ZEROPIXEL FESTIVAL
TRIESTE
MUSICA
7^ED / 2020
ZEROPIXEL FESTIVAL
TRIESTE
MUSICA
7^ED / 2020
Musica e fotografia sono àmbiti che spesso si incontrano, si cercano, si intrecciano e si amano. Si assomigliano, sono quasi allineati a suscitare emozioni o perplessità, nel suggerire facili interpretazioni o complesse letture. L’edizione 2020 di ZEROPIXEL FESTIVAL ha scelto la musica quale filo conduttore, ha scelto di dare alla fotografia il compito di tradurre in immagini non solo l’arte della musica ma anche la musicalità che vive e risiede in molte pieghe della nostra esistenza. Lo si potrebbe definire un tema “facile”, se si trattasse semplicemente di rappresentare in maniera didascalica oggetti come strumenti musicali o spartiti, oppure soggetti come cantanti, musicisti, ensemble di artisti oppure intere orchestre. Musica e musicalità possono essere qualcosa che va oltre all’ovvio, oltre a ciò che più facilmente e immediatamente viene evocato. E in fondo è questa l’anima di ZEROPIXEL FESTIVAL, l’atto sul quale si fonda un evento che rende omaggio alla fotografia ben al di là della fretta compulsiva e lontano dai percorsi più semplici e scontati, poiché la fotografia analogica trae la sua possibilità di compiersi attraverso il tempo che il suo autore le dedica in camera oscura, attraverso la tensione e l’aspettativa che accompagnano lo sviluppo di una Polaroid. La fotografia argentica, o analogica, non è dunque finita, ma anzi trae forza proprio dal ruolo che riesce a ritagliarsi nel mare magnum delle immagini digitali. Se abbia solo un’intenzione élitaria e quasi snob? Forse. O forse si tratta di intraprendere un percorso di creazione diverso, fatto di attese e di un ritmo differente, di ricerca, di studio e conoscenza tecnica. Fare fotografia analogica significa applicare regole rigorose all’emozione e all’ispirazione. Significa mettere in gioco nozioni probabilmente sconosciute ai più, al popolo del digitale che pratica con facilità il ritocco fotografico e l’applicazione di filtri preconfezionati a scapito, per esempio, della profondità di campo. Per questo credo non ci sia niente di più sfidante che sapere cogliere la profondità della musica, dedicarle la conoscenza della tecnica fotografica e l’emozionante tempo dell’attesa. Ennio Demarin Direttore Artistico ZEROPIXEL FESTIVAL
In un anno, il 2020, connotato dalla costrizione e dalla paura della pandemia, soprattutto nei primi mesi la musica, suonata dai balconi e dalle terrazze e trasmessa dai social, è stata mezzo di comunione, di speranza e socialità e quindi, per la settima edizione di ZEROPIXEL Festival, quale tema migliore di questo? Quella del Festival sarà una MUSICA da guardare, ma anche da ascoltare in concerto, grazie al coinvolgimento di enti culturali musicali e musicisti di caratura nazionale e internazionale. Ad accompagnare i vernissage saranno i maestri Roberto Daris, Simone D’Eusanio, Roberto Duse e Mauro Bon con arie tradizionali e improvvisazioni musicali, mentre le concertiste Natalia Morozova e Nadezda Tokareva eseguiranno due omaggi a Ludwig van Beethoven. Questa edizione, sebbene contempli tutte le espressioni, dalla musica classica a quella rock, dal pop all’house, suggerisce alla rappresentazione tre filoni musicali: la Musica Cortese del Patriarcato d’Aquileia, la figura di Giuseppe Tartini, di cui ricorrono i 250 anni dalla morte e Ludwig van Beethoven per il duecentocinquantesimo anniversario della nascita. La musica è la Musa, fascinosa, disincantata e a tratti vorace che ha accompagnato negli anni il lavoro di Anton Corbijn, grande fotografo e videomaker, presente al Festival. Le arie tradizionali indiane hanno invece ispirato le opere di Maurizio Frullani, i ritmi medioevali del Palio di San Donato la serie fotografica di Fabio Rinaldi. Il respiro diventa internazionale con la partecipazione di un gruppo di fotografi messicani appassionati di tecniche antiche di stampa, mentre ritorna nazionale con le opere dei soci del Circolo Fotografico Carnico e del Gruppo Marche Senigallia. Ancora note, interpretate ai sali d’argento da Arnaldo Grundner e raffigurate per mezzo della fotografia istantanea da Daniele Peluso o, ancora, le opere di Luigi Tolotti, che come soffi di luce predispongono l’animo alla poesia. La Biblioteca Beethoveniana espone le fotografie storiche della collezione Carrino, tra cui una preziosa carte de visite che raffigura il teschio di Ludwig van Beethoven. Alla Biblioteca statale Stelio Crise, nella mostra collettiva fulcro del Festival, trentacinque fotografi raccontano la MUSICA attraverso sfumature, toni vibranti, dissacranti o armoniosi e visioni dei grandi interpreti della settima arte. Ma è al Maestro dell’Alchimia ai sali d’argento, Sergio Scabar, che ZEROPIXEL dedica una mostra retrospettiva e l’istituzione di un premio annuale, quest’anno assegnato a Davide Dionisio; il fotografo è stato individuato tra i partecipanti della collettiva Eureka, dalla prestigiosa giuria composta da Angela Madesani, Lucia Scabar e Michele Smargiassi in quanto, per alcuni aspetti, la sua ricerca si avvicina all’universo poetico di Sergio Scabar. Il Festival anche quest’anno oltre alle mostre propone degli approfondimenti: sulle visioni filosofiche, storiche e tecniche fotografiche attraverso i workshop e con la presentazione di libri e conferenze in più siti culturali di Trieste, Tolmezzo, Ronchi dei Legionari, Gorizia e Umago.
Quest’anno, inoltre, il Festival si presenta con una nuova veste grafica, curata da due giovani neolaureati, Irene Pinatto e Lorenzo Capobianchi, sotto la guida di Roberto Duse di Obliquestudio. Così come il motto di ZEROPIXEL è “la fotografia senza il digitale” e la sua filosofia è tesa alla ri-lettura dell’origine della fotografia avvalendosi di chiavi creative e sperimentali, così anche il simbolo grafico, a partire da questa edizione, diventa un fotogramma 35 mm, rivisitato in una chiave essenziale, che contiene al suo interno la lettera zeta che si fonde nello zero dello spazio. La settima edizione di ZEROPIXEL è realizzata grazie al sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, La Fondazione Benefica Kathleen Foreman Casali, il Credito Cooperativo di Trieste e Gorizia, ai parternariati con le Biblioteche statali Stelio Crise di Trieste e Isontina di Gorizia, con lo Spazio d’arte Trart, la GRIN Gallery, le Associazioni Silver Age, Prologo, Venti d’Arte, TriesteAltruista, il Circolo Culturale Fotografico Carnico, ai quali fa da capofila Acquamarina Associazione Culturale. Il Festival ha inoltre consolidato le co-organizzazioni, già in essere e nuove, con il Comune di Trieste, il Comune di Tolmezzo, l’Ordine dei Giornalisti del Friuli Venezia Giulia, e le collaborazioni con il Consorzio Culturale del Monfalconese, l’Associazione Leali delle Notizie, l’UTI di Tolmezzo, la Mediateca-La Cappella Underground, la Collezione LipanjePuntin Artecontemporanea, il Circolo della Stampa di Trieste, la Biblioteca Beethoveniana, la Triestina della Vela, il Punto Foto Group by Karl Bielser sas Milano, l’Istituto Comprensivo di Tolmezzo, l’Associazione Barbacan Produce e il media partner RDT Radio Station. Annamaria Castellan Organizzazione e coordinamento ZEROPIXEL FESTIVAL
P. P. P. P. P. P. P. P. P. P. P.
10 86 104 122 136 148 160 172 184 196 208
— — — — — — — — — — —
85 103 121 135 147 159 171 183 195 207 219
P. 220 — 231 P. 232 — 239 P. 240 — 261
Indice Musica ANTON CORBIJN Collezione Privata La visibilità muta dell’oggetto Premio Sergio Scabar - [n]everland Sulla strada del Raga Palio di San Donato Hablando en plata Un soffio di Luce Omaggio a Ludwig van Beethoven Grandi interpreti prima del concerto Affinché tu possa vedere i colori della musica Musica in fotografia STRANA B Biografie
10/11
Musica a cura di Fabio Rinaldi
Elisa Biagi, Serena Bobbo, Ugo Borsatti, Annamaria Castellan, Ennio Demarin, Davide Dionisio, Lorenzo Ferraro, Giacomo Frullani, Maurizio Frullani, Janko Furlan, Ellen Goodman, Arnaldo Grundner, Roberto Kusterle, Massimiliano Muner, Tiziano Neppi, Roberto Pastrovicchio, Daniele Peluso, Tihomir Pinter, Novella Predonzan, Fabio Rinaldi, Simonetta Rossetti, Nicole Russo, Jahan Saber Zaimian, Daniele Sandri, Ernö Sebastian, Mikael Siirilä, Mario Sillani Djerrahian, Robert Sironi, Franco Spanò, Enzo Tedeschi, Luigi Tolotti, Stefano Tubaro, Giovanni Umicini, Marko Vogrič, Kit Young, Dino Zanier
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Come di consueto, la collettiva ospitata nelle sale della Biblioteca statale Stelio Crise di Trieste segna l’avvio di ZEROPIXEL Festival: sono 36 gli autori che quest’anno si sono fatti ispirare dal tema proposto: musica. Non è certamente facile dire esattamente cosa sia la Musica, né attribuirle una precisa origine: è nata quando l’Uomo ha preso coscienza delle potenzialità della voce come strumento e ha trasformato i ritmi del proprio corpo in suoni, oppure è già musica ciò che sentiamo fin dal nostro concepimento quando, protetti dalla confortevole bolla uterina, percepiamo il battito del cuore e il flusso del respiro? Credo che, aldilà di tutte le dissertazioni che si potrebbero mettere in campo, alla fine, per dirla con Luciano Berio: “La musica è tutto quello che ascoltiamo con l’intenzione di ascoltare musica… tutto può diventare musica”. E proprio come nella musica - classica, atonale, vocale, sperimentale… - anche nelle fotografie presentate si incrociano stili e tendenze, tecnica ed espressività: dalle sofisticate stampe ai sali d’argento dalle tenui coloriture, ai rayogrammi che si ispirano al dripping di Pollock, per arrivare al fascino della foto istantanea, con i transfer Polaroid; ma vi è spazio anche per fotomontaggi visionari e assemblaggi che attingono dallo scrigno delle memorie. Gli autori hanno raffigurato concertisti classici e suonatori di strada, si sono ispirati alle band che hanno fatto la storia del rock e del pop, hanno reso omaggio ai grandi compositori come Ludwig van Beethoven, di cui proprio quest’anno ricorre il duecentocinquantesimo anniversario della nascita e Giuseppe Tartini, a duecentocinquant’anni dalla morte. Ma si sono cimentati anche in composizioni polimateriche, utilizzando negativi, copertine e spartiti; hanno saputo cogliere i suoni e i ritmi della strada, le armonie della natura, lo spleen di giornate brumose, quando il tempo si dilata e i suoni assumono una densità lattiginosa. I fotografi hanno infine saputo trasporre in immagini le pause tra una nota e l’altra, quegli spazi in cui il silenzio sembra scorrere nell’animo, alla ricerca di un intervallo perduto e di quella che Dorfles chiama pausa immaginifica. Lorella Klun
L’origine
↗ bio p.243
Elisa Biagi
14/15
16x25 cm - 2020 Stampa su carta ai sali d’argento da negativo 35mm
3/4
↗ bio p.244
Serena Bobbo
16/17
25x35 cm Stampa su carta politenata
Musica anni ’20
↗ bio p.244
Ugo Borsatti
18/19
19x26 cm - anni ’20 Stampa su Cibachrome, riproduzione
Il trillo del diavolo
↗ bio p.244
Annamaria Castellan
20/21
20x30 cm - 2020 Rayogramma su carta argentica
New Orleans
↗ bio p.246
Ennio Demarin
22/23
70x100 cm - 2020 Transfer polaroid originals 20x25
White Noise
↗ bio p.246
Davide Dionisio
24/25
37x36 cm - 2020 Stampa ai sali d’argento
Untitled
↗ bio p.247
Lorenzo Ferraro
26/27
50x35 cm - 2017 Negativo rayografico
âm nha.c
↗ bio p.247
Giacomo Frullani
28/29
30x40 cm - Hanoi Vietnam, 2017 Stampa ai sali d’argento
Begliano
↗ bio p.247
Maurizio Frullani
30/31
33,5x33,5 cm - 1985 Viraggio selettivo su emulsione B&N Courtesy coll. Fabio Rinaldi
Dejan
↗ bio p.248
Janko Furlan
32/33
20x25 cm - 2007 Polaroid
Classical Refractions
↗ bio p.249
Ellen Goodman
34/35
25x25 cm - 2020 Stampa ai sali d’argento
Musicantica Mow 023
↗ bio p.249
Arnaldo Grundner
36/37
17x24 cm - Mosca, 1993 Stampa ai sali d’argento
Duetto per archi
↗ bio p.250
Roberto Kusterle
38/39
45x45 cm - 2006 Tecnica sperimentale dell’autore che prevede l’utilizzo di più matrici
RUMORE shock 2
↗ bio p.251
Massimiliano Muner
40/41
29,3x20,7 cm - 2019 Pellicola istantanea
The sound of silence #covid-19#
↗ bio p.251
Tiziano Neppi
42/43
30x40 cm - 2020 Carta politenata
Furuike ya Kawazu tobikomu Mizu no oto The old pond A frog leaps in Sound of the water L’antico stagno una rana vi salta rumore d’acqua Matsuo Bashō (1686)
↗ bio p.253
Roberto Pastrovicchio
44/45
8,8x10,8 cm - 2020 Polaroid SX-70 — BW
Abbey Road
↗ bio p.253
Daniele Peluso
46/47
50x31 cm - 2020 Pellicola Fuji Instax Square Black Manipolata su vinile originale
Sentimento nelle mani
↗ bio p.253
Tihomir Pinter
48/49
30x30 cm - 2018 Stampa ai sali d’argento su carta baritata
Enjoy the Silence
↗ bio p.254
Novella Predonzan
50/51
28x23 cm - 2020 Polaroid
Ibanez
↗ bio p.254
Fabio Rinaldi
52/53
20x25 cm - 2020 Transfer Polaroid
Musique
↗ bio p.255
Simonetta Rossetti
54/55
23x23 cm - 2020 Polaroid BW 600
Adagio (Mi 26)
↗ bio p.255
Nicole Russo
56/57
40x50 cm - 2020 Stampa al platino palladioÂ
Sea of Grass
↗ bio p.256
Jahan Saber Zaimian
58/59
24x30 cm - Austria, 2020 Stampa ai sali d’argento
Oh, ma è un Selmer!
↗ bio p.256
Daniele Sandri
60/61
21,5x30 cm - 2009 Da negativo 13x18, stampa ai sali d’argento
Musica classica
↗ bio p.257
Ernö Sebastian
62/63
30x30 cm - 2020 Baritata bromuro d’argento
Four Ages of Music
↗ bio p.257
Mikael Siirilä
64/65
15x22 cm - 2020 Gelatina d’argento con viraggio al tè
Mate Galine
↗ bio p.257
Mario Sillani Djerrahian
66/67
Installazione - 2020 Off camera, stampa ai sali d’argento dipinta a mano
Musica — composizione / decomposizione
↗ bio p.257
Robert Sironi
68/69
25x50 cm - 2020 Fuji Instax square
Sintonia
↗ bio p.258
Franco Spanò
70/71
25x38 cm - 2020 Esposizione multipla su carta politenata
Musica
↗ bio p.258
Enzo Tedeschi
72/73
51x51 cm - 2020 Stampa ai sali d’argento su carta baritata
Opus 132
↗ bio p.259
Luigi Tolotti
74/75
60x60 cm - 2020 Mosaico di Impossible spectra e stencil
ON AIR
↗ bio p.259
Stefano Tubaro
76/77
18x27 cm - 2020 Stampa ai sali d’argento su carta baritata
New York
↗ bio p.259
Giovanni Umicini
78/79
50x60 cm - 1995 Stampa ai sali d’argento
Strumenti della musica
↗ bio p.260
Marko VogriÄ?
