A giudicare dai prodotti scaduti ancora integri buttati nei cassonetti, o ancora parcheggiati nei nostri frigoriferi e dispense, la crisi economica non ci ha reso più oculati. Siamo ancora gli abitanti opulenti della città di Leonia di Calvino; sosteniamo, continuando a sprecare, l’economia dell’illusione, come afferma Bauman. Last minute market ha avviato un processo di rimessa in circolo del cibo; abbiamo la nostra giornata mondiale contro lo spreco; iniziative come Fallen Fruit a Los Angeles si concentrano sullo spazio urbano e sul concetto di vicinato, ponendo la cittadinanza e la comunità in relazione con la frutta: azioni meritevoli ma ancora troppo deboli? Il futuro è l’agricoltura urbana? Al supermercato riempiamo il carrello di prodotti che non riusciamo a cucinare, a utilizzare, storditi dalle offerte, distratti dagli sconti, pilotati nelle corsie come criceti

Dialoghi

totale, e per molti il piatto piange da un po’: i cambiamenti climatici, la crisi dell’agricoltura, l’aumento demografico e la concentrazione nelle aree urbane hanno come conse-

qualità, mettendo sul piatto della bilancia il vantaggio di conoscere le eccellenze enogastronomiche di un territorio, contribuendo alla sua crescita economica, a fronte di un

NUTRIRSI

La società del rischio

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Nutrirsi

Dialogo tra Stefano Boeri e Oscar Farinetti Festival Architettura in Città BasicVillage Tettoria Gregoretti Corso Regio Parco, 39 Torino Giovedì 12 giugno ore 20.00

Nutrirsi d’illusioni, di vane speranze, come Guido Gozzano che si struggeva ricordando il tempo passato e la cattiva Signorina. “Il mio sogno è nutrito d’abbandono, di rimpianto. Non amo che le rose che non colsi. Non amo che le cose che potevano essere e non sono state...”

guenza comune la scarsità di cibo. Problemi troppo distanti da noi per capirli? Siamo rimasti i fanciulli che davanti al pasto non gradito e all’esortazioni della mamma a finirlo con le parole che dovrebbero toccare le nostre corde: ‘ci sono bambini che muoiono di fame’, rispondiamo candidi e fintamente generosi: ‘dallo a loro, mamma!’. Se crediamo di non avere responsabilità e di non poter giocare nel nostro piccolo un ruolo importante “Il vero contributo del Bosco variando le nostre (cattive) abitudini Verticale è la biodiversità: più alimentari, almeno rieduchiamoci al di 100 specie vegetali (solo gusto, al recupero 30 di alberi) e una varietà della tradizione culinaria, al piaceimprevedibile di specie di re di cucinare e di insetti e volatili innestati in un consumare il pasto compagnia, valofazzoletto di terra di 1500 metri: in rizzando il focolare domestico, rimetl’equivalente di un bosco di 2 tendolo al centro ettari nel centro di Milano.” dei nostri progetti di vita e di casa. Stefano Boeri Il cibo è scoperta, ricerca, condivisionella ruota e nei percorsi della gabbietta. Le ne. È il sapore inimitabile e che rimarrà inprimizie sono un ossimoro: non c’è frutto delebile nella nostra memoria di un piatto che non si possa trovare fuori stagione, che caratterizza la diversità degli alimenti di poco importa se arriva da lontano o se è un territorio, della preparazione, del conteOGM, l’importante è soddisfare la nostra sto, ambiente privato, ristorante, la strada in voglia, l’illusione di avere un frutto raro. cui lo consumiamo. Ciò di cui possiamo invece avere assoluta Abbiamo vissuto velocemente e oggi dobcertezza è di continuare a gravare e sempre biamo capire i rischi che corriamo e quelli un po’ di più sull’impronta ecologica a dan- che infliggiamo alle prossime generazioni. no del Pianeta. Mentre serviamo fragole a Rallentiamo dandoci il tempo per gustare Natale, dovremmo riflettere sulla fame nel e riduciamo la quantità, prendendoci il mondo e sul fatto che nel 2050 ci saranno tempo per capire che cosa portiamo sulla 2 miliardi di persone in più, 9 miliardi in nostra tavola. Prediligiamo comunque la

svantaggio ambientale (maggiore emissione CO2, maggiore utilizzo di imballaggi, maggiore sfruttamento di energia per la conservazione). La creatività ha permesso all’uomo il passaggio dal paradiso originale naturale a quello artificiale. Un Terzo Paradiso, come quello di Michelangelo Pistoletto, di fusione tra gli altri due, è oggi necessario, perché architettura, scienza, tecnologia, cultura, arte e politica restituiscano vita alla Terra, ai territori usurpati, cementificati in modo scriteriato e resi fragili. Staremo a vedere se l’Expo 2015 saprà lasciare in eredità un parco, un piccolo Eden di utilità sociale, formazione culturale e di rigenerazione urbana e non edifici destinati e rimanere vuoti.

“Sono contrario ai km zero praticati in modo radicale, perché se fermiamo la libera circolazione delle merci nel mondo, fermiamo anche la libera circolazione delle idee. Vorrei però trasportare solo le eccellenze e vendere per esempio barolo e barbaresco ai cinesi.” Oscar Farinetti


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LAVORARE

Il lavoro logora chi non ce l’ha Operare, impiegando le risorse fisiche o mentali, nell’esercizio di un mestiere, di una professione. La definizione di lavoro non riesce ad essere esaustiva perché dovrebbe contenere anche il suo contrario, la mancanza di occupazione e quella lunga lista di sinonimi che significano precariato.

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sodati, disoccupati, cassaintegrati, freelance, finte partite IVA, co.co. pro., licenziati, ricollocati, scollocati, a tempo determinato, a tempo scaduto, tante sono le sfumature per indicare il lavoro in tempo di crisi e la prospettiva che sia certezza, equilibrio e serenità che si allontana. L’analisi della solitudine del cittadino globale di Bauman non lascia scampo: le politiche neoliberiste hanno fallito perché hanno esaltato la libertà dell’individuo a discapito della dimensione collettiva. Lo stato di crisi che viviamo oggi non è dato solo dall’indecisione perché non si conosce il futuro ma dalla impossibilità di decidere perché le istituzioni non scelgono e non si assumono responsabilità. E noi come singoli? Sappiamo perché siamo in crisi, ma non abbiamo ancora capito come uscirne. Abbiamo creduto con ostinazione che la promessa del benessere a oltranza potesse essere mantenuta all’infinito, ciascuno preoccupato di procedere in una sorta di apnea, protetto dal suo paraocchi, concen-

trato a salvare il proprio posto di lavoro, allontanando il pensiero di poter essere il prossimo a cadere. Qualcuno è però un passo avanti agli altri, intento a prefigurare le condizioni di una nuova occupazione, nuove forme di lavoro, di aggiornamento, di utilizzo delle tecnologie, di individuazione di luoghi di lavoro non canonici, diffusi, o di ritorno alla casa bottega, che restituiscano dignità. Perché di questo si tratta: aiutare prima se stessi per poter essere poi di aiuto agli altri, come ci ricorda l’hostess ogni qualvolta saliamo su un aereo: in caso di necessità si rende disponibile l’ossigeno; indossate la mascherina e respirate; solo dopo aiutate chi vi sta vicino. Una metafora, verrebbe da pensare. Il viaggio è la vita, il nostro sedile è il nostro mestiere, l’ossigeno è ciò che permette di andare avanti superando una difficoltà momentanea (il prestito della banca a un tasso agevolato, ad esempio) e il vicino è chi dipende dalla nostra solidità: la famiglia, il gruppo di lavoro. L’immagine non ha però la forza di proiettarci in una sfera di ottimismo né di visione di un futuro migliore, diverso. Proviamo allora a ripartire da Zygmunt Bauman. “Oggi pochi ricordano che la parola ‘crisi’ è stata coniata per designare il momento di prendere delle decisioni... Etimologicamente, la parola è molto più vicina al termine ‘criterio’ - il termine “Il lavoro diventa sempre più che applichiamo per servile, precario, insicuro, prendere la decisione giusta - che alla povero. È la condizione del famiglia di parole quinto stato, sospesa tra ricerca associate a ‘disastro’ o ‘catastrofe’, nella di autonomia e indipendenza e quale oggi tendiamo a collocarla.” un presente fatto di esclusione Siamo capaci dunsociale, impoverimento que di lasciarci alle economico e miseria culturale.” spalle la crisi, la depressione e quel senso di incapacità Giuseppe Allegri

Dialoghi

e immobilità e cogliere l’aspetto energizzante che deriva dalla riflessione e dal coraggio di fare delle scelte (sperando che si rivelino giuste) e di adattarsi al cambiamento? Non è facile per nessuno, né per i sessantenni in mobilità, né per i quarantenni e cinquantenni pizzicati tra la generazione che li ha preceduti e non ha mantenuto (come avrebbe potuto?) la promessa di lasciare spazio e quella più giovane che preme e chiede di ottenere subito lavoro retribuito. È ancor meno semplice per quelle categorie professionali che non hanno ammortizzatori sociali, i lavoratori con partita IVA, gli architetti per esempio, che se lavorano campano altrimenti no, e anche sopravvivere non è così scontato. Usciti a migliaia dalle facoltà italiane, si sono trovati in un mercato del lavoro viziato da una competizione malata che ha abbassato l’asticella della qualità in una lotta all’ultimo ribasso, una guerra tra poveri a strappare l’incarico per una certificazione energetica al collega o altro professionista di area tecnica, prima di essere entrambi surclassati dal miraggio Groupon. Un architetto ogni 480 abitanti è il dato da cui partire per chiedersi quale posto devono occupare gli architetti nella società. Se una quota dei quasi 150.000

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Lavorare

Dialogo tra Benedetta Tagliabue e Giuseppe Allegri Festival Architettura in Città BasicVillage Tettoria Gregoretti Corso Regio Parco, 39 Torino Venerdì 13 giugno ore 20.00  Giuseppe Allegri

Contradiction by EuLa  Benedetta Tagliabue Enrico Basili, 2013

“Dal cucchiaio alla città è il mio credo, penso che il talento italiano sia davvero a tutto campo, niente può spaventarci.” Benedetta Tagliabue architetti italiani ha un posto fisso, perché impiegato nella pubblica amministrazione, in soprintendenza, nella didattica o in una società, quelli che sono liberi professionisti dipendono dalle commesse private, dalle gare pubbliche, dai rari concorsi. Lavorare meno lavorare tutti, si sente chiedere a gran voce da molti e forse hanno ragione. Ma per un mestiere che se è passione è totalizzante, come quello dell’architetto, sovente si lavora tanto ma non si guadagna di più. La prerogativa dell’architetto è la capacità di progettare oggi per realizzare domani; la condizione di libera professione, ne ha fatto un lavoratore flessibile per vocazione, non per obbligo. Si potrebbe dire che è un antesignano sostenitore del coworking, poiché è stato educato al lavoro di gruppo, alla condivisione non solo dello spazio di lavoro, ma anche della conoscenza e al confronto culturale e disciplinare. Non ha dunque le caratteristiche non solo per salvarsi ma per reinventarsi?


Architettura in Città 2014

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marrirsi è l’unico posto dove valga la pena di andare’. Oziare è smarrirsi, in un romanzo, vagabondando per la città, ogni volta che non siamo costretti a rispettare un orario, ad esaurire la nostra azione in un tempo stabilito. Il flâneur contemporaneo, che sia Julius, il narratore nigeriano-tedesco senza radici specializzando in psichiatria a New York o il narratore veneziano Tiziano Scarpa per la sua città, intraprende e suggerisce percorsi oziosi, sensoriali, sentimentali e fisici. Fondamentale è lasciare che sia la città a farsi scoprire nel nostro perderci in essa. La cifra dello stile del flâneur è l’essere insieme indagatore e voyeuristico, godere del suo vagabondare solitario e curioso, dell’incedere lento tra le vie della città, dello smarrirsi volontariamente. Dalla città al chiuso dei grandi musei come il Louvre, l’Hermitage, il Metropolitan, il British Museum, il tempo indefinito è la premessa sostanziale, è il patrimonio che spendiamo senza affanno e senza preoccupazioni, sovvertendo percorsi tracciati, girovagando liberamente per le sale anche contro corrente. Il lento trascorrere della vacanze estive di quando i bambini avevano tre mesi di pausa dalla scuola e letteralmente nulla da fare era di fatto un periodo prolifico di creatività, scoperta, avventura. Oggi sono in pochi a non avere anche i mesi estivi programmati come super manager. Natalia Ginzburg ha in una certa misura catalogato l’ozio tra le piccole virtù da trasmettere ai figli, o meglio, da accettare da essi, avvertendo i genitori, che ‘forse quello che a noi sembra ozio è in realtà fantasticheria e riflessione, che, domani, daranno frutti. Se il meglio delle loro energie e del

Dialoghi

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Oziare

OZIARE

Poltrire è anche creatività Oziare ha attinenza con il perdersi e il godere nel farlo. Il tempo libero non corrisponde al tempo vuoto; così oziare non significa solo assumere una posizione sdraiata, che evoca mollezza, ma è il preludio alla curiosità.

nergia e dell’ingegno, o se anche questo, domani, in qualche forma che ora ignoriamo, darà frutti.’ Nella riflessione di Ginzburg l’ozio può essere promessa di futuro. Gli adulti cresciuti a sensi di colpa, faticano a godersi il tempo libero. L’ozio domestico, soprattutto di quelle rare domeniche in cui l’unico capo di abbigliamento indossato lungo tutta la giornata è il pigiama, è istigazione all’anarchia: non ci sono orari per svegliarsi, per mangiare, tutto è informale, il tempo dilatato e pigro lascia spazio a ‘lavoretti’ creativi, dal giardinaggio alla preparazione di cibi. Un modo per vivere casa, per sentirsi bene nella propria vita. L’esaltazione della vita ritirata, il desiderio dell’otium come occasione di riflessione e di studio è oggetto di una delle più celebri opere di Petrarca, il De vita solitaria. Essere negli agi e negli ozi era la condizione naturale di chi aveva ricevuto in sorte la condizione economica per permettersi di non lavorare e di dedicarsi alla letteratura, alla filosofia, all’arte. Condizione rigettata dal Don Chisciotte che vuole abbandonare l’inerzia della lettura per l’azione, e confida a Sancho: ‘Ho letto millanta storie di cavalieri erranti, di “Ugo, il protagonista del mio imprese e di vittorie dei giusti sui prepoultimo film ‘La luna su Torino’, tenti per starmene viene descritto come ‘uno ancora chiuso coi miei libri in questa che non ha mai fatto niente stanza come un vigliacco ozioso, di produttivo nella vita’. Il suo sordo ad ogni soffeoziare è una scelta, non è renza.’ riposare ma, rifiutare il concetto La costrizione all’ozio è tutta un’altra di ‘socialmente produttivo’.” storia e ci rimanda ad Ulisse ingannato Davide Ferrario da Circe, al cassaintegrato o a chi ha loro ingegno sembra che lo sprechino, butperso il lavoro da un giorno all’altro e chi tati in fondo a un divano a leggere romanzi non l’ha ancora trovato. stupidi, o scatenati in un prato a giocare a Un’accezione negativa di ozio è anche la football, ancora una volta non possiamo pausa forzata che ci obbliga a code o a lunsapere se veramente si tratti di spreco dell’e- ghi spostamenti in aereo, treno o autobus e

Dialogo tra Patricia Urquiola e Davide Ferrario Festival Architettura in Città BasicVillage Tettoria Gregoretti Corso Regio Parco, 39 Torino Sabato 14 giugno ore 20.00  Davide Ferrario

Giulia Perico  Patricia Urquiola Max Zambelli per Mutina

qualsiasi altro mezzo di trasporto che non ci impegna nella guida. La forzata inattività poi per la degenza in ospedale o la detenzione in carcere rende apatici e depressi. Anche la permanenza seppure temporanea in albergo dell’inviato speciale in paesi in guerra è psicologicamente faticosa, e non sarà strano se cercherà di dare alla sua stanza una parvenza di casa, di famigliarità. Che sia per scelta o forzato, l’ozio lascia tempo per pensare e nella migliore delle ipotesi diventa ozio creativo, concetto elaborato dal sociologo Domenico De Masi, ovvero la sintesi tra piacere e dovere, che

“La prima volta in cui sono stata nel Das Stue - parola danese che designa il soggiorno - l’ho trovato un posto molto speciale. Gli ospiti devono sentirsi a proprio agio e rilassarsi come se fossero a casa di amici accoglienti ed eleganti.” Patricia Urquiola permette il lusso di giocare e usare la creatività nel proprio lavoro. Sembrerebbe paradossale dirlo oggi, ancora appiattiti dal lungo periodo di crisi economica e lavorativa. Eppure l’ozio come stile di vita può essere ispiratore anche di un lavoro migliore, anche di una possibilità di riscatto derivante da un periodo di inattività e indisturbata riflessione.


