organizzazione partner coorganizzazione con comune di Savignano sul Rubicone
Fotografia Zeropixel 2022 Spazi
17-27 novembre Sala U. Veruda di Palazzo Costanzi, Trieste 9° edizione
fotografiazeropixel.it
Per le fotografie in mostra pp. 8-13 © Gabriele Basilico / Archivio Gabriele Basilico courtesy collezione Claudio Ernè p. 14 © Mario Giacomelli, courtesy CRAF Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia, Spilimbergo p. 16 © Francesco Cito courtesy Giancarlo Torresani p. 17 © Francesco Cito collezione privata p. 18 © Marco Pesaresi Archivio fotografico comunale Savignano sul Rubicone p. 20 © Gianni Berengo Gardin courtesy Fondazione Forma, Milano p. 21 © Ugo Mulas courtesy Mario Sillani Djerrahian pp. 22-23 © Giovanni Umicini collezione privata pp. 24-25 © Maurizio Galimberti collezione privata pp. 26-27 © Guido Guidi courtesy collezione Claudio Ernè pp. 28-29 © David Byrne courtesy collezione LipanjePuntin, Trieste pp. 30-31 © Adriano Cadel courtesy collezione Claudio Ernè pp. 32-34 © Francesco Penco courtesy collezione Claudio Ernè © copyright tutti i diritti riservati ai singoli autori
Coordinamento e organizzazione del Festival Massimiliano Muner
Direzione artistica Ennio Demarin, Massimiliano Muner
Direttivo Ennio Demarin, Massimiliano Muner Michela Scagnetti
Ufficio stampa Lucija Slavica
Copertina Rozzol Melara © Gabriele Basilico courtesy Archivio Gabriele Basilico
Progetto grafico Studio Iknoki
Carattere tipografico Calboni Sans - Studio Iknoki
Silver Age n. 1 Direttore Responsabile Massimiliano Muner Registro Stampa Informatico del Tribunale di Trieste nr. 3496/2022 V.G.
È vietata la riproduzione anche parziale
Organizzazione Silver Age, Trieste
Coorganizzazione Comune di Trieste Assessorato alle Politiche della Cultura e del Turismo
Partner
Comune di Savignano sul Rubicone CRAF Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia, Spilimbergo Spazio d’arte trart, Trieste Artrophia, Trieste Stamperia Westerberg, Trieste Angel Beauty Model Agency, Trieste Attualfoto s.n.c., Trieste
Questa edizione non avrebbe potuto vedere la luce senza il contributo fondamentale di: Susanna Berengo Gardin, Giovanna Calvenzi, Gabriele Chiesa, Francesco Cito, Lucia Comuzzi Scabar, Naomi Drušković, Claudio Ernè, Mara Fella, Maurizio Galimberti, Christian Jugovac, Roberto Lavini, Alessandra Lighezzolo, Monica Mazzolini, Giuseppe Pazzaglia, Francesco Penco, Marco Puntin, Alvise Rampini, Daniele Sandri, Francesco Sbaiz, Mario Sillani Djerrahian, Lucija Slavica, Giancarlo Torresani, Serenella Umicini, Ruben Vuaran e di tutti gli autori e altri professionisti che hanno dato il loro aiuto.
FOTOGRAFIA ZEROPIXEL 2022 INDICE ○ 6 Spazi ○ 90 Premio Sergio Scabar ○ 92 Tomoko Nagakawa To whom it may concern ○ 100 Monica Denevan Songs of the River ○ 110 Massimiliano Muner Resurrecturis ○ 114 Francesco Sbaiz Sublimazione ○ 116 Monica Mazzolini Il territorio. Un’indagine tra documentazione e interpretazione ○ 118 Giancarlo Torresani Augusto Cantamessa, la sensibilità volta a narrare una dignità silenziosa ○ 120 Laboratori ○ 126 Biografie
Fotografia Zeropixel 2022 Spazi
a cura di Massimiliano Muner 17-27 novembre Sala U. Veruda di Palazzo Costanzi Trieste
Arnaldo Agugiaro, Andrea Arduini, Asya Gefter, Camilla Bach, Vittorio Baldini, Gabriele Basilico, Alberto Bastia, Gianni Berengo Gardin, Elisa Biagi, Michele Biasutti, Alessia Bonfanti, David Byrne, Adriano Cadel, Roberto Cenci, Paolo Ciot, Francesco Cito, Luigi Corbetta, Ennio Demarin, Davide Dionisio, Paolo Drigo, Guido Guidi, Mara Fella, Peter Fettich, Maurizio Galimberti, Mario Giacomelli, Fabio Giacuzzo, Boris Grozdanič Gorjan, Jaroslaw Jarema, Roberto Lavini, Federica Lazzari, Igor Londero, Guido Macorini, Charlie Meecham, Ugo Mulas, Tania Palazzi, Daniele Peluso, Francesco Penco, Marco Pesaresi, Ivan Piano, Piero Pieri, Branimir Ritonja, Antonio Ros, Andrea Rosselli, Sergio Scabar, Michela Scagnetti, Ernö Sebastian, Anja Seničar, Luisa Sodomaco, Massimo Stefanutti, Beatrice Tagliapietra, Enzo Tedeschi, Luigi Tolotti, Paolo Toniati, Giovanni Umicini, Marko Vogrič, Katsushi Yamamoto, Davide Jia Cheng Yuan, Dino Zanier, Lara Zibret
6 Fotografia Zeropixel 2022
Fotografia Zeropixel è un progetto unico nello scenario delle manifestazioni fotografiche ed è bene ricordare per quali peculiarità. Si parte da una valutazione fisica, tangibile, sostanziale che caratterizza la quasi totalità delle fotografie chimiche e le differenzia da altre: la pellicola fotografica è qualcosa di materico, tridimensionale; in particolare è costruita da uno strato di alogenuri d’argento fissati sul supporto da una particolare gelatina. Questa combinazione di emulsione di granelli d’argento predispone il supporto fotografico ad essere esposto alla luce ed è proprio a questo punto che si manifesta la differenza della fotografia chimica con il resto della fotografia contemporanea: ogni alogenuro d’argento è capace di rappresentare non solo le informazioni della luce ma insieme ad essa anche le informazioni spaziali da dove la stessa luce proviene, si parla infatti di unità di superficie. Un bagaglio di informazioni unico, superiore a quello capace di esser riprodotto da un sensore fotografico moderno. Tralasciando le classiche considerazioni soggettive sulla produzione di fotografie chimiche come il tempo, la meditazione prima dello scatto, la valutazione della scena, la scelta degli strumenti con cui si sta lavorando, camere, lenti, supporti consumabili, tutti aspetti dalle infinite combinazioni possibili e soggetti a valutazioni del tutto personali, l’assioma di partenza è che la fotografia chimica, considerando il supporto come superficie spaziale, rappresenta qualcosa di ineguagliabile che ha avuto un ruolo infinito, imprescindibile e fondamentale, nell’evoluzione della fotografia.
La filosofia di Fotografia Zeropixel parte anche da questo concetto e si sviluppa nella volontà di dare voce e spazio a quanti utilizzano ancora oggi la fotografia tradizionale come strumento d’espressione assieme a Maestri della Fotografia con le loro opere, autentici grandi autori che fanno scuola e grandi esempi di fotografie del passato che sono state messe a disposizione del pubblico nelle numerose mostre che Fotografia Zeropixel
è riuscita ad organizzare in questi nove anni. Come ogni anno è stato scelto un tema da sviluppare e da proporre agli autori, quest’anno si è valutato Spazi. In questi ultimi due anni la pandemia ha riscritto per tutti il concetto di spazio, che è stato rielaborato in molti aspetti della vita di ognuno di noi. Gli autori in mostra hanno indagato sul tema e ciascun ne ha proposto una personale visione, a volte più figurativa, a volte più astratta, intima, in alcuni casi sono stati apportati dei contributi storici, in altri delle proiezioni rivolte al futuro. Uno spettro di proposte mai così ampio, che a livello temporale copre un periodo di oltre cento anni.
In questa edizione di Fotografia Zeropixel si è andati oltre, è stato infatti possibile riprendere delle preziose fotografie su lastre in vetro trattate al bromuro d’argento, non più recenti del 1914, farle letteralmente rivivere sotto la luce di oltre un secolo successivamente la loro produzione e, con una stampa chimica realizzata ai giorni nostri, essere in grado di venir esposte al pubblico. L’aura che accompagna le fotografie in mostra è qualcosa di indescrivibile, la consapevolezza di trovarsi davanti a autentici pezzi unici è chiara. Fotografia Zeropixel è indiscutibilmente una mostra di opere d’arte. L’apporto sempre maggiore di opere di fotografi e professionisti legati al mondo della fotografia tradizionale e l’interesse che questi manifestano nei confronti del progetto Fotografia Zeropixel, così come la fiducia dimostrata da amministrazioni pubbliche, enti privati, gallerie, collezionisti e famiglie dei grandi nomi della fotografia, contribuiscono tutti a rafforzare e far crescere anno dopo anno un’identità che oggi è solida e riconoscibile.
7 Spazi
○ Massimiliano Muner
Gabriele Basilico Rozzol Melara, 2002
© Gabriele Basilico courtesy Archivio Gabriele Basilico
stampa ai sali d’argento 24 x 30,5 cm
8 Fotografia Zeropixel 2022
Gabriele Basilico
Borgo S. Sergio, 2002
© Gabriele Basilico courtesy Archivio Gabriele Basilico
stampa ai sali d’argento 24 x 30,5 cm
9 Spazi
10 Fotografia Zeropixel 2022
Gabriele Basilico
Rozzol Melara, 2002
© Gabriele Basilico courtesy Archivio Gabriele Basilico
stampa ai sali d’argento 24 x 30,5 cm
11 Spazi
Gabriele Basilico Piazza Foraggi, 2002
© Gabriele Basilico courtesy Archivio Gabriele Basilico
stampa ai sali d’argento 24 x 30,5 cm
12 Fotografia Zeropixel 2022
Gabriele Basilico Valmaura, 2002
© Gabriele Basilico courtesy Archivio Gabriele Basilico
stampa ai sali d’argento 24 x 30,5 cm
13 Spazi
Mario Giacomelli Paesaggio, 1955-1976 © Mario Giacomelli courtesy CRAF Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia Spilimbergo
stampa ai sali d’argento 20 x 30 cm
15 Spazi
Francesco Cito
Palestina Gaza - Jabalia refugee camp intifada dopo gli accordi di pace, 1993
stampa ai sali d’argento 24,5 x 36 cm
16 Fotografia Zeropixel 2022
Cito Palestina West Bank The wall in Aida refugee camp, 2005
stampa ai sali d’argento 24,5 x 36 cm
17 Spazi
Francesco
18 Fotografia Zeropixel 2022
Marco Pesaresi
Torre Pedrera (Rimini), 1997 © Marco Pesaresi courtesy Archivio fotografico comunale Savignano sul Rubicone
stampa ai sali d’argento 30 x 40 cm
19 Spazi
Gianni Berengo Gardin Bari 1987 Cantiere dello stadio per i Mondiali di Calcio, 1987 © Gianni Berengo Gardin courtesy Fondazione Forma, Milano
stampa ai sali d’argento 30 x 40 cm
20 Fotografia Zeropixel 2022
Ugo Mulas senza titolo, 1968 solarizzazione, stampa ai sali d’argento 60 x 50 cm
21 Spazi
Piazza nella nebbia con carretto, 1965 stampa ai sali d’argento 50 x 60 cm
22 Fotografia Zeropixel 2022
Giovanni Umicini
23 Spazi
Giovanni Umicini Donna nella nebbia, 1997 stampa ai sali d’argento 50 x 60 cm
Maurizio Galimberti Studio n.5, 2022 mosaico Instax
38 x 59 cm
24 Fotografia Zeropixel 2022
Maurizio Galimberti Studio n.3, 2022 mosaico Instax 38 x 52 cm
25 Spazi
26 Fotografia Zeropixel 2022
Guido
Guidi Borgo San Sergio, Trieste 2002 stampa cromogenica 9 x 12 cm
27 Spazi
Guido Guidi Borgo San Sergio, Trieste 2002 stampa cromogenica 9 x 12 cm
David Byrne
Sprague maternity ward, 1996
© David Byrne courtesy collezione LipanjePuntin, Trieste
cibachrome e plexiglass edizione 3/10 75,5 x 94,5 cm
28 Fotografia Zeropixel 2022
David Byrne Sprague factory sink, 1996 © David Byrne courtesy collezione LipanjePuntin, Trieste
cibachrome e plexiglass edizione 1/10 75,5 x 94,5 cm
29 Spazi
Adriano Cadel Viale Sonnino, 1932
stampa ai sali d’argento dipinta ad acquarello 18 x 24 cm
30 Fotografia Zeropixel 2022
Cadel Stazione corriere, 1936 stampa ai sali d’argento 8 x 11 cm
31 Spazi
Adriano
32 Fotografia Zeropixel 2022
Francesco Penco
Canale di Ponterosso, 1902-1914
negativo a bromuro d’argento su lastra in vetro, stampa a contatto ai sali d’argento 2022 18 x 24 cm
33 Spazi
34 Fotografia Zeropixel 2022
Francesco Penco Narodni Dom, 1910-1914
negativo a bromuro d’argento su lastra in vetro, stampa a contatto ai sali d’argento 2022 18 x 24 cm
35 Spazi
36 Fotografia Zeropixel 2022
