WWW.EAZZURRO.IT ANNO4 NUMERO11 NOVEMBRE2015 €2,00
EDITORIALE
cosedapazzi P
er chi non lo conoscesse “Cose da pazzi” è un celebre film del 2005 di Vincenzo Salemme, in cui l’attore bacolese, nei panni di un disadattato alla società, dà vita a vari personaggi diversi tra loro, ma mantenendo l’identità del soggetto originario, per provocare una crisi esistenziale ad un funzionario statale. La metamorfosi di Gonzalo Higuain richiama il titolo del film e le diverse personalità interpretate da Salemme. La trasformazione dell’argentino è l’ingrediente segreto del successo del Napoli di Sarri. Fino ad agosto siamo stati abituati a vedere un giocatore sempre nervoso, che è riuscito ad esprimere sé stesso soltanto a sprazzi. Nonostante le quasi trenta reti della stagione scorsa e le lacrime dopo l’eliminazione dalla Champions League dell’anno prima si avvertiva una sorta di distacco dalla maglia e dalla città, come se il Pipita giocasse per dimostrare di essere un top player, senza dare il giusto peso alla vittoria ed alla crescita della squadra. Giocava praticamente da fermo, doveva essere
servito sui piedi, eppure il suo valore era indiscutibile. Oggi quel giocatore non è altro che un lontano ricordo, il Pipita è tornato ad interpretare il ruolo di leader e di campeòn. Non sono solo i numeri a parlare in favore di un’evoluzione, in campo è palese che l’Higuain 2.0 ha subìto una trasformazione anche di stampo caratteriale. Pressa a tutto campo, recupera palloni preziosi, torna indietro a difendere e quando viene sostituito non se la prende più con l’allenatore, ma si sbraccia dalla panchina per incitare la squadra a fare meglio. E poi il piatto forte della casa, che non guasta mai: tanti gol per trascinare gli azzurri alla vittoria, indipendentemente dalla portata degli avversari. Segna e manda i compagni in gol. In campo Higuain è ovunque e ride, si diverte, esulta ed a fine partita ringrazia i tifosi sotto la curva. Rispetto a quello degli scorsi anni è un altro giocatore. E da pazzi non è solo la trasformazione del gioiello partenopeo, ma la sua lucentezza naturale che lo
incorona idolo della piazza e che fa brillare il Napoli ai vertici della classifica, con un gioco che convince sempre di più e con la mentalità vincente portata da Sarri e di cui il Higuain n’è diventato l’incarnazione, al punto che addirittura le curve, generalmente avverse all’incitare i singoli giocatori, con il nuovo Pipita hanno ceduto più volte alla tentazione, onorandolo con il grido unanime “Higuain, Higuain”. ©Riproduzione riservata
“Gli ultimi saranno ultimi” è il nuovo film di Alessandro Gassman. I tifosi del Verona stanno toccando ferro
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sommario La coppa
Direttore responsabile Riccardo Giammarino Capo Redattore Carlo Zazzera
le iniziative
Il Napoli fa tremare l’Europa League
pag. 10
Atleta campano dell’anno e le cartoline dei gol del Napoli
pag. 26
Progetto Grafico Allinone Lab S.r.l. Impaginazione e copertina Francesco Cardamone Foto Pietro e Sonia Mosca Stampa Grafica Napolitano Nola (Na) Autorizzazione Tribunale di Napoli n° 28 del 9/7/2015 Hanno collaborato a questo numero Laura Caico, Rino Dazzo, Vera De Luca, Giovanni Marino, Bruno Marra, Luigi Russo Spena, Pasquale Tina, Gianluca Vigliotti
tosi-de magistris Verona-Napoli «Ostili solo allo stadio»
pag. 11-13
NAPOLI CLUB BOLOGNA «Luntano ‘a Napule nun se pò’ stà’»
pugilato
Manfredonia: «Sono nato in Brasile ma vado a Rio da napoletano»
pag. 30-31
motori pag. 14-17
Il numero è stato chiuso martedì 10 novembre 2015 Tiratura Copie 10.000 Distribuzione Edialba S.r.l.
Cadillac CTS-V
pag. 32-33
turismo
www.eazzurro.it Piazza Garibaldi, 136 80142 Napoli (Na) Tel +39 081 554 22 52 info@eazzurro.it
In giro per Cracovia a bordo di una Trabant
pag. 34-35 www.giammarinoeditore.it
Il personaggio Reina, le mani sulla città
pag. 19-22
italiani all’estero Gli emigranti del pallone
pag. 24-25
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PROSSIMAUSCITA
12dicembre
eventi “É un Napoli da 10 e lode?”
pag. 38
ESCLUSIVA CON ALBIOL
«quest’anno nonmolliamo niente» «CAMPIONATO, EUROPA LEAGUE E COPPA ITALIA, A MARZO DOVREMO ESSERE IN LOTTA SU TUTTI I FRONTI» di Pasquale Tina
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ESCLUSIVA CON ALBIOL
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eader silenzioso. Ma efficace. Raul Albiol preferisce da sempre il centro (della difesa) che occupa con grande maestria: è il regista di un reparto arretrato trasformato che adesso fa rima con solidità. E lo spagnolo è uno dei punti di riferimento. Le critiche di inizio stagione sono un lontano ricordo.
fatto molto bene anche il primo anno. Capitano sempre dei periodi positivi e altri meno, l’importante è continuare a lavorare».
Dica la verità, le hanno dato fastidio?
Intende Reina?
«Assolutamente no. Ho una certa esperienza. Ho giocato a Valencia e al Real Madrid che non sono piazze facili e quindi sono abituato a restare tranquillo senza farmi condizionare dalle voci». Ma è il suo miglior momento da quando indossa la maglia azzurra? «Questo non lo so. Le mie prestazioni sono positive e non posso nasconderlo, ma ricordo di aver
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Il Napoli subisce pochi gol. «Il merito è di tutti. Difendiamo di squadra, c’è intensità e concentrazione. E poi c’è Pepe».
