editoriale B
iasimiamo spesso. Biasimiamo troppo? Biasimiamo, nonostante la nostra ferrea e ferma intenzione di osservare, piuttosto di giudicare? Non è proprio così, come potrebbe apparire. In sostanza, alla fin fine, ci limitiamo a riprovazioni blande, per la compagnia con parole che possiamo condividere, con concetti che non si fermano a se stessi, dove peraltro non sono neppure indirizzati, ma ci aiutino a stare un poco meglio, con noi, tra noi; ovvero, con gli altri, qualsiasi siano. Non sempre le considerazioni espresse in questo ambito, più e meglio di altri preposto alla riflessione, partono dalla Fotografia (qualsiasi cosa questa significhi per ognuno di noi), ma sempre vi approdano. Certamente, non lo fanno in misura utilitaristica, con nozioni da spendere subito, nel proprio quotidiano attivo (tipo quale apertura di diaframma sia più idonea per la distribuzione armoniosa della sfocatura in inquadratura di ritratto); altrettanto sicuramente, lo fanno in qualità effettiva/affettiva, per quanto ognuno sia disponibile al dialogo ragionato. Eccoci qui, dunque, una volta ancora, una di più, e non certo per l’ultima volta, con considerazioni sollecitate dal vivere quotidiano, al giorno d’oggi, in tempi di retrogusti che avvertiamo diversi dalle percezioni che dovrebbero guidare i rapporti civili e consueti dell’Esistenza. In sintesi estrema, dalla quale, poi, ci incamminiamo oltre, per approdare -questo, sì- alla Fotografia, di nostro territorio statutario comune, si tratta di valutare la diffusa attuale alterazione dei concetti di Bene e Male, sulla cui separazione si basa la stessa Vita sociale (magari, a partire dalla metafora letteraria dello Strano caso del dottor Jekyll e mister Hyde, di Robert Louis Stevenson, del 1886, in edizione italiana dal 1905, per il cui contenuto e svolgimento richiamiamo anche l’ottima trasposizione cinematografica di Victor Fleming, del 1941, Il dottor Jekyll e Mr. Hyde / Dr. Jekyll and Mr. Hyde, con l’attore Spencer Tracy, nei panni del protagonista in sdoppiamento, e cast arricchito da Ingrid Bergman e Lana Turner). Neanche oggi, giudichiamo. Ancora oggi, osserviamo; e esaminiamo. Per quanto riguarda il Bene, rileviamo che -solitamente- troppi hanno coscienza di quanto ne hanno distribuito, dimenticandosi, al contempo, quello ricevuto; in sintonia, sul fronte del Male, ricordano e sottolineano quanto subìto, dimenticandosi, ancora al contempo, quello trasmesso e recapitato. Nel dubbio, e per non elevare di grado la propria labile memoria selettiva, consigliamo di stare sempre zitti e non recriminare, né rimproverare. Anche perché, tutto sommato, serve a nulla farlo. E, allora, si attivi una serena indulgenza e tolleranza verso l’esterno: la stessa, magari, che i nostri insegnanti della scuola dell’obbligo ci concedevano quando inventavamo storie assurde per motivare la nostra impreparazione sulla lezione assegnata. Quante nonne abbiamo fatto “morire”? Quante disgrazie si sarebbero abbattute sulla nostra famiglia? Almeno tante quante sono state le volte che l’abbiamo passata liscia (apparentemente). Non si tratta di passività, ma di intelligenza applicata al vivere comune, al non erigersi a giuria e boia senza appello.
Bene! Chi siamo tutti noi, nella Vita e in Fotografia? La somma delle nostre esperienze, acquisizioni e comprensioni. Oggi e qui, oltre altri argomenti e altre immagini e altri autori, ci incamminiamo in compagnia della Fotografia di Mauro Vallinotto e Henri Cartier-Bresson; con i complementi sul cinquantenario dal Sessantanove e sull’epoca in cui ci sono stati cataloghi fotografici. Nel Bene, a differenza del Male, in presunzione individuale.
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