Sergio Scabar Galleria Sandrinelli, 2003 stampa alchemica ai sali d’argento 9 x 17 cm
37 Spazi
Sergio Scabar La lanterna, 2003 stampa alchemica ai sali d’argento 18 x 14 cm
Vittorio Baldini Spazi ricombinanti, 2022
stampa ai sali d’argento 25 x 37 cm
38 Fotografia Zeropixel 2022
Paolo
Drigo L’uomo in rivolta, 2022
stampa da negativo 40 x 30 cm
39 Spazi
Alessia Bonfanti Ora e
qui, 2020 stampa ai sali d’argento 30 x 20 cm
40 Fotografia Zeropixel 2022
Elisa Biagi
Breaking to recompose, New York 2016-2022 stampa cromogenica 30 x 30 cm
41 Spazi
42 Fotografia Zeropixel 2022
Luigi Tolotti Into the vision, 2011 stampa ai sali d’argento 42 x 56 cm
43 Spazi
Roberto Cenci Millennium bridge, 2015 stampa al platino palladio 15 x 15 cm
Massimo Stefanutti Spazi invertiti, 2022
fotografia instantanea Fuji instax 52 x 18,5 cm
44 Fotografia Zeropixel 2022
45 Spazi
Davide Jia Cheng Yuan
Cornovaglia, 2022 polaroid 12,7 x 11,4 cm
46 Fotografia Zeropixel 2022
Federica Lazzari Spazi attraverso spazi, 2015 stampa ai sali d’argento 80 x 100 cm
47 Spazi
Enzo Tedeschi
interno con sedia, dalla serie Luoghi non luoghi 2011
stampa ai sali d’argento 36 x 36 cm
48 Fotografia Zeropixel 2022
Alberto Bastia senza titolo, 2022 stampa ai sali d’argento 30 x 30 cm
49 Spazi
50 Fotografia Zeropixel 2022
Lavini Piscina mirabilis #1, 2015
bromolio 23,5 x 38,5 cm
51 Spazi
Roberto
52 Fotografia Zeropixel 2022
Peter Fettich White square(s), 2022 emulsione liquida su vetro 20 x 90 cm
53 Spazi
Branimir Ritonja Remnants of light, 2020 stampa ai sali d’argento 23 x 23 cm
60 x 70 cm
54 Fotografia Zeropixel 2022
Camilla Bach Kiln firing at Sam’s West Sussex, 2019 stampa cromogenica
Arduini La cella di Gramsci, 2017 stampa da negativo 30 x 30 cm
55 Spazi
Andrea
Davide Dionisio Natura matrigna (spazio circoscritto)
2022
stampa ai sali d’argento con pigmenti 37 x 37 cm
56 Fotografia Zeropixel 2022
Liminal films #07 (attic antenna) 2021 stampa ai sali d’argento 40 x 30 cm
57 Spazi
Igor Londero
Sebastian Hayrack, 2022 stampa ai sali d’argento 30 x 40 cm
58 Fotografia Zeropixel 2022
Ernö
Agugiaro Paesaggio fossile, 1995 stampa ai sali d’argento 30 x 40 cm
59 Spazi
Arnaldo
60 Fotografia Zeropixel 2022
Jaroslaw Jarema untitled, 2021 stampa ai sali d’argento 50 x 70 cm
61 Spazi
Beatrice Tagliapietra
The light out of the box, 2022
stampa da negativo 50 x 35 cm
62 Fotografia Zeropixel 2022
Ciot Plastic free, 2022 polaroid 70 x 70 cm
63 Spazi
Paolo
Fabio Giacuzzo
Oltrepassare gli spazi, 2022
stampa ai sali d’argento 87 x 73 cm
64 Fotografia Zeropixel 2022
La ballerina del carillon, 2022
stampa ai sali d’argento 20 x 80 cm
65 Spazi
Tania Palazzi
Michele Biasutti
Lola oltre lo specchio, 2015 stampa ai sali d’argento 40,5 x 60 cm
66 Fotografia Zeropixel 2022
Piano Memory, 2014 stampa ai sali d’argento 30 x 40 cm
67 Spazi
Ivan
68 Fotografia Zeropixel 2022
Mara Fella
Manifestanti al cancello del centro di permanenza per i rimpatri di Gradisca d’Isonzo dopo la morte di un detenuto in custodia, 2022
stampa ai sali d’argento 30,5 x 40,5 cm
69 Spazi
70 Fotografia Zeropixel 2022
Ennio
Demarin Spazio di giochi, 1980 stampa ai sali d’argento 45 x 60 cm
8,8 x 10,7, 2022
bagno chimico di pellicola istantanea 60 giorni 8,8 x 10,7 cm
71 Spazi
Daniele Peluso
Michela Scagnetti
Trieste è come un fiume, 2022
polaroid 14 x 26,5 cm
72 Fotografia Zeropixel 2022
Luigi Corbetta Spazi emozionali, 2022
fotografia istantanea 90 x 98 cm
73 Spazi
Sodomaco Zagreb, 2018 stampa ai sali d’argento 25 x 25 cm
74 Fotografia Zeropixel 2022
Luisa
Lara Zibret Il cielo sopra Milano, 2019 stampa da negativo 50 x 50 cm
75 Spazi
Anja Seničar senza titolo dalla serie Liminal 2022
stampa ai sali d’argento 39 x 48 cm
Fotografia Zeropixel 2022 76
The planet, 2022 stampa ai sali d’argento 50 x 70 cm
77 Spazi
Piero Pieri
Katsushi Yamamoto
The last train for the eternal land 2022
stampa ai sali d’argento 71,2 x 86,4 cm
79 Spazi
Asya Gefter Glimpses. Rethinking of spaces in Ukraine, 2015/2022
stampa al litio 90 x 70 cm
80 Fotografia Zeropixel 2022
Marko Vogrič Spazi esauriti, 2022 stampa ai sali d’argento 20 x 30 cm
81 Spazi
82
83 Spazi
Dino Zanier Astrazioni urbane, 2022 stampa ai sali d’argento 8 x 23 cm
Antonio Ros Solstizio, 2022
fotografia instantanea Fuji instax 45,2 x 64,6 cm
84 Fotografia Zeropixel 2022
Boris Grozdanič
Focusing on forever, 2015 stampa ai sali d’argento 54 x 74 cm
85 Spazi
Gorjan
Paolo Toniati Take your space, 2018 Beers 5, viraggio selenio 37 x 24 cm
86 Fotografia Zeropixel 2022
87 Spazi
Andrea Rosselli Mimesi, 2022 stampa ai sali d’argento 12 x 18 cm
Guido Macorini Cjanevate, 2021
stampa ai sali d’argento 30 x 30 cm
88 Fotografia Zeropixel 2022
Charlie Meecham Atmosphere, 1980
stampa da negativo 4x5 35,5 x 44,5 cm
89 Spazi
Fotografia Zeropixel 2022
Spazi
Premio Sergio Scabar
Il giornalista e fotografo triestino Claudio Ernè presiederà la giuria della quarta edizione del premio Scabar nell’ambito di Fotografia Zeropixel. In giuria Lucia Comuzzi Scabar, vedova di Sergio Scabar, Giancarlo Torresani, operatore culturale ed Ennio Demarin fotografo. Il premio è stato indetto dagli organizzatori del Festival nel 2019 in memoria del fotografo Sergio Scabar. Tra i principali interpreti della fotografia contemporanea non solo italiana, Scabar nel corso della sua carriera non ha mai ceduto alla spinta del digitale e ha fatto dello scatto e della stampa un vero strumento di riflessione e di indagine. Nel 2021 il premio è stato vinto dalla giapponese Tomoko Nagakawa.
Prima ha rinunciato al colore e alle sue facili suggestioni. Poi ha volutamente dimenticato la luce, rifugiandosi nelle penombre e nelle indefinite sfumature del nero; infine ha abbandonato ogni suggestione prospettica, cara ai fotografi. La figura umana era uscita di scena da tempo immemorabile o forse non vi era mai entrata. Sergio Scabar nella sua poetica non ha potuto andare oltre. Non ha potuto più togliere nulla alle sue immagini, pena il silenzio definitivo che comunque è arrivato subdolo e vigliacco nell’agosto di tre anni fa quando la grande falciatrice nera preparava in silenzio il suo debutto sulla scena mondiale. Lui aveva intuito da tempo ciò che si stava preparando all’umanità. Notte e nebbia, sudari e lumini, buio e solitudine affiancati talvolta dalla presenza consolatrice di poveri oggetti della vita quotidiana. Paura, consapevolezza e angoscia per ciò che si stava per perdere. Ma Sergio Scabar era andato oltre e aveva anche mostrato col suo obiettivo e il suo cuore come le città sarebbero state congelate nell’immobilità per mesi e mesi. Per realizzare queste immagini premonitrici aveva scelto come teatro di posa una Trieste notturna, deserta, con le luci ancora accese, come se una glaciazione improvvisa avesse fermato il tempo bloccando le vite, lasciando sul palcoscenico solo strutture di pietra e cemento. Ecco perché in questa rassegna voluta da Massimiliano Muner per Fotografia Zeropixel compaiono alcune immagini inedite di questa digressione dell’autore in spazi lontani dal suo studio di Ronchi. Scabar nel reportage notturno ha affrontato per la prima volta con la pellicola, l’obiettivo e il cavalletto, il paesaggio urbano di un day-after in quel momento solo intuito. Chiese, palazzi, rive, la Lanterna e un tram immobile sul binario che congiunge la città con l’altipiano. Sembrava una svolta nella poetica dell’autore che per anni aveva “scavato” con i suoi sviluppi alchemici nei riflessi bruno-neri dei piccoli oggetti, racchiusi in spazi senza tempo e all’estremo limite della luce
90 Fotografia Zeropixel 2022
visibile. Invece era una premonizione difficile da realizzare: per questo Scabar ha meditato a lungo sulle prime fotografie, realizzate nottetempo nel centro di Trieste, nel Borgo Teresiano, e poi manipolate a lungo nella camera oscura di Ronchi. Gli “scatti” hanno superato il severo giudizio che ogni autore esercita sulle proprie realizzazioni. Sono immagini che si rifanno a quelle classiche della città, realizzate un secolo fa da tanti fotografi “vedutisti”, ma con esse hanno poco in comune. Quanto quelle antiche appaiono tranquille, serene, a tratti solo didascaliche, tanto il lavoro di Sergio Scabar appare teso a rompere la circolarità delle sicurezze. Le inquadrature delle antiche e delle nuove foto non sono dissimili, ma il trattamento delle superfici e delle ombre riduce la città – come dicevamo - a un immenso day-after. L’affresco di Italo Svevo dipinto sulla facciata di un palazzo di piazza Hortis, illuminato da un’unica esangue lampada, porta inevitabilmente la memoria all’ultima pagina della “Coscienza di Zeno” e all’uomo malato che si sarebbe arrampicato al centro della Terra per riporvi e far poi brillare un ordigno zeppo di un esplosivo incomparabile, nuovo e terribile.
La Lanterna, il primo faro della storia del porto di Trieste, attraverso l’obiettivo di Scabar, ha assunto la forma di una silhouette che svetta nel cielo nero, quasi un missile pronto a iniziare il proprio volo, la propria traiettoria di morte. La galleria Sandrinelli appare un enorme buco nero che tutto inghiotte e nulla restituisce alla vita. Sant’Antonio Nuovo con le colonne del suo pronao appena illuminato può essere scambiato per quella parte monumentale del camposanto di Sant’Anna che accoglie i maggiorenti della città. Città cimitero o cimitero città? Una città sotto coprifuoco. Non più rive spazzate dalla Bora. Non più migliaia di vele e bandiere al vento ma anche fotografie di immensi casermoni, di periferie estreme, di capannoni vuoti, banchine sconnesse, fumi che si spandono sulle case, gru immobili, fontane che riflettono nella propria acqua una luce fioca, lontana.
Navi abbandonate alla ruggine, maone semisommerse. Ecco perché una visione notturna, con poche luci e infinite velature, racconta la città con precisione e determinazione. L’autore usa la metafora, l’allusione, talvolta il paradosso. Ma spesso per narrare non serve la luce estrema del mezzogiorno o quella benevola del pomeriggio che tutto addolcisce e persino assolve. Sergio Scabar, come accade ai poeti, l’aveva intuito e aveva fotografato ciò che tutti abbiamo sotto gli occhi ma che non riusciamo a vedere. Nonostante la luce. Il buio talvolta illumina.
○ Claudio Ernè
Premio Sergio Scabar
91
Fotografia Zeropixel 2022
Spazi
19-27 novembre
Sala Fittke Trieste
Tomoko Nagakawa
To whom it may concern a cura di Michela Scagnetti
92 Fotografia Zeropixel 2022
93
To whom it may concern Tomoko Nagakawa
To whom it may concern
This is a letter of my reflective journey and an act of celebration of lives around me. This letter gives me a chance to acknowledge those that have been part of my life and recognise each existence within this precious cycle. Ichoosepaperandprepareemulsionjustasone might choose letterhead and ink. Letting images float on the surface, wishing the right words are revealed to express a thought. Layingemulsionfollowingtherhythmofmyown breathing, my existence becomes part of this physical communication.
The slowness of letters reaching others creates thespaceoftimeandmythoughtstravelpatiently with the letter until it reaches its destination. Thingsarecarryingonregardless.Nothingstays the same. We are all part of this circle and continue to change and follow the flow. Yours sincerely T.N.
TOMOKO NAGAKAWA
UNA SINNEDOCHE DELLA VITA
Le fotografie chimiche di Tomoko Nagakawa si situano, con delicato equilibrio, in quel labile confine tra il visibile e l’invisibile, l’etereo e il palpabile, il soffuso e l‘oscuro: lo abitano in una appena bisbigliata, ma intensa relazione reciproca tra l’esterno e la poetica interiorità dell’artista che, di fronte alla bellezza gorgogliante della vita naturale, ne coglie ed evidenzia per noi i suoi più minuti dettagli in una perfetta sineddoche in cui una sola piuma è capace, con una suggestione sensoriale avvolgente, di aprire il fruitore ai più svariati sentimenti e ad evocargli un volo di uccelli, la vita gorgogliante del fiume, leggerezza, protezione angelica e candore, libertà e stupore per la maestosa quanto fragile natura della vita. Queste generose eppure silenziose suggestioni sono di certo in parte suggerite dai soggetti idilliaci e dalla scelta stilistica compositiva del minimalismo, ma altresì la selezione accurata di
carte pregiate per la stampa e uno sviluppo che rendono i bianchi affettati, soffusi e magici, in cui la grana della pellicola si intreccia alla grana della carta, così che gli ampi neri ne vengano sfumati e i contorni frammentati sono di certo altri elementi tecnici che hanno grande merito in questa suggestione; ancor di più si deve alla filosofia e alla sensibilità dell’artista che cerca di guidarci con tocco gentile in un silenzio primordiale. Nella scelta del minimalismo e nella profonda importanza del dettaglio percepiamo il nobile spirito del Giappone, ma anche una profonda relazione personale di reciprocità e gratitudine con la natura e la vita stessa, quella visione tipica dell’antispecismo, del cerchio sacro delle culture indigene in cui l’uomo è solo uno dei mille attori del cerchio della vita, è l’uomo che ha lo stesso peso di una piuma, la stessa bellezza di un ramo allungato sul fiume, la stessa caducità di un luccichio sul fiume o l’anelito alla libertà del batter d’ali di un cigno, la stessa sfacciata curiosità di irruenti cespugli di fiori che si affacciano sul nostro sentiero.
Poter fruire di molti questi scatti assieme, uno dopo l’altro, in un ordine che sembra perfettamente casuale come i momenti della vita, ma che invece è sapientemente preparato dall’artista per immergerci con la cura di un cerimoniale in un’ode alla bellezza della della vita attraverso tutti i sensi, ci permette di assaporare l’esperienza di amare ed essere amati in ogni cosa vivente e non vivente della vita, di sentirci parte intima ed unica del tutto.
Le fotografie di Tomoko Nagakawa, prima inter pares dei suoi soggetti, sono lettere d’amore, quelle che non solo vorremmo ricevere, ma quelle che vorremmo parlassero di noi con altrettanta attenzione e preziosità. ○
Michela Scagnetti
94 Fotografia Zeropixel 2022
To whom it may concern 2022 carta cotone sensibilizzata ai sali d’argento
95
To whom it may concern Tomoko Nagakawa
96 Fotografia Zeropixel 2022
97
To whom it may concern Tomoko Nagakawa
98 Fotografia Zeropixel 2022
99
To whom it may concern Tomoko Nagakawa
Fotografia Zeropixel 2022 Spazi
18-27 novembre Spazio d’arte ttrart Trieste
Monica Denevan Songs of the River a cura di Federica Luser e Giacomo Frullani
100 Fotografia Zeropixel 2022
Songs of the River 2007-2018 stampe ai sali d’argento su carta baritata 38 x 38 cm
Monica Denevan
Songs of the River
101
Monica Denevan nasce a San Francisco, dove tuttora vive e lavora come fotografa. Dopo essersi laureata alla San Francisco State University nel 1997, Monica scopre la passione per i viaggi: America Latina e sud-est asiatico, soprattutto dove decide di fermarsi per lungo tempo. I suoi lavori, pubblicati in numerose riviste di settore ed esposti a livello internazionale, le hanno meritato diversi premi e mostre personali a San Francisco, Hong Kong e Bangkok. È il Myanmar il suo luogo del cuore. Qui Monica entra in contatto con una realtà remota e a lei finora sconosciuta. Rimane affascinata dai paesaggi e dalle persone di questo Paese dalla storia travagliata, tanto da decidere, dopo il primo viaggio, di ritornare periodicamente in questi luoghi. Nasce così il progetto “Songs of the River”, incentrato sull’incontro con le persone che abitano il fiume Irrawaddy (chiamato Fiume Madre), che attraversa da nord a sud tutto il Paese collegando Mandalay a Bagan. Lontano dal brusio delle grandi città e dai circuiti turistici, Monica viene accolta dalle famiglie autoctone diventandone parte integrante, condividendo la quotidianità e trovando qui una seconda casa. I pescatori al fiume, le donne nei campi, i bambini che vanno a scuola, tutti cominciano a conoscere la fotografa californiana e ad accoglierla nelle proprie vite. Da questa intimità prendono forma i suoi scatti, frutto di un lavoro lungo anni. Scatti dove gli abitanti delle rive del fiume, ormai amici, si prestano a diventare modelli e ad inscenare quello che l’artista ha in mente. Con la sua reflex Bronica medio formato, Monica ricrea un mondo di figure eleganti e geometriche, crea spazi dove le figure umane inscenano danze, che, anche se immortalate in una frazione di secondo, trasmettono un nitido senso di movimento, riportando alla mente di chi le ammira le ballerine dei quadri impressionisti di Degas o le torsioni dei corpi in movimento di Richard Avedon. Lo spazio del fiume diventa per Monica un palcoscenico dove dirigere i suoi esili ed eleganti attori,
ricordando, come nota l’artista, gli antichi sfondi fotografici di inizi ‘900.
La sua fotografia rientra in quella che viene denominata staged photography, mise en scène, o più semplicemente “messa in scena”. Una fotografia caratterizzata da “un modo di relazionarsi del fotografo rispetto al visibile, inteso come luogo di elaborazione dell’illusione, dell’artificio, della fabula, piuttosto che come qualcosa di ‘oggettivamente’ registrabile attraverso il mezzo tecnico”, come da definizione Treccani.
Nelle sue immagini ritroviamo reminiscenze delle figure e delle ambientazioni del finlandese Arno Rafael Minkkinen o dell’americano Herb Britts, ma anche di lavori di fotografi più recenti, come i militari dell’israeliano Adi Nes.
L’obiettivo di Monica non è raccontarci le vite dei suoi soggetti né tantomeno documentare un periodo storico. Al contrario, la fotografa dà sfogo alla sua immaginazione ricreando delle scene, dei quadri, regalandoci con le sue immagini evocative suggestioni di luoghi lontani.
Sono immagini in cui la composizione scenica dall’armonia perfetta, incontra il gusto glamour della fotografia di moda, dove la stasi dei luoghi è accarezzata dal movimento di corpi sinuosi e le ambientazioni essenziali, a tratti metafisiche, trovano completamento in soggetti dalle pose colme di drammatica intensità.
Il tutto viene poi impresso in preziose stampe, uniche, create ossidando i sali d’argento sotto la luce dell’ingranditore nella sua camera oscura di San Francisco.
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Giacomo Frullani
102 Fotografia Zeropixel 2022
Monica Denevan
Songs of the River
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Monica Denevan
Songs of the River
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107 Songs of the River Monica Denevan
108 Fotografia Zeropixel 2022
Massimiliano Muner Resurrecturis
17-27 novembre Sala U. Veruda di Palazzo Costanzi Trieste
L’installazione si configura come una proiezione continua di immagini, insistente, veloce. Le ottanta diapositive, proiettate con una sequenza casuale, ritraggono due singoli soggetti: uno terreno, una scritta installata sul perimetro esterno del giardino dedicato all’eterno riposo; uno spirituale, fragile e incerto, incentrato sull’effimero e transitorio privo di coordinate e in continua trasformazione come le nuvole, come la vita. Una riflessione che si sviluppa attraverso una narrazione visiva per frammenti scanditi da un tempo costante, o forse una ossessione tra il messaggio scolpito e il cielo sovrastante. Una dicotomia tra proiezione e realtà, una meditazione sulla condizione di coloro che risorgeranno e che sono lì in quel momento, che alzano lo sguardo e si interrogano.
110 Fotografia Zeropixel 2022
Resurrecturis 2022
Massimiliano Muner
pellicola negativa sviluppata a inversione, sequenza diapositive, Kodak Carousel dimensioni variabili
Resurrecturis
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Francesco Sbaiz Sublimazione a cura di Artrophia (Lucija Slavica e Naomi Drušković)
17 novembre Sala Fittke Trieste
Quando la materia grezza prende forma, l’inconscio di chi la guida verso la rivelazione si deposita tra gli spazi che la compongono. Sono proprio questi spazi, ovvero l’interno di una delle sculture di Francesco Sbaiz, il soggetto della proiezione “Sublimazione”, un vero e proprio processo finalizzato a rendere pura la materia informe e degradata attraverso una metamorfosi di rinnovamento che, infine, porterà l’opera stessa alla nobilitazione e vaporizzazione. Il viaggio si snoda attraverso corridoi e grovigli dai colori primordiali, gli stessi che definiscono la pulsazione della vita, il primo respiro concesso alla scultura. Mentre immagini ripercorrono il gesto quasi inconsapevole che accompagna la materia nella sua trasmutazione, le frequenze sonore, da basse ad alte, la attraversano in una dimensione sensoriale. Il risultato è vera e propria esplorazione dello spazio materico che avanzando muta costantemente, proprio come nell’alchimia il piombo si trasforma in oro dando vita a molteplici cromie.
“Sublimazione” è una discesa nelle viscere della materia quasi necessaria per rivelare il processo dinamico di coscientizzazione e di trasformazione operata dal fuoco nell’azione di smaterializzare per elevare. Lo spettatore assiste così a un rito sacro di rigenerazione e purificazione, che come uno specchio avrà il potere di elevare anima, corpo e intelletto.
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Lucija Slavica
114 Fotografia Zeropixel 2022
Il territorio. Un’indagine tra documentazione e interpretazione Conferenza a cura di Monica Mazzolini
20 novembre, ore 16 Sala U. Veruda di Palazzo Costanzi Trieste
Attraverso l’analisi di autori del passato e della contemporaneità, che hanno in comune l’utilizzo della fotografia chimica, verrà definito il termine territorio prendendone in considerazione le diverse sfumature di significato. Dalla descrizione all’indagine antropologica, architettonica e paesaggistica. Il confronto tra passato e presente. Il ruolo di denuncia e sensibilizzazione dell’opinione pubblica fino al paesaggio mentale passando attraverso quei luoghi apparentemente insignificanti ma fondamentali per la comprensione dei cambiamenti e delle trasformazioni. Non mancheranno le curiosità.
116 Fotografia Zeropixel 2022
117 Conferenze
Giuliana Traverso Irlanda, 1986 © Giuliana Traverso courtesy Archivio Giuliana Traverso di Orietta Bay
19 novembre, ore 11 Sala U. Veruda di Palazzo Costanzi Trieste
Daniele Sandri ama creare con le mani, anche le immagini. Ad altri basta schiacciare un pulsante o sfiorare uno schermo. Padroneggiare il processo fotografico significa per Sandri anche realizzare gli strumenti di ripresa, modificando o rienventando strumentazioni preesistenti, oppure ancora realizzandone di totalmente nuove. Queste fotocamere autocostruite vengono battezzate, dando loro un nome, perché ciascuna di esse possiede un proprio carattere individuale, come accade con le persone o gli animali da compagnia. I suoi apparecchi per fotografia stenopeica, realizzati in cartone, faesite, legno, alluminio ed altro si chiamano PinKiev, Azzurra, Pinroll, illy deca, Limes120, PinHassy. Mentre le box-camera per fotografia minutera sono Miniminu, La Repubblica, ed altre ancora. Tutte finemente personalizzate; al punto di costituire, esse stesse, autonome creazioni d’arte. Manufatti unici, in grado di produrre immagini altrettanto irripetibilmente originali per le persone che si lasciano coinvolgere nelle sue performance iconografiche. La tradizionale fotografia, a processo analogico immediato, in strada ed in piazza, assume la denominazione latina di fotografia minutera. Viene eseguita con camere ottiche che integrano un laboratorio fotografico essenziale per il trattamento rapido del materiale sensibile. Le street box camera interpretano e concretizzano, fondendole insieme, la magia della posa in ripresa e quella della camera oscura. Le fasi chimiche dello sviluppo e del fissaggio avvengono al buio, nascoste alla vista dei protagonisti. Il fotografo minutero manipola come un cieco le impronte che la luce ha inciso nei sali d’argento.
Nell’oscurità si manifestano e si stabilizzano le figure rubate in pochi attimi allo scorrere del tempo. Presenza e persistenza prendono consistenza tattile, assumendo per sempre corpo su un foglio di carta, un oggetto destinato a sopravvivere ai protagonisti stessi dell’evento che la fotografia ha cristallizzato, sospendendolo nel tempo. Nessuna mediazione di trasferimento meccanico d’inchiostri, elettrica, calcografica o digitale. Solo il gioco della luce riflessa dai soggetti che imprime segni in chiaroscuro, poi resi per sempre stabili a mantenere memoria di un breve momento. La fotografia minutera è un procedimento negativo-positivo su carta che produce una matrice fotografica unica, adatta ad essere riprodotta in copie positive. Ma l’atto fotografico, nella sua semplice complessità, richiede l’azione convergente e consapevolmente partecipata dei soggetti e del fotografo, coinvolgendo spesso persino gli spettatori. Ne nasce un’azione, che possiamo considerare addirittura teatrale, che richiede tempo, disponibilità reciproca, empatia, scambio e complicità.