«Assolutamente sì. Con lui è un’altra storia. Ha una grande personalità e poi è uno dei portieri top in Europa». Sarri l’ha colpita? «Molto. Ha le sue idee di calcio e noi siamo tutti determinati per applicarle al massimo. Lo seguiamo con entusiasmo». Era preoccupato dopo l’avvio difficile? «Sono rimasto sempre sereno anche
CON REINA è UN’ALTRA STORIA KOULIBALY STA CRESCENDO SARRI MI HA CONVINTO FIN DAI GIORNI DEL RITIRO
ESCLUSIVA CON ALBIOL
perché durante il ritiro a Dimaro avevamo lavorato bene e di solito quello che semini in estate poi lo raccogli durante il campionato». Il cambio di modulo è stato decisivo? «Secondo me stavamo facendo bene anche con il 4-3-1-2. Contro la Sampdoria per 60 minuti abbiamo espresso un grande calcio, poi ci sono stati due errori. Stesso discorso ad Empoli: probabilmente avremmo avuto bisogno di più tempo per ingranare rispetto al tridente, sistema che conoscevamo abbastanza perché – anche se in maniera diversa – avevamo già giocato con i due esterni larghi. Purtroppo in una grande piazza come Napoli non c’è pazienza e i risultati devono arrivare subito». I tifosi sognano lo scudetto. Ne parlate nello spogliatoio? «Sappiamo bene di essere forti e di
poter dare fastidio alle nostre rivali se restiamo uniti e siamo sempre concentrati. Chiaramente è sempre difficile conquistare un campionato. La strada è lunga. Noi dobbiamo continuare così e vincere il più possibile. Il mese decisivo sarà marzo e noi dovremmo essere a ridosso della vetta. Sarà pure banale: ma non possiamo mai abbassare la guardia, quindi abbiamo bisogno di risultati importanti anche dopo la sosta».
HIGUAIN PUò VINCERE QUELLO CHE VUOLE è L’ATTACCANTE PIù FORTE DEL CAMPIONATO
Affronterete due concorrenti come Inter e Roma «Lo so bene, ma io sto pensando anche al Verona, un avversario comunque insidioso». Koulibaly è diventato una certezza. Se lo aspettava? «Mi piace vederlo esprimersi a certi livelli. Ha tutte le caratteristiche per essere un grande difensore. Parliamo
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ESCLUSIVA CON ALBIOL
Albiol con i giocatori dei Boston Celtics a San Siro
spesso, abbiamo un ottimo rapporto». Higuain sarà il capocannoniere della serie A? «Ma certo. Gonzalo può vincere quello che vuole. È talmente forte che deve solamente scegliere. Lo vedo molto più determinato rispetto al passato, è un segnale decisivo. Stiamo parlando dell’attaccante più forte del campionato. Non ce ne sono come lui». Facciamo un salto indietro. Che eredità vi ha lasciato Benitez? «Ho un buon ricordo di Rafa. Sono sta-
te due stagioni positive in cui abbiamo vinto una Coppa Italia e una Supercoppa. Purtroppo l’ultima annata è stata caratterizzata da tanta sfortuna: il nostro cammino europeo si è fermato in semifinale, un traguardo che comunque mancava da tanto, e abbiamo fallito l’accesso alla Champions contro la Lazio. Il mio giudizio resta positivo anche perché mi ha voluto Benitez qui a Napoli».
fino in fondo. Stesso discorso in Coppa Italia: siamo stati eliminati anche qui ad un passo dalla finale e quindi cercheremo di riscattarci. Non molliamo niente. Abbiamo le qualità per riuscirci. Il turnover comincia a funzionare. È fondamentale avere un organico competitivo in ogni reparto».
A proposito dell’Europa League, ha smaltito la delusione Dnipro?
«Ultimamente non sono stato convocato, sicuramente sarebbe una bella esperienza, ma al momento devo restare concentrato sul Napoli e disputare un grande campionato, poi vedremo
«No. Per questo motivo vogliamo rifarci in questa competizione e arrivare
Pensa ancora di poter disputare l’Europeo con la Spagna?
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ESCLUSIVA CON ALBIOL
HIERRO ERA IL MIO MODELLO MI HA INSEGNATO TANTO ANCHE FABIAN AYALA CHE HA GIOCATO A NAPOLI
cosa succederà». Chi vincerà la Liga? «Domanda facile. Spero il Real Madrid. Ho tanti ex compagni al Bernabeu e naturalmente c’è Benitez. Mi farebbe piacere se riuscissero a trionfare loro». È un appassionato di altri sport? «Molto, ne seguo diversi». Quali?
“Mi piace il tennis, ma anche il basket. Sono molto soddisfatto del trionfo europeo della squadra di Scariolo. Ho visto le partite». A Milano si è messo in posa con alcuni campioni di Boston. «L’Nba è appassionante e naturalmente ne ho approfittato a San Siro, dopo il 4-0, per una foto con i campioni dei Celtics che erano allo stadio». Ha seguito il finale rovente del mondiale MotoGp?
«Sì, ho tifato per Jorge Lorenzo. È un mio connazionale». Quali sono stati i suoi difensori di riferimento? «Mi è sempre piaciuto molto Fernando Hierro, è stato una colonna del Real Madrid. Mi ha insegnato tanto anche Fabian Ayala che ha giocato qui nel Napoli. Abbiamo giocato insieme a Valencia e davvero mi ha aiutato a crescere». ©Riproduzione riservata
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LA COPPA
ilnapolifatremare
l’europaleague di Gianluca Vigliotti
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on due giornate di anticipo il Napoli si è già garantito l’accesso ai sedicesimi di finale di Europa League, in programma con gare di andata e ritorno il 18 ed il 25 Febbraio 2016. Le prossime gare del girone D in programma in trasferta con il Bruges il 26 novembre e al San Paolo con il Legia Varsavia il 10 dicembre, serviranno esclusivamente a consolidare ulteriormente il già acquisito primato in classifica utile ad essere testa di serie nel sorteggio dei sedicesimi in programma a Nyon il 14 dicembre. Il Napoli eviterà così di affrontare tutte le altre vincitrici dei gironi di qualificazione dell’Europa League. La finale di questa edizione dell’Europa League sarà giocata al St. Jacob Park di Basilea il 27 maggio 2016. Impressionanti i numeri ottenuti dal Napoli in questo avvio di stagione in Europa League. Gli azzurri, insieme a Rapid Vienna, Borussia Dortmund ed alla sorpresa Molde, sono gli unici ad aver, con due giornate di anticipo,
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ottenuto la qualificazione aritmetica ai turni ad eliminazione diretta. Il Napoli, inoltre, insieme agli austriaci del Rapid Vienna ed ai russi dello Zenit in Champions League, è l’unica formazione nelle due competizioni europee, a punteggio pieno nei vari gironi di qualificazione dopo quattro partite, con l’esclusivo primato, però, di essere la squadra che ha realizzato più reti in assoluto, ben 16, con la media di 4 a partita. Infine, gli azzurri sono la seconda migliore difesa in Europa insieme al Paris Saint Germain con una sola rete subita in quattro partite, dietro al Real Madrid di Benitez, unica formazione in Europa con la difesa ancora imbattuta. Grazie anche ai quattro successi consecutivi ottenuti sino ad ora il Napoli prosegue la sua inarrestabile scalata ai vertici del calcio in Europa. Gli azzurri infatti sono al 16° posto nel Ranking Uefa, la graduatoria che valuta i risultati ottenuti negli ultimi cinque anni nelle competizioni europee. Il Napoli,