80/81
50x40 cm - 2020 Banco ottico doppia esposizione e stampa ai sali d’argento
Echoes from Mantova
↗ bio p.260
Kit Young
82/83
18x27 cm - 2019 Stampa al selenio
Il violino magico
↗ bio p.261
Dino Zanier
84/85
13x18 cm - 2020 Foto stenopeica, stampa a contatto, interventi colore a pennello
86/87
ANTON CORBIJN Collezione Privata a cura di Marco Puntin
“Credo che la musica abbia iniziato a significare così tanto nella mia vita che volevo davvero entrare a far parte di quel mondo. È successo, per coincidenza, perché ho scattato una foto”. Anton Corbijn Novembre 1999, Art Cologne, Colonia, Germania. Era la prima volta che LipanjePuntin artecontemporanea di Trieste esponeva alcune fotografie di Anton Corbijn in una tra le fiere d’arte più prestigiose d’Europa. Ricordo, come fosse oggi, che mentre mi trovavo in piena contrattazione con un collezionista tedesco di fronte ad un suo scatto inedito di grande formato che raffigurava una quasi irriconoscibile Patty Smith su un cavallo a dondolo, mi sentii toccare una spalla. Mi girai di scatto e mi ritrovai di fronte ad un tale, serioso, decisamente più alto del normale, informale nell’abito, cappuccio della felpa calato sulla testa, che pretendeva di acquisire l’opera fotografica prima dell’austero collezionista teutonico. Così ho conosciuto Anton Corbijn, un uomo ironico, semplice, diretto e soprattutto autoironico. Incontravo finalmente quell’autore che aveva saputo regalare al mondo la maggior parte di quegli scatti che avevano costruito l’immaginario collettivo musicale di una o più generazioni. Ed è così che in oltre dieci anni di stretta collaborazione abbiamo avuto la straordinaria fortuna di veder sfilare a decine in galleria quelle immagini di Anton che già da prima ci portavamo nella memoria come la rappresentazione stessa dei protagonisti della musica, delle rock star, delle band più famose, insomma, l’iconografia di tutto quel mondo musicale cronologicamente a cavallo tra gli anni ’70 e ’90. E che fatica, vero dispiacere alle volte, dover lasciar andare via, al collezionista di turno, il ritratto di Keith Richards rugoso indiano metropolitano, l’incazzoso Henry Rollins o il disperato Jan Curtis dei Joy Division, fra i miei preferiti. Ma questa è un’altra storia. In realtà LipanjePuntin artecontemporanea ha veicolato l’opera del maestro olandese producendo e realizzando ben otto mostre personali nei propri spazi espositivi di Trieste e Roma, da Still Lives del 1999 a Strippinggirls (con Marlene Dumas) del 2000, da A. somebody, strijen, holland del 2003 a U2&I del 2004, senza dimenticare la collaborazione con prestigiose realtà museali, di cui voglio sottolineare in particolare la personale curata da Peter Weiemeier alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna e l’indimenticabile retrospettiva del 2004 a Palazzo Fortuny a Venezia. Ed ora, grazie all’invito di ZEROPIXEL FESTIVAL e alla preziosa collaborazione di alcuni collezionisti privati, Collezione Privata di Anton Corbijn vuole essere un omaggio a Trieste attraverso una quasi inedita porzione di quella storia e di quella relazione. “Quando ho incontrato Anton per la prima volta gli ho avanzato subito alcune richieste… fammi sembrare alto, magro, intelligente e con un gran senso dell’umorismo… Dunque vorresti essere come me, fu la sua risposta. Così è Anton Corbijn: un nuovo maestro olandese, un uomo divertente, un serio fotografo, un silenzioso film maker capace di ballare. E allora, qual è il suo problema? Anton, alla fine avrebbe sempre voluto essere un batterista”. Paul Hewson, in arte Bono ↗ bio p.245
Anton Corbijn
Bianco e nero contrastato, dalla grana marcata, un’estrema semplicità compositiva espressa attraverso uno stile essenziale, scarno, secco, privo di sovrastrutture e dettagli inutili che dona alle immagini eleganza ed equilibrio formale. I ritratti di Anton Corbijn mirano all’imperfezione della vita, spesso con ampie zone sottoesposte, con porzioni d’immagine sfocate, carenza di nitidezza e proprio per questo estremamente vive e vibranti. David Bowie, Iggy Pop, Frank Sinatra, Miles Davis, Mick Jagger, Elvis Costello, Tom Jones, Neil Young, Bryan Ferry, U2, Depeche Mode, Joy Division, David Byrne, così come Jodie Foster, Helena Christensen, Kate Moss, Sinead O’Connor, Marianne Faithfull e ancora Allen Ginsberg, Salman Rushdie, Wim Wenders, Robert De Niro, Martin Scorsese o Nastassia Kinsky, Naomi Campbell e Michael Schumacher sono solo alcuni tra i suoi soggetti preferiti, ritratti quasi sempre in atteggiamenti comuni e spogliati da qualsiasi patina glamour. L’attenzione di Corbijn, nelle sue immagini spesso monocrome, è rivolta alla posizione e alla gestualità del corpo, alle espressioni del volto, decisamente al di fuori dai canoni ufficiali del ritratto delle personalità dello spettacolo. E dunque, ci rendiamo conto, sin dal primo istante, che la maggior parte delle sue fotografie sono così fortemente impresse nella nostra memoria e nella nostra immaginazione, da poter dire che quei personaggi ce li siamo sempre e soltanto raffigurati in quel modo. Marco Puntin Ottobre 2020
88/89
Keith Richards, Connecticut 1999
68x69 cm - edizione 2/20 Lithprint; Courtesy collezione LipanjePuntin © Anton Corbijn
PJ Harvey, London 1994
90/91
Tom Jones, Las Vegas 1995
← 68x69 cm - edizione 3/20 Lithprint; Courtesy collezione LipanjePuntin © Anton Corbijn
→ 68x69 cm - edizione 9/20 Lithprint; Courtesy collezione LipanjePuntin © Anton Corbijn
Vanessa Paradis, London 1992
92/93
Joni Mitchell, Santa Monica 1999
← 68x69 cm - edizione 7/20 Lithprint; Courtesy collezione LipanjePuntin © Anton Corbijn
→ 68x69 cm - edizione 9/20 Lithprint; Courtesy collezione LipanjePuntin © Anton Corbijn
Henry Rollins, Lancaster 1994
94/95
Willem Dafoe, New York 1995
← 68x69 cm - edizione 13/20 Lithprint; Courtesy collezione LipanjePuntin © Anton Corbijn
→ 68x69 cm - edizione 6/20 Lithprint; Courtesy collezione LipanjePuntin © Anton Corbijn
Frank Sinatra, Palm Springs 1993
96/97
Pete Townshend, London 1982
← 68x69 cm - edizione 7/20 Lithprint; Courtesy collezione LipanjePuntin © Anton Corbijn
→ 140x100 cm - edizione 8/10 B/W print; Courtesy collezione LipanjePuntin © Anton Corbijn
Elvis Costello, Amsterdam 1977
98/99
Brian Ferry, Paris 1982
← 100x140 cm - edizione 8/10 B/W print; Courtesy collezione LipanjePuntin © Anton Corbijn
→ 140x100 cm - edizione 2/10 B/W print; Courtesy collezione LipanjePuntin © Anton Corbijn
Nick Cave, London 1988
100/101
David Bowie, Chicago 1980
← 140x100 cm - edizione 3/10 B/W print; Courtesy collezione LipanjePuntin © Anton Corbijn
→ 100x140 cm - edizione 7/10 B/W print; Courtesy collezione LipanjePuntin © Anton Corbijn
David Byrne, Los Angeles 1991
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Larry Mullen & Bono 1993
← 185x125 cm - edizione 4/8 Polachrome, perspex, dibond, aluminium Courtesy collezione LipanjePuntin © Anton Corbijn
→ 125x125 cm - edizione 3/3 Colour-Print and perspex Courtesy collezione LipanjePuntin © Anton Corbijn
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La visibilità muta dell’oggetto a cura di Federica Luser
La sperimentazione è sempre stata il marchio di fabbrica di Sergio Scabar. Negli anni ’70 il ciclo Persuasione consumistica (1973) è un reportage sulla comunicazione pubblicitaria, sulla velocità che pervade la vita quotidiana. C’è ritmo, dinamismo come nel progetto Via Madonnina in cui riprende in una serie di fotogrammi un tempo determinato - le ore 11:21 del 31 ottobre 1975 in uno spazio ristretto, la via Madonnina appunto a Trieste. Frammenti di mondo reale da cui piano piano si allontana. Lascia la strada, la figura, il movimento e rivolge la propria attenzione all’oggetto. In un primo tempo crea collage, utilizzando la fotografia come forma, come elemento dell’assemblaggio nelle Teche, che altro non sono che copertine di CD. Poi l’oggetto diventa soggetto. Dagli anni Novanta nascono le sue composizioni. La sperimentazione si concentra sulla ripresa e sulla stampa. La chiamerà tecnica alchemica e sarà sempre in esemplare unico. Fino all’ultimo sarà un susseguirsi di progetti da Il teatro delle cose ( 1991-97-99) a Libri nell’ombra e Teatrino vegetale (2016). L’ambiente diventa lo studio, niente più rumore, niente più movimento, solo silenzi e fissità. Luce. Lo sguardo si focalizza su composizioni studiate, Scabar mette in scena bottiglie e bicchieri, ciotole e libri Ne accarezza le forme, sottolinea i contorni. Gioca con i chiaroscuri. Lo chiama “il silenzio di luce”. Ama la pittura e tra gli artisti ha un debole per Giorgio Morandi. Così acquista una cifra assolutamente autonoma nel panorama della fotografia italiana. Cerca l’equilibrio assoluto e lo trova nell’armonia delle forme. Prova e riprova, con variazioni minime e scarti di tono appena percettibili. Nulla è lasciato al caso: anche la cornice è creata ad hoc da Scabar per raggiungere esattamente l’immagine che aveva in mente, l’oggetto per lui perfetto. Federica Luser
↗ bio p.256
Sergio Scabar
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Il silenzio delle cose
13x20,5 / 17x24,5 cm - 2001 Stampa alchemica ai sali d’argento, applicata su cartoncino in cornice
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Persuasione consumistica
500x8 cm - Trieste, 1973 Stampa ai sali d’argento
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Persuasione consumistica
500x8 cm - Trieste, 1973 Stampa ai sali d’argento
Teche/Techae
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Teche/Techae
← 12,5x14,5 cm Fotografie ai sali d’argento, stampe fotografiche a colori, materiali vari applicati su cartoncino, custodie di CD
→ 12,5x14,5 cm Fotografie ai sali d’argento, stampe fotografiche a colori, materiali vari applicati su cartoncino, custodie di CD
Libri nell’ombra
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Libri nell’ombra
← 29,8x39,5 / 44x49 cm - 2016 Stampa alchemica ai sali d’argento applicate su cartoncino, in cornice
→ 18x29,5 / 26x37 cm - 2016 Stampa alchemica ai sali d’argento applicate su cartoncino, in cornice
Velata luce di silenzio
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Nel silenzio delle cose
← 27,5x37 / 30,4x40 cm - 2011 Stampa alchemica ai sali d’argento applicate su cartoncino, in cornice
→ 18,5x23,5 / 30,4x35,9 cm - 2012 Stampa alchemica ai sali d’argento, applicata su cartoncino, in cornice
Soffio di luce
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Velata luce di silenzio
← 30x40 / 42x52 cm - 2013 Stampa alchemica ai sali d’argento applicate su cartoncino, in cornice
→ 28x36 / 36x44 cm - 2013 Stampa alchemica ai sali d’argento applicate su cartoncino, in cornice
Teatro delle cose
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Teatro delle cose
← 23,5x29,7 cm - 1997 Stampa ai sali d’argento, in cornice
→ 23,5x29,7 cm - 1997 Stampa ai sali d’argento, in cornice
122/123
Premio Sergio Scabar Per spronare e incentivare la partecipazione alla mostra collettiva nell’ambito del ZEROPIXEL Festival si è istituito il premio dedicato alla memoria di Sergio Scabar. Sergio Scabar rappresenta appieno la figura del fotografo che non si è mai fatto incantare dal mondo del digitale, che è rimasto sempre fedele alla fotografia tradizionale, alla fotografia delle origini. Una persona che ha sempre trattato la fotografia come un mezzo di espressione, ricercando prima l’idea, poi la selezione degli oggetti, la composizione e lo scatto. Per seguire poi un personale procedimento alchemico di stampa, senza porre a livelli di minor attenzione la creazione della cornice e la sua collocazione nello spazio espositivo. E proprio in quest’ultima operazione era diventato un vero maestro. La giuria composta da Angela Madesani, Lucia Scabar, Michele Smargiassi ha individuato tra tutte le opere esposte nella mostra Eureka 2019 la fotografia “Cutting-edge Technology” assegnando il Primo Premio Sergio Scabar a Davide Dionisio con la seguente motivazione: “Nella sua fotografia, per alcuni versi vicina all’universo poetico di Sergio Scabar, la patina del tempo accomuna l’inizio e il prosieguo di una storia: dalla lampadina al computer portatile. Una storia in cui è un riferimento ai diversi ambiti della fotografia: dall’analogico, del quale il fotografo si è servito, al digitale. Il linguaggio di questa immagine ci riporta, però, al tempo della fotografia come manualità artigiana, come per suggerire che dietro al genio dell’uomo riposa sempre il sapere delle sue mani”.
Il premio consiste nella realizzazione di una mostra personale nella successiva edizione del ZEROPIXEL Festival e il suo inserimento nel catalogo generale.
Menzionati dalla giuria: Elisa Biagi, “Silver Dream” La fuga dei binari, la scena fumosa ricordano “La mano dell’uomo” di Alfred Stieglitz, immagine inaugurale della fotografia modernista e celebrazione del macchinismo. L’insegna Silver, argento, allude all’argento, materia prima di un secolo e mezzo di storia della fotografia. Un’immagine evocativa di una storia, una estetica, una mitologia. Enzo Tedeschi, “Sisyphus” In un paesaggio onirico, gli strumenti della tecnica sovrastano l’essere umano che li ha creati. Il mito di Sisifo condanna il peccatore di superbia a ripetere all’infinito l’inutile fatica del lavoro. Una visione pessimistica del progresso, o forse un monito contro l’hybris della tecnologia.
