SUD...
IL FOCUS
Dal meridione le idee v incenti che trovano il successo all’estero
L’ANNIVERSARIO
Genocidio armeno: l’ambasciatore ripercorre i 100 anni
BUONE NUOVE Villa dei misteri riapre al pubblico dopo il restauro
ALLARME IN PUGLIA
Epidemia Xylella nel Salento migliaia le piante colpite
aprile 2015
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l’Editoriale
SUD, PENSIERO E AZIONE G INO G IAMMARINO
i dice niente il nome di Christian Sarcuni? Balzato agli onori della cronaca qualche giorno prima di Pasqua, Christian è diventato improvvisamente milionario vendendo la start up “Pizzabo.it”, assieme al software gestionale messo a punto con la collaborazione dell’amico Livio Lanfranchi, al gruppo berlinese Rocket Internet, colosso che opera nell’e-commerce. L’idea è venuta fuori miscelando tradizione gastronomica meridionale (la pizza) e nuove tecnologie (up e software) le quali permettono velocità e precisione negli ordini, che possono essere effettuati anche da un semplice smartphone, e pare abbia fruttato una cifra che si ipotizza vicina ai cinque milioni di euro.
Certamente una bella storia, utile a comprendere meglio il titolo che abbiamo dato a questo numero, “Sud…pensiero e azione”, dedicato proprio alla capacità ed al genio tutto meridionale di riuscire a trasformare una “pensata” in fatto economico concreto: una impresa. Da tempo sosteniamo che il nostro Meridione può fare scuola su come uscire dalle secche della crisi, rivoluzionando mercati ed aziende in via di putrefazione per mancanza di spirito di innovazione o di rapida riconversione. Nelle prossime pagine troverete tanti esempi, tanti racconti di aziende che fanno quotidianamente il proprio percorso silenzioso ed operoso, partendo dal martoriato e sottovalutato Meridione con il prezioso carico delle proprie idee e, soprattutto, del proprio capitale, esportandolo nel mondo. Stridente differenza coi bei nomi dell’imprenditoria tosco-padana che, sempre sulle pagine dei grandi quotidiani e network nazionali per alimentare il mito del nord ricco e lavoratore, continuano a fare impresa senza rischiare altro se non il capitale messo a disposizione dal denaro pubblico. Il caso Ali-
talia è emblematico di un modello imprenditoriale fallimentare e ci evita la fatica di dover scendere in una noiosa lista di esempi.
Ma tornando alla storia di Christian Sarcuni, è curioso sottolineare come questa vicenda si leghi anche al passato numero del nostro magazine, dedicato alla cancellazione della questione meridionale e del Sud dai grandi mezzi di informazione. Il perché è presto detto. La notizia, passata anche da RepubblicaTV, è stata quella di un’impresa partita da Bologna e da un bolognese, Christian appunto, derubricando la partecipazione del “materano” Livio Lanfranchi a quella di semplice amico-collaboratore. Ma cosa legava i due ragazzi, uno di Bologna ed uno di Matera? È bastato girare un po’ sui siti della Basilicata per comprenderlo: sono tutti e due di Matera. Cresciuti insieme, da sempre hanno sognato, pensato e progettato insieme. Poi Christian si è trasferito nel capoluogo felsineo per iscriversi all’università e conseguire la Laurea. Ma la farina di questa pizza è tutta “made in Sud”. Cosa che, ancora una volta, il Nord ha avuto buona cura di tenere sotto silenzio nei titoli.
Vi lasciamo alla lettura di questo numero con una riflessione. Un vecchio detto meneghino definisce Milano, simbolo dell’operosità settentrionale, come “la città che non dorme mai”. Bene, se da una parte le vicende di EXPO spiegano bene a fare “cosa”, dall’altra si comprende anche l’ottusa ripetitività di un modello d’impresa assistito e perdente. Solo a chi dorme, infatti, è possibile godere di quel fantastico dono che è il “sogno”. Un dono del Signore che, se poi si unisce anche a quello di essere meridionale, può aiutare certamente a creare nuovi modelli e nuove imprese. Perfino in un Paese difficile come l’Italia.
Sommario
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In questo numero...
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Editoriale
Sommario
aprile 2015 DIREttORE RESpONSAbIlE GINO GIAMMARINO
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Il focus Idee vincenti ed aziende del Sud nel mondo la burocrazia Microcredito: ecco cosa fare per ottenerlo l’impresa Emanuela Caruso, sandali di lusso la provocazione Napolimania lancia “Vesusio” il nuovo bagnoschiuma l’ecomonia banche e mutui l’economia “Filo di banca” ai danni del Sud la politica lo scontro Il genocidio Il popolo armeno massacrato 100 anni fa l’intervista parla l’ambasciatore armeno Sargis Ghazaryan l’identità le teste dei briganti l’evento la tammorra dei briganti la novella Meridionalismo e dintorni la presentazione “Religiose, militari e piedi difficili” alla Rai la tradizione Giorgio e Michele: Santi contro diavoli la gastronomia la cuzzupa calabrese l’allarme ulivi pugliesi attaccati dalla Xylella Ambiente&territorio Amianto: non solo Eternit Il restauro Riaperta dopo due anni di lavori Villa dei misteri Il teatro “Michelina e la sua banda” Il cinema Recensione di “ma che bella sorpresa” la lettura Carlo Filangieri - la legge pica la storia l’Industria cantieristica di Castellammare
VICE DIREttORE SIMONA BUONAURA HANNO COllAbORAtO: ETTORE D’ALESSANDRO MIMMO DELLA CORTE GABRIELLA DILIBERTO ANTONIO GENTILE VALENTINA GIUNGATI GERMANA GRASSO GIUSEPPE PACCIONE ROSI PADOVANI LUCIANO SALERA RAFFAELE SANTILLO CANIO TRIONE SERGIO ZAZZERA
piazza Stazione Centrale piazza Garibaldi, 136 - 80142 Napoli www. il br igan te.it info@ ilb rig ant e.com tel. 081 5542252 pROGEttO GRAFICO FRANCESCO CARDAMONE FOtOGRAFO CIRO ANDREOTTI
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il Focus
IL SUD CHE VALE:
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Dalla pensata al marketing
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VAlENtINA G IuNGAtI
l Sud Italia non è un cassetto pieno di sogni ma di idee, nel recente SMAU presentato a Berlino (per stabilire un gemellaggio tra l’innovazione italiana e quella tedesca) sono state presentate le 50 start up vincenti nel territorio italiano, di queste, la metà provenivano dal Sud Italia, dodici solo dalla Campania. Un mercato in crescita, con idee e innovazioni che talvolta restano sconosciu-
ECO4CLOUD È un progetto di Agostino Forestiero, Raffaele Giordanelli, Carlo Mastroianni, Giuseppe Papuzzo e Ivana Pellegrino e si basa sulla realizzazione di un software capace di ottimizzare i sistemi informatici complessi e produrre un grande risparmio energetico alle società che si avvalgono di data center. L’idea e il successivo sviluppo sono nate a Cosenza, nel 2010 i quattro ricercatori
te ai più nonostante siano progetti di ricerca e aziende uniche al mondo. Nel Meridione, soprattutto grazie alle università e ai progetti di ricerca che vengono finanziati dalle grandi aziende negli ultimi anni si è raggiunto un numero vertiginoso di start up innovative. Abbiamo per questo selezionato alcune di queste realtà, ambiziose e particolari ma soprattutto frutto di menti nostrane che hanno conosciuto non solo un meritato sviluppo ma che hanno saputo esaltare, nonostante le difficoltà, la loro provenienza…
del CNR Istituto per il Calcolo e le Reti ad Alte Prestazioni di Cosenza hanno partorito questo pro- Glob Eco - loredana lezoche getto partendo dall’osservazione del com- Advisory Board di Reneportamento delle formiche, wIT, finalizzato alle energie così come queste distribui- rinnovabili. scono equamente il carico di lavoro loro hanno elabo- GLOB ECO rato un sistema che con- Nasce da un’idea di Angesente di dividere tra i com- lo Messina e sua moglie puter a disposizione lo Loredana Lezoche in stesso carico abbassando Puglia, un piano avvinceni costi. te che da pochi dipendenti La prima società a voler è diventata una delle realtà sperimentare il software è più innovative ed in espanstata Telecom Italia, i risul- sione del Sud Italia.
tati sono stati sin da subito
L’obiettivo è valorizzare il rifiuto, secondo il principio di trasformazione.
Eco4Cloud
evidenti e negli anni ci sono stati innumerevoli progressi. Nel 2011 Eco4Cloud ha vinto il premio speciale di Working Capital che valorizza le nuove idee, nel 2012 hanno partecipato a Salt Lake City la più grande fiera informatica degli Stati Uniti e recentemente l’azienda è stata coinvolta anche nel progetto della Commissione europea,
L’azienda nasce in Puglia nel 2001 a Molfetta (BA) ed è specializzata nella raccolta e trattamento di rifiuti speciali, grazie ai suoi cicli di recupero è in grado di dare un contributo reale e tangibile per il superamento del problema dell’impatto ambientale riuscendo a dare un recupero di oltre il 90% dei materiali. L’espansione all’estero è molto avviata, soprattutto con la Svizzera e sono molti i progetti informativi anche a livello scolastico per cui sono stati creati appositi piani di lavoro per i più giovani grazie alla collaborazione con la Gazzetta del Mezzogiorno. L’idea straordinaria riguarda proprio il progetto “Metterci la faccia” che ha portato alla realizzazione di abiti e accessori con materiali di recupero dando una grande possibilità collaborativa alle allieve del settore moda dell’IISS Vespucci. EPI-C La Dottoressa Lucia Altuc-
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ci ha iniziato a studiare le cellule tumorali per curiosità, dopo una laurea spe-
il Focus
7 Cannizzaro, Sergio Heim, ha partecipato al premio Start
la dott.ssa lucia Altucci (maglia nera)
cialistica in oncologia a Napoli ha proseguito la sua ricerca ideando Epi-C (Epigenetic Compounds) uno Spin-Off della Seconda Università degli Studi di Napoli che vuole diventare un riferimento nel campo
C3Dna
epigenetico si occupa di Screening epigenetico automatizzato, di composti di caratterizzazione e test enzimatici. Brevettare molecole ad azione epigenetica che possano apportare significativi benefici alla salute dell’uomo. Queste molecole non uccidono il cancro ma potenziano l’azione dei farmaci, riducendo quindi la cellula ad uno stato non canceroso. Il progetto che si avvale di una schiera di collaboratori con grande e collaudata esperienza tra cui Angela Nebbioso, Vincenzo Carafa, Gianluigi Franci, Marco Miceli, Cinzia
Cup Campania nel 2010, da quella vittoria sono seguiti una serie di successi in tutto il mondo. La sola sperimentazione ha permesso di ottenere risultati vincenti in oltre il 90% dei casi.
C3DNA Due ricercatori e ingegneri informatici siciliani Giovanni Morana e Daniele Zito hanno progettato una soluzione per il cloud computing. L’idea innovativa e tutta italiana però, non ha ricevuto i finanziamenti necessari poiché nessuno li ha ascoltati finché non sono approdati in California dove hanno ricevuto un finanziamento di due milioni di dollari. L’idea partorita in Sicilia che gode della sua sede operativa, ha visto ovviamente crescere i proventi, gli investimenti e i posti di lavoro a Santa Clara e non in Italia. Grazie all’imprenditore californiano Paul Camacho che ha convinto Rao Mikkilineni questa idea è divenuta una grande realtà: hanno elaborato un sistema per fare comunicare applicazioni come Dokers e Openstack due delle tecnologie più famose ed utilizzate per gestire
virtual machine e raccogliere informazioni. La loro tecnologia permette di avere un sistema nervoso centrale tra i vari container, un linguaggio che li faccia comunicare e coordinare. Nonostante questa idea rappresenti un esempio di
gie digitali applicate ai Beni culturali e al turismo e Stefano Vena ingegnere informatico che si è interessato alle nuove tecnologie applicate ai media e all’intrattenimento educativo. Viaggiart grazie all’utilizzo in sinergia dei data set disponibili sui portali del Ministero per i Beni Culturali consente di avere tutte le informazioni in modo facile e accessibile. L’idea è stata presentata nel 2014 e premiata come migliore start up turistica italiana da RepNext, ha anche ricevuto il premio Telecom durante il
Viaggiart - Stefano Vena e Giuseppe Naccarato
fuga di cervelli, i due ricercatori non hanno dimenticato la loro terra «Siamo siciliani, abbiamo studiato e siamo cresciuti qui. Tutto lo sviluppo lo facciamo a Catania, negli Usa non ci riescono. Perché qui siamo più bravi» dice Zito.
VIAGGIART Una piattaforma gratuita, scaricabile dagli store Apple e Android per scoprire i meravigliosi e suggestivi luoghi conosciuti e non della penisola italiana. App per il turismo realizzata dall’azienda calabrese Altrama Italia e sviluppata da Giuseppe Naccarato che si è occupato durante il suo dottorato di tecnolo-
BestPractices evento organizzato da Confindustra Salerno e dedicato alle realtà innovative italiane. Nei mesi successivi è stata selezionata per partecipare al TalentLab percorso di accelerazione aziendale di CalabriaInnova.
Ma come funziona? Basta attivare il servizio sul dispositivo di geolocalizzazione ed aprire l’applicazione, la stessa nel giro di pochi istanti presenta tutte le attrazioni culturali nelle proprie vicinanze, da mostre e convegni a concerti, incontri e musei: tutto con un semplicissimo click.
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la burocrazia
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MICROCREDItO AllE IMpRESE Ce lo spiega Salvatore Micillo GERMANA G RASSO
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n base ai dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio nel 2014 c’è stato un boom di fallimenti: oltre 10mila nei primi nove mesi dell'anno; il 19% in più rispetto al 2013. Il settore dell’artigianato registra un andamento poi particolarmente negativo: 17.835 iscrizioni a fronte di 18.767 cessazioni. Dati per nulla rassicuranti, che indicano che “qualcosa” in Italia non funziona. Il tessuto economico italiano è costituito, perlopiù, da piccole e medie imprese, che in periodo di crisi, se hanno resistito, hanno affrontato pesanti difficoltà. Nel mese di marzo il Ministero dello Sviluppo economico ha completato il quadro normativo per l’avvio della garanzia delle
operazioni di microcredito. In particolare, gli imprenditori interessati possono prenotare la garanzia sul sito istituzionale del Fondo centrale vigilato dal Ministero, prima di recarsi da uno degli operatori del microcredito che fanno parte della rete. Il Fondo di Garanzia per le PMI è uno strumento varato nel 1996, all’epoca del governo Prodi, operativo dal 2000 con lo scopo di favorire l’accesso alle fonti finanziarie delle piccole e medie imprese attraverso la concessione di una garanzia pubblica che si affianca e talvolta si sostituisce alle garanzie reali fornite dalle imprese. In pratica l’impresa che si rivolge al fondo non ha un contributo in denaro, ma la possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive.
Nel Fondo di Garanzia per le PMI è confluita anche la somma che gli esponenti del Movimento 5 Stelle hanno deciso di tagliare da diarie, stipendi ed indennità. Per spiegare cosa è il Fondo, M5S ha fissato
Salvatore Micillo
appuntamenti sull’intero territorio nazionale. Al Sud i prossimi incontri si terranno a Pomigliano d’Arco (Campania) il 24 aprile, ad Enna (Sicilia) e a Bari (Puglia) l’8 maggio, a Tropea (Calabria) il 5 giugno
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ed a Cagliari (Sardegna) il 19 giugno. Per capire meglio come funziona il Fondo, abbiamo intervistato l’onorevole Salvatore Micillo, capogruppo di M5S in Commissione Ambiente alla Camera. «È la più grande rivoluzione economico-istituzionale mai avvenuta prima. Invece di “prendere” noi “restituiamo” e restituiremo ancora – afferma Micillo il mio impegno e quello di tanti colleghi con cui condivido questo percorso, prosegue, non finisce qui. Non siamo giunti al traguardo, ma ad una tappa intermedia di un viaggio che continua per risollevare l’Italia. Non deleghiamo, ci assumiamo per primi la responsabilità affidataci dagli elettori nel febbraio del 2013». Qual è l’iter di accesso al Fondo? «È possibile inoltrare domanda di finanziamento in via telematica direttamente attraverso il sito del
vo il quale garantisce fino all'80% del finanziamento».