Ogni ritratto diventa occasione di esercizio di lettura sociologica ed antropologica. Gli occhi ed i volti che osserviamo ci mettono in gioco e discussione. Noi siamo e ci interroghiamo perché le fotografie ci interrogano, tanto più profondamente intriganti perché mute. Le risposte non stanno nei ritratti, ma dentro di noi. Le fotografie, persino e soprattutto quelle di sconosciuti, ci costringono al confronto ed alla riflessione. In un’epoca nella quale il tempo è il bene più prezioso, scegliere di riservarne una porzione per fissare la memoria di un’emozione di pochi istanti è un atto di cura per se stessi e per le persone che si vogliono accanto, verso un ritratto che si avvicina al rito antico delle fotografie di studio di un secolo fa. In fondo si posa e si fotografa per prendere controllo del flusso degli eventi, per lasciare piccoli grandi segni delle nostre vite.
Chiesa
118 Fotografia Zeropixel 2022
La street box camera Laboratorio con Daniele Sandri
○ Gabriele
Introduzione alla camera oscura
Stampa in bianco e nero Laboratorio con Mara Fella
21 novembre, ore 17 Stamperia Westerberg Trieste
In un momento storico in cui siamo descritti come consumatori di immagini, bombardati da foto, post ed illustrazioni che ci confondono le idee più che aiutarci a coltivare un gusto estetico, i laboratori di introduzione alla camera oscura sono rivolti ai più giovani con lo scopo preciso di avvicinarli al mondo della fotografia analogica, dove il tempo è rallentato ed è impiegato in maniera più consapevole.
In tutto il processo di ingrandimento e stampa, è necessario infatti concentrarsi sull’immagine selezionata ed attuare una serie di riflessioni e considerazioni che conducano al risultato desiderato; allo stesso tempo le medesime considerazioni spingono i partecipanti a sviluppare ciascuno il proprio senso critico. Imparando ad avere il controllo su ogni fase del processo, si può successivamente passare ad uno stadio sperimentale e creativo che è unico e personale. Benché il mestiere di fotografo e quello di stampatore siano giustamente ben distinti, è importante che un fotografo accolga la sfida della camera oscura, ne faccia pratica e conosca quali siano i passaggi che conducano infine alla stampa desiderata.
I partecipanti vengono così condotti attraverso l’esperienza pratica che promuove consapevolezza, manualità e senso di responsabilità, ma anche attraverso l’esperienza emotiva che viene donata dal veder apparire sulla carta la propria fotografia e dal toccare con mano la propria opera finita.
119 Laboratori
Fotografare a colori con pellicola analogica bianco e nero. Stampa tricromica alle gelatine ai carboni pigmentati Laboratorio con Roberto Lavini
26 novembre, ore 11 Sala U. Veruda di Palazzo Costanzi Trieste
–Stampa al bromolio Laboratorio con Roberto Lavini
27 novembre, ore 9 Stamperia Westerberg Trieste
Questo laboratorio ricostruisce la tricromia originale di Louis Ducos Du Hauron (1869). Un procedimento che consente di ottenere fotografie a colori da esposizioni con pellicola BN, in forma di separazioni cromatiche, per la stampa su gelatine pigmentate. Si dice spesso che le vecchie stampe a colori realizzate con processi obsoleti, mostrano qualità dell’immagine non paragonabile ai metodi di stampa contemporanei. Se in parte ciò è dovuto a un sentimento di nostalgia, è innegabile che la quantità di informazioni che si ottengono su tre lastre distinte sono tre volte maggiori a quelle ottenute su una singola pellicola a colori o su un sensore digitale. Alcune persone possono domandarsi perché intraprendere un procedimento così complesso solo per ottenere una piccola stampa a contatto a colori. Questo metodo oltre a dare immagini di ineguagliabile bellezza, permette anche il massimo controllo sulle sue gradazioni tonali e cromatiche.
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Il bromolio fu inventato da E.J.Wall nel 1907 ed è stato uno dei processi più amati dai fotografi pittorialisti dei primi del ’900. Con questo processo è possibile produrre un’immagine all’inchiostro in sostituzione di un’immagine originale all’argento. Una stampa al bromolio è semplicemente una convenzionale stampa al bromuro dalla quale l’immagine all’argento viene rimossa e sostituita da un pigmento grasso (olio). Non vi sono limiti creativi, un bromolista suggella la sua espressione artistica usando pennelli e inchiostro litografico. Imparare a realizzare bromoli apre infinite soluzioni creative, poiché si ha la possibilità di applicare qualsiasi colore, texture e interpretazione artistica alle immagini.
120 Fotografia Zeropixel 2022
Polaroid in grande formato Laboratorio con Ennio Demarin e Massimiliano Muner
24 novembre, ore 17
Studio fotografico di Ennio Demarin Trieste
Polaroid ha introdotto per la prima volta sul mercato la pellicola 8x10 (20 x 25 cm) nel 1973, dando la possibilità ai fotografi di realizzare opere di grande formato con un supporto istantaneo completamente nuovo. L’unicità di questa pellicola per dimensioni e caratteristiche catturò subito l’attenzione dei fotografi che la utilizzarono come mezzo artistico. Negli anni ’80 venne impiegato come strumento per la realizzazione di fotografie autoriali e per applicazioni scientifiche o prove di alta qualità. Come quasi tutti i supporti Polaroid la produzione di queste pellicole venne interrotta nel 21° secolo. Se oggi possiamo continuare a realizzare opere d’arte con questa pellicola unica lo si deve alla lungimiranza di Florian Kaps, tra i fondatori di Impossible Project, che nel 2009 fu capace di rilevare l’ultima linea di produzione di 8x10, acquisirla dalla fabbrica Polaroid di Waltham, nel Massachusetts, e farla recapitare nella loro sede centrale a Enschede nei Paesi Bassi. Oggi la Polaroid propone nuovamente la pellicola istantanea più grande acquistabile in un comune negozio di fotografia. In occasione di Fotografia Zeropixel viene proposto un laboratorio in cui ci si può avvicinare alla magia del banco ottico unita alla meraviglia del grande formato polaroid per provare l’emozione di fotografie istantanee fuori misura. Ennio Demarin e Massimiliano Muner accompagneranno i partecipanti nel corso introduttivo alla fotografia in grande formato con banco ottico, sviluppatore 8x10 e pellicole a colori Polaroid 8x10. Ogni partecipante sarà aiutato nel set-up, scatto, sviluppo e conservazione della propria fotografia in formato 8x10 e realizzerà uno scatto che rimarrà di sua proprietà.
121
Laboratori
122 Fotografia Zeropixel 2022
Massimiliano Muner polaroid in grande formato
da sinistra verso destra: Daniele Sandri, street box camera; Roberto Lavini, laboratorio di stampa al bromolio; Mara Fella, introduzione alla camera oscura e stampa in bianco e nero.
123 Laboratori
ARNALDO AGUGIARO → p.59
Appassionato di arti visive si avvicina alla fotografia negli anni 80 del secolo scorso. Fin dagli inizi sceglie di utilizzare la tecnica del bianco e nero; fondamentale l’incontro con i fotografi e critici Roberto Salbitani e Cristina Zelich. Questo incontro lo porta a seguire vari corsi presso la Scuola di Fotografia nella Natura dove approfondisce il linguaggio fotografico e scopre le molteplici opportunità espressive racchiuse all’interno della camera oscura. Ulteriore tappa importante per il suo percorso è stata la frequentazione della Scuola Internazionale di Grafica di Venezia, in particolare il corso di Xilografia con docente Franco Vecchiet. Nel 2021, a Treviso nell’ambito della rassegna “Carta Carbone” dedicata ad Andrea Zanzotto, nella sezione Paesaggio è stato premiato per la serie fotografica Lungofiume. Nel 2022 è tra i finalisti al Premio Comisso nella sezione I Paesaggi di Comisso.
○ ANDREA ARDUINI → p.55
Nato a San Vito al Tagliamento nel 1983. Utilizza il mezzo fotografico con approccio realista e documentarista nell’intento di porre all’attenzione dello spettatore persone, luoghi, oggetti, simboli e stili di vita quotidiana tipici del secondo 900. Soggetti sui cui incombe l’oblio della contemporaneità e dei suoi repentini processi di trasformazione del presente e del nostro immaginario collettivo.
○ CAMILLA BACH → p.54
Nata a Trieste nel 1993. Dopo aver trascorso nove anni tra Londra e New York, dove ha conosciuto Nan Goldin, l’artista che più ha influenzato e ispirato il suo percorso artistico e professionale, due anni fa è tornata nella sua città natale dove ha fatto della fotografia il suo mestiere. Si è laureata in fotografia presso l’International Center of Photography, New York. Successivamente si è laureata in BA (Hons) Fine Arts & History of Art, Goldsmiths University di Londra.
○ VITTORIO BALDINI → p.38 Nato a Genova il 13/01/1961. Residente a Trieste, laureato in scienze naturali. Insegnante.
Dopo la laurea in architettura al Politecnico di Milano (1973) si dedica alla fotografia. Basilico, a cavallo di queste due arti, diverrà a il più grande “misuratore di spazio” e il più importante e celebrato fotografo di archittettura al mondo. Nel 1982 esce il suo primo lavoro importante: Milano. Ritratti di fabbriche. Nel 1984 viene selezionato dal governo Francese per la Mission Photographique de la DATAR. Nel 1991 prende parte ad un importante progetto sulla città di Beirut dopo 15 anni di guerra civile. Il progetto lo consacrerà a livello internazionale. Nel corso della sua vita produrrà monumentali reportage di Berlino, Rio de Janeiro, Shangai, Istanbul, Silicon Valley, Roma, il Trentino, Mosca. Ha pubblicato oltre sessanta libri fotografici personali, ricevuto numerosi premi internazionali e i suoi lavori sono stati esposti nei musei e nelle gallerie d’arte di tutto il mondo. Si è sempre dedicato inoltre ad attività seminariali, lezioni, conferenze, riflessioni, molte delle quali raccolte in Gabriele Basilico. Architettura, città, visioni del 2007 e Leggere le fotografie in dodici lezioni nel 2012. Muore nel 2013.
○ ALBERTO BASTIA → p.49
Nato a Genova nel 1965, laureto in Ingegneria meccanica nel ‘91. Vive a Trieste dal 2004. Ogni tanto scatta fotografie.
○ GIANNI BERENGO GARDIN → p.20
il Centro de Arte Reina Sofia di Madrid. Tra i numerosi premi ricevuti si segnalano il Leica Oskard Barnack nel 1995; il prestigioso Lucie Award alla carriera nel 2008 e nel 2014 il Premio Kapuściński per il reportage. Nel 2009 gli è stata conferita la laurea Honoris Causa dall’Università degli studi di Milano. (fonte: Fondazione FORMA, www.formafoto.it)
○ ELISA BIAGI → p.41 Artista visiva e fotografa professionista, Laureata con lode, prosegue il suo percorso partecipando alla Masterclass internazionale di fotogiornalismo di ICP-International Center of Photography, New York con Camera (Torino). Tra i suoi progetti più noti Lasciapassare-Vivereilconfinemobile e Relation.is; recentemente pubblica con Efrem Raimondi Fotografiaaduetempi, e realizza la sua personale alla Rassegna di arte contemporanea “Memoriae”, Spinea (Venezia) 2022. Art director e photo editor indipendente, lavora per agenzie e svolge attività di mentorship per fotografi.
○ MICHELE BIASUTTI → p.66 Dopo anni di esperienza nel campo accessori moda dell’azienda di famiglia, curando l’immagine stilistica e fotografica, decide nel 2005 di occuparsi prevalentemente di fotografia, collaborando con aziende nazionali e internazionali del settore. Fondamentale sarà la conoscenza di importanti fotografi internazionali a Milano, (Melanie Pullen, Lorenzo Castore e Stefano de Luigi). Dall’esperienza in Giappone è nata la personale del 2015 Tokyo Beyond, tenutasi a Udine presso l’ex cinema Odeon, nell’ambito delle iniziative legate a Vicino / Lontano e Far East Film Festival.
○ ALESSIA BONFANTI → p.40 Classe 1995, dopo la laurea in Nuove Tecnologie dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano ha frequentato un Master di Primo Livello: The other photography New Instruments and Sustainability for the Photography, organizzato dall’Accademia di Brera e dal Politecnico di Milano. Si avvicina al mondo della fotografia analogica avendo la possibilità di sperimentare varie tecniche di stampa fotografica.
○
GABRIELE BASILICO → pp.8-13 Gabriele Basilico è nato a Milano nel 1944.