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[n]evermind a cura di Lorella Klun
La Fotografia, si sa, è musa e compagna esigente: non a tutti dispensa le sue grazie, tantomeno si concede a chi, brandendo il cellulare come fosse un’ipertecnologica clava, non sa resistere alla compulsione dello scatto. Davide Dionisio la conosce bene, la sua Fotografia ama i tempi sospesi, si vela e si rivela con lentezza, assorbendo la luce fino a raggiungere densità ovattate e umorali pastosità. È una dama percorsa dalla sensuale sonnolenza dei viraggi al selenio, a tratti cupa, bistrata da tempera e gomma bicromata, a volte incipriata dalle tenui luminescenze della gelatina. Ma se antiche sono le tecniche utilizzate dall’autore, lo spirito resta assolutamente contemporaneo: lo riconosciamo innanzitutto nella progettualità mirata, e subito dopo in quella capacità di accogliere, con elegante voracità, gli stimoli di arte, società e mass media per poi farli decantare, fino a trasformarli in qualcosa di nuovo. Per Dionisio i processi di sedimentazione creativa si spingono fino a “contaminare” gli oggetti del quotidiano e le piccole cose: le foglie di oleandro perdono il loro naturale sembiante per caricarsi di vibrazioni e sussurri, quasi incarnassero lo spirito di antiche foreste; nei tulipani la levità dei petali si trasforma in concrezione tenace, in lotta con un’ombra che sfregia e inghiotte. La mutazione porta sempre in sé qualcosa di indefinito, non concede adattamento e non lascia appigli al giudizio, conducendoci nei territori dove dimora quello che Rosalind Krauss chiama il perturbante: “la stranezza che si impadronisce di ciò che un tempo era familiare, producendo in tal modo il doppio come simulacro”. Simulacri che ritroviamo anche nelle riletture dei grandi brand, i quali perdono lo smagliante appeal del colore per accogliere le elaborate stratificazioni dei passaggi argentici, oppure che possiamo scorgere nei pesci e nello still-life di una bistecca, ridotti a materia inerte, semplici prede di uno svagato consumismo. Le evoluzioni di pensiero e le riflessioni dell’autore non possono ignorare il particolare momento storico: ecco allora “Lockdown”, la miniserie scattata durante le silenziose sortite nella città ostaggio di una moderna pandemia. In una Trieste sospesa, ci accolgono alberi affastellati, racchiusi da muri, inferriate e alveari urbani, paesaggi oppressi da pennellate d’ombra e bitume. Meglio allora rientrare a casa e, come un fragile origami, librarsi al di sopra degli affanni della materia: “Over the town”, in un mondo se non a misura d’uomo, certamente a misura d’artista. Lorella Klun
↗ bio p.246
Davide Dionisio
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Lockdown 03
40,5x30 cm - 2020 Stampa ai sali d’argento e tempera
Over the town 2
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Lockdown 02
← 17x16 cm - 2019/2020 Stampa ai sali d’argento
→ 10x13 cm - 2020 Emulsione su carta cotone
Piuma
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Erbario 1 — Calla
← 17x13 cm - 2020 Emulsione su carta cotone
→ 21x31 cm - 2018 Gomma bicromata
Sidol
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Coca-Cola
← 10x13 cm - 2020 Emulsione su carta cotone e tempera
→ 31,5x24,5 cm Stampa ai sali d’argento, gomma bicromata e tempera
Un’altra banana
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Tulipani
← 10x13 cm - 2020 Emulsione su carta cotone
→ 37x47cm - 2019 Emulsione su carta cotone
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Sulla strada del Raga a cura di Federica Luser
«Fu nel 1974 quando arrivai in India su un pullmino Volkswagen di seconda mano attraverso Turchia, Afghanistan e Pakistan che sentii per la prima volta la musica classica indiana. Nel 1975 ripercorsi la stessa strada e a Srinagar, il posto meno adatto, comperai il primo sitar che suonava poco e male». Quello che Maurizio Frullani ha sempre ricercato e amato è l’umanità. Per questo si è messo in viaggio: Afghanistan, India e Ladakh a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 e poi Africa, in Eritrea, dove visse e lavorò tra la fine degli anni ’90 e inizi 2000. Paesi lontani ed estremi, difficili e affascinanti al medesimo tempo, in cui ricchezza e povertà si mescolano nell’innata fierezza e dignità delle genti. La nostalgia e il fascino di quei luoghi da mille e una notte, delle donne e degli uomini incontrati, lo spingono a ritornare nel nord dell’India nel 1985, ma questa volta con uno scopo preciso: percorrere la strada della musica alla ricerca di maestri, artigiani liutai e scuole di musica. Un viaggio iniziatico verso l’elevazione estatica e spirituale del Raga, la massima espressione della musica indiana che, attraverso le sue scale ascendenti e discendenti, tocca precise corde emozionali mettendo in relazione lo spirito con il sublime. Nasce il ciclo Sulla strada del Raga, un racconto per immagini di quello che Frullani stesso scrive è il Parampara ovvero il passaggio della tradizione attraverso il rapporto tra Guru/maestro e Shishya/discepolo. Liutai, maestri e allievi colti nel loro contesto in una messa in scena perfetta. La luce è calibrata, i chiaroscuri perfetti, l’inquadratura centrale. La lettura delle fotografie rigorosamente in bianco e nero, è semplice e diretta. Frullani entra in un dialogo silenzioso con il soggetto e con ciò che esso rappresenta. Non possiamo parlare di reportage, queste immagini non sono solo documentazione, ma sono l’espressione più forte dello sguardo del fotografo, che indugia sulla concentrazione, sulla disciplina, sul rapporto tra uomo e strumento, un tutt’uno nella ricerca della perfezione armonica del suono. Nascono dei ritratti di uomini e donne semplici e allo stesso tempo straordinari, su quella Strada del Raga che portano a universi al di là del visibile. Federica Luser
↗ bio p.247
Maurizio Frullani
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Bismillah Khan suonatore di shehnai con i nipoti Benares
27,5x20,5 cm - 1985 Stampa Ai Sali D’argento
Bimalendu Mukherjee alla rudra vina
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Bishan Dass Sharma, figlio di Rikhi Ram liutaio
← 22,5x22,5 cm - Bilhai, 1985 Stampa ai sali d’argento
→ 20,5x27,5 cm - Nuova Delhi, 1988 Stampa ai sali d’argento
Dipartimento di danza Indira Kala Sangeet University
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Artigiano bottega di Hiren Roy
← 22,5x22,5 cm - Kahaifagarh, 1985 Stampa ai sali d’argento
→ 20,5x27,5 cm - Calcutta, 1985 Stampa ai sali d’argento
Budhaditya Mukherjee, suonatore di sitar
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Kalyani Roy suonatrice di sitar
← 20,5x20x5 cm - Ronchi dei Legionari, 1986 Stampa ai sali d’argento
→ 20,5x27,5 cm - Calcutta, 1988 Stampa ai sali d’argento
Indranil Bhattachara suonatore di sitar Scuola Interculturale di musica
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Budhadev Das e Sraboni Chakraborty studenti di esraj
← 20,5x27,5 cm - Venezia, 1986 Stampa ai sali d’argento
→ 22,5x22,5 cm - Santiniketan, 1985 Stampa ai sali d’argento
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Palio di San Donato a cura di Lorella Klun
Quattordici braccia di panno fino scarlatto: questo il premio assegnato al vincitore del Palio di Cividale. Seguendo le annotazioni lasciate dai camerlenghi, correva l’anno 1361 e da allora, per quasi tre secoli, i borghi si confrontarono nel palio equestre (lu palit da chiaval), prerogativa del ceto nobile, e con lu palit da pit, palio pedestre di estrazione più popolare; a queste si aggiunsero più tardi il tiro con l’arco, con la balestra e gli archibugi. Nel 2000 si volle ridare vita all’evento, ambientandolo nella seconda metà del XIV secolo, cosicché ogni fine agosto, in onore di San Donato patrono di Cividale del Friuli, tutta la città diventa un diffuso palcoscenico. Per tre giorni gli abitanti rifuggono non solo dalle moderne tecnologie e dagli ornamenti contemporanei – cellulari, orologi, occhiali da sole e bigiotteria – ma indossano abiti e accessori filologicamente curati fin nei minimi particolari. Analogamente, tutte le attività messe in scena, dalla cottura del cibo fino alla ricostruzione delle bottegucce artigiane, utilizzano attrezzi e suppellettili rigorosamente fedeli al periodo storico. Allo stesso modo, balza subito evidente come la serie fotografica di Fabio Rinaldi – proposta proprio nel 600° anniversario della caduta, per mano della Repubblica di Venezia, dello Stato patriarcale di Aquileia – non sia frutto di un mordi-e-fuggi fotografico, ma appaia come l’esito di una laboriosa e paziente ricerca. Per cinque edizioni l’autore, accompagnato dalla sua Leica, si è immerso nella Città Ducale, regalandoci delle immagini la cui qualità è determinata non solamente dal rigore tecnico, formale e compositivo (accentuato da una accurata stampa analogica in bianco e nero), ma anche da una innata capacità di cogliere le giuste atmosfere e situazioni. Negli esterni pervasi dal fumo avvolgente dei calderoni, tra elmi, camagli e schinieri appoggiati nell’erba in attesa della tenzone, sono soprattutto i volti e gli sguardi ad affascinarci: appartengono a personaggi che sembrano usciti da “Il nome della Rosa”: cortigiani melliflui, truci arrotini e contendenti avvolti in pesanti armature, assorti nel loro ruolo, tanto che anche noi, insieme a loro, ci sentiamo proiettati indietro nei secoli. D’altra parte, come osservato da Guido Cecere, in questo lavoro “si potrebbe affermare che: la rievocazione storica in costume è un inganno ottico-temporale, la fotografia certifica l’inganno e lo rende reale, ergo la rievocazione storica diventa realtà”. Lorella Klun
↗ bio p.254
Fabio Rinaldi
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Hablando en plata a cura di Angela Arziniaga González y Rafael Galván
Le città – scrisse Baudelaire -, cambiano più velocemente del cuore di un uomo. Siamo condannati a essere moderni, affermò Octavio Paz. La modernità non è una scelta, è una condizione. È la nostra condizione. La vertigine nella quale viviamo fa dei processi artigianali un’obsolescenza. Ciò che importa (importa?) è la produttività, quello che esce velocemente dalla linea, quello che compie un ciclo vitale breve e sparisce per essere sostituito da un altro prodotto similare, ma “migliore”. La grana, in fotografia, è stata sostituita dal pixel; i processi di sviluppo, prima lenti e a volte tortuosi, sono stati sostituiti dalla stampa rapida dell’era digitale. Il mondo avanza, verso dove? Poco importa. “In parole povere” è, in questo contesto, una chiamata alla resistenza. Coloro che frequentano i laboratori di Línea del horizonte, Gabinete Fotográfico, della città di Puebla, e il Taller panóptico, di Città del Messico lo sanno. I loro lavori fatti a partire dal collodio umido, eliografia, calotipia, ai sali d’argento, al carbone e platino palladio riscattano quello che non doveva essere relegato e dimenticato: il piacere di fare fotografia; il lavoro artigianale di chi conosce il complesso processo di fare foto, sviluppare il negativo nell’intimità della camera oscura, preparare la lastra o la carta che riceverà la luce, collocarla nell’ingranditore, bruciarla a partire da una luce fugace controllata, e immergerla nel bagno chimico corrispondente affinché il miracolo appaia fermato in quel gioco di luci e ombre che andrà a delineare l’immagine che non smetterà mai di sorprenderci. Questo processo, lento e difficile, è “screditato” nel mondo turbolento nel quale viviamo. Tornare ai processi chimici che permisero nel XIX secolo la cattura delle immagini e la loro elaborazione per costruire un discorso, è una sfida. La pandemia che ci ha isolati quest’anno, questo non tempo di isolamento e riflessione obbligata, ha determinato, in qualche modo, i temi scelti da questi alchimisti dell’immagine: la musica e la sua rilevanza nella solitudine del confinamento. Armati con gli stessi componenti che permisero le prime catture di immagini, si sono confrontati con questa sfida. La musica, che lacera il silenzio e, attraverso quegli squarci, fa affiorare i sentimenti; quando poi gli strumenti si zittiscono e si mettono in posa con i loro interpreti, si carica di una forte nostalgia. Nel suo silenzio muove al sentimento e alla solidarietà tra i componenti della tribù, rimandando ai momenti
Angela Arziniaga González, Arturo Fuentes Franco, Arturo Talavera Negrete, Balam Enrique Ponce, Everardo Rivera, José Loreto Morales, Paulina Gabriela Pasos Pérez, Rafael Galván Montoto, Sergio Javier González Carlos
in cui la si ascoltò e fu occasione di festa o di reincontro. Nel confinamento, esiliati all’interno della casa, quando la solitudine è diventata compagnia (a volte l’unica), la musica diviene fortemente nostalgica, così il ricordo di quello che è carenza o perdita accentua la malinconia. Se la musica ha evocato i sentimenti, in modo che questi affiorino in migliaia dai momenti apparentemente già persi, caotici e imprevedibili, irrecuperabili, l’immagine, grazie alla sua forza espressiva, alla disposizione dei corpi e alla composizione dei suoi elementi, evoca la ragione, la ricerca di una sensazione che è sollecitata dalla forza espressiva di chi l’ha creata e che solo chi la osserva può comprendere. Ragione e sentimento si manifestano, si accompagnano. Il non tempo della pandemia universale che avviene qui e ora, nel quale la solitudine non era mai stata tanto presente, minacciando di divorare quella minima solidarietà umana data dal fondersi in un abbraccio, obbliga alla resistenza, a riprendere il cammino, a devolvere alla lentezza e allo sforzo deliberato il valore che hanno perso. Guardare queste immagini con attenzione, interrogarsi su ciò che ha portato gli ideatori a scegliere questo o quell’argomento, questa o quella espressione, è la prima domanda; la seconda è quale sentimento risveglia. La risposta può essere la disperazione, o l’immergersi, complici e umani, nell’amorosa fedeltà a ciò che è assente. José Carlos Blázquez
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De la serie “Xochipila: Sueño de dioses y de hombres”
20x25 cm Calotipia
↗ bio p.255
Everardo Rivera Flores
De la serie “Son del sur”
↗ bio p.258
Arturo Talavera Negrete
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Son al Puerto Ver ver
← 18,5x18,5 cm Stampa al carbone su vetro con foglia d’oro sul retro
↗ bio p.248
→ 35,5x11,5 cm Eliografia
Arturo Fuentes Franco
Guerra mental y pájaros en la cabeza
↗ bio p.243
Angela Arziniaga González
166/167
Retrato con violín
← 20x25 cm Calotipia
↗ bio p.254
→ 25x20 cm Calotipia
Balam Enrique Ponce Monroy
Retablo a Santa Cecilia
↗ bio p.248
Rafael Galván Montoto
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En la obra
← 18x24 / 28x20 / 18x24 cm Calotipia
↗ bio p.248
→ 20x25 cm Stampa fine art su carta baritata e viraggio al selenio
Sergio Javier González Carlos
34:00.00
↗ bio p.252
Paulina Gabriela Pasos Pérez 170/171
Humanidad
← 25x30 cm Calotipia
↗ bio p.251
→ 25x35 cm Calotipia
José Loreto Morales Palacios
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Un soffio di luce a cura di Annamaria Castellan
“Ci troviamo a un punto della nostra civiltà in cui avvertiamo molto acutamente la necessità di una pausa immaginifica”, così scriveva Gillo Dorfles nel 2006. Questa esigenza è oggi più che mai sentita, per stabilire quell’intervallo perduto celato nella vita di ogni giorno e, ancora di più, da ri-trovare nelle espressioni artistiche. L’acquietarsi dei ritmi quotidiani si raggiunge soprattutto attraverso la rarefazione dei pensieri: aldilà di facili slogan new age, una ricerca scientifica rivela che la mente umana produce un pensiero al secondo… per ogni ora sono 3.600 pensieri, perlopiù ripetitivi, simili a quelli dei giorni prima. Immergersi nel silenzio della natura significa allora agire sul ritmo della routine quotidiana, per allentare il rumore di fondo che solitamente accompagna gran parte delle attività e magari per cogliere nelle piccole cose la potenza della creazione. Luigi Tolotti ha percorso i sentieri della Costiera triestina, scendendo fino al mare; l’utilizzo di un foro stenopeico, che richiede pazienti tempi di esposizione e uno sguardo che ribalta i consueti codici di ripresa, ha determinato la cadenza dei passi e indicato le soste. I piccoli elementi naturali catturano con la loro vibrante semplicità l’attenzione del viandante e conquistano il primo piano, lasciandosi velare da una luce morbida, capace di trasformare i dardi del sole e i moti marini in grafismi soffusi. Ed è il mare, che si intravvedeva nelle tappe lungo la discesa e infine si rivela in tutta la sua pacata e quasi teatrale bellezza, a trasportarci in un tempo sospeso, dove non vi è la tirannia di ore, stagioni o impellenze. Un approccio così meditativo mette al bando il facile effetto cartolina e rifugge dai panorami spettacolari per concentrarsi invece sulle emozioni, quasi trasponendo figurativamente la profonda poesia degli haiku. E forse non è un caso che Rainer Maria Rilke, il quale agli inizi del secolo scorso ha percorso gli stessi luoghi, si sia interessato proprio a questo genere letterario giapponese: “Piccole tarme vacillano tremanti dal bosso / muoiono stasera e non sapranno mai / che non era primavera”1. Lorella Klun
↗ bio p.259
Luigi Tolotti
1. R. M. Rilke, da Sämtliche Werke
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Chiome e Tronchi
23,5x29,7 cm - Parco Revoltella, 2007 Foto stenopeica
Pine Cone on the Ground
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Tarassaco o Dente di Leone
� 23,5x29,7 cm - Parco Revoltella, 2007 Foto stenopeica
→ 23,5x29,7 cm - Parco Revoltella, 2007 Foto stenopeica
Posto libero
178/179
Sole sopra l’Orizzonte
← 23,5x29,7 cm - Sistiana, 2012 Foto stenopeica
→ 23,5x29,7 cm - Sentiero Tiziana Weiss, 2012 Foto stenopeica
Scoglio con Echinoidea
180/181
Bagnasciuga con Ghiaia
� 23,5x29,7 cm - Sistiana, 2012 Foto stenopeica
→ 23,5x29,7 cm - Sentiero Tiziana Weiss, 2012 Foto stenopeica
Mussels below the Horizon
182/183
Scoglio con Mitili
� 23,5x29,7 cm - Sistiana, 2012 Foto stenopeica
→ 23,5x29,7 cm - Sistiana, 2012 Foto stenopeica
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Omaggio a Ludwig van Beethoven a cura di Sergio, Giuliana e Ludovico Carrino
La Biblioteca Beethoveniana è una grande collezione privata che conserva testimonianze storiche, musicali e artistiche su Ludwig van Beethoven dagli inizi dell’Ottocento ad oggi. È una grande casa museo (più di 11.000 pezzi originali), realizzata a Muggia (Trieste) dalla famiglia Carrino in quasi cinquant’anni di appassionate ricerche in tutto il mondo. Michael Ladenburger, già direttore del Museo Beethoven-Haus di Bonn, l’ha definita unica al mondo per dimensione e orientamento. Il vasto materiale è organizzato in dodici collezioni esposte negli affascinanti ambienti della casa-museo: sculture, dipinti e grafiche d’arte, prime edizioni (partiture, biografie, saggi critici, periodici), oggetti d’arte, medaglie, foto d’epoca, ex libris, cartoline, filatelia, figurine, pubblicità d’epoca, Kitsch, vini e dolciumi. La Biblioteca Beethoveniana ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti e menzioni internazionali: ha esposto le proprie collezioni alla Beethoven-Haus di Bonn, alla Philharmonie de Paris, Musée de la Musique, alla Kaiserhaus di Baden (Vienna), alla Fondazione Magnani-Rocca di Parma. Mantiene collaborazioni con rinomate istituzioni accademiche e culturali, nazionali e internazionali. Questa mostra fotografica si basa su un’indagine storica sul tema Beethoven, dalla seconda metà dell’Ottocento ad oggi ( e sulle località da lui frequentate). Ne risulta una raccolta di documenti storici originali molto rari e introvabili che spaziano dalle prime immagini del Compositore, della sua celebre maschera, della sua casa natale di Bonn, ai luoghi da lui frequentati e ai monumenti a lui dedicati. Molti documenti si riferiscono a edifici o monumenti distrutti dalle due guerre, ma anche dall’avidità irrispettosa delle varie amministrazioni pubbliche e private nel corso di due secoli. Interessante l’uso e lo sfruttamento dell’immagine di Beethoven fatto dalle varie fazioni politiche per i propri fini.
William Allen, Johann Batta, Atelier Brand&Barozzi, Harkanyi, Max Klinger, Emil Koch, Brüder Kohn, Rottmayer, Atelier Schneider
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Beethoven
8,7x13,8 cm Realizzazione russa, primo Novecento
Autore ignoto
Maschera di Beethoven
Atelier Schneider
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Casa natale di Beethoven
� 16,5x10,7 cm - Bonn, 1895 Kabinett-Foto, montata su cartone originale, maschera realizzata da Franz Klein nel 1812
Emil Koch
→ 13x19,2 cm - Bonn, 1890 circa Montata su cartoncino originale, la sola foto 10x15,7 cm, tecnica ignota; prima storica foto della casa natale del Compositore
Teschio di Beethoven
Johann Batta Rottmaye
190/191
Tomba monumentale di Beethoven
← 6,7x10,6 cm - Vienna, 1863 Realizzato durante la prima riesumazione dei resti del Compositore nel Cimitero di Wäring
Brüder Kohn
→ 17x23,8 cm - Vienna, 1900 Zentralfriedhof, Simmeringer Hauptstrasse nr. 234
Beethoven di Max Klinger
Edizioni E. A. Seemann
192/193
Cartolina fotografica satirica del monumento a Beethoven
� 17x23,2 cm - Lipsia, 1902 Beethoven di Max Klinger
P.B.
→ 8,8x13,8 cm - 1902
Karl Maria Julius van Beethoven
Harkanyi
194/195
Le Nove Sinfonie e Beethoven
� 8,8x13,6 cm - Pilgramgasse 24, Vienna, 1917 Ultimo discendente della famiglia del Compositore a portarne l’illustre nome (bispronipote), morto per una ferita di guerra il 10 dicembre 1917
Autore ignoto
→ 13,6x9 cm - Francia, 1922 Spettacolo teatrale, cartolina fotografica
196/197
Grandi interpreti prima del concerto a cura di Giulia Micheluzzi
Fotografia e Musica: due forme espressive diverse ma entrambe potenti, immediate, due linguaggi che possono arrivare direttamente al cuore. E, nonostante si tratti di due mondi diversi, esistono molte connessioni tra loro, l’una è in grado di sostenere l’altra, di amplificarne l’effetto, di commentarla, di esemplificarla. L’una si avvicina e tende la mano all’altra, bloccando certi attimi irripetibili, immortalando le espressioni che corrispondono alle note, perché solo così l’immagine può rendere eterno il suono. Ed è questo il lavoro di Arnaldo Grundner, un lavoro personale nato dalla sua grande passione per la musica classica, maturata negli anni ’60 a bordo di una petroliera all’ancora nella baia di Palembang, isola di Sumatra, mentre ascoltava una stazione radio australiana che mandava in onda il programma Music for the Music Lovers, dedicato alla grande musica classica, una musica che tocca le corde più intime di ognuno di noi. Così l’appuntamento con Music Lovers era diventato oramai quotidiano ed il desiderio di approfondire la conoscenza di questo mondo diventava sempre più grande. Una volta rientrato in Italia, decide di iscriversi alla Società dei Concerti di Trieste e vedendo arrivare grandi compositori nazionali ed internazionali al Teatro Comunale di Monfalcone, come i musicisti austriaci René Clemencic e Rudolf Buchbinder o come l’ungherese János Starker o ancora il pianista francese François-Joël Thiollier o il russo Nikita Magaloff, grandi musicisti che lui aveva ascoltato attraverso una radio, chiede di poterli immortalare durante le loro prove. Entra in punta di piedi come solo un grande fotografo è in grado di fare, cerca di non farsi notare tra uno scatto e l’altro, per cogliere e fermare l’attimo, ma più va avanti con questo lavoro e più capisce che questi famosi compositori sono alla fine persone comuni e ne fa suo il più grande insegnamento che involontariamente questi scatti fotografici gli donano: i grandi musicisti provavano incessantemente finché tutto non era perfetto e quindi non importava il luogo dove suonavano, poteva essere Manhattan, Mosca o Monfalcone ma l’importante era come loro suonavano e la perfezione che cercavano ogni volta che dovevano esibirsi. Un pò quello che fa il fotografo: prova, prova e riprova, immortalando attraverso lo scatto quell’attimo che per lui è perfetto, quello che lo emoziona e gli trasmette qualcosa, senza soffermarsi troppo al luogo in cui è. Tutte le fotografie sono state scattate a luce ambiente, con la poca luce dello spartito, cercando di afferrare tutti gli istanti più veri, più intimi, caratteristica intrinseca delle foto di Arnaldo Grundner e con cui cerca di trasmettere più emotività alle immagini scattate. Giulia Micheluzzi
↗ bio p.249
Arnaldo Grundner
198/199
RenĂŠ Clemencic e consorte
18x24 cm - 20/02/1986 Teatro comunale di Monfalcone (GO) Stampa in camera oscura
Rudolf Buchbinder
200/201
Janos Starker
� 18x24 cm - 21/03/1986, Teatro comunale di Monfalcone (GO) Stampa in camera oscura
→ 18x24 cm - 21/03/1986, Teatro comunale di Monfalcone (GO) Stampa in camera oscura
Michel Dalberto
202/203
Jeffrey Swann
� 18x24 cm - 29/04/1986 Teatro comunale di Monfalcone (GO) Stampa in camera oscura
→ 18x24 cm - 13/05/1986 Teatro comunale di Monfalcone (GO) Stampa in camera oscura
François Joël Thiollier
204/205
Tamàs Vàsàry
← 18x24 cm - 20/05/1986 Teatro comunale di Monfalcone (GO) Stampa in camera oscura
→ 18x24 cm - 30/05/1986 Teatro comunale di Monfalcone (GO) Stampa in camera oscura
Jรถrg Demus
206/207
Nikita Magaloff
� 18x24 cm - 03/06/1986 Teatro comunale di Monfalcone (GO) Stampa in camera oscura
→ 18x24 cm - 22/05/1987 Teatro comunale di Monfalcone (GO) Stampa in camera oscura
208/209
Affinché tu possa vedere i colori della musica a cura di Ennio Demarin e Massimiliano Muner
Questo è uno scontro frontale, come quando due mondi collidono violentemente. Due sogni, l’uno davanti l’altro, che si penetrano vicendevolmente fin tanto da diventare complementari. Uno scontro pieno di energia che profuma di vita. Questo è un sogno di un bambino che ha guardato per anni i propri eroi attraverso la carta patinata delle musicassette o i cartoncini leggeri dei dischi. Un sogno fatto di celluloide e vinile, di musica copiata e passata sotto banco, di ritmi martellanti, di giornali passati di mano in mano o letti avidamente nelle camerette degli amici più grandi. Eroi che non erano cavalieri erranti senza macchia ma storie di ordinaria normalità. Nessun castello incantato, né enormi draghi fiammeggianti, ma uomini e donne in carne ed ossa, chitarre distorte e pick-up incandescenti, batterie martellanti e voci portate al limite dell’umano sentire. L’eroe, riposta la spada e appoggiato a terra il pesante scudo borchiato, si armò con la fedele macchina fotografica, pronto ad immortalare i paladini di una gioventù spensierata e confusionaria. Musica e fotografia: due linguaggi distanti ma vicini, complessi ma semplici da far convivere assieme. Nell’adulto che sono diventato ho riversato l’amore per quei mondi così distanti riuscendo ad incontrare, anche solo di sfuggita, tutti quegli eroi che riempirono le mie giornate di bambino. Grazie al sito truemetal.it per cui ho avuto il piacere e l’onore di lavorare per anni, ho potuto entrare in stretto contatto con quel mondo che mi ha sempre attirato con la voce suadente ed ammaliante di una meravigliosa sirena. In quel pitt, sotto quel palco, ho visto passare migliaia di vite, migliaia di storie, e mi sono rivisto bambino, con gli occhi spalancati e la testa immersa in un turbinio di emozioni impossibili da descrivere a parole. Sotto quei palchi, ho vissuto migliaia di vite immortalandole per sempre attraverso la mia macchina fotografica, pesante e fedele compagna di viaggio e di avventure indimenticabili. Ho portato a casa spaccati di storia della musica mondiale, pagando spesso il prezzo di un posto in prima fila con sputi e birre sulla testa, gomme da masticare nei capelli, soli cocenti e piogge torrenziali, sempre e solo per essere lì, in quel piccolo universo, a sgomitare per un posto decente che mi permettesse di poter raccontare, con un occhio chiuso ed uno aperto, gli infiniti sogni di un bambino che non è mai voluto crescere per davvero. E voglio ringraziare quel bambino cocciuto ed indisponente, malmostoso e vorace, che ha voluto raccontare attraverso la luce i colori della sua musica e, di riflesso, della sua anima. Ringrazio chi ha voluto puntare tutto su quel bambino un po’ troppo cresciuto, a chi crede talmente tanto in lui da decidere di volersi affidare completamente, entrando in punta di piedi in un mondo di luci e colori tutti da raccontare. Perché vedere il colore è un piacere, poterlo raccontare un privilegio senza fine. ...affinché tu possa vedere i colori della musica. Daniele Peluso
↗ bio p.253
Daniele Peluso
210/211
Dave Mustaine - Megadeth
15,4x20,7 cm - USA, 2014 Rielaborazione polaroid 2020, mosaico, fotografia istantanea
Elias Viljanen - Sonata Arctica
212/213
Roberto De Micheli - Rhapsody of Fire
� 22,6x20,7 cm - Finlandia, 2013 Rielaborazione polaroid 2020, mosaico, fotografia istantanea
→ 22,6x20,7 cm - Italia, 2015 Rielaborazione polaroid 2020, mosaico, fotografia istantanea
Kim Bendix Petersen - King Diamond
214/215
Simone Simons - Epica
� 15,4x14 cm - Danimarca, 2013 Rielaborazione polaroid 2020, mosaico, fotografia istantanea
→ 15,4x14 cm - Olanda, 2012 Rielaborazione polaroid 2020, mosaico, fotografia istantanea
Kerry King - Slayer
216/217
Maria Arkhipova - Arkona
� 15,4x14 cm - USA, 2011 Rielaborazione polaroid 2020, mosaico, fotografia istantanea
→ 15,4x14 cm - Russia, 2016 Rielaborazione polaroid 2020, mosaico, fotografia istantanea
Paul Stanley - Kiss
218/219
Mathias Nygård - Turisas
← 15,4x14 cm - USA, 2015 Rielaborazione polaroid 2020, mosaico, fotografia istantanea
→ 15,4x14 cm - Finlandia, 2013 Rielaborazione polaroid 2020, mosaico, fotografia istantanea
220/221
Musica in fotografia
a cura del Circolo Culturale Fotografico Carnico e del Gruppo Marche Senigallia
Raccontare la musica con la fotografia sembra una provocazione. Poi, guardando le fotografie degli autori in mostra, ci si rende conto che ci sono mille modi per raccontare questo rapporto. Ma qual è la relazione esistente tra i due mezzi espressivi? La fotografia in mostra, di Riccardo Toffoletti, tratta dalla serie “Accostanze Oltranze”, si avvicina molto a questo tema. Il fotografo ha lavorato con il poeta Silvio Cumpeta accompagnando l’immagine alla poesia. Anche se musica e poesia fanno parte di generi diversi, le proposte teoriche di Cumpeta e Tofoletti, nell’introduzione al catalogo, potrebbero essere trascritte integralmente per avviare una proficua discussione sul rapporto fotografia-musica. Vincenzo Marzocchini entra direttamente nel merito di questa relazione paragonando la scala tonale dei grigi, “così sempre equilibrata e armoniosa oppure ricca di variazioni suggestive – con i valori ora forti e intensi, ora armoniosi e delicati delle variazioni musicali”. Dello stesso autore sono presenti in mostra quattro diversi registri iconici che scandagliano, ognuno a suo modo, il rapporto tra i due linguaggi ciascuno composto di 10 immagini. La prima serie fotografica, “Creazione”, è un reportage che descrive il lavoro di un liutaio in un casolare sperduto in località Dordolla a Moggio. Nella seconda serie, “Ricordi”, la tecnica, l’ambientazione e l’atmosfera cambiano completamente: l’immagine musicale ci conduce in un tempo sospeso fra ricordo e sogno di un’infanzia ovattata e felice. Nella terza serie, “Accordi”, un violinista suona sul greto di un torrente di montagna: le fotografie alludono ad un incontro scontro tra natura e cultura. Nell’ultima serie, “POLASax”, l’ambientazione è decisamente attuale. Le fotografie polaroid, elaborate manualmente, ci proiettano nell’ambiente frizzante di una jazz session. Tutt’altro genere quello della reporter Gigliola Di Piazza che ci fa rivivere l’emozione della stagione magica dei concerti della musica internazionale milanesi degli anni ’80/90. I suoi ritratti di cantanti e musicisti sprigionano energia, vitalità e leggerezza. Il Circolo Culturale Fotografico Carnico rende omaggio alla musica tradizionale con un collage dedicato alle bande musicali della Carnia riprese con un altrettanto tradizionale macchina fotografica, la “minutera”. Dino Zanier propone, inoltre, una fotografia stenopeica dell’indagine su “Lo spopolamento montano”: è una riflessione sull’importanza della musica del vissuto di chi, lavorando all’estero, trovava nella musica tradizionale un mezzo per sopportare la lontananza.
Luigi Corbetta, Gigliola Di Piazza, Massimo Marchini, Vincenzo Marzocchini, Daniele Papa, Alberto Polonara, Dino Zanier Riccardo Toffoletti, C.C.F.C.
I fotografi marchigiani hanno usufruito di un importante luogo di aggregazione e diffusione della cultura fotografica quale il Musinf (Museo d’arte Moderna dell’Informazioni e della Fotografia di Senigallia). Al suo interno si è costituito un gruppo di lavoro che ha organizzato l’Osservatorio Italiano di Fotografia Stenopeica. L’aver posto l’attenzione su una tipologia fotografica in larga parte sperimentale ha spianato la strada verso la ricerca di procedimenti non convenzionali, sia antichi che moderni. Di fatto i fotografi qui presentati hanno una particolare versatilità nel padroneggiare processi di stampa diversi, che adattano al tema scelto ottenendo risultati raffinati e sorprendenti. Di questo gruppo fa parte Massimo Marchini, animatore e certamente persona più qualificata rispetto alle tecniche di stampa antica: carta salata, cianotipia, Van Dyke, gomma bicromata, ecc. Le due immagini in mostra sono ottenute con modalità miste: quella di Marchini con la tecnica di stampa al collodio umido su plexiglass e quella di Polonara con la tecnica Van Dyke. Della stessa zona è anche Daniele Papa che, pur mantenendo un approccio di ripresa classico, utilizza, quando il tema lo richiede, macchine fotografiche analogiche non convenzionali. Le sue fotografie hanno un orientamento spiccatamente antropologico. Anche Luigi Corbetta, pur non essendo marchigiano, condivide lo stesso interesse per la sperimentazione, opera con tecniche diverse, presenta una serie di foto polaroid elaborate prima che l’immagine si fissi sul supporto. Dino Zanier
222/223
Carnevale
30x40 cm - Venezia, 1983 Ingrandimento pellicola TriX 400 24x36, carta Ilfordi
↗ bio p.252
Daniele Papa
ACCOSTANZE OLTRANZE
↗ bio p.258
Riccardo Toffoletti
224/225
Presenze assenti
← 30x30 - Udine, 1988 Ingrandimento da pellicola B/N 6x6 cm
↗ bio p.261
Dino Zanier
→ 13x18 cm - Luint, Ovaro, 2020 Macchina a foro stenopeico, ripresa in due tempi, negativo 13x18, positivo stampato a contatto su carta Ilford
Un toc da bande di Sudri
C.C.F.C.
