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Sul filo della Memoria

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My Way

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1969... 2019

di Maurizio Rebuzzini (Franti)

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SUL FILO DELLA MEMORIA

DDodici dicembreMillenovecentonello Spazio [nostra più recente mor II, dal 6 agosto 1969 al 28 quantomenonon ricordodi averlo sessantanove... duemiladicianrievocazione, in FOTOgraphia, marzo 1970; presidentedellaRefatto, ma così è stato: abbiamo nove: cinquant’anni. È esaràl’uldello scorso luglio]. pubblica, GiuseppeSaragat(Parpretesocheognunonon svolgestimavoltache ricorderemo in soNessun rimpianto, sia chiaro. titoSocialistaDemocraticoItaliano se il proprio ruolo, malo interprelennitàlabomba/strageallaBanCasomai, un compiacimento in[papà, quanto avrai sofferto per tassesoltanto perdibatteretesi o cadell’Agricoltura, in piazzaFontimo: la futura assenza delle istiquesto, in quei giorni?], dal 29 disostenereteorie. Attori, musicisti, tana, aMilano. Lacifratondadei tuzioni daun momento e ricordo cembre 1 964 al 29 dicembre registi, scrittori, fotografi... chenon cinquant’anni è l’ultimapossibile. che appartiene soltanto a Noi, 1971 (e, poi, Giovanni Leone!). si attenevano a questo venivano Poi, il ricordo torneràaessere innon aloro. Infatti, senzaentrarein Ribadiamolo: non esistono i bollati come “borghesi”, e per timo e sentito: dopo il cinquanteanalisi politiche che non ci com“servizi deviati”, masoltanto i Serquesto perseguiti. Dallalegittimità nario, finalmente, le “istituzioni” si petono, né interessano, sopratvizi. Ed è legittimo che così sia, originaria, si è presto slittati verso faranno daparte, e si defileranno tutto qui, da queste pagine altriin unainterpretazione dello Stato comportamenti identici a quelli dalle successive/prossime rievomenti promesse, ancoraoggi, cocheappartieneamenti deragliate combattuti, per quanto -magaricazioni “tonte”: cinquantunesimo, mecinquant’anni fa, non pensiae traviate (questo, sì). di segno algebrico opposto... ma cinquantaduesimo, cinquantramo che quella bomba -quella Nei prossimi giorni di dicembre non contanulla. Di fatto, abbiamo treesimo, cinquantaquattresimo... strage- sia stata orchestrata dai si manifesteranno e moltiplichegiudicato, invece di osservare e Al Centenario, tutti noi assenti, “sevizi deviati” dello Stato, ma, ranno ricostruzioni erievocazioni, creduto, piuttosto di pensare. non ci arriveremo di certo, perché molto più concretamente e tanmanulladi tuttoquestocancellerà Non avevamo capito che il la vicenda -piaccia o meno- si gibilmente, dai Servizi in quanto un’infamia del nostro paese, che contributo di ciascuno a una soconclude nel localismo italiano. tali: chehanno risposto daparlotantealtrenehapoi messein atto cietà meno ingiusta, magari più

Se proprio qualcosa del presenro (edello Stato) al climadi richie(rapimento e assassinio di Aldo giusta, sarebbedovutoesseresote/passato approderà al Centestesociali del Lavoratori del tempo Moro, vicendaRoberto Calvi, asprattutto in relazione al proprio nario (1969-2069), non possiamo (e, in subordine, degli studenti). sassinio di Peppino Impastato, ruolo. Personalmente, l’ho intuito che prevedere solenni celebraRicordiamolo unavoltapertutscuola Diaz, a Genova, caso presto: giusto, in quel Sessantotto zioni per il primo allunaggio, di te: governo RumorI (Democrazia Cucchi, mafie, connivenze, codi origine, grazie alla personalità