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e grandi trasformazioni che hanno coinvolto la città di Settimo Torinese stanno dando i loro frutti. Parti di territorio urbano caduto in disuso a seguito della chiusura di stabilimenti industriali ora tornano ad essere luoghi vitali ed attrattori grazie ad importanti interventi di rigenerazione e integrazione nel paesaggio naturale circostante. Questi cambiamenti saranno percorribili attraverso due itinerari che, seguendo due differenti filoni tematici, porranno al centro l’Ecomuseo del Freidano. L’idea di dare vita ad un progetto di ecomuseo, nasce già negli anni ’80 del 900 ma si configura come un “work in progress”; il progetto prende il nome dal rio Freidano, un corso d’acqua artificiale che è stato il motore di una serie di attività protoindustriali. Le caratteristiche naturali del territorio in oggetto, le sue vicende storiche e la crescita infrastrutturale e tecnologica che nel tempo è avvenuta sono tra i temi portati avanti all’interno del progetto e illustrati nella sede ecomuseale del Mulino Nuovo, da cui partiranno gli itinerari. Il primo percorso avrà carattere urbano e proseguirà fino alla Biblioteca Civica e Multimediale Archimede, raccontando come Settimo abbia valorizzato i luoghi storici del lavoro, grazie alla rigenerazione di grandi aree urbane trasformate in nuove occasioni per la città. La biblioteca sorge infatti sull’area dismessa dello stabilimento Paramatti. Dall’incontro tra la storica fabbrica di vernici e la giovane maxi-biblioteca, recentemente è nato “Archimatti & Paramede. La biblioteca dopo la fabbrica”, un suggestivo percorso espositivo per non perdere la memoria di quello che c’era prima dell’arrivo della più grande biblioteca della provincia di Torino in quella che oggi è piazza Campidoglio. Il processo di riconversione ha interessato anche l’area Ex SIVA, fabbrica ove ha operato come direttore Primo Levi, l’area delle Ex acciaierie Ferrero e l’area Ex Pirelli di Via Torino, in un prossimo futuro nuove centralità urbane. Il secondo percorso si svilupperà invece lun-

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Settimo oltre Settimo: una città tra passato e futuro go il parco fluviale del Po con il sopralluogo al cantiere dell’area di Cascina Bordina, per conoscere da vicino le importanti opere di

qualificazione di Settimo, tanto che il Comune si è visto riconoscere nel 2011 il premio “Città per il Verde”. In questi ultimi quindici anni sono stati realizzati 1.000.000 di mq di superficie a parco fra loro connessi da un’articolata rete di percorsi ciclopedonali, che in parte rientrano nell’area della Tangenziale Verde, un sistema di connessione ambientale tra il Parco Regionale della Mandria, Basse di Stura, il Parco del Po fino ad arrivare alla collina torinese. Attraverso la partecipazione al progetto regionale di “Corona Verde II” si stanno aggiungendo nuovi tasselli a completamento di quanto realizzato fino ad oggi: l’intervento per il parco Bordina rappresenta un esempio e una sperimentazione di riforestazione urbana e prevede altresì la realizzazione di percorsi e di aree di sosta studiati per diventare la piattaforma di attività didattiche e ricreative di avvicinamento all’ambiente e all’ecologia. Durante gli itinerari sarà anche possibile visitare la mostra “Laboratori di futuro”, dedicata ai parchi naturali piemontesi a cura di Regione Piemonte, che inaugurerà un intero mese dedicato al verde e alla sostenibilità.

Un doppio itinerario, attorno all’Ecomuseo del Freidano, per illustrare le trasformazioni avvenute nei luoghi del passato industriale della città e nelle aree ora destinate a ospitare il verde. valorizzazione di carattere ambientale dell’area a nord-est di Torino. Il sistema del verde ha assunto una grande importanza nella ri-

Paola Giani Monica Sapino Marianna Sasanelli

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Settimo oltre Settimo intende far conoscere la metamorfosi di una città che dagli anni ’80 del 900 è divenuta fucina di trasformazioni urbane e territoriali che l’hanno profondamente cambiata. L’iniziativa proposta dalla municipalità è curata da Fondazione ECM e da SAT srl, realtà che da anni affiancano il Comune nell’organizzazione e nello svolgimento delle sue attività tecniche ed istituzionali. Fondazione ECM opera al fine di valorizzare, promuovere e gestire il patrimonio culturale presente a Settimo e nell’ambito territoriale dei propri soci. SAT srl è l’azienda strumentale del Comune di Settimo e dell’Unione NET e si occupa di progettazione di opere pubbliche, urbanistica, territorio e ambiente.

Settimo oltre Settimo: una città tra passato e futuro

Festival Architettura in Città 2 itinerari alla scoperta della città a partire dall’Ecomuseo del Freidano Via Ariosto, 36 bis Settimo Venerdì 13 giugno ore 10.00-16.30

Laboratori di Futuro. Mostra sui parchi del Piemonte Festival Architettura in Città Ecomuseo del Freidano Via Ariosto, 36 bis Settimo Orari: domenica 15.00-19.00 Apertura eccezionale venerdì 13 giugno  Settimo

Mauro Ferrero


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Ivrea e l’architettura moderna. Da museo a sito Unesco L

a candidatura di Ivrea città industriale del XX secolo a Patrimonio dell’Umanità Unesco è una grande occasione per tutelare e valorizzare il patrimonio urbano e architettonico della città, mettendo in luce il felice nesso tra la proposta positiva della comunità olivettiana – risultato di una concezione della persona a tutto tondo che investe gli aspetti del lavoro, vita quotidiana, cultura e tempo libero e si preoccupa di tutto ciò che riguarda la persona in termini sociali – e la creazione dello spazio armonico che ne è il prodotto. La candidatura esplicita l’eccezionale valore di Ivrea nella storia dell’industria del XX secolo, sottolineando il contesto in cui viene realizzato un modello di città industriale basato su una visione sociale e culturale che si incarna nel progetto anche fisico del territorio. Il fulcro del progetto olivettiano si trova lungo l’asse di via Jervis dove, a partire dagli anni ’30 del Novecento, Ivrea conosce un periodo di significative trasformazioni urbane e territoriali che vedono coinvolti i maggiori architetti italiani. Il paesaggio urbano della via è fortemente segnato dalle Officine ICO, rimodernate e ampliate tra il 1934 e il 1958, dall’edificio del Centro Servizi Sociali (1954-59), entrambi progettati da Luigi Figini e Gino

Pollini, e dalla centrale termica di Eduardo Vittoria (1956-59). Alle spalle di questi edifici, la mensa di Ignazio Gardella (1953-61) e il Centro Studi ed Esperienze Olivetti di

con la città di Banchette, una delle aree residenziali più rappresentative delle politiche aziendali e sociali adottate tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta: le case per dipendenti progettate ancora da Figini e Pollini, da Marcello Nizzoli e Gianmario Oliveri, l’Ufficio Consulenza Case Dipendenti diretto da Emilio Aventino Tarpino e, infine, il Residenziale Ovest di Roberto Gabetti e Aimaro Oreglia d’Isola (1968-71). Chiudono il perimetro gli edifici per l’amministrazione della società, chiamati Palazzo Uffici 1 di Gian Antonio Bernasconi, Annibale Fiocchi e Marcello Nizzoli (1959-64) e palazzo Uffici 2 di Gino Valle (1985-88), entrambi immersi in un’area verde disegnata da Pietro Porcinai. Gli architetti coinvolti furono sollecitati dal particolare contesto produttivo che li spinse a sperimentare soluzioni urbane e architettoniche originali e innovative. Per molti di loro, che si avvicinarono molto giovani alle nuove sfide progettuali lanciate dalla committenza industriale, l’arrivo a Ivrea rappresentò un’occasione di crescita professionale e culturale che lasciò un’impronta significativa nella loro vita professionale successiva. Con la candidatura Unesco sarà possibile non solo preservare un tale patrimonio architettonico, ma soprattutto promuovere una visione sociale e culturale per certi aspetti unica nella storia dell’industria italiana. Non si tratta di un’azione isolata, ma è l’esito di un percorso di valorizzazione che ha visto nel recente passato la nascita del MaAM – Museo a cielo aperto dell’architettura moderna, un’istituzione con compiti di valorizzazione e di regolamentazione del patrimonio architettonico, con la produzione di norme come la “Normativa per gli interventi sugli edifici del MaAm e loro Pertinenze” del 2013.

Il fulcro del progetto olivettiano si snoda attorno all’asse principale di via Jervis, attraverso un percorso tra spazi commissionati e disegnati per incarnare una specifica visione sociale e culturale. Vittoria (1951-55), l’Asilo Nido (1939-41) e la Casa popolare in Borgo Olivetti (193941), anch’essi progettati dagli architetti milanesi Figini e Pollini. Lungo la via si trova l’edificio della Sertec di Ezio Sgrelli (1968-72) e, vicino al confine

Renato Lavarini

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La cabina di regia della Candidatura di Ivrea città industriale del XX secolo a Patrimonio dell’Umanità Unesco è formata dalla Città di Ivrea insieme alla Fondazione Guelpa, alla Fondazione Adriano Olivetti e al Ministero Beni e Attività Culturali e Turistiche (Ufficio Patrimonio Mondiale Unesco). Incontro

Ivrea e l’architettura moderna. Da museo a sito Unesco Festival Architettura in Città BasicVillage Tessitura 1-2 Corso Regio Parco, 39 Torino Mercoledì 11 giugno ore 19.00  Veduta Asilo Nido

Olivetti (progettisti: Luigi Figini e Gino Pollini) Città di Ivrea


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La competizione che lascia spazio ai giovani L’

attenzione all’interesse collettivo, la partecipazione alle scelte pubbliche e la condivisione degli spazi abitativi comuni sono temi con cui gli architetti devono e dovranno sempre più confrontarsi nella progettazione del futuro delle nostre città. È da queste considerazioni che nasce il lavoro dell’associazione studentesca Best - Board of European Students of Technology, che ha proposto quest’anno la IV edizione di un workshop gratuito, rivolto a tutti gli studenti del Politecnico di Torino, intitolato BAC - BEST Architecture Competition. L’iniziativa offre

la possibilità ai partecipanti di mettere in pratica le conoscenze acquisite durante il

L’Angolo bar del CAP10100 e il 3D corner per il Politecnico sono i due oggetti su cui si sono misurati i centoventi studenti che hanno partecipato alla Best Architecture Competition. proprio corso di studi simulando una situazione lavorativa seguendo il progetto dal disegno alla sua realizzazione; infatti, tra le proposte presentate, due sono state selezio-

nate per essere messe in produzione. Svoltasi il 9 e l’11 aprile, BAC 2014 ha coinvolto circa centoventi studenti, organizzati in team da tre; a ogni gruppo è stato chiesto di affrontare due differenti soggetti progettuali e di presentare un’idea entro ciascuna giornata del workshop. I due case study adottati sono luoghi che i progettisti stessi vivono quotidianamente: un Centro del Protagonismo Giovanile, CAP 10100, e gli spazi universitari. Il Centro Giovanile CAP10100 è un punto di riferimento per i giovani artisti e per chi voglia affacciarsi alle nuove forme d’arte, in quanto fornisce spazi gratuiti o a basso costo all’interno di un circuito alternativo; la sala principale della sede ospita un palcoscenico e uno spazio in cui si svolgono diverse attività culturali. I partecipanti hanno dovuto elaborare per questo spazio un oggetto di design, e nello specifico un “Angolo bar” per sostituire quello esistente poco adatto al contesto. Durante la progettazione è stato richiesto di porre attenzione all’economicità e alla sostenibilità dell’oggetto invitando gli studenti a ragionare sull’uso di materiali da riciclo, senza tralasciare aspetti come l’estetica, il design e la funzionalità. Per l’Ateneo, che si sta impegnando a favorire la diffusione della cultura delle tecnologie per la progettazione, modellazione e stampa 3D, ai partecipanti è stato richiesto di pensare un “3D Corner”, una postazione completa per l’utilizzo di una stampante 3D, modulare e autonoma in modo da poter essere allestita in maniera permanente o temporanea. Questa parte della competizione è stata sostenuta dal Politecnico di Torino, dall’azienda Reply e da Officine Arduino. I progetti vincitori delle due competizioni, di cui l’associazione garantisce la realizzazione entro l’inizio dei mesi estivi, hanno risposto a esigenze di funzionalità, integrazione con il contesto, economicità, originalità del progetto e rappresentazione grafica. Stella Pacella

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BEST - Board of European Students of Technology - è un’organizzazione no profit che nasce nel 1989 e che oggi riunisce studenti provenienti da più di 97 delle più prestigiose università tecnologiche europee, dislocate in 32 paesi in Europa. Provvede a fornire un’educazione complementare a quella fornita dall’università ai futuri ingegneri e architetti tramite comunicazione, cooperazione e scambi culturali. BEST offre una gamma di eventi e servizi, completamente gratuiti, mirati allo sviluppo personale e professionale degli studenti dando la possibilità di entrare in contatto con le aziende, seguire corsi integrativi nelle università europee, vivere differenti esperienze culturali. Mostra

BAC: BEST Architecture Competition Festival Architettura in Città BasicVillage Corso Regio Parco, 39 Torino


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accontare lo spazio della scuola attraverso lo sguardo del bambino è l’obiettivo che la Fondazione Giovanni Agnelli, in collaborazione con l’Associazione Arteco, si è posta all’interno di un percorso di riflessione sull’edilizia scolastica. Perché scegliere questo punto di vista? Perché è solo dall’osservazione del comportamento di chi vive un luogo che se ne può valutare la qualità della progettazione. Esiste infatti un legame stretto e inscindibile tra il modo in cui uno spazio è stato pensato, disegnato e poi realizzato e il suo utilizzo da parte di chi lo frequenta quotidianamente. Nell’edificio scolastico il fenomeno è particolarmente evidente, se si considera che l’organizzazione interna (dall’aula alla palestra, dalla mensa ai cortili) genera in chi lo vive esperienze diverse dal punto di vista emotivo, può influenzare i processi di apprendimento, facilitare o meno le relazioni. Questo è tanto più vero in Italia, dove è presente una grande varietà tipologica di edifici per l’apprendimento: le scuole di De Amicis, le scuole di epoca fascista, le scuole del boom economico, fino a quelle (non molte, in verità) degli anni più recenti. Con l’intento dunque di offrire una rilettura dell’edificio scolastico in relazione alle pratiche del quotidiano, il progetto “123click” ricorre al linguaggio della fotografia dando

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123click. Un racconto visivo collettivo degli spazi della scuola vita ad una narrazione visiva collettiva e individuale dello spazio scuola. Operando sulle scuole primarie del Piemonte, il progetto si articola in tre fasi: laboratori didattici in 16 istituti, un concorso e un percorso artistico. Quattro coppie di giovani fotografi (Francesca Cirilli, Ivan Catalano, Sara Medici, Vittorio Mortarotti) ed educatori (Caterina Squillacioti, Annalisa Pellino, Valerio Gioria, Elisabetta Reali) hanno animato i laboratori, immaginando un progetto educativo specifico volto a dotare il bambino di strumenti e co-

Una narrazione visiva dello spazio scuola costruita attraverso il linguaggio fotografico: il punto di vista dei bambini che frequentano e vivono quotidianamente l’edificio e la prospettiva dei giovani fotografi che li hanno guidati in questo percorso.