L'iter burocratico per l'accesso al Fondo, quindi, è più snello rispetto a quello bancario? «L'iter è molto più snello rispetto alla procedura standard per l'ottenimento di un normale finanziamento, soprattutto in considerazione del fatto che non è necessaria l'indagine, tipica dei normali finanziamenti, volta ad accertare le garanzie che il richiedente è in grado di fornire».
A quale cifra potrà accedere ogni singola azienda considerata idonea? «È previsto un finanziamento fino ad euro 25.000, che può essere elevato fino ad euro 35.000, qualora ricorrano determinate circostanze».
Attualmente a quanto ammonta la cifra disponibile per le imprese? «Lo stanziamento totale
un artigiano all'opera
Ministero dello Sviluppo Economico. Una volta effettuata la valutazione il finanziamento sarà poi erogato dall'istituto di credito a favore del richiedente e la garanzia – in caso di insolvenza del richiedente/debitore - sarà prestata dal fondo governati-
disponibile per il 2015 è di euro 40.000.000, un quarto dei quali proviene interamente dal Movimento 5 Stelle. Le dotazioni per gli anni successivi saranno costituite dalle rate restituite dai beneficiari, dallo stanziamento del Ministero dello Sviluppo Economico
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e da future ed eventuali erogazioni liberali come quelle fatte dal Movimento 5 Stelle, pertanto anche gli altri partiti, volendo, possono finanziare una simile iniziativa. Il Ministero dello
la burocrazia
buzione di nuovi dipendenti, pagamento corsi di formazione etc)».
Le aziende che possono accedere al fondo devono essere "economica-
la lavorazione del corallo a torre del Greco
Sviluppo Economico si è impegnato a versare in questo Fondo, alla data del 1° gennaio di ogni anno, un importo annuo massimo di euro 30.000.000».
Quale tasso di interesse è previsto, se è previsto, o si tratta di un finanziamento a fondo perduto? «Il tasso di interesse previsto è pari a circa l' 8,7 %».
In base a quali criteri vengono selezionate le aziende che avranno accesso al Fondo? «Il Fondo ha la finalità di finanziare lavoratori autonomi o microimprese rientranti nelle fasce deboli, quindi non in condizione di rivolgersi al sistema creditizio tradizionale per assenza di idonee garanzie (ad esempio le start up), pertanto in primo luogo bisogna rientrare in tali fasce. In secondo luogo avere i requisiti soggettivi (esempio avere la partita iva da meno di 5 anni) ed in terzo luogo utilizzare il finanziamento per una delle finalità previste (esempio acquisto beni o servizi strumentali all'attività, retri-
mente e finanziariamente sane". Con questi requisiti perché non dovrebbero rivolgersi direttamente alle banche, senza chiedere il sostegno del Fondo? «Le aziende si rivolgono al Fondo in quanto non è necessario prestare direttamente garanzia in ordine alla cifra finanziata, attualmente gli istituti di credito non finanziano in assenza di una solida garanzia patrimoniale alle spalle del richiedente». Ci sono aziende che hanno già inoltrato richiesta di accesso? «Le domande potranno essere inoltrate da metà aprile, a partire da quella data sarà possibile monitorare i richiedenti».
In caso di insolvenza delle imprese, cosa accade? «Quello che succede ogni volta che un debitore non paga, l'unica differenza è che il creditore/istituto di credito è garantito dal fondo governativo e non dall'impresa».
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l’Impresa
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DA CApRI NEl MONDO l’artigianato di lusso oltrepassa i Faraglioni GERMANA G RASSO
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Emanuela Caruso
oncilia creatività con l’artigianalità e con quel gusto retrò che ha reso il sandalo caprese una tradizione nel settore delle calzature made in Italy. Parliamo di “Emanuela Caruso” l’azienda dei fratelli Emanuela e Davide Caruso (lei si occupa dell’aspetto creativo e dell’intera filiera
Il sandalo-gioiello
produttiva, lui della parte amministrativa) esempio di tenacia, sfida alla crisi e di valorizzazione del “saper fare”, di quel patrimonio, all’apparenza impalpabile, fatto di conoscenze tramandate per generazioni. Con orgoglio Emanuela Caruso, giovane designer di sandali in stile Capri, di gioielli e recentemente anche di borse, sottolinea che l’intera produzione dell’azienda avviene in Campania. Sposando il suo gusto con il saper fare degli artigiani napoletani, che ancora lavorano a mano il prodotto, e seguendo meticolosamente la filiera, dall’idea alla confezione, Emanuela ha trasformato un prodotto artigianale e per certi aspetti popolare in un oggetto del luxury made in Italy. L’artigianato è, quindi, messo a disposizione dell’innovazione, ed è il vero protagonista dell’intera lavorazione. Si parte dalla
scelta della suola, disponibile in tre formati, che vengono interamente lavorate a mano, puntellate laddove sarà applicato il gioiello. Le pelli – spiga la stilista – sono tagliate ed abbinate ai gioielli, solitamente pietre dure, coralli e swarovsky, spesso a contrasto di colore, ed infine cucite sulla tomaia, prima di completare il taglio finale. I gioielli, infine, vengono saldati e galvanizzati a mano. «Momento delicato questo
Quali difficoltà avete incontrato, a livello burocratico, nella costituzione dell’azienda? «La burocrazia italiana è molto lenta. Quando abbiamo avviato il progetto, abbiamo deciso di stabilire la sede societaria a Roma, dove vivo, sebbene l’intera produzione avvenga in Campania. Questo ha creato la prima difficoltà: seguire un iter burocratico al Comune di Roma e poi al Comune di Napoli.
– spiega Emanuela Caruso – poiché una galvanica in vecchio stile può rendere poco attraente il sandalo finito».
Ad esempio, ora vogliamo avviare lo shopping on line: ho dovuto seguire un iter lunghissimo, come se dovessi esportare pitoni! Tutta questa elefantiaca burocrazia ci blocca e danneggia noi imprenditori che non siamo sostenuti in niente. La nostra impresa non ha avuto alcun aiuto statale. Siamo cresciuti lentamente, ma con le nostre forze. Anche le fiere a cui partecipiamo sono a nostre spese».
Oggi i fratelli Caruso esportano dagli Stati Uniti al Giappone. Un traguardo che inorgoglisce, soprattutto alla luce della giovanissima età dell’azienda, nata sei anni fa. E non senza difficoltà, come spiega Emanuela Caruso.
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l’Impresa
11 Quindi, non avete usufruito di agevolazioni previste per l’imprenditoria femminile e/o giovanile? «No, sono solo chiacchiere, non abbiamo potuto usufruire di nulla».
Hai riscontrato differenze nel tuo lavoro tra il Nord ed il Sud? «Credo che anni fa i problemi erano localizzati molto al Sud e meno al Nord. Oggi, a livello di problematiche affrontate dagli imprenditori, ritengo che Nord e Sud siano paritari. Questo livellamento è conseguenza della crisi. Al Sud stiamo sempre un gradino più in basso, però, rispetto al Nord per altri fattori collegati all’imprenditoria, come ad esempio il turismo. Al Nord c’è molto turismo e numerose attività legate alla moda. Qui, invece, siamo molto carenti sotto questo aspetto. Eppure potremmo vivere solo di turismo ed invece non siamo stati capaci di sfruttare il nostro patrimonio. Ad esempio a Montecarlo non ci sono particolari attrazioni, eppure c’è turismo tutto l’anno. Come lo si spiega?».
Attualmente il governo sta incentivando il microcredito alle imprese. Credi che iniziative del genere possano aiutare la ripresa economica? «Personalmente non ho notato cambiamenti e ritengo che non sia stato fatto nulla per aiutare le imprese. Forse qualcosa si sta muovendo in questo senso negli ultimi mesi. Lo spero. L’importante è che si faccia qualcosa: si può anche sbagliare, ma se
Forme per sandali
non si fa nulla, non si sbaglia e niente cambia. Non mi interesso di politica, ma come imprenditrice vorrei una mano dal governo. Ad esempio, con l’esportazione siamo diventati molto cari. A parte il fatto che l’euro è una moneta cara rispetto alle altre, il problema principale, quando si esporta, è il pagamento di ingenti dazi. In questo modo il costo del mio prodotto, quando arriva in America, è quasi raddoppiato».
Quindi, anche le difficoltà che state incontrando nell’esportazione dipendono dall’Italia? «Certo. Il problema per gli imprenditori parte interamente da qui, dall’Italia. Cioè tutto il lavoro che c’è dietro al prodotto costa grande fatica qui in Italia». Spesso accade che gli stilisti abbiano successo in Italia dopo che hanno avuto successo all’estero. È stato così anche per te? «No. Io ho un’altra teoria. Se non vendi bene in Italia, non vendi bene neanche all’estero. Nel settore della moda, inoltre, è importante anche l’immagine: se sei ben rappresentato in Italia, vendi bene anche fuori. Penso sia un aspetto fondamen-
tale, poiché all’estero la moda è percepita come sinonimo di Italia. Io ho iniziato in Italia, con fatica, in un periodo di crisi. Se avessi iniziato negli anni Ottanta, forse oggi sarei milionaria».
Qual è la tua fonte di ispirazione? «Mi ispiro a ciò che mi piace. Mi sento ispirata, ad esempio, da un oggetto antico, da una luce particolare o dal contrasto dei colori del tramonto. Mi ispiro soprattutto alla bigiotteria vintage e la rinnovo».
la lavorazione della tomaia in cuoio
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la provocazione
“VESuVIO lAVAlI COl FuOCO”:
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…e dalla cosmetica ecco la risposta
agma e lava: questi gli ingredienti fondamentali della linea per il corpo realizzata da Enrico Durazzo, genio di quella lampada che si chiama Napolimanìa. Il nuovo prodotto si chiama “Vesuvio” ed è stato ispirato dai cori razzisti ed antimeridionali che ogni domenica accompagnano i tifosi napoletani nelle trasferte del profondo Nord al seguito della squadra partenopea. Dalle annebbiate valli orobiche alla Milano da bere, dalla Torino bianconera alla Verona della “virtuosa Giulietta”, senza escludere la Roma (anche in versione Lazio, naturalmente…) capitale, il grido all’unisono che s’alza da quelle curve non fa altro che sollecitare il millenario vulcano a tornare in attività affinché lavi col fuoco i napoletani. L’invocazione settentrionale non ha raggiunto il vulcano voluto, ma ci è andata vicino in quanto a raccoglierla è stato proprio il
“vulcanico” ideatore del marchio Napolimanìa che, stanco della ottusa ripetitività di quei cori (e non meno delle offese ad una città e ad un popolo), ha deciso di accontentare i fratelli (poco) sportivi d’Italia. La leggenda narra che Durazzo sia salito di persona sul monte a procurarsi la necessaria Lava per mettere in cantiere (o laboratorio – fate voi) i preziosi unguenti, accompagnato da una fida “carriola”. Oltre ai già citati Magma e Lava, però, alla base del “Bagnoschiuma Vesuvio”, nei diversificati flaconi dell’azienda, a completare la linea, si trovano anche il Docciaschiuma Vesuvio, arricchito con le delicate essenze di “Cozzecaina” e “Geniocitrina”, ed il miracoloso Sapone neutro Vesuvio il quale, grazie al prezioso “Acido Ciortico” contenuto, è in grado di regalare fortuna al semplice lavaggio delle mani. Va bene, c’abbiamo scherzato un po’, ma la simpatica ed ironica provocazione
messa in campo dal più napoletano dei marchi, inserita in questo numero che sottolinea le capacità del Sud di “inventare” più che creare impresa, è arrivata proprio come il classico cacio sui maccheroni a dimostrare la tesi da noi proposta. Dove si dimostra che la genialità, affiancata alla professionalità ed alla voglia di fare, possono fare miracoli in un Sud che, però, sia ben deciso a non rassegnarsi.
139, Via Madonnelle - 80147 Napoli (NA) tel. 081 7748833
Caseifico palma da noi solo il meglio
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l’Economia
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bANCHE E MutuI Guerra o collaborazione? CANIO tRIONE
entre la gente comune ritiene ingenuamente che la legge sia uguale per tutti, le banche italiane nell’emettere il loro parere sulla legge che prevede la sospensione della restituzione della sorte capitale delle rate dei mutui, hanno dichiarato con un comunicato della loro Associazione che le banche rifiutano ogni “automatismo nella concessione del credito” e che le domande “saranno impostate su base individuale dalle banche che aderiscono all’iniziativa”!!!!
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Tutto ciò significa: La generalità della legge (appunto uguale per tutti) non vale per le banche; Le singole banche si arrogano il diritto di aderire alla legge o no! Cosa che notoriamente la gente non può fare! Le banche (pur disponendo delle garanzie del credito già riconosciute sufficienti al momento della sua erogazione), si riservano di decidere se consentire o no la sospensione opponendo questioni evidentemente inesistenti e pretestuose di “sana e prudente gestione”; La necessità vitale del rilancio della ripresa per le banche è secondaria rispetto al loro signoraggio sulla gente comune trattata con evidente disprezzo; Nessuna parola sulle famiglie che pure sono coinvolte nel provvedimento e che sono il motore pri mario della ripresa e della crescita dei consumi; Nessuna preoccupazione per la necessità vitale delle stesse imprese creditizie che hanno interes se di aumentare o non ridurre i proventi da crediti erogati per tonificare i propri conti.
Tutto ciò significa anche che il valore propulsivo dell’economia racchiuso in questo provvedimento -che, come detto, è vitale per le banche stesse e per l’erario che ricaverebbe una netta tonificazione del gettito dall’aumento di consumi ed investimenti connessi a questa norma- non viene condiviso (o compreso dalle banche) che quindi dichiarano di non volere la ripresa se non a condizione di non toccare la propria medioevale prevalenza sulla gente comune e quindi sulle istituzioni. È probabile che quelli dell’Abi abbiano dovuto “pensare” per ben tre mesi
su questi temi non tanto e non solo perché incapaci di capirlo prontamente e pienamente, ma più semplicemente per chiedere il parere (e quindi il permesso) in alto loco, cioè alle autorità di vigilanza cui ovviamente rispondono della loro “sana e prudente gestione”. Lo stesso utilizzo di tali termini rivela che ci sia lo zampino di qualche dinosauro della burocrazia che sovraintende il mondo del credito. Forse da Francoforte. Dinosauro che evidentemente non ha capito nulla e ha semplicemente ribadito il proprio solito carma “prudente gestione”.
La gravità di questa ennesima sfida alle Istituzioni rivela la lontananza e la ragione della lontananza del mondo del credito e della politica dalla gente comune e dalle imprese che si asserisce di voler sostenere. Il futuro o si poggia sulla collaborazione di tutti nell’unico obiettivo della ripresa o, insistendo nella logica della conflittualità tra le varie componenti dell’economia e della finanza, si otterranno solo i frutti amari dello stallo, della disoccupazione, del declino. Per tutti e per sempre. Noi siamo per la collaborazione, da subito.