Apollo 11, il venti luglio, magari in Cristiana), dal 13 dicembre 1968 perture...). NullaridaràlavitaaGiurigorosa, disciplinataedeterminatempi di sostanziosaesplorazione al 6 agosto 1969; governo Ruseppe Pinelli, precipitato da una tadi Arturo Cannetta, insegnante finestra della Questura di Milano, il quindici/sedici dicembre, aquarantuno anni; nulla cancellerà le responsabilitàdelloStato; nullarestituirà a Pietro Valpreda gli anni di carcerazione ingiusta. Punto. Ma anche noi, coprotagonisti quotidiani di quel capitolo della Nouvelle Histoire [da e con Lello Piazza, su questo numero, da pagina ventisei], dobbiamo fare I H I O L clamorosaammenda: al minimo, E R C abbiamo declinato i nostri Sogni, O C la nostra Utopia con non celata A R L maleducazione. La stagione avAmmissione dovuta: non sono anarchico, e non lo sono mai stato. Considerazione necessaria: in effetti, non so neppure dove schierarmipoliticamente, ammesso e non concesso che sia doveroso farlo... soprattutto oggi. Se proprio debbo disegnarmiqualcosa addosso, sono essenzialmente libertario. C viataallafinedegli anni Sessanta, volente o nolente, decennio di grandeRivoluzionesociale, èstata eccezionale e meravigliosa... Ovvero, attento al mio esterno e rispettoso degli Altri. Niente dipiù. nonostantenoi, nonostanteil noUna storia quasi soltanto mia. Per mille motivi, vivo essenzialmente con cadenza solitaria, consapevole stro analfabetismo. La breve vita di Giuseppe Pinelli, del fatto di risultare sgradito e intenzionato a non diventare sgradevole. Confondendotraloroi compleanarchico, di Licia Pinelli Per cui, penso di conoscere persone e che persone conoscano me. Amicizia è altro. menti oggetto con i soggetti -e e Piero Scaramucci; Con tutto, sono stato amico di Pietro Valpreda, ingiustamente accusato e carcerato ancora molti, al giorno d’oggi, Feltrinelli Universale Economica, 2009; per la bomba /la strage dipiazza Fontana, prima di essere riconosciuto innocente continuanoafrequentarelastessa 224pagine 12,5x19,5cm; 9,50 euro. e totalmente estraneo ai fatti. Tanto che, per le sue esequie, all’indomani della morte prematura, il 6 luglio 2002, a sessantanove anni, sono stato l’unico non anarchico a portare la sua bara a spalla, nel breve corteo di estremo saluto. ingenuitàcolpevole, anchein Fotografia-, ci siamo elevati a censori. Magari io non l’ho fatto, In copertina: Pino Pinelli a Genova, in viaggio di nozze, nel 1955, fotografato da Licia Pinelli.