Nato a Santa Margherita nel 1930. Inizia a fotografare all’inizio degli anni Cinquanta. Ha collaborato con le principali testate della stampa nazionale e internazionale, ma si è soprattutto dedicato alla realizzazione di libri, con più di 250 volumi fotografici pubblicati, tra cui un’ampia serie di volumi sull’Italia e i paesi europei per il Touring Club Italiano. Ha realizzato reportage e monografie per le maggiori industrie italiane, come l’Olivetti. Considerato uno dei maggiori fotografi italiani, ha documentato attraverso il suo sguardo chiaro ed empatico l’evolversi del nostro paese dal dopoguerra ad oggi, con una particolare attenzione al mondo sociale. Ha tenuto circa 360 mostre personali in Italia e all’estero e le sue immagini fanno parte delle collezioni di musei e fondazioni culturali internazionali, tra cui il Moma di New York; la Bibliothèque Nationale de France e la Maison Européenne de la Photographie di Parigi; il Musèe de l’Elysée di Losanna;
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DAVID BYRNE → pp.28-29 David Byrne è nato il 14 maggio 1952 a
124 Fotografia Zeropixel 2022 ○
Dumbarton, Scozia. Artista poliedrico, musicista, cantautore e produttore discografico Byrne è cresciuto a Baltimora. Vincitore in carriera del premio Oscar, del Golden Globe e del Grammy per la sua produzione musicale, nel 2002 è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame. Nel 1976 ha co-fondato il gruppo Talking Heads e ha fondato le etichette discografiche Luaka Bop (1988) e Todo Mundo (2008). Ha studiato fotografia, performance e produzione video al MICA di Baltimora. Si occupa di fotografia, disegno, installazioni, performance, scrittura e design fin dai tempi del college. Pubblica ed espone opere e volumi dagli anni 90. Vive e lavora a New York.
○ ADRIANO CADEL → pp.30-31
Tra gli Anni Venti e Cinquanta ha gestito assieme alla famiglia uno studio specializzato nella realizzazione di immagini destinate a diventare cartoline. Come fotografo si è fatto così conoscere e apprezzare più dai collezionisti di cartoline che da quelli di immagini fotografiche. Al contrario nella sua trentennale attività ha realizzato migliaia di interessantissime riprese dedicate oltre che a Trieste e ai suoi “dintorni” anche all’Istria, al Carso sloveno annesso al Regno d’Italia al termine della Grande Guerra, al Monfalconese, a Grado, al Friuli, al Tarvisiano e al Cadore. Il merito di Adriano Cadel (1891-1968) è di aver ripreso anche ciò che all’epoca né le cartoline illustrate, né le pagine dei giornali potevano mostrare. Poveri abiti indossati da troppa gente, scarpe scalcagnate, piedi nudi di ragazzi e bambini, strade polverose o fangose, insegne sbiadite. Le sue foto raccontano una storia su cui gli obiettivi dei fotografi si sono raramente soffermati negli anni Venti e Trenta. La maggioranza dei professionisti era impegnata a riprendere le adunate “oceaniche”, le sfilate della Nazione in armi, i vari delle corazzate e dei transatlantii e le folle plaudenti all’uomo del Destino. Adriano Cadel, al contrario, ha raccontato con l’obiettivo della sua fotocamera anche la gente e le località del Carso, le sue strade sconnesse, le piccole stazioni ferroviarie, le povere case dei contadini, i campi, le fornaci, il bestiame, gli stagni divenuti abbeveratoi, i fienili, le osterie.
○ ROBERTO CENCI → p.43 Nato nel 1978, da sempre appassionato di fotografia, ha esposto le sue opere in pre-
stigiosi contesti nazionali e internazionali. Nel 2020 il suo progetto fotografico Lost in a fluid time, vince il Prix de la Photographie Paris e raggiunge il secondo posto al premio European Imaging and Sound Association di Berlino come miglior progetto italiano in corso.
○ PAOLO CIOT → p.63 Pordenonese classe 1979. Ritrattista, fotografa utilizzando vecchie Polaroid 600. Con le sue immagini vuole trasportare lo spettatore dentro il suo immaginario narrativo, fatto di suggestioni oniriche, decadenti, sfocate, e che corrisponde alla sua visione allegorica della realtà.
○ FRANCESCO CITO → pp.16-17 Nato a Napoli nel 1949, inizia l’attività di fotoreporter a Londra nel 1975, collaborando con il Sunday Times Mag e L’Observer, e con The Indipendent poi. Nel 1980 si reca in Afghanistan dopo l’invasione Sovietica e percorre 1200 km a piedi in tre mesi, per raccontare i guerriglieri che combattono l’Armata Rossa. Dal 1983 all’89 è sul fronte ibanese della guerra civile, e dal 1984 ad oggi segue il conflitto Israele-Palestina. Nel 1983 realizza un reportage sulla camorra e successive storie di mafia nel sud d’Italia, che verrà pubblicato in tutto il mondo. Il Medio Oriente diventa l’area di suo maggiore interesse. Segue tutto il conflitto a seguito dell’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq di Saddam Hussein nel 1990 ma anche avvenimenti nazionali come il Palio di Siena. Vince due volte il World Press Photo, oltre a numerosi altri premi.
○ LUIGI CORBETTA → p.73 Negli anni ’70, alle dipendenze di una delle più importanti aziende di fotografia, la Brunner&C, realizza la sua formazione, con la conoscenza di innumerevoli tecniche usate fin dagli albori della fotografia. Tutte queste magiche alchimie si tradurranno in una costante ricerca delle emozioni, la molla che fa scattare l’obiettivo in un’attività nella quale l’amore per il lavoro si coniuga con quello per l’arte. Ha collaborato a vario titolo con numerosi fotografi e ha esposto in diverse mostre fotografiche; ha vinto il primo premio Kodak Le Stagioni del Ritratto. È stato per alcuni anni fotografo ufficiale a Venezia della Reale Associazione Bucintoro per le regate storiche.
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ENNIO DEMARIN
→ p.70
Maestro fotografo e voce importante della fotografia triestina, è conosciuto in tutto il mondo per aver scritto la storia della fotografia Polaroid con i suoi transfer, unico italiano presente nella prestigiosa pubblicazione Polaroid Transfer. Affianca al suo lavoro di fotografo professionista una costante ricerca artistica. La sua fotografia inizia nel mondo del fotogiornalismo ma da subito approda al ritratto, allo still-life, alla fotografia di moda, di nudo e pubblicitaria, sempre all’insegna della ricerca, dapprima totalmente analogica e oggi anche digitale. Ha vinto, per la ricerca fotografica, il prestigioso Prix de la Fondation Pathé de Royan in Francia. Una delle sue opere (1 x 1,4 m) è stata acquistata dalla polaroid Collection, per la sua collezione permanente. Recentemente ha ripreso il suo lavoro di transfer con pellicole istantanee, tenendo corsi e workshop di grande formato realizzati con il banco ottico, indirizzati a fotografi esperti. Le sue immagini divenute libri, brochures e manifesti, sono state divulgate in tutto il mondo. I suoi lavori sono stati esposti in mostre sia personali che collettive. Ha pubblicato su Zoom, Progresso Fotografico, Photò, PRO, Il Fotografo professionista, Polaroid International Magazine, Photo Magazin Germania, Juliet. Nel 2019, allo Spazio d’arte trart di Trieste, ha esposto un’antologica di tutta la sua produzione transfer polaroid dal titolo Oltre lo scatto.
○ MONICA DENEVAN → pp.100-109 Vive a San Francisco e inizia nel 2000 il lavoro fotografico SongsoftheRiver:portraits from Burma. Da allora ritorna nello stesso villaggio birmano nel Myamar a fare ritratti ai pescatori e alle loro famiglie presso il fiume Irrawaddy, che offre un’ambientazione scarna ma grafica. Viaggia con una macchina fotografica di medio formato, un obiettivo e molte pellicole. Realizza ritratti con luce naturale. Una volta rientrata sviluppa e stampa presso la sua camera oscura. Ha realizzato mostre personali presso la Galleria Nichols di Sonoma, la Duncan Miller Gallery di Santa Monica, la Tao Gallery di Hong Kong e la Serindia Gallery Annex di Bangkok. Ha partecipato alle mostre collettive presso la PhotoEye Gallery di Santa Fe, il Center for Photographic Art di Carmel, la Galerie Huit Arles di Arles. Nel 2020 ha vinto il primo premio
125 Biografie
al All About Photo Awards come una dei vicitori della Svane Family Foundation 2020. È rappresentata da Scott Nichols Gallery, da Capital Culture Gallery e da Open House Hardcover di Bangkok. È la prima volta che espone in Italia.
○ DAVIDE DIONISIO → p.56 Nato a Trieste dove vive. Si dedica alla fotografia, principalmente analogica, da molti anni, sperimentando soprattutto in camera oscura. Ha al suo attivo esposizioni personali alla Sala comunale di Muggia, alla Casa della Musica, alla Casa del popolo di Ponziana al Knulp, nonché la partecipazione ad alcune collettive: al DobiaLab, al Club Zyp, all’interno della seconda edizione del progetto Domestica con un progetto di foto e parole, alla sala espositiva Metrocubo, al teatro Miela.
la scuola superiore di scienze applicate (VIST) e ha frequentato un semestre presso la Vraa Hojskole, concentrandosi sulle tecniche di fotografia analogica.
Il suo lavoro recente si concentra principalmente sui temi della fotografia documentaria, dell’esplorazione topografica, dell’interpretazione emotiva e della sperimentazione tecnica. Il suo obiettivo principale, oltre alla fotografia, è lavorare come addetto alla stampa in camera oscura.
○ MAURIZIO GALIMBERTI → pp.24-25
L’illusione di una storia senza futuro, New York Polaroid, Viaggio in Italia sono solo alcuni tra i suoi numerosi volumi prodotti.
○
PAOLO DRIGO → p.39 Nato durante Italia - Argentina dei mondiali del 1978, ha cantato, disegnato, ora scrive e fotografa. Non ha mai venduto una foto. Usa una vecchia telemetro kiev prodotta lo stesso giorno della sua nascita.
○ MARA FELLA → p.69
Fotografa indipendente, impegnata da anni nella fotografia chimica, che predilige a quella digitale sia per l’opportunità di controllare ed interferire nell’intero processo creativo, sia per continuare a sperimentare l’emozione della dilatazione del tempo in camera oscura. Nella fotografia in bianco e nero i suoi lavori si concentrano principalmente sul rapporto tra uomo e ambiente, tuttavia, il colore rimane una caratteristica visiva essenziale, naturalmente focalizzata su una tavolozza desaturata. Dal 2017 conduce workshop di fotografia analogica per adolescenti nelle scuole e nei centri di aggregazione giovanile. A maggio 2020 consegue l’attestato presso il MOMA - Museum of Modern Art, dopo aver frequentato con successo il corso Seeing Trough Photographs.
○ PETER FETTICH → p.52
Nato nel 1979 è un fotografo, insegnante e cofondatore di Kela, una camera oscura gestita da artisti e uno studio di progettazione con sede a Lubiana. Ha esposto molto in Slovenia e nei Balcani ed è l’autore del libro fotografico RespecttheBoul. Sta terminando la laurea in fotografia presso
Nasce a Como nel 1956. Tiene regolarmente workshop e lezioni di fotografia creativa nelle più importanti manifestazioni di settore. Le sue opere fanno parte di prestigiose collezioni di fotografia in tutto il mondo ed espone nelle sedi più prestigiose della fotografia. Dal 1983 la sua ricerca fotografica è incentrata attorno alla Polaroid. Nel 1991 inizia la sua collaborazione con Polaroid Italia della quale diventa ben presto testimonial ufficiale. Viene nominato Instant Artist ed è ideatore della Polaroid Collection Italiana. Reinventa la tecnica del “mosaico fotografico” utilizzandola nel genere del ritratto. Numerosi i suoi ritratti eseguiti nel mondo del cinema, dell’arte e della cultura. La popolarità e il successo con cui vengono accolte queste rappresentazioni di volti lo portano a partecipare come ritrattista ufficiale al Festival del Cinema di Venezia e ad affermarsi a livello internazionale, ritraendo celebrities del calibro di Robert De Niro, Lady Gaga, Chuck Close, Johnny Deep. L’utilizzo della tecnica “mosaico polaroid” ben presto verrà estesa da Galimberti anche a paesaggi, architetture e città per tradurne con vivido dinamismo l’anima, la musicalità, la vita. Nell’ottobre 2009 in occasione della riapertura di Polaroid è invitato in veste di testimonial ufficiale alla fiera della fotografia di Hong Kong, di Las Vegas e al Tribeca Film Festival. Nel 2010, IMPOSSIBLE realizza un’edizione speciale delle sue pellicole istantanee in bianco e nero dal titolo ImpossibleMaurizioGalimbertispecialedition. Scelto dalla Giart per essere incluso con un film monografico appartenente alla collana “I maestri della fotografia” distribuita da Contrasto, è conosciuto nel mondo come Maestro della Fotografia Italiana. È testimonial di Fuji. Il mosaico del mondo, La mia vita messa a fuoco, Milano by Maurizio Galimberti,
○ ASYA GEFTER → p.80 Artista e ricercatrice, lavora sugli approcci al racconto, alla memoria e alla storia. I suoi progetti esaminano le intersezioni tra il personale e il politico attraverso spazi socio-storici e geografici. Dal 2020 Asya vive a Trieste, un luogo che ha scelto per la sua complessità e posizione, tra Mosca della sua infanzia e Londra dell’età adulta. La scoperta della stampa in camera oscura al Chats Palace di Londra a metà degli anni 2000 l’ha condotta nell’attico dell’edificio, dove ha trovato un archivio fotografico che ha dato forma al suo lavoro sul passato radicale ma celato della resistenza culturale e politica di Londra. La sua attuale ricerca, StoriesofNotAsking and Not Telling, contempla le storie familiari perdute e sfuggenti, le complicazioni delle eredità interrotte, la reciprocità tra la repressione politica e l’amnesia familiare e le esperienze che si riflettono nella storia più ampia. Il 24.02.2022 Asya ha dato vita a “Trieste Emergenza Ucraina”, una rete di supporto per gli ucraini in fuga dalla guerra
○ MARIO
GIACOMELLI
→ p.14
Mario Giacomelli nasce nel 1925 a Senigallia. A nove anni diviene orfano di padre e per aiutare la famiglia a 13 anni inizia a lavorare in una tipografia come garzone. Nel 1950 apre la Tipografia Marchigiana e inzia a fotografare nel ’53. Entra nell’ambiente dei grandi circoli fotografici dell’epoca, come la Bussola e la Gondola. Nel ’54 è parte del gruppo fotografico Misa. Con i suoi scatti anticipa la Land Art americana. La sua è una fotografia di uomini e terra: intimista, esistenziale, nuova. Vince innumerevoli premi e riconoscimenti. Il MOMA di New York nel ’64 acquisisce l’intera serie Scanno e alcune immagini della serie Pretini. Dagli anni ’60 a metà ’90 produce, sperimentando, numerose serie a colori. Si dedica inoltre alla fotografia di paesaggio aerea e per 20 anni anche alla pittura informale.