con il punteggio di 84,087, è in classifica la seconda formazione italiana dopo la Juventus (8°). Scavalcate squadre quotate come Bayer Leverkusen e Basilea. Alle spalle degli azzurri anche le blasonate, Manchester United (19°) e Siviglia (20°). Ormai lontane Milan ed Inter, attualmente 23° e 27° in classifica. Ancora più distanti Lazio (29°) e Fiorentina (33°), mentre la Roma è relegata al 57° posto. Il Napoli è l’unica squadra italiana negli ultimi sei anni ad aver sempre partecipato alle competizioni continentali. Una costante crescita quella in Europa ottenuta dagli azzurri partiti nella stagione 2010-11 nel Ranking Uefa dal 94° posto. L’attuale 16° posto, ancora migliorabile nel corso della stagione, consentirebbe al Napoli, in caso di partecipazione alla prossima edizione della Champions League, di essere inserito tra le squadre di seconda fascia. ©Riproduzione riservata
TOSI-DE MAGISTRIS
verona-napoli
«ostiliSOLOallostadio» di Carlo Zazzera
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erona-Napoli è solo una partita di calcio? L’esperienza dice il contrario. Gli ultimi trent’anni, almeno, hanno visto ripetuti episodi che hanno acceso gli animi di una sfida che già contrappone, da sempre, due roccaforti lontane non solo geograficamente, ma anche per cultura e storia. Eppure lo sport dovrebbe essere un veicolo di
condivisione e di pace, che aiuti ad avvicinare i popoli. Per approfondire questa rivalità abbiamo parlato con i sindaci delle due città, anch’essi politicamente molto distanti, a pochi giorni dalla sfida del Bentegodi, in programma il prossimo 22 novembre. Flavio Tosi è uno storico esponente della Lega Nord, anche se spesso ha pre-
Tosi con Jorginho... Flavio Tosi segue le partite del Verona allo stadio? «Quando posso, e gli impegni me lo consentono, vado più che volentieri a vedere l’Hellas, squadra che seguo da quando avevo 12 anni, rigorosamente dalla Curva Sud. La prima partita che ho visto è stata nel campionato ‘81-‘82».
so le distanze da alcune posizioni del suo partito, mentre Luigi De Magistris è stato eletto alla guida di una lista civica, dopo un’esperienza al Parlamento Europeo e quella, precedente, in magistratura. Ci hanno raccontato come vivono questa sfida, smorzando i toni di una rivalità che rischia di diventare ancor più accesa di quanto non sia già.
... De Magistris con De Laurentiis La rivalità tra Verona e Napoli è solo calcistica o è la contrapposizione tra due città per Luigi De Magistris? «Quello della rivalità è un tema calcistico e resta in quell’ambito. Napoli si vuole caratterizzare sempre più come una città autonoma che rivendica la sua storia, l’essere stata capitale per 700 anni, per trovare riscatto da stereotipi e pregiudizi».
Sarà al Bentegodi per la sfida col Napoli?7 «Credo e spero di sì, anche perché di solito è una partita molto sentita e partecipata e, vista la classifica attuale, sono certo sarà un incontro da non perdere». Cosa sente di dire al suo collega De Magistris sulla sfida? «Vista la posizione in classifica delle due squadre, forse non mi conviene dire “che vinca il migliore”». segue a pag. 12
Esiste un problema di razzismo nei confronti di Napoli e dei napoletani? «Secondo me continua ad esserci. C’è poi un’operazione politica del corso attuale della Lega Nord di Salvini che ha spostato l’obiettivo dai napoletani agli immigrati, ma è furberia politica. In alcuni strati della popolazione del Nord c’è un atteggiamento razzista e pesantemente pregiudizievole nei confronti di Napoli e dei napoletani, anche se non si tratta della maggioranza». segue a pag. 13
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TOSI-DE MAGISTRIS
vista la classifica non dico “vinca il migliore” GLI SFOTTò FANNO PARTE DEL GIOCO MA MEGLIO SE FATTI CON IRONIA il rispetto venga prima di tutto
La rivalità tra Verona e Napoli è solo calcistica o è la contrapposizione tra due città? «Chiaramente è solo una contrapposizione calcistica, come con Vicenza, Brescia o altre squadre, il rapporto tra cittadini e città non risente della rivalità che sfocia tra le tifoserie allo stadio due volte l’anno». In passato si sono sentiti e letti insulti ai napoletani dalla curva del Verona, ai quali spesso si è risposto con striscioni ironici tra cui molti ricordano il famoso “Giulietta zoccola, Romeo cornuto”. Come giudica i due comportamenti? «Gli sfottò e gli insulti da stadio ci sono sempre stati e fanno parte del gioco, meglio però se fatti con ironia. L’importante è che non ci siano attacchi che feriscano direttamente le persone, diventando offesa personale o peggio
violenza: il rispetto delle persone prima di tutto». Come spiega i cori e gli striscioni contro i napoletani che quasi ogni domenica si sentono e si vedono negli stadi italiani? «Quando va a giocare in trasferta, tranne magari con le squadre con cui è gemellato, l’avversario trova sempre striscioni di offesa, è una cosa insita purtroppo nel tifo calcistico». Da sindaco leghista, ha accolto la squadre femminile del Napoli suggellando un gemellaggio con la squadra della sua città. Ha ricevuto più critiche o più elogi per questo? «Critiche nemmeno una, quindi direi elogi. Il calcio femminile non risente delle tensioni e delle passioni che animano il calcio maschile, per questo il gemellaggio non ha creato nessuna
difficoltà, anzi è stato molto apprezzato». Crede che la stessa cosa possa mai accadere in campo maschile? «Nel breve periodo penso sia poco probabile visto lo storico rapporto tra le due squadre, ma anche in campo calcistico non si può mai dire mai». Sarebbe favorevole a un incontro con De Magistris nel quale siglare una “pace calcistica” tra le tifoserie di Napoli e Verona? «Sarei felice di incontrare il Sindaco di Napoli e non ho dubbi sul fatto che tra noi due ci potrebbe essere un rapporto più che cordiale, dal punto di vista istituzionale, personale e calcistico. Al di là di questo, come sindaci, il poter siglare una pace calcistica tra le due tifoserie credo vada al di là delle nostre competenze e possibilità». ©Riproduzione riservata
pirone:«averonastobene,manapolièun’altracosa»
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Pirone (a destra) con Melania Gabbiadini
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imbolo del calcio femminile partenopeo, Valeria Pirone quest’anno veste la maglia del Verona campione d’Italia. Una scelta concordata con il Napoli Carpisa Yamamay, che l’ha ceduta in prestito per permetterle di compiere un’esperienza in Champions League, nonostante la sua voglia di tornare a giocare all’ombra del Vesuvio.