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ANCHE GIUSEPPE (PINO) PINELLI DORME SULLA COLLINA La sera del dodici dicembre Millenovecentosessantanove, Carl Hamblin Giuseppe Pinelli (Pino) stava giocando a carte al bar (all’osteria), (da Antologia di Spoon River, di Edgar Lee Masters; quando agenti di polizia lo prelevarono per portarlo alla Questura sulla tomba dell’anarchico Giuseppe Pinelli, di Milano, al civico undici di via Fatebenefratelli. nel cimitero comunale di Turigliano, nel comune di Carrara) Lo aveva convocato il commissario Luigi Calabresi, per accertamenti. Con il suo ciclomotore, precedette (o seguì) la volante della polizia: poi, è stato scritto che entrò in motorino, per uscire dalla finestra. Il quindici dicembre, tre giorni dopo, si trovava ancora nel palazzo della questura, nonostante fossero largamente scadute le quarantotto ore di legge, e il fermo fosse ormai estesamente illegale, in quanto non convalidato dal magistrato (in base a quanto previsto dall’Articolo 13 della Costituzione). Durante un ennesimo interrogatorio serrato, condotto da Antonino Allegra (responsabile/capo dell’Ufficio Politico della Questura di Milano) e dal commissario Luigi Calabresi, presenti quattro agenti della polizia dipendenti dall’Ufficio Politico (Giuseppe Caracuta, Carlo Mainardi, Pietro Mucilli e Vito Panessa) e il tenente dei carabinieri Savino Lograno (agente del Sisde [altrove, Sisdi]: Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica; ovvero, Servizi segreti), Pino Pinelli precipitò dalla finestra dell’ufficio al quarto piano della Questura in un’aiuola sottostante. Portato all’ospedale Fatebenefratelli, a pochi isolati, vi arrivò morto. [Tante le ricostruzioni giornalistiche; e tutte hanno rilevato sfasature temporali rispetto le dichiarazioni ufficiali: ma non qui, ma non ora]. La prima versione riferita dal questore Marcello Guida, in precipitosa conferenza stampa, svolta poche ore dopo, alla presenza degli implicati Antonino Allegra e Luigi Calabresi, sostenne La il macchina del “Clarion” di Spoon River venne distrutta e io incatramato e impiumato, per aver pubblicato questo, giorno che gli Anarchici furono impiccati a Chicago: “Io vidi una donna bellissima, con gli occhi bendati ritta sui gradini di un tempio marmoreo. Una gran folla le passava dinanzi, alzando al suo volto il volto implorante. Nella sinistra impugnava una spada. Brandiva quella spada, colpendo ora un bimbo, ora un operaio, ora una donna che tentava ritrarsi, ora un folle. Nella destra teneva una bilancia: nella bilancia venivano gettate monete d’oro da coloro che schivavano i colpi di spada. Un uomo in toga nera lesse da un manoscritto: “Non guarda in faccia a nessuno”. Poi un giovane col berretto rosso balzò al suo fianco e le strappò la benda. Ed ecco, le ciglia eran tutte corrose sulle palpebre marce; le pupille bruciate da un muco latteo; la follia di un’anima morente le era scritta sul volto, il suicidio di Pino Pinelli (testuale: «Improvvisamente, il Pinelli ma la folla vide perché portava la benda”. ha compiuto un balzo felino verso la finestra, che per il caldo era stata lasciata socchiusa, e si è lanciato nel vuoto» / in dichiarazione fuori conferenza stampa, fu anche riferito che Pino Pinelli avrebbe accompagnato il gesto gridando «È la fine dell’anarchia!»). Basata sul fatto che l’alibi di Pino Pinelli, per le ore di piazza Fontana, si sarebbe rivelato falso, questa versione fu poi ritrattata dalla polizia, quando l’alibi si rivelò -invece- coerente e attendibile.

I funerali di Giuseppe Pinelli si svolsero sabato venti dicembre; lo ricordo bene: a margine della cerimonia ufficiale, in piazzale Segesta, nei pressi dell’abitazione, la polizia caricò senza alcun preavviso il discreto e schietto corteo di studenti che stavano testimoniando la propria partecipazione.

Dal cimitero milanese di Musocco (quello delle persone comuni, che scrivono la Nouvelle Histoire), successivamente, il corpo di Giuseppe Pinelli (1928-1969) è stato traslato al cimitero comunale di Turigliano, nel comune di Carrara, dove riposa in compagnia di altri patrioti e anarchici [tra i quali, Gaetano Bresci (1869-1901), che, il 29 luglio 1900, a Monza, uccise il re d’Italia Umberto I di Savoia].

Sulla lapide è incisa una (infelice) traduzione della poesia Carl Hamblin, dall’Antologia di Spoon River, di Edgar Lee Masters [FOTOgraphia, ottobre 2019, sia per lo spessore e valore del libro e delle poesie lì raccolte, sia per il concetto di traduzione].

Pino Pinelli amava le evocazioni di Spoon River. Nella primavera Sessantanove, all’alba delle strategie dei Servizi, che indirizzarono verso gli anarchici i loro piani di destabilizzazione sociale e politica, Pino Pinelli ne aveva regalata una copia al commissario Luigi Calabresi, che lo interrogava sulle bombe d’aprile.

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di Lettereall’Istituto Tecnico Industriale Galileo Galilei, di Milano, specializzazione Ottica. Già rilevato erivelato [soprattutto, in FOTOgraphia, dello scorso settembre, oltre che altrove]: «Averlo incontratoin unamattinadi ottobre, nel 1968, hafattoladifferenzanella mia vita». E, ora, sono qui, e svolgo il mio mestiere, graziealui: magari, dibatto tesi e sostengo teorie, malofaccioallastessamaniera nella quale vivo un Sogno. La differenza è sostanziale.

Per quanto alcuni possano esprimere distinguo individuali (io, magari, tra gli altri), in senso globale, siamo stati maleducati... e sinonimi: incivili, arroganti, impertinenti, villani, insolenti.

Ho risentito laregistrazione del concerto tenuto dallacantautrice statunitenseJoan Baez(bandiera di un Tempo) all’Arena Civica di Milano, il 24 luglio 1 970: avevo appena compiuto i diciannove anni... io c’ero. In ricordo, fino a ieri l’altro, c’erano soltanto due momenti: la sua interruzione di un brano, perbloccarel’intervento dellapolizia, cheavrebbeavuto intenzionedi sgomberaredal terreno prossimo al palco dagli spettatori che avevano superato le transenne/cancellatedallo spazio riservato al pubblico; elasospensione del concerto causa un tumultuoso temporale.

C’è altro. Parliamone.

Non lo ricordavo; forse, al tempo, non l’avevo neppure percepito. Subito dalle prime note di FarewellAngelina, di Bob Dylan, Joan Baez sollecita il pubblico a non fare baccano, invita a stare zitti e, magari, attenti. Numerosi e ripetuti i suoi richiami nel corso dell’intero concerto. Quindi, quando invitalapoliziaad astenersi, lo fa con dovuto e apprezzato garbo: «No carabinieri, per favore», dice. E, poi, ringrazia cortesemente il pubblico che sottolinea la sua presa di posizione.

Quindi, nel proseguo, leparole introduttive di Joan Baez, che si esprime in italiano, per quanto stentato, malodevole, sonospesso sovrastate da urla in forma di slogan a favore di Vietnam, Laos e Cambogia. Già, Cambogia: il paese che, in nome di un comunismo intollerante e fanatico, ha sterminato duemilioni di cittadini, e sono tanti, su una popolazione di quattordici milioni, esonodi più. Neabbiamo accennato in altre occasioni, eprestovorremmoapprofondiremeglio, equi ribadiamo l’infamia commessa dai Khmer Rossi del dittatorePol Pot (Saloth Sar; 1 925-1 998), nel campo di detenzione e sterminio S-21 (altrove, S 21), dove i condannati a mortevenivano fotografati immediatamente prima dell’esecuzione. Onore e merito, oggi, al Museo del genocidio di Tuol Sleng, allestito a Phnom Penh, la capitale, dal 2009, testimonianza inseritanell’autorevoleElenco delle Memorie del mondo. [A margine, e in attualità temporale, daecon Lello Piazza, sullo scorso numero di novembre: «Sentire per l’ennesima volta un curatore che cercadi sovrastare, con le proprie riflessioni e la propriainvadenza, il lavoro esposto». Già: sovrastare e invadenza. Alla fine di novembre, a Brescia, nell’ambito di una(altrimenti) gradevole serataperricordare e richia