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l’Economia
“Filo di banca” ai danni del Sud MIMMO DEllA CORtE
Il divario fra il Sud ed il Nord continua a crescere ininterrottamente. A confermarlo i dati economici più significativi:
Parametro Sud Nord Reddito pro capite 16.888 30.5444 Disoccupazione 20,7% 12,7% Occupazione 41,9% 64,8% Ore cassa Integrazione 200mln 800mln Famiglie Povere 23% 10% Il Mezzogiorno non riesce a #cambiareverso ed i divari fra le macroaree del Paese: Nord, Centro e Sud (vedi tabella) anziché restringersi, continuano ad allargarsi. Il che dovrebbe spingere il Governo centrale ad investire con maggiore intensità nella parte più debole del territorio ovvero quella meridionale, soprattutto in considerazione delle sue enormi potenzialità territoriali che potrebbero rappresentare altrettanti volani di sviluppo. In Italia, però, si verifica il contrario. Tant’è che l’ultima legge di stabilità firmata da Renzi, dei 5.859mln a disposizione del sistema ferroviario nazionale preveda d’investirne il 99% (4.799) al Nord e solo l’1% (60) al Sud; che 9,7 dei 10mln originariamente destinati al monitoraggio della Terra dei fuochi sono stati dirottati alla vigilanza di Expo 2015 a Milano; mentre nel suddividere fra i comuni le risorse (5,6mld) per asili nido ed istruzione, ben 700mln annui sono stati sottratti al Sud e dirottati verso il Nord; che con la delibera di Gennaio il Cipe ha confermato il taglio di 7,4mld di euro del cofinanziamento nazionale ai fondi Ue per il 2014/2020 ai Por di Campania, Calabria e Sicilia; che decine di Centri decisionali economicamente significativi, fra cui Banco di Napoli, Banca di Sicilia ed Ati, sono stati sottratti al Sud e trasferiti al Nord e, dopo aver svenduto l’Ansaldo alla giapponese Hitachi per appena 36mln, attività ed immobili, compresi, ora parlano di toglierci anche l’Autorità per le comunicazioni; che la mafia delle assicurazione continua ad estorcere agli automobilisti meridionali tariffe doppie, in alcune zone anche triple, rispetto a quelle del CentroNord. Da qui, da meridionale, per nascita, e meridionalista, per amore – anzi, no, da “sudista”, orgoglioso di esserlo, nonostante il significato assolutamente dispregiativo che i “merionalisti illuminati” ovvero “allineati” agli interess del Nord,, tentano di attribuire a questo termine - una serie di domande:
1) E’ giusto per il Mezzogiorno restare ancorato ad un Paese che a 154 anni dall’unità continua a mostrare così scarso rispetto nei suoi confronti, considerandolo la palla al piede che ne condiziona e rallenta lo sviluppo? 2) Lo usa come una sorta di bancomat da cui prelevar le risorse da investire altrove? 3) Che continua prenderlo in giro e, dopo avergli sottratto, tra taglio al cofinanziamento europeo e fondi per gli asili nido, ben 9,5mld, annuncia l’intenzione d’investire 9mld nel Sud? 4) Continua a fingere di non rendersi conto che le misure fiscali, e non, assunte per combattere la crisi, continuano a ricadere sul Sud in maniera più pesante che non sul Centronord ed allungano ulteriormente le distanze fra le due macroaree? 5) Che festeggia enfaticamente la goccia di nuove assunzioni sfociate nel fiume dei livelli occupazionali in Italia e finge di non accorgersi della cascata di posti perduti, precipitata nell’oceano disoccupazionale meridionale? 6) Che lo considera una sorta di terra di conquista (vedi Salvini) per guadagnarsi una leadership nazionale, mantenendo, però, intonse tutte le sue idee antimeridionali?
Sono provocazioni? Può darsi. E’ possibile, però, che non lo siano. Sono, infatti, le motivazioni alla base della rabbia montante dei meridionali stanchi di essere considerati soltanto una sorta di “cassa continua” da cui attingere i fondi da investire altrove. Forse che “laddove tutto si puote” stanno aspettando che l’ira del Mezzogiorno “raggiunga l’eccedenza”? Se è così, proseguendo su questa strada, non dovranno attendere ancora per molto.
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la politica
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lO SCONtRO
Resa dei conti vicina? ANtONIO GENtIlE
L
Sud in rivolta
o scenario è drammatico. Mentre il Sud Italia, dilaniato da una crisi sociale ed economica senza precedenti, con milioni di disoccupati e di poveri continua a subire l’umiliante sfruttamento delle sue risorse naturali, come nel caso del petrolio in Basilicata e Sicilia, ridotte a ter-
Contro
re coloniali da un infamante “sblocca Italia”, venti di rivolta incominciano a soffiare sempre più forti nelle antiche terre duosiciliane. Si accendono incontrollate reazioni di piazza un po’ in tutte le regioni del Meridione. L’assenza di un coordinamento unitario tra i numerosi gruppi meridionalisti impegnati più che altro a scontrarsi tra loro, grazie anche all’azione di prezzolati “guastatori”, e a cercare un effimero protagonismo elettorale, lascia spazio alla nascita di un sedicente Movimento di Liberazione che proclama la “lotta armata” per l’emancipazione del Mezzogiorno dal controllo di Roma. Stillicidio di attentati e, poi, progressivamente conflitto armato con le Forze dell’Ordine. È scontro! Più di
150 anni di sottomissione, ingiustizie, rapine, attivano un fiume in piena fatto di rabbia, di risentimento verso la discriminazione, la precarietà e la falsificazione storica. La feroce lapidazione mediatica che il Sud subisce da decenni ha lasciato ferite profonde e insanabili in un popolo che ha avuto una sua precisa e rispettabile dignità nazionale. L’opinione pubblica italiana è sconcertata e sorpresa, ma anche la sua classe politico-affaristica rimane sconvolta e impaurita da questa improvvisa esplosione di ribellione. Si susseguono numerose le riunioni dei parlamentari e del governo italiano per cercare di arginare il movimento insurrezionalista evitando di creare martiri e cercando di far proprie alcune delle richieste degli insorti. E, mentre la Lega Nord è stata, ormai , neutralizzata dal “sistema”, che come è
stato rivelato in certi ambienti, ha scelto Salvini per diluire l’integralismo padano e addomesticare i rivoltosi veneti, trasformando il leghismo da fenomeno rivoluzionario in un elemento di un nuovo equilibrio politico addirittura a vocazione nazionalista italiano, il Sud esplode con tutta la sua rabbia incontrollata.
Certo, tutti sapevano che anche la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta non erano solo fenomeni criminali ma anche il segnale di un malessere, di un rigetto di uno stato considerato estraneo e sfruttatore e, ora, la paura, anzi il terrore, è che il Movimento di Liberazione si saldi con le migliaia di uomini armati del sistema criminale che controlla ampi territori del Paese, da Nord a Sud e che pervade molte istituzioni importanti. Ma come è possibile, si chiedono perplessi i tanti opinionisti di regime, i politici con il loro corteo di nani e ballerine, gli analisti sociali, i poteri economici dell’Alta Italia. Il Sud ha sempre subìto passivamente, dopo il decennio del Brigantaggio, ogni ingiustizia, ogni sfruttamento, ogni denigrazione senza reagire, perdendo dignità e valore, magari facendosi rappresentare da una insulsa classe politica fatta di traditori accattoni, e improvvisamente si desta dal suo torpore por-
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17 tando il caos in quell’equilibrio consolidato costituito da sfruttatori e sfruttati.
sui media, nelle occasioni sociali, negli stadi. Un mare di sterco pianificato
bi, di morti viventi che si aggirano smarriti tra le rovine ancora fumanti della loro secolare identità, e non capire che tutto, dal senso pubblico all’illegalità, al perpetuare delle proprie tradizioni e di certi modelli di vita non omologabili, sono forme di resistenza, di sopravvivenza e non di estinzione. Quello che abbiamo descritto finora, naturalmente, è solo uno scenario pessimistico, non augurabile, che propone un’ipotesi estrema ma, comunque, temuta da certi poteri nazionali e sovra-
la politica ti. È, soprattutto, lo scenario del limite raggiunto e che richiede un compromesso tra lo Stato italiano e le regioni meridionali.
Ipotesi di accordo che cerca di trovare una mediazione rapida e che tenga conto delle esigenze di entrambi. Se lo scontro diretto e la secessione sono scelte traumatiche, che probabilmente non vedrebbero l’appoggio della Ue e degli Stati Uniti, il mantenimento di una qualche forma di unità nazionale rinnovata va cercata, restituendo libertà e digni-
barricate
L’arroganza dei poteri che gestiscono il sistema Italia è tale da non vedere i milioni di emarginati presenti nelle terre del Mezzogiorno, costretti a emigrare, a subire vessazioni di ogni genere, a patire un martellamento quotidiano di considerazioni discriminanti e appellativi razzisti
pervade tutto e tutti: cittadini, identità, storia. E ci si meraviglia che ora la rabbia di un popolo alimenta quel fuoco che è stato sempre presente sotto la cenere di Reggio Calabria durante la rivolta uno stato che fu protanazionali. È l’ipotesi dello gonista in Europa. scontro aperto, della resa L’errore è pensare che il dei conti, del vulcano che Sud Italia sia terra di zom- esplode e che travolge tut-
tà al Sud in un quadro di una moderna forma di federalismo che preveda, evidentemente, la revisione della Costituzione.
Ma, siamo chiari. Se l’ottusità dei governi continuerà a ignorare i segnali che provengono dai territori meridionali, costringendoli a subire ogni forma di sopraffazione e di umiliazione, privandoli della gestione delle proprie risorse, lo scenario pessimistico potrebbe trovare forme concrete di realizzazione e segnare con esso la fine di un’ipocrita convivenza non più accettabile.
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il Genocidio
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Il MASSACRO DEGlI ARMENI Dopo cento anni cosa è cambiato?
l 24 aprile 1915 ebbe inizio l’orrendo e sistematico sterminio degli armeni sul suolo dell’Impero ottomano. L’obiettivo dei Giovani Turchi, organizzazione nazionalista sorta all’inizio novecento, era quello di istituire uno stato nazionale turco,
G IuSEppE pACCIONE
solo gruppo etnico. L’idea dei Giovani Turchi era, dunque, quella di conseguire con la violenza le condizioni che la storia non aveva concretizzato. Armeni, greci, assiri, le tre più importanti comunità cristiane, erano i primi obiettivi. Inizialmente i Gio-
la morte di una ragazza Armena nel deserto di Aleppo
analogo agli Stati europei nati nel XIX secolo, istituire la Turchia e unirla con il mondo turcofono dell’Asia centrale.
Gli armeni, cristiani ed indoeuropei, erano l’ostacolo netto da cancellare per raggiungere l’obiettivo nazionalista di un ampio territorio che dal Mediterraneo giungesse sino allo Xinjiang cinese. Il primo step era la nascita di un Stato fatto solo di turchi. Le popolazioni cristiane dovevano essere depennate dal territorio. Infatti, l’espressione Stato nazionale statuisce una nazione e sul piano della lingua e della cultura omogeneo, con una popolazione costituita in larga misura da un
vani Turchi si servirono anche dei curdi (iranici, ma musulmani) per portare avanti le stragi.
Gli armeni sono considerati i primi al mondo a dichiarare il Cristianesimo religione ufficiale del proprio Paese, nell’anno 301 dopo Cristo. In base alla tradizione, la fondazione della Chiesa armena viene fatta risalire a Taddeo e Bartolomeo (due apostoli di Gesù), ma fu solo all’inizio del IV secolo che San Gregorio Illuminatore battezzò il re armeno Tiridate III. Da quel momento, il Cristianesimo diveniva il perno dell’identità armena. Religione e cultura furono i pilastri distintivi del popolo armeno, per
secoli, sotto dominazioni straniere. In ogni casa, anche la più povera, non mancano mai i libri e nelle biblioteche è possibile scovare antichi volumi a forma di bottiglia per nasconderli meglio dal furore distruttivo degli invasori e conservare la propria storia e il proprio futuro. Prima di convertirsi al Vangelo, Tiridate aveva fatto rinchiudere San Gregorio in un pozzo, dove, oggi, sorge il monastero di Khor Virap, dal quale è possibile ammirare il Monte Ararat, simbolo dell’Armenia. Il genocidio del 1915 iniziò però lontano dall’Ararat, a molti chilometri di distanza dall’Armenia storica: a Costantinopoli nella notte del 24 aprile, nelle case degli intellettuali, degli studiosi, dei poeti. In seguito, sistematicamente, il massacro andò avanti più a Oriente, nelle terre abitate da millenni dal popolo armeno, uccidendo gli uomini e deportando i bambini e le donne nel deserto siriano, dove mori-
rono per la fame e per la sete, sebbene furono abbandonati.
Ad alcuni bambini vennero inchiodati ai piedi i ferri di cavallo. I beni sequestrati andarono ad arricchire alcune famiglie turche. Fu il Medz Yeghern, il Grande Male. Oggi gran parte dell’Armenia storica si trova in territorio turco. In primo luogo per via del genocidio che sterminò le vite di circa un milione e mezzo di armeni. E poi per il tradimento delle potenze occidentali che nel 1923 firmarono a Losanna un nuovo trattato che annullava quello di Sévres del 1920, che avrebbe dovuto dare vita ad un’Armenia indipendente nel territorio dell’Armenia storica, secondo quanto voluto dal presidente americano Woodrow Wilson. Agli armeni dunque che porzione di Repubblica armena che,
una armena alla commemorazione
non rimase una piccola territorio, la democratica entrata a far
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il Genocidio
19 parte dell’Unione Sovietica all’inizio degli anni venti del secolo scorso, ritroverà l’indipendenza solo nel 1991. Nell’Armenia occidentale restarono solo chiese diroccate, monasteri deserti, villaggi abbandonati. La cattedrale di Akhtamar, importantissimo centro della cristianità armena su un’isola del lago di Van, è stata trasformata alcuni anni Armenia orsono in un museo dal quello greco. Oggi anche governo turco. I nomi stesl’Ararat si trova oltreconfisi di quei luoghi sono ne, in territorio turco. Può monumenti dolorosi di un essere contemplato da mondo distrutto dall’odio Yerevan, la capitale della nazionalista che tuttora Repubblica armena, ma continua sistematicamente quella frontiera così vicina a negare le proprie rimane forse la più imporesponsabilità. nente testimonianza della La storiografia ufficiale turtragedia. ca cerca infatti di inserire i massacri all’interno della La posizione ufficiale delle Prima guerra mondiale, autorità di Ankara sta nel negando un obiettivo spefatto che le uccisioni degli cifico di sterminio dell’intearmeni, durante le deporra popolazione armena. Il tazioni non possono essesolo nominare la parola re meramente ritenute genocidio in Turchia può genocidio. Tale posizione costare diversi anni di carè stata appoggiata da cere e il riconoscimento da un’ampia gamma di ragioparte di un paese terzo ni, tutte in contrasto fra porta regolarmente alle loro: le uccisioni non erano proteste di Ankara, capitadeliberate o non erano le turca. In realtà la Granorchestrate dal governo; de guerra fu solo un’utile gli omicidi erano giustificati circostanza per condurre a dalla minaccia filorussa termine un progetto ideato costituita dagli armeni molto prima. Il massacro di come gruppo culturale; gli Adana del 1909 e prima armeni sono sempliceancora i massacri hamidiamente morti di fame; altre ni della fine del secolo XIX spiegazioni chiamano in ne sono tragiche prove, causa le fameliche bande così come aver accompaarmene. Alcune argomengnato al genocidio armetazioni tentano di screditano, il genocidio assiro e re l'ipotesi del genocidio
sul piano semantico o mettendone in risalto lo specifico anacronismo come quella di considerare il fatto che la parola stessa genocidio non esisteva prima del 1943.
Anche i dati delle perdite turche, nella Grande guerra dell’inizio del XX secolo, sono spesso invocati per ridimensionare il numero dei morti armeni. Fonti ufficiali turche hanno asserito che la stessa tolleranza del popolo turco rende impossibile il genocidio armeno. Nel 2005, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan invitò gli storici turchi, armeni ed internazionali a rivalutare i fatti del 1915, utilizzando gli archivi reperibili in Turchia, Armenia ed altri paesi. Inoltre, il ministro degli esteri turco dell'epoca, Abdullah Gül, invitò gli Stati Uniti ed altri paesi a contribuire a quella commissione incaricando degli studiosi di "investigare su questa tragedia ed aprire strade a turchi ed armeni
per riunirsi. Il governo turco continua a contrastare il riconoscimento formale del genocidio da parte di altri Stati, e a porre in discussione che un genocidio sia mai accaduto. Non solo, come già accennato prima, parlare di genocidio è considerato un reato punibile con la reclusione da sei mesi a due anni, in base all'art. 301 del codice penale (vilipendio dell'identità nazionale). La legge è stata applicata anche nei confronti di personalità turche conosciute internazionalmente; si pensi quando nel 2005 fu incriminato Orhan Pamuk, il massimo scrittore turco vivente. Il processo a Pamuk è iniziato il 16 dicembre 2005 ma è stato successivamente sospeso in attesa dell'approvazione del ministro della giustizia turco; quello invece al giornalista Hrant Dink si è concluso nello stesso 2005 con la condanna a sei mesi.
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l’Intervista
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“l’ARMENIA Fu OStACOlO pER I tuRCHI” parla l’ambasciatore Sargis Ghazaryan G IuSEppE pACCIONE
Un secolo fa ci fu il genocidio del popolo armeno, ci può tracciare l'origine di tale atrocità? «L’origine del genocidio è sicuramente da ricercarsi in quel piano geo-politico
si cerca un pretesto. Non si può dimenticare però che, nella capitale dell’Impero a Istanbul, c’è non solo un’intellighenzia armena che si è formata nell’università europee e
“organizzazione speciale” e, quindi, una rete di governatori, di esponenti del governo che appartengono al partito dei Giovani Turchi».
che - in qualche modo - si delineava già verso la fine dell’800 nell’Impero ottomano. In altri termini, dopo aver perso le province dei Balcani, con la sommossa anche delle popolazioni arabe e, quindi, con il graduale e continuo restringimento dello spazio dell’Impero ottomano, emerge l’ideologia panturchista che vedeva nel mondo turcofono a est, fino alle province nord occidentali tra la Cina e l’Anatolia, passando per l’Asia centrale e il Caucaso, il nuovo spazio vitale. In quel contesto, in quella proiezione, l’unico ostacolo, l’unica isola non turcofona e non musulmana era l’Armenia storica. Il piano è piuttosto chiaro: bisogna eliminare quell’ostacolo e
che, una volta tornata a Istanbul vuole una riforma profonda in termini moderni dell’Impero, ma anche una classe armena economica e commerciale vivace e intraprendente. L’entrata della Turchia nel primo conflitto mondiale è il pretesto che si cercava. Non a caso, dietro ai conflitti mondiali si è celata la maggior parte dei genocidi del Novecento. Comincia la demonizzazione dell’armeno: secondo il movimento dei Giovani Turchi, gli armeni sono all’origine dei mali dell’Impero ottomano e, di conseguenza, sono sudditi non affidabili. È il momento in cui viene pianificata l’azione di genocidio, cioè viene messa in piedi una struttura ad hoc, denominata
Nel mondo attuale, il fenomeno del genocidio non è stato ancora cancellato. L'esempio armeno potrebbe essere utile a far comprendere della pericolosità di questo fenomeno? «Sicuramente, sì! Negli studi dei geno- l'ambasciatore armeno Sargis Ghazaryan cidi, il caso armeno viene considerato come il Il termine “genocidio” non “proto genocidio”. La data esiste ancora. Verrà coniadi inizio del genocidio è il to solo nel 1944 dal giuri24 aprile del 1915, con l’ar- sta polacco, di origine resto, la deportazione e ebraica, Raphael Lemkin. l’eliminazione dell’intelli- Lemkin identifica la fattighenzia armena. Contem- specie di reato, riferendosi poraneamente, con la proprio ai fatti noti nella chiamata alle armi, per la pianificazione e implemenprima volta nell’impero tazione del genocidio nei ottomano, degli uomini riguardi degli armeni. armeni dai 18 ai 45 anni, si Genocidio diventerà anche lascia campo libero al il termine giuridico che è
massacro di bambini, donne e anziani armeni. Si può dire che il genocidio armeno è certamente quell’anello che, nel 20° secolo, segna il passaggio dalla belle epoque al darwinismo sociale degli anni trenta e quaranta in Europa. Già nel giugno del 1915, sono gli Stati dell’Intesa (Francia, Russia e Gran Bretagna) a usare l’espressione “crimine di lesa umanità”, a condanna dell’azione del Governo ottomano contro gli armeni.
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alla base della “Convenzione delle Nazioni Unite per la Prevenzione e la Repressione del Crimine del Genocidio”, del 1948. Perché è attuale il genocidio armeno a cent’anni dai fatti? Perché ancora oggi vi è un negazionismo di Stato da parte degli eredi di quello che fu l’Impero ottomano e cioè l’attuale governo turco. Nel caso del genocidio armeno, rispetto agli altri genocidi del Novecento, non si tratta di negazionismo di estremisti di destra. Il negazionismo è estremamente pericoloso perché è l’ultimo atto di un genocidio, ovvero quell’atto che incrementa il reato, lo porta a conclusione con successo, insomma ne fa un crimine perfetto. Un crimine, quando è prima negato e poi dimenticato è, di conseguenza, replicabile. Voglio ricordare le parole di Adolf Hitler, pronunciate il 22 agosto del 1939, prima dell’invasione della Polonia, quando, radunato il suo Stato Maggiore, incita i soldati a essere irremovibili nell’azione anche nei riguardi dei civili, di essere feroci, di essere determinati. “Chi dopo tutto” chiede ironicamente “si ricorda ancora dell’annientamento degli armeni?” A questa domanda dovrebbe rispondere la società civile, come pure i governi. In altre parole, da una prospettiva contemporanea, la memoria per noi vuole essere più prescrittiva che descrittiva cioè l’uso consapevole della memoria è lo strumento più potente per la prevenzione dei genocidi e dei crimini contro l’umanità».
L'ISIS che avanza, come sta affrontando il problema del terrorismo l'Armenia?
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l’Intervista
Aleppo (Siria), dove è stesso tempo, di generoso «Prima di tutto mi preme sempre aperta la nostra contributo degli armeni alla dire che l’Armenia, da con- Sede Consolare, dove i costruzione dell’Italia così sumatore di sicurezza, miei colleghi, eroicamente, come la conosciamo oggi. negli ultimi 15 anni si è tra- continuano ancora a esse- In altre parole, sono rapsformato in un fornitore di sicurezza sulla base, appunto, del concetto di complementarietà e multilateralità di politica estera di sicurezza. In altre parole, l’Armenia ha contribuito e contribuisce ancora alla missione di pace nel Kosovo, era presente nella pacificazione dell’Iraq e l'ambasciatore in un intervento al Giardino dei Giusti Milano dell’Afghanistan. Siamo presenti con il contingente ONU sotto comando italiano (UNIFIL) nel re presenti per essere gli porti antichi. I rapporti Libano del sud, con la occhi e le orecchie della diplomatici fra il nostro determinazione, appunto, comunità internazionale, Paese e il vostro s’instaudi aumentare anche la soprattutto per quel che rano poche settimane nostra presenza in termini riguarda le questioni uma- dopo la dichiarazione d’innumerici in quella missio- nitarie». dipendenza nel 1991, ne. In sostanza, ci assuquando l’URSS si stava miamo una responsabilità sgretolando. Quest’anno, di fronte a una sfida e a Come sono i rapporti tra infatti, celebreremo i 24 una minaccia che certa- l'Armenia e l'Italia? anni dei rapporti diplomatimente non è regionale, ma «La ringrazio molto per ci con l’Italia. Sul piano riguarda l’intera comunità questa domanda perché commerciale, negli ultimi 4 internazionale: ossia l’av- viene posta propria alla anni, l’interscambio, che è vento di questa grottesca vigilia della visita ufficiale stato caratterizzato dalla organizzazione che fa del Presidente della recessione a livello mondell’assassinio una spetta- Repubblica d’Armenia diale, è aumentato del colarizzazione. Natural- Serzh Sargsyan in Italia in 92%. In Armenia operano mente, voglio ricordare aprile. Sono rapporti che più di una sessantina di che le nostre comunità hanno duemila anni di sto- imprese con capitale italia-
armene sono esposte a minacce nelle aree dove opera l’Isis, mi riferisco ai territori iracheni e siriani. Voglio inoltre rammentare che vi sono ancora 80 mila armeni dislocati ancora ad
ria. Iniziano nel 66 dopo Cristo, quando il Re armeno Tiridate I si recò a Roma per ricevere la corona da Nerone. Sono secoli di continue relazioni di solidarietà ricevuta ma, allo
no. La cooperazione culturale è un capitolo a parte, abbiamo delle storie di successo straordinarie da raccontare che avrebbero bisogno di un’altra è più lunga intervista».
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l’Identità
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bOXER? NO, tEStE DEI bRIGANtI D’ISERNIA
agliare le teste dei nemici non è una esclusiva degli odierni tagliagola dell'ISIS (Stato Islamico dell'Iraq e della Siria). I soldati piemontesi nel corso della c.d. “guerra contro il brigantaggio” ricorsero con frequenza a questa tecnica per terrorizzare e cercare di dissuadere le popolazioni contadine dell'ex Regno delle Due Sicilie dal dare man forte ai “briganti”.
Ovviamente il ricorso a tale raffinata e civilissima usanza abbondantemente messa in pratica attuazione dai bersaglieri del Piemonte venuti a liberarci è sempre stata negata con forza ed aborrito sdegno dai cattedratici storici filo piemontesi oltre che da sconfinate legioni di “pennaruli” a libro paga sabaudo. In forza, però, del detto mai affermato abbastanza ovvero che il diavolo fabbrica pentole in quantità ma dimentica sistematicamente i copechi, ci viene in soccorso il telegramma che segue che smentisce clamorosamente le tesi negazioniste filo sabaude e non vorremmo che qualche storico particolarmente dotato di humor di stampo anglosassone attribuisse a qualche meridionale la paternità del “falso” telegramma.
Vi meravigliereste per così poco?
Leggiamolo:
luCIANO SAlERA
TELEGRAMMA DAL COLONNELLO MILON AL GENERALE SACCHI
Catanzaro 13 luglio 1869 <Ill.mo Generale Sacchi, la testa di Palma mi giunse ieri al giorno verso le sei e mezzo. È una figura piuttosto distinta e somigliante ad un fabbricante di birra inglese. La testa l'ho fatta mettere in un vaso di cristallo ripieno di spirito, e chieggio a Lei se vuole che la porti così per farla imbalsamare, non essendo capace nessuno di fare tale operazione. Nel caso affermativo me lo faccia prontamente sapere. Si sono fatte delle fotografie della testa e se riescono bene gliene spedirò un certo numero>. Il Comandante della zona militare-Colonnello Milon
vetro e fotografate per tramandarle ai posteri. Questo falso -cui avrebbe fatto ricorso la storia scritta dai dèmoni sconfitti per infamare gli arcangeli vincitorisarebbe stata smascherata da Lucio Villari che ne parla trionfalisticamente nella sua Storia del Risorgimento (opera in 8 volumi pubblicata da Repubblica e L'Espresso). Il Prof.Villari afferma che le teste tagliate non sono di briganti ma di “boxer”. E chi erano costoro, da dove venivano e che ci facevano nelle regioni dell’ex Regno delle Due Sicilie?
La Ribellione dei Boxer o Rivolta dei Boxer oppure Guerra dei Boxer, chiamatela come volete, fu una violentissima rivolta sollevata in Cina da un gran numero di organizzazioni popolari e contadine contro la presenza straniera colonialista, principalmente, se non soltamenteinglese, organizzazioni riunite sotto il nome di Yihetuan (cioè Gruppi di Autodifesa dei Villaggi della Giustizia e della Concordia). La rivolta maturò ed ebbe come naturali basi sociali
A conferma di quanto appena detto e riguardo alcune immagini a corredo di questo articolo occorre mettere nella giusta evidenza che viene considerata falsa dalla storiografia risorgimental-liberal-massonico-sabauda.
È il classico tema dei falsi storici cui ha fatto ricorso in abbondanza la “storia” scritta dai vincitori.
Il particolare delle teste mozzate dei briganti ad Isernia, è da considerarsi un classico nella storia della montagna di falsi propinatici dall'appena nato Regno d'Italia, infatti non sarebbero teste di briganti quelle amorevolmente racchiuse in bacheche di
prima pagina di un giornale del 1896
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molte Scuole di Kung-fu (scuole di pugilato). Inizial-
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i volti (o appena quello che si riesce a vedere, e -atten-
teste mozzate cinesi messe in mostra a “difesa” del villaggio
mente agli aderenti a queste scuole fu dato il nome di Pugili della Giustizia e della Concordia, che i missionari, per brevità, nelle loro corrispondenze e resoconti dall’estero chiamarono semplicemente “Boxer” commettendo, però, un grossolano errore in quanto, partendo dal sostantivo “pugile”, che in francese si dice appunto, “boxeur”, volendo indicare quei combattenti li chiamarono “boxer” omettendo la “u”. Orbene, pur se con difficoltà perché non si tratta di operazione facile a farsi, sarebbe interessante chiedere il parere a chi legge queste righe se ritiene che
zionenel rispondere occorre la massima onestà), siano riportabili a volti asiatici o, per maggior precisione, possano ritenersi appartenenti ad individui di nazionalità cinese …!
Da come potrete notare nell’immagine della pagina accanto, si legge “Due briganti decapitati in Sardegna. Si tratta della prima prima pagina di un giornale, pubblicato a Milano, del dicembre del 1896 (il Regno d'Italia è stato proclamato da ben 35 anni e la rivolta legittimista-contadina -la c.d. “guerra ai briganti” soffocata nel sangue e soppiantata dall’emigrazio-
www.ilBrigante.it
Dacci oggi il nostro Sud... quotidiano ON LINE
ne- da quasi 30 anni) che propone la ricostruzione di un fatto di cronaca nera che si svolge in Sardegna (sotto certi aspetti -almeno quello del progresso civile- a tutti gli effetti ancora Regno Sardo-Piemontese). La ricostruzione del fattaccio, grazie al puntuale disegno di un anonimo vignettista, mostra due individui (di certo pastori) che si apprestano a far scomparire in mare il corpo di un individuo decapitato.
l’Identità
gli altopiani cinesi la tecnica delle “teste mozzate” è utilizzata come monito ai malfattori in transito.
Ed ora, non perché si voglia avere ragione per forza ma per dimostrare al Prof. Villari che tanto sprovveduti non siamo, fateci caso: notate la differenza fra le sei teste mozzate (queste sicuramente di cinesi) messe in bella mostra a "difesa” del villaggio e le tre teste dolcemente custodite nelle tre bacheche e falsamente attribuite ad altrettanti “boxer” ugualmente cinesi! Certo che ci vuole coraggio a negare l’evidenza!
A terra il corpo, legato, di un secondo uomo di cui si distinguono le sole gambe, anch'esso certamente decapitato in quanto sempre sul terreno, l'una accanto all'altra, ben visibili giacciono le teste mozzate dei due freschi ammazzati (saranno stati ladri di bestiame o avranno soltanto sconfinato portando il loro gregge a pascolare su terreni di proprietà altrui, non dimentichiamo che in Sardegna non andavano -e tuttora non vanno- troppo per il sottile … ). Siamo nell' Italia Unita del 1896! teste di briganti E per concludere: ancora oggi in alcuni villaggi sperduti tra le montagne e
l’Evento
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“lA tAMMORRA DEI bRIGANtI” tra storia, musica e folklore
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olto spesso il vero antagonista della passione ha il volto del disincanto. Se a questo si aggiunge la mancanza di conoscenza è chiaro che lo slancio di idee e ideali rischia di arrancare o fermarsi sulle pendici dell’indifferenza. Fra tutte è, forse, questa la penalità più grande del Sud d’Italia impegnato nella sua partita di rivincita con la storia e con chi l’ha scritta. Tra chi si abbandona agli atteggiamenti nostalgici di uno sterile sentimentalismo e chi guarda al passato come a una realtà troppo lontana per essere vestita d’attualità, si fa ancora fatica a ritrovare il giusto equilibrio e lo spirito perduto.
Con la terza edizione de “La Tammorra dei briganti”, costretta dal maltempo ad un’unica giornata di festa, si è assistito, sabato 21 marzo, al recupero delle nostre più antiche tradizioni ed è proprio risalendo la corrente che si riscoprono tracce di storia, civiltà e cultura, lineamenti di un volto dal contorno, altrimenti, indefinito. L’evento, svoltosi ancora una volta con successo a Giugliano e di cui “Il Brigante” è stato media partner, si pone l’obiettivo di ricominciare dalla memoria, per passa-
GAbRIEllA DIlIbERtO
re attraverso la rabbia e arrivare all’orgoglio con il quale riappropriarsi finalmente di un’identità forte. A colorare le strade di Giugliano fin dal mattino non c’erano solo bancarelle
fuori dal coro, un coro appassionato e convinto che inaugura, con il tiepido, rassicurante sole di fine marzo, un risveglio delle coscienze insieme all’attesa primavera.
con prodotti genuini, esposizioni di artigianato locale, allegre carrette d’epoca con briganti a cavallo e danzatori di tammurriata, ma anche sentimenti contrastanti.