L’esordio in Europa festeggiato con una doppietta come l’ha vissuto? «È stata un’emozione particolare, ma ho già dimenticato quei gol. In questo club è fondamentale tornare subito concentrati sui prossimi obiettivi». Com’è vivere a Verona per una na-
TOSI-DE MAGISTRIS
VEDO ANCORA UN RAZZISMO ANTI-NAPOLETANO CREDO CHE MOLTO DIPENDA DALLA “FREVA” CHE PROVOCANO I NOSTRI SUCCESSI
Come spiega questo fenomeno? «Sono convinto fermamente che Napoli in diversi momenti ha scritto la storia di questo paese. Dalla rivoluzione nel 1799 ai moti nell’‘800, dall’unità d’Italia, nata dalla ricchezza economica della città, alla ribellione al nazifascismo, fino al ruolo determinante dei meridionali nel boom economico. Vedo una volontà politica di metterla nell’angolo perché si avverte la potenza della città. C’è il timore di un mutamento geopolitico del paese che parta da qui. E poi lasciatemi dire che a volte in certi comportamenti vedo la “freva”, perché noi abbiamo i nostri problemi, ma anche tante ricchezze e successi». In passato si sono sentiti e letti insulti ai napoletani dalla curva del Verona, ai quali spesso si è risposto con striscioni ironici. Come li giudica?
brutto e offensivo ci sia negli stadi possa scomparire. È evidente che non ci sia proporzione tra le offese che arrivano contro la città di Napoli e i napoletani e le risposte a quei comportamenti». Il calcio ha già dimostrato che in campo femminile un gemellaggio tra Napoli e Verona è possibile. Crede si possa fare anche in campo maschile? «Tutto ciò che va verso la solidarietà, la fratellanza, i principi etici dello sport lo giudico positivo. Anche quando si subisce un’offesa pesante non si deve cadere nella provocazione. È un principio del Vangelo, ma anche uno dei fondamenti dello sport e chi è protagonista in campo si deve anche fare promotore di iniziative che creino accoglienza sugli spalti. Città e società devono essere da esempio».
dendone le distanze e contestandola. Come lo spiega? «C’è sempre chi non è d’accordo. Quello fu un gesto sportivamente nobile, si deve fare sempre quello in cui si crede, soprattutto se alla base ci sono principi etici importanti, sperando che la maggioranza arrivi alle stesse posizioni». Sarebbe favorevole a un incontro con Tosi nel quale siglare una “pace calcistica” tra le tifoserie di Napoli e Verona? «Io sono un uomo di pace, quello che ho detto non deve valere solo per gli altri ma per tutti. Napoli si deve caratterizzare per la costruzione di ponti di pace e accoglienza e non per la cultura del respingimento e dell’astio, perché la differenza è ricchezza. Se i sindaci possono contribuire a questo scopo, ben venga».
«Il mio auspicio è che tutto quello che di
Alcune frange estreme del tifo si sono opposte a quell’iniziativa, pren-
poletana doc?
re il ritmo per giocare a questi livelli».
coscenici».
«È diverso, anche se ho incontrato persone che mi hanno aiutato, veronesi veri. La città è tranquilla, si vive bene, ma non è paragonabile con Napoli».
Il suo sogno è tornare a giocare a Napoli, le piacerebbe portare anche Melania Gabbiadini, la sorella di Manolo, attaccante del Napoli?
Pensa che sarebbe disposta a compiere una scelta simile?
E giocare nel Verona?
«Sarebbe bellissimo giocare insieme nella mia città. Melania è un esempio, in campo e fuori. È una ragazza umile e molto brava, abituata ai massimi pal-
«All’inizio non è stato facile, ora va meglio e mi sto allenando tanto per trova-
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«Potrebbe piacerle, ma dipenderebbe dal progetto. Sicuramente io sarei contenta di un’opportunità simile». ©Riproduzione riservata
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NAPOLI CLUB BOLOGNA
luntano’anapule...
“...se gira ‘o munno sano, se va a cercá’ furtuna... ma, quanno sponta ‘a luna, luntano ‘a Napule nun se pò’ stá’!”
viscerale, significa difenderla ogni giorno da tutto e da tutti. Napoli città, come il Napoli squadra, dai tempi di Giorgio Ascarelli a questi che stiamo vivendo con Aurelio De Laurentiis.
hanno visto, subìto in ogni parte del mondo, quante volte hanno gioito o sofferto. Tante storie, tutte significative, pregne di amore, di emozioni, di ricordi.
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È Azzurro è andato a Bologna a parlare con i rappresentanti di uno dei gruppi storici di tifosi che vivono lontano dalla propria città. Amano Napoli, stravedono per il Napoli e sono pronti a sostenerlo, a incitarlo, a seguirlo in ogni trasferta. Ovunque. Lo seguono con amore, con passione, con calore e colore, a costo di sacrifici non solo economici perché, come sostengono i tifosi della curva B del San Paolo, il Napoli lo si ama e lo si segue “al di là del risultato”.