Nella seconda metà degli anni Settanta, in Italia, soffiòun curioso ventopolitico, cheportòipartiti di sinistra, a partire dal Partito Comunista Italiano, ad affermarsi in una incessante serie di elezioni: nazionali e locali. Di fatto, molte amministrazioni cittadine e provincialipassarono sotto amministrazione “comunista”. Qui e ora, come sempre del resto, non discutiamo il loro operato. Ma non ci tratteniamo dal sottolineare una loro ingenua imbecillità: quella di stravolgere stupidamente equilibri sociali da tempo consolidati. Il punto èquesto: ogni momento ha il proprio motivo di esistere e manifestarsi. Invece, e al contrario, è anche perdurata l’ipotesi di dibattere tesi o sostenere teorie a tutto tondo, senza soluzione di continuità, coinvolgendo il proprio mestiere e le proprie mansioni. Così, le amministrazioni “comuniste”, comunque interessate a ospitare nel proprio territorio aziende e industrie apportatrici di tasse e prestigio, hanno applicato “tesi e teorie” superflue anche nel proprio quotidiano, intitolando strade in quartieri nuovi, per lo più industriali e commerciali, a vicende private, perquanto (alcune) nobili. Pensate, per esempio e nostro territorio, che Fowa SpAe Nital SpA, entrambe importatrici e distributrici di materiale fotografico (Hasselblad, Zeiss, Samyang, Panasonic, Pentax, Ricoh... e Nikon), debbono scrivere sulla propria carta intestata, e contorni, “via Vittime dipiazza Fontana”. E, girato l’angolo, a Moncalieri, alleporte di Torino, nella Città Metropolitana, comune di circa sessantamila anime, si sbuca in via Vittime del Vajont, prima di incontrare una vasta serie dipersonaggi-simbolo, molti deiquali -a propria volta- Vittime degli anni di piombo. Massimo rispetto a ciascuno di loro (e, tra le Vittime dipiazza Fontana, conteggeremmo anche Pino Pinelli), ma se pretendi e ottieni prestigio e oneri da parte dei tuoi interlocutori, abbi almeno la decenza di rispettarne il mandato e le esigenze: Fowa SpAe Nital SpA, sempre perquanto ci riguarda, magari, in via dell’Industria, via del Progresso, via dell’Etica, via della Cultura di Impresa, via Maestri del Lavoro d’Italia, via...

I N I Z Z U B E R O I Z I R U A M

mare cinquant’anni dall’edizione originariadi London byGian Butturini, in coincidenza di date, ho citato l’episodio “carabinieri”, di Joan Baez. Sono stato interrotto (sovrastare e invadenza) da una precisazione inutile e fuori luogo, oltre che errata: «No, Maurizio, disse “Carabineros”». Ammesso che faccia differenza, ammesso chesiastato così, manon èstato così -perché la cantante disse proprio “carabinieri”, in certificazione di registrazione audio, disponibile in CD e sulla Rete-, solo esigenza di imporsi (maschio alfa?) e di invadere spazi altrui, elevandosi a protagonista. Anche questa, Rivoluzione... villana!: ancora, dallo scorso numero di novembre, in Editoriale; in attualità di considerazioni, da un reduce non pentito della sinistra stupida del nostro paese].

La stagione del Sessantanove èpoi sfociatain tantealtreprevaricazioni contro individuati cedimenti “borghesi”. Aseguire, concluso il proprio ciclo giovanileeirresponsabile, molti di questi persecutori -forse, quasi tutti- hanno abbracciato apienemani la“borghesia”: sevabene, madeveandare proprio bene, sono oggi complici di aziendeautorevolmente asociali, sono oggi perfettamente integrati e conniventi con quanto e ciò che hanno messo in discussione nel passato. Per fortuna, fino aqualche mese fa, il movimento del Lavoratori èrimasto saldo sui propri princìpi, ecerteconquistedel Sessantotto/Sessantanove non si sono esaurite.

In conferma di pensiero, ancora due note: una trasversale, l’altra sostanziale.

Però, il Tempo è trascorso. Ricordo un mio pensiero del Millenovecentosettanta, quando constatai che i giovani del Sessantanove avevano un anno in più. Allora, l’accertamento mi apparve triste. Oggi, hanno cinquantaanni in più: non è più nemmeno triste, ma soltanto anagrafico. A patto di essere rimasti fedeli a princìpi etici di fondo... ma!

A modomio (apaginacinquantuno, su questostessonumero)... in me, poco è cambiato. ❖

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