«Parecchi parlano dei briganti che furono e non si preoccupano di esserlo oggi, in chiave moderna – spiega Rosario Amato, presidente dell’Associazio- La tammurriata – ha contine Briganti Nosinap -. Le nuato Pennacchio - è una nostre iniziative sono tante e tutte volte a coprire le lacune delle nostre istituzioni. Abbiamo contribuito alla riapertura dello zoo di Napoli, ci occupiamo di un canile, siamo vicini a 62 bambini malati di tumore e li seguiamo nei momenti più delicati. Per noi è fondamentale essere attivi l’organizzatore Domenico Ciccarelli sul territorio e dare il nostro sostegno a chi ha tradizione tipica del Sud e più bisogno. Essere bri- nella mia famiglia per integanti è anche non voltare re generazioni questa pasle spalle e combattere ogni sione è rimasta viva. Prigiorno per una giusta cau- ma, si usava suonare e sa». danzare in cantina o anche Tra le tradizioni popolari fuori le case. Oggi contiriproposte nel corso della nuiamo a tener viva questa giornata, quella della tam- tradizione popolare ripromurriata giuglianese, da ponendola in occasione
Non mancavano, infatti, in un clima di evidente patriottismo, persone scettiche e un po’ distratte rispetto al vero significato della manifestazione.
C’è ancora chi, purtroppo, considera superata la figura del brigante e lo identifica con un personaggio carismatico ma perdente senza liberarsi, così, dalle catene dei luoghi comuni. Quasi per il timore di apparire fuori moda per qualcuno “i tempi sono cambiati perché ormai siamo in Europa”. Una nota che rompe le armonie della tammorra e suona una musica sorda, priva di radici e di contenuto. Per fortuna si tratta di poche voci
cui prende il nome l’evento stesso, è apparsa la più coinvolgente: «La tammurriata è nata circa tre secoli fa – racconta Vincenzo Pennacchio, presidente della Paranza Mezzone e della tammurriata giuglianese -. Anticamente si usava cantare e suonare mentre si lavorava trasportando prodotti alimentari con i cavalli o alleviare le sofferenze dei malati con la musica. Era anche un modo per dichiarare il proprio amore a una donna. Infatti, ci si conosceva ballando, mettendo in scena un corteggiamento che sembrava quasi una sfida, un dolce combattimento.
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Il convegno
delle feste perché è importante ricordare la nostra storia e farla conoscere ai più giovani come hanno fatto i nostri nonni con noi. Una mia parente, Filomena Pennacchio, è stata una brigantessa. È questo il sangue che scorre nelle mie vene». Al convegno “‘A terra è a nostra e nun s’adda tuccà”, svoltosi nel corso della giornata, è intervenuto, tra
ha ancora avuto giustizia. Bisogna essere concreti: conoscere la vera storia, quella a lungo travisata o taciuta e capire che il “brigante” non è destinato alla sconfitta, ma anzi, proprio in quanto tale, ha tutte le carte in regola per vincere». Agli interventi di molti, tra cui Giuseppe Gangemi, professore dell’Università di Padova e l’imprenditore Giuseppe Trinchillo, che
lo stand Giammarino editore
gli altri, Gino Giammarino, editore de “Il Brigante”: «Quindici anni fa ho deciso di mettere il mio lavoro al servizio del Sud che non
con la sua impresa s’impegna quotidianamente in un strenua lotta contro la delinquenza, si è aggiunto poi un momento conclusi-
l’Evento
vo di grande valore artistico. L’attore Angelantonio Aversana ha letteralmente catalizzato l’attenzione del pubblico interpretando il poemetto di Ferdinando Russo “‘O surdato ‘e Gaeta”, e un trio di talento composto dalla cantante Raffaella Gaudieri, dall’attore Fabio Pezzurro e dal maestro di musica Marcello Parisi ha dato vita ad una performance fatta di innesti e
ricchezza». Il riconoscimento più grande, però, va a Domenico Ciccarelli, ideatore e organizzatore delle tre edizioni de “La Tammorra dei briganti”, nonché presidente dell’associazione Liberal. «Questo evento dedicato al Sud rispolvera la grandezza della nostra terra – ha sottolineato Ciccarelli -. Fa bene ricordare a tutti che siamo stati capitale d’Europa con grandi centri commerciali e culturali. Oggi, per molti, siamo solo la terra dei fuochi e forse
interessanti contaminazioni. «Volevamo far emergere i valori della nostra cultura folcloristica – ha spiegato Marcello Parisi -. Abbiamo eseguito anche un brano di Pino Daniele, “Terra mia”, per omaggiare un nostro grandissimo artista che è stato anche un esempio di cittadino del mondo, credendo fortemente nell’importanza della contaminazione tra culture e generi come fonte di
fa comodo dimenticare che siamo stati un regno e che meritiamo di più. L’idea de “La Tammorra dei briganti” – ha, inoltre, spiegato Ciccarelli - mi è venuta qualche anno fa, in occasione di una festa organizzata a Gaeta per i centocinquant’anni di mala unità. Ho capito che qualcosa si stava finalmente risvegliando e quanto fosse importante informare e fare luce sui fatti».
Corso Italia (Quarto) info. 081.3650310
la Novella
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MERIDIONAlISMO E DINtORNI 200° ANNIVERSARIO DEL PROCLAMA DI GIOACCHINO MURAT
I Comitati delle Due Sicilie – Delegazione Abruzzo
Gioacchino Murat
ricordano il 200° anniversario del proclama di Rimini. Il 30 marzo 1815 esattamente 200 anni fa, Gioacchino Murat, insediato sul trono di Napoli da Napoleone Bonaparte, si rivolse agli italiani dopo aver dichiarato guerra all’Austria. In molti considerano l’atto con il quale chiamava i popoli della penisola alla rivolta contro i nuovi padroni e presentandosi come alfiere dell’indipendenza italiana, nel tentativo di trovare alleati nella sua disperata battaglia per conservare il trono, come il primo relativo a quel progetto di indipendenza della penisola italiana proveniente dal Sud.
Si tratta senza dubbio di una lettura risorgimentale visto che proprio Murat, che si era riavvicinato a Napoleone, era tornato a Napoli, accordandosi pro-
prio con l’Austria che gli assicurò la corona in cambio di 30.000 uomini e marciò contro Eugenio di Beauharnais costringendolo a ritirarsi sull’Adige. Lo stesso Murat, però, vedendosi abbandonato dai nuovi alleati che preferivano restaurare i Borbone, durante il governo dei Cento giorni tentò di sollevare all’indipendenza gli Italiani: pubblicò il proclama di Rimini del 30 marzo 1815 e dichiarò guerra all’Austria.
La storia racconta che Murat venne sconfitto a Tolentino e costretto a lasciare i territori italiani. Dopo un periodo tra Corsica e Provenza tentò di
rientrare nel Regno delle Due Sicilie, appena restituito a Ferdinando IV, sbarcando a Pizzo Calabro dove venne catturato, processato e giustiziato il 13 ottobre 1815 a soli 48 anni. I Comitati delle Due Sicilie – Delegazione Abruzzo stanno organizzando una serie di eventi e manifestazioni in occasione dei 200 anni del proclama di Rimini e della morte di Murat che culmineranno, domenica 2 agosto 2015 in una giornata di studi dal titolo “L’Abruzzo nel decennio francese”, mutuato dall’omonimo libro dello storico Romano Canosa. Lavori ai quali prenderanno parte storici e studiosi che analizzeranno i due lustri a guida del re francese, le riforme nel campo del diritto civile, penale e amministrativo e le nuove normative in materia di diritto ecclesiastico.
a Casagiove dov’erano custodite per volontà testamentaria dello stesso Vanvitelli. Gran parte dei resti andarono persi, l’altra parte fu custodita presso l’ospedale di Caserta, prima di prendere la strada dell’Abruzzo destinazione dipartimento dell’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara e Chieti. Il consigliere comunale di Caserta Antonio Ciontoli, da anni impegnato nelle ricerca del corpo di Vanvitelli, adesso ha quasi totale certezza che i resti dell’architetto si trovino in una delle centinaia di urne conservate all’Università di Chieti.
Ultimate le indagini e accertata la veridicità della notizie, il consigliere chiede alle istituzioni di riportare i resti mortali del grande architetto nella Cappella Palatina della Reggia di Caserta.
RITROVATE LE SPOGLIE DI VANVITELLI, UN GENIO BORBONICO
Ritrovate le spoglie di Luigi Vanvitelli, l’architetto dei Borbone, sovrani del Regno delle Due Sicilie, progettista della magnifica Reggia di Caserta. Ciò che restava del corpo del geniale architetto, fu perso oltre trent’anni fa, quando ci fu il crollo della chiesa di San Francesco di Paola
Ritratto di luigi Vanvitelli
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la presentazione
pRESENtAtO AllA RAI DI NApOlI “RElIGIOSE, MIlItARI E pIEDI DIFFICIlI”
rande successo di partecipazione ed interesse quello riscosso presso il foyer del Cen-
SIMONA buONAuRA
mone hanno invece alternato gli interventi con la lettura di racconti tratti dal libro, in particolare sono stati letti: “Liberalità”, “Il guardaroba”, “La voce del vento” e “Vivissime condoglianze”, letture che ogni volta hanno ottenuto scroscianti applausi da parte del
elemento di imponderabile manovra. La casualità dunque rende Sanatanelli uno scrittore del ‘900 in cui i personaggi vengono sovente decostruiti e le storie destrutturate. La Lezza ha puntato l’accento sullo stile dell’autore “che usa toni pungenti ed amari” ma anche sulla considerazione che pur non scri-
un nuovo polo di diffusione della cultura. L’editore Gino Giammarino ha ribadito che una casa editrice non è uno stampificio ma un luogo dove nascono le idee che vengono poi diffuse attraverso un libro. Un gustoso buffet è stato aperto al termine della presentazione con prodotti tipici locali accompagnati
Manlio Santanelli
tavolo dei relatori
pubblico presente. Come hanno sottolineato le studiose Antonia Lezza e Maria Rosaria CaroIsa Danieli legge un brano del libro tenuto negli scritti di Santatro Produzione Rai di nelli non manca mai un Napoli in occasione della riferimento al paradosso e presentazione dell’ultimo ad un’ironia che assume libro di Manlio Santanelli caratteristiche diverse in per la Giammarino Editore base al tipo di narrazione dal titolo emblematico in cui viene citata. In parti“Religiose, Militari e piedi colare la Carotenuto ha difficili”. analizzato l’aspetto filosoLa serata ha preso il via fico della sua scrittura che con i saluti del critico tea- fonde il comico con il tragitrale Giulio Baffi che ha co, in cui i personaggi moderato l’incontro dando sono irregolari perché la parola agli invitati della manovrati dal caso ovvero tavola rotonda. Gli attori prende sempre il sopravIsa Danieli ed Enzo Salo- vento nella narrazione un
vendo in napoletano, nei suo scritti racconta Napoli da una prospettiva che affonda nella cultura europea rispettando comunque i canoni che caratterizzano la città ed i suoi abitanti. L’assessore alla Cultura e al Turismo del comune di Napoli Nino Daniele ha voluto evidenziare la sua stima nei confronti dell’autore ed ha accolto l’invito del direttore del Centro Produzione Rai di Napoli Francesco Pinto che nel suo intervento ha auspicato una nuova linea d’azione ed intervento tra il Comune, e dunque la città, ed il centro Rai per creare
da un buon vino. Il brindisi finale ed taglio della torta hanno poi congedato i presenti.
l’editore Giammarino con l’autore
la tradizione
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GIORGIO E MICHELE SANTI Vs DIAVOLI
l 23 aprile ricorre la festività di san Giorgio; l’8 maggio si ricorda l’apparizione di san Michele Arcangelo sul monte Gargano: due celebrazioni ravvicinate nel tempo, per due santi che, ciascuno a modo proprio, hanno combattuto – e vinto – la loro battaglia contro il diavolo. E due culti, accomunati dal carattere equinoziale, riferito in maniera specifica all’equinozio di primavera, che legittima l’individuazione di rispettive radici pagane; ma di ciò si dirà più avanti.
SERG IO ZAZZERA
Quanto al martire Giorgio (peraltro, “declassato” dopo il Concilio Vaticano II), la “Legenda aurea” di Jacopo da Varagine narra la liberazione della figlia d’un re dal drago per opera di lui, tanto che, fin dal secolo X, l’iconografia della sua paolo uccello, San Giorgio (londra, National Gallery ) lotta col drago figura nei dipinti di più genericamente, il male. Cappadocia. Una lettura semplicistiMovendo dal presupposto, ormai ca di tale leggenda tende all’identifiuniversalmente accettato, della dericazione della principessa con la vazione dei culti cristiani dai miti Chiesa e del drago col paganesimo; pagani, per prima cosa, dev’essere altre interpretazioni più approfondite, registrata l’esistenza di fiabe popolaperò, riconoscono in quest’ultimo il ri, comuni, fra l’altro, al Giappone, alla Scandinavia e alla Scozia, nelle quali la figlia del re, destinata ad essere divorata dal dragone, viene liberata da un giovane, che uccide il mostro, il quale, per lo più, è di umili origini, così, come l’immaginario Ischia, chiesa di San Giorgio al testaccio medievale conosce più racconti di fanciulle tenute in diavolo: e, in realtà, figure di demoni ostaggio da draghi; inoltre, in propodraghiformi sono tutt’altro che rare sito, non dev’essere trascurata l’etinella visione cristiana, anche posttrimologia del nome “Giorgio” (dal gredentina. Nella mostruosa entità, co gheorgós = agricoltore), che conperò, sembra corretto riconoscere,
sente di ricondurre, in qualche modo, il personaggio a un’estrazione contadina (e, perciò, umile, a onta del contenuto delle leggende che lo riguardano).
D’altronde, anche nel mondo pagano è dato individuare i miti corrispondenti in quello egizio di Horus, divinità dalla testa di falco, raffigurata nell’atto di sconfiggere un coccodrillo, in quello grecoromano di Perseo, il quale taglia la testa alla Medusa, in quelli celtici di Brigit, dea della primavera, che uccide il drago Cailleach Bheur, e dell’eroe Fionn Mac Cumhaill, che decapita il mostro Aillen, in quello scozzese dello Stoorworm, mostro che pretende il sacrificio di vergini e che viene ucciso dall’eroe Assipattle, e, infine, in quello giapponese del dio Susano-Wo, che salva la giovane Kushinada dagli artigli del drago, uccidendolo: com’è evidente, dunque, ogni cultura esprime i suoi mostri, secondo i modelli del proprio immaginario.
Infine, gli ambiti di radicamento del culto nel sud d’Italia – fra i tanti, San Giorgio a Cremano, ai piedi del Vesuvio; Ischia, in località Testaccio; Pozzuoli, in una cappella all’interno della Solfatara –, corrispondono tutti a località interessate da fenomeni di vulcanismo, sia primario, che secondario, caratterizzati da emissioni di fumo, gas, fiamme, che nell’immaginario popolare sono ritenute provenienti dalle fauci di un drago e, dunque, giustificano il ricorso alla protezione del santo che seppe tenergli validamente testa.