“Luntano ‘a Napule nun se pò’ stà’”, ma i tremila del club Napoli di Bologna vivono lontano da Napoli, ci stanno, ci “devono” stare anche se seguono quotidianamente e nei modi più disparati le sorti della squadra del cuore. E ogni volta possibile ritornano a Napoli, sugli spalti del San Paolo, oppure organizzano trasferte in ogni posto del mondo per incitare gli azzurri, proprio come quei fantastici ragazzi che negli anni bui della serie C erano sugli spalti (sic!) desolati degli stadi di Gela, Martinafranca o Manfredonia per non far mancare al Napoli il sostegno dei fedelissimi.
ono alcuni versi di “Santa Lucia luntana”, una delle tante, celebri canzoni napoletane. Scritta nel 1919 da E. A. Mario, è stata dedicata alle migliaia e migliaia di emigranti che lasciavano la città natale alla ricerca di lavoro, di fortuna. Partivano, arrivavano, “ma quanno sponta ‘a luna, luntano ‘a Napule nun se pò’ stà”’. Era ed è difficile stare lontano da Napoli, ma le necessità e la ragione ti portavano e ti portano a prendere decisioni, a fare cose che certamente non sono dettate dal cuore. Stare lontano da Napoli significa soffrire di nostalgia, e non solo dei propri cari, ma anche della propria città natale. Significa struggersi dentro, amarla maggiormente, in modo più intenso,
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È Azzurro ha dato la possibilità a chi vive lontano da Napoli, a Bologna e provincia, e fa parte di un foltissimo gruppo di fedelissimi associati al club Napoli creato dal presidente Maurizio Criscitelli, di poter rivelare le proprie storie, le proprie avventure, quanto
Dodici storie, un solo grande amore, il Napoli. (V.R.) ©Riproduzione riservata
NAPOLI CLUB BOLOGNA
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di Riccardo Giammarino
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appresentano un avamposto del tifo. Vivono in costante contatto con il “nemico”, ma non arretrano di un millimetro quando c’è da difendere Napoli e il Napoli. Sanno di essere in prima linea e sono pronti quotidianamente a stare sulle barricate. Sono quasi tutti figli del Vesuvio, come si legge sulla scheda di adesione al club, e se non lo sono, lo sono diventati di fat-
IL 1° AGOSTO ERAVAMO IN POCHI ADESSO SIAMO TREMILA CON LA NOSTRA PASSIONE DIFENDIAMO LA NOSTRA IDENTITà to conoscendo Napoli ed i napoletani, avendone apprezzato la bontà dei sentimenti, l’orgoglio di sentirsi napoletani, l’effetto che fa a vestire i colori azzurri.
«Il club nasce il primo agosto (non a caso) 2004, ma inizialmente eravamo in pochi, poi grazie ai social abbiamo avuto una forte espansione, oggi siamo circa tremila – spiega il presidente del Napoli Club Bologna, Maurizio Criscitelli, nella foto con Valeria Boccia -. Tifare qui ti carica a mille. Il razzismo è dilagante, lo avvertiamo in tutti gli stadi d’Italia. Qui non abbiamo mai avuto problemi, tranne il 19 gennaio 2014: all’indomani della morte di Lucio Dalla si giocò Bologna-Napoli e, mentre tutti cantavamo sulle note del capolavoro “Caruso”, la curva iniziò ad intonare i soliti beceri cori razzisti, esponendo anche lo striscione “Sarà un
piacere quando il Vesuvio farà il suo dovere”. Ma noi difendiamo la nostra identità ed oggi anche il Napoli ci dà motivo di essere fieri. Lo scopo del Napoli Club è proprio quello di congiungere Napoli ed il Napoli. I tifosi emigrati si devono sentire a casa. La peggiore amarezza? La partita col Chelsea, quanti sbagli fece Dossena».
Proto: «Lontano da Napoli? Se sta proprio ‘na chiavica» «Come si sta lontano da Napoli? ‘Na chiavica... E ho detto tutto - dice Vincenzo Proto, 56 anni, ristoratore nato ad Amalfi, ma napoletano dentro -. Ho vissuto vent’anni a Parma e da diciotto lavoro a Bologna. Mi mancano il sole, il calore, l’umanità, l’armonia, il mare di Napoli. Meno male che il mio ristorante è frequentatissimo da tanti napoletani... Mi fanno sentire meno la nostalgia. Il solo sentire il mio dialetto già mi riconcilia con la vita. E poi la nostra unica fede è il Napoli».
Esposito: «Il NAPOLI CLUB BOLOGNA aveva l’esigenza di un autista, io del Napoli» «Ho unito l’utile al dilettevole - racconta Luigi Esposito, autista, 42 anni -. Sono a Bologna dal 1997, quando ero a Napoli non mi perdevo neanche una partita. Sono stato tra i primi a iscrivermi al club, loro avevano bisogno di un autista per le trasferte, io di vedere gli azzurri, così è nata la collaborazione. Naturalmente le partite con la Juve hanno un sapore particolare, sono i nemici di sempre, però contro il Bologna è come se giocassimo un derby, visto che qui ci sono tantissimi napoletani. Quando il Napoli perde contro gli emiliani mi ammalo, non esco per tutta la settimana, non vado neanche a lavorare. Napoli manca da morire nella quotidianità, ma lontano dagli azzurri è impossibile resistere. I primi tempi, con la scusa di andare a trovare la famiglia e la ragazza, scendevo tutte le domeniche che si giocava al San Paolo. Non potevo rinunciare allo stadio, ma è una cosa che non si può descrivere. Ho amici che hanno fatto nascere i propri figli qui e, secondo me, perdono un legame con Napoli, dimenticano più facilmente. I miei figli li ho fatti nascere a Napoli perché dovranno ricordare da dove vengono ogni volta che apriranno la carta d’identità».
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NAPOLI CLUB BOLOGNA
Grilli: «Da trent’anni gli stessi cori cretini» «Per noi napoletani il calcio vive in simbiosi con la città - afferma Maurizio Grilli, 55 anni, libero professionista ed uno degli elementi di spicco del club Napoli di Bologna -. Dal 1998 vivo lontano da Napoli e non è mai stato semplice, soprattutto quando vado negli stadi per tifare per il mio Napoli. Ascolto sempre i soliti cori beceri e cretini su Napoli ed i napoletani. Chi li intona non solo dimostra di essere idiota, ma anche di avere poca fantasia: da trent’anni sono sempre gli stessi... Prima e dopo di ogni partita del Napoli quassù è una guerra dialettica. Come vivo lontano da Napoli? Il mio pensiero va tutti i giorni al Vomero, alle mie origini. Fu un trauma partire. Oggi, le emozioni e la nostalgia sono forti, intense».
Cortese: «Meglio terron che con l’accento da coglion» «So nato a Caserta, ma sono un napoletano dentro e un grandissimo tifoso del Napoli - dichiara Nando Cortese, 33 anni, operaio -. Da tredici anni vivo a Bologna e soffro nel vedere Napoli e il Napoli spesso infangati. Come replico? Invito tutti a visitare Napoli con me, a recarsi al San Paolo per assistere ad una festa di vita, di colori, di gioia. A chi mi chiama terrone, replico così: “Meglio terron che con l’accento da coglion”».