226/227
Liza Minnelli
← 60x60 cm - Sutrio, 2020 Fotografie eseguite con minutera, negativo su carta, positivo a contatto, impaginazione collage
↗ bio p.246
Gigliola Di Piazza
→ 30x46 cm - Milano, 1980 / 1990 Ingrandimento da pellicola B/N 24x36
Omaggio a Man Ray
↗ bio p.250
Massimo Marchini
228/229
POLASax
← 13x18 cm - San Lorenzo in Campo, 2020 Collodio umido su plexiglass
↗ bio p.250
→ 6x9 cm - Caffè Manzoni, Tolmezzo, 2001 Pellicola Polaroid
Vincenzo Marzocchini
Danza
↗ bio p.245
Luigi Corbetta
230/231
Le sorelle ritmo e melodia
← 6x9 cm - Como, 2020 Pellicola Polaroid tecnica peel apart
↗ bio p.253
Alberto Polonara
→ 40x50 cm - Senigallia, 2020 Macchina fotografica stenopeica con dorso pellicola polaroid auto costruita, riproduzione della foto polaroid con banco ottico in grande formato, stampa a contatto con tecnica Van Dyke
232/233
STRANA B a cura di Robert Sironi
La mostra denominata “Strana B”, ossia il “Lato B” del vinile a 45 giri, raggruppa quattro autori tra i più rappresentativi della fotografia contemporanea croata. Il percorso espositivo inizia mettendo in campo alcune delle tecniche più antiche di stampa: la cianotipia e il foro stenopeico, che Robert Sironi utilizza per immergersi in luoghi altrettanto antichi. L’autore, in una sorta di viaggio nel tempo, immagina di vivere le esperienze e le possibili interpretazioni musicali di allora, inscenate nei luoghi ricchi fascino e di storia, come quelli dell’Arena di Pola e di Dvigrad, l’antica città di Due castelli. Danilo Balaban, appassionato fan di Beethoven, cerca una simile grandiosità nella terra Istriana, rimanendo colpito dalla sua diversità e bellezza. Per cogliere appieno le manifestazioni della natura, si avvale del più grande formato fotografico che ha a disposizione, un banco ottico da 8x10 pollici. Rino Gropuzzo, maestro nel catturare la grazia femminile, ci presenta piccoli frammenti della contemporaneità urbana: si immerge nella vita notturna di Milano, accompagnata da un po’ di alcool, segnata da atmosfere fumose e soprattutto scandita da uno strabiliante Jazz di mezzanotte. Infine, Miroslav Arbutina Arbe, appena premiato con il maggiore attestato della fotografia in Croazia, ci regala un po’ di emozione, catturata con la tecnica di collodio umido su fragili vetri di grande formato. Se di solito nei dischi il Lato B era così nominato perché conteneva brani musicali considerati di valore secondario, il Lato B riferito a questa esposizione, ci fa senz’altro dubitare di questa riduttiva assegnazione. Robert Sironi
Miroslav Arbutina, Danilo Balaban, Rino Gropuzzo, Robert Sironi
234/235
Miniature in C
6x12cm - 2020 Serie di 12 immagini, cianotipie su carta Fabriano Acquarello 200g, dalle pellicole fatte al foro stenopeico
↗ bio p.257
Robert Sironi
Le note Milanesi
↗ bio p.249
Rino Gropuzzo
236/237
Collodium Siscia
← 30x40 cm Serie di 6 fotografie, stampa su carta fotografica
↗ bio p.243
→ 18x24 cm Serie di 4 fotografie, collodio umido su vetro
Miroslav Arburtina - Arbe
Cantata Istriana
↗ bio p.243
Danilo Balaban
238/239
� 50x60 cm Serie di 6 fotografie, stampa ai sali d’argento dal negativo banco ottico
240/241
Biografie
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Biografie
242/243
Miroslav Arbutina - Arbe
↗ p.237
Nasce nel 1959 a Sisak, Croazia. Scopre la fotografia nei primi anni ’80, all’inizio considerata come hobby, ma in seguito approfondita tanto che nel 1987 lascia il suo lavoro alla “Ferriera Sisak” e inizia a vivere di fotografia, in particolare quella industriale per molte aziende croate e per uso pubblicitario. All’inizio della guerra in Croazia, incomincia a fare fotografia documentarstica per i quotidiani croati e le agenzie estere; il suo viaggio come fotografo di guerra si conclude con la liberazione di Petrinja. Nell’anno 1999 fonda il Club fotografico “Siscia Obscura” e nel 2008 lancia la galleria fotografica “All’aperto”, probabilmente l’unica di questo tipo in Croazia. Nel 2009 apre per il pubblico la galleria fotografica “Siscia Obscura”, di cui è anche il responsabile. Ha pubblicato un libro di fotografie, che è una retrospettiva dei primi 20 anni del suo lavoro. Ha avuto più di venti mostre sia personali che di gruppo e ha vinto numerosi importanti premi nazionali. Oggi vive e lavora a Sisak e continua l’attività come libero professionista. Angela Arziniaga González
↗ p.166
Nasce a Xalapa, Veracruz, nel 1960. Laureata presso la Facoltà di Arti Plastiche di Veracruz e diplomata presso la Benemérita Universidad Autonóma di Puebla in Exibition Design Management e in Biomagnetismo Medico. Ha seguito corsi di museografia, restauro fotografico, processi fotografici del XIX secolo, analisi dell’immagine, calcografia, pittura, ceramica, heliogravure, ecc. con vari maestri. Dal 1980 ha partecipato a molteplici
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mostre, personali e collettive, nella Repubblica Messicana e all’estero. È membro fondatore di Foto Apertura, del Movimiento Fotográfico Independiente, Fundación Puebla, del Salón Independiente de Arte Erótico, del Gabinete Fotográfico e del Gabinete Arte y Cultura. Collabora con pubblicazioni d’arte e divulgazione scientifica; ha insegnato presso varie Università e attualmente svolge la sua attività presso il Gabinete Fotográfico. Danilo Balaban
↗ p.238
Nasce nel 1960 a Zagabria, Croazia. Studia ingegneria meccanica e tecnologia grafica; durante gli studi comincia la sua carriera fotografica professionale (pubblicità, fotografia artistica, moda, documentaristica...). Durante la guerra in Croazia e Bosnia ed Erzegovina ha lavorato come giornalista, produttore TV e interprete. Pubblica e cura una rivista, contribuisce a progetti artistici e sociali e realizza diverse mostre. Ultimamente per le sue opere fotografice usa banchi ottici da 4x5 e 8x10 pollici. Ha vissuto e lavorato a Zagabria, Monaco di Baviera e Principato di Monaco. Dal 2001 trascorre la maggior parte del tempoa Brkac, vicino a Montona, Istria, Croazia Elisa Biagi
↗ p.14
È una fotografa documentaria. Di formazione architetto, attualmente lavora come photo editor, fotografa professionista e consulente editoriale. Inizia la sua ricerca in campo fotografico analogico in tenera età, che approfondisce successivamente durante gli studi in Architettura
avvicinandosi all’immagine digitale e alla rappresentazione nei nuovi media. Senza perdere interesse nella fotografia analogica, prosegue la sua formazione avvicinandosi sempre più spiccatamente ai nuovi media, fino ad accedere nel 2016 alla Masterclass internazionale di fotogiornalismo “Visual Storytelling in the Digital Age”, organizzata dall’ICP-International Center of Photography (New York) e da Camera Centro Italiano per la Fotografia (Torino). Curatrice indipendente, svolge attività di mentorship per altri fotografi. Con l’obiettivo di mettere le competenze al servizio di progetti di valore sociale cura e promuove personalmente progetti artistici nel campo della salute mentale e dei diritti umani. Serena Bobbo
↗ p.16
Fotografa professionista, è nata a Treviso nel 1989. Dopo il diploma di Maestro D’Arte, ha conseguito la laurea in Conservazione dei Beni culturali con indirizzo storicoartistico presso l’Università degli Studi di Trieste. Nel 2015 ha partecipato alla seconda edizione di ZEROPIXEL Festival e ha curato la mostra sulla Pop Art “Icon of Music: Then and now” a Grado, in collaborazione con Steve Kaufman Art Licensing LLC. Nel 2019 ha partecipato alla sesta edizione di ZEROPIXEL FESTIVAL e nel 2020 al progetto europeo “Volunteers4Europe” e alla relativa mostra fotografica “Volunteers4Europe, 21 fotografi raccontano il volontariato europeo”, in collaborazione con l’Associazione Culturale Acquamarina. Collabora come fotografa con Centoparole Magazine, Wunderkammer Trieste e Trieste AllNews.
Biografie
Ugo Borsatti
↗ p.18
Triestino, classe 1927, scatta le sue prime foto importanti nel 1943, dopo il drammatico proclama di Badoglio dell’8 settembre. Nel 1952 apre Foto Omnia, prediligendo la fotocronaca. Inizia soprattutto con il baseball, allora molto in voga, poi estende il suo lavoro a tutti gli altri sport, diventando corrispondente di “Stadio”, “Tuttosport” e “Corriere dello Sport”. Nel 1953, conosce Fedele Toscani, padre di Oliviero, che è titolare dell’Agenzia Rotofoto, con la quale collaborerà per molti anni. Diventa corrispondente di altre agenzie come Dufoto, Sorci, Palmas, è corrispondente del Corriere della Sera e collabora con altre importanti testate. Tra i libri pubblicati, oltre al diario di guerra “Croazia 1944”, si annoverano quelli che raccontano per immagini la storia di Trieste degli ultimi decenni: “Ugo e noi”, “Leica e le altre”, “Trieste 1953” e “Trieste 1954”. Annamaria Castellan
↗ p.20
Nata a Trieste, fotografa e giornalista pubblicista, ha iniziato la sua formazione frequentando l’Istituto Statale d’Arte di Trieste e il Master in Fotografia presso l’Istituto Europeo del Design di Milano con sede a Venezia. A Londra, nel 1978, ha avuto modo di conoscere e frequentare il fotografo tedesco Patrick Trefz. Co-fondatrice dell’Associazione Cultura Viva e membro del direttivo del Circolo Fotografico Fincantieri - Wartsila, fonda nel 2002 l’Associazione Culturale Acquamarina, della quale è presidente. Nel 2014 fonda, con Massimiliano Muner e Michela Scagnetti, ZEROPIXEL Festival. È stata docente di Tecniche fotografiche sperimentali in alcune scuole del Triveneto e tuttora si dedica
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alla divulgazione della Fotografia. Ha iniziato con il fotoreportage e la fotografia di paesaggio e natura, per poi privilegiare il ritratto femminile; negli ultimi anni la sua ricerca si indirizza in senso astratto ed informale. Le sue fotografie sono conservate presso collezioni pubbliche e private, tra cui la Fondazione Fratelli Alinari, e sono state pubblicate su testate nazionali e internazionali, nonché su antologie e testi letterari. Luigi Corbetta
↗ p.230
Luigi Corbetta inizia a fotografare negli anni ’70 alle dipendenze di una delle più importanti aziende di fotografia (Brunner&C.). Qui avviene la sua formazione e la conoscenza di innumerevoli tecniche usate fin dagli albori della fotografia. Tutte queste magiche “ALCHIMIE” si tradurranno in una costante ricerca delle “emozioni”, la molla che fa scattare l’obiettivo in un’attività nella quale l’amore per il lavoro si coniuga con quello per l’arte. Luigi Corbetta ha collaborato a vario titolo con molti fotografi e ha esposto in numerose mostre fotografiche; ha vinto un primo premio Kodak “Le stagioni del ritratto”. È stato per alcuni anni fotografo ufficiale a Venezia della “Reale Associazione Bucintoro” per le regate storiche. Anton Corbijn
↗ p.87
“A me interessa costruire una connessione con chi fotografo. Siamo io, lui e la macchina fotografica per cui, alla fine, si tratta quasi di una questione personale. Le immagini devono riflettere l’incontro di due persone”. “L’analogico è migliore del digitale, ma ci piace la comodità”. “Adoro il linguaggio del
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corpo”. Anton Corbijn nasce a Strijen in Olanda nel 1955. La sua passione per il rock lo vede avvicinarsi molto giovane alla fotografia per seguire da vicino la scena musicale locale. Nel 1979 si trasferisce in una Londra in pieno fermento post-punk e inizia a collaborare con la NME, prestigiosa rivista musicale inglese. Nel giro di pochi anni ritrae i personaggi più importanti e carismatici del rock e della new wave allargando, poi, la galleria dei suoi soggetti ai protagonisti del cinema, della letteratura e, in un secondo tempo, della moda, dello sport e dell’arte. Corbijn racconta, da più di quarant’anni, una cultura di confine che si muove tra musica ed immagine. I suoi soggetti più popolari sono le icone dello star system, che ritrae utilizzando un linguaggio scarno e minimale attraverso uno stile che, come ha detto Bono, lo porta a fotografare “la musica piuttosto che il musicista” e che tra gli anni Ottanta e Novanta lo ha portato a collaborare con le più note riviste (Vogue, Rolling Stone, Stern, Max, Glamour e Elle, solo per citarne alcune) fino a diventare un autentico creatore di progetti artistici che vanno oltre la fotografia. Parallelamente all’attività di fotografo, verso la metà degli anni Ottanta, Corbijn comincia a dirigere video musicali; tra gli artisti con cui ha collaborato troviamo David Sylvian, Joni Mitchell, Nick Cave, Red Hot Chili Peppers, Mercury Rev, Depeche Mode, U2. Nel 1993 vince l’MTV Music Award per il miglior video dell’anno con Heart Shaped Box dei Nirvana. Johnny Cash, Ian Curtis dei Joy Division, David Bowie, Iggy Pop, Henry Rollins, Frank Sinatra e Miles Davis, così come William Burroughs, Allen Ginsberg, Salman Rushdie, Wim Wenders, Martin Scorsese, Robert De Niro, David Lynch o Michael Schumacher
e Naomi Campbell sono tra i suoi soggetti, spogliati da qualsiasi patina e ritratti in atteggiamenti comuni, imponendo la persona al personaggio con l’obiettivo di andare oltre l’immagine pubblica. I suoi ritratti, spesso monocromi, sono immersi in un’atmosfera cruda e austera, dove i soggetti, quasi a contrasto, sembrano trovarsi in una qualche sorta d’intimità con l’obbiettivo. Ennio Demarin
↗ p.22
Maestro fotografo e voce importante della fotografia triestina, è conosciuto in tutto il mondo per aver scritto la storia della fotografia Polaroid con i suoi transfer, unico italiano presente nella prestigiosa pubblicazione “Polaroid Transfer”, affianca al suo lavoro di fotografo professionista una costante ricerca artistica. La sua fotografia inizia nel mondo del fotogiornalismo, ma da subito approda al ritratto, allo still life, alla fotografia di moda, di nudo e pubblicitaria, sempre all’insegna della ricerca, dapprima totalmente analogica e oggi anche digitale. Ha vinto, per la ricerca fotografica, il prestigioso “Prix de la Fondation Pathé de Royan” in Francia. Una delle sue opere (1x1,4 m.) è stata acquistata dalla polaroid Collection per la sua collezione permanente. Recentemente ha ripreso il suo lavoro di transfer con pellicole istantanee, tenendo corsi e work-shop di grande formato e realizzati con il banco ottico, indirizzati a fotografi esperti. Le sue immagini divenute libri, brochures, manifesti, sono state divulgate in tutto il mondo. I suoi lavori sono stati esposti in mostre sia personali che collettive, ha pubblicato su Zoom, Progresso Fotografico, Photò, PRO, Il Fotografo professionista, Polaroid International Magazine, Photo Magazin
Biografie
Germania, Juliet. Nel 2019, alla Galleria TRART di Trieste, ha esposto un’antologica di tutta la sua produzione Tranfer Polaroid dal titolo “Oltre lo scatto”. Gigliola Di Piazza
↗ p.227
Fotografa pubblicista, Tualis, Comeglians; 11 marzo 1947—5 ottobre 2018. Era partita giovanissima dal Friuli per stabilirsi a Parigi dove aveva frequentato un corso di pittura. Poi Milano dove negli anni Ottanta nasce la passione per la fotografia: una predisposizione naturale che l’ha portata a collaborare con alcune delle più importanti testate giornalistiche italiane come il Corriere della Sera, La Stampa, la Repubblica, ecc. Importanti i suoi reportage che spaziano dalla fotografia di costume a quella etnica. Non manca però di fotografare il mondo delle sue radici, la Carnia, con i suoi paesi, le consuetudini, i riti. “Una donna decisamente tutta d’un pezzo, dal vaffa... facile che era più una misura del suo essere schietta, diretta, cristallina che una forma di distanza dalle persone o dagli atteggiamenti che non condivideva. Il suo sguardo fotografico ci affascina da subito per essere incredibilmente distante da quell’apparente durezza: delicato, raffinato, capace di cogliere quell’istante irripetibile che solo i grandi fotografi sanno immortalare”. Così è definita in una breve descrizione che la ritrae in una pagina web. Davide Dionisio
↗ p.24 / p.125
Nasce e vive a Trieste. Si dedica alla fotografia, principalmente analogica, da molti anni, sperimentando soprattutto in camera oscura. Ha al suo attivo
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esposizioni personali alla Sala comunale di Muggia, (landscapes) alla Casa della Musica, alla Casa del popolo di Ponziana (ritratti), al Knulp (polaroid e sperimentazioni), nonché la partecipazione ad alcune collettive, al DobiaLab (dove sono state presentate delle polaroid), al club Zyp all’interno della seconda edizione del progetto Domestica con un progetto di “foto e parole”, alla sala espositiva Metrocubo, al teatro Miela all’interno dei festeggiamenti annuali per Eric Satie.
con la sua famiglia, Giacomo ha unito la passione per la fotografia a quella per i viaggi e la scoperta di luoghi esotici e lontani. Negli ultimi anni si è dedicato in particolare modo al continente asiatico. Tra i pochi fruitori di fotografia analogica e stampa a mano della sua generazione, Giacomo pone sempre i riflettori sulle persone comuni e sulla vita quotidiana in una varietà di contesti geografici e culturali, col fine ultimo di dare parola alle proprie foto e far loro “raccontare storie” di vita quotidiana.
Lorenzo Ferraro
Maurizio Frullani
↗ p.26
Nato nel 1980, ha iniziato a scattare fotografie nel 2003 con la vecchia macchina fotografica del padre. In quel periodo fotografava qualsiasi cosa, poi in un paio d’anni, da autodidatta, ha iniziato a lavorare in camera oscura. Un giorno ha trovato Dream/Life di Trent Parke, che ha cambiato il suo il suo modo di vedere, rivelandogli come la fotografia sia molto più di quello che lo sguardo ci mostra. Nel 2017 è entrato a far parte di AllFormat Collective, gruppo internazionale di fotografi legati dall’amore per la fotografia analogica. Giacomo Frullani
↗ p.28
Fotografo fine-art, vive e lavora a Trieste. L’interesse per la fotografia e la stampa in camera oscura, trasmessogli dal padre Maurizio anch’egli fotografo, l’hanno accompagnato sin dalla giovane età. Nel corso degli anni, ha consolidato la passione per la fotografia analogica in occasione di progetti specifici, facendosi notare in ambito nazionale da associazioni e riviste del settore, in special modo nei generi del reportage e della ritrattistica in bianco e nero. Dopo i 7 anni trascorsi ad Asmara (Eritrea)
Musica+Collaterali
↗ p.30 / p.137
Ronchi dei Legionari (GO) 1942–2015. Inizia a fotografare nel 1963 e dal 1974 si dedica maggiormente al reportage, attraversando in automobile Turchia, Iran, Afghanistan, Pakistan e India. Tra il 1980 e il 1988 ritorna spesso in India e Nepal, iniziando lo studio della musica classica dell’India del Nord con maestri indiani che segue anche in alcuni stages in Italia, presso la Scuola Interculturale di Musica Comparata della Fondazione Cini a Venezia. Proprio da questa esperienza è tratto il libro fotografico “Sulla strada del Raga – viaggio tra Musicisti, Liutai e Scuole Musicali dell’India del Nord”. Dal 1993 al 2000 si trasferisce in Eritrea, come insegnante presso la Scuola Italiana di Asmara; visita Etiopia, Yemen, Egitto e Lesotho riportando, anche da quelle terre, materiale fotografico. Rientrato nella sua Ronchi dei Legionari, crea il grande progetto fotografico “Santi, Miti e Leggende”, un lavoro di straordinaria forza evocativa in cui reinterpreta i miti e le leggende di differenti popoli. Nel 2011 riceve il premio Friuli Venezia Giulia Fotografia, XXV edizione.
Arturo Fuentes Franco
↗ p.165
Nato nel 1953, fotografa dal 1985. Ha collaborato con vari quotidiani e riviste nazionali ed estere e per agenzie di stampa internazionali. Ha pubblicato la sue fotografie su libri e riviste di istituzioni sia pubbliche che private, esponendo in numerose mostre. Per cinque anni ha tenuto corsi di fotografia presso la Fabricas de Artes y Oficios di Città del Messico e ha seguito, con diversi maestri professionisti, corsi di stampa al palladio, heliogravure, collodio umido e dagherrotipo. Attualmente i suoi lavori sono presenti in alcune aste di Casa Morton y Morton. Janko Furlan
↗ p.32
Inizia a fotografare nel ’75, mentre lavora come cronista-reporter per un quotidiano locale. Nel 1982 trasforma la sua passione per la fotografia in lavoro, inaugurando lo Studio Effekappa, spazio di 250 m2 che conta al suo interno due grafici, un art buyer e un assistente scenografo, in modo da poter spaziare dalla fotografia pubblicitaria e commerciale alla grafica. Tra i suoi clienti aziende come Kronos, Elan, Zanussi Spa, GorenjeGmbH, Mionetto, KortingGmbH, Fantinel Spa, Brossard Spa, Baxter Spa Eurospital Pharma Spa, Bertolini Spa, Wild Srl, Ledysan Spa, Modiano Spa,Universal Computer, Illycaffe Spa, vari Istituti di Credito, Bristot caffe Spa e Stock Distillerie Spa. Dalla chiusura dello studio nel 2006, realizza cataloghi, brochure e database per la Stoneage s.r.l. e per il Castello di Duino dei Principi Torre e Tasso. Quale esperto in fotografia pubblicitaria, tiene dei corsi di fotografia presso l’Istituto Statale d’Arte Nordio di Trieste.
Biografie
Rafael Galván Montoto
↗ p.168
È nato nella città di Puebla, in Messico, nel 1965. Dall’età di sette anni inizia a prendere lezioni di pittura e modellazione. Studia Scienze della Comunicazione presso l’Universidad de las Américas di Puebla. Consegue il Master in Arti Visive con orientamento fotografico presso la Escuela Nacional de Artes Plásticas dell’Universidad Nacional Autónoma de México, ottenendo la menzione d’onore con la tesi “Un Laberinto Hilado”. Ha lavorato anche nel campo teatrale come scenografo, lighting designer, produttore e direttore. Negli anni ’80 ha praticato la fotografia stenopeica, concentrandosi su soggetti classici come nature morte e ritratti. Ha frequentato laboratori di stampa al palladio-platino con Julio Galindo, emulsione liquida con Holga Chamber, trasferimento di carbone con Sandy King, collodio umido con Waldemaro Concha, stampa all’albumina con Gabriela Ulloa, negativi digitali con Scott Marten e work-shop di heliogravure con Byron Brauchli. Ha partecipato a numerose mostre personali collettive nazionali ed estere. Attualmente lavora presso il suo laboratorio “La línea del Horizonte” a Puebla, privilegiando e insegnando le tecniche fotografiche del ’900. Sergio Javier González Carlos
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Nasce nel 1950 in Messico a Puebla, sede da circa cinquant’anni della sua produzione artistica. È entrato in contatto giovanissimo con la fotografia e l’arte; all’inizio il suo interesse si è diretto verso la fotografia documentaria, attirato dagli usi e costumi tradizionali della regione, così come dai paesaggi e dalla vita delle diverse comunità. In seguito si è avvicinato alla sperimentazione
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visiva e alle arti plastiche, tenendo numerose mostre con allestimenti in cui incorporava incisione, scultura, oggetti d’arte e videoinstallazioni. Si è occupato, in area editoriale, di produzioni legate alla cultura e alla storia dell’arte, in qualità di autore e coautore. Nel corso della sua carriera artistica va evidenziata la sua partecipazione nel 1983 alla XLIII Biennale di Venezia e l’organizzazione e partecipazione per oltre dieci anni a “Arterótico”. Recentemente ha esposto in Messico, Italia e Slovacchia. Ellen Goodman
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Statunitense, vive in periferia di St. Louis, nel Missouri, con il marito e la figlia. È Direttore del Film Shooters Collective, gruppo dedicato alle arti cinematografiche e fotografiche, che sostiene i suoi membri attraverso pubblicazioni, eventi e mostre; ha ideato la prima mostra collettiva del FSC “NSWE: Divided by Land, United by Film” allestita al Kranzberg Art Center di St. Louis. Ha anche organizzato “Earth, Aliens, Hope and the Unknown”, esposizione collettiva ospitata nel 2019 al Revela’t Festival della Fotografia Analogica di Vilassar de Dalt, Barcellona, poi ospitata a Cadiz e successivamente a PhotoPatagonia in Argentina. Rino Gropuzzo
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Nasce nel 1955 a Fiume, città in cui nel 1983 si laurea in ingegneria. Si occupa di fotografia sin dai primi anni Settanta. Agli inizi degli anni Ottanta intraprende la professione di fotografo, trascorrendo lunghi periodi a Parigi e Milano. Vi si specializza nel campo della fotografia artistica e di moda e inizia a collaborare con l’agenzia milanese “Marka”. Nel 1987 diventa membro dell’Associazione croata
Musica+Collaterali
degli artisti indipendenti. Dal 1988 al 1998 vive perlopiù a Milano, dove si occupa della fotografia di moda, bellezza, fotografia erotica, stock e pubblicitaria, ma trascorre anche lunghi periodi ad Atene e Los Angeles e contemporaneamente espone in mostre in Italia, Croazia e Canada. Ritorna in Croazia nel 1998, quando inizia una fruttuosa collaborazione con le principali riviste (l’edizione croata di “Penthouse”, l’edizionecroata e serba di “Playboy”, “Elle”, “Klik” “Cosmopolitan”, “Grazia”, “Globus”), agenzie pubblicitarie e comunità turistiche, ma continua anche la sua ricca attività artistico-espositiva in Croazia e all’estero. Oltre all’Associazione croata degli artisti indipendenti, questo autore pluripremiato è anche membro dell’Associazione croata degli artisti di arti figurative e le sue opere fanno parte delle collezioni del Museo civico di Fiume, del Museo d’arte moderna e contemporanea di Fiume e di alcune collezioni private. Arnaldo Grundner
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Nato a Monfalcone (GO) nel 1939, vive e opera a Gradisca d’Isonzo. Fin da giovane ha percorso a lungo l’India e l’Asia; affascinato dai luoghi permeati di storia e arte, ha approfondito storie e vicende, con frasi e pensieri che ha posto manualmente in calce alle fotografie, creando un tutt’uno tra l’immagine e i luoghi del racconto. Opera preferibilmente con il bianco e nero, di cui è profondo conoscitore. Ha esposto le proprie opere in Italia e all’estero; molte delle sue foto compaiono su riviste e pubblicazioni, tra le quali: “Il mito del paesaggio nella Fotografia nel Friuli Venezia Giulia”, “Immagini e Cultura”, “La Storia ritrovata”, “Il Territorio”, “Come fotografare
in bianco e nero”, “Vent’anni del Teatro di Monfalcone”, “Symphonia” e “Il Tempo dei Fotografi”. È stato curatore della galleria fotografica “Incontro” all’aeroporto di Ronchi dei Legionari. Roberto Kusterle
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Nato a Gorizia nel 1948, città dove vive e lavora. Inizia la sua ricerca artistica negli anni ’70, dedicandosi sia alla pittura, che alle installazioni; dal 1988 si interessa alla fotografia che, con il passare degli anni diviene il suo principale mezzo espressivo. I temi essenziali della sua poetica sono la continuità tra il mondo umano, animale e vegetale, il ruolo mediatore del corpo, la negazione dello sguardo, l’esercizio costante dell’ironia, dell’ambiguità e dello spiazzamento per dare forma a un’idea e stimolare l’osservatore a interrogarsi. Ha realizzato una trentina di pubblicazioni e sono numerosi i riconoscimenti ricevuti, tra cui il Premio per la migliore mostra fotografica in Slovenia, al Masecfotografije di Lubiana nel 2006 e il Premio Friuli Venezia Giulia Fotografia, del CRAF, Spilimbergo, 2012. Massimo Marchini
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È nato a Senigallia; appassionato di fotografia da circa 40 anni, ha maturato esperienze sia in ambito amatoriale che professionale; è uno dei soci fondatori del gruppo fotografico F/7 di Senigallia con il quale ha partecipato a numerose esposizioni collettive proponendo le proprie opere in varie città italiane. Massimo Marchini dedica particolare impegno alla continua ricerca di nuove soluzioni creative e al recupero di antiche tecniche di ripresa e stampa; ha partecipato attivamente alla
Biografie
realizzazione dell’Osservatorio e dell’Archivio italiano per la Fotografia Stenopeica, fondato a Senigallia presso il Musinf (Museo Comunale D’Arte Moderna Dell’Informazione e Della Fotografia) per favorire la divulgazione di questo genere fotografico. È curatore della mostra nazionale della Fotografia Stenopeica che si svolge periodicamente a Senigallia. Vincenzo Marzocchini
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È nato ad Ancona nel 1948; nel 1971 acquisisce la laurea in Pedagogia presso l’Università di Urbino. Si occupa di fotografia a partire dalla fine degli anni 1970, in particolare con programmi di educazione all’immagine come docente di materie letterarie e libere attività complementari nella scuola media inferiore. Inizialmente si è dedicato a ricerche sul territorio, successivamente alla sperimentazione in camera oscura e alle riprese sulla figura. In seguito, i suoi interessi si rivolgono agli studi storici, di analisi e critica e soprattutto ai rapporti tra fotografia e letteratura. Attualmente la sua attenzione si focalizza sulla raccolta di immagini d’epoca, seguendo il criterio delle tecniche di stampa e di riproduzione con particolare riguardo alla ritrattistica tra Ottocento e Novecento. Nel 2007 ha contribuito alla creazione del Museo Storico Fotografico di Montelupone (Mc). Ha fatto parte dello staff redazionale della rivista Gente di Fotografia per la quale ha scritto numerosi testi critici. Negli ultimi anni la fotografia stenopeica, unitamente agli studi storici e teorici, assorbe tutta la sua produzione pratica. Alcune delle pubblicazioni più importanti: Letteratura e fotografia. Scrittori poeti fotografi, Edizioni Club 2005; La fotografia stenopeica in Italia.
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Storia tecnica estetica delle riprese stenoscopiche, Edizioni Clueb 2006; L’immagine di sé. Il ritratto fotografico tra ’800 e ’900, Ed. Lanterna Magica 2010; Attorno a una poesia di Mario Giacomelli, Ed. Polyorama 2012; Ritratti al plurale. Fotografi anconetani tra ’800 e ’900, Ed. Polyorama 2015; Fotografi nelle Marche dal dopoguerra a oggi, Grafiche Bieffe 2016; Fotografi nelle Marche 1900-1950, Ed. MarVin 2018. José Loreto Morales Palacios
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Nasce nel 1959 a Puebla. Da sempre attratto dalle arti visive, inizia il suo rapporto con la fotografia nel 1978, lavorando al dipartimento audiovisivo della scuola, conseguendo la laurea in fotografia e insegnamento universitario. Segue numerosi corsi di fotografia storica (cianotipia, carta salata, ambrotipia, palladioplatino, e dagherrotipia). Dal 1995 è docente di fotografia per l’Università Iberoamericana, tenendo laboratori artistici e corsi di comunicazione e graphic design. Sempre dal ’95 è professore fondatore al Centro Integral de Fotografía e professore all’Università di Madero. Ha partecipato a molteplici mostre presso gallerie e istituzioni come INAH, Galería Pedro Meyer e Fotoseptiembre a Puebla, San Luis Potosí, Monterrey e a Veracruz. x xA livello internazionale ha partecipato con produzioni audiovisivea congressi in Svezia, Italia e Polonia. Massimiliano Muner
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Nel 2011 viene premiato per la particolare tecnica creativa del taglio delle immagini Polaroid e vince a Milano il primo Festival della Fotografia Istantanea ISO600.
Musica+Collaterali
Nel 2012 Fonda l’Associazione Fotografica Officina Istantanea, per promuovere la fotografia analogica e istantanea; ne è presidente e coordinatore per i primi quattro anni. Dallo stesso anno è tra gli artisti della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia e della galleria Barbara Frigerio Contemporary Art di Milano. Nel 2013 è fotografo professionista e crea Spaziowhite. Dal 2014 è ideatore e coordinatore del progetto ZEROPIXEL FESTIVAL. Collabora a un workshop con Maurizio Galimberti a Venezia, nello stesso anno è ospite di Impossible Project al Photoshow di Milano e partecipa al 17° International Art Symposium Medulin (HR). Nel 2015 organizza uno spazio espositivo a Trieste e fonda Silver Age, centro di ricerca per la fotografia e le arti visive. Nel 2018 alcuni suoi lavori vengono selezionati da Italo Zannier e Emanuela Sesti per una mostra all’Alinari Image Museum. Suoi lavori sono stati esposti in oltre 50 mostre a Trieste, Milano, Roma, Vienna, Berlino e New York, e fanno parte di collezioni pubbliche e private. Dal 2018 il suo lavoro è parte della prestigiosa Polaroid Collection (WestLicht, Vienna) e dell’archivio Fratelli Alinari Fondazione per la Storia della Fotografia (Firenze, Italia). Nel 2019 viene invitato come formatore esterno nel progetto del MIUR (Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca) per insegnare alle classi secondarie di secondo grado. Tiziano Neppi
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Nasce nel 1960 a Trieste, dove vive e lavora come fotografo indipendente. Uomo di confine, conscio di una umanità che non ha né possibilità sociale né storica per ribellarsi e dell’inutilità
dei furori e delle retoriche. Le sue prime fotografie sono pubblicate su il quotidiano berlinese Die Tagezeitung; in seguito esegue dei reportage nell’ex Jugoslavia. La prima mostra importante è del 1988: “La Città Negata”, immagini di Trieste esposte a Belgrado e Milano; è del 1994 “La Pace Mai Promessa”, con immagini di Sarajevo esposte a Rosario e Buenos Aires, Argentina. Nel 1995 espone “Cercando Kiki”, una mostra sulla condizione femminile, a cui seguono le mostre “Cronometropoli”, “La Biblioteca di Sarajevo” e, fra le ultime, “Le Porte Aperte” del 2012, sul Parco riqualificato dell’ex Ospedale Psichiatrico di Trieste. Diverse sono le mostre collettive nazionali tra le quali: nel 1995 “Volontari Volontariato” e nel 1996 “Fotoreporter Italiani nell’ex Jugoslavia”. A queste si accompagnano altri importanti lavori, dal fotogiornalismo alla fotografia industriale, dal fare fotografia di teatro alla fotografia d’impegno sociale, come le immagini della Campagna sulla “Prevenzione al Suicidio” e “Mai più Soli”. Da diversi anni mantiene la collaborazione con il quadrimestrale Galatea. Daniele Papa
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Nato a Loreto (Ancona) nel 1949, terminati gli studi, si trasferisce a Torino per motivi di lavoro. Ritorna a Loreto nel 1973, anno in cui riceve i primi rudimenti dell’arte fotografica da un amico già affermato fotografo e intraprende quindi il suo percorso rivolgendo da subito la sua attenzione a tutte quelle realtà introspettive che sono alla base della sua ricerca interiore a lui particolarmente cara e congeniale. L’impatto con le opere di Mario Giacomelli, soprattutto i paesaggi e i pregnanti incontri, seppur sporadici,
Biografie
avuti con il maestro senigalliese in occasione delle sue mostre fotografiche, suscitano in Daniele sempre più intensamente il desiderio di realizzare qualcosa di personale e gli mostrano la chiara visione della strada maestra da percorrere. Realizza ben presto nella camera oscura, in rigoroso bianco e nero, le proprie foto provvedendo personalmente a tutte le fasi di sviluppo del negativo e delle stampe finali. Predilige lavorare a tema, considerando le foto come momenti narrativi di un unico libro e avvolgere l’immagine in un’atmosfera poetica è la prerogativa principale del suo impegno fotografico. Paulina Gabriela Pasos Pérez
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Nasce nel 1986, verso i dodici anni inizia a manifestare interesse per le arti visive, frequentando i laboratori artistici del suo quartiere. A diciotto anni segue i primi corsi di fotografia in bianco e nero presso la Casa della Cultura di Puebla. Ha conseguito la laurea in Artes Plásticas presso l’Insituto de Artes Visuales di Puebla e il diploma in Fotografia Digitale presso il Centro Integral de Fotografia e quello in Storia dell’Arte, sui generi pittorici, presso l’Instituto de Investigaciones Estéticas de la UNAM y Museo AMPARO. Ha partecipato ai corsi di Autorappresentazione presso il Gimnasio de Arte, di Fotografia Digitale dell’Università ibericoamericana e stampa al collodio umido, fotografia su pellicola e intervento fotografico. Ha tenuto seminari di ceramica, argilla policroma, acquerello ed educazione artistica presso Gabinete Fotográfico, La Línea del Horizonte e il Museo AMPARO. Ha al suo attivo la partecipazione a numerose esposizioni in Messico.
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Roberto Pastrovicchio
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Nasce a Trieste nel 1975, dove vive e lavora. È fotografo pubblicitario e specialista nel campo dello still life. Essenziale e minimalista, ricerca da sempre il suo “silenzio estetico”. Dopo un percorso di studi universitari in Geologia, si rende conto che scoprire il mondo che lo circonda attraverso la ricerca e l’esplorazione non è più sufficiente per lui. Sente infatti il bisogno di creare in prima persona ricordando le sue esperienze fatte nel disegno e nella pittura sotto la guida del prof. Giorgio Cisco e riconosce nella fotografia il suo mezzo privilegiato di espressione. Inizia quindi a lavorare come fotografo di scena per importanti teatri della sua regione, ma molto presto la curiosità e l’innata spinta alla sperimentazione lo portano a ricercare nuove strade per esprimere la sua creatività. Daniele Peluso
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Sono nato a Trieste. Fotografo da quando ero bambino. In principio rubavo la macchina fotografica a mamma e papà durante le vacanze, poi mi sono evoluto facendomi comprare le macchinette usa e getta. Non ho mai più smesso. Amo la comunicazione e gli infiniti modi che l’essere umano ha in sé per raccontare agli altri le proprie emozioni, le proprie paure, le ansie e i desideri. Ho scritto e fotografato per anni per truemetal. it, cercando di affinare il più possibile la mia tecnica fotografica e la mia capacità di scrittura. Ho amato e odiato follemente ogni mio singolo scatto. Mi sono ripromesso migliaia di volte di finirla con la fotografia, che è sempre stata una matrigna esigente, arcigna e parca di soddisfazioni.
Musica+Collaterali
Ho smesso tante volte e tante volte sono tornato sui miei passi. Ho esposto le mie opere in Italia e all’estero, ho scritto e fotografato per quotidiani e settimanali. Ho pubblicato il mio primo libro: “Černobyl - 30 anni dopo”, supportato dalla mia prima mostra personale. Ho inseguito vana gloria fin quando ho capito che la vita rifugge l’apparenza e premia la sostanza. Sono moto perpetuo; non ricordo cosa ho fatto ieri e non so cosa farò domani. Ma mi impegnerò al massimo per fare tutto quello che posso, fedele alla mia idea di vita che dice: “ben fatto sarà sempre meglio di ben detto”. Tihomir Pinter
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È nato a Bjelovar (Croazia) nel 1938. Ha iniziato a fotografare nel 1956 e le prime mostre risalgono al 1961. Per meriti inerenti la fotografia espositiva gli è stato assegnato dall’Unione Fotografica Nazionale il titolo di “Maestro della fotografia artistica”, mentre dalla Federazione Internazionale il titolo “Excellence FIAP”. È socio onorario del Circolo fotografico Ljubljana (in precedenza gruppo fotografico ŠOLTLjubljana) e del Circolo degli artisti figurativi di Ljubljana. Ha partecipato a numerose mostre collettive in patria e all’estero, ricevendo importanti premi e riconoscimenti. Fino ad ora ha allestito anche 120 mostre personali. Le sue fotografie vengono pubblicate nella stampa e riviste nazionali ed estere. Ha realizzato otto libri fotografici di ritratti di artisti sloveni. Alberto Polonara
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Il suo debutto fotografico ha inizio con la fotografia ai sali d’argento. Da anni
è collaboratore e docente del MUSINF. Oltre a mostre locali, ha esposto a: MACRO (Museo d’Arte Contemporanea Roma), museo Nazionale “Villa Pisani” Somerset House di Londra, Willy Brandt Haus di Berlino, personale Arles (Francia). La rivista “Il Fotografo” gli ha dedicato uno speciale di 6 pagine nel febbraio 2015. Nel 2016 è tra i vincitori italiani del Sony World Photography Awards e il suo libro “l’Alchimista” è stato presentato al senato della repubblica da Lorenza Bravetta. Ha ideato il progetto fotografico europeo “Frames” finanziato da Bruxelles e ha guidato i fotografi italiani negli incontri in Grecia, in Polonia e in Danimarca. Svolge numerose attività organizzative e artistiche riguardanti la fotografia analogica.
Novella Predonzan
Balam Enrique Ponce Monroy
Fabio Rinaldi
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Nato nel 1981 a Pahuatlán de Valle, Puebla. Ha iniziato i suoi studi fotografici nel 2007, presso il Centro Integral de Fotografía a Puebla, manifestando da subito un interesse per la fotografia chimica. Si è diplomato in Fotografia Contemporanea presso l’Universidad Autónoma Metropolitana Cuajimalpa di Città del Messico; oltre ad interessarsi alle antiche tecniche di stampa, ha partecipato a work-shop sulla costruzione di apparecchi a foro stenopeico, stampa platino-palladio e altri. Nel 2013, durante un seminario a Città del Messico, ha appreso le tecniche di cianotipia e collodio umido. Nel 2014 si riunisce con i vecchi maestri e gli amici del laboratorio El Gabinete Fotografíco, dove utilizza principalmente i processi fotografici del XIX secolo; parallelamente a questa attività, si dedica attualmente all’insegnamento presso l’Università Iberoamericana di Puebla.
Biografie
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È nata nel 1973 a Trieste, dove vive e lavora. Ha seguito diversi corsi di fotografia e di alfabetizzazione fotografica con la realizzazione di lavori “off camera”. Cerca un punto di vista diverso e inatteso delle cose attraverso la fotografia. Nella sua ricerca fotografica esplora dapprima il mondo digitale, prediletto e mai abbandonato, per poi sperimentare l’analogico e in particolare il mondo Polaroid. Dal 2019 si appassiona in modo preferenziale alla tecnica dell’emulsion lift, rientrando con i suoi lavori in diversi cataloghi. Dal 2004, anno in cui le sue fotografie vengono esposte per la prima volta in una collettiva, i suoi lavori sono stati inseriti in varie mostre in Italia e all’estero. ↗ p.52 / p.148
Nasce a Trieste nel 1955 dove vive. Dagli anni ’80 segue i processi della comunicazione visiva frequentando il circolo Fotografico Fincantieri-Wärtsilä, in cui ha ricoperto numerosi incarichi, fino a diventarne vice presidente, e per il quale ha gestito per dieci anni la sala mostre Fenice, curando la recensione e la presentazione di oltre 100 mostre. È stato anche per diversi anni curatore dello spazio fotografico presso il caffè Trieste di Ronchi dei Legionari. Con la nomina a delegato provinciale della FIAF ha guidato il coordinamento fra i circoli e la federazione. Ha ideato il premio “Città di Trieste al reportage” e fa parte dell’organizzazione del festival triestèfotografia ed è photo editor per la rivista di arte contemporanea Juliet. È molto legato alla tecnica del bianco e nero, che realizza nel grande formato curandone tutti i suoi passaggi,
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con particolare impegno verso il ritratto fotografico. La sua ricerca artistica viene premiata nel 2011, con l’invito a far parte di un gruppo particolarmente selezionato di artisti per la realizzazione di un calendario a tema. La sua collaborazione è proseguita fino al termine del ciclo dei calendari nel 2014, con una mostra collettiva presso la prestigiosa Esedra di Levante di Villa Manin. Numerosi i premi e i riconoscimenti ottenuti. Ha al suo attivo esposizioni sia in Italia che all’estero e le sue fotografie sono presenti in numerosi musei e collezioni private; collabora alla realizzazione di libri e riviste. Everardo Rivera Flores
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Nasce a Puebla nel 1949, è ricercatore presso l’Istituto di Scienze Sociali e Umanistiche della Benemérita Universidad Autónoma di Puebla. Laureato presso la Escuela de Historia e diplomato in Disegno e Gestione delle Esposizioni presso la medesima Università. Specialista in Storia Visiva, dal 1980 collabora con pubblicazioni culturali e di divulgazione scientifica. Ha partecipato ai corsi del Fondo Attilio del Comune e ai work-shop del Laboratorio De Stefanis a Milano. Dal 1976 ha esposto in varie mostre a Caracas, in Germania, Arizona, Milano, San Paulo, Sarajevo. Con il lavoro Los Tiemperos è stato selezionato al 53° Salone Internazionale del Giappone nel 1993, ottenendo il Premio Speciale; ha ricevuto anche il Premio alla Biennale di Fotografia dell’Instituto de Bellas Artes e alla Escuela Nacional de Antropologia e Historia. Nel 1999 ha ottenuto la Borsa di Studio per il percorso artistico concessa dal Fondo di Stato per la Cultura di Puebla. Negli ultimi
Musica+Collaterali
anni ha esposto in Italia e Slovacchia. Attualmente continua a lavorare sui processi fotografici del XIX secolo presso il Gabinete Fotográfico. Simonetta Rossetti
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Si forma alla facoltà di Architettura di Venezia e matura la sua passione per la fotografia durante il periodo di studi parigino. Recentemente ha partecipato a numerose mostre collettive promosse dalla Galleria Gina Affinito di Lecce con un’opera fotografica presso villa Lysis a Capri, con un’opera scultura presso la Galleria Gina Affinito di Lecce, in collaborazione con l’Associazione Italiana Ciechi; ha esposto presso l’Ex Fornace Gola di Milano e in alcune collettive organizzate dall’Associazione Circuiti dinamici di Milano e ha tenuto una bi-personale intitolata Collezioni, oggetti d’incontro. Ha vinto la pubblicazione della copertina di febbraio 2020 della rivista Biancoscuroartmagazine con l’opera fotografica Ibrido. Oltre all’interesse prevalente per la fotografia, sperimenta le tecniche di incisione e stampa e realizza microinstallazioni vegetali. Nicole Russo
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Nasce in provincia di Brescia nel 1994. Si laurea nel 2017 in Graphic Design e Comunicazione presso l’Accademia di Belle Arti di Brescia. Subito inizia a ricoprire diversi incarichi come fotografa nell’ambito pubblicitario, avvicinandosi al mondo della moda ma portando sempre un’attenzione particolare per il ritratto. Nel 2017 vince la borsa di studio al Master di Fotografia diretto da Denis Curti
presso l’Istituto Raffles di Milano, dove ha modo di lavorare con professionisti di fama internazionale, approfondendo tematiche legate al mondo del fine art e del mercato dell’arte. Nel 2018 partecipa alla collettiva “The Embarrassment Show” curata da Erik Kessels, in collaborazione con Raffles Milano. Nello stesso anno viene selezionata per partecipare a un workshop diretto da Christopher Morris all’interno del circuito della “Milano PhotoWeek”. Nel 2019 viene selezionata alla ImageNation Paris Photo Off, curata da Martin Vegas. Attualmente lavora tra Milano e Verona come fotografa nel settore della moda e nel fine art, e come free-lance a livello nazionale e internazionale. Jahan Saber Zaimian
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Nato nel 1990 a Vienna, si è accostato alla fotografia da giovanissimo, passione poi ripresa intorno ai 25 anni. Ha abbandonato una carriera nella fotografia commerciale per tornare alle radici del processo analogico, lavorando preferibilmente fuori dalla propria camera oscura. È fondatore dell’etichetta DEVELOP, che si concentra sui processi analogici e su come la loro pratica sia essenziale per vivere una vita più consapevole. Il suo lavoro si fonda su sentimenti e intuizioni e sul loro ruolo nel seguire il proprio percorso interiore. Attualmente è iscritto all’Università di Arti Applicate di Vienna. Daniele Sandri
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Mi chiamo Daniele, nato a Milano nel ’64, da bambino il disegno era la mia passione, seguono pittura e incisione negli anni ’90. Solo recentemente ho
Biografie
affrontato da autodidatta il vasto mondo della fotografia analogica. In particolare realizzo fotocamere stenopeiche per il formato 135, 120 e per carte fino al formato 13x18, uso anche dorsi Fujifilm e Polaroid, Kiev e Hasselblad, Fuji Instax Wide e Mini e vari obiettivi per il medio e grande formato. Minutera e Afghan Box Camera sono l’ultima passione, si tratta di fotocamere fatte a mano che vengono utilizzate nelle piazze e nelle vie dei paesi e città per ritratti pronti in pochi minuti. Sergio Scabar
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Ronchi dei Legionari (Gorizia) 1946-2019. Comincia a interessarsi alla fotografia nel 1964. Dal 1966 al 1974 partecipa saltuariamente a concorsi nazionali e internazionali, utilizzando la fotografia soprattutto con finalità di racconto e reportage. Successivamente, negli anni ’80, il suo lavoro prende una svolta sostanziale: la figura umana esce dai suoi lavori e il suo interesse si concentra sulla natura, sublimando l’aspetto materiale e concettuale. Con il lavoro “Il Teatro delle cose” nel 1996, inizia una stampa alchemica ai sali d’argento “unico esemplare”. Il metodo di lavoro artigianale emerge maggiormente rispetto alle opere precedenti: c’è il contatto con i materiali, il riappropriarsi dei metodi, dei tempi e della meticolosità, la particolare taratura sui toni bassi grazie all’uso dei rapporti chimici e sensoriali, uniti nella ricerca dell’essenza della creatività. Nel 2003 riceve dal C.R.A.F. il premio “Friuli Venezia Giulia Fotografia”, nel 2008 pubblica per Marte Edizioni il Volume “Silenzio di Luce” e nel 2010 il volume “Cidinors”, edito da Associazione Culturale Colonos. Nel 2019 presenta a Palazzo Attems Petzenstein di Gorizia “Oscura camera”,
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grande mostra antologica organizzata dall’Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia e curata da Guido Cecere e Alessandro Quinzi. Ernö Sebastian
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Nato nel 1946 a Novi Sad da una famiglia ungherese, è professore di fisarmonica classica. Dopo essersi diplomato alla scuola di musica nella sua città natale, ha studiato per due anni all’Accademia di musica di Belgrado, poi alla Scuola superiore Franz Liszt di Weimar, dove ha iniziato a realizzare i suoi primi scatti, collaborando con i giornali locali. Al rientro da Weimar è entrato nel club fotografico a Novi Sad e in seguito si è associato al Fotoclub di Lubiana. Ha trasferito le sue esperienze fotografiche al palcoscenico, in particolare alle esibizionidi balletto. Cura personalmente tutte le fasi di stampa analogica in bianco e nero, dallo sviluppo delle pellicole fino alla finitura delle opere; ha esposto in mostre personali e collettive in Slovenia e all’estero. Mikael Siirilä
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Nato nel 1978 a Helsinki, Finlandia, si è accostato alle tecniche fotografiche fin da bambino, grazie alla passione di famiglia. Decenni dopo ha voluto “riscoprire” la camera oscura, considerandola un terreno naturale e familiare per la sua ricerca artistica. Utilizza un approccio minimalista, indagando sui temi della presenza/ assenza e sull’outsiderhood. Del suo lavoro dice: “Raccolgo frammenti e autentiche osservazioni dalla mia vita quotidiana e dai miei viaggi, ricontestualizzandoli in camera oscura.
Musica+Collaterali
Cerco immagini che sappiano resistere alle espressioni narrative e verbali. Miro a evocare un senso di calma, riflessione e quel je-ne-sais-quoi”. Siirilä è membro di AllFormat Collective. Mario Sillani Djerrahian
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Nato ad Addis Abeba nel 1940, vive sul carso triestino. Fotografo, performer, videomaker, ha esposto in Italia e all’estero. È insegnante di fotografia e fondatore a Trieste del Centro Fotografico Gamma, dell’emittente Radioattività, delle Edizioni del Centro G, del Gruppo 78. È stato presidente del Centro della Cappella Underground. Si è occupato di teatro e ha collaborato con il Centro Arte Viva di Trieste. Negli anni 1976, 1978 e 1986 è stato visiting lecturer al Polytechnic of Art di Sheffield, in Inghilterra. Ha fatto una disamina del suo lavoro all’Università Cattolica di Milano (2001), alla Ca’ Foscari di Venezia (2001, 2004, 2008). Nel 1989 ha ricevuto il premio del CRAF. Il suo lavoro è stato oggetto di tesi di laurea: Lorenzo Michelli, DAMS, Bologna 1992-93; Francesca Dolzani, Ca’ Foscari, Venezia 2001. Robert Sironi
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Pubblica le sue foto nelle riviste professionali, cataloghi turistici, stampa quotidiana e nei siti web nel campo dell’architettura e del turismo. Ha partecipato alla fondazione della AFI - Associazione Fotografi dell’Istria e nel 2008 ne assume la funzione di Presidente. Oltre a esibirsi nelle mostre personali e collettive in Croazia e all’estero, nel 2013 costituisce il Club fotografico di Umago e all’inizio del 2014 fonda la galleria d’arte “GRIN photo gallery”, dove promuove una
serie di artisti istriani e europei. Oltre alla fotografia d’arte si occupa anche di varie tecniche di stampa grafica, si interessa anche di fotografia aerea, fotografia subacquea e foto di viaggio. Pur utilizzando le tecniche di fotografia digitale, continua a esplorare e promuovere le procedure fotografiche classiche, usando la camera stenopeica e le fotocamere di medio e grande formato. Dal 2011 organizza spedizioni fotografiche nei posti poco esplorati di diverse culture e tradizioni. Franco Spanò
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Nato nel 1966 a Gorizia dove vive e lavora. Diplomato presso l’Istituto Tecnico Industriale “A. Malignani” di Udine nella specializzazione Costruzioni Aeronautiche. Fotografo autodidatta, dal 1993 ha partecipato a diverse esposizioni personali e collettive. Dopo aver frequentato il bianco e nero, dall’anno 2000 passa allo studio del colore. Negli stessi anni incomincia la sperimentazione e l’utilizzo della tecnica dell’esposizione multipla, in genere da due a quattro scatti sovrapposti, eseguiti con apparecchio reflex analogico. Da diversi anni la “parola” sta diventando sempre di più il fulcro dell’espressione visiva. Dal 2005 organizza e dirige le attività dell’associazione culturale per la promozione delle arti contemporanee “Prologo” di Gorizia. Arturo Talavera Negrete
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Nasce nel 1963. Dal 1991 al 1993 ha lavorato come reporter per El Sol de Toluca e El Universal. Dal 1994 collabora con diversi giornali nazionali, tra cui El Universal, El Dictamen, Notiver, El Istmo, El Centro, Expreso, Liberal
Biografie
y Diario Z; le riviste Contacto, Hojarasca, Macroeconomía, Estrategia, Vertical, Proceso, Son del Sur e La Ventana y Retama. Analogamente ha lavorato per le agenzie NIKON, SIEC, ANGULAR, ICONOS e AP. Nel 1993 ha ricevuto il Premio Estatal de Periodismo del Messico. Ha esposto in diversi mostre, personali e collettive in Messico ed è stato invitato in Italia a Senza Obiettivo, mostra internazionale di fotografia stenopeica. Insieme a Carlos Jurado, Néstor Andrade e Adolfina Paredes ha fondato il Grupo Estenopo e dal 2001 è organizzatore degli incontri nazionali di Pinhole camera. Da oltre vent’anni è ricercatore degli antichi processi di stampa, tenendo corsi pressonumerose Accademie e Università dell’America Latina. Attualmente lavora come fotografo freelance. Enzo Tedeschi
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Nasce a Udine nel 1952, vive e lavora a Cormòns. Autodidatta, inizia a fotografare alla fine degli anni Settanta, allestendo fin da subito una camera oscura per poter sviluppare e stampare direttamente le sue fotografie. Dopo aver partecipato a numerosi concorsi nazionali e internazionali e ad alcune mostre personali e collettive, abbandona per un periodo la fotografia che riprende nel 2006, con la ricerca di un suo personale linguaggio espressivo, progettando e costruendo sul tavolo di casa le scenografie di piccoli plastici che richiedono lunghe lavorazioni di preparazione e assemblaggio. Da alcuni anni si avvale anche della tecnica del digitale. Riccardo Toffoletti
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Riccardo Toffoletti, 1936–2011, è stato un fotografo professionista ma anche
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e soprattutto un promotore di cultura che si descrive in questo modo: “Ho usato il mezzo fotografico come strumento di indagine sociale; ho realizzato ricerche ed esposizioni in cui la fotografia contribuisce alla lettura della storia; sono costantemente incuriosito dal ritratto; ho sperimentato accostamenti della fotografia con la parola poetica; ho raccontato per immagini alcuni aspetti dell’arte contemporanea; come docente in un Istituto d’arte, ho trasmesso la mia conoscenza della fotografia e della storia; sono direttore del periodico «perimmagine». Nel 1971 ho incontrato Vittorio Vidali, il comandante Carlos, compagno di Tina Modotti e da allora ho dedicato molto tempo alla riscoperta e alla valorizzazione di questa straordinaria donna artista, misconosciuta da moralisti e benpensanti”. Tutto questo era Toffoletti e ogni frase scandisce un periodo della sua vita e della sua ricerca e soprattutto del proprio impegno, sempre rigoroso e coerente. Luigi Tolotti
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Nasce a Trieste nel 1966, da sempre affascinato dall’arte visiva, inizia il suo percorso artistico a partire dalla fine degli anni ’80, con particolare attenzione al disegno e alla fotografia. Dopo aver terminato gli studi superiori, comincia a dedicarsi allo sviluppo e perfezionamento delle tecniche espressive. Nel 1990 frequenta la “Scuola libera dell’acquaforte Carlo Sbisà”. Integra i suoi studi presso la “Scuola Internazionale di grafica di Venezia”. La sua carriera ventennale gli ha consentito di sviluppare una vasta esperienza nel campo delle tecniche di fotografia e grafica: incisione, tecniche tradizionali come acquaforte, acquatinta e ceramolle e tecniche sperimentali come stampa con matrici
Musica+Collaterali
alternative in legno, cartone, plastica. Si occupa inoltre di fotoincisione, metodi di stampa fotografica tradizionali e sviluppo e stampa di negativi. Stefano Tubaro
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Nato a Codroipo nel 1960, compie studi a indirizzo artistico, sviluppando il suo interesse per la fotografia contemporanea dal 1978. Inizialmente svolge le sue ricerche operando esclusivamente in bianco-nero; dal 1997 predilige la fotografia a colori, intervenendo con l’illuminazione artificiale in contesti architettonici e nello still-life. Ha partecipato alla cura di progetti espositivi ed editoriali, iniziative didattiche e attività di consulenza sulla fotografia proposte da Enti pubblici e Associazioni culturali. Si è dedicato alla fotografia dell’opera d’arte di diversi artisti tra cui suo padre, il pittore Renzo Tubaro. Nel periodo 1993-1996 presiede il Circolo Fotografico Friulano di Udine. Dal 1996 al 2000 collabora con l’Assessorato alla Cultura e l’Agenzia Giovani del Comune di Udine alla realizzazione di progetti culturali. Nel 1999 ha ricevuto, dal Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia, il premio “Friuli Venezia Giulia Fotografia” per l’attività di ricerca. È insegnante di “Arte della Fotografia e della Cinematografia” al Liceo Artistico “Giovanni Sello” di Udine. Sue fotografie sono state proposte in numerose rassegne espositive, in ambito nazionale ed estero, e figurano in collezioni pubbliche e private. Vive a Martignacco. Giovanni Umicini
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Firenze 1931 — Padova 2020. Comincia a fotografare nel 1945 a Siena dove apprende le prime nozioni di camera oscura. Continua anche a
Viareggio dove inizia a trattare le pellicole invertibili Ansco ed è tra i primi a stampare le diapositive direttamente su Ansochrome Printon. Nel 1953 si trasferisce a Padova e inizia i contatti con i laboratori di ricerca della Eastman Kodak di Rochester e Harrow, assumendo nel 1959, la dirigenza tecnica di un laboratorio Kodak per il color photofinishing. Dal 1962 passa alla libera professione, fotografo pubblicitario e industriale, e il suo studio diventa un luogo di formazione per alcuni giovani che diventeranno affermati fotografi. Dal 1945 coltiva la passione per la cinematografia diventando prima direttore di fotografia e cameraman per Sirio Luginbuhl, Maurizio Targhetta e Carlo Mazzacurati con il quale inizia una lunga collaborazione come fotografo di scena. Inizia a dedicarsi in prima persona al cinema filmando, con una cinepresa 16 mm e pellicola in bianconero, prima Padova e poi New York. Dagli anni ’90 amplia il campo della sua attività professionale estendendola alla fotomicrografia e alle tecniche di fotografia scientifica e medicale. La continua attività di ricerca tecnica lo porta a scoprire un nuovo metodo per la ricostruzione fotografica di manoscritti e codici totalmente combusti. Ciò gli permette, su incarico del laboratorio del restauro del libro di Praglia, di restituire perfettamente quanto si nascondeva all’interno delle 365 pagine del “Manoscritto Musicale n. 29” del secolo XVI, della Biblioteca Capitolare di Treviso, totalmente bruciato nel 1944 durante un bombardamento. Dagli anni ’90 inizia a esporre le sue opere in mostre antologiche, in Italia e all’estero. Dal 2010 tiene corsi di tecnica fotografica analogica, gratuiti e aperti a tutti, presso
Biografie
l’osteria L’anfora a Padova. Negli ultimi anni pubblica due libri di fotografia: Anforigeni, contenente le fotografie degli avventori dell’Osteria L’Anfora, eseguite a partire dal 1992 e My New York, contenente 100 polacolor 8x10 realizzate a New York nel 1985. Giovanni Umicini è mancato quest’anno, il 17 settembre. Marko Vogrič
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Goriziano, classe 1961, dagli anni ’80 socio del Fotoklub Skupina75, del quale è vicepresidente. Fotografa prevalentemente in pellicola e col foro stenopeico e con fotocamere vintage. Stampa sia tradizionalmente che con le antiche tecniche. Collabora con riviste e giornali, è coautore di pubblicazioni librarie e divulgatore della fotografia stenopeica. Tra le sue mostre più recenti: “VII Mostra di fotografia stenopeica” MUSINFSenigallia, 2019; VI fotografiazeropixel - “Eureka” e “Camera Obscura – Omaggio a Leonardo”, Trieste, 2019; Fotografario 2019 – CRAF Spilimbergo; II Fotografia stenopeica” BoCS Art–Cs, 2018; “I campi di Salcano”, Gall. Gong-Solkan (SLO), 2018; “Questo non è per il popolo!”, Gall. Ars-Go, 2018; “Konzentrazionslager Dachau”, Sinagoga Gorizia, 2017; “Un topolino in viaggio”, fotocastello FIAP Negova (SLO), 2016. Kit Young
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Nato nel 1984, si è accostato alla fotografia nel 2009, quando si è trasferito in Francia ed è entrato a far parte di un gruppo di fotografi parigini guidati da Gérard Moulin. In quel periodo ha iniziato a esplorare le infinite possibilità della stampa in camera oscura e la giustapposizione di
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momenti apparentemente non correlati nel tempo, in modo da creare dei modelli visivi come parte di una serie più ampia. In merito al suo lavoro dice: “I quattro lati del negativo sono il mio punto di riferimento, consentono allo spettatore di vedere ciò che ho visto”. Nel 2018 ha collaborato con le edizioni francesi Bergger per pubblicare “Paris couplets”. Young è membro di AllFormat, collettivo internazionale di fotografia. Dino Zanier
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Dino Zanier da anni lavora nel campo della didattica applicata ed è stato promotore e coordinatore dei laboratori di “Educazione all’immagine” e di altri laboratori nell’Istituto Comprensivo di Tolmezzo, dove ha svolto l’attività di Operatore Tecnologico. Nell’ambito dell’educazione all’immagine tecnica, ha sviluppato i percorsi di produzione dell’immagine senza macchina fotografica (stampa di oggetti a contatto e per ingrandimento, disegno con bagno di sviluppo e di fissaggio) e ha approfonditol’attività fotografica analogica adattandola alla sensibilità dei ragazzi. Fin dall’inizio dell’insegnamento, negli anni ’80, ha utilizzato l’attività di costruzione e produzione della macchina fotografica a foro stenopeico per spiegare gli elementi che stanno alla base della formazione dell’immagine. L’attività si è via via approfondita con esperienze che interessano le caratteristiche del foro stenopeico e la realizzazione dello stesso, il materiale sensibile e la sua posizione all’interno della camera obscura, la scatola, le sue caratteristiche e dimensioni. Ha collaborato all’allestimento delle mostre di studenti e artisti in occasione della rassegna: “Tolmezzo città stenopeica” ormai
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giunta alla 15ª edizione. Ha pubblicato in collaborazione con gli insegnanti le esperienze didattiche che progressivamente si sono attuate nell’Istituto Comprensivo di Tolmezzo.
ZEROPIXEL FESTIVAL Direttore Artistico: Ennio Demarin Organizzazione e coordinamento del Festival: Annamaria Castellan Direttivo: Giacomo Frullani, Massimiliano Muner, Fabio Rinaldi Consulenza e redazione testi: Lorella Klun Traduzioni: Paola Latini Segreteria: Giulia Micheluzzi Ufficio stampa: Giulia Basso Sito web e social: Gianluca Specchia Riprese fotografiche: Asya Gefter, Radivoj Mosetti Riprese video: Leandro Urbani In copertina e sovraccoperta foto “Il Trillo dei diavolo” di ©AnnamariaCastellan Progetto Grafico: Lorenzo Capobianchi, Roberto Duse, Irene Pinatto (obliquestudio.it) Il progetto grafico è stato interamente realizzato grazie a Suisse Typefaces che ci ha dato la possibilità di utilizzare il carattere Suisse Int’l e Suisse Int’l Mono (swisstypefaces.com) Stampa catalogo: Poligrafiche San Marco Cormòns (GO), Italia I quaderni di acquamarina n. 17 Direttore Responsabile Annamaria Castellan Registrazione Tribunale di Trieste n. 1119, 8 settembre 2005
MUSICA
Partenariato: Capofila Acquamarina Associazione Culturale Partner: Biblioteca statale Stelio Crise - Trieste, Biblioteca statale Isontina - Gorizia, Silver Age - Trieste, Spazio d’arte Trart - Trieste, Associazione TriesteAltruista - Trieste, Associazione Culturale Prologo - Gorizia, Associazione Venti d’Arte - Udine, Circolo Culturale Fotografico Carnico - Tolmezzo, Grin Gallery - Umago - Croazia Con il contributo di: Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Fondazione Benefica Kathleen Foreman Casali Banca di Credito Cooperativo del Carso, In co-organizzazione con: Comune di Trieste, Comune di Tolmezzo, Ordine dei Giornalisti del Friuli Venezia Giulia - Trieste In collaborazione con: Consorzio Culturale del Monfalconese - Ecomuseo Territori - Ronchi dei Legionari, Mediateca - La Cappella Underground - Trieste, Circolo della Stampa - Trieste, Associazione Leali delle Notizie - Ronchi dei Legionari, Triestina della Vela - Trieste, Collezione LipanjePuntin Artecontemporanea - Trieste, Katastrofa - Trieste Associazione Barbacan Produce - Trieste, UTI della Carnia - Tolmezzo, Istituto Comprensivo - Tolmezzo, Punto Foto Group By Carl Bielser s.a.s - Milano Media partner: RDT Radio Station
www.zeropixelfestival.it info@zeropixelfestival.it
TRIESTE
Si ringrazia: Davide Ardito, Stefano Bianchi, Felix Bielser, Mauro Bon, Gerardo Bonomo, Claudia Colecchia, Paolo Coltro, Elena Cominotto, Roberto Daris, Simone D’Eusanio, Viviana De Luca, Roberto Duse, Paola Latini, Angela Madesani, Monica Mazzolini, Natalia Morozova, Nando Mulé, Daniele Sandri, Lucia Scabar, Michele Smargiassi, Nadezda Tokareva, Giancarlo Vaiarelli.
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