San Michele, a sua volta, in perfetta simmetria con la leggenda giorgiana, libera dalle sue insidie, nientemeno, la Vergine Maria (in occasione dell’Assunzione, secondo gli Apocrifi) e, probabilmente, da ciò deriva la confusione iconografica tra le due figure,
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Nicola Russo, Apparizione di San Michele
benché a far distinguere il martire dall’Arcangelo, entrambi protetti dalle loro armature, sono, rispettivamente, il cavallo e le ali: queste ultime, infatti, bastano a Michele, ch’è un puro Spirito, mentre l’essere umano Giorgio ha bisogno di un “veicolo” per gli spostamenti. In effetti, il culto di san Michele è
San Michele (Santuario di Monte Sant’Angelo)
la tradizione
modellato su quello siriaco di Mithra e su quello greco-romano di Ermes-Mercurio: come il primo, infatti, l’Arcangelo predilige le grotte; come il secondo è alato (alle scapole, anziché ai piedi) e, nelle immagini più risalenti (si pensi a quelle della basilica di Sant’Angelo in Formis), è paolo uccello, San Giorgio (londra, National Gallery) raffigurato con un’asta sottilissima fra le mani, che, Croce rovesciata, il santo ha assunto se presentasse dei serpenti avvolti il carattere di difensore dal demonio. intorno, sarebbe in tutto identica al Il quale, poi, appare, sotto ai suoi caduceo. E quell’asta ne fa l’immagi- piedi, talvolta, anche in forma di drane del potere militare (è il patrono, go, pur se singolarissima è la figura fra l’altro, della polizia), accanto agli che Leonardo da Pistoia dipinse, ai Arcangeli Gabriele e Raffaele, piedi del san Michele esposto nella rispettivamente, simboli del potere chiesa di Santa Maria del Parto, a Mergellina: trattasi di una donna belcivile e di quello religioso. lissima, che si sarebbe adoperata Quattro sono gli elementi ricorrenti per sedurre il vescovo Diomede nel culto del Principe degli Angeli: la Carafa e che, dunque, non poteva, grotta, la Madonna, l’altura e l’acqua. anch’ella, che incarnare il tentatore. Essi sono tutti presenti a Monte Sant’Angelo – località del Gargano, dalla quale è partita la diffusione del culto, di origine longobarda –, ma anche a Procida, a Sant’Angelo in Palco, appena fuori Nola, o presso Olevano sul Tusciano, nell’alto Cilento, o nei dintorni di Faicchio, nel Sannio; e addirittura, in località pianeggianti, come Amorosi – pure nel Sannio, sulle sponde del Volturno –, la chiesa dedicata al santo sorge su un modesto rilievo che, ergendosi di una decina di metri sul resto del paese, ne costituisce il punto più alto. L’asta, poi, che si è vista presente nelle immagini più antiche dell’Arcangelo – come quelle della basilica di Sant’Angelo in Formis, presso Capua –, si evolve successivamente in una lancia, fino all’epoca del Concilio di Trento, e poi nella spada, accanto alla quale compare lo scudo, con la scritta «Quis ut Deus», che traduce l’ebraico «MichaEl»: impugnando una sorta di
procida, Chiesa abbaziale di San Michele Arcangelo
la Gastronomia
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ORO lIQuIDO
Meraviglioso dono degli dei ROSI pADOVANI
civola lenta e iridescente come una carezza, brillando di perla cangiante; come lente d’ingrandimento si sofferma sulle essenze intense e cadendo disegna merletti di tombolo dorato sul bruno del pane cafone, blaso-
mediterranea. Sole, salita e sassi… studiavamo a memoria, e solo da adulta ho compreso quanto fosse importante e ci rappresentasse questa meravigliosa pianta mediterranea che avvolge le nostre miti colline, saggia, apparentemente stanca eppure così longeva, dalle
ne di terra mediterranea: odoroso olio extravergine, generoso, saporito, unico. Dono degli Dei, oro liquido, unguento miracoloso per tutti i sacramenti, segno di pace nel becco di una colomba e all’ingresso del tempio…fondamento della tradizione alimentare
lunghe braccia nodose come ali di uccelli neri, curve sotto il peso del loro succulento bottino. Se non l’avete mai fatto, entrare in un frantoio al momento della spremitura è una esperienza da non perdere: tutto riluce della grande scia di lava iride-
scente che cola sotto la pressione, e un profumo, così intenso da stordire, si profonde tutt’intorno tanto da ammaliare. Io preferisco l’olio d’oliva, mediterraneo e meridionale, a qualsiasi altro condimento d’oltralpe; naturalmente indiscusso re della cucina, dai sughi più semplici alle preparazioni più complesse che si arricchiscono di questo straordinario condimento dalle infinite doti anche terapeutiche! Chiudo gli occhi, degusto lentamente con gesti sacrali come il miglior sommelier sofisticato, assaporando il morso di pane intriso di fragranza, mi lascio andare a quell’esplosione di sapore così semplice e primordiale, eppure così pieno ed appagante. E allora una voragine immensa si apre nel mio stomaco, non mi sazio, e desidero mangiarne ancora, e poi ancora, quasi quasi mi cimento “bruschettando” il pane e aggiungendo un po’ di sale e peperoncino per renderlo più impertinente, oppure
aggiungo qualche oliva irresistibile, magari condita con finocchietto e scorzette d’arancia, sgranocchiata qua e là; lo stillo e lo spalmo come balsamo rilassante, per poi finire con una spaghettata ad aglio olio e peperoncino come nelle migliori tradizioni, prima che qualcuno me lo porti via? E’ la settimana santa, torno in me, e dunque mi accingo alle preparazioni pasquali, questa volta visitando la Calabria, dove è tradizionale un dolce a base d’olio d’oliva, la Cuzzupa. Numerosi significati simbolici vengono attribuiti al suo aspetto: la forma, la dimensione e la decorazione fatta con uova intere con tutto il guscio, che portano fortuna, ma singolare è quello della suocera che la prepara per il genero: “Cu’ nova rinnova, cu’ setta s’assetta”. Con un decorazione di nove uova la promessa di fidanzamento è rinnovata, con sette è promessa di matrimonio. Quest’anno la preparo anche io…?
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EPIDEMIA XYLELLA, ALLERME PER GLI ULIVI PUGLIESI
Cuzzupa Farina 1 kg uova 6 (più qualcuno da inserire intero e un tuorlo per la decorazione) Zucchero 500g latte 200 ml Olio extravergine di oliva 200 ml lievito 2 bustine buccia grattugiata di un limone Confettini colorati In un recipiente lavorate le uova con lo zucchero, la scorza di limone, il latte e l'olio. Setacciate la farina con il lievito ed uniteli al composto. Impastate fino ad ottenere un impasto morbido ed omogeneo. Modellatelo della forma desiderata, conservandone un piccola parte. Inserite le uova intere nel dolce incastonandole nell'impasto con due strisce incrociate di pasta che avevate tenuto da parte. Spennellato con tuorlo e decorate con confettini colorati. Infornate a 180° per circa mezz'ora sino a quando la superficie non risulti piacevolmente dorata.
La xylella fastidiosa sta diventando un problema internazionale. Nel Salento pare che siano migliaia le piante coinvolte e centinaia gli ettari da tenere sotto controllo per arginare la sua diffusione. Noi naturalmente speriamo che si tratti della solita mania dei meridionali di auto distruggersi per avere una qualche prebenda dalle autorità che occupano il Sud. Ma sembra proprio che così non sia. Si è mossa l’Europa con provvedimenti draconiani e quindi la cosa sembra molto seria e grave. Il germe responsabile dell’epidemia non è presente in nessuna parte del Mediterraneo ed è nuovo anche in Italia e in Puglia. Peraltro la sua pericolosità è data dalla sua capacità di aggredire anche altri tipi di pianta. Quindi se questo germe non è autoctono, è stato “importato” da altre parti del mondo. Da dove e quando? In Puglia sono operative due Università attive in Agraria: quella statale di Bari e lo IAM (Istituto Agronomico Mediterraneo di Valenzano –Ba-). Quest’ultimo passa per essere un Istituto di eccellenza ed è luogo di incontro e studio per studenti di tutto il bacino del Mediterraneo che vengono qui ad imparare a coltivare le piante italiane (e meridionali in specie). Una cosa è certa: nessuno dei due ha previsto ed aiutato ad evitare il contagio. Inoltre nel 2010 in un convegno svoltosi a Bari il germe patogeno è stato importato “ufficialmente” ed esibito proprio dallo IAM. È quella la malattia che ha invaso il resto della Puglia meridionale? Quella patologia è presente anche in altre parti e fra poco emergerà anche altrove? La drasticità dell’Europa è dovuta alla altissima pericolosità della malattia (o da eccesso di prudenza)? E se è così le nostre Università cosa hanno fatto per ridurre il rischio? Non si sa nulla di certo anche perché le indagini sullo IAM non si possono fare perché nella furia di cedere fette di sovranità, l’Italia ha riconosciuto a questo organismo una immunità totale e quindi la magistratura italiana non vi può entrare, né indagare in nessuna maniera. Una circostanza più unica che rara come la misteriosa malattia. Nel frattempo milioni di piante ammalate saranno distrutte –forse inutilmente o forse tardivamente in quanto non si conosce la reale portata della epidemia- con danno ambientale che ci auguriamo “minimo” come assicurano le Autorità preposte all’operazione. Più realisticamente noi invece non immaginiamo il paesaggio salentino (già invaso al limite dell’accettabilità da alberghi e case estive, impianti fotovoltaici e superstrade) privato pure degli ulivi; né accettiamo che la nostra immagine di produttori di olio e cibo di eccellenza venga offesa da questo ennesimo regalo della mondializzazione! Né si può accettare che in Italia -a Bari- possa funzionare un organismo con privilegi di questa portata potenzialmente dannosi addirittura per la salute di piante e persone! CANIO TRIONE
l’Ambiente
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AllARME AMIANtO: NON SOlO EtERNIt Scuole, ospedali ed abitazioni a rischio
ra il 1901, quando l’austriaco Ludwig Hatshek brevettava il cemento di amianto, che poi denominò ‘Eternit’, dal latino aeternitas ‘eternità’, per sottolineare la grande resistenza del materiale. A quasi 120 anni dalla sua invenzione, purtroppo, ed
RAFFAElE SANtIllO
assistenza gratuita e senza fini di lucro a tutti i cittadini e lavoratori vittime dell’amianto e di altri cancerogeni ed ai loro familiari.
Per saperne di più abbiamo contattato Antonio Dal Cin, coordinatore nazionale dell’associazione ‘Esposti e vittime amianto dei
mortale e di origine professionale, contratta a seguito di un’esposizione a polveri e fibre di amianto, in assenza di strumenti di prevenzione tecnica e di protezione individuale, occorsa a Trieste durante i servizi resi alla Nazione dal 1992 al 2004. Ho lavorato e vissuto circondato dall’eternit presente sui
Eternit siciliana
a 21 anni dalla cessazione della sua produzione in Italia, siamo ancora qui a parlare di amianto e di eternit. Infatti, si continua a morire a causa delle malattie contratte dall’esposizione a questa sostanza cancerogena. Avendo queste patologie un periodo di incubazione di circa 30 anni, coloro che risiedevano intorno alle fabbriche, ancora oggi corrono dei seri rischi per la salute. Da diversi anni, è attivo l’Osservatorio Nazionale sull’Amianto, associazione di utilità sociale, che svolge, grazie al contributo di decine di volontari, attività di
militari appartenenti alla Guardia di Finanza - Ona Onlus’ e coordinatore della comunicazione delle attività dell'Osservatorio Nazionale Amianto sul social network.
Ci può raccontare la sua storia? «Ho 45 anni e per quasi un quarto di secolo ho indossato con onore la divisa della Guardia di Finanza. Nel gennaio del 2014, sono stato riformato dalla Sanità militare e collocato in congedo assoluto in quanto affetto da gravi patologie, tra cui l’asbestosi, malattia potenzialmente
tetti dei capannoni giacenti nei pressi della compagnia della Guardia di Finanza di Prosecco (Trieste).
un ambiente di ridotte dimensioni, sia nelle camerate che nei bagni adiacenti alla sala mensa, nella percentuale come rilevata e accertata per il tramite di idonei strumenti. Questa condizione, inevitabilmente, ha determinato l’inalazione delle fibre mortali anche durante la consumazione dei pasti e nelle ore notturne, quando l’organismo necessita di rigenerarsi».
In Italia ci sono ancora molti problemi legati all’amianto. Attualmente, ci sono ancora strutture pubbliche che presentano lastre composte da questa sostanza? «Assolutamente sì. L’Osservatorio Nazionale Amianto ha accertato che sono oltre 2400 le scuole in cui è stata riscontrata la presenza di amianto, a partire da quelle della prima infanzia, e questa condizione costituisce una fonte di rischio per la salu-
L’amianto è risultato presente su alcuni beni di proprietà dell’amministrazione, come le 129 specchiere collocate all’interno delle camerate, le 3 porte tagliafuoco esistenti nei corridoi ed i 70 metri di coibentazione della centrale termica, oltre a quello presente sulle tettoie dei canili dei cani antidroga. Dalle guarnizioni delle suddette specchiere, si è aerodisperso amianto in
lastre Eternit
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33 te di più di 350mila alunni e di 50mila dipendenti del Ministero dell’Istruzione e le indagini epidemiologiche hanno evidenziato decine di casi di mesotelio-
di altre patologie asbesto correlate che sono quasi sempre ad esito infausto. Occorre a questo punto sottolineare che se da una parte sussiste l’obbligato-
ma e di altre patologie asbesto correlate tra ex docenti e personale non docente.
rietà e la gratuità dell’istruzione dell’obbligo (art. 34, comma 2 Cost.), non è possibile ricevere in cambio una lesione del diritto alla Salute, così come espressamente richiamato nell'art. 32 della Costituzione della Repubblica italiana, atteso che la lesione di tale diritto fondamentale, impedisce all'individuo di poter beneficiare di tutti gli altri diritti costituzionalmente garantiti».
Appare del tutto evidente che i bambini, come gli altri studenti, corrono il rischio di ammalarsi in età giovanissima, e questo non possiamo assolutamente permetterlo, perché è nostro dovere difenderli, senza mai dimenticare che i giovani rappresentano il nostro patrimonio e la continuità della vita. Tantissimi gli insegnanti che si sono ammalati di mesotelioma o
Quali sono le iniziative che avete messo in campo per debellare il ‘dramma-amianto’? «Da tempo cerco di sensibilizzare la Guardia di Finanza sul rischio morbigeno per espos i z i o n e all'amianto, in considerazione del fatto che nessuno ci ha mai informati sul rischio morbigeno per esposizione all'amianto, e il datore di lavoro, ovvero lo
Stato, non ci ha mai tutelati da tale rischio, attraverso l'adozione di idonei mezzi e strumenti, e comunque, con quanto di meglio messo a disposizione dalla scienza e dalla migliore tecnologia. Il 27 marzo 2012 assieme ad altri miei colleghi, alcuni dei quali purtroppo sono già deceduti, ho costituito il comitato ‘Esposti e Vittime Amianto dei militari appartenenti alla Guardia di Finanza’ - Ona Onlus, un’associazione che conta in Italia oltre 10mila iscritti ed è ormai presente in quasi tutte le regioni e nasce per raccogliere la sofferenza, il disagio e le difficoltà dei lavoratori esposti all’amianto e dei familiari delle vittime dell’amianto.
Un esercito di volontari in costante crescita che quotidianamente e gratuitamente si impegna e lotta contro l’amianto killer, con l’assistenza costante di Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio, e uno dei massimi esperti al mondo sull’amianto, che ha fatto della lotta a questo killer spietato e silenzioso una ragione di Vita e difende le vittime dell'amianto e i loro familiari in Italia e nel resto d’Europa. Desidero sottolineare che spesso gli ammalati e loro familiari vengono lasciati soli ad affrontare un dramma, al quale le Istituzioni e la stessa classe politica, fatta eccezione di alcuni, per molto, troppo tempo, non hanno dato la doverosa importanza, nonostante in Italia, a causa dell’amianto, circa 5000 persone perdono la vita ogni anno, con un picco massimo di decessi stimato intorno al quinquennio 2020 –
il territorio 2025».
Secondo le sue ricerche ci potrebbe indicare quali sono le regioni maggiormente esposte al rischio dell’amianto? «E’ difficile dirlo con esattezza, tenuto conto che ci sono regioni come la Calabria dove è ancora difficile recepire informazioni o come la Sicilia, dove i dati sono solo parziali. Sem-
Antonio del Cin
brerebbe ed il condizionale è d’obbligo, che le Regioni con maggiore concentrazione di amianto siano le Marche e l’Abruzzo. Quanto sopra, si evince dai dati forniti dal Ministero dell'Ambiente con espresso riferimento al ‘Piano nazionale amianto’. In Italia sono quasi 34mila i siti che si è riusciti a mappare e dove si è riscontrata la presenza di amianto, ma il numero è senz'altro destinato a crescere vertiginosamente. Di questi, ne sono stati bonificati circa 800, un numero che lascia chiaramente intendere che siamo ancora lontani dal poter dire che stiamo bonificando il territorio nazionale».
RIAPERTA AL PUBBLICO
VILLA DEI MISTERI
il Restauro
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Il giardino della Villa dei Misteri
iaperta al pubblico alla presenza del ministro dei Beni culturali Dario Franceschini Villa dei Misteri. La domus suburbana dell’antica Pompei, famosa in tutto il mondo per i fantastici affreschi ispirati al culto di Bacco potrà dunque essere di nuovo visitata in tutto il suo splendore, questa volta però alla luce di un restauro che ha evidenziato tutta la sua bellezza. Alla presentazione il ministro Franceschini ha affermato: «Qui a Pompei
abbiamo cambiato pagina. Oggi è un giorno davvero importante; l’Italia restituisce al mondo altre meraviglie. Registro con soddisfazione e orgoglio – ha poi aggiunto- che ci sono miglioramenti molto importanti nello stato di conservazione dell’intero sito archeologico di Pompei e nella sua gestione. Ci aspettiamo ancora grandi frutti – ha concluso il ministro – dall’opera appassionata e capace di chi è quotidianamente al lavoro sul pieno recupero degli scavi, ma il bilancio di quest’anno è positivo: c’è stato un
Restauri in corso nella Sala del triclinio
vero e proprio cambio di passo e questo ci fa guardare con ottimismo alla rinascita di Pompei..».
Indagini diagnostiche durante i restauri
La Villa dei Misteri Scoperta parzialmente nel 1909-1910 e compiutamente nel 1929-1930 ad opera di Amedeo Maiuri, il complesso è un esempio mirabile di commistione tra villa d’otium e villa rustica, appartenuta forse alla famiglia degli Istacidii, fra le più importanti della Pompei di età augustea. Presenta, secondo gli studi più aggiornati, un impianto architettonico risalente al I secolo a. C. con successive trasformazioni fino al momento dell’eruzione (79 d.C.).
L’odierno assetto della villa si deve agli interventi che hanno avuto luogo in seguito al terremoto del 62 d.C., quando si avviò la conversione dell’edificio da villa residenziale a complesso agricolo e produttivo
(vino). Al momento dell’eruzione del 79 d.C., erano in corso lavori di adeguamento della struttura da parte dell’ultimo proprietario. Il lussuoso quartiere residenziale si trova sul lato ovest e si affacciava sul mare, impostandosi su un suggestivo asse prospettico costituito in sequenza da atrio, tablino e sala di soggiorno chiusa in fondo da una panoramica esedra semicircolare fenestrata. Dal soggiorno con esedra si accede, attraverso un
Restauri in corso
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il Restauro
35 passaggio laterale, alla sala dei Misteri (riti iniziatici). Il nome della villa si deve agli affreschi che ornano questo triclinio. Gli interventi di restauro
Restauri pavimentali
Gli interventi di restauro, finanziati con fondi ordinari della Soprintendenza Speciale per Pompei, Ercolano e Stabia per un importo di circa 900mila euro, sono iniziati nel maggio del 2013 e hanno interessato tutti gli apparati decorativi, mosaici e pitture, degli oltre 70 ambienti in cui si
Misteri sono stati oggetto manufatto antico attraverdi frequenti interventi di so il confronto nel tempo ‘micro-restauro’ e manu- delle immagini dei decori. tenzione, eseguiti secondo Nello specifico sono state criteri ritenuti allora corretti eseguite: termografia a e di grande efficacia, ma che nel tempo hanno rivelato esiti problematici, come ad esempio l’utilizzo di cera sulle pareti, che le ha sì protette, ma al tempo stesso scurite. I lavori, ora conclusi, sono stati preceduti da una puntuale campagna di indagine preliminare, volta Sala del triclinio dopo il restauro all’identificazione e caratterizzazione dei materiali (ele- infrarossi (IR), GPR menti che compongono i (Ground Penetrating dipinti, malte utilizzate per Radar), misure ad ultragli strati preparatori, ele- suoni, esame XRF, spetmenti costitutivi dei pig- troscopia Raman. Indagini menti), delle tecniche pitto- non distruttive per identifiriche, della natura delle care la qualità del pigmenalterazioni cromatiche e to, i distacchi e le crepe delle incrostazioni prodot- all’interno degli strati pretesi negli anni, studiando il paratori dei dipinti, e per
prima del restauro
analizzare inoltre il degrado dei decori, al fine di individuare le soluzioni più idonee per contenere o arrestare gli effetti dei pro-
cessi di deterioramento. Interventi di consolidamento hanno invece interessato tutti gli intonaci e i pavimenti con tessere, in cocciopesto e lavapesto.
Le lacune visibili sono state completamente integrate con stuccature di sacrifi-
prima del restauro
articola la Villa. I lavori sono stati organizzati in lotti per consentire la visita del pubblico nelle aree non interessate dal cantiere, evitando così che un edificio tanto importante non fosse fruibile per un periodo molto lungo.
Nel corso degli anni, a partire dallo scavo degli anni Trenta, le pitture e i pavimenti di Villa dei
cio, che hanno unito esteticamente i frammenti separati e consolidato le porzioni di intonaco senza iniettare sostanze estranee, nonché assorbire l’eventuale umidità di risalita. Sala del triclinio dopo il restauro
Sala del triclinio dopo il restauro
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il teatro
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bRIGANtI Sul pAlCO CON “MICHElINA E lA SuA bANDA”
l Teatro Fellini di Pontinia, in provincia di Latina, la compagnia ‘I Briganti di Cartore’ ha portato in scena in prima nazionale, lo spettacolo ‘Michelina Di Cesare e la sua banda’. L’atto unico scritto e diretto da Giuseppe Ranucci con musiche e canti di Massimiliano Stefanelli, ha ripercorso le varie fasi della storia della più famosa e conosciuta Brigantessa
Durante l'esibizione
protagonista di gesta eroiche negli anni 1862-1868 tra Campania, Lazio, Abruzzo e Molise. Lo spettacolo ha ripercorso gli ultimi anni di vita di Michelina originaria di Caspoli, dalle vicende drammatiche sulla sua avventurosa vita nel periodo post unificazione italiana a storie meno conosciute dove emerge la brigantessa ragazza, donna. Interessanti le scene attorno al fuoco dove l’eroina ricorda la sua infanzia, i primi amori al suo paese e la scena nello studio del fotografo Marco a Roma dove si recò per farsi delle foto con la sua fidata Rosa Tommaso. I riferimenti storici sono
stati forniti dallo storicosaggista Fulvio D’Amore che, di recente ha pubblicato “Michelina Di Cesare, brigantessa per amore”. Il testo della rappresentazione teatrale revoca le principali azioni della banda Guerra-Fuoco-Pace-Ciccone, senza alterare la realtà storica, pur con qualche minimo apporto di fantasia per colorire le scene. Abbiamo posto al regista Giuseppe Ranucci qual-
agli armentari e ai nobili. E a noi miseri plebei, per consolarci, (con tono ironico) hanno donato l’aumento dei prezzi, delle tasse e la leva obbligatoria».
A CuRA DI SIMONA buONAuRA
che domanda:
Qual è il messaggio che volete lanciare attraverso questa rappresentazione? «Il messaggio che intendiamo dare è chiarissimo: e lo spiega Guerra ad una Signora incontrata casualmente…Guerra (rivolto a Silvia): Noi briganti non siamo dei criminali come hanno voluto far intendere i piemontesi. Siamo, per lo più, ex soldati borbonici o contadini e pastori che sono stati ingannati: gli avevano promesso la distribuzione delle terre ma invece le terre sono rimaste a chi già le possedeva: ai ricchi borghesi,
Che tipo di pubblico segue i vostri spettacoli? Il pubblico che ci segue è eterogeneo: curiosi, amanti della storia, amanti dell’avventura, persone qualunque attratte dalla novità. Devo dire che siamo accolti favorevolmente; mai una polemica; anzi da competenti ci viene detto che abbiamo fatto una giusta e corretta ricostruzione storica dei fatti e del tema del brigantaggio».
Lei pensa che la storia raccontata in modo distorto nei testi ufficiali, possa essere narrata nel giusto modo anche attraverso uno spettacolo teatrale come il vostro? «Come già detto prima intendiamo fermamente ristabilire la verità storica e combattiamo tutte le distorsioni che sono state fatte da tanta stampa e da vari programmi televisivi. Noi “Amiamo i briganti” e la cosa migliore che abbiamo
ritenuto di fare per loro è quella di non enfatizzarli, non esaltarli, ma narrare i fatti per come si sono realmente svolti. Ne risulta
Dipinto di Michelina di Cesare
una figura del brigante vittima di forze soverchianti, ma che con fierezza e dignità difese con tutte le proprie forze la propria esistenza». Gli interpreti della rappresentazione sono stati: Alessandro Ferrarese, Maria Lucia Scaccia, Maria Spacca, Franca Riso, Giuseppe Ranucci, Massimiliano Stefanelli, Roberta Intotaro, Maurizio Martinelli, Cesare Romagnoli, Piergiuseppe Domenici.
Il gruppo teatrale I briganti di Cartore
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il Cinema
“MA CHE bEllA SORpRESA”
Altro che novità, solito copione su Napoli!
uscito nelle sale il nuovo film di Alessandro Genovesi “ma che bella sorpresa” con Claudio Bisio, Frank Matano, Valentina Lodovini e Chiara Boschetti. Ispirato alla commedia brasiliana del 2009 “A Mulher Invisivel” il film narra le vicende del milanese professore, trapiantato a Napoli per amore, Claudio
snodo della storia tutto il resto stona un po’: dalla cartolina di Napoli che il regista ha voluto dare “per fare un omaggio ad una città magica e piena di sapori”.
Non entriamo nel merito dei luoghi comuni ma ci sono alcune considerazioni che vanno assolutamente fatte. La prima fra tutte è che le donne di Napoli da tempo non indossano più solo zoccoli e vestaglia, Napoli non è solo vicoli e gente sguaiata che urla tra le strade, gli studenti a scuola non parlano solo in dialetto, e questo lo sottolineiamo non bisio-Matano in una scena del film perché sia un Bisio che lasciato dalla sua torto farlo ma perché a fidanzata entra in depres- scuola c’è un protocollo sione fino a quando non che va rispettato. Altra bussa alla sua porta una doverosa osservazione: donna bellissima e perfet- Frank Matano certamente ta, ovvero la sua nuova non incarna il napoletano vicina di casa Silvia con la medio che con la sua verquale inizia una storia ve e curiosità rende legged’amore. Il suo migliore ra qualsiasi battuta. Il fatto amico Paolo, interpretato che la scelta sia caduta su da Frank Matano si accor- di lui avvalora l’idea che ge che qualcosa non va, l’immagine di Napoli vista infatti la donna è visibile all’esterno oggi è distorta. solo a Bisio, e convoca i milanessimi genitori di lui Restando nella scelta degli Ornella Vanoni e Renato attori, se Francesco MataPozzetto. Altro personag- no seppur di Santa Maria gio della storia la vicina di Capua Vetere non incarna casa reale del professore lo spirito partenopeo la Valentina Lodovini inna- toscana di origini umbre morata segretamente di Valentina Lodovini è lontalui. Tra gag, stentate, e na anni luce dalla femmerisate, poche, c’è anche un na napoletana, nonostante lieto fine. A parte la trama si sforzi di farlo! Lo aveva che punta l’accento sul già fatto nei due “Benvenusurreale ed un godibile ti al…” di Luca Miniero,
con quelle esse marcate che le conferiscono solo un po’ di volgarità e non certo una recitazione fluida. Ci fermiamo qua non volendo infierire sulle doti attoriali! La domanda che andrebbe fatta al regista ed ai produttori è una sola: “ma possibile che Napoli non abbia un’attrice capace di ricoprire un simile ruolo?”. Ci sembra davvero strano!
Infine una nota positiva: l’accoppiata Vanoni- Pozzetto è ben assortita recitano in tempi veloci e offrono una buona caratterizzazione dei loro personaggi. Peccato che il regista non li abbia sfruttati maggiormente, avrebbero di sicuro dato qualche punto in più alla pellicola.
Qualche osservazione sul film all’uscita del cinema :
BERNARDO: “Oltre a non essermi divertito, non mi piace assolutamente Frank Matano né come attore né come intrattenitore. Trovo assurdo che un regista possa dare una immagine che, in larga parte, non rispecchia assolutamente la realtà di Napoli”.
VERONICA: “La scena in cui Frank va a prendere i genitori di Bisio alla stazione di Napoli è davvero disgustosa e assolutamente falsa”.
EMMA: “A me ha quasi infastidito la tipa con gli zoccoli con il marito sempre davanti alla televisione, o la scena del funerale...! Si vuole insomma continuare a dare di Napoli un' immagine retrograda. Magari se prima si documentassero da chi la conosce davvero sarebbe
Volendo fare qualche osservazione è curioso ricordare che lo stesso Pozzetto nel 2007 dirige ed interpreta “Un amore su misura” in cui anch’egli viene lasciato dalla moglie e entra in contatto con Elettra una donna bellissima e che corrisponde alle sue esigenze in quanto realizzata da una ditta giapponese che lo ha scelto come cavia per un esperimento. Dal punto di vista squisitamente tecnico nel film ricorrono campi corti e primi piani, o mezzobusti, l'arrivo dei genitori milanesi di bisio si tratta di una scelta autorale legittima ma forse in diverso”. alcuni frame stona un po’, MASSIMO: “Film che non il ritmo della narrazione è rispecchia assolutamente lento ma va fatto un plauso la Napoli che NOI conoalla fotografia che è nitida sciamo e che abbiamo vise rende appieno il paesag- suto!”. gio circostante. (Sim.Buo.)
la posta
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Dispacci al capobanda
Ischia, recuperiamo la Vecchia bocca del porto
Gentile direttore, le scrivo questo appello finalizzato a ristabilire la legalità in tutta l’area del Porto di Ischia e delle sue pertinenze e procedere a un piano di recupero e valorizzazione del sito. Si tratta di un monumento naturale di straordinaria bellezza e rappresenta un unicum di incomparabile valore ambientale che è testimone di una storia millenaria e sta a simboleggiare le vicende geofisiche dell’isola che si sono succedute nelle diverse epoche. Questo Insieme di Luoghi e Storia ha trasmesso alla nostra memoria l’evento che apre la storia contemporanea del comune di Ischia e dell’intera isola, l’apertura dell’istmo nel 1854, scavandone l’odierna canaletta di ingresso tra l’ex cantiere e la zona della Pagoda. Ma un’altra storia, persino più simbolica e importante di quella dell’apertura dell’istmo ad opera del Re Borbone è quella fantastica della realizzazione di quella Foce Vecchia, di quella bocca vecchia di cui vi è notizia sin dal 1760, dove scorrevano le acque salate dall’odierna costa nei pressi della spiaggia di Zi’Maddia, a sinistra della lanterna rossa che saluta il ritorno degli ischitani e augura buon viaggio a chi parte, fino al lago. Ebbene, secondo il Buchner quel canale alimentava le acque del Porto e consentiva il passaggio della fauna ittica e alla sua foce in mare aperto era ornato da un canneto.
Quello stesso canneto che, come provato nelle foto ottocentesche e nei dipinti antichi, cresceva spontaneo tra le sabbie di quella riva all’angolo superiore destro del porto dove poi nacque il cantiere. In seguito, attraverso la foce vecchia passarono le piccole barche che portavano in città le derrate e il pescato, materiali di costruzione, utensili, spezie. Da lì dobbiamo guardare alla bocca vecchia del Porto che va assolutamente recuperata da un lungo periodo di degrado e di incuria. Detta Foce Antica va recuperata, risocializzata, riqualificata e valorizza-
mento militare, alla Chiesa di Portosalvo, al Redentore e così via lungo arenili e stradine. Un Itinerario di visite turistiche in grado di generare nuovo sviluppo e benessere per la collettività. La mia proposta sostenuta da molti cittadini è la seguente: intervenire prontamente per la eliminazione di ogni fonte di degrado e di pericolo per la pubblica incolumità in tutta l’area garantendo la libera fruizione dei luoghi secondo le norme costituzionali e le leggi vigenti. Con questi pensieri, le scrivo per chiedere alla vostra testata, che lodo per l’onestà intellettuale
ta e va restituita alla sua funzione naturale, alla sua vocazione irrevocabile, alla libera fruizione e alla tutela ambientale, paesaggistica e culturale mediante azioni mirate. La Bocca Vecchia così recuperata sarebbe un grande attrattore turistico componendo un Museo Naturale assieme alla nuova canaletta, alla Pagoda, allo stabili-
che la contraddistingue, di appoggiarmi in questa mia battaglia. Vi annuncio inoltre che il prossimo 11 aprile si terrà un convegno dal titolo “Salvare Porto d’Ischia “ in cui saranno esposte ed articolate queste proposte e questi intendimenti nel rispetto degli articoli 18 e 21 della Carta Fon-
damentale e nell’obiettivo di concorrere a determinare le scelte politiche della Città. Luciano Venia
Carissimo dott. Venia, conosciamo da anni il Suo impegno civile e l’amore che nutre per la storia e lo stato del nostro territorio. Seguiremo e divulgheremo i passi di questa nuova battaglia, tesa a restituire alla splendida isola verde un altro tassello del mosaico della sua infinita bellezza, affinché la zona in questione venga arricchita e riconsegnata in tutto il suo splendore a residenti e turisti.
re iretto d l a e d criver ro Su Per s i del nost il a tt sui fa are una m com i v e. in igant r b l i @ a info
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lo scaffale Getano Marabello
La legge Pica (1863-1865)
Edizioni Controcorrente
Giornalista e ricercatore storico, Gaetano Marabello, di origini messinesi ma che vive a Bari, scrive questo libro in cui ripercorre le atrocità di questa assurda legge promulgata da Vittorio Emanuele il 15 Agosto del 1863 per fermare la gente del Sud che non si arrendeva all’ invasione piemontese ma la combatteva con uno slancio così esteso, coraggioso e tenace, da far vacillare le fondamenta del nuovo regime. Fu una repressione sanguinaria e brutale che durò fino al 1870 nel tentativo di istituzionalizzare il terrore in atto nel Regno delle Due Sicilie occupato, e di dare ad esso una parvenza di legalità. Arresti arbitrari, fucilazioni sommarie, tribunali militari formati all’istante, fattispecie di reato così generiche da poter essere applicate a discrezione, autorizzazione a formare bande armate di mercenari che fiancheggiassero l’esercito invasore, introduzione delle liste di sospettati, compilate dai notabili liberali. Una mostruosità giuridica che sancisce ufficialmente la clamorosa disparità
Pasticceria
di trattamento fra sudditi del Centro-Nord, per i quali valgono le garanzie dello Statuto Albertino, e sudditi del Mezzogiorno, per i quali esse sono carta straccia. Contro queste norme infami, si leva l’indignata protesta di Inorch Scorangef, pseudonimo di un
magistrato insofferente al nuovo regime. Una coraggiosa critica che testimonia i patimenti di un popolo, cui un’aggressione di stampo coloniale stava imponendo, con l’aiuto di mafia e camorra, un sistema antimeridionale, burocratico e poliziesco. Generando una sfiducia del popolo nelle istituzioni dello Stato, che da allora non è più cessata.
Rosticceria
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la lettura
Pietro Calà Ulloa
Carlo Filangieri D’Amico Editore
"Ho ritenuto opportuno fondare la casa editrice D’Amico principalmente per (ri)dare alle stampe testi ormai dimenticati inerenti la storia delle Due Sicilie, che meritano di essere conosciuti, specie in questi anni in cui c’è una riscoperta del cosiddetto periodo risorgimentale." Con queste parole Vincenzo D’Amico spiega la ristampa della biografia di uno dei personaggi più importanti e discussi del XIX secolo, il generale Carlo Filangieri, Principe di Satriano, scritta da Pietro Calà Ulloa. Filangieri, figlio dell’immortale autore della Scienza della legislazione, discendente di una delle famiglie patrizie più importanti dell’Italia meridionale, il suo avo Angerio fu tra i cavalieri che fondarono il Regno, generale, politico, imprenditore è troppo importante per restare nell’oblio. Esistono due biografie su Carlo Filangieri, una a cura di Pietro Calà Ulloa e l’altra scritta da Teresa Ravaschieri Filangieri, l’ultima figlia del principe, la più amata. La Ravaschieri evidenzia gli aspetti più intimi di Carlo Filangieri, i suoi ricordi di bambina e di figlia affezionata, senza tralasciare di citare importanti documenti politici e militari dell’illustre genitore. Invece Pietro
Calà Ulloa, che fu amico del generale, mette in evidenza gli aspetti militari della lunga vita di Carlo. Il saggio storico da lui firmato inizia infatti con la narrazione dell’esercito napoletano nei “tempi viceregnali” in cui “campi lontani biancheggiavano d’osse napolitane” ed elogiando Carlo di Borbone, grazie al quale i soldati napoletani poterono combattere per la propria patria. L’Ulloa, inoltre, ripercorre la lunga carriera militare del generale Filangieri, prima nell’esercito murattiano, poi in quello borbonico, in seguito agli accordi di Casa Lanza. Da segnalare l’appendice fotografica e documentaria, in cui spiccano alcuni documenti inediti come il certificato di battesimo di Carlo, una lettera che il generale scrisse in francese a Pietro Quandel, il frontespizio della Scienza della legislazione con la dedica autografa che il generale ha donato ai monaci della Badia della S.S. Trinità di Cava.
Gelateria
Via Francesco Cappiello n.55 (Parco Pia) San Giorgio a Cremano - Napoli
Eventi
la Storia
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l’INDuStRIA CANtIERIStICA DI CAStEllAMMARE
L
a settecentesca rivoluzione industriale non fu prerogativa esclusiva del regno Unito, ma si è dimostrato (Brigante, dic.2010,”L’economia borbonica a 150 anni dalla perdita dell’opportunità di sviluppo”) come tale processo economico ebbe i suoi albori anche nel regno di Napoli fin dai tempi di re Carlo di Borbone. Sotto il suddetto sovrano furono incentivati gli insediamenti di varie realtà industriali poi ampliate dai successivi re di Casa Borbone: la Real Fabbrica di porcellane di Capodimonte (1741), gli opifici-cartiere nell’area amalfitana di Amatruda e Vietri (1740-42), la Real fabbrica d’armi di Torre Annunziata (1753) e suoi pastifici, nonché il polo siderurgico di Mongiana(1771) e la fonderia Ferdinandea in Calabria o Pietrarsa(1840), con i loro impianti e macchinari capaci di qualsiasi tipo di lavorazione metallurgica e metalmeccanica (Brigante, nov.2011, “Il sogno industriale borbonico: il polo siderurgico di Mongiana e Pietrarsa”).
EttORE D’AlESSANDRO
raie ivi ospitate, così come si svilupparono nell’area napoletana le attività di lavorazione delle pelli (produzione di guanti e scarpe), di stoviglie, di strumenti musicali, i mobilifici, le fabbriche di materiali da costruzione e di cristalli (i rinomati laboratori di Posillipo), le distillerie nel corso dell’800. Infine, in Sicilia, nelle zone di Catania e Agrigento, si affermò l'industria mineraria basata sulla lavorazione dello zolfo siciliano, a quel tempo necessario per la produzione di polvere da sparo (prodotta nel polverificio di Scafati) ed acido solforico, esportato in gran quantità anche all’estero Il cantiere di Castellammare
supremazia britannica”).
Nell’ambito di questa politica governativa borbonica, sensibile allo sviluppo di un’economia manifatturiera tale da non limitare la nazione napoletana al solo ruolo di Sorse anche il leggendapaese fornirio setificio di S.Leucio tore di pro(1780) nel casertano dotti agricoli (Brigante,ap.2012,”San Guardiamarina e aspirante in gran tenuta 1834 e materie priLeucio un modello economico-sociale del gover- (Brigante, mar.2013 “Il me bensì elevandola no borbonico) con la sua mercato degli zolfi nel anche a Stato industrializComunità di famiglie ope- regno delle Due Sicilie e la zato al pari di quello di
Sardegna e LombardoVeneto, si sostenne la nascita del cantiere navale di Castellammare di Stabia. Del resto, l’attività marinara del regno napoletano vantava secoli di tradizioni artigianali e professionali tanto da acquisire una funzione strategica per il commercio estero ed il controllo del traffico navale nel Mediterraneo.
Il cantiere navale di Castellammare fu progettato e fondato nel 1783 da Edoardo Giovanni Acton, Ministro del re Ferdinando IV, poiché l’Arsenale di Napoli era ormai inadatto agli scali dell’aumentata flotta navale da guerra.
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la Storia
41 L’Acton, già comandante della Marina del Granducato di Toscana, fu richiesto dalla regina Maria Carolina nel 1778 per riorganizzare l’Armata di Mare del regno di
Regal dispaccio di Acton su una disputa con la R Marina 1784
sapientemente creò la nuova Marina, riordinando la flotta napoletana in due squadre (vascelli e sciabecchi), riformando il Collegio di Marina ed istituendo il “Reggimento Real Marina”. Inoltre, deliberò un programma d’acquisto e costruzione di vascelli e fregate, portando il numero di navi, armate di cannone, da 15 a 39 nel 1789. Il cantiere di Castellammare servì, quindi, a tale scopo di potenziamento della
Napoli e Sicilia. Al momento della sua nomina a “Ministro del Commercio e Marina” nel 1779 la Real Marina, rispetto alla primordiale squadra di 4 galere (S.Gennaro, Concezione, S. Antonio e Capitana) di un vascello (S.Filippola Reale) ed una fregata (S.Carlo- la Partenope), era composta da tre squadre di legni (le “navi”:4 fregate ed un vascello; le “galere”:4 galere; gli “sciabecchi”:6 sciabecchi). Il tenente generale Acton, uomo esperto di cose Regal dispaccio di Acton sull'imposta militari e di mare, bastimenti in arrivo 1786
flotta, che raggiunse il numero di 140 legni prima dell’invasione francese del regno. Si scelse Castellammare per la vicinanza dei boschi demaniali di Quisisana con suo legname, nonché per i favorevoli collegamenti a Napoli, per le acque minerali necessarie a mettere a mollo il legname per la stagionatura, per la professionalità della manodopera. Dalla Francia fu chiamato l'ingegnere Antonio Imbért a dirigere le costruzioni, mentre aumentarono le maestranze occupate nel cantiere(2006 lavoratori a fine ‘700).
Tra le prime navi costruite vi fu il vascello “Partenope” nel 1786, seguì il “Sannita” nel 1792 e tanti altri noti velieri. Il programma navale di Lord Acton risultò razionale, ben strutturato e d’avanguardia: le nuove navi varate nel cantiere di Castellammare furono progettate da architetti navali ed ingegneri che si sostituirono ai maestri d'ascia empirici (spesso genovesi) così come le navi vennero standardizzate in classi moderne (su modello francese). Venne, poi, ridotta la produzione dei legni a remi a favore di quelli a vela. Nel 1808, sotto l’occupazione francese, il cantiere fu ingrandito (3 grandi scali di costruzione con avanti scalo) per ordine di Gioacchino Murat per permettere la fabbricazione contemporanea di più navi. L’importanza acquisita da Castellammare portò
all’apertura di 17 sedi consolari di varie nazioni. In questo periodo vennero varati i vascelli “Capri” e “Gioacchi(1810) no”(1812). Negli ultimi anni del regno delle Due Sicilie furono costruite altre imbarcazioni importanti per la flotta napoletana, come il vascello “Vesuvio”(1824),da 3.530 t. ed 84 cannoni, o la “Regina Isabella”(1827), nonché le nuove navi a vapore(dal 1841 al 1846 furono varate quattro pirocorvette: “Archimede, Carlo III, Ercole e Sannita”).
Tra l’altro nel 1843 fu impiantata nel cantiere una macchina a 10 argani per tirare a secco le navi pesanti da riparare. L’ultima pirofregata di I° rango ad elica, la “Borbona/e”, prodotta sotto il regno delle Due Sicilie, fu varata il 18 gennaio 1860. Dopo le gloriose operazioni di difesa del regno contro l’impresa dei Mille, bombardando, sotto il comando di Carlo Flores, la “Tukery” (ex borbonica“Veloce”) dei garibaldini e loro posizioni militari di Capo Peloro, cadde nelle mani della Marina Sarda, che cambiò il nome alla nave con quello di Garibaldi. Sotto il comando del capitano di vascello Carlo A. Barone si consumò l’ammutinamento dell’equipaggio rimasto fedele al re Francesco II di Borbone nel settembre del 1860. La nave però non riuscì a raggiungere la flotta borbonica, reduce a Gaeta, perché fu ripresa dai filopiemontesi e con il nome di Garibaldi fu inviata a bombardare detto ultimo avamposto duosiciliano.
l’Agenda
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Appuntamenti del meridionalista
LINGUE REGIONALI D’EUROPA IN ASSEMBLEA MAUSSANE LES ALPILLES – DOMENICA 12 APRILE Domenica 12 aprile 2015 si svolgerà presso Agora Alpilles complesse (13), la costituente Assemblea Generale per L'Alleanza europea delle lingue regionali che si terranno nella terza settimana delle associazioni della cultura e delle tradizioni della Provenza organizzata dal Collectif Prouvenço. Accio il Nacionalista Valenciana, Biarn Toustem il Prouvenço Collettivo, il Béarn e guascone Institute, l'Institut d'Estudis Valencianas, La Consulta Provenzale d'Italia, Lou Clu nelle Cévennes, Marsia, Napul'a Visionaire, Roots la Contea di Nizza e l'Unione provenzale s’incontreranno per formalizzare la creazione di questo nuovo organismo il cui scopo è la difesa, la promozione, l'insegnamento e la socializzazione delle lingue, delle culture e delle identità territoriali ufficialmente riconosciute o non riconosciute dal locale, regionale, nazionale ed europeo. OMAGGIO A TERESA CRISTINA DI BORBONE BOLOGNA - VENERDÌ 17 APRILE ALLE 18:45 La Storia e la danza: omaggio a Teresa Cristina di Borbone, “Madre dei Brasiliani”. Questo il titolo dell’incontro realizzato in collaborazione con l’Associazione “Italo-Brasiliani nel mondo” e “Sambelesa”, in programma per il prossimo Venerdì 17 aprile 2015, dalle ore 18:45, presso la Sala Consiliare “Falcone-Borsellino” di Bologna. L’appuntamento sarà aperto da una conferenza del prof. Francesco Maurizio Di Giovine riguardante la storia e la figura dell’imperatrice, esponente della Real Casa di Borbone. A seguire, l’Associazione Sambeleza, diretta da Cinzia Carati, grazie alle danze ricorderà le tradizioni del Brasile. MO LE REGIONALI, E POI? NAPOLI – MARTEDì 14 APRILE 2015 In vista delle elezioni regionali in Campania il prossimo Martedì 14 aprile, dalle 17:00, presso la Sala conferenze Confartigianato di via Medina a Napoli, ci sarà un interessante convegno organizzato da Unione Mediterranea dal titolo ‘MO le Regionali, e poi?'. Nell’incontro pubblico si discuterà soprattutto delle prospettive future della Campania e l’eventuale svolta per il meridionalismo che potrebbe arrivare dal voto del prossimo 31 maggio. All’incontro, che sarà moderato dall’editore Gino GIammarino, parteciperanno Pino Aprile, Marco Esposito, Mimmo Falco, Angelo Forgione ed Enrico Inferrera. Modera Chiara Marasca del "Corriere del Mezzogiorno".
ASSEMBLEA GENERALE PER L’EFA (EUROPEAN FREE ALLIANCE) BAUTZEN (SASSONIA) – GIOVEDì 16/SABATO 18 APRILE 2015 Le maggiori organizzazioni europee aderenti all'European Free Alliance si incontreranno in Sassonia, per la precisione a Bautzen, capitale della Luzyca, che ospiterà nei giorni da Giovedì 16 a Sabato 18 Aprile l'Assemblea Generale 2015 dell'EFA, CMC, EFAy, che si concentrerà sulla transizione energetica e lo sviluppo culturale sostenibile. Diverse le mozioni e le dichiarazioni, tra le quali: la situazione nei Paesi Baschi, l'unificazione amministrativa della Britannia, il radicalismo islamico e la violenza, la dichiarazione di sostegno per una "Lusatia Sejm". A rappresentare nell’autorevole partito europeo l’area del Mezzogiorno/Due Sicilie, recuperando l'autonomia della sua storica nazionalità, la formazione politica meridionalista de “L’Altro Sud”.
FIERA REGIONALE DELL’ECCELLENZA FASANO (BR) – 24 APRILE/03 MAGGIO Rappresenta un'importante ed innovativo indotto pubblicitario che è andato anno dopo anno crescendo e incorporando al suo interno momenti di intrattenimento culturale quali balli e canti popolari, musica jazz e artisti di strada, cercando di coinvolgere e divertire i suoi oltre 150000 mila visitatori. La Fiera Regionale dell'Eccellenza è una manifestazione fieristica che promuove le tradizioni Regionali dell'Artigianato, dell'Agricoltura, del Commercio, dell'Edilizia e della Gastronomia. L'evento si svolgerà dal 24 aprile al 3 maggio 2015 a Fasano, presso il Centro Commerciale Conforama, area facilmente raggiungibile dai visitatori essendo visibile e a ridosso delle Statale 16 (uscita Savelletri).