Taroni: «Nata a Bologna ma tifo per il Napoli» «Ho sempre amato il Sud e la gente del Sud, ha qualcosa di particolare - dice Caterina Taroni, 35 anni, nata a Bologna, impiegata -. Sono del Nord, ma Napoli è come se fosse la mia città. Lo era prima di sposare Franco, di Caserta, lo è diventato di più dopo, definitivamente quando sono entrata a far parte del club Napoli di Bologna. I napoletani sono favolosi, hanno il sole nel cuore e negli occhi. Le loro tradizioni, la loro cultura sono una ricchezza per l’Italia. Mi sento napoletana e soffro quando noto che al Nord offendono Napoli e i napoletani. Chi parla male di Napoli? É tanto cattivo quanto ignorante. Il Napoli? Lo seguo ovunque».
Rampone: «Con la febbre a 40 allo stadio per urlare Napoli» «Sono da undici anni a Bologna dove lavoro come custode e per questo dico grazie a questa città che darà un futuro anche ai miei figli, ma per il resto ho il cuore spezzato - è il pensiero di Rosaria Rampone, 47 anni, nata a Napoli -. A Napoli non è facile lavorare e avere un futuro, ma come dice la canzone è amaro il sapore di questo pane. Il Napoli? Lo amo come un figlio. E mio figlio lo portai allo stadio Olimpico a Roma per tifare per il Napoli. Aveva la febbre a 40, ma non ci pensammo due volte e partimmo. Era il 12 febbraio del 2011: il Napoli vinse per due a zero. Gli insulti che riceviamo? Chi li lancia, dimentica un aspetto: gente buona o meno buona ce n’é ovunque, da Milano a Verona, a Bergamo, ad altre del Nord, ma di città bellissime come Napoli io non ne ho mai conosciute. Quindi... ».
Vessichelli: «Il Napoli è il ponte con le nostre radici» «Non è un caso se il nostro slogan è Passione&Identità - afferma Franco Vessichelli, operaio, 40 anni, vicepresidente del Napoli Club Bologna -. Seguire il Napoli tutti insieme ci fa sentire meno la mancanza della nostra terra. Il Napoli è casa, il ponte con le nostre radici. Mi sono trasferito qui nel 2000 per cercare stabilità. Senza il Napoli, però, non si può stare e nel 2009, mentre cercavo di organizzarmi per andare a vedere la prima di campionato contro la Fiorentina, mi sono imbattuto in questo meraviglioso gruppo di cui oggi faccio ancora parte. Conobbi Maurizio Criscitielli in auto, la nostra amicizia fu consacrata dalla vittoria del Napoli e dal primo gol di Cavani. Oggi, dopo l’era di Maradona, finalmente possiamo tornare a dire la nostra ovunque e per chi vive fuori è importante. ti cambia il modo di affrontare la settimana».
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NAPOLI CLUB BOLOGNA
Pelliccia: «Il razzismo di quell’autista di Bergamo...» «Non potrò mai dimenticare l’esperienza vissuta una domenica a Bergamo prima di una gara tra Atalanta e Napoli - ricorda Dino Pelliccia, 48 anni, nato a Napoli, custode -. Arrivammo con i nostri pullman e ci trasferirono su altri pullman per portarci allo stadio. Ho ancora in mente certe parole, lo sguardo e l’atteggiamento dell’autista: sprizzavano razzismo, bieco razzismo. Quegli occhi da nemico che va al di là del fenomeno-calcio non li ho dimenticati. A Bologna non mi trovo male, lavoro, ma mi mancano la mia città e il vivere a Napoli».
Mannina: «Mi manca tanto Fuorigrotta» «Sono a Bologna da sette anni per lavoro, ma mi manca tanto Fuorigrotta - fa sapere Franco Mannina, 29 anni, incaricato alla sicurezza del tribunale di Bologna -. Il Napoli è la mia vita. Lo seguo da quando avevo tre anni e il mio papà mi portò a vedere Lecce-Napoli. Da quel giorno il calore e il colore della curva sono entrati per sempre nella mia vita. Non è facile vivere lontano da Napoli dovendo difenderla spesso, per non parlare del Napoli, ma la vita ti fa fare delle scelte dettate dalla ragione in contrasto con il cuore. Bologna mi ha dato un lavoro, ma lontano da Napoli, lo ripeto, non è facile vivere. Il giorno più triste? Quando è morto Ciro: è morto perché tifoso del Napoli e per andare a vedere una partita di calcio. Assurdo, vergognoso».
Ammendola: «Facciamo il massimo per difendere la napoletanità» «Io mi occupo dell’organizzazione di tutta la parte extracalcistica - spiega Michele Ammendola, agente di commercio, 39 anni -. Se avessi avuto la passione identitaria di oggi, molto probabilmente non sarei emigrato. Mi sento in colpa per aver lasciato la mia Napoli, ma questo mi spinge a fare il massimo per difendere la nostra terra con tante iniziative. Ad esempio quando abbiamo inaugurato la sede abbiamo invitato il primo cittadino napoletano, De Magistris. Oppure con iniziative sociali come il “pacco alla camorra” realizzato dal Nuovo Commercio Organizzato. La partita più bella? col Borussia, chi se la dimentica la punizione di Insigne all’incrocio…».