noscenze utili ad acquisire da una parte una capacità di lettura autonoma degli spazi, dall’altra competenze relative ai linguaggi e alle tecniche fotografiche. Attraverso attività ludico-educative di riappropriazione degli spazi e di rappresentazione degli stessi, i laboratori hanno costituito un’occasione di protagonismo culturale per i bambini coinvolti, suggerendo nuovi modi di vivere la scuola e di rappresentarla. Ma questa è stata un’importante opportunità anche per i fotografi e gli educatori che hanno potuto entrare in contatto direttamente con i luoghi e conoscerli dall’interno nelle loro dinamiche quotidiane. Sulla scorta dell’esperienza maturata a stretto contatto con i bambini, i fotografi hanno avuto modo di proporre percorsi artistici autonomi, frutto del personale filtro con cui hanno osservato gli spazi scolastici. La varietà di approccio degli artisti al linguaggio fotografico ha fatto emergere un ampio spettro di punti di vista, focalizzati ora sui momenti di socialità e convivialità, ora sugli aspetti più distributivi dello spazio scolastico, ora su quelli più strutturali e compositivi, sino a quelli più emotivi legati alla presenza stessa dei bambini. I risultati di questo progetto saranno resi pubblici attraverso una mostra che raccoglierà le fotografie considerate più rappresentative delle 16 scuole (scelte fra quelle scattate dai bambini durante i laboratori) insieme ai lavori dei fotografi e ai tre scatti vincitori del concorso “Racconta la tua scuola”. Raffaella Valente Annalisa Pellino

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La Fondazione Giovanni Agnelli è un istituto indipendente di cultura e di ricerca senza scopo di lucro. Opera nel campo delle scienze umane e sociali rivolgendo le proprie attività di ricerca in particolare ai temi dell’education, nella convinzione che il miglioramento dell’equità, dell’efficacia e dell’efficienza del sistema educativo siano condizioni necessarie per la coesione sociale e la realizzazione personale e professionale dei cittadini, in particolare, delle giovani generazioni. L’Associazione Arteco (Beatrice Zanelli e Annalisa Pellino) opera nell’ambito dell’arte storicizzata e contemporanea, promuovendo in particolare la formazione e la ricerca artistica delle nuove generazioni, con la realizzazione di progetti intesi come facilitatori di accessibilità e di protagonismo culturale. Il progetto

123click

è visitabile in due percorsi espositivi Al Festival Architettura in Città dall’11 al 15 giugno ore 15.00-20.00 Inaugurazione 10 giugno ore 18.00 Zona Quadrilatero Romano Via Bonelli, 11 A Torino 30 maggio – 15 giugno Martedì-domenica ore 10.00-18.00 Museo Nazionale del Risorgimento Italiano Via Accademia delle Scienze, 5 Torino  Scuola Bistagno

Asia,10 anni


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ArchiBAR P

asseggiare per la città con gli occhi rivolti verso l’alto intenti ad osservare gli edifici che si affacciano sulla strada proiettando ombre sull’asfalto è il miglior modo per conoscere l’architettura. Imparare a farlo da piccoli divertendosi e attraverso il gioco è (forse) il presupposto per imparare ad amarla. Hanno tra i 6 e gli 11 anni i bambini che avranno quest’opportunità, perlustrando gli spazi del quartiere Barriera di Milano e diventando così, attraverso un approccio creativo, testimoni dei luoghi in cui vivono: saranno loro stessi a creare percorsi e manifesti tematici per costruire una “Guida turistico-architettonica di Barriera di Milano” da presentare pubblicamente al termine dell’esperienza, in prima istanza ai propri genitori, spesso portatori di altre culture e altre memorie urbane. Piazza Crispi, la Barriera sulla strada reale d’Italia, verso Milano, sarà il punto di partenza di un itinerario raccontato e percorso attraverso i fulcri di un tessuto urbano fortemente connotato: la vocazione industriale è infatti la chiave di lettura che identifica le testimonianze architettoniche, dalle fabbriche alle case popolari, dalle scuole alle piazze, in cui si tengono quei mercati che sono stati e sono il luogo di aggregazione di generazioni diverse di immigrati diversi. La narrazione di Barriera di Milano verrà sviscerata attraverso giochi educativi, progettati ad hoc seguendo l’ispirazione delle industrie che hanno contribuito, in maniera significativa, a costruirne la storia: dalla carta da parati Barone ai caratteri mobili della Nebiolo, dai fili tessili del Lanificio di Torino a quelli elettrici della Incet, incrociando la trama del tessuto urbano che i bambini esperiscono quotidianamente. Anche i puzzle, creati con foto storiche del quartiere, diventeranno un momento ludico per connettere, pezzo per pezzo, le “tessere della memoria”. Il processo di conoscenza sarà arricchito da passeggiate urbane che faranno tappa,

Una summer school per bambini da 6 a 11 anni in Barriera di Milano: non solo un percorso didattico-creativo ma anche l’occasione per la costruzione di un itinerario fisico, attraverso cui i piccoli partecipanti diventeranno consapevoli dei luoghi e degli spazi in cui vivono.

tra le tante, ai Bagni Pubblici di via Aglié e al Bunker di via Paganini: visitando la Casa del quartiere ed esperendo la realtà degli orti urbani, i bambini conosceranno dunque alcuni luoghi emblematici, attorno a cui si stanno costruendo inedite prospettive per il futuro di questo quartiere. Il laboratorio promosso da Atelier Héritage avrà sede presso la Bottega Aperta di via Cervino. Non è causale la collocazione, spaziale e fisica, in un isolato immediatamente a ridosso dell’antico dazio, in cui si concentrano un’imponente struttura indu-

striale come la Incet, la scuola elementare Pestalozzi - la prima costruita nella borgata Monte Bianco - e l’asilo Tommaso di Savoia, edificato nel 1890 per iniziativa della Società Operaia Mutua Previdenza della Barriera di Milano.

Un percorso didattico che vuole configurarsi come costante “ritorno al futuro”: l’obiettivo è quello di dare vita ad un luogo di confronto, partendo dalle nuove generazioni e costruendo un modello di fruizione consapevole del patrimonio cul-

turale poiché è innanzitutto con la propria famiglia che i piccoli utenti condivideranno il valore culturale della storia urbana in cui vivono. Mariachiara Guerra

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Nei giorni 10-13 giugno del Festival Architettura in Città, ArchiBAR impegnerà i partecipanti dalle 9.00 alle 16.30. Il laboratorio proseguirà fino al 4 luglio, da lunedì a venerdì, anticipando tematiche e metodi che il progetto “Atelier Héritage” proporrà proporrà come doposcuola permanente a partire dall’anno scolastico 2014/2015. Info: info@atelierheritage.it. Scadenza iscrizioni: 1 giugno 2014. Atelier Héritage è un laboratorio permanente per bambini e ragazzi (6/13 anni), dedicato alla conoscenza attiva e alla fruizione consapevole del patrimonio culturale: il progetto ha l’ambizione di uscire fuori dalle mura dei musei per diventare un nucleo radicato nel tessuto urbano a scala di quartiere, una proposta alternativa e complementare alle attività di doposcuola, un supporto ai genitori nella gestione pomeridiana dei figli, con una programmazione parallela a quella dell’anno scolastico. Il laboratorio è il frutto della collaborazione di architetti, storici, sociologi, insegnanti ed esperti di comunicazione, specializzati nella didattica del patrimonio culturale e dei processi urbani.


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Indizi per un futuro condizionale V

alorizzare il patrimonio rurale del sistema territoriale di Stupinigi, per ridefinire l’unità semantica di un paesaggio che, nonostante le sue alterazioni, sorprende ancora per eccezionalità e coerenza; ritrovare una coscienza di luogo condivisa attraverso l’agricoltura, elemento fondante intorno al quale innescare sinergie tra risorse agricole, cittadini, beni patrimoniali, economia e fruizione dei beni storico-artistici del territorio. Questi gli obiettivi che il progetto Stupinigi fertile si pone attraverso l’organizzazione di molte attività tra cui il restauro di una porzione dei poderi per creare uno spazio di accoglienza, l’agricoltura sociale, la programmazione di interventi artistici che rivestono un ruolo di cucitura tra le varie azioni.

La ricerca artistica è considerata il grimaldello capace di svelare ciò che è sedimentato a Stupinigi, di affrontare tematiche socio-economiche attuali con valenza locale e generale, di dare spazio alla dimensione etica ed estetica, di prefigurare un senso, una rosa di sensi, per abitare quel lembo di terra (dove chi abita è inteso nell’accezione

di residente, cittadino, visitatore). Gli artisti invitati, uniti dall’attitudine comune di concedere un’attenzione particolare alla dimensione relazionale, si muovono in modo indiziario ricercando tra i documenti storici, raccogliendo testimonianze, percorrendo il paesaggio, analizzando le strutture sociali del passato e interrogando quelle del futuro, prendendo in considerazione la componente aulica e quella quotidiana, misurandosi con la potenzialità del patto tra dimensione naturale, rurale e urbana, sperimentando percorsi di cittadinanza, facendo dialogare la cultura materiale e quella immateriale del territorio, per trarre degli spunti per inaugurare una rin-

La ricerca artistica è il mezzo attraverso cui svelare ciò che è sedimentato in un luogo, prefigurare un significato per chi lo abita e inaugurare una nuova percezione e modalità di fruizione. novata percezione e fruizione dei luoghi. Gli artisti declinano in base alla propria poetica la natura del luogo: dall’analisi documentale della storia in stretta connessione con il territorio condotta da Maurizio Cilli, all’esplorazione della relazione tra le forme animate e inanimate che abitano un ambiente alla base del lavoro di Andrea Caretto e Raffaella Spagna; dall’ascolto sensibile prestato alla memoria collettiva e al vissuto privato da Marzia Migliora, che a Stupinigi lavora con il danzatore Francesco Gabrielli a un’opera che trova il suo cardine nell’agricoltura, all’indagine di Sandrine Nicoletta incentrata sulla condizione psicofisica dell’uomo e sull’analisi del suo rapporto con gli spazi che attraversa; dalla sperimentazione che Anna Scalfi Eghenter conduce sui sistemi organizzativi, intervenendo sulle regole per generare scarti percettivi e relazionali nelle dinamiche sociali alla registrazione fotografica delle tracce materiali e sociali del paesaggio antropizzato operata da Giuseppe Moccia. Le opere site specific saranno presentate in un calendario che si articola da giugno a novembre 2014. Si inizia con Diorama Stupefacio, il lavoro di Maurizio Cilli che indaga e delinea un paesaggio d’idee oggi avvolto nell’oblio, collezionando i racconti delle evasioni oziose dai tumulti della città e dei piaceri per la vita in villa, le figure dei Principi, dell’architetto, di S. Uberto e il significato del Cervo, così come il rituale della Chasse à courre, il cerimoniale di corte, le liste di approvvigionamento. Infine l’artista tira le fila di questa narrazione disegnando un Parco culturale ancora possibile. I temi sollevati da Stupinigi fertile sono al centro del Modulo Spazio pubblico e pratiche relazionali del Master Relational Design promosso dall’accademia ABADIR di Catania, i cui esiti saranno in mostra al BasicVillage. Rebecca De Marchi

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Stupinigi fertile è un progetto di valorizzazione a rete del sistema territoriale di Stupinigi promosso dal Comune di Nichelino e dell’Associazione Stupinigi è…, coordinato da Stefano Olivari, sviluppato con il sostegno della Compagnia di San Paolo e in collaborazione con l’Ente di gestione delle Aree Protette dell’Area Metropolitana di Torino, la Regione Piemonte, la Fondazione Ordine Mauriziano, Coldiretti che promuove l’avviamento di percorsi di agricoltura sociale nelle aziende, e per le attività artistiche con il programma di arte pubblica della Provincia di Torino Eco e Narciso, a cura di Rebecca De Marchi. Stupinigi fertile è partner del Master Relational Design dell’Accademia ABADIR di Catania. Per maggiori informazioni www.stupinigifertile.it www.ecoenarciso.it www.relationaldesign.org Mostra

Stupinigi fertile / Master Relational Design

Gli esiti del workshop seguito dagli studenti del Master Relational Design Festival Architettura in Città BasicVillage Corso Regio Parco, 39 Torino Performance

Stupinigi fertile / Eco e Narciso Diorama Stupefacio

Presentazione dell’opera site specific di Maurizio Cilli Festival Architettura in Città Podere Mauriziano Viale Torino, 4 Nichelino Sabato 14 giugno ore 10.30  Diorama Stupefacio.

Studio n° VII, collage, ink jet e matita su carta, 2014 Maurizio Cilli


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A che punto è la città T orino, negli ultimi due decenni, ha vissuto un grande cambiamento, che ancora non si è concluso. La città, lentamente ma costantemente, ha cambiato volto. Dopo un iniziale momento di sgomento, ha vissuto il processo di de-industrializzazione senza cedere allo sconforto e senza abbandonarsi ad uno stato da “crisi irreversibile” come molte cattive cassandre avevano previsto. Energie e intelligenze, nel pubblico e nel privato, hanno guidato e traghettato Torino attraverso il suo cambiamento di identità. Con sacrificio, ma con ferma determinazione e coscienza del proprio patrimonio culturale, si è riusciti nell’intento di sostituire l’immagine di una “città fabbrica” con quella di una città dalle grandi e diversificate risorse turistiche. Oggi, la sfida, è consolidare questo presente e immaginare il suo futuro. In questo rinnovato contesto identitario urbano, il cittadino torinese ha preso ormai coscienza della quotidiana presenza dei turisti che si muovono nella sua città; ne percepisce il costante aumento e la sua dimensione sempre più internazionale. Questa consapevolezza, tuttavia, viene vissuta con curiosità e con il sapore della novità. Manca ancora la consuetudine di abitare in una città turistica; cosa invece facile e normale per un romano, un fiorentino o un veneziano: il

turismo appartiene al loro DNA. Il torinese deve ancora apprendere ed evolversi in tal senso. È necessaria una maggiore informazione, sapere e conoscere le mete preferite dal turista, arrivare a sentirsi parte importante dell’accoglienza del visitatore. Essere consapevoli che il primo promotore turistico della città è il cittadino stesso. Paicon Srl propone un momento di riflessione rispetto ai processi di trasformazione in atto nella Torino post-industriale, con l’obiettivo di fotografare lo stato attuale del fenomeno cercando di rappresentarlo e raccontarlo con semplicità ed efficacia comunicativa. La lettura di questi fenomeni sarà condotta attraverso un percorso che, a partire dal racconto dei passaggi più significativi della storia urbana recente (la dismissione delle grandi industrie, il concorso internazionale e la riconversione del Lingotto, i primi

grandi eventi culturali, la cancellazione del salone dell’auto, il Piano Regolatore del 1995, il recupero delle ex aree industriali e le Olimpiadi invernali), andrà a comporre una sorta di fermo immagine dell’attuale Torino turistica, con luoghi, numeri e flussi delle presenze, dati occupazionali e confronti economici, offrendo un quadro degli obiettivi raggiunti e mettendo in luce, altresì, le criticità e le mancanze che alle diverse scale riguardano la costruzione dell’offerta e dell’accoglienza turistica. A partire da questi due aspetti della trasformazione della città (l’eredità della città industriale e la valorizzazione della città turisti-

Dalla produzione industriale all’offerta turistico-culturale: spunti interpretativi, idee e progettualità in relazione alle recenti trasformazioni di Torino. ca), si proporrà un ragionamento sul futuro di Torino attraverso un incontro pubblico e un momento espositivo, una sorta di “contenitore” di idee e progettualità: una raccolta di spunti, buone pratiche e intuizioni creative per offrire stimoli all’imprenditorialità pubblica e privata che negli anni a venire sarà chiamata a governare, migliorare e incrementare l’offerta turistica della città. Giorgio Beltramo e Andrea Cavaliere

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Paicon S.r.l. è una società multidisciplinare di consulenza e progettazione che opera sui temi del paesaggio, dell’urbanistica e della valutazione ambientale e si rivolge prevalentemente agli enti pubblici, agli operatori privati e, come partner tecnico, ai professionisti. L’attività è organizzata in 2 settori operativi (Paesaggio-Valorizzazione territoriale e Urbanistica-Valutazione ambientale) e offre servizi di consulenza specialistica e di progettazione calibrati sulle esigenze della committenza. Il progetto del Centro di Culto della Religione Ortodossa Romena di Moncalieri, presentato al Festival Architettura in Città 2013, che prevede la costruzione della prima chiesa in Italia interamente in legno, è oggi in fase di avanzata realizzazione. Dibattito

A che punto è la città. Dalla produzione industriale all’offerta turistico-culturale

Festival Architettura in Città BasicVillage Roof Garden Corso Regio Parco, 39 Torino Giovedì 12 giugno ore 14.00  Il Citysightseeing

nel 2013 in Piazza Castello - Torino Archivio di Turismo Torino e Provincia


Architettura in Città 2014

“T

empo e spazio non sono condizioni in cui viviamo, ma modi in cui pensiamo. Ciò che vediamo dipende dalle teorie che usiamo per interpretare le nostre osservazioni.” Einstein con queste parole intese descrivere la natura olografica della realtà celata di cui siamo parte. L’architettura è prima di tutto forma-pensiero e il suo futuro potrà essere reinterpretato come lo spazio istantaneo dell’adesso; il progettista dovrà trovare all’interno della sua esperienza un equilibrio tra coerenza e coincidenza armonica per costruire un eterno presente di relazioni fra parti integrate con ecosistemi naturali aperti, vivi e in continua metamorfosi. Sono due le sfide fondamentali e interdipendenti dalle quali l’architettura del futuro non potrà prescindere: promuovere la riscoperta dei valori costitutivi dell’essere umano, libero da condizionamenti indotti, e sostenere con più determinazione l’uso delle fonti energetiche alternative. Si tratta di una nuova concezione circolare del pensare al progetto in relazione ai paradigmi della fisica quantistica unitamente ai modelli della ‘Blue Economy’, in cui l’architetto-ricercatore possa confrontarsi e cooperare con comunità pluridisciplinari in una visione olistica del mondo. La preziosa ispirazione che deriva dal pensiero di figure quali Fritjof Capra, Gunter Pauli, Roger Penrose, Gregory Bateson, Zygmunt Bauman, attraverso il cui contributo è possibile riconoscere nuove frontiere dell’immagina-

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Paesaggi istantanei per una progettazione sistemica annuncia e descrive i 7 flussi importanti da integrare in ogni progetto: aria, luce, acqua, energia, suono, materia e persone. I metodi sistemici risultano ancora più efficaci nel disegnare e ridefinire nuove aree etiche ed esistenziali se integrati ai modelli utopici delle idee di Buckminster Fuller, degli Archigram o di Yona Friedman,. La visione sistemica rappresenta la linea di congiunzione tra gli insegnamenti delle antiche tradizioni (come il Feng Shui cinese

di unità elementari indipendenti in favore di una complessa interconnessione. Una trama unificata in ogni ordine di misura in cui il tutto risponde a movimenti vibratori e frequenziali, autogeneranti tra forme stabili e in transizione. L’approccio sistemico progettuale è una scelta operativa che ridona importanza all’agire condiviso con infinite possibilità proattive e positive, in cui i fattori culturali, etnici o di status non sono limiti o confini,

L’architettura è prima di tutto forma-pensiero e il suo futuro potrà essere reinterpretato a partire da una nuova visione olistica ispirata ai paradigmi della fisica quantistica, unitamente ai modelli della ‘Blue Economy’.

zione e della creatività applicata a più contesti, consente di verificare la potenzialità dei criteri sistemici e quantistici nella vita professionale. “La fisica descrive le forze fondamentali di cui ogni specie sulla terra si serve in maniera dinamica. Questo assunto traccia la via verso la sostenibilità”. Pauli così pre-

o il Vastu indiano) con lo studio della biomimesi, dell’hybrid design e le sperimentazioni ipertecnologiche per il concept di creature artificiali intelligenti. Le città, gli edifici e gli oggetti sono paragonabili a composite relazioni biologiche, dove ogni paesaggio, se indagato nel proprio aspetto particellare, rivela l’inesistenza

ma anzi diventano aspetti dell’espansione del processo sintonico di crescita della rete e del campo unificato del territorio. Comprendere quanto i modelli di pensiero meccanicisti e lineari siano ampiamente superati potrà essere uno degli obiettivi dell’abitare del domani; un futuro come suggerisce il maestro Enzo Mari, con designer imprenditori, ed aggiungerei progettisti-sociali e forse architetti più inventori e scienziati, attenti osservatori della materia universale di cui sono fatti i desideri e i palazzi. Silvia Salchi

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Silvia Salchi, architetto e imprenditrice sociale, si dedica alla ricerca di applicazioni creative nell’ambito del design sistemico, della scienza e dei settori sperimentali dell’innovazione. Fondatrice di Fratgramdesign, svolge attività dedicate alla comunicazione visiva e fotografica, al brand e product design, alla diversificazione aziendale e startup per lo sviluppo di nuove economie unite alla valorizzazione del Made in Italy. Vicepresidente di Infini Mondi Onlus, associazione di cooperazione internazionale e intercultura, si occupa dell’organizzazione di eventi culturali ed artistici, di turismo sostenibile e di responsabilità sociale d’impresa. www.silviasalchi.com www.infinitimondi.org www.instantcity.it Workshop

Instant city / Transition People

Festival Architettura in Città Associazione culturale Qubì Via Parma, 75/c Torino Mercoledì 11 giugno ore 17.00 Conferenza

Instant city / Transition people

Festival Architettura in Città BasicVillage Tessitura 1-2 Corso Regio Parco, 39 Torino Sabato 14 giugno ore 16.30


Architettura in Città 2014

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olte sono le opportunità di uso e riuso di opere abbandonate: immaginate come spazi-opportunità, queste possono essere interpretate come luoghi della storia da conservare o invece da lasciare al proprio destino. Il progetto, intitolato “Rovina a chi?”, avviato un anno fa e ormai prossimo alla conclusione, nell’analizzare il valore di queste opere parte dal punto di vista di chi vive e abita la città, attraverso un’indagine metropolitana. Il risultato è la creazione di una mappa concettuale condivisa sulla nozione e percezione delle rovine contemporanee di Torino, una carta degli interventi e delle opere di recupero che il cuore pulsante della città auspica di veder realizzate. Una vera e propria finestra sul futuro. Dall’osservazione si passa ora all’azione: la mostra “Design for TOmorrow” raccoglie le idee espresse dai cittadini con il disegno o con le parole per immaginare un possibile sviluppo futuro in alcune rovine della città, rovine che sono state selezionate tra quelle maggiormente indicate dai visitatori intervistati al Festival l’anno scorso. La mostra è un work in progress: sarà incrementata dai contributi del pubblico che, attraverso un’area interattiva, potrà proporre una visione “in tempo reale” dei luoghi presentati o di ambiti della realtà urbana non indicati. L’iniziativa è promossa da Turn, la community che riunisce sotto un unico cappello diversi soggetti del

Design for TOmorrow: progetta la tua città comparto metropolitano di Torino operanti nel campo del progetto e della creatività,

Una mappa concettuale sulle rovine urbane, una carta delle opere da recuperare e un insieme di idee su come dare nuova vita ai luoghi abbandonati sono il presupposto per immaginare la città di domani. dagli architetti ai designer, dai grafici ai comunicatori e che rappresenta una voce

di riferimento importante nel panorama culturale e creativo della città: sempre più impegnata a stimolare il confronto tra chi usa e chi produce, tra chi abita e chi progetta, tra chi amministra e chi usufruisce, la community tenta di immaginare un futuro dove i luoghi del vivere quotidiano siano anche un po’ il frutto dei suggerimenti di chi li vive abitualmente. “Design for TOmorrow” vuole stimolare la fantasia dei cittadini affinché si facciano portatori di una visione positiva e propositiva del futuro dei propri luoghi, della propria città. Una mostra che si lega perfettamente al tema dell’anno proposto da Turn, ovvero “Design is sharing”, secondo cui solo la condivisione può rivelarsi la strategia vincente per crescere in un mercato sempre più aggressivo: amplificare il progetto per aumentarne il valore, condividere le opinioni per rendere tutti protagonisti. Gianluca Macchi

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Turn: la Design Community di Torino Nel 2013 TURN ha avuto come missione la trasmissione di un messaggio molto chiaro e definito: il design non è un costo, bensì un’opportunità, un vero valore aggiunto da sfruttare per distinguersi in un mercato sempre più agguerrito e sofisticato. Il 2014 si è aperto con il claim “Design is sharing” perché se da un lato c’è chi combatte per sé a discapito degli altri dall’altro c’è chi ritiene la condivisione una strategia vincente. TURN riunisce e rappresenta diversi soggetti del comparto metropolitano di Torino e non solo, operanti nel campo del progetto e della creatività: architetti, interior e product designer, grafici, fotografi, comunicatori, urbanisti e tanto altro ancora. Mostra

Design for Tomorrow Festival Architettura in Città BasicVillage Corso Regio Parco, 39 Torino


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AIAPP, Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio, rappresenta dal 1950 le professioni ed i professionisti attivi nel campo del Paesaggio, è membro di IFLA (International Federation of Landscape Architects) e di IFLA Europe (International Federation of Landscape Architecture Europe); raggruppa oggi circa 750 Soci impegnati a tutelare, conservare e migliorare la qualità paesaggistica del nostro paese. L’Architettura del Paesaggio è la disciplina che si occupa dell’analisi, della progettazione e della gestione degli spazi aperti, dal giardino al parco al paesaggio. Tra gli strumenti di comunicazione dell’associazione, il sito web www. aiapp.net, la newsletter e la rivista “Architettura del Paesaggio”.

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el leggere il termine “paesaggio” affiancato a quello di “economia” istintivamente nasce il timore che ci sia qualcosa di sbagliato. Guardiamo con sospetto, temendo che il Paesaggio che evoca natura, scenari incontaminati, visioni sacralizzate e ritenute forse perse per sempre, possa essere ulteriormente danneggiato dal contatto con l’Economia, intesa come sfruttamento e mercificazione, con la sua capacità diabolica di trasformare ciò che sfiora in un vile valore. Ma questa è solo la visione stereotipata dei due sostantivi. Non è invece proprio cercando di affrontare questo grande tabù della nostra società, in un momento storico così critico, in cui stiamo assistendo al dissipamento di un bene prezioso quale sono i nostri paesaggi e alla decadenza degli inariditi sistemi economici, che possiamo dare vita ad un nuovo modello in cui un altro ossimoro fra “crescita”, intesa come progresso e non consumo, e “salvaguardia”,

Il Paesaggio come motore dell’economia L’AIAPP, Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio, crede di sì e a questo tema ha deciso di dedicare un tavolo di lavoro all’interno della prima delle due Assemblee Nazionali annuali. Questa è solo una tappa, significativa, di un percorso più ampio verso il Congresso Mondiale di Architettura del Paesaggio che si svolgerà a Torino nel 2016; un’occasione importante per Torino, dove da sempre si avviano i migliori e più innovativi laboratori, per l’Associazione, per l’Italia e per l’Europa, visto che sarà IFLA Europe ad essere rappresentata, ma il Congresso avrà ancora maggior valore se saprà mirare ad un orizzonte più lontano, verso una nuova idea di governo del territorio, di sviluppo delle città sempre più metropolitane, di una nuova forma di cittadinanza, lasciando un segno tangibile del suo passaggio. Perché questo avvenga il paesaggio dovrà confrontarsi con l’economia, l’archeologia e con possibili pratiche

Un tema arduo, non privo di pericoli, facilmente equivocabile e strumentalizzabile. All’apparenza un ossimoro tra le stereotipate accezioni dei due sostantivi. In realtà una sfida avvincente, ricca di possibili scenari futuri, inediti e potenzialmente positivi. intesa come tutela e non castrante vincolo, possa evolversi positivamente? Non è forse possibile pensare di coniugare le migliori potenzialità di due mondi che forse non sono poi così lontani fra loro?

di agricoltura in città, alcuni dei temi che si stanno affrontando nel percorso di avvicinamento e preparazione al 2016. È necessario ripensare i modi di percepire ciò che ci circonda e che abbiamo contribuito a costruire, tutti, nessuno assolto, anche se in misura differente, e sgomberare il tavolo da ipocrisie e facili quanto ormai vuote frasi fatte. Pensiamo all’espressione “consumo di suolo”, tra le più semplici da comprendere: certamente uno sviluppo inteso come continua e bulimica erosione delle risorse “finite” del pianeta è una visione cieca sul nostro futuro, un atto ottusamente egoistico nostro, umani odierni, rispetto agli umani futuri. Ma pur sempre una partita giocata nel piccolo campo dell’umanità, che tutt’al più potrà determinarne l’estinzione. Il pianeta, però, continuerà a vivere. Noi, allora, dobbiamo ripensare la nostra sopravvivenza in funzione dell’utilizzo delle risorse ancora disponibili e di quelle rinnovabili, con la consapevolezza della loro finitezza, con una rinnovata umiltà circa le azioni attraverso cui in qualche modo trasformiamo e adattiamo il mondo, consci della nostra relativa debole significanza nel sistema ben più ampio ed articolato dell’ecosistema del pianeta. Pensare, allora, ad un “utilizzo responsabile e sostenibile” del suolo (e quindi di tutte le risorse): perché così come non possiamo più permetterci di rimanere indifferenti al suo consumo, altrettanto non lo possiamo fare rispetto al suo abbandono. Ferruccio Capitani

Laboratorio

Il paesaggio come motore dell’economia Festival Architettura in Città Ex Curia Maxima Sale Multimediali Via Corte d’Appello, 16 Torino Venerdì 13 giugno ore 9.00-17.00  Palas Cerequio, un

modello di continua e competente manutenzione del suolo, fonte di economia


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Dagli scatti di Testino alle immagini del Lingotto di oggi N

el decidere se essere un architetto esecutore o visionario, tra seguire le leggi del mercato o l’ambizione artistica, Lina Bo Bardi ha scelto la seconda strada: di origine e studi italiani, ma naturalizzata in Brasile, durante la sua carriera ha affiancato all’attività di progettista quella di artista. Le sue prime installazioni in vetro stratificato, raccolte all’interno del Museu de Arte de São Paulo (peraltro, uno dei più significativi progetti a sua firma), compongono una serie di immagini sovrapposte e mischiate, che ricordano tanto la struttura visiva dinamica della rivista quanto la dimensione statica delle sale museali. A queste opere si ispira l’allestimento della mostra “SOMOS LIBRES II”, ospitata alla Pinacoteca Agnelli dal 17 maggio al 14 settembre 2014, a cura di Neville Wakefield. La mostra presenta opere della collezione personale di Mario Testino, fotografo peruviano, autore di numerose campagne pubblicitarie per rinomate case dell’industria

colleziona è rimasta fondamentalmente privata e comprende artisti come Tauba Auerbach, Richard Avedon, Cecil Beaton, Glenn Ligon, Jonathan Monk, Ugo Rondinone, Cindy Sherman, Adriana Varejão e Andy Warhol. I lavori sono immersi in un allestimento composto dalle fotografie realizzate da Testino negli studi degli stessi artisti mostrando come queste siano solo un altro aspetto della collezione che è stata modellata negli interstizi del mondo di Testino – un luogo dove studio, galleria d’arte, collezione e rivista si fondono insieme. Il curatore si concentra sulla tensione tra la pittura astratta, svelando il viaggio personale del collezionista nel mondo dell’arte contemporanea, e il medium della fotografia, tanto creativa quanto legata agli spazi del lavoro artistico: mentre le forme dipinte vengono mostrate una di fianco all’altra, la fotografia permette la sovrapposizione di fonti e mezzi diversi per creare esposizioni multiple di passato e presente, rivista e pagina, film e stampa, in modo analogo a quanto realizzato da Lina Bo Bardi. Durante il periodo della mostra saranno promossi dalla Pinacoteca Agnelli, grazie alla partnership con Eni, workshop per adulti e adolescenti dedicati alla fotografia e alla serigrafia. In Safari al Lingotto i partecipanti saranno portati ad analizzare la storia, la fortuna e gli elementi architettonici dell’edificio che ospita la Pinacoteca. Lo Scrigno e la Bolla progettati da Renzo Piano, assieme agli spazi dell’ex fabbrica FIAT ideati da Giacomo Matté Trucco come la rampa storica e la pista di collaudo, sono stati per anni i soggetti di numerose fotografie storiche e contemporanee, che, durante il workshop, verranno presentate ai partecipanti. Alla fase di osservazione seguirà il vero e proprio safari fotografico, durante il quale si andrà alla ricerca di ciò che è stato e ciò che è diventato, lasciandosi ispirare dall’archeologia industriale e dal ripristino attuato da Renzo Piano, in un tour all’interno dell’edificio. Concluderà il workshop un racconto proposto da chi ha lavorato per anni all’interno della struttura, a cura di UGAF, l’Associazione Seniores Aziende Fiat.

La fotografia come strumento per la sovrapposizione di fonti e mezzi diversi per creare esposizioni multiple di passato e presente, dallo studio di quello che c’era all’osservazione di quello che c’è. della moda e di ritratti di attori e celebrità; mentre le immagini che raccoglie con la macchina fotografica non sono difficili da rintracciare, l’arte che lo ispira e che lui

Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli

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Dal 2007 la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli presenta mostre ed eventi dedicati al tema del collezionismo. L’obiettivo è fornire nuove chiavi di lettura delle opere conservate in collezioni pubbliche e private, che inducano a riflettere non esclusivamente sulla loro qualità estetica, ma anche sulla funzione e sul significato che rivestono per la committenza e per la collezione di cui fanno parte. Tale obiettivo è in linea con la natura del museo, nato dalla volontà di collezionisti, di rendere pubblica una loro scelta e di trasmettere la gioia e la passione per l’arte. Negli spazi della Pinacoteca sono organizzati laboratori rivolti alle scuole e alle famiglie e attività educative rivolte agli adulti (visite guidate con approfondimenti e workshop). Mostra

SOMOS LIBRES II. Opere dalla collezione di Mario Testino Festival Architettura in Città Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli Via Nizza, 230/103 Torino 17 maggio-14 settembre Martetì-domenica ore 10.00-19.00 Workshop fotografico

Safari al Lingotto Festival Architettura in Città Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli Via Nizza, 230/103 Torino Sabato 14 giugno ore 15.30  Studio di Cecily

Brown, New York, 2008. Mario Testino


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iflettere su come “ritornare al futuro” significa (soprattutto) raccontare i luoghi, descrivere la loro storia, guardando però anche alle evoluzioni ancora in progetto. È la narrazione degli spazi dismessi della Caserma Cavalli, riconvertita in scuola di storytelling & performing arts, da parte dei protagonisti della sua trasformazione virtuosa. Così come è la descrizione di un piccolo teatro popolare ottocentesco di fronte ai Giardini Reali (l’ex Hollywood) che ora ospita residenze e uffici sfidando le logiche del difficile mercato immobiliare di questi anni. Ed è infine il percorso attraverso itinerari guidati nelle nuove architetture che stanno sorgendo intorno alla Dora e nei luoghi della grande trasformazione di Spina 2. L’osservazione proposta si sposta da Torino, spingendosi oltre i confini italiani, per immedesimarsi in altri sguardi, altre prospettive, altre scale di mutamento: in occasione dell’anno dell’amicizia Italia-Israele, all’interno del programma culturale 2014 e parte del ciclo di incontri Architettura e Città in Israele, la Città di Torino, l’Ambasciata di Israele

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Il racconto di due progetti di riconversione appena terminati a Torino, due itinerari attraverso la città che cambia, la presentazione del padiglione israeliano per la Biennale di Venezia 2014: sguardi inediti sul passato e soluzioni innovative per progettare il futuro.

tura, utile per indagarne lo stato attuale e immaginare il suo futuro. I curatori del padiglione Ori Scialom, Roy Brand e Keren Yeala Golan illustreranno i significati del neologismo “Urburb”, titolo dato all’allestimento che illustra la loro interpretazione della trasformazione del territorio israeliano tra XX e XXI secolo: il termine si riferisce ai territori contemporanei dove si intrecciano sprawl urbano e suburbano, risultato di cento anni di pianificazione modernista in Israele. Urburb è un tessuto frammentato, fatto di garden cities di inizio ’900,

Raccontare il mutamento per immaginare il futuro e Urban Center Metropolitano presentano il progetto di allestimento del Padiglione israeliano alla 14° Mostra internazionale di Architettura di Venezia, dedicata quest’anno a una ricognizione della storia dell’architet-

insediamenti agricoli, abitazioni collettive degli anni Cinquanta e generiche tipologie residenziali degli ultimi due decenni. Questa ibridazione testimonia le istanze conflittuali della “macchina modernista” all’opera su un

territorio antico e allo stesso tempo nuovo: creare piccole comunità egualitarie e ospitare una popolazione numerosa e diversificata, disperdere e al contempo racchiudere, riconnettere il territorio, facendolo però tramite un sistema pianificatorio top-down che tratta la superficie come un foglio di carta bianco. Tale approccio è emblematico non solo dell’ideale sionista di pianificazione centralizzata, ma anche dell’aspirazione modernista alla continua riorganizzazione e reinvenzione del presente. L’installazione realizzata nel padiglione israeliano indaga questi temi non solo attraverso i dati esposti: meccanismi automatici producono disegni sulla sabbia, li cancellano e li disegnano di nuovo. Ogni scenario dura tre-cinque minuti, e ogni stampante presenta una serie di scenari suddivisi secondo temi diversi – pianificazione, evoluzione degli edifici, linguaggi-tipo, dinamiche di cancellazione e di copia. Urburb è più di un fenomeno architettonico, è uno stato mentale, una forma di vita. Oggi, dopo cento anni di mutamento, è ora di esplorare le sue dinamiche, di comprendere cosa esso ha generato e quali possano essere le conseguenze attuali e future. Urban Center Metropolitano

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Urban Center Metropolitano è una struttura di presidio e supporto ai processi di trasformazione di Torino e dell’area metropolitana e un luogo di ricerca, riflessione, formazione e confronto sui temi dell’architettura, del paesaggio e del dibattito urbano. Nato nel settembre 2005, attraverso un accordo tra la Città di Torino, la Compagnia di San Paolo e Torino Internazionale/ Strategica, e divenuto dal giugno 2010 associazione autonoma, Urban Center offre nei suoi spazi di piazza Palazzo di Città opportunità di dibattito, informazione e documentazione sull’architettura e sulle trasformazioni urbane di Torino e dell’area metropolitana, ospitando un’esposizione permanente, cicli di incontri e mostre temporanee. www.urbancenter.to.it

Gli appuntamenti in Architettura in Città Mercoledì 11 giugno ore 17.00 Largo Regio Parco Visita guidata alle nuove architetture lungo le sponde della Dora. ore 19.00 BasicVillage, Roofgarden, Corso Regio Parco, 39 Torino Presentazione del progetto di allestimento del padiglione israeliano alla 14° Mostra internazionale di Architettura di Venezia. Giovedì 12 giugno ore 18.00 Scuola Holden Presentazione del progetto di riconversione che ha portato alla nascita della Scuola Holden, dove sorgeva la caserma Cavalli. Venerdì 13 giugno ore 18.00 Urban Center Metropolitano Il racconto della trasformazione dell’ex Hollywood, da teatro ottocentesco a residenza e sede di uffici. Sabato 14 giugno ore 10.00 Piazza XVIII Dicembre Itinerario lungo la Spina Centrale di Torino.  La stampante su sab-

bia: planimetrie di edifici Hyper-H contemporanei Sarale Gur Lavy


Architettura in Città 2014

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ecoborgo è un insieme di iniziative spontanee o il risultato di ragionamenti di gruppo, portate avanti da cittadini che attraverso scelte difficili ma sostenibili migliorano il proprio quartiere. L’ecoborgo è una comunità che ha scelto di vivere in modo sano, promuovendo l’attenzione all’ambiente nella mobilità, nell’alimentazione e, più in generale, nelle decisioni quotidiane. L’ecoborgo è anche il risultato di un processo di progettazione partecipato avviato a Campidoglio, un quartiere nato alla fine dell’Ottocento al di fuori della cinta daziaria di Torino, 23 anni fa e precisamente il 5 giugno 1991. La data indica il giorno in cui è stato istituito il Comitato di Riqualificazione Urbana Borgo Vecchio Campidoglio, che ha dato avvio ad un percorso di riqualificazione dell’area in ambito sociale, economico, urbanistico e storico. Tra le iniziative portate avanti, la promozione di occasioni di incontro e socialità come il mercatino biologico del benessere psicofisico svoltosi nel borgo per 10 anni a partire dal 1994, i carnevali ecologici, il Centro Commerciale

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Rifugio Antiaereo nel 1995, l’Ecocasa nel 2002, gli Aperitivi Culturali nel 2013 per

Esperimenti di socialità all’Ecoborgo Campidoglio disegnare il futuro del quartiere, ma anche azioni concrete per la tutela dell’ambiente: in tema di gestione efficiente dei rifiuti ad esempio, l’autocandidatura nel 2004 a primo quartiere per la raccolta differenziata, che ancora oggi è superiore alle altre aree della città. Sono molti i progetti in cantiere che vedranno la luce nei prossimi anni e che toccano diversi aspetti dell’agire sostenibile. Le azioni dell’ecoborgo si concentrano innanzitutto sul tema della mobilità con l’ideazione del Museo della Bici Storica G. Bernascone: nelle intenzioni dei promotori,

Mobilità alternativa, risparmio energetico, progettazione partecipata: poche parole chiave per definire il futuro di un quartiere impegnato nella riappropriazione dello spazio pubblico. Artigianale Naturale Campidoglio nel 1999, il parcheggio pertinenziale di Piazza Risorgimento nel 2000, la riqualificazione del

il museo non sarà solo un luogo di esposizione, ma dovrà essere un centro attivo per la diffusione della mobilità su due ruote, attraverso una ciclo-officina, una foresteria per i turisti che visitano Torino in bicicletta e infine un servizio di pony-express in grado di consegnare la posta in tutta Italia con questo mezzo di trasporto non inquinante. Con il Progetto Condomini Campidoglio, si riporta invece l’attenzione sulla questione del consumo energetico degli edifici; a partire dal censimento dello stato di salute dei condomini che hanno aderito all’iniziativa, saranno definiti gli interventi da realizzare per il raggiungimento e superamento degli

obiettivi del protocollo di Kyoto in tema di prestazioni energetiche degli edifici. Un progetto di respiro europeo. Le azioni del comitato si estendono a livello della progettazione urbanistica del quartiere ed in particolare della parte a nord, definita l’area Ghiacciaie, una porzione di territorio di grande interesse paesaggistico, ma a rischio di speculazione edilizia. Il progetto prevede la realizzazione della prima Variante dei Cittadini a Torino, attraverso la partecipazione attiva dei cittadini e la promozione della consapevolezza sulle problematiche del territorio; il primo risultato raggiunto dalla mobilitazione degli abitanti del quartiere è stato la realizzazione delle urbanizzazioni primarie completate nell’aprile 2014. L’ecoborgo è quindi soprattutto un insieme di micro progetti per la riappropriazione dello spazio pubblico, la cura dell’immagine e della scena urbana e l’interazione culturale. Francesco Adorno

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Lo Studio di Architettura Adorno nasce nel 1982 e si dedica a progetti di recupero edilizio e di arredamento. Nel 1990 Francesco Adorno trasferisce la propria residenza nel quartiere Campidoglio a Torino, e poco dopo, nel 1993, anche lo studio. La data del 1991 qualifica la sua vita professionale perché è l’anno di nascita di due grandi progetti: la Riserva Naturale di Tindari – Patti (ME) ed il Recupero Ambientale Integrato del Borgo Campidoglio, per il quale egli fonda il Comitato di Riqualificazione Urbana Campidoglio Borgo Vecchio. L’architettura, l’arte, l’associazionismo e l’ambiente, attraverso la progettazione partecipata sono da allora gli elementi fondamentali del suo vivere la professione. Oggi con l’Ecoborgo si definisce un architetto locale a km0. Gli appuntamenti in Architettura in Città

Storia della bicicletta: cena con lettura

Ristorante Ratatui Via San Rocchetto 34, Torino Mercoledì 11 giugno ore 20.30 Il Magazzino di Gilgamesh piazza Moncenisio, 13 Giovedì 12 giugno ore 20.30

Presentazione dell’Ecoborgo Campidoglio

BasicVillage Tessitura 1-2 Corso Regio Parco, 39 Torino Venerdì 13 giugno ore 19.00

Passeggiata per il Borgo Campidoglio

Piazza Risorgimento Sabato 14 giugno ore 10.00 Mostra

Borgo Vecchio Campidoglio

BasicVillage Corso Regio Parco, 39 Torino  Opera pittorica

dell’artista Walter Grassi, 2011 Progetto di inserimento architettonico dell’Arch. Francesco Adorno elaborato in occasione del 20° anniversario del Comitato di Riqualificazione Urbana Borgo Vecchio Campidoglio, posizionato in Via Fiano angolo Piazza Risorgimento.


Architettura in Città 2014

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uando si parla di recupero di luoghi caduti in disuso, si pensa abitualmente ad aree industriali. Tuttavia i cambiamenti cui stiamo assistendo nell’organizzazione e nei contenuti del lavoro nel settore del terziario richiamano l’attenzione anche su questo ambito. In particolare, risulta sempre più necessario stimolare una riflessione sull’opportunità e sulle modalità con cui avviare un recupero degli edifici preposti a queste funzioni e, di conseguenza, su come dovrà essere disegnato l’ufficio del domani. Questo spazio, indagato e costruito già a partire dal Movimento Moderno, è stato oggetto di ricerca e sviluppo a seguito della contemporanea innovazione tecnologica e del conseguente cambiamento culturale e sociale che ha contaminato i comportamenti e le attività che si possono svolgere nell’ufficio. Le città sono state (e saranno sempre più) dotate di spazi per il lavoro diversi per forme e articolazioni, funzioni e attrezzature; ma tali cambiamenti rispondono in modo corretto alle rinnovate esigenze del lavoro? Come sono modificate le caratteristiche dello spazio richieste dalle tante tipologie di lavoratori e lavoratrici (che si tratti di dipendenti di centri direzionali o “nomad workers”)? L’ufficio è ancora uno spazio definito? La sua localizzazione in uno specifico luogo ha dei limiti o delle virtù nell’era “glocale”? Gli interrogativi sono tanti e serviranno a mettere in luce gli aspetti strategici del tema del riuso degli spazi costruiti inutilizzati o sottoutilizzati nelle città, fenomeno oggi di urgente attualità, che impone un ripensamento del ruolo che aveva ed avrà lo spazio.

EraORA: nuova vita agli spazi inutilizzati A partire da questa considerazione il gruppo YesTown ha cominciato uno studio sulle

I cambiamenti nel mondo del lavoro richiedono nuovi spazi in cui svolgere l’attività professionale. Possono nascere importanti opportunità dal riuso della grande quantità di spazi inutilizzati delle nostre città? condizioni e i fattori che possono incentivare il modo di lavorare e progettare ambienti di lavoro dismessi o sottoutilizzati. Il riuso offre opportunità ancora inesplorate se perseguite con molteplici strategie e attraverso l’attivazione di diversi interessi e responsabilità. Al festival l’iniziativa EraORA

intende segnalare l’importanza del tema del riuso innovativo, dando la possibilità agli architetti (e non solo) di manifestare il proprio ruolo nell’immaginare il futuro di uno spazio. EraORA intende coinvolgere il pubblico sulle diverse modalità di svolgimento dell’attività professionale con l’obbiettivo di testare alcune idee sul futuro degli spazi lavorativi e, soprattutto, di raccogliere altre istanze attraverso un sondaggio digitale cui potrà prendere parte il pubblico. L’iniziativa EraORA permetterà alle persone di partecipare al disegno di uno o più spazi per l’ufficio del domani a partire dalla scelta di modelli d’uso, attraverso la selezione di specifiche esigenze o il racconto diretto di idee ed esperienze personali. L’obiettivo è quello di contribuire alla definizione di un “modello strategico di riuso dello spazio” che riassuma e discuta le informazioni raccolte prima e durante l’iniziativa del festival. Un case study tra i numerosi edifici dismessi o in disuso presenti in città farà da sfondo all’iniziativa attraverso proiezioni di dati ed immagini. Al termine, gli esiti del sondaggio saranno discussi in una presentazione/ dibattito conclusivo. Giuseppe Roccasalva

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YesTown è un gruppo che si rivolge a Enti pubblici e di servizio, investitori privati e società di gestione del risparmio. La complessità delle scelte in una città è spesso dovuta alla grande quantità di soluzioni e strategie che sono praticabili; è pertanto più importante porre le giuste domande prima ancora di formulare le più opportune risposte; reagire anziché semplicemente agire, sviluppare anziché risolvere, incentivare anziché intervenire. Le attività di YesTown puntano a sviluppare moderne strategie di sostenibilità ambientale, economica e sociale, affinché un territorio, una città, uno spazio pubblico o un edificio siano pensati per potersi adattare ai cambiamenti del tempo. YesTown è formata da professionisti e società italiane che hanno deciso di raggrupparsi per poter offrire servizi integrati di assistenza e realizzazione di idee e progetti di sviluppo urbano. Conferenza

EraORA nuova vita agli spazi dismessi Festival Architettura in Città BasicVillage Tessitura 1-2 Corso Regio Parco, 39 Torino Venerdì 13 giugno ore 16.30


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e sue sculture luminose sono poesia, denuncia, memoria che si rivela con garbo e determinazione, e che rimangono lì, ancorate ma aeree, appese senza pesare eppure cariche di significato. Tutta l’attività architettonica, artistica e didattica di Leonardo Mosso si potrebbe sintetizzare nella forza della leggerezza della sua ragione. Conoscere Leonardo è un’iniezione di fiducia, una piccola luce per vedere il futuro con occhi nuovi, scevri dalla miseria che ha impoverito il lavoro e la cultura e inaridito la sensibilità verso il prossimo. Il suo è un esempio di impegno, di resistenza, di studio, che sembrano non essergli pesati mai. Dalla Cappella per la messa dell’artista ai progetti per Piazzale Valdo Fusi, dalla Nuvola Rossa alla Città-Territorio programmata e autogestibile, dal suo viaggio da apprendista in Finlandia agli anni dedicati agli studenti, l’attività di Leonardo Mosso è segnata dalla flessibilità che ci ammonisce contro la precarietà, è affamata di conoscenza contro la presunzione, è sostenuta da un’energia generata da una vita che ha accettato e addirittura lanciato grandi sfide. L’architettura per Leonardo Mosso deve essere intesa e praticata come linguaggio sociale, “un processo di espressione che ha molte similitudini con la lingua parlata e che poggia sulla base culturale e scientifica di un concetto di comunità, nel senso

Proiezione del docu-film

Leonardo Mosso, maestro di indipendenza (23’) e a seguire

Re-esistenza culturale e sperimentazione continua Dialogo tra Leonardo Mosso e Gian Luca Favetto.

Festival Architettura in Città BasicVillage Tessitura 1-2 Corso Regio Parco, 39 Torino Giovedì 12 giugno ore 16.30-18.30  Leonardo Mosso:

“Nuvola rossa”, Sale del Risorgimento, Palazzo Carignano, Torino

zioni materiali su cui possa operare la partecipazione e la scelta della comunità. Agli

La leggerezza della ragione preciso che dava a questo termine Adriano Olivetti”. Il messaggio di Leonardo ai giovani è tutto contenuto nel suo rispetto e nella profonda stima per i maestri, dal padre Nicola ad Alvar Aalto, da Mario Passanti a Siegfried Giedion, dai quali ha appreso coltivando però sempre il suo seme dell’indipendenza, cifra della sua caleidoscopica professionalità, caratterizzata da una grande generosità e capacità comunicativa. Dal dopoguerra in avanti molti architetti si sono inflitti pesanti sconfitte, sul piano della qualità progettuale e della pratica professionale, che hanno minato l’immagine della categoria e il ruolo nella società. Vittime della concorrenza tra colleghi in numero sempre crescente e tra altri professionisti di area tecnica, in troppi hanno ripiegato su un basso profilo e un impoverimento generale. Hanno perso di vista il loro mandato, il motivo per cui hanno scelto una professione tanto complessa quanto affascinante. Situazione che non deve aver mai toccato Leonardo Mosso, forte e sicuro com’è ancora oggi a 88 anni del compito cui gli architetti devono essere chiamati a rispondere e lui, architetto/artista saggio, energico, creativo, geniale, sensibile, fortunatamente rispose! “Gli architetti devono applicarsi alla ricerca tecnologica e linguistico-analitica, combinatoria e sistemica per la predisposizione, appunto, di un sistema di trasforma-

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architetti bisogna chiedere la ricerca sulla natura storica recente e sperimentale dei materiali e la ricerca umanistica, ecologica, sull’ambiente e sul paesaggio come valori fondamentali”. Queste ricerche – ne è convinto Mosso – saranno fruttifere di proposte esplicitate e comunicate a tutti per rendere possibile una decisione derivante da un consenso democratico. “In tal modo le città, l’ambiente edificato e il territorio avranno le caratteristiche di mutevolezza, trasformabilità, potenzialità di crescita e decrescita nell’armonia di necessità e di esigenze di un organismo vivente, e ciò anche nel recupero di spazi e attrezzature senza spreco di suolo e di materiali”. I concetti di teoria

e scienza dell’architettura sono stati applicati da Mosso a sistemi costruiti per diventare installazioni artistiche. Uno degli aspetti più impressionanti del carattere di Leonardo Mosso è la capacità di elevare e rendere universale un problema culturale, senza mai abbassarlo a polemica, rancore, disagio, anche se si tratta di una sua opera oltraggiata. Il maestro Enrico Correggia – ricorda con riconoscenza Mosso – aveva dedicato un Requiem alla sua Nuvola Rossa, che è stata la più grande struttura aerea esistente, ospitata per un tempo troppo breve a Torino nel Palazzo Carignano. “La musica è stata suonata per la prima volta al Piccolo Regio, dove la Nuvola Rossa ha iniziato una presenza diversa, immateriale, che prosegue nella sale di concerto di tutto il mondo, come una piccola rondine che vola attraverso gli oceani.” Liana Pastorin

Leonardo Mosso ha attraversato un’epoca importante dell’architettura. Testimone e custode dell’eredità del padre Nicola, di Alvar Aalto, dei suprematisti russi, ha vissuto la storia senza gravità, orientato con fiducia e curiosità verso un futuro per lui sempre di scoperta e di sperimentazione continua.


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Fare città è una responsabilità 25

realtà operanti in 5 città dell’Europa occidentale (Berlino, Lisbona, Madrid, Tolosa e Torino) - esperienze di coworking, cohousing, nuovi modelli d’informazione e cultura, pratiche innovative di architettura, arte, design e agricoltura urbana – sono presentate nella mostra We-Traders. Cedo crisi, offro città, promossa dal Goethe-Institut e allestita negli inediti spazi di Toolbox. Attraverso il “fare città” dei We-Traders, i luoghi cambiano forma, tempi, funzioni e viene messa in pratica un’idea di comunità propositiva che in questi stessi luoghi vive, lavora, legge, s’incontra e guarda lontano. È attraverso questa visione prospettica che i We-Traders sperimentano nuovi modelli d’istituzione, nati in Europa negli anni della crisi; una crisi che è non solo finanziaria ed economica, ma prima ancora è politica, sociale e identitaria perché è diversa in ogni città. A Torino, il debito ereditato dalle Olimpiadi Invernali del 2006 prima, e la crisi globale poi, hanno evidenziato una domanda: quale ruolo avranno nel futuro sviluppo urbano la creatività e le nuove professionalità che coniugano conoscenza, innovazione e sperimentazione? Strategici, si potrebbe rispondere. Ma solo se Torino saprà riconoscere le progettualità orientate a nuove metodologie e a pratiche condivise a cui ha saputo dare vita, grazie a un fertile milieu, favorito anche dalle politiche istituzionali. We-Traders. Cedo crisi, offro città prova a farlo affiancando, ad altri 20 progetti europei, cinque realtà indipendenti che operano

nel contesto urbano, modelli accessibili e al tempo stesso esemplari di forme alternative dello scambio sociale, professionale, culturale. Nel quartiere Mirafiori è attivo Miraorti, una mappa aggiornata di orti urbani, e all’altro capo della città, non di-

alle maggiori trasformazioni. Esempi di come Torino oggi si proponga non solo come una città d’“intrattenimento”, ma anche come un luogo capace di riflettere intorno a un’idea estesa di cultural responsability, intesa come modello d’inclusione sociale e al contempo di stimolo allo sviluppo economico. I We-Traders, quelli di Torino come di Lisbona, Madrid, Tolosa e Berlino si sviluppano secondo logiche plurali e generative, in grado di accogliere forme consapevoli di cittadinanza contraddistinte da dialettiche “responsabili”. La mostra, prima a Madrid e ora a Torino, si presenta quindi come una piattaforma discorsiva: un fitto programma di workshop, incontri e proiezioni che interrogano le tradizionali forme della politica, dell’economia e della cultura. In ogni contesto urbano che l’accoglie, la mostra ha sempre un’identità differente. A Torino, a.titolo, collettivo di curatrici che dal 1997 si occupa dei temi dell’arte nella sfera pubblica, ha scelto di affiancare ai progetti coinvolti alcune ricerche artistiche che si misurano con le nozioni di democrazia e di futuro: il tavolo del progetto Love Difference – Movimento Artistico per una Politica InterMediterranea di Michelangelo Pistoletto, che ospita in mostra il confronto e la riflessione, l’archivio di sogni Dreams’ Time Capsule di Eva Frapiccini, l’azione di rivitalizzazione di organismi vegetali Esculenta Lazzaro di Caretto & Spagna, l’Archivio Mobile ideato da Stefano Boccalini con Studio Ghigos per la Casa del Quartiere di San Salvario sono anche loro testimoni attivi del ruolo che oggi l’arte ha assunto nei processi di trasformazione sociale, come motore d’invenzione e pensiero critico.

I luoghi cambiano forma, tempi e funzioni per accogliere nuove forme di comunità. 25 modelli alternativi di scambio sociale, culturale ed economico da cinque città europee, espressione di una progettualità diffusa. stante dell’autostrada per Milano, opera il Piccolo Cinema sperimentando differenti modelli di produzione culturale. In centro, il quartiere multietnico di San Salvario si raduna alla Casa del Quartiere, mentre non troppo lontano c’è lo spazio di lavoro condiviso e l’hub creativo di Toolbox Coworking. Infine, Buena Vista Social Housing costruisce inediti modi d’abitare nell’ex Villaggio Olimpico, in una delle aree urbane soggette

Jessica Kraatz Magri, Lisa Parola e Luisa Perlo

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Dopo essere stata al Matadero di Madrid con quasi 20.000 visitatori, la mostra We-Traders arriva a Torino al Toolbox Coworking / FabLab Torino (ingresso Via Egeo 18) dal 15 maggio al 15 giugno 2014. Il progetto We-Traders. Cedo crisi, offro città mette in rete iniziative di artisti, designer, attivisti e cittadini di cinque realtà europee: Berlino, Lisbona, Madrid, Tolosa e Torino. È una piattaforma di scambio di competenze dedicate ai We-Traders già attivi e a coloro che lo vogliono diventare che potranno seguire gli appuntamenti che si susseguiranno fino a dicembre 2014 nelle cinque città. Ideazione e direzione artistica: Angelika Fitz (Vienna) e Rose Epple (Berlino) Co-Curatori: Julia Albani (Lisbona), Javier Duero (Madrid), Stéphane Gruet (Tolosa), Lisa Parola e Luisa Perlo (a.titolo, Torino)

We-Traders. Cedo crisi, offro città è una coproduzione dei Goethe-Institut di Bruxelles, Lisbona, Madrid, Tolosa e Torino. A Torino la mostra è realizzata in partnership con Città di Torino, Società consortile OGR-CRT, Fondazione CRT e a.titolo, in collaborazione con Scuola Holden - Storytelling & Performing Arts, Urban Center Metropolitano. www.goethe.de/wetraders www.goethe.de/torino Incontro

Tra città e cittadini: quale futuro per le città europee nel prossimo decennio? Festival Architettura in Città Toolbox Coworking / Fablab Torino Via Egeo, 18 Torino Venerdì 13 giugno ore 17.30


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arà una città dei cittadini, dove conta di più la qualità della vita che essere “smart”, dove alla competizione è sostituita la solidarietà, dove alla democrazia formale è preferita la partecipazione, dove invece del profitto di pochi è scelta la difesa dei beni di tutti. Sarà inserita in una politica di collaborazione locale e nazionale per la pianificazione del territorio, delle infrastrutture e dei servizi, dove la “città metropolitana” sarà uno strumento di riequilibrio delle risorse. Vedrà l’acquisizione pubblica delle rendite derivanti da interventi in infrastrutture e da cambiamenti di destinazione d’uso, che premino tutti i cittadini e non soltanto i proprietari delle aree e i grandi costruttori. Vedrà la ridistribuzione delle attività di livello elevato fuori dalle tradizionali località del centro e dei suoi dintorni, permettendo a tutti i cittadini uguali opportunità di accesso ai servizi. Vedrà la fine del problema della casa con l’accesso delle circa 10.000 famiglie in attesa di una casa popolare allo stock abitativo inutilizzato (circa 50.000 alloggi sfitti) attraverso politiche, anche fiscali, volte al suo riutilizzo e al rilancio del mercato degli affitti. Vedrà la conversione del patrimonio edilizio privato e pubblico verso il risparmio energetico, la messa in sicurezza, l’aggiornamento tecnologico. Vedrà la fine del consumo di suolo libero, il riuso dei suoli compromessi, la salvaguardia delle aree agricole e verdi. Vedrà migliorare la qualità dell’aria, dell’acqua, dell’ambiente e il benessere psicofisico dei cittadini potenziando le zone verdi di

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La Torino del futuro quartiere, le aree verdi urbane e di livello regionale. Saranno finalmente portati a termine i progetti di corridoi verdi e delle vie d’acqua («Torino città d’acque», «Corona Verde», «Anello verde»).

zione calmierata, non solo in aree centrali, il potenziamento del trasporto pubblico e su ferro, senza inutili espansioni della rete autostradale. Vedrà lo stop e il ridimensionamento drastico dei grandi centri commerciali. Si riapriranno le attività produttive e artigianali di quartiere e i “centri commerciali naturali”, strade e negozi, non solo nelle aree centrali. Vedrà lo sviluppo dei servizi pubblici e della loro qualità a partire dai fabbisogni pregressi e attuali, espressi e non espressi, quartiere per quartiere, con particolare attenzione ai bambini, ai giovani, agli anziani. Vedrà un disegno urbano, rispettoso del paesaggio, della memoria, delle qualità ambientali e culturali. Saranno salvaguardati gli assi visivi tra la città, le montagne, la collina e il fiume; sarà data importanza al tessuto urbano storico, anche industriale, alla limitazione delle altezze dei nuovi edifici e alla cura degli spazi pubblici. Tutto questo avverrà attraverso una revisione del PRG, ormai svuotato da circa 300 varianti, una riorganizzazione degli Uffici tecnici dei vari Istituti di tutela e una Commissione della Qualità urbana. Ci sarà un Urban Center indipendente che si occuperà dell’informazione democratica. Si ricaveranno risorse dai risparmi sulla macchina comunale, dalla rinegoziazione del debito con le banche e dall’aumento della tassazione sui grandi patrimoni. Ma soprattutto ciò avverrà attraverso un vero processo partecipativo.

La casa, la qualità dell’ambiente, il disegno urbano, la mobilità, il consumo di suolo: la città che ci aspettiamo e che ci spetta di diritto. Vedrà lo sviluppo di una mobilità sostenibile con drastica riduzione dell’uso individuale dell’automobile, prima causa di inquinamento, con una moratoria nella costruzione di parcheggi nel centro urbano, l’estensione delle aree pedonali e a circola-

Guido Montanari

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L’Unione culturale viene fondata nel 1945 da un gruppo di intellettuali antifascisti, con lo scopo di proporre occasioni di studio e di riflessione sulla storia e la cultura italiana. Figura chiave è Franco Antonicelli, all’epoca presidente del CLN regionale piemontese; con lui erano, fra gli altri, Norberto Bobbio, Massimo Mila, Francesco Menzio, Giulio Einaudi, Cesare Pavese, Lionello Venturi e Carlo Mollino. Attualmente l’associazione, con la presidenza di Enrico Donaggio, continua l’attività coniugando l’aspetto didattico-divulgativo e l’approfondimento critico su più filoni tematici: la storia del movimento operaio, le arti, la scienza, la scuola e l’urbanistica. Dal novembre 2008, il gruppo di studio “Città e Territorio” coordinato da Guido Montanari, ha avviato un’articolata attività di ricerca e di dibattito sulle dinamiche urbane recenti, che ha portato all’organizzazione di cinque cicli di conferenze, a scansione annuale. Alcune riflessioni e proposte sono raccolte nel documento Politiche di sviluppo urbano, pubblicato sul sito. Dibattito

La città del futuro: una città “smart” o una città “giusta”? Festival Architettura in Città Unione Culturale Antonicelli Via Cesare Battisti, 4/b Torino Mercoledì 11 giugno ore 21.00  Torino, la cupola

di San Lorenzo e il mostro che sale Alberto Lalli


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nsegnare a raccontare significa soprattutto insegnare a immaginare un mondo diverso: un mondo in cui tutto ciò che non è realtà lo possa diventare. Alla Scuola Holden lo sappiamo bene e cerchiamo di farlo ogni giorno, immaginandoci un futuro sempre nuovo. Un futuro più verde e più sostenibile. I nostri studenti vivono immersi nella narrazione dal mattino alla sera: studiano Flaubert, leggono Topolino, guardano Mad Men, analizzano i film dei fratelli Coen, vanno a caccia di notizie in giro per il quartiere, recitano Amleto e imparano le regole d’oro per un buon tweet. Da 20 anni, infatti, insegniamo ai nostri ragazzi che i modi di raccontare storie sono tanti e che spesso s’intrecciano tra loro, soprattutto con l’avvento del digitale. Ma soprattutto cerchiamo di insegnare loro che, con il talento, la passione e la perseveranza, i sogni si possono realizzare e la realtà reinventare. Non è un caso che il trasferimento nella nostra nuova sede di Piazza Borgo Dora, all’interno del complesso dell’ex Caserma

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secondo canoni di eco-sostenibilità che puntano a rispettare l’ambiente e utilizzare al meglio l’energia. Un esempio? Uffici e aule sono illuminati con luci a led dotate di sensori di movimento: se qualcuno è nella stanza si accendono, altrimenti restano spente. Ma non è tutto. Nonostante di storie da stampare ce ne siano tante, cerchiamo di farlo il meno possibile e preferiamo lavorare al computer, cercando di informatizzare i processi lavorativi anche grazie all’aiuto delle Google Apps e del nostro partner tecnologico Telecom Italia. A ogni studente, poi, è stato dato un Chromebook – per poter lavorare, studiare

La Scuola Holden nei sogni ci crede da 20 anni. Crede che le cose si possano cambiare e che il futuro possa essere diverso dal presente. Non a caso si è impegnata in un progetto di sostenibilità ambientale a 360°.

Holden green: raccontare per cambiare Cavalli, abbia coinciso con l’inizio di Holden Green, un progetto di sostenibilità a 360°, sia dal punto di vista degli interventi strutturali che delle pratiche quotidiane. L’intero edificio, infatti, è stato ristrutturato

e prendere appunti senza bisogno di carta. Altri esempi? Abbiamo iniziato a riconvertire tutti gli acquisti di cancelleria con prodotti sostenibili e abbiamo fatto un accordo con Pony Zero per l’uso di corrieri cittadini

che utilizzano mezzi non inquinanti. E poi ci sono quelle cose, piccole, che piccole in realtà non sono. Come la raccolta differenziata, o l’acqua: abbiamo dato a tutti gli studenti del Biennio una borraccia personalizzata affinché possano bere l’acqua corrente e ci piacerebbe poter installare una casetta Holden Smat nel piazzale davanti alla scuola, oltre all’eliminazione delle poche bottigliette di plastica rimaste. E, non meno importante, gran parte dello staff e degli studenti viene alla Holden a piedi, in bici o utilizza i mezzi pubblici. Per questo vorremmo attivare presto un accordo con GTT e fare richiesta per una navetta che possa passare davanti alla scuola. Gesti semplici, che tuttavia quando si trasformano in abitudine riescono davvero a cambiare le cose. E noi nel cambiamento ci crediamo profondamente, ci crediamo da sempre. Crediamo che l’esempio possa diventare esperienza e che l’esperienza possa essere raccontata. Crediamo che la consapevolezza e il rispetto possano essere allenati, così come il talento. Crediamo che le storie possano avere un lieto fine e che, se ancora non ce l’hanno, il finale si possa cambiare. Lea Iandiorio

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La Scuola Holden è stata fondata da Alessandro Baricco nel 1994, a Torino. È una scuola di Storytelling & Performing Arts, un luogo dove chi ha un storia può imparare a raccontarla. Da ottobre 2013 ha inaugurato la nuova sede negli spazi dell’ex Caserma Cavalli di piazza Borgo Dora, con una didattica incentrata su 6 percorsi: Scrivere, Filmmaking, Acting, Series, Real World e Crossmedia. Tutti i College, tranne Scrivere, sono in italiano e in inglese e aperti a studenti internazionali. È intitolata a Holden Caulfield, il protagonista di The Catcher in the Rye di J.D.Salinger, che non ne voleva sapere di college, insegnanti, materie ed esami: questa scuola gli sarebbe piaciuta. www. scuolaholden.it Incontro

Racconti urbani. La Scuola Holden e la Città Innovativa e Sostenibile Festival Architettura in Città Scuola Holden Piazza Borgo Dora, 49 Torino Giovedì 12 giugno ore 18.00

 L’ex Caserma Cavalli,

ora Scuola Holden Storytelling & Performing Arts Federico Botta


Architettura in Città 2014

Focus

Focus Gruppi di lavoro costituiti all’interno dell’Ordine degli Architetti di Torino tra iscritti e consiglieri per promuovere una discussione ampia, la condivisione di conoscenze e l’arricchimento professionale.

Qualità e promozione del progetto

La professione per i giovani e le pari opportunità

“Non libera” professione

La qualità dell’architettura rappresenta un valore? Chi dovrebbe interessarsene? Sembra che il tema della qualità sia al centro dell’attenzione solo di coloro che si illudono di produrla, mentre la città si sviluppa secondo logiche diverse. Recenti fermenti (nuovo piano strategico, nuovo consiglio dell’Ordine, nuove associazioni, nuove delibere…) lasciano pensare che vi sia spazio per immaginare alcuni cambiamenti, non sappiamo ancora quanto incisivi, nel modo di realizzare le trasformazioni a Torino, verso un approccio più attento alla qualità dei processi e dei risultati. Per il nostro gruppo la qualità dell’architettura non può più essere raggiunta nell’isolamento snob del proprio studio, ben a distanza dalle istituzioni, ma al contrario occorre imparare a relazionarsi efficacemente con esse, riducendo il solco fra progettisti e funzionari. Con questo obiettivo, il focus group propone di utilizzare la formula del talk per riunire persone, con ruoli istituzionali e non, che hanno un peso sui cambiamenti della città. Anche i cittadini sono chiamati in causa in questo evento: essi potranno intervenire proponendo la propria opinione sulle trasformazioni e interagiranno con i relatori, che metteranno in luce quali siano le possibilità per la qualità dell’architettura in una città come Torino, in una situazione di difficoltà economica come quella attuale. Il risultato sarà un cortocircuito fra attori che raramente si confrontano in pubblico, alla ricerca di un’interpretazione del futuro prossimo della professione e di come essa potrà ancora giocare un ruolo negli interventi che interesseranno la città. Molte delle recenti scelte urbanistiche sono infatti criticabili e criticate per svariate ragioni: si discute della loro effettiva opportunità, del valore estetico e dell’efficacia dei risultati. Ma questa riflessione chiama in causa le professioni, le decisioni e anche le strutture di norme. È possibile immaginare e proporre modifiche alle procedure ordinarie? O ci limiteremo ad accettare lo status quo?

L’architettura è un ambito all’interno del quale necessariamente si incrociano saperi provenienti da discipline differenti. Nel ‘De architectura’ Vitruvio spiega che un buon architetto, in quanto tale, deve avere nozioni di geometria, matematica, anatomia e medicina, ottica, acustica, legge, teologia, astronomia e meteorologia. Anche se al giorno d’oggi non è pensabile chiedere ad un professionista una conoscenza approfondita così ampia, una buona base di cultura generale è essenziale. Il progetto “Due per venti” nasce dall’esigenza di curare e sviluppare questo aspetto multidisciplinare, attraverso una serie di incontri informali a cadenza mensile che vedranno il coinvolgimento di professionisti che si siano dimostrati innovatori nel proprio campo d’attività. Non necessariamente architetti o designer, i relatori potranno esser portatori di un background culturale molto eterogeneo. Il format è semplice: in ogni appuntamento si confronteranno due ospiti, scelti sulla base dell’esperienza e dei riconoscimenti ottenuti in Italia ed all’estero, che avranno a disposizione 20 minuti ciascuno per presentare il proprio lavoro o un progetto legato al tema del giorno. Si inizia il 12 giugno con il cibo: si affronteranno le questioni connesse con l’alimentazione e la produzione agricola sul territorio, si indagherà l’influenza del commercio globale e il suo indice di sostenibilità e si presenteranno possibili buone pratiche atte alla cura e al miglioramento dell’ambiente naturale e sociale complessivo. Le tappe successive dell’iniziativa affronteranno nei mesi seguenti il tema della progettazione architettonica, per quanto attiene all’esistente e alle nuove edificazioni, la progettazione paesaggistica e la pianificazione, la comunicazione in architettura e le relazioni tra artigianato e design 2.0.

Come sarà la Torino del 2020? L’incontro “Le azioni pubbliche per un futuro sostenibile nella città di Torino” si configura come una tavola rotonda fra chi per lavoro deve pensare al futuro della città. Sono i responsabili delle iniziative che nei prossimi anni miglioreranno la qualità della vita dei torinesi. E sono tutti dipendenti pubblici. Al centro del dibattito c’è il tema ‘smart city’, un progetto nato per rendere Torino una città intelligente in grado, cioè, di produrre alta tecnologia, ridurre i consumi degli edifici tramite l’uso razionale dell’energia e delle fonti rinnovabili e promuovere una mobilità efficiente e poco inquinante. Ma la qualità della vita si misura anche con l’avanzare del verde nel grigio delle aree a destinazione produttivo-industriale. Ne sono esempi la riconversione in parchi urbani dell’area di Spina 4 (43.000 mq), ora Parco Dora, un tempo occupata dalle ex officine Iveco-Telai, e dell’area ex-Thyssen (300.000 mq), collocata in corso Regina, dove dovrebbe nascere un distretto di ricerca per la sicurezza sul lavoro e un parco tecnologico. Anche nel campo delle politiche abitative si può essere smart e al passo con i paesi europei più all’avanguardia. In questo ambito il futuro ha il nome di ‘social housing’, termine adottato per indicare un insieme di azioni che si collocano a metà tra l’edilizia popolare e la vendita o l’affitto di proprietà private, con l’obbiettivo di fornire alloggi con buoni standard di qualità e con canone calmierato a soggetti che non potrebbero permettersi una casa a prezzo di mercato e che non rispondono ai parametri previsti per l’accesso all’edilizia popolare. Ma con social housing ci si riferisce anche e soprattutto alla promozione di un nuovo modo di abitare, che sostituisce il rigore del condominio con una dimensione più umana, sociale e, fondamentalmente, più creativa, attraverso l’utilizzo di spazi e servizi comuni tra gli abitanti. Il risultato è la nascita di una comunità in cui vivere quotidianamente l’integrazione.

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Focus

FOCUS GROUP OAT 2013-2017

Conservazione, riuso e restauro Il focus group affronta i temi del restauro, con riflessioni critiche rispetto al carattere degli interventi e alla compatibilità di questi con le morfologie, le destinazioni d’uso e le strategie di sviluppo del territorio. Il lavoro di ricerca, articolato in quattro commissioni, è finalizzato a individuare futuri percorsi progettuali e modalità operative di riuso, promuovere il dialogo tra i diversi attori che operano sui temi specifici del restauro e della tutela, avviare un confronto con le istituzioni che hanno ruoli di coordinamento locale e di governo delle procedure, rispetto alla compatibilità delle regole con le reali vocazioni dell’architettura, nei processi di riqualificazione. La ricerca muove da alcuni casi studio, analizzati secondo chiavi di lettura diverse. Un primo tema, quello del recupero dell’architettura industriale minore e dell’architettura montana in disuso, è indagato con gli esempi dello Scalo Vallino a Torino e del Forte del Sapè fra Exilles e Salbertrand. La gestione del Van Nelle Factory a Rotterdam è un riferimento sulle modalità con cui possa avvenire il confronto con le istituzioni e gli enti designati alla tutela del patrimonio architettonico. Una riflessione sulle modalità di classificazione degli edifici “baffati” del PRGC di Torino è finalizzata a rafforzarne il grado di tutela, individuando una possibile revisione dei criteri che stabiliscono i gradi di intervento sull’architettura caratterizzante il tessuto storico. Infine, in tema di sostenibilità, il focus group propone la formulazione di un protocollo di riqualificazione energetica sugli edifici pubblici, da realizzare nell’ambito della programmazione unitaria dei fondi strutturali europei, in collaborazione con ANCE Piemonte e Comune di Ivrea; il caso studio è la Scuola elementare di Ludovico Quaroni a Canton Vesco di Ivrea.

Il Consiglio OAT ha rilanciato il sistema dei focus group istituendone 14 che saranno attivi per il mandato 2013-2017. Ciascun focus group ha un massimo di 37 iscritti ed è strutturato al proprio interno con un coordinatore, un vice coordinatore e un segretario. Sono stati individuati consiglieri referenti per consentire una relazione diretta tra le attività dei focus group e quelle consigliari. Tutte le informazioni: www.to.archiworld.it seguendo il percorso > OAT > Focus Group OAT. Ambiti di lavoro e responsabili:

Sicurezza nei cantieri e nei luoghi di lavoro Cesare Roluti, Roberto Doglio, Andrea Muzio

Prevenzione incendi

Laura Chiavazza, Bruno Pelle, Paola Masoero Boidi

La professione per i giovani e le pari opportunità Romina Botta, Andrea Sillano

Pianificazione locale, metropolitana e strategica

Carlo Alberto Barbieri, Alberto Redolfi, Alessandro Marino

Pianificazione del paesaggio e vas

Giovanni Alifredi, Giovanni Paludi, Cristina Mijno

Qualità e promozione del progetto Subhash Mukerjee, Paolo Giordano

Lavori pubblici e procedure edilizie

Edoardo Ceretto, Roberta Ingaramo, Simona Gori

Rete nazionale ed internazionale Francine Amsler, Elena Canaparo

Conservazione, riuso, restauro Armando Baietto, Anna Crivello

Ctu, mediazione, protezione civile

Giovanni Rosotto, Susanna Cividini, Maurizio Savio

Design e grafica

Daniele Druella, Yussef Ech-Chibani, Tommaso Delmastro

Strutture

Corrado Godio, Celeste Pretraroli, Elisabetta Mazzola

“Non libera” professione

Manuela Castelli, Alessandra Piazza, Cristina Gaiotto

Sostenibilità ed energia

Paolo Fop, Pier Giorgio Turi

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Architettura in Città 2014

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he musica e video siano linguaggi con una stretta relazione tra di loro, non è una novità; che possano essere utilizzati persino in modo complementare, neppure. Che da questo rapporto però possa nascere un racconto è invece cosa più insolita. Nella rassegna intitolata “Future Horizons”, l’esplorazione dei territori musicali è realizzata attraverso appuntamenti multidisciplinari, che propongono allo spettatore il dialogo tra musica e videoperfomance dedicate alla presentazione di visioni urbane. L’intreccio tra i due linguaggi si presta ad una duplice lettura: in senso verticale, all’interno della singola serata, e in senso orizzontale, tra i diversi appuntamenti. Le quattro serate, nelle quali si articola la narrazione, spaziano dalla classica contemporanea al jazz, con artisti internazionali provenienti da ambiti musicali eterogenei. I diversi approcci, dalle sonorità e dalle formazioni più disparate, si misurano con un video racconto che viene sviluppato in quattro quadri presentati uno per ciascuna serata. L’obiettivo del progetto è condurre il pubblico in un percorso di scoperta di suoni e immagini all’insegna della contemporaneità e della sperimentazione interdisciplinare, stimolando l’interazione tra i due linguaggi artistici. La videoperformance è diretta dal videoartista torinese Massimo Violato. Il primo appuntamento, martedì 10 giugno, ha come ospite il Quartetto d’Archi di Torino, presente da più di venticinque anni nelle più importanti stagioni musicali. Nato e cresciuto grazie a Piero Farulli, Andrea Nannoni, Milan Skampa e György Kurtág, il Quartetto ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra i quali l’incarico di “Quartet in Residence” all’Istituto Universitario Europeo di Firenze e il Diploma d’onore presso l’Accademia Musicale Chigiana di Siena. La notorietà presso il grande pubblico è arrivata grazie alla colonna sonora del film di Gabriele Salvatores “Io non ho paura” composta da Ezio Bosso. È tra i pochissimi quartetti al mondo ad eseguire il II string Quartet di Morton Feldman, opera culto della musica contemporanea della durata di circa sei ore. Si prosegue l’11 giugno con il danese Andreas Bennetzen (Andy Benz), contrabbassista di classica d’avanguardia, attivo a Copenaghen, membro della Danish Composers Society (DJBFA) e della Danish Ar-

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Future Horizons: territori da esplorare tist Union (Artistforbundet), che connota la propria performance per l’utilizzo del contrabbasso elettronico e della loopstation. La terza tappa del racconto si ha il 12 giugno con un interessante duo: il celebre romeno Alexander Bălănescu, uno dei più visionari ed eclettici violinisti e compositori dei nostri tempi, e Giorgio Li Calzi, trombettista e compositore torinese tra i più significativi della scena jazz attuale si ritrovano insieme sul palco del BasicVillage per una performance unica, un incontro tra due virtuosi. In chiusura, il 13 giugno si esibisce il duo torinese di musica elettronica e strumentale Ozmotic. Composto da Stanislao Lesnoj e SmZ, che si ispira a sonorità contemporanee che derivano dalla musica colta e dall’ambient, miscelando il soundscapes e la musica concreta con la glitch music, l’IDM, il noise e il jazz, dando vita a mondi sonori caratterizzati da una profonda varietà timbrica e da una raffinata ricerca ritmica.

Dal dialogo tra musica e videoperformance nasce un racconto che si dipana in quattro appuntamenti live per condurre il pubblico in un percorso di sperimentazione interdisciplinare.

Musica 90

Musica 90 è un’associazione culturale nata a Torino nel 1990 con l’obiettivo di promuovere e diffondere la produzione musicale che si distingua per ricerca, qualità ed innovazione, declinata nei diversi generi. È l’unica realtà in Piemonte, e tra le poche a livello nazionale, ad occuparsi di new music con una programmazione attenta alle novità del mercato, alla valorizzazione delle tradizioni e alla contaminazione dei generi e delle discipline artistiche. L’offerta culturale di Musica 90 coinvolge musicisti appartenti a diversi ambiti: dalla world music al jazz contemporaneo, dall’elettronica all’alternative rock, dalle musiche tradizionali alle nuove musiche urbane europee ed extra-europee. Progetto multidisciplinare realizzato da Musica 90 in collaborazione con Festival Architettura in Città 2014 con il sostegno della Regione Piemonte e della Fondazione OAT e con il patrocinio del Consolato di Danimarca. Concerti

Future Horizons

Festival Architettura in Città BasicVillage Tettoia Gregoretti Corso Regio Parco, 39 Torino Martedì 10 giugno ore 21.00 Mercoledì 11 – venerdì 13 giugno ore 21.15


Architettura in Città 2014

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resentare i migliori film della stagione su tematiche ambientali e contribuire, con attività che si sviluppano nel corso di tutto l’anno, alla promozione del cinema e della cultura della sostenibilità e della resilienza. Questo l’obiettivo che si ripropone il Festival CinemAmbiente (31 maggio-5 giugno) e che potrà essere raggiunto anche grazie ad alcune delle novità dell’edizione 2014. Innanzitutto l’accesso in sala per il pubblico: grazie al contributo di Leroy Merlin il festival torna ad essere gratuito, riconoscendo così il valore civico ed educativo dei documentari proposti al pubblico; questi favoriscono in qualche modo un risparmio per la comunità, perché cittadini informati contribuiscono alla gestione intelligente della collettività. Per favorire la diffusione sul territorio, si moltiplicano i luoghi del festival includendo spazi culturali e di proiezione già conosciuti in città per il loro quotidiano impegno culturale e civico. Inoltre debutta da quest’anno Cinemambiente Lab, che include workshop e incontri professionali per registi del green cinema, organizzatori culturali e responsabili dei 23 festival internazionali aderenti al Green Film Network per proseguire la riflessione avviata con le proiezioni. Dei circa mille film visionati solo un centinaio, suddivisi tra le sezioni competitive e quelle informative, sono entrati a fare parte del programma; tutti i film dei concorsi internazionali sono in anteprima italiana o europea mentre tra gli italiani alcuni sono in anteprima assoluta. Il tema ambientale si intreccia con questioni politiche e sociali in Virunga di Orlando von Einsiedel, film ambientato nelle foreste della parte orientale della Repubblica Democratica del Congo dove si estendono gli ottomila chilometri quadrati del Parco nazionale di Virunga. Primo parco nazionale africano a essere fondato nel 1925 e patrimonio dell’umanità dell’Unesco dal 1979, luogo tra i più ricchi di biodiversità di tutto il Pianeta, è l’ultimo grande rifugio dei gorilla di montagna. Ed è in questa area preziosa per il mondo intero che da anni si combatte una vera e propria guerra tra i ranger, spesso ex bambini soldato, che cercano di proteggerne la straordinaria flora e fauna che la popola, e le milizie armate che vorrebbero impossessarsene per sfruttarne a pieno le risorse naturali in essa racchiuse. È ambientata in un altro contesto la lotta di Jean Hill, una vera e propria eroina dell’ecologia, raccontata in Divi-

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#ca2014 de in concord da Kris Kaczor: è la storia di un’anziana ma vispa signora americana che riesce, solo grazie alla sua determinazione, a rendere illegali le bottiglie di plastica per l’acqua minerale in tutta Concord, una piccola città del Massachusetts. L’esperienza ha avuto una enorme risonanza, estendendosi persino a San Francisco, che sta adottando proprio in questo periodo la stessa norma. La cronaca italiana è al centro del Concorso Documentari Italiani che, a partire da fatti locali, indagherà fenomeni d’interesse globale, come il caso de LA’ SUTA. La nostra eredità nucleare in un triangolo d’acqua di Daniele Gaglianone, Cristina Monti, Paolo Rapallino. A Saluggia sono conservate la maggior parte delle scorie radioattive prodotte dalla stagione nucleare italiana, ma il sito è tra due fiumi e in perenne rischio di allagamento. Il Concorso Internazionale One Hour, spaziando tra diverse tematiche, presenta la visionarietà di Ekopolis di Anna-Karin Grönroos: il professore finlandese Eero Paloheimo e il magnate cinese Zhang Yue salveranno il mondo reinventando la città. Le loro utopie sono diverse: Zhang programma di costruire il più alto ed ecologico grattacielo sulla Terra, una eco città da realizzare in tempi rapidissimi. Paloheimo ha progettato invece una “città esperimento” di ecologia, e combatte per vederla realizzata in una florida valle vicino a Beijing.

Ambiente, società e politica sono connessi tra di loro. È così nel Parco nazionale di Virunga, oggetto di contesa tra interessi diversi, a Concord, nel Massachussets, per la messa a bando delle bottiglie di plastica, e in Italia, nella gestione delle scorie radioattive a Saluggia.

Gaetano Capizzi

Il Festival CinemAmbiente nasce a Torino nel 1998 con l’obiettivo di presentare i migliori film ambientali dell’anno e contribuire con un lavoro di ricerca e promozione all’affermazione e allo sviluppo del cinema a tematica ambientale. Fondato e diretto da Gaetano Capizzi, è organizzato dal Museo Nazionale del Cinema di Torino. Grazie al progetto CinemAmbiente Tour il Festival garantisce la circuitazione su territorio nazionale, dei film presentati nelle sue edizioni. Il sito cinemambiente. tv offre alle scuole la possibilità di proiettare in classe centinaia di film. Cinemambiente rappresenta l’Italia nel Green Film Network, che raggruppa festival ambientali di oltre venti paesi. www.cinemambiente.it Proiezioni Festival Architettura in Città BasicVillage Tettoia Gregoretti Corso Regio Parco, 39 Torino Mercoledì 11 – venerdì 13 giugno ore 22.15


Architettura in Città 2014

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AB Aurora in Barriera è un progetto collettivo nato dall’iniziativa di alcune realtà e persone attive nel quartiere che collaborano per far conoscere la creatività del territorio in cui lavorano giorno per giorno: Bagni pubblici di Via Aglié, associazione culturale URBE Rigenerazione Urbana, Cuochivolanti, Progetto Diogene, FitzLab-Fondazione Fitzcarraldo, Fondazione OAT, Nucleo design, We made for Love-MADE, Associazione culturale Qubì e con la collaborazione di Marco Magnone, Edoardo Bergamin e ArteSera. Passeggiate

AB Aurora in Barriera

Art Tour e Architecture Tour Festival Architettura in Città Quartiere Aurora: tappe varie Venerdì 13 – sabato 14 giugno ore 17.00 Segue cena in luogo segreto

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ell’assistere alla crescita del numero dei turisti che visitano Torino e alla città che si prepara ad accoglierli, per primi i cittadini hanno iniziato a scoprirne ed apprezzarne le qualità estetiche ed architettoniche, oltre alla vitalità culturale. Tuttavia Torino non è solo il centro storico, andando oltre i luoghi più conosciuti e riconosciuti della città, ci si può imbattere in un suo volto inaspettato. È quanto propongono le esplorazioni urbane di AB Aurora in Barriera Art & Architecture Tour: si tratta di tour non convenzionali tra l’arte e l’architettura contemporanea che avevano esordito lo scorso novembre in due quartieri in forte trasformazione: Aurora e Barriera, a Torino nord. Il 13 e 14 giugno l’iniziativa si ripete con due tour alla scoperta delle architetture, delle case di design e dei luoghi della creatività nel quartiere Aurora, concentrandosi però sull’area intorno a corso Regio Parco, dove ci sarà il quartier generale del festival. I cittadini, in gruppo o individualmente, con guide narranti o solo con il supporto della cartina di AB, potranno scoprire dall’interno nuovi luoghi dove si fa arte, cultura e design e le architetture di questa parte di città, lasciandosi stupire da una diversa Torino, dove la creatività è la linfa che sta dando nuova vita ad un’area post industriale. Quello di giugno sarà solo un assaggio, una piccola anteprima dell’evento che si terrà in autunno e che coinvolgerà gli ampi quartieri a nord della Dora. I due tour si svolgeranno in parallelo: l’Art Tour è un’esplorazione urbana, guidata dagli scrittori Marco Magnone ed Edo-

Tu chiamala se vuoi, Torino Un viaggio alla scoperta di una Torino insolita per conoscere i nuovi luoghi della creatività dall’interno e osservare le architetture che stanno ridisegnando un quartiere in grande trasformazione come Aurora.

ardo Bergamin, che narreranno, attraversandole, le diverse forme artistiche, culturali e creative emergenti; l’Architecture Tour condurrà tra edifici, case e cantieri simbolo delle trasformazioni urbane e sociali di questa parte di città spiegate dai protagonisti che le hanno rese possibili. I percorsi termineranno con una speciale underground dinner a cura dei Cuochivolanti in un luogo segreto. Le modalità di partecipazione e le iscrizioni sono indicate sul sito www.fitzlab.it. I promotori di AB Aurora in Barriera


Direttore responsabile

Giorgio Giani

Direttore scientifico

Liana Pastorin Redazione

Raffaella Bucci Liana Pastorin Via Giolitti, 1 – 10123 Torino Tel 011 5360513/514 Fax 011 537447 www.taomag.it redazione@taomag.it Art Director

Fabio Sorano Grafica

Lorem In copertina

“Growing new generation” di Elisa Baldissera Poster segnalato nel concorso Posterheroes a cura dell’associazione Plug Stampa

Stamperia Artistica Nazionale Via M. D’Antona, 19 - Trofarello (TO) Supplemento di TAO, periodico di informazione della Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Torino | Registrato presso il Tribunale di Torino con il n. 51 del 9 ottobre 2009 Iscritto al ROC con il n. 20341 del 2010 | n. 1/2014

Fondazione OAT

Giorgio Giani, presidente Eleonora Gerbotto, direttore Ordine Architetti Torino

Marco Aimetti, presidente Laura Rizzi, direttore Consiglieri Fondazione OAT

Marco Aimetti Paolo Balistreri Tullio Casalegno Marta Colombo Fabio Corsico Chiara Martini

Consiglieri Ordine Architetti Torino

Ilario Abate Daga Rita Argento Giuliano Mario Becchi Elisabetta Bellini Roberta Borio Alessandro Cimenti Antonio Cinotto Pier Massimo Cinquetti Cristina Coscia Massimo Giuntoli Carlo Pession Laura Porporato Silvia Rossi Angioletta Voghera

Il giornale è stato realizzato in occasione della IV edizione del festival Architettura in Città Approfondimenti e aggiornamenti

www.architetturaincitta.it Festival Headquarters

Dal 10 al 14 giugno 2014 BasicVillage Corso Regio Parco 39, Torino

Patrocinio di

Organizzazione

Fondazione OAT www.fondazioneoat.it Gruppo di coordinamento

Cristina Coscia Eleonora Gerbotto Giorgio Giani Raffaella Lecchi Liana Pastorin Carlo Pession Attività culturali

eventi@fondazioneoat.it 011 5360512/515

Gli articoli della sezione “Dialoghi” (pagg. 3-7) sono a firma di Liana Pastorin. L’editing è a cura di Raffaella Bucci.

Ufficio Stampa

Le informazioni e gli articoli contenuti nel giornale riflettono esclusivamente le opinioni, i giudizi e le elaborazioni degli autori e non impegnano la redazione del giornale nè la Fondazione OAT né l’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Torino. I materiali iconografici e le fotografie provengono dagli autori, salvo dove diversamente specificato. La Fondazione OAT è a disposizione degli aventi diritto per eventuali fonti iconografiche e fotografiche non identificate e si scusa per eventuali involontarie inesattezze e omissioni.

Web

Tiratura 4.000 copie Chiuso in redazione il 14 maggio 2014

Promosso da

ufficiostampa@fondazioneoat.it 011 5360513/514 Simona Castagnotti

Collaborazione di

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Identità visiva

Lorem

La partecipazione alle attività del Festival dà diritto agli architetti al riconoscimento di 2 crediti formativi per ogni giornata di presenza, attestata dal possesso del voucher ritirato all’ingresso (corso Regio Parco 39). Info e modalità: www.to.archiworld.it

Sponsor


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