Nel ’78 partecipa alla Biennale di Venezia. La poesia dei suoi lavori e la sua partecipazione a innumerevoli concorsi portano la sua notorietà a livello internazionale, la sua produzione è monumentale, nel mondo le sue opere sono richieste dai più presti-
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giosi musei d’arte. La sua ricerca, dopo la morte della madre, è divenuta sempre più esistenzialista, in una ricerca di intima unione tra la vita e l’opera. Durante tutta la sua vita, Giacomelli non ha mai smesso di fotografare il paesaggio della sua amata terra. Muore il 25 novembre 2000 a Senigallia.
○ FABIO GIACUZZO → p.64 Nato a Monfalcone nel 1961. Fondamentale per il suo percorso sono stati l’incontro e la frequentazione dei corsi di Roberto Salbitani presso la Scuola di fotografia nella natura. Frequenta altri workshop con Francesco Radino, Joan Fontcuberta, George Tatge, ed il corso di Fine art print con Andrea Calabresi. È stato assistente di Frank Dituri e di Joan Powers a Spilimbergo fotografia nel 1996; collaboratore presso il Benham Studio Gallery di Seattle. Tra i lavori più significativi Viaggio tra i silenzi ed Il mio Carso: la liricità di fondo che contraddistingue tutte le sue opera si intreccia con una interessante ricerca sull’antropizzazione. Ha all’attivo mostre personali e collettive, sia in Italia che all’estero. Alcune sue opere sono state acquisite sia in collezioni private che pubbliche.
○ BORIS GROZDANIČ GORJAN → p.85
Nato nel 1974, vive in Slovenia. Si è avvicinato all’arte fin da piccolo, dimostrando propensione all’espressione artistica soprattutto attraverso la musica e la letteratura che sono ancora oggi fonti di ispirazione inesauribili. Ha scoperto la fotografia piuttosto tardi, dopo aver studiato graphic design e aver lavorato come designer per molti anni. Ha studiato allo IED di Milano. La sua espressione artistica è una necessità per compensare il lavoro professionale, per nutrire l’anima. Interpreta gli oggetti come forme su tela in modo molto grafico. L’amore per l’arte astratta sta diventando sempre più importante nei suoi lavori personali, poiché “credo che l’essenza di un oggetto, e non l’oggetto stesso, sia ciò che conta davvero”.
○ GUIDO GUIDI → pp.26-27
Allievo di Italo Zannier, comincia a sperimentare alla fine degli anni Sessanta l’obiettività della fotografia attraverso immagini di “stile documentario” e concentra il suo lavoro sull’indagine del significato stesso della pratica del guardare.
Influenzato dal cinema Neorealista negli anni Settanta inizia a esplorare i paesaggi dell’Italia modificati dall’uomo e indirizza la sua attenzione sugli spazi marginali e anti-spettacolari della provincia italiana. In seguito, la sua ricerca si allarga all’architettura modernista, di cui documenta la vita e la morte attraverso progetti sulle opere di Carlo Scarpa, Ludwig Mies van der Rohe e Le Corbusier. Dalla fine degli anni Ottanta si dedica anche all’insegnamento presso l’Accademia di Belle Arti di Ravenna, l’ISIA di Urbino e lo IUAV di Venezia (dove in precedenza aveva studiato architettura). I lavori di Guido Guidi sono stati esposti in prestigiosi musei di fotografia e arte contemporanea di tutto il mondo – tra cui il Fotomuseum Winterthur, il Guggenheim e il Whitney Museum di New York, il Centre Pompidou di Parigi, La Biennale di Venezia, il MAXXI e Palazzo Barberinidi Roma, la Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi, il museo Huis Marseille di Amsterdam, l’ICCD di Roma, la Fondation A Stichting di Bruxelles – e sono stati oggetto di numerose pubblicazioni collettive e personali. Inoltre, numerose sue opere fanno parte di collezioni di istituzioni italiane e internazionali, quali, la Bibliothèque Nationale e il Centre Georges Pompidou a Parigi, il Centro Studi e l’ Archivio della Comunicazionedell’Università di Parma, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino, l’ICCD di Roma, la Fondation A Stichting di Bruxelles, la Galleria Nazionale di Arti Estetiche a Pechino, il Canadian Centre for Architecture di Montreal e il San Francisco Museum of Modern Art. (fonte: unosunove.com)
○ JAROSLAW JAREMA → p.60 Nato nel 1974. Fotografo. Vive e lavora in Polonia. Si concentra sulle relazioni tra la realtà e un mondo inventato, tra il reale e la fantasia. Cerca di mostrare l’equilibrio tra questi due aspetti. Crede nell’universalità dei simboli, che tratta come base del suo messaggio. Il suo lavoro riflette il suo profondo interesse per l’arte classica: soprattutto per la pittura, la scultura e la poesia, che combina con elementi provenienti dal mondo circostante. Nel suo lavoro cerca relazioni tra l’uomo e lo spazio.
○ ROBERTO LAVINI → p.50 Fotografo professionista dal 1986.
Laureato nel 1985 al DAMS di Bologna, concentrando gli studi in Fotografia e Arti Visive.Autore del sito web cameracreativa. it, ama sperimentare diversi processi fotografici storici che implicano idee e materiali contemporanei con particolare riguardo ai processi al pigmento.
○ FEDERICA LAZZARI → p.47 Ternana, classe 1985. Autodidatta, analogica e sognatrice: scatta quasi sempre in bianco e nero, con una Canon. Ama le foto street e catturare il mondo così com’è e come appare nel proprio contesto e nelle proprie contraddizioni. Ha esposto a Londra, Roma e Torino.
○ IGOR LONDERO → p.57 Nasce a San Daniele del Friuli nel 1991. Con una formazione ibrida: Scienze e tecnologie multimediali all’Università di Udine e Fotografia all’Accademia di belle arti di Bologna, vive e lavora in Friuli dove ora si occupa di insegamento e dell’archivio digitale del CRAF (Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia) di Spilimbergo. La sua ricerca, attraverso l’analisi di luoghi fisici, digitali o psicologici, indaga il legame tra l’uomo contemporaneo e il suo ambiente, utilizzando un linguaggio visivo frammentario, a volte sgrammaticato, unito ad uno stile documentario. Ha all’attivo alcune collettive, come Sendmeanimage–From the Postcard to Social Media al C/O Berlin, Territori di formazione al Ragusa Foto Festival, 999. Una collezione di domande sull’abitarecontemporaneo alla Triennale di Milano. Tra le pubblicazioni si segnalano DerGreif, curata da Broomberg & Chanarin e Urbanautica institute awards, categoria Anthropology and Territories.
○ GUIDO MACORINI → p.88 Triestino, vive tra le montagne del nord-est d’Italia; negli ultimi due anni si è concentrato sul paesaggio montano della Carnia, trovando il modo di unire la fotografia e la passione per l’alpinismo e l’arrampicata. Scatta a pellicola da oltre 10 anni, utilizzando quasi esclusivamente il medio formato.
○ MONICA MAZZOLINI → p.116
Laureata in Biologia presso l’Università di Genova, nel 2003 ha conseguito il Dottorato di ricerca in Neurobiologia presso la SISSA di Trieste. Dopo aver lavorato nel campo della ricerca studiando la visione,
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da sempre interessata alle arti visive, nel 2016 decide di dedicarsi esclusivamente alla Storia dell’Arte e della Fotografia. Tiene cicli di lezioni, conferenze e workshop sul territorio nazionale, sia in presenza che online. Collabora con Università, gallerie d’arte, associazioni culturali e circoli fotografici. Lettore portfolio sia in italiano che in inglese, è curatrice di mostre a livello nazionale ed internazionale. Scrive testi critici per mostre, libri, riviste. Si occupa di divulgazione e gestisce un profilo Facebook ed un canale YouTube. Co-fondatrice dell’Associazione culturale START. Autrice dei libri Matitecolorate.Appuntid’arte, con Linea edizioni, del 2016 e Unoscienziatoalmuseo, sempre per Linea edizioni, del 2021.
○ CHARLIE MEECHAM → p.89
A partire dagli anni ‘70 nell’Oxfordshire Charlie ha scelto di lavorare a colori con una macchina fotografica a lastre da 5 x 4 pollici, fotografando il paesaggio mutevole delle Wychwoods. In seguito si è trasferito a Hebden Bridge, nel West Yorkshire, dove risiede tuttora, e ha fotografato le lande e i bacini idrici dei Pennini meridionali insieme ad altri progetti. In quegli anni era più conosciuto per la fotografia utilizzata dalla band Joy Division per la copertina del loro album “Atmosphere”, che ha riscosso un enorme successo. Oggi è considerato uno degli artisti fotografici più talentuosi e perspicaci della sua generazione. Nel suo studio Foldworks lavora con Kate Mellor a un’ampia gamma di progetti fotografici individuali e di gruppo, specializzandosi nella collaborazione con fotografi e artisti (come Andy Goldsworthy). Ha esposto a livello internazionale e le sue opere sono presenti nelle collezioni del Victoria and Albert Museum, dell’Arts Council England, del British Council, della Countryside Commission, del North West Arts.
○ UGO MULAS → p.21
Nasce il 28 agosto 1928 a Pozzolengo nel Bresciano. Il suo primo reportages viene pubblicato su Le Ore, alla Biennale di Venezia del 1954: seguirà la manifestazione veneziana fino al 1972. Collabora con le testate Settimo Giorno e Illustrazione Italiana, la rivista Novità, la Rivista Pirelli e Domus per la quale realizza dei meravigliosi servizi di architettura. Pubblica le fotocronache L’operadatresoldi (1961) e
Schweycknellasecondaguerramondiale (1962) e Sculture nella città (1962). Fotografa i paesaggi liguri che verranno utilizzati per le poesie di Montale della raccolta Ossi di seppia.
In America documenta importanti pittori al lavoro tra i quali Frank Stella, Lichtenstein, Johns, Rauschemberg e ritrae Marcel Duchamp, Andy Warhol, John Cage. Nel 1967 pubblica il volume New York: arte e persone. Nel 1969 è autore e reporter dell’evento Campo Urbano, tenutosi a Como e realizza due importanti scenografie per Virginio Puecher. Il 1970 segna drasticamente l’attività di Mulas, il quale si ritroverà costretto a ridurre la sua attività di fotografo poiché gravemente ammalato. Tuttavia realizza il catalogo della mostra Amore mio organizzata da Achille Bonito Oliva e il reportage della mostra Vitalità del Negativo. Nel 1971 riproduce le sculture di Fusto Melotti e inizia la serie Le Verifiche, una riflessione sul lavoro svolto in vent’anni di attività, visto attraverso una rilettura della storia della fotografia. Si spegne a Milano il 2 Marzo 1973.
○ MASSIMILIANO MUNER → pp.110-113
Nel 2011 viene premiato per la particolare tecnica creativa del taglio delle immagini Polaroid e vince a Milano il primo Festival della Fotografia Istantanea ISO600. Nel 2012 Fonda l’Associazione Fotografica Officina Istantanea, per promuovere la fotografia analogica e istantanea e omaggiare la figura di Edwin Land; ne è presidente e coordinatore per i primi quattro anni. Dallo stesso anno è tra gli artisti della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia e della galleria Barbara Frigerio Contemporary Art di Milano. Dal 2014 è ideatore e coordinatore del progetto Fotografia Zeropixel. Collabora con Maurizio Galimberti a un suo workshop a Venezia Casa Tre Oci e nello stesso anno è ospite di Impossible Project al Photoshow di Milano. Nel 2015 organizza uno spazio espositivo a Trieste e fonda Silver Age, centro di ricerca per la fotografia e le arti visive. Nel 2018 alcuni suoi lavori vengono selezionati da Italo Zannier e Emanuela Sesti per una mostra all’Alinari Image Museum sui fotografi triestini. Suoi lavori sono stati esposti in oltre 50 mostre a Trieste, Milano, Roma, Vienna, Berlino e New York, e fanno parte di collezioni pubbliche e private. Dal 2018 il suo lavoro è parte della prestigiosa Polaroid Collection
di WestLicht, Vienna e dell’archivio Fratelli Alinari Fondazione per la Storia della Fotografia di Firenze. Più recentemente viene invitato come formatore esterno nel progetto del MIUR, Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, per insegnare alle classi secondarie di secondo grado la storia della Polaroid e tecniche di manipolazione con la fotografia istantanea.
○
TOMOKO NAGAKAWA → pp.92-99 Nata nel 1973 è una fotografa con sede nel Buckinghamshire, Regno Unito. È nata e cresciuta in Giappone e ha conseguito una laurea in Fotografia e Cinema presso il Nihon University College of Art. Si è trasferita nel Regno Unito nel 1996 e da allora vi risiede. Tomoko utilizza una tecnica di stampa analogica su carte selezionate per creare oggetti visivamente minimalisti e allo stesso tempo fantasiosi che fungono da suggestivo trampolino di lancio per un’interpretazione aperta. Il suo obiettivo è realizzare oggetti che in qualche modo tocchino i nostri sensi fisici. Il suo lavoro esplora il risveglio del nostro inconscio dal silenzio, per ispirarci a sentirci connessi con l’invisibile che ci circonda. Questo spazio liminale legato al nostro silenzio primordiale è il tema più importante che continua a esplorare.
○ TANIA PALAZZI → p.65 Diplomata in un istituto di arte orafa, si è avvicinata alla fotografia da autodidatta per ritrarre le sue creazioni. Attualmente la sua espressione artistica è totalmente immersa nel mondo analogico, nel quale trova sfogo anche la mia propensione alla manualità. Recentemente ha esposto alcuni scatti della serie Diorami al Museo Nazionale della Fotografia di Brescia.
○ DANIELE PELUSO → p.71 “La fotografia è stata per anni la naturale continuazione spazio temporale del mio corpo. Uso il linguaggio fotografico in modo eterogeneo e non ortodosso in base agli stimoli che ricevo. La mia fotografia, soprattutto quella istantanea, è ricerca, introspezione e dedizione.”
○ FRANCESCO PENCO → pp.32-35 È stato uno dei più importanti fotografi triestini della prima metà del Novecento e ha documentato con l’obiettivo i tragici scontri del 1902 tra i militari austriaci e i mani-
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festanti che appoggiavano lo sciopero dei fuochisti de Lloyd; ha fotografato i funerali dell’arciduca Francesco Ferdinando e di sua moglie Sofia assassinati a Sarajevo, la costruzione negli Anni Trenta dei grandi transatlantici, gli scontri del maggio 1945 per le vie di Trieste tra patrioti, esercito Jugoslavo e occupatori nazisti. Che Francesco Penco, nato nel 1871 e scomparso nel 1950, avesse usato professionalmente anche l’apparecchio cinematografico era noto da tempo ma pochi storici dell’immagine ritenevano che un tesoro di una sessantina di documentari, o meglio di “cinegiornali”, fosse in attesa di essere consegnato alla memoria collettiva e alla visione pubblica. I filmati raccontano fatti e avvenimenti che coinvolgono tra l’inizio degli Anni Venti e il 1945 un’area che ha per epicentro Trieste ma che si estende a Monfalcone, al Carso, all’Istria e Fiume. Le pellicole raccontano episodi di vita politica, inaugurazioni tra cui quella del Faro della Vittoria e della raffineria Aquila, sfilate militari, cerimonie patriottiche e religiose, costruzioni di chiese, partenze e arrivi di navi. Mostrano le strade, gli edifici e gli abitanti della Città vecchia negli anni che hanno preceduto l’intervento del “piccole risanatore” del regime fascista che rase al suolo centinaia di abitazioni costringendo migliaia di persone a trasferirsi forzatamente all’estrema periferia di Trieste.
○ MARCO PESARESI → pp.18-19
Marco Pesaresi (1964-2001) dopo gli studi superiori segue i corsi dell’Istituto Europeo di Design a Milano. Nel 1990 entra a far parte dell’agenzia Contrasto. Il suo interesse si concentra sui più complessi problemi sociali della nostra società: l’immigrazione, la droga, l’emarginazione, la prostituzione. Documenta momenti intimi e situazioni estreme. L’approfondimento di tali tematiche lo portano a lavorare su grandi reportage, così nasce Underground, una ricognizione sulla vita delle metropolitane. L’ultimo progetto è un reportage in bianco e nero su Rimini, uno struggente e malinconico ritratto della sua città natale. Nel 2021 l’archivio di Pesaresi è stato donato dagli eredi al Comune di Savignano sul Rubicone con lo scopo di conservarlo, catalogarlo e valorizzarlo.
○ IVAN PIANO → p.67 Nato a Napoli nel 1975 dove vive e lavora,
è rappresentato dalla galleria Sabrina Raffaghello con sede a Amsterdam e Milano, dal 2008 insegna Fotografia Off Camera all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Le principali mostre personali sono Premio Napoli 2016 alla Fondazione Premio Napoli nel 2016; Decay&Sublime alla galleria Sabrina Raffaghello nel 2014; Metamorphosis Factory alla galleria Sabrina Raffaghello nel 2006; Ivan Piano alla galleria Pagea nel 2001 e A History of (Work in progress) alla galleria AOC Flaminia 58 nel 1998. Tra le principali mostre collettive ricordiamo la partecipazione come unico fotografo italiano invitato al Photo Patagonia I Festival Internacional de Fotografía Analógica y Procesos Alternativos di Río Gallegos nel 2016; le Biennali di Venezia nel 2013 e nel 2011; le Biennali di Video Fotografia di Alessandria nel 2011 e nel 2008 e la Quadriennale di Roma nel 2003. Espone in Italia e all’estero regolarmente dal 1996 in musei, gallerie e fiere.
○ PIERO PIERI → p.77 Architetto di formazione, fotografa dagli anni ’70. Alla professione di autore e regista di programmi televisivi e radiofonici affianca una prolungata attività di musicista con progetti discografici. Ha realizzato opere video per la danza e la musica. Fotografa anche in digitale, ma la fotografia chimica rappresenta per lui una forma di meditazione sulla luce e di economia della forma.
○ BRANIMIR RITONJA → p.53 Uno dei fotografi contemporanei più prolifici di Maribor. È meglio conosciuto per la sue opere di ritratti. Oltre alla fotografia, è attivo anche nel campo della produzione video e cinematografica. È autore di numerosi libri di fotografia, foto utilizzate in pubblicazioni monografiche e cataloghi di molti altri artisti. È un fotografo pluripremiato e ha ricevuto numerosi premi e diplomi, tra cui Glazer award (2012), Gold Plaque of Association of Cultural Societies of Slovenia (2016), una medaglia al Salon Des Beaux Arts, Carrousel du Louvre Pariz (2017) ) e la targa d’argento del Fondo pubblico della Repubblica di Slovenia per le attività culturali (2020).
○ ANTONIO ROS → p.84 Affascinato da Ernst Haas inizia a fotografare nel 1976 le forme della natura e i segni
lasciati dall’uomo con una Zenit. Nel 1986 si laurea in Architettura a Venezia, come allievo di Italo Zannier, con la specializzazione in Restauro dei Monumenti; continua a collaborare con l’ambiente universitario fino al 1995. Dal 2005 ho iniziato a lavorare come fotogiornalista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti. Attualmente, oltre a continuare l’insegnamento della Storia dell’Arte, collaboro come fotogiornalista con agenzie di stampa e con alcuni quotidiani nazionali.
○
ANDREA ROSSELLI → p.85 Dopo aver frequentato per due anni il liceo scientifico interrompe gli studi per un impiego come operaio nella Grande Distribuzione Organizzata. La passione per la fotografia nasce, in modo del tutto casuale, alla fine del 2018 quando, affascinato dagli scatti analogici di un’amica, decide di acquistare una vecchia Nikon 35mm.
○ DANIELE SANDRI → p.120 Nato a Milano nel 1964. Il suo percorso è quello dell’artista visuale che scopre le nuove sorprendenti opportunità che possono germogliare dalle radici più antiche. La sua più recente produzione valorizza le applicazioni della fotografia stenopeica e la street box photography. Progetta, modifica e realizza camere pinhole di vari formati, anche per i processi in colore istantaneo. Opera in piazza ed in città, tra i passanti incuriositi, usando vari tipi di camera minutera eseguendo ritratti fotografici analogici pronti in pochi minuti. Per spostarsi con tutta la strumentazione necessaria ha sistemato un vecchio camper al quale ha dato il nome del suo scomparso amato gattino: Piciuluti.
○ FRANCESCO SBAIZ → p.114 Nasce a Udine nel 1979. Nel 1999 frequenta il corso di Fashion Design presso l’Istituto Marangoni di Milano dove conosce il disegnatore Massimo Navarra, con il quale instaura una profonda amicizia e una stretta collaborazione. Si diploma come Couturier a Roma presso L’Accademia d’Alta Moda e d’Arte del Costume Koefia. Inizia subito un percorso di ricerca e sviluppo per una personale tecnica di confezione di abiti Haute Couture e oggetti scultura da indossare. Nel 2005 presenta la sua prima collezione di oggetti pezzo unico , destinati al corpo e all’arredo Unknown Objects, presso il negozio di Parigi Leclaireur, gra-
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zie al quale inizia ad essere rappresentato nelle più rinomate boutiques internazionali. L’anno seguente presenta la sua collezione Primitivism presso lo showroom di Issey Miyake a Milano. Nel 2009 presenta a Triestefotografia un progetto dal titolo Struttura Naturale e Natura Strutturale, dettagli di manufatti per il corpo, illuminati da lampade chirurgiche ed una selezione di elementi d’arredo più rappresentativi della sua produzione. Collabora con i Designer Antonio Marras, Yohji Yamamoto e Rick Owens per progetti commerciali e artistici destinati al Fashion Show. Il suo lavoro viene pubblicato dalle maggiori case editrici internazionali del settore. Dal 2002 si dedica alla pittura e alla scultura mettendo in atto uno studio approfondito sulle dinamiche generatrici della natura e della materia, dell’ azione che le anima e delle forze che ne possono scaturire. Una scultura inconscia, l’artista è un mezzo attraverso il quale l’Arte si fa materia. Con l’utilizzo degli strumenti tecnologici ne amplifica l’essenza stessa, smaterializzaandosi partecipa alla rigenerazione del processo dove tutto si trasforma e può essere continuamente sublimato. Un perpetuo inno alla rinascita.
○ SERGIO SCABAR → pp.36-37 Nato a Ronchi dei Legionari nel 1946. Comincia a interessarsi alla fotografia nel 1964. Dal 1966 al 1974 partecipa saltuariamente a concorsi nazionali e internazionali, utilizzando la fotografia soprattutto con finalità di racconto e reportage. Successivamente, negli anni ’80, il suo lavoro prende una svolta sostanziale: la figura umana esce dai suoi lavori e il suo interesse si concentra sulla natura, sublimando l’aspetto materiale e concettuale. Con il lavoro Il Teatro delle cose nel 1996, inizia una stampa alchemica ai sali d’argento, unico esemplare. Il metodo di lavoro artigianale emerge maggiormente rispetto alle opere precedenti: c’è il contatto con i materiali, il riappropriarsi dei metodi, della meticolosità e dei tempi, la particolare taratura sui toni bassi grazie all’uso dei rapporti chimici e sensoriali, uniti nella ricerca dell’essenza della creatività. Nel 2003 riceve il premio Friuli Venezia Giulia Fotografia, nel 2008 pubblica per Marte Edizioni il volume Silenzio di Luce e nel 2010 il volume Cidinors, edito da Associazione Culturale Colonos. Nel 2019 presen-
ta a Palazzo Attems Petzenstein di Gorizia Oscura camera, grande mostra antologica organizzata dall’Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia e curata da Guido Cecere e Alessandro Quinzi. Nella settima edizione di Fotografia Zeropixel – Musica nel 2020, è stata realizzata in suo omaggio la mostra La visibilità muta dell’oggetto, curata da Giacomo Frullani e Federica Luser, nello Spazio d’arte trart di Trieste.
Franz Liszt di Weimar, dove ha iniziato a realizzare i suoi primi scatti, collaborando con i giornali locali. Al rientro da Weimar è entrato nel Club fotografico a Novi Sad e in seguito si è associato al Fotoclub di Lubiana. Ha trasferito le sue esperienze fotografiche alle esibizioni di balletto. Cura personalmente tutte le fasi di stampa analogica in bianco e nero, dallo sviluppo delle pellicole fino alla finitura delle opere; ha esposto in mostre personali e collettive in Slovenia e all’estero.
MICHELA SCAGNETTI → p.72 Si innamora della fotografia nel 2008, quando la Polaroid Corporation decide di chiudere la produzione di pellicole. Cofonda nel 2012 Officina Istantanea, un’associazione fotografica di cui è attualmente presidente, che ha lo scopo di preservare, diffondere e sperimentare la pratica e la cultura della fotografia polaroid. Dallo stesso anno è tra gli artisti della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia. Organizza, fin dalla sua prima edizione, Polaround, la maratona fotografica a premi totalmente dedicata alla fotografia instant, che si tiene a Trieste dal 2012, omaggio all’invenzione più iconica di E.H.Land. È stata una degli amanti della fotografia istantanea che hanno promosso e sostenuto la ripresa della produzione delle pellicole polaroid attuata da The impossible project, ora Polaroid Originals. Dal 2014 è cofondatrice di Fotografia Zeropixel, il festival della fotografia analogica, che ha il fine di preservare e reinventare le tecniche della fotografia tradizionale ed antica, rendendole fruibili al grande pubblico attraverso incontri con grandi maestri della fotografia, mostre personali e collettive, laboratori, workshop, incontri con l’artista, conferenze, presentazioni di libri, collaborazioni tra artisti. Ha esposto in Italia e all’estero. Tiene workshop di fotografia polaroid e di manipolazione e tecniche creative con pellicole istantanee e conferenze d’approfondimento sulla fotografia, in special modo istantanea. Il suo cuore ha il suono di una polaroid appena scattata.
○
○ ERNÖ SEBASTIAN → p.58 Nato nel 1946 a Novi Sad da una famiglia ungherese, è professore di fisarmonica classica. Dopo essersi diplomato alla Scuola di musica nella sua città natale, ha studiato per due anni all’Accademia di Musica di Belgrado, poi alla Scuola superiore
○ ANJA SENIČAR → p.76 Classe 1992, Maribor, Slovenia. Si è laureata nel 2017 presso l’Accademia di Belle Arti e Design di Lubiana dove sta attualmente terminando il master in fotografia. Ha terminato il corso The World of Art, School for Curatorial Practices and Critical Writing - SCCA Ljubljana. Dal 2020 fa parte del collettivo fotografico Kela. La ricerca artistica di Anja è attualmente incentrata sulla materialità del mezzo fotografico e sugli aspetti della (ri)presentazione della fotografia come oggetto. Ha esposto in numerose gallerie in patria (Mala Ga- lerija Banke Slovenija, Galerija Jakopič in Galerija ZDSLU, Ljubljana; UGM Kabinet e Ulična Galerija, GT22, Maribor; Tovarna umetnosti, Majšperk) e all’estero (galleria Kotolna, Fotofest Košice, Slovacchia, Cellar gallery, Cracovia, Polonia). Come curatrice ha collaborato a diverse mostre negli ultimi due anni, tra cui quelle ospitate dalla Galleria Škuc, Galerija DLUL, Lubiana; Galerija Tir, Nova Gorica; Studio 12:22, GT22, Maribor; Layerjeva hiša, Kranj; MIKK, Murska Sobota e Stekleni atrij Mestne hiše Ljubljana.
○
LUISA SODOMACO → p.74 Nascere a Capodanno ti segna la vita.
○
MASSIMO STEFANUTTI → p.44 Venezia, classe 1957 fotografa dai primi anni ’70 con una vecchia Rolleicord e nel 1977 diventa socio del Circolo Fotografico La Gondola, del quale è l’attuale Presidente. Nel 2001 scopre la fotografia stenopeica e ne diventa, in pochi anni, uno dei maggiori esponenti in campo nazionale e internazionale. È stato membro dell’Osservatorio Nazionale per la Fotografia Stenopeica presso il Museo dell’Arte e dell’Informazione (MUSINF) di Senigallia dal 2008 al 2012 e curatore d’importanti
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rassegne di fotografia stenopeica italiana. Socio residente dell’Ateneo Veneto, già membro del Comitato Scientifico dei Rèflexion Masterclass tenuti dalla fotografia Giorgia Fiorio, ora è consigliere di amministrazione della Fondazione Nino Migliori, VicePresidente della Fondazione Romano Cagnoni, Visiting Professor alla Fondazione Fotografia in Modena, consulente dell’Università di Cà Foscari a Venezia, del CRAF di Spilimbergo, della Fondazione Museo delle Storie di Bergamo, oltre ad altri numerosi altri Enti pubblici e privati. È docente formatore per il diritto d’autore (in particolare per il diritto della fotografia) per la Sharecom e la Wolter Kluwer – nell’ambito del programma Altalex - oltre che in corsi specifici per fotografi e legali. Si occupa da molti anni di diritto della fotografia e della proprietà intellettuale, patrocinando in numerose controversie del settore e prestando opera di consulenza ed assistenza per fotografi.
○ BEATRICE TAGLIAPIETRA → p.62 Nata nel 1999 e attualmente mosaicista di professione, comincia ad avvicinarsi alla fotografia nel 2020, appassionandosi in particolare alla fotografia a pellicola e alla Polaroid. Da quell’anno sperimenta prevalentemente nell’ambito del ritratto e della fotografia di nudo, dai colori alle diverse pellicole in bianco e nero, giocando con doppie esposizioni e composizioni di vario tipo, partendo dal formato 35mm e arrivando fino all’utilizzo del banco ottico con le pellicole 4x5. Dopo due anni di fotografia, nel 2022 viene selezionata tra i fotografi inseriti del volume Mythographyvol. 2 tramite il concorso di Exhibit Around, volume che verrà presentato nell’edizione dello stesso anno di Trieste Photo Days a Novembre. Partecipa inoltre alla mostra collettiva di fotografia istantanea Instant Art Exhibition ad Arles (Francia).
○ ENZO TEDESCHI → p.48
Enzo Tedeschi è nato a Udine nel 1952, oggi vive e lavora a Cormòns. Autodidatta, ha iniziato a fotografare alla fine degli anni Settanta e si è dotato di una camera oscura per poter sviluppare e stampare direttamente le sue fotografie. Dal 2006 ricerca il suo linguaggio espressivo, progettando e costruendo sul tavolo di casa le scenografie di piccoli plastici che richiedono lunghe lavorazioni di preparazione e
assemblaggio. Dal punto di vista linguistico si discosta dai canoni tradizionali della fotografia, perchè più vicino al pensiero metafisico-surrealista d’ambito pittorico degli anni Venti e Trenta del Novecento. Enzo Tedeschi si è sempre spinto oltre il realismo fotografico, tipico della fotografia documentale storica e di reportage, scegliendo il linguaggio del”realismo onirico”. Racconta, attraverso le sue opere, storie di mondi fantastici, sognanti visioni e atmosfere senza tempo. Sue opere sono oggi conservate in alcune istituzioni italiane e molti suoi lavori sono stati recensiti da riviste fotografiche italiane e internazionali.
○ LUIGI TOLOTTI → p.42 Nasce a Trieste nel 1966, da sempre affascinato dall’arte visiva, inizia il suo percorso artistico a partire dalla fine degli anni ‘80, con particolare attenzione al disegno ed alla fotografia. Dopo aver terminato gli studi superiori, comincia a dedicarsi allo sviluppo e perfezionamento delle tecniche espressive. Nel 1990 frequenta la Scuola libera dell’acquaforte Carlo Sbisà. Integra i suoi studi presso la Scuola Internazionale di grafica di Venezia. La carriera ventennale gli ha consentito di sviluppare una vasta esperienza nel campo delle tecniche di fotografia e grafica: incisione, tecniche tradizionali come acquaforte, acquatinta e ceramolle e tecniche sperimentali come stampa con matrici alternative in legno, cartone, e plastica. Si occupa inoltre di fotoincisione, metodi di stampa fotografica tradizionali e sviluppo e stampa di negativi.
○ GIANCARLO TORRESANI → p.118 Nasce a Trieste nel 1966, da sempre affascinato dall’arte visiva, inizia il suo percorso artistico a partire dalla fine degli anni ‘80, con particolare attenzione al disegno ed alla fotografia. Dopo aver terminato gli studi superiori, comincia a dedicarsi allo sviluppo e perfezionamento delle tecniche espressive. Nel 1990 frequenta la “Scuola libera dell’acquaforte Carlo Sbisà”. Integra i suoi studi presso la “Scuola Internazionale di grafica di Venezia”. La carriera ventennale gli ha consentito di sviluppare una vasta esperienza nel campo delle tecniche di fotografia e grafica: incisione, tecniche tradizionali come acquaforte, acquatinta e ceramolle e tecniche sperimentali come stampa con matrici alternative in legno,
cartone, e plastica. Si occupa inoltre di fotoincisione, metodi di stampa fotografica tradizionali e sviluppo e stampa di negativi
○ PAOLO TONIATI → p.86
Inizia a scattare fotografie a 11 anni; da allora sperimenta vari formati e tipologie di fotocamere, dalla pellicola bianco e nero, alla pellicola colore, sperimentando anche nel digitale. Dal formato M4/3 alla medio formato 6x8, passando anche per Leica storiche, non si limita al solo scattare, ma si dedica attivamente anche nello sviluppo e stampa in camera oscura bianco e nero e colore. Partecipa a diverse edizioni di Fotografia Zeropixel, viene pubblicato su alcuni volumi europei per corsi HDR, tiene corsi di camera oscura ricevendo contatti da varie zone d’Italia.
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GIOVANNI UMICINI → pp.22-23
Giovanni Umicini nasce a Firenze nel 1931 e inizia a fotografare nel 1946. Nel 1950 si trasferisce a Viareggio dove, nel laboratorio del fotografo Bartolini, inizia a trattare le pellicole invertibili Ansco. Assieme a Paul Karg è tra i primi a stampare le diapositive direttamente su Anscochrome Printon. Nel 1957 il mensile americano “Modern Photography” pubblica una serie di sue fotografie, nel 1958 inizia a collaborare con i laboratori di ricerca della Eastman Kodak di Rochester e Harrow e nel 1959 assume la dirigenza tecnica del laboratorio Kodacolor di Padova. Agli inizi degli anni Sessanta inizia la libera professione come fotografo pubblicitario e industriale. Nel 2004 partecipa al Mese Europeo della Fotografia alla Visage Galerie di Berlino. A partire dagli anni ’80-‘90 amplia il campo della sua attività professionale estendendola alla fotomicrografia e alle tecniche di fotografia scientifica e medicale e comincia a tenere corsi di densitometria e sensitometria fotografica. La continua attività di ricerca tecnica lo porta a scoprire un nuovo metodo per la ricostruzione fotografica di manoscritti e codici totalmente combusti. Sempre dagli anni ’90 espone le sue opere in varie mostre in Italia e all’estero. Muore nel 2020.
○ MARKO VOGRIČ → p.81 Nato nel 1961, goriziano, dagli anni ’80 socio del Fotoklub Skupina75, del quale è vicepresidente. Fotografa prevalentemente in pellicola e col foro stenopeico e
131 Biografie
con fotocamere vintage. Stampa sia tradizionalmente che con le antiche tecniche. Collabora con riviste e giornali, è coautore di pubblicazioni librarie e divulgatore della fotografia stenopeica. Tra le sue mostre più recenti: Mostradifotografiastenopeica, Senigallia, 2019; FotografiaZeropixel, Eureka e Camera Obscura, Omaggio a Leonardo, Trieste 2019; Fotografario 2019, Centro Ricerche e Archivio Fotografico Spilimbergo; FotografiastenopeicaBoCS Art, Cosenza 2018; IcampidiSalcano, Galleria Gong, Solkan, Slovenia 2018; Questo non è per il popolo!, Galleria Ars, Gorizia 2018; KonzentrazionslagerDachau, Sinagoga, Gorizia 2017; Untopolinoinviaggio, fotocastello FIAP, Negova, Slovenia 2016.
○ KATSUSHI YAMAMOTO → p.78 Nato nel 1967 a Nagasaki, in Giappone. All’età di cinque anni ha iniziato a praticare la calligrafia sotto la guida di un maestro calligrafo. Dal 2003 ha iniziato a realizzare film e fotografie. Oggi si dedica alla fotografia di film in bianco e nero e alla creazione di opere d’arte calligrafiche ispirate alla filosofia metafisica
○ DAVIDE JIA CHENG YUAN → p.46
Autodidatta, scatta nei formati 35mm, medio formato e instantanee. È specializzando di Radiodiagnostica a Trieste.
○ DINO ZANIER → pp.82-83
Da anni lavora nel campo della didattica applicata ed è stato promotore e coordinatore dei laboratori di Educazione all’immagine e di altri laboratori nell’Istituto Comprensivo di Tolmezzo. Nell’ambito dell’educazione all’immagine tecnica, ha sviluppato i percorsi di produzione dell’immagine senza macchina fotografica (stampa di oggetti a contatto e per ingrandimento, disegno con bagno di sviluppo e di fissaggio) e ha approfondito l’attività fotografica analogica adattandola alla sensibilità dei ragazzi.
Fin dall’inizio dell’insegnamento, negli anni ‘80, ha utilizzato l’attività di costruzione e produzione della macchina fotografica a foro stenopeico per spiegare gli elementi che stanno alla base della formazione dell’immagine. Ha collaborato all’allestimento delle mostre di studenti e artisti in occasione della Rassegna Tolmezzo città stenopeica, ormai giunta alla 14° edizione. Ha pubblicato in collaborazione con
gli insegnanti le esperienze didattiche che progressivamente si sono attuate nell’Istituto Comprensivo di Tolmezzo.
○ LARA ZIBRET → p.75 Classe 1983. Fotografa per passione e per professione, riflette con sensibilità sulle potenzialità dell’immagine, sulla sua presenza all’interno dell’ambiente urbano nel quale vive e opera e dal quale è circondata, traendo da esso ispirazione, indagandolo e catturandone quella bellezza che spesso è nascosta ad un occhio impreparato. Fabbriche dismesse e dimenticate, cantieri in costruzione, stazioni ferroviarie, costruzioni moderne, architetture costruite dall’uomo per l’uomo, ma immortalate libere dalla sua presenza, non luoghi, lo spazio è vuoto, come un attesa, gli angoli, le facciate, i pesanti metalli, i vetri e i tagli che volentieri si fondono con il cielo creando un unico corpo, vengono congelati in quell’attimo, quel momento reso eterno e invulnerabile al tempo.
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