Garcia: «Parlano senza conoscere» «Vivo da quindici anni a Bologna - dice Diego Garcia, 42 anni, nato a Napoli, falegname -. C’è una forma di razzismo a volte manifesta, esplicita, tracotante e roboante, altre volte sottile, magari più insidiosa, malignetta. Ci definiscono terroni, meridionali, come se fossero degli insulti: ma cosa conoscono del Sud, di Napoli? Parlano per sentito dire, ripetono di Napoli e dei napoletani solo luoghi comuni negativi, ma mai che fermino la loro attenzione sulla cultura, sul calore e sul colore dei napoletani, su quanto Napoli vale e su quanto venga apprezzata nel mondo. Dal dialetto, che è una lingua universale, alle canzoni, dai nostri storici ai nostri scienziati, dalla cultura ai valori umani che sono unici. Vado spesso in trasferta al seguito del Napoli e non temo alcun confronto. Sempre e comunque forza Napoli». ©Riproduzione riservata
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ilmagnificonapoli puntaalloscudetto I
l Napoli di Mazzarri fu bello tosto, quello di Benitez è stato bello e impossibile, questo di Sarri è semplicemente magnifico. Eseguiti i riti apotropaici del caso, sono convinto che si possa lottare fino in fondo per la conquista dello scudetto. L’occasione è propizia, anche per l’autunno triste del patriarca (bianconero) che ha reso una livella la zona alta della classifica. Dopo un inizio tremulo fisiologico - dovuto al cambio di allenatore e al necessario apprendistato di un nuovo modulo - la squadra azzurra ha dimostrato di valere quanto, se non di più, le grandi del torneo. È bastata una striscia di cinque vittorie consecutive, interrotta a Genova nei giorni di Halloween con quel rigore che Doveri ha nascosto nella zucca, per arrivare sull’attico della felicità. Sarri, zio Maurizio per il grande Diego, ha saputo dare (anche con l’aiuto dei droni!) un volto ben definito alla squadra, puntando dopo un periodo alla ricerca effimera del trequartista sul modulo (4-3-3) più congeniale alle caratteristiche dei suoi discepoli. Sarri ha lo stesso mantra di Arrigo Sacchi che ho frequentato per anni: conoscenza ed applicazione degli schemi. Così gli azzurri hanno imparato a muoversi in sintonia e in armonia. Giocando di squadra rifulgono, inevitabilmente, le doti dei singoli e si può ricorrere ad un massiccio turnover senza che il complesso ne risenta, come accade in Europa League. Meriti particolari di Sarri. Ha sistemato ed equilibrato una difesa che con Benitez era stata spesso ballerina: rigenerati Albiol e Koulibaly, spostato definitivamente Hysaj sulla destra, disciplinata la corsa di Ghoulam, al resto ci ha pensato Reina con la sua presenza, con lo spagnolo tra i pali è raro che si prendano
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gol da polli! Anche Jorginho è rinato con la cura Sarri. L’ex veronese ha beneficiato della compagnia, al suo fianco, di Hamsik (per me lo slovacco può giocare dovunque!) e di Allan che non è soltanto un tignoso rubapalloni ma anche un incursore d’area di tutto rispetto. Ma ritengo che il capolavoro Sarri l’abbia fatto restituendo il sorriso e la continuità di rendimento al Pipita di tutte le meraviglie. Con il gioco sarriano, fatto di triangolazioni ed appoggi ed imbucate rapidi, Higuain può giostrare più spesso fronte alla porta a beneficio della fase realizzativa. Nel tridente, Callejon non si discute, prezioso il suo lavoro in copertura. E poi ci sono i due ‘ncazzusielli, ma sì Insigne e Mertens e un certo Gabbiadini. Lorenzo ed il belga sono alternativi. Manolo rende al meglio quando può giostrare al centro, accanto ad Higuain o in sua sostituzione. Da El Kaddouri a David Lopez, da Maggio a Chiriches mi sembra più che valida la panchina. Il Napoli sarriano è un’orchestra da San Carlo, ciascun professore interpreta al meglio lo spartito. Non credo che si possa dire altrettanto delle antagoniste. La Fiorentina battuta al San Paolo, pur riconoscendole brillantezza di manovra, non ha ancora una precisa identità. L’Inter ce l’ha e concerne il lato B, vedi le striminzite vittorie in extremis colte in avvio di stagione. Se non avesse Handanovic starebbe a metà classifica. La Roma è tra le più dotate in assoluto quanto a tecnica dei singoli, ha una panchina lunghissima ma Garcia non ha ancora saputo mettere la chiesa al centro del villaggio. Ecco perché, come dicevo, si può e si deve lottare per qualcosa d’importante. Rito apotropaico a parte.
Adolfo Mollichelli ©Riproduzione riservata
IL PROFILO
lemanisullacittà di Bruno Marra
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e Il titolo dello splendido film affresco di Francesco Rosi sarebbe la perfetta trasposizione per sintetizzare in maniera icastica la figura imponente di Pepe Reina. Le mani grandi di un gigante a guardia di una fede. Come lui nessuno mai al Napoli ha saputo interpretare il ruolo del numero 1 come metafora di vita applicata al calcio. Reina sulle spalle ha il 25, ma per lui il “numerouno” è la perfetta metonimia
esistenziale di un uomo che ha le stimmate del leader. I compagni lo chiamano “Pepon” non solo per la sua stazza fisica, bensì per il suo carisma e lo spessore morale. Un rivoluzionario sin da quando è nato. Ha ribaltato tutto, ruolo e convenzioni. Da bambino giocava in avanti perché aveva i piedi buoni, finché il padre, ex calciatore professionista, gli disse: «se giochi coi piedi ti diverti, ma se vai in porta fai i soldi». Un modo semplice per comprendere che se voleva far carriera bisognava che il talento lo contingentasse e lo facesse esplodere in sette metri di pura classe. Pepe ascoltò il consiglio ma scappò da casa per accordarsi col “nemico”. Lui, madrileno e madridista, si stufò di aspettare la chiamata dei Blancos e se ne andò in avanscoperta a Barcellona, controcorrente e con coraggio sul fronte catalano, l’altra metà del cielo ispanico. Un peso che avrebbe potuto schiacciare chiunque, ma non le sue spalle larghe. Capace come Atlante, il gigante mitologico, di portare sulla schiena il peso del mondo. E di indossare anche con disinvoltura la corona della Regina. Sceglie la strada di Abbie Road fino all’Anfield per diventare il quinto Beatles. Al Liverpool vince il “Guanto d’Oro” per due anni consecutivi e alza la Coppa d’Inghilterra insieme a Rafa Benitez, ispirando con il tecnico spagnolo una famosa filastrocca alla celeberrima Curva Kop. Ma la sua più bella primavera gli apre l’orizzonte azzurro. Napoli per Pepe è l’amore maturo, quello che ti cambia la vita. E per la vita è voluto tornare dopo l’esilio dorato in Germania. Oggi è il capitano spirituale, l’Uomo con la U maiuscola al quale basta uno sguardo nello spogliatoio per farsi capire. Il suo volto granitico e le sue fantastiche esultanze sono l’icona di un’intera generazione che rintraccia in lui il carisma e l’autorevolezza di un fiero comandante. Erri De Luca sostiene che Napoli è una città spagnola che sta in Italia per sbaglio. E Reina è il perfetto interprete dell’inscindibile cordone ombelicale atavico dall’imprimatur ispanico. Un figlio adottivo della nostra terra che ha saputo scegliere il destino e sovvertire la volontà fatale abbracciando la strada del cuore. Il Napoli oggi è nelle sue mani. L’uomo impenetrabile e il leader massimo. Perché come lui nessUNO mai. Pepe, il nostro gigante a guardia di una fede. ©Riproduzione riservata
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CODICE AZZURRO
ildoveredeidoveri di Vittorio Raio
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l Napoli gioca, vince, si diverte e diverte. Segna gol a grappoli in Italia e in Europa al di là del valore degli avversari; fa diventare più consistenti e solide le posizioni nelle classifiche; ha Higuain capocannoniere; rende giustizia a De Laurentiis e a Sarri per il rispettivo lavoro svolto. Ciò premesso, mi piace evidenziare ancora una volta quanto il gioco del Napoli affascini, avvinca, frastorni gli avversari. I tre punti sono e saranno sempre fondamentali e decisivi nel giudizi e per la classifica, ma il gioco di Sarri è proprio bello da vedere. E il suo Napoli gioca bene al di là degli azzurri schierati dal tecnico nelle singole partite. Gioco, risultati e classifiche a parte, va segnalato un episodio sgradevole che ha destato più di una perplessità (in alcuni, una certezza). Decisamente una pessima pubblicità per il calcio. É l’1 novembre quando Doveri decide di non assegnare al Napoli un rigore per un visibilissimo fallo in area di Burdisso su Higuain. Fallo visto da tutti, non da Doveri e dai collaboratori che sono a pochi metri. Perchè ricordare questo episodio a distanza di una quindicina di giorni? Semplice. Per le tante, precedenti, tristi esperienze che ho vissute e per una felicissima osservazione di Corrado Ferlaino, presidente del Napoli dei due scudetti, dopo l’infelice decisione di Doveri a Marassi. L’esperto e arguto Ferlaino non crede nel caso: «Io ne so qualcosa. Gli arbitri negli anni ‘70 sapevano bene come fermare il mio Napoli nella corsa allo scudetto. Non mi fate parlare di quel Gonella che bloccò il nostro sogno-scudetto facendo vincere l’Inter. Quello di domenica contro il Genoa è stato un segnale chiaro. De Laurentiis stia attento». Il riferimento storico dell’ingegnere Ferlaino è a Inter-Napoli del marzo del 1971. Il Napoli era in vantaggio sull’Inter a Milano per 1-0 grazie a una rete di Altafini. L’Inter era in dieci per l’espulsione di Burgnich per fallo su Umile. Nell’intervallo Mazzola piombò nello spogliatoio dell’arbitro Gonella e nella ripresa la partita
cambiò... volto e risultato. Il dovere dei Doveri è quello di garantire imparzialità, pulizia, trasparenza. Dei giudizi, nelle decisioni. É vero che esistono tanti e tanti altri precedenti (come quello ricordato da Ferlaino o come quello in cui Maradona a Firenze nel dopopartita disse: «Oggi mi son sentito mettere la mano in tasca...»), quindi non è più il caso di scandalizzarsi, ma non è neanche il caso di tacere e andare avanti come se nulla fosse accaduto. Né è il caso di invitare Sarri a badare agli errori dei propri calciatori piuttosto che ad evidenziare quello o quelli dell’arbitro. Risibile, ridicola osservazione. Sarri potrebbe rispondere: guardo gli errori dei miei e li alleno per evitare che ne commettano, ma non mi aspetto errori tanto evidenti, quanto incredibili degli arbitri. Errori che falsano i campionati. Errori troppo evidenti per essere giudicati come una semplice svista e non far pensare a quanto Ferlaino ha suggerito a De Laurentiis. Non dimentichiamo che Ferlaino per vincere, oltre ad acquistare Maradona, ad ingaggiare gente del calibro di Allodi, Moggi, Marino, Careca, Giordano ed altri, entrò nel Palazzo per capire e per partecipare alle decisioni. Dunque, lo ribadisco, il dovere dei Doveri è quello di garantire un campionato senza dubbi, senza perplessità (a proposito, alla Fiorentina è stato assegnato il quinto rigore e Celi in Napoli-Udinese non lo ha decretato quando Allan è stato chiuso a sandwich in area). Senza soprattutto essere costretti a dover pensare al marcio del calcio. Gli errori ci sono stati e ci saranno sempre , ma non dovranno essere tali da far riflettere, da far immaginare complotti, da ipotizzare che qualcuno indirizzi l’andamento di una partita, da minare il cammino di una squadra, da far pensare che taluni arbitraggi possano assegnare alla distanza lo scudetto. E Ferlaino, logicamente, dopo oltre 44 anni ancora se lo ricorda… ©Riproduzione riservata
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ITALIANI ALL’ESTERO
Gliemigrantidelpallone
di Rino Dazzo
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ochi italiani in serie A, certo. Ma quanti ne giocano all’estero? Tanti, tantissimi. Un numero inimmaginabile fino a pochi anni fa. Ci sono i big che militano in Premier, nella Liga, in Ligue 1 e persino nella MLS, che Antonio Conte segue con attenzione e le cui prestazioni sono monitorate settimanalmente. Ma ci sono anche quelli che si disimpegnano alla periferia del grande calcio, in campionati di basso livello tecnico o dallo scarso appeal, emigranti con grandi sogni e con il pallone nella valigia. I napoletani Dalla tundra siberiana alle calde lande andaluse si parla napoletano. Merito di quei calciatori che non hanno mai dimenticato da dove sono partiti e che un giorno, chissà, sperano di tornare al San Paolo con la maglia azzurra addosso. Domenico Criscito c’è andato vicino qualche anno fa, poi ha messo radici in Russia, dove è una colonna portante dello Zenit San Pietroburgo, con cui gioca abitualmente in Champions. Nella ancor più lontana Kazan, al Rubin, gioca invece Salvatore Boc-
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chetti, rientrato alla base dopo la poco felice esperienza al Milan. A Siviglia, alla corte di Unai Emery, cerca gol e rilancio Ciro Immobile dopo un’annata poco entusiasmante in Germania. Dalla fredda Dortmund alla caliente Siviglia è un po’ come respirare aria di casa, anche se di gioie fino a questo momento non ne sono arrivate tante. Nella Liga Immobile è in buona compagnia. Con lui a Siviglia c’è Marco Andreolli, difensore ex Roma ed Inter, mentre nel Betis sta cercando spazio Cristiano Piccini, prodotto del vivaio della Fiorentina. A Granada ecco il terzino Cristiano Biraghi, a difendere la porta dell’Espanyol il portiere Francesco Bardi, in prestito dall’Inter. Con i baschi dell’Eibar, invece, gioca l’ex empolese Simone Verdi, in prestito dal Milan. In Grecia, allo Skoda Xanthi, c’è un altro napoletano doc, il portiere Luigi Cennamo, che è uno dei due italiani del campionato ellenico: l’altro è Stefano Napoleoni, bomber dell’Atromitos.
gna gol a grappoli un caposaldo della Nazionