Il notiziario del FAI 133 dicembre 2014 gennaio febbraio 2015
Villa Necchi Campiglio Il FAI del futuro
Periodico: Poste Italiane Spa – Sped. in abb. Post. – D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 CN/BO.
Wim Wenders a Villa Panza a Varese Il Lazzaretto di Verona
IL NOTIZIARIO DEL FAI
I pag 2 L’editoriale
Se il Signor Anno Nuovo
mi mandasse uno Spiritello per chiedermi quali doni vorrei ricevere direi: “Grazie, però la lista è lunga”. “No, soltanto tre”, mi verrebbe risposto, mettendomi così in imbarazzo. E lo Spiritello proseguirebbe: “Non doni di soldi, ma neppure un viso senza rughe, né tanto meno la solita denuncia idrogeologica!”... Io obbedisco e scelgo. Il primo riguarda la moria delle api che hanno iniziato a diminuire nel 2006. In Europa la perdita è del 20% mentre in USA sale al 35 per cento e addirittura in certe regioni cinesi la percentuale arriva al 90 per cento. L’economia alimentare è in crisi dato che il 90 per cento delle piante coltivate dipende dall’impollinazione di insetti come farfalle, uccelli, pipistrelli e soprattutto api. La responsabilità risiede nell’uso massiccio di quei pesticidi tossici che vanno vietati. Questi sono incentivati dalle Multinazionali unicamente dedite a logiche di profitto. Veleni che poi vanno a scardinare l’intero equilibrio biologico, ma anche e di conseguenza l’economia agricola, con rischi così pericolosi da spingere il Presidente Obama a destinare fondi straordinari. Come secondo dono chiedo che non venga dato adito alle forti pressioni di certi gruppi influenti per l’autorizzazione a procedere nella ricerca di “Shale Gas” in zone favorevoli quali la Pianura Padana e la Versilia. Questo implica la perforazione del terreno dove vengono immesse sostanze chimiche per liberare la fuoriuscita del gas. Ma è un metodo altamente nocivo per ottenere facili e lauti guadagni. Così si inquinano le falde acquifere che poi affluiscono negli acquedotti, irrigano le campagne e finiscono nell’acqua delle nostre mense. Per il terzo dono scelgo di poter fare un appello al Ministro dei Beni Culturali Franceschini. La legge che impone ai dirigenti del pubblico impiego il pensionamento con 40 anni di contributi sta svuotando le Soprintendenze di risorse esperte e capaci, che a 60 anni sono al culmine della loro carriera e nel pieno delle loro energie. Se a questo si aggiunge il blocco delle nuove assunzioni, ovvero del turn over, imposto dai tagli del Governo, assistiamo al lento dissanguamento delle Soprintendenze, cui spetta il difficile compito della tutela e della conservazione, che richiederebbe invece ingenti forze. Se poi l’Anno Nuovo volesse apportare un cambiamento di rotta agli uomini attualmente angosciati, potrebbe buttare in un calderone i miei tre doni fondendoli in una ondata di Consapevolezza dove tutto è collegato. Perché ogni cosa è collegata all’altra, ogni cosa influenza l’altra, ogni cosa irradia all’altro una Energia. E così, se si agisce in questa direzione, ogni azione di Bene sale verso quell’ignoto Mondo Spirituale che tutto permea e su cui gli uomini vogliono così poco sapere.
Giulia Maria Mozzoni Crespi - Presidente Onorario FAI
Periodico del FAI Sede legale: La Cavallerizza via Carlo Foldi, 2 - 20135 Milano Direzione e uffici La Cavallerizza via Carlo Foldi, 2 20135 Milano tel. 02467615.1 Registrazione del Tribunale di Milano del 9.8.1980 n. 314 Stampa Data Mec S.r.l. Direttore responsabile Simonetta Biagioni Redattore Claudia Covelli Coordinamento editoriale Marco Magnifico Progetto grafico e impaginazione Valentina Ranucci Quota minima di adesione annuale al FAI: 39,00 Euro
SOMMARIO La felicità di vivere nella bellezza ....... pag 3
Wim Wenders a Villa Panza................ pag 13
Rapporto su 10 anni di Luoghi del Cuore................................ pag 4
Dai cantieri............................................ pag 12
Immaginiamo il futuro del FAI .......... pag 8
I volti del FAI ........................................ pag 16
Villa Necchi Campiglio ....................... pag 14
News.................................................. pag 17-18
Archeologia a Cerrate ......................... pag 13
pag 3
i riCordati di saLvare L’itaLia
La felicità di vivere nella bellezza
G
razie a tutti coloro che hanno scelto di vivere la bellezza dell’Italia come un bene collettivo da proteggere e che vedono nella tutela del nostro paesaggio un investimento per la felicità nostra e delle generazioni future. A voi offriamo le parole che il filosofo Remo Bodei ha dedicato al rapporto tra felicità e bellezza che ha caratterizzato quest’anno la campagna di raccolta fondi Ricordati di salvare l’Italia.
Remo Bodei filosofo
I RISULTATI della campagna 2014
242.000 GRAZIE Grazie a tutti coloro che hanno scelto di sostenerci con sms solidale e che ci hanno permesso di raccogliere
242MILA EURO Grazie alle oltre
4.600 PERSONE che hanno deciso di iscriversi online al FAI nel mese di ottobre
Noi siamo abituati a considerare la bellezza come un lusso riservato a pochi mentre - specie in Italia - siamo circondati quasi ovunque da cose belle sia sul piano naturale che sul piano artistico, tali da produrre nello spettatore una gamma di sentimenti.
Quello più alto e più raro è una specie di fremito... è la pelle d’oca la vera espressione della bellezza. Tuttavia normalmente proviamo sentimenti più tranquilli, come la serenità procurata dai paesaggi naturali, per esempio quelli toscani o quelli umbri, oppure dei laghi lombardi. Proviamo anche sentimenti forti, più vicini al sublime che al bello: di fronte alle Alpi, ai vulcani, alle coste frastagliate dove il mare si sfoga con la sua violenza avvertiamo la nostra piccolezza e vulnerabilità, la nostra insignificanza nei confronti della potenza della natura e della grandezza dell’ingegno umano. Tutti avvertiamo la presenza di qualcosa che perfora la barriera dell’ovvio quando vediamo il bello e sentiamo che la bellezza tocca le corde più profonde della nostra anima, lasciandoci senza parole. Io credo però che la bellezza non sia ineffabile perché “non si può dire”, ma al contrario perché in realtà “c’è troppo da dire”, quando con un colpo d’occhio cogliamo qualcosa che ci attrae e che ci sembra bello. Non sempre, tuttavia, la bellezza è isolata: siamo anche circondati dalla bruttezza o dall’insignificanza. Penso alle nostre periferie
slabbrate, agli ecomostri, alla cementificazione. Vivere in una periferia degradata di una grande città provoca un senso di infelicità vera e propria, di disagio, di paura e addirittura di frustrazione nei confronti di uno spreco di vita e di intelligenza.
Al contrario vivere nella bellezza significa abitare un luogo dove la natura e l’arte sono in grado di mantenere viva la nostra presenza, di dare senso al nostro mondo. Ma la bellezza e le opere del genio umano sono qualcosa di fragile che rischia di deperire a causa del tempo e dell’incuria. Per questo se vogliamo conservare e aumentare la nostra felicità, dobbiamo curare gli elementi naturali, paesistici, artistici e storici che ci permettono di inserirci in una tradizione di cui siamo parte e che generalmente trascuriamo perché la riteniamo ingiustamente scontata. Gli italiani oggi si stanno svegliando da questa disattenzione che li ha spinti per decenni a considerare le nostre città e i nostri paesaggi come qualcosa di consumato dall’abitudine. Ora, grazie allo stimolo che viene dalla scolarizzazione, dalla cultura, dalle associazioni come il FAI, hanno compreso, come già diceva Spinoza, che conoscere la bellezza e sentirne le vibrazioni aumenta la “potenza di essere”. Le bellezza che dà la felicità è una bellezza che si trova, secondo una bellissima definizione medievale, expansio animi ad magna,
nell’espansione dell’animo alle cose grandi”.
i LUoGhi deL CUore
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Sicilia, Castello della Colombaia a Trapani Foto © Gianni Cipriano Il FAI ringrazia Rizzoli per la gentile concessione delle immagini
Dieci anni di amore per l’Italia “Paesaggio” designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni (dalla Convenzione Europea del Paesaggio)
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l Rapporto dedicato al decennale del progetto I Luoghi del Cuore (edito da il Mulino) condensa analisi e proposte emerse da sei edizioni del censimento promosso dal FAI in collaborazione con Intesa Sanpaolo e offre una lettura inedita e innovativa del territorio nazionale. Un’iniziativa che ha visto una crescita costante di partecipazione registrando un incre-
mento percentuale delle segnalazioni del 3900% dalla prima edizione del 2003 alla sesta del 2012. Il Rapporto è un documento che parte da ciò che viene percepito ed è stato realizzato al “contrario”: non è l’applicazione di una visione ma la lettura di un’esperienza decennale, un documento costruito “dal basso”, grazie al patrimonio di informazioni costituito da 1.800.000 segnalazio-
ni, 31mila luoghi identificati, 6.000 Comuni coinvolti. Una straordinaria mappatura sponta-
nea dei luoghi che gli italiani non vogliono smarrire e che costituisce probabilmente la più estesa applicazione italiana della Convenzione Europea del Paesaggio. L’analisi scientifica dell’enorme massa di dati emersi nel corso dei sei censimenti finora conclusi (2003, 2004, 2006, 2008, 2010, 2012) ha il duplice obiettivo di sistematizzare e comprendere le informazioni generate dalle campagne e di fornire alle istituzioni nazionali e regionali un importante strumento per la lettura del territorio e la possibile programmazione degli interventi sul patrimonio. L’analisi scientifica è stata affidata a CAIRE –
Cooperativa Architetti e Ingegneri di Reg-
gio Emilia, che vanta una pluridecennale pratica nel campo degli studi geografici e urbanistici e della pianificazione territoriale. Quattro esperti dei settori geografico ed economico - Sergio Conti, Massimo Quaini, Marco Frey e Roberto Camagni – hanno offerto interpretazioni aggiun-
tive a quanto emerge nel Rapporto, incrociando i dati dei censimenti con la lettura del territorio dal punto di vista geografico, della percezione sociale, della sostenibilità e dello sviluppo economico e turistico. Emerge un quadro complesso dell’Italia: dalla scarsissima sensibilità verso il patrimonio archeologico a un insospettato protagonismo delle aree interne del Paese, dall’attaccamento all’eredità rurale alle possibilità di innovazione che i Luoghi del Cuore possono offrire ai sistemi territoriali più poveri. Accanto e oltre all’analisi, il Rapporto presenta una serie di proposte, alcune programmatiche e strategiche, altre applicabili nel breve termine, come la richiesta di inserimento di una selezione di Luoghi del Cuore nei Piani Paesaggistici delle Regioni e l’illustrazione di un metodo di intervento costruito in dieci anni di lavoro e dimostratosi di particolare efficacia. Come è stato per il FAI nei
45 interventi varati a favore di Luoghi del Cuore, distribuiti in 15 regioni italiane in cui la
Fondazione ha fatto sentire concretamente la propria capacità di azione a tutela del patrimonio d’arte e natura italiano. Nove di queste case histories sono protagoniste di altrettanti video storytelling realizzati da due giovani registi di fama internazionale, Gustav Hofer e Luca Ragazzi. Il Ministro Dario Franceschini dalla prefazione del Rapporto: Ogni italiano può identificare in questo vasto patrimonio un monumento, uno scorcio... in cui ritrovarsi. E così contribuire a conservare e a diffondere la conoscenza di quei piccoli o grandi frammenti del nostro patrimonio che nel loro insieme costituiscono l’essenza della nostra identità.
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i PiaNo strateGiCo
Immaginiamo il FAI del 2023 di Andrea Carandini, Presidente FAI
Il FAI vuole crescere. A partire dalle sue radici, dai suoi valori e dall’esperienza accumulata in quarant’anni di attività, la Fondazione è oggi matura per raggiungere nuovi traguardi e attuare con sempre maggiore efficacia la propria missione. Come una vera azienda, ma che opera nel settore culturale e si fonda sul contributo dei volontari, il FAI decide di guardare al futuro, di tracciare le direttrici del proprio sviluppo e di presentarle in un documento di sintesi: il piano strategico.
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n un momento storico dominato dalla crisi economica e dalla poca speranza nel futuro, cui spesso si rimedia con palliativi e soluzioni transitorie, abbiamo deciso di puntare sulla pianificazione a lungo termine come strumento per crescere in maniera efficace e duratura. Partendo dalla missione e dalla visione abbiamo definito i quattro obiettivi strategici che guideranno il lavoro dei prossimi nove anni, da cui scaturiscono altrettanti programmi e i conseguenti progetti operativi, in un flusso ordinato e logico di sviluppo in cui si articola il nostro piano per crescere. Sarà una lunga navigazione, di qui al 2023, di cui il piano strategico disegna la rotta e gli obiettivi sono le destinazioni, mentre il timone, per verificare e correggere l’andamento, saranno gli
c. d. Interazione c. Distribuzione con il d. Interazione b. dei Beni e. territorio Distribuzione con il Soddisfazione Conservazione b. dei Beni e. dei visitatori territorio dei Beni Soddisfazione Conservazione 1. dei visitatori f. dei Beni a. I B1E.NI Riduzione Numero f. a. del consumo I BENI dei visitatori Riduzione Numero energetico del consumo dei visitatori energetico
LA RETE LA 3 R.ETE
ZAZZIOANZIEONE ANGIZANIZ G OR OR
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a. 3b.. Presenza a. Luoghi della rete sul b. Presenza aperti territorio Luoghi della rete sul negli eventi aperti territorio nazionali negli eventi nazionali
2. 2.
a. Coinvolgimento a. dello staff Coinvolgimento dello staff
RUOTA RUOTA DEL DEL VALORE VALORE
LE PLERPSERS ONEONE
b. Efficienza b. dell’organizEfficienza zazione dell’organizzazione
c. Segnalazioni c. e interventi Segnalazioni su ambiente e interventi paesaggio e su ambiente patrimonio paesaggio e patrimonio
a. Numero a. degli iscritti Numero degli iscritti
b. Notorietà b. del FAI Notorietà del FAI
ASSE DELLA SOSTENIBILITÀ ASSE DELLA SOSTENIBILITÀ a. Copertura degli a. oneri dei Beni Copertura degli oneri dei Beni
b. Finanziamento b. dei restauri Finanziamento dei restauri
c. Raccolta c. fondi Raccolta fondi
d. Numero d. dei volontari Numero dei volontari
e. Equilibrio e. economico Equilibrio economico
strumenti di monitoraggio dei risultati, fulcro del nostro piano, che abbiamo rappresentato in una ruota del valore e in un asse della sostenibilità contenenti gli indicatori chiave del nostro successo (vedi grafico). La missione racconta chi siamo e cosa facciamo: curare il patrimonio ambientale, paesaggistico e culturale dell’Italia attraverso i nostri Beni, promuoverlo attraverso le nostre attività e vigilare su di esso. La visione descrive cosa vogliamo diventare: più grandi, più diffusi, più numerosi, più noti, più dedicati alle persone, più radicati nel territorio e più sostenibili dal punto di vista economico e ambientale. Gli obiettivi strategici indicano in quali traguardi si concretizza lo sviluppo che immaginiamo e che riguarderà i due emisferi di cui è composto il FAI, i Beni e le persone: trasformare, dunque, i nostri Beni in fulcri, godibili e sostenibili di sistemi paesaggistici e sociali (1), e ampliarne il numero per dare alla Fondazione una dimensione nazionale (2); mettere le persone al centro delle nostre attività (3), facendo di struttura centrale, delegati e volontari il vero motore della crescita (4), in un quadro organizzativo che favorisca l’integrazione e l’efficienza delle parti, e quindi del tutto (5). I programmi, infine, sono legati a progetti operativi specifici: i Beni fulcri e sistemi (1), i Beni in ogni regione (2), le persone nel cuore del FAI (3), la rete per lo sviluppo integrato (4) e l’organizzazione per crescere (5). Di qui al 2023 il piano strategico sarà affiancato ogni tre anni da un piano operativo, in cui a ogni programma faranno riferimento progetti operativi specifici, per realizzare, passo dopo passo, la visione del FAI del futuro. I primi tre anni saranno dedicati ai nuovi target, poi punteremo su nuovi Beni e infine cercheremo di consolidare la nuova dimensione raggiunta dalla Fondazione. Grazie alla pianificazione intendiamo finalizzare attività e sforzi, evitando di disperdere risorse e producendo nuovo valore, in termini culturali ed economici. Pianificare lo sviluppo ci appare oggi il mezzo più efficace per fare del FAI una realtà che sempre più possa incidere nell’attualità del nostro Paese, come esempio di gestione virtuosa - non solo sostenibile, ma anche produttiva - dei beni culturali, vera insostituibile e inesauribile risorsa dell’Italia.
Villa Necchi Camp Una casa, una famiglia, una storia Via Mozart 14 nel cuore di Milano è l’indirizzo di una dimora originale e diversa da ogni altra: un luogo vivo che racchiude in sé l’identità di una città. Donata al FAI nel 2001 da Gigina Necchi Campiglio e dalla sorella Nedda, nelle sue stanze elegantemente arredate racchiude capolavori d’arte e le tracce di quella vita mondana che la rese uno dei salotti più prestigiosi e frequentati di Milano
Foto arenaimmagini.it, 2014 Š FAI - Fondo Ambiente Italiano
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i BeNi deL Fai
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NELLA NEBBIA DI MILANO La storia di Villa Necchi Campiglio inizia alla fine degli anni Venti nella nebbia di una sera milanese. Davanti al Teatro alla Scala una giovane coppia molto elegante sale sull’automobile e tornando a casa si perde ed entra in via Mozart, su un cartello appeso a un cancello legge “Vendesi terreno”. È questa avventura notturna a segnare la vita di Gigina Necchi e Angelo Campiglio destinati a inaugurare, propr io in quell’angolo del centro, uno dei salotti più vivaci e prestigiosi della Milano del Novecento. Il desiderio di vivere dall’interno il fermento della prima metropoli d’Italia con i negozi, i caffè e i teatri che la rendono fucina dei movimenti d’avanguardia e punto di riferimento della vita mondana internazionale, spinge Gigina Necchi a convincere il marito ad abbandonare Pavia e a trasferirsi a Milano. Quel terreno scoperto per caso diventa l’orizzonte da cui inizia la nuova vita milanese dei Necchi Campiglio, di Angelo, Gigina e di Nedda, sorella di Gigina, che decide di abitare con la coppia. La costruzione della Villa viene affidata a uno degli architetti milanesi più in voga, Piero Portaluppi che la realizza tra il 1932 e il 1935.
Nascosta nel centro della città in mezzo al suo giardino con tennis, piscina e orto, Villa Necchi Campiglio restituisce a chi la visita, oltre alle opere e agli ambienti, una storia personale che riflette quella collettiva Le sorelle Nedda, a sinistra, e Gigina Necchi
LA NUOVA MILANO DI PORTALUPPI La progettazione di Villa Necchi Campiglio succede a un intenso periodo di lavoro per Portaluppi in cui porta a compimento alcune delle sue opere più note a Milano come il Planetario Hoepli, Casa Crespi e il Palazzo della Società Buonarroti-Carpaccio-Giotto. La Villa di via Mozart rappresenta un momento importante nella produzione dell’architetto milanese che inizia a fondere l’Art Déco ai dettami dell’architettura degli anni Trenta. Lo stile di Portaluppi è unico e ben riconoscibile, caratterizzato dalla scelta di linee essenziali e geometriche, dall’attenzione per i dettagli decorativi, dalla propensione per materiali nobili. Per Villa Necchi Campiglio, Portaluppi cura con straordinaria attenzione il disegno della struttura architettonica, la distribuzione degli spazi, estremamente funzionali e il disegno di alcuni arredi e delle decorazioni, in ogni dettaglio. Il progetto di Portaluppi è espressione di un connubio ben riuscito: la volontà di realizzare una dimora di prestigio che fosse al contempo pratica e moderna, sospesa tra la dimensione di campagna e quella di città. Disposta su quattro livelli, la Villa comprende un seminterrato con la cucina, il deposito con spazi destinati alla ricreazione, il primo piano con gli ambienti di rappresentanza, il secondo piano con le camere dei proprietari, degli ospiti e della guardarobiera e un sottotetto con le camere del personale di servizio. Ambienti vasti, soffitti altissimi e materiali ricercati: il noce con inserti di palissandro per il parquet,
Una Casa Museo unica in Italia Uscita indenne dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale ed estranea a quelle trasformazioni architettoniche che immancabilmente portano con sé i passaggi generazionali, Villa Necchi Campiglio rappresenta un caso irripetibile nel panorama delle Case Museo italiane. In primo luogo, essendo stata interamente progettata da un unico architetto, Piero Portaluppi, la Villa personifica oggi il catalogo di uno stile, che si rivela con il medesimo tratto negli edifici, negli apparati decorativi e nei mobili. Sotto questo aspetto, l’edificio e i suoi annessi nello splendido giardino divengono quasi un paradigma di quel momento del fare architettonico che, muovendo dal precedente Déco, convive con il Novecento milanese e si apre, con molta prudenza, all’emergente razionalismo. In secondo luogo, la Villa è ancora oggi in grado di raccontare con
rispettosa ammirazione i riti domestici di una delle più celebri famiglie dell’imprenditoria lombarda. Eleganti, mondani e benvoluti, i Necchi Campiglio rispecchiano anche nelle loro quotidiane abitudini familiari quella signorilità discreta e quell’amore per il dettaglio che, con lo scorrere dei decenni , sembrano sempre più appartenere a un tempo tramontato. Infine l’apporto stilistico offerto dagli interventi dell’architetto Tomaso Buzzi, succeduto a Portaluppi poco prima dello scoppio della guerra, offre un’interessantissima occasione di scoprire quanto peso abbiano avuto, nella storia dell’arredo del secolo scorso, la volontà di reintegrare la tradizione nobiliare e gli stili del passato nelle case dell’alta borghesia italiana. Lucia Borromeo, Responsabile Ufficio Cultura e Ricerca del FAI
Foto Massimo Ripani, 2009 © FAI - Fondo Ambiente Italiano
L’OPERA DI TOMASO BUZZI Alla fine degli anni Trenta ha inizio la lunga collaborazione di Tomaso Buzzi con i Necchi Campiglio che gli commissionano un’importante opera di rinnovamento degli interni della Villa. Buzzi smussa la rigidità delle linee conferendo agli ambienti della Villa un aspetto più classico. Drappi, tendaggi e arredi d’antiquariato sostituiscono alcu-
ne scelte originali esprimendo la volontà della famiglia di conformarsi allo stile corrente diffuso nelle dimore borghesi a Milano. Grazie all’attento e complesso restauro eseguito dal FAI, durato oltre tre anni, Villa Necchi Campiglio è oggi la fedele testimonianza di uno spaccato di vita intimo e autentico che rispecchia più fasi storiche, segno del mutamento di gusto dei padroni di casa. La casa è stata per anni simbolo della mondanità dei Necchi Campiglio tra cene di gala, feste in piscina, viaggi esotici e l’ospitalità ad alcune personalità importanti del jet-set internazionale dell’epoca. Così ricorda Guido, maggiordomo per molti anni a Villa Necchi: ... gli amici venivano di frequente: c’erano il duca Visconti, il duca Marcello e la duchessa, il duca Umberto. Ma habituè della Villa erano anche i Cicogna, tutti i Crespi, re Costantino di Grecia. Poi è venuto anche don Juan di Spagna, e i Savoia: a Maria Ga-
Foto Giorgio Majno, 2008 © FAI - Fondo Ambiente Italiano
l’ottone per i copricaloriferi, la radica per le porte e per la boiserie raccontano la cura per il dettaglio e la modernità nella resa estetica. Non mancano nel progetto di Portaluppi comfort e sistemi di sicurezza altamente tecnologici per il periodo, come l’ascensore, il montavivande, le porte blindate scorrevoli e i caveau murati. L’eccezionalità della Villa è anche espressa dalla presenza nel giardino del campo da tennis e della piscina riscaldata esterna, lussi da villa di campagna, rari per quell’epoca in una dimora di città.
In alto, particolare della veranda con la scultura il Puro Folle di Adolfo Wildt, sotto, la cappelliera di Gigina e Nedda Necchi
Me la tenga bene la mia casa Due volte l’anno, dopochè la donazione al FAI era stata decisa e perfezionata davanti al notaio, Giulia Maria Crespi - che solennemente aveva giurato alle sorelle Necchi di curare con ogni attenzione la casa - mi chiedeva di accompagnarla a far visita alle “Gigine”. Arrivavamo appena passate le 5. Il sorridente e ossequioso Guido era già sulla porta; dal salotto arrivavano trotterellando le due sorelle (Gigina davanti e Nedda dietro) con quel loro aspetto impeccabile e la loro aria serena, accogliente, materna e, direi quasi, felice. Dopo un po’ di complimenti (“Cara tu siediti qui vicino a me” “ Ma no io sto qui che sono comoda lo stesso”) ci si sedeva sui sofà, arrivava il thè, si parlava del più e del meno per poi scivolare in ricordi dai quali io ero escluso ma che erano
divertentissimi; dai ricordi al futuro il passo era obbligato e dunque entravo in scena anch’io. Bene o male si dicevano sempre le stesse cose (“Ancora un po’ di thè?... E lei che può, coraggio! Prenda ancora un fettino di torta”), si davano le rassicurazioni che nulla sarebbe cambiato. Sulla porta Gigina sempre mi diceva, con quel suo fare apparentemente umile ma così deciso: “Lo dico a lei che è giovane! Me la tenga bene la mia casa, mi raccomando! Non mi ha mai fatto mancar nulla e le devo tanta gioia... Me lo promette?” Io promettevo; e da allora, e per sempre, quella promessa è il nostro dovere quotidiano. Marco Magnifico, Vicepresidente esecutivo FAI
I BENI DEL FAI
I pag 10 briella era riservata la Camera della Principessa, mentre a Enrico d’Assia, ospite fisso quando era in città, era riservata la Camera del Principe…
Villa Necchi Campiglio ospita la collezione Alighiero ed Emilietta de’ Micheli, famiglia di imprenditori milanesi con la passione per l’arte. Tra gli oggetti, tutti databili al XVIII secolo, spicca un importante nucleo di tele di scuola veneziana con opere di Giambattista Tiepolo, Rosalba Carriera e Canaletto.
INFO Villa Necchi Campiglio Via Mozart, 14 Milano Tel. 02.76340121 fainecchi@fondoambiente.it Apertura: da mercoledì a domenica dalle 10.00 alle 18.00 Solo visite guidate La Villa è attrezzata per la visita di persone con difficoltà motorie. Bookshop e caffetteria (chiusa per lavori da gennaio ad aprile 2015)
INDOVINA CHI VIENE A CENA? Basta qualche minuto trascorso tra le stanze della Villa e sembra di sentire le voci degli ospiti provenire dal salotto, di vedere le sorelle Gigina e Nedda, che con elegante signorilità chiacchierano sul divano in veranda mentre Angelo lavora nel suo studio. I visitatori oggi sono accolti con la stessa attenzione riservata agli ospiti dalla famiglia Necchi Campiglio. Ogni dettaglio è conservato con cura: dalle porcellane disegnate da Gio Ponti per Richard Ginori, ai cappelli della modista Gallia Peter per Gigina esposti nella Galleria. Le ante aperte dell’armadio di Nedda Necchi raccontano la moda degli ambienti mondani dell’epoca, dai tailleur Chanel, ai foulard personalizzati di Dior, dall’ordinata gamma di guanti per tutte le stagioni, alle borse di Ferragamo. Se il primo e il secondo piano erano destinati alla famiglia, gli office erano pensati per il lavoro del personale di servizio. Sull’enorme tavolo
della stireria sono ancora oggi in mostra i bellissimi corredi di famiglia usati per ricevimenti e colazioni. LA MILANO PIù BELLA Mondanità e impegno civile. Bellezza e cultura. Lusso e filantropia. La Milano scritta nelle pareti di Villa Necchi Campiglio è la Milano più autentica, che seppe impegnarsi per rendere la città il simbolo autentico del benessere e della rinascita del secondo dopoguerra. Una missione che Gigina e Nedda Necchi vissero fino alla fine scegliendo che la loro amata dimora milanese, ricca di ricordi di famiglia e specchio di quel mondo ristretto ma profondamente impegnato per il bene pubblico, fosse donata al FAI, alla condizione di garantirne la cura e l’apertura per la gioia e il godimento del pubblico. Uno spirito che seppe “contagiare” altri estimatori della Villa, come Claudia Gian Ferrari che la scelse come galleria d’eccezione per la sua collezione di opere d’arte del Novecento e Alighiero ed Emilietta de’ Micheli che donarono al FAI 130 capolavori del XVIII secolo destinati a trasformare la Camera della Principessa al primo piano in un piccolo museo dedicato al Settecento.
Futurismo, Novecento e Antinovecento nelle 44 opere donate da Claudia Gian Ferrari per Villa Necchi Campiglio di Antonello Negri, professore di Storia e critica dell’arte all’Università degli Studi di Milano Claudia Gian Ferrari è cresciuta a una scuola quella di Anna Maria Brizio e Marco Rosci all’Università di Milano che le ha dato una fondamentale strumentazione storico-critica e filologica. Negli anni universitari quanto la distingueva dai pochi “contemporaneisti” era la quotidiana familiarità con “vere” opere d’arte e con grandi e importanti collezioni. Ma di arte del Novecento, non è che ne circolasse molta. Proprio su questa, intesa come arte del movimento di Novecento si sono poi focalizzati l’interesse e gli studi di Claudia, oggi ineludibili per chiunque voglia seriamente confrontarsi con l’arte italiana fra le due guerre. La parte della sua collezione destinata a Villa Necchi rispecchia al meglio decenni di studi e ricerche. È un’antologia di pezzi di scultura, pittura e grafica di un ventennio centrale per l’arte italiana dell’età contemporanea. La scelta, operata dalla stessa Gian Ferrari, verte su alcuni capolavori assoluti da grande museo L’amante morta di Arturo Martini, il Ritratto di Alfredo Casella di de Chirico, La famiglia del pastore di Sironi, un paio di Nature morte di Morandi... fatti dialogare con lavori apparentemente minori, anche dimensionalmente, ma di speciale interesse
per gli studiosi, gli appassionati o semplicemente i curiosi dell’arte del XX secolo.
Quel momento - quando l’Amante morta fu collocata dove Claudia, reduce da un’operazione, aveva deciso – è stampato nella mia memoria come uno dei più intensi della mia vita. Nel più totale e commosso silenzio capimmo tutti che Claudia stava parlando con l’anima viva di quella sublime scultura che per lei era stata l’amica e la confidente di tutta la vita (M.M)
V I L L A E C O L L E Z I O N E PA N Z A , VA R E S E
WIM WENDERS. AMERICA I paesaggi danno forme alle nostre vite, ❝ plasmano il nostro carattere, definiscono la nostra condizione umana e se sei attento scopri che hanno storie da raccontare e che sono molto più che semplici luoghi.
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A Villa e Collezione Panza a Varese dal 16 gennaio a fine marzo 2015 saranno in mostra trentacinque fotografie realizzate tra la fine degli anni Settanta e il 2003 dal maestro del Nuovo cinema tedesco. Le opere, realizzate negli Stati Uniti, documentano ambienti, paesaggi, architetture, strade e luoghi catturati dall’obiettivo di Wenders con una lettura acuta e profonda, tesa alla contemplazione dell’immensità della natura e alla potenza della luce. È l’occhio di un europeo che incontra, sente, vede e registra la cultura americana dai primi anni Settanta. Così come in quegli anni Giuseppe Panza visita, percepisce e comprende lo spirito americano attraverso
l’arte. Allestite secondo un percorso cronologico e tematico, le immagini dialogheranno con il contesto della Villa negli spazi del piano terra, del primo piano e delle Scuderie: il visitatore potrà viaggiare attraverso il Montana, il New Mexico, l’Arizona, il Colorado, la California accompagnato dallo sguardo profondo e nitido di Wim Wenders. Il percorso si concluderà nella Scuderia della Villa con l’opera in cinque “atti” Ground Zero: una preghiera forte e commovente che conduce lo spettatore alla riflessione sulla violenza e sul dramma collettivo. La mostra è resa possibile grazie a JTI (partner istituzionale di Villa e Collezione Panza). DOVE > Villa e Collezione Panza Piazza Litta 1, Varese ORARI > tutti i giorni, tranne i lunedì non festivi, dalle 10 alle 18 INFO > 0332 283960 faibiumo@fondoambiente.it
Tre film per “ripassare” l’America di Wenders Sospesa fra il proprio mito cinematografico e la concretezza rapinosa dei suoi paesaggi antropici e naturali, l’America vive nel cinema di Wenders come una perenne offerta e, al contempo, anche come un’insidiosa minaccia. A contatto con quei paesaggi, i suoi personaggi si eccitano, poi si perdono, per un po’ sbandano e alla fine – qualche volta – si ritrovano. Come capita al protagonista di PARIS, TEXAS che vagola sudicio e sudato, sotto un sole cocente, nel deserto texano solcato da autostrade desolate, alla ricerca di un’identità perduta ma anche e soprattutto della donna che l’ha abbandonato. O ai personaggi che popolano il MILLION DOLLAR HOTEL, relitti umani sbandati e vagabondi che vivono in un albergo di Los Angeles avvolti nelle musiche di Bono degli U2. Affascinato dal mito del viaggio e dalla cultura on the road, Wenders si ispira spesso ai quadri di Hopper: come nella prima parte di ALICE NELLE CITTÀ dove il protagonista – un fotografo tedesco – viaggia in auto in un paesaggio fatto di insegne luminose, stazioni di servizio e cieli infiniti. Fra i tanti cineasti europei stregati dall’America Wenders è quello che l’America l’ha capita più in profondità. Forse perché è quello più consapevole di come l’America ci abbia ormai colonizzati fin nell’inconscio. Gianni Canova, critico cinematografico
dai CaNtieri
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Lavori in corso Nuovi restauri per svelare Casa e Torre Campatelli Nel cuore della città medievale di San Gimignano (SI), Patrimonio UNESCO, continuano i lavori del FAI a Casa e Torre Campatelli. Dopo il recupero dei paramenti murari esterni, interni e della copertura della torre a 27 metri d’altezza, è partita la seconda fase di interventi che prevede il restauro dei tetti, delle facciate della casa e proseguirà con il consolidamento strutturale dello scalone in pietra e del solaio in legno di una delle soffitte. Un intervento delicato che sta riportando lentamente in vita un edificio ricco di storia che sarà l’unica Casa Museo di San Gimignano. Il restauro si concluderà al piano nobile, il fulcro della Casa, dove il FAI realizzerà tutti gli impianti necessari per accogliere i visitatori, dal sistema di sicurezza al riscaldamento. Questa seconda fase, resa possibile grazie al finanziamento di Arcus S.p.A. si concluderà entro la primavera 2015 e introdurrà l’ultima fase del cantiere prima dell’apertura al pubblico.
Affreschi strappati all’Abbazia di Cerrate Dopo il progetto di restauro seguito da una squadra multidisciplinare di professionisti, a luglio 2014 ha preso avvio il primo lotto di lavori - della durata di un anno - relativi al restauro e alla valorizzazione dell’Abbazia di S. Maria di Cerrate a Lecce che da subito ha riservato interessanti scoperte (vedi nella pagina a fianco). Tra gli interventi, sono stati spostati e messi in sicurezza sei affreschi strappati contenuti nel Museo delle Arti e delle Tradizioni Popolari del Salento. Due, risalenti al XIV-XV sec, sono stati consegnati all’ISCR (Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro) di Roma: la “Madonna del Popolo” e la “Figura di Santo”. I restauratori si occuperanno della loro messa in sicurezza e delle ricerche sugli interventi eseguiti negli anni ’70. Gli altri quattro affreschi saranno esposti al Museo provinciale “Sigismondo Castromediano” di Lecce, in attesa di essere nuovamente ospitati dal complesso abbaziale. Durante i lavori l’Abbazia sarà visitabile durante i fine settimana e il personale FAI sarà a disposizione per illustrare l’intervento.
Recupero dei sentieri al Parco Villa Gregoriana Continuano i lavori al Parco Villa Gregoriana a Tivoli, interventi necessari per la complessa conformazione morfologica dell’area. I versanti scoscesi che determinano il fascino romantico dell’“orrido” del Parco, interessati da dissesto e smottamento e soggetti alla continua azione corrosiva dell’acqua, rendono indispensabile un monitoraggio costante e onerosi lavori di messa in sicurezza. Degli oltre 4 chilometri di sentieri presenti all’interno del Parco, una parte rilevante presenta oggi un grave livello di deterioramento: nel mese di novembre è stato avviato un primo stralcio di interventi di manutenzione straordinaria. Grazie al generoso contributo di Friends of FAI, organizzazione americana no-profit che con la sua attività di raccolta fondi sostiene i progetti del FAI, i lavori potranno proseguire nel corso del 2015, consentendo il recupero e la messa in sicurezza di parte dei sentieri.
OGNI GIORNO il FAI salva monumenti, giardini, paesaggi per la collettività. SOSTIENI LA NOSTRA ATTIVITÀ www.fondoambiente.it
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i dai CaNtieri
Scavando nel passato all’Abbazia di Cerrate
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l paesaggio rurale che si estende integro tutt’intorno all’Abbazia di S. Maria di Cerrate, a Lecce, ci riporta indietro nel tempo, a quando la terra era l’unica risorsa e si viveva dei suoi prodotti in piccole comunità, ispirate a valori semplici, dove i gesti esprimevano la tradizione e le pietre raccontavano la storia. Nulla, ancora oggi, a Cerrate, rimanda bruscamente al tempo presente, ed è questa la condizione ideale per fare un salto indietro nel passato. Quasi mille e duecento anni prima che la chiesa, fulcro dell’Abbazia, fosse fondata, la fertile pianura salentina era tutt’altro che disabitata. A breve distanza da Cerrate correva una delle strade più trafficate dell’Italia romana, la Via Appia Traiana, che nel suo prolungamento, la Via Calabra, conduceva da Brindisi a Lecce, e poi a Otranto, dove si salpava per l’Oriente. In cinque giorni, nel 191 a.C., il censore Marco Porcio Catone aveva raggiunto Roma a cavallo lungo questa strada e lo stesso percorso aveva fatto nel 44 a.C. Ottaviano, futuro Augusto, affrettandosi a rientrare nella capitale da Apollonia (in Albania) non appena ricevuta la notizia dell’assassinio del padre adottivo Cesare. La campagna di Cerrate era punteggiata allora di ville - le moderne tenute agricole - di cui si trovano alcuni resti nei campi circostanti l’Abbazia, forse sorta anch’essa su un sito di età romana. I Normanni, del resto, dovettero riutilizzare un complesso rurale ormai dismesso quando, nel XII secolo, qui fondarono la chiesa e gli edifici di servizio per una piccola comunità di monaci di provenienza greca. Di questo primo monastero, soppiantato dalla masseria cinquecentesca che oggi si visita, resta ancora molto da scoprire, ma i lavori in corso per il restauro del complesso monumentale hanno aperto nuovi significativi squarci su questo ignoto passato. Appena fuori dal recinto dell’Abbazia gli archeologi hanno scavato fino a raggiungere il banco roccioso; su di esso erano ricavate una serie di fosse, probabilmente usate per piantarvi i pali
Foto Loretta Martella, 2013 © FAI - Fondo Ambiente Italiano
Sopra: lo stampo eucaristico, a fianco Abbazia di S. Maria di Cerrate
di legno di un piccolo edificio ad uso agricolo di epoca normanna; accanto, sulla stessa roccia, erano fondati i muri in pietra di alcuni ambienti forse relativi al quartiere artigianale del monastero (nei muri erano scorie di fusione del metallo). La più importante scoperta, tuttavia, è avvenuta all’interno del recinto dell’Abbazia. Accanto alla Casa del Massaro si è intercettata una profonda fossa scavata nella roccia, riempita con terra e materiale vario, sul cui fondo era deposto un oggetto raro e prezioso: uno stampo eucaristico rotondo in pietra locale, perfettamente integro e risalente al X-XI secolo, graffito con un’immagine sacra e una lunga iscrizione in greco. Lo stampo era un oggetto sacro, liturgico, che si usava nel rito greco-bizantino praticato dai monaci dell’Abbazia per marchiare il pane dell’eucaristia, che era lievitato e non azzimo come nel rito latino. L’aver deposto in una fossa questo oggetto integro lascia pensare ad un gesto rituale dalle valenze simboliche, che forse celebrava il passaggio dal rito greco a quello latino, che dal XIV secolo si sarebbe qui imposto. Al periodo tra XI e XVI secolo risale, infine, il cimitero che circondava la chiesa, dove sono emerse numerose tombe scavate nella roccia, che si attende di poter datare con più precisione. Non è dunque concluso il racconto dell’Abbazia di S. Maria di Cerrate che i lavori archeologici hanno arricchito di nuovi sorprendenti dati, importanti per ricomporre come tasselli di un mosaico il quadro di un paesaggio dalla lunga, lunghissima storia.
boh boh
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Il Lazzaretto di Verona
Storia, arte e natura nel nuovo Bene del FAI
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ell’incredibile paesaggio italiano non solo la natura, la storia e il genio dei più grandi artisti firmano i capolavori disseminati su tutto il territorio nazionale, ma persino la malattia e la lotta contro la morte incontrano l’arte e l’architettura in alcuni luoghi d’eccellenza. È il caso del Lazzaretto di Verona, consegnato il 3 ottobre 2014 al FAI dal Comune di Verona, affinché la Fondazione s’impegni - per i diciotto anni previsti dall’accordo - a riqualificare e a gestire e valorizzare questa storica area, situata all’interno del Parco dell’Adige Sud, che oggi versa in stato di profondo degrado. La storia Costruito tra il 1549 e il 1628 su progetto di Michele Sanmicheli, architetto e urbanista veronese, il Lazzaretto s’ispirava ai modelli quattrocenteschi di Venezia e Milano in primo luogo nella funzione: il ricovero e la quarantena dei malati contagiosi. A Verona, il Lazzaretto fu ultimato appena in tempo per rispondere all’epidemia seguita alla discesa dei Lanzichenecchi nel 1630, narrata da Manzoni in alcune delle più celebri pagine dei Promessi Sposi e che nella sola Verona uccise 33mila degli allora 54mila abitanti. Edificato nella zona di San Pancrazio, all’interno di un’ansa dell’Adige a valle
della città, il Lazzaretto, che durante la grande peste del 1630 arrivò ad accogliere oltre 5000 malati, risultava di fatto isolato dal territorio cittadino ma collegato dal fiume, che veniva utilizzato come via di trasporto privilegiata per i contagiati da ricoverare. Le cicliche piene autunnali garantivano una sterilizzazione “naturale” dell’area, evidenziando una totale complementarietà tra la struttura e la natura circostante. Conclusasi l’epoca della peste, il Lazzaretto venne trasformato in ospedale militare e in deposito di armamenti, in linea con quella immagine che vedeva in Verona una delle città-
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I I BENI DEL FAI
Gran cortile vi sta in mezzo con portici e stanze dai quattro lati, due maggiori e due minori… Un po’
elevato è il pian terreno per meglio preservare dall’umidore e dalle alluvioni le 152 stanze o celle… In quattro parti eguali vien da muretti diviso il cortile per distinguere in tempi diversi le rispettive contumacie degli appestati... Sopra tre ordini di gradini s’alza al centro del cortile un tempietto rotondo con doppio giro di colonne del nostro marmo, d’ordine toscano, differenti nell’altezza. Nel centro del tempio v’ha l’altare a quattro facce, sì ch’esso è in vista di tutti i malati…
(da Giambattista da Persico in Descrizione di Verona e della sua provincia - 1821)
fortezza della Repubblica Veneta e che, nonostante i successivi passaggi di potere all’interno del complesso scacchiere europeo, rimase immutata fino all’Unità d’Italia nel 1861. Proprio nei decenni precedenti all’unificazione e per intercessione di Don Carlo Steeb, figura cardine della comunità religiosa di Verona, il Lazzaretto continuò non solo ad assistere i malati contagiati dal colera, piaga che colpì la città tra Settecento e Ottocento, ma anche ad accogliere i soldati feriti in campo di battaglia durante le guerre napoleoniche a prescindere dalla loro nazionalità d’appartenenza. La sua destinazione d’uso militare
lo vede in seguito protagonista di un drammatico episodio: durante l’occupazione tedesca, il Lazzaretto viene utilizzato come deposito di armi e munizioni. Nel maggio del ’45 le truppe tedesche fuggono in Germania da
un’Italia ormai liberata, abbandonando la polveriera: il deposito attira i ragazzi del posto che accorrono per recuperare i bossoli da cui ricavare l’ottone da rivendere al mercato nero. È nel corso di una di queste operazioni che un’esplosione ferisce mortalmente trenta persone, danneggiando gravemente la struttura.
L’impegno della Delegazione FAI di Verona Il complesso si trova su un’ansa della riva destra del fiume Adige, in un’area di straordinaria importanza paesaggistica e naturalistica unica nel suo genere. Sono state quindi la bellezza e l’importanza storica di questo luogo della memoria, tanto amato dai veronesi e così gravemente minacciato dal degrado e dalla cementificazione, a far mobilitare la Delegazione FAI di Verona per la tutela e il recupero del complesso monumentale del Lazzaretto. Da anni gli abitanti della zona di Porto San Pancrazio reclamavano infatti un progetto di riqualificazione dell’area, richiesta ribadita con forza nel 2010 dalle oltre 1.500 segnalazioni ricevute dal FAI nell’ambito della quinta edizione del censimento dei Luoghi del Cuore, che hanno riportato il luogo all’attenzione dell’opinione pubblica. Dopo aver ascoltato le istanze dei cittadini il FAI Verona, guidato da Annamaria Conforti Calcagni, ha iniziato quindi ad adoperarsi per un progetto di riqualificazione del Lazzaretto nel segno della valorizzazione del patrimonio storico e nel rispetto della
straordinaria natura in cui è immerso. Un sogno diventato realtà il 3 ottobre scorso, con la consegna del Bene al FAI.
I punti del progetto L’attenzione della Fondazione sarà rivolta, oltre che al Lazzaretto, anche al terreno adiacente di tre ettari, donato al FAI nel 2012. Una vasta area da restituire alla città con un piano di sviluppo turistico a vocazione naturalistica e sportiva, per rendere il Lazzaretto un luogo da vivere, un posto in cui i cittadini possano andare per trascorrere una giornata nella natura. Il luogo di un’antica sofferenza verrà così trasformato nel fulcro di un progetto di recupero storico e ambientale destinato a creare un’area di benessere per la città.
Il FAI ringrazia la Fondazione Cariverona per l’importante contributo alla realizzazione del progetto di restauro e di riqualificazione. I primi interventi in programma
❱ bonifica dell’area dagli ordigni bellici rimasti inesplosi
❱ pulitura
dalla vegetazione infestante e dai cumuli di macerie allo scopo di mettere in luce quanto resta dell’edificio originario
❱ campagna di rilievo fotogrammetrico al fine di documentare le testimonianze presenti nell’area
❱ in un’ottica di riqualificazione il FAI
mira a rivitalizzare l’intera area e punta a dare vita a un sistema del Parco dell’Adige Sud di cui il Lazzaretto possa essere il fulcro diventando luogo d’incontro e per il tempo libero
i voLti deL Fai
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La passione fa la differenza Due chiacchiere con chi lavora al FAI... Le piante determinano il lavoro: un giorno di sole va sfruttato fino in fondo, soprattutto se arriva dopo pioggia e vento... E qui c’è sempre tantissimo da fare 365 giorni all’anno
Massimo Bordoli
Da quanto si occupa del giardino di Villa del Balbianello? Sono 22 anni ormai, ma conosco la Villa e il suo giardino da sempre... durante gli anni della scuola media venivo a giocare con il figlio del custode. Sono fortunato: il mio posto di lavoro è un luogo che amo e a cui sono legato da tanti ricordi. Come è cambiato il giardino in questi 22 anni? Quando il FAI ha ricevuto in donazione Villa del Balbianello, i proprietari avevano lasciato direttive molto precise sul giardino, che non avrebbe dovuto in alcun modo essere stravolto. Io ho avuto la fortuna di essere uno dei protagonisti di questo continuo lavoro di riordino, conservazione e manutenzione in un contesto difficile per la morfologia del terreno e diventato molto impegnativo per il numero di persone in costante aumento che ogni giorno viene in Villa per la visita o per gli eventi speciali.
Quali sono le caratteristiche del giardino della Villa? Questo è un’area molto estesa di macchia mediterranea. Vi crescono quasi esclusivamente piante autoctone in un terreno impervio e roccioso di grande suggestione ma difficile da lavorare: qui per potare una siepe spesso ci vuole tre volte il tempo richiesto da un contesto “più facile”. Anche il clima del Lago crea non poche difficoltà: il vento che spesso spira con forza da Nord è il nostro principale nemico, oltre naturalmente alle piogge divenute sempre più abbondanti negli ultimi inverni e alla neve che richiede una manutenzione speciale. L’aspetto più bello del suo lavoro? Proprio per le sue caratteristiche, questo giardino richiede ancora tante potature manuali che non seguono schemi precisi ma sono frutto di un antico bagaglio di conoscenze che generazione dopo generazione, un po’ come accade per le ricette di famiglia, vengono tramandate di giardiniere in giardiniere. Qui la bellezza del verde si gioca sulla cura del dettaglio: non bastano le conoscenze tecniche qui ci vuole tanta, tantissima passione.
Foto Nevio Doz, 2010 © FAI - Fondo Ambiente Italiano
il giardiniere di Villa del Balbianello, Lenno (CO)
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on ci sono orari né turni settimanali per Massimo Bordoli, che dal 1992 si occupa del verde a Villa del Balbianello, la spettacolare terrazza del FAI sul Lago di Como.
I CONSIGLI DEL GIARDINIERE: I LAVORI INVERNALI
✿ Attenzione alla siccità. La maggior
✿ Non piantumare un terreno,
✿ Ogni giardino è vivo! Rispettate
parte delle piante in inverno muore… di sete! Dovete ricordarvi di bagnare il terreno nelle ore più calde, almeno una volta ogni dieci giorni.
soprattutto con piante a foglia caduca nelle giornate di vento, quando il terreno è ghiacciato o quando la terra è troppo zuppa d’acqua.
il ciclo della pianta: non strappate le foglie gialle. Aspettate il momento in cui cadranno da sole per scoprire la poesia di un giardino d’inverno…
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I eventi e news
NEWS
Da non perdere
Leonardo. Una Vita
Fai arte la domenica
Corso di storia dell’arte 2015 dal 26 febbraio Leonardo da Vinci, pittore, inventore, uomo d’ingegno e di grande talento che incarnò in pieno lo spirito del Rinascimento, sarà al centro del corso di storia dell’arte proposto dal FAI nell’anno in cui la città di Milano, attraverso l’Expo, si appresta a celebrare l’artista con una mostra monografica. Al centro del progetto, ideato da un comitato scientifico guidato dal professor Giovanni Agosti, il racconto della vita di Leonardo verrà analizzato e scomposto in ‘capitoli’ cronologici. Le 25 lezioni in programma saranno accompagnate da letture di testi coevi (a Leonardo e ai suoi contemporanei, amici e nemici), interpretati da giovani attori della Scuola del Piccolo Teatro di Milano, sotto la supervisione del Maestro Luca Ronconi. Per gli iscritti al corso visite guidate al Museo della Scienza e della Tecnica, al Cenacolo Vinciano e alla Sala delle Asse, condotte dagli stessi docenti. Sono già aperte le iscrizioni. Info su www.fondoambiente.it
I Luoghi del Cuore L’Italia scelta dagli italiani
Dieci anni del progetto I Luoghi del Cuore racchiusi in un magnifico volume curato da Federica Armiraglio, edito da Rizzoli, che rappresenta un viaggio attraverso “l’Italia scelta dagli italiani”. Piccoli e grandi tesori d’arte e di natura del nostro Paese spesso sconosciuti, segnalati al FAI per la loro bellezza, per lo stato di degrado, o ancora per chiedere che vengano valorizzati. 139 beni sparsi in tutte le regioni italiane, tra cui tutti quelli salvati grazie al censimento e al FAI, visti attraverso gli occhi di sette fotografi professionisti.
Conoscere e amare l’Italia
Fotografie di Renato Bazzoni, fondatore del FAI Dal 29 gennaio all’1 marzo, La Cavallerizza, Milano
Una mostra di 300 scatti realizzati da Renato Bazzoni, architetto e fondatore del FAI, che testimoniano le grandi trasformazioni del nostro Paese tra gli anni ’50 e ’80. L’esposizione, curata da Alberto Saibene, presenterà immagini videoproiettate, oltre a pannelli esplicativi sulla figura di Bazzoni e sui temi proposti: dal turismo all’architettura rurale, dalla laguna di Venezia alle aree costiere. Per ogni sezione verrà indicata una fotografia che il pubblico sarà invitato a replicare.
Patrocinio FAI all’Oasi Zegna
in occasione della prima Giornata del Panorama Nella foto Andrea Carandini, Presidente FAI e Paolo Zegna, Presidente Gruppo Zegna al balcone di Casa Zegna a Trivero, Biella.
Villa e Collezione Panza Varese, 19 gennaio, 2 e 16 febbraio
Aspiranti artisti cercasi: a Villa Panza i bambini dai 4 ai 12 anni sono invitati a giocare con l’arte contemporanea confrontandosi con luce e colore, spazio e natura, elementi che caratterizzano le opere degli artisti della Collezione Panza. Palazzina Appiani Arena Civica, Parco Sempione Milano, 14 e 15 febbraio
Agru-Mi Si rinnova l’appuntamento con la mostra e mercato che rende omaggio ai frutti delle tavole invernali. L’evento si terrà alla Palazzina Appiani, dove verranno esposte e messe in vendita varietà di frutti e di piante di agrumi, oltre a marmellate, mieli, prodotti di bellezza e oggetti decorativi. Nella hall della Palazzina la straordinaria collezione di agrumi del vivaista Davide Chiaravalli. Palazzina Appiani Arena Civica, Parco Sempione Milano, 7 e 8 marzo
Soffio di primavera Dedicato ai fiori della primavera, un appuntamento immancabile per gli amanti del verde. Oltre trenta vivaisti d’eccellenza con una selezione di primule, viole, piante aromatiche e rampicanti, bulbose, cactacee ed erbacee regaleranno ai visitatori un anticipo della bella stagione. In vendita anche libri, arredi, prodotti per il giardino e l’orto e, per il pubblico, conferenze a tema e laboratori creativi. Gli eventi possono subire variazioni, si consiglia di verificare sempre su www.fondoambiente.it Il calendario “Eventi nei Beni del FAI 2015”, è reso possibile grazie al prezioso contributo di PIRELLI, che rinnova la consolidata amicizia con la Fondazione, e Cedral Tassoni, marchio storico italiano che per il quarto anno consecutivo ha deciso di abbinare la tradizione, la storia e la naturalità del suo prodotto al FAI. Sponsor
News
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SOS Ambiente, Paesaggio e Patrimonio
FLASH
dalle delegazioni FAI In Veneto il FAI si fa giovane
Aggiornamenti sull’attività del FAI nel campo della tutela
Entusiasmo. È questa la parola che Claudio Vernier e Paolo Carmignola usano per raccontare i primi passi della loro esperienza come coordinatori dei Gruppi FAI Giovani di Venezia e di Treviso. A fine novembre nel capoluogo veneto è stato presentato il Gruppo guidato da Claudio, che spiega: “La sfida che ci proponiamo in una città così ricca di arte e bellezza è quella di offrire l’opportunità di conoscere un volto di Venezia inedito attraverso proposte per un tempo libero di qualità, capace di unire cultura, rispetto per il territorio e divertimento”. Ha invece già all’attivo un successo il FAI Giovani Treviso, nato l’11 maggio di quest’anno. Più di 600 visitatori lo scorso 27 settembre hanno partecipato all’apertura straordinaria di Villa Margherita. “La soddisfazione più grande? - racconta Paolo - Aver aperto un canale di dialogo con le istituzioni locali che ci hanno aiutato e sostenuto in questo evento e che ci vedono come un soggetto da coinvolgere per il rilancio della cultura a Treviso”. Inoltre in Veneto sono presenti il FAI Giovani Padova e FAI Giovani Verona.
Sblocca Italia Il 4 novembre il decreto “Sblocca Italia” è diventato legge dello Stato. A poco sono valse le segnalazioni al Governo da parte del FAI e di molte associazioni che operano in difesa dell’ambiente e del paesaggio. In nome della semplificazione e dell’accelerazione di procedure strategiche, ma anche di normali iter autorizzativi, la legge introduce una serie di pericolose deroghe all’esercizio della tutela da parte delle Amministrazioni a essa preposte. In particolare il FAI ha denunciato con forza le rischiose conseguenze degli articoli 25 (comma 3), 37 (comma 2 lettera b) e 38 del decreto legge n. 133/2014. Il primo, agevolando i Comuni nel rilascio delle autorizzazioni anche in assenza del parere delle Soprintendenze, minaccia di svuotarne l’autorità provocando un indebolimento dell’azione di tutela, già compromessa da massicci tagli nelle risorse. Il secondo esautora gli organi preposti alla tutela dall’esprimere parere vincolante sulla realizzazione di gasdotti in aree a vincolo paesaggistico. Il terzo, infine, agevola la proliferazione delle trivellazioni, sottraendo agli enti locali la possibilità di incidere su progetti di ricerca e sfruttamento di gas e petrolio nei relativi territori.
Grandi Navi a Venezia Dal 1° gennaio 2015 le grandi navi (sopra le 96 mila tonnellate) non attraverseranno più Venezia lungo il Canale della Giudecca. È un buon risultato per chi, come il FAI, si è schierato fin dal principio contro questo scempio del paesaggio, che metteva a serio e costante rischio il cuore della città e l’ecosistema fragilissimo della laguna. La nostra attività di vigilanza e denuncia, tuttavia, non si è conclusa, poiché la soluzione a oggi proposta rischia di arrecare un nuovo danno. Il FAI si è pronunciato ufficialmente contro lo scavo del canale Contorta Sant’Angelo, un nuovo braccio di canale lungo 5 km, largo 100 m e profondo 10, che dovrebbe condurre le grandi navi alla stazione marittima di Venezia deviando dal canale “dei petroli” diretto a Marghera. Questo progetto, infatti, oltre a contrastare con tutte le disposizioni che tutelano l’integrità dell’area, è stato avviato a una approvazione rapida oltre l’ordinario, senza poter concorrere con alternative assai meno invasive come quella del porto extra-lagunare, che lascerebbe le grandi navi definitivamente fuori dalla laguna.
L’impegno in Trentino
Il FAI ha ricevuto la prestigiosa Targa d’Argento del Gruppo Culturale “Uomo, Città, Territorio” di Trento come riconoscimento per l’impegno con cui la Fondazione dal 1987 guida le campagne per la tutela di luoghi speciali in Trentino.
Arte e storia in 5 lingue
© Gianni Berengo Gardin - Courtesy Fondazione Forma per la Fotografia
Si è concluso il progetto Puntiamo i riflettori, che il Gruppo FAI di Acireale, supportato dalla Delegazione di Catania, aveva avviato nel 2013 per la realizzazione di schede informative in cinque lingue relative alle più importanti opere d’arte nella Basilica dei SS. Pietro e Paolo e nella Chiesa di S. Maria del Suffragio ad Acireale.
FAI Golf Cup
Si è chiusa l’XI edizione della FAI Golf Cup, evento di raccolta fondi che fa incontrare sport e cultura: i contributi raccolti nelle gare sono stati devoluti al progetto di recupero dell’Abbazia S. Maria di Cerrate a Lecce. Un grazie speciale alle Delegazioni FAI, ai Golf Club ospitanti, a Barclays, Pirelli e Tassoni sponsor dell’iniziativa e Il Mondo del Golf, media partner.
a l a g e r e l a t A Na . I A F l a e l’is crizion e l a i c e p s o i g g a m o n u e Per t Dona la tessera FAI e regala un anno all’insegna della cultura: visite gratuite nei 30 Beni FAI aperti al pubblico e nelle oltre 300 proprietà del National Trust of england and Wales, del National Trust for Jersey, del National Trust for Scotland e del National Trusts of Australia. Sconti, omaggi e opportunità fin oltre il 50% in più di 800 enti tra musei, ville, dimore storiche, teatri e festival in tutta Italia. A Natale regala arte e natura, ricevi cultura. . . numero 104 A G O S T O 2014
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Dossier LA SCIE DELL'AM NZA ICIZIA
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Fai e Farad, una collaborazione proficua Tra i tanti modi per sostenere il FAI c’è anche la possibilità di fare testamento attraverso una polizza vita: uno strumento innovativo e vantaggioso, che usufruisce di importanti vantaggi fiscali e che consente al contraente di scegliere liberamente il beneficiario senza particolari vincoli nei confronti degli eredi. Nell’ottica di diffonderne la conoscenza e l’utilizzo come mezzo per effettuare donazioni, il FAI ha avviato una collaborazione pluriennale con FARAD International, broker specializzato nel Private Life Insurance. FARAD, azienda attenta alle tematiche sociali e a progetti che si avvalgono di strumenti assicurativi per realizzare mecenatismo culturale, ha deciso infatti di supportare la “Campagna Lasciti” della Fondazione e lo strumento della polizza vita, sensibilizzando il grande pubblico alla salvaguardia del patrimonio culturale attraverso un contributo concreto che aiuti a garantire un futuro alle ricchezze del nostro Paese. Il broker, nello specifico, metterà a disposizione il proprio know how, attraverso il suo contributo alla redazione e distribuzione di materiale informativo, e fornirà assistenza e consulenza a tutti coloro che desidereranno sottoscrivere una polizza vita a favore della Fondazione.
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L’amore più grande è quello che si rinnova ogni giorno
Scegliere di aiutare il FAI con una donazione continuativa vuol dire condividere ogni giorno sfide e impegni in difesa di un Patrimonio di arte e natura unico al mondo: il nostro. Scegliere il sostegno continuativo ■ conviene: con SDD ANCH’IO non paghi nessuna commissione bancaria ■ è senza pensieri: ricevi automaticamente a casa la tua tessera FAI, senza preoccuparti di rinnovarla ■ è semplice: basta compilare il coupon che vedi qui sotto e spedirlo al FAI ■ è utile: perché consente di pianificare meglio i nostri progetti e i nostri interventi
✃FAI la differenza: scegli la donazione continuativa con SDD (ex RID). MODULO PER LA DONAZIONE CONTINUATIVA SDD (EX RID) Compila questo modulo e spediscilo a:
MODULO PER LA DONAZIONE CONTINUATIVA SDD (EX RID) €8 (26 cent al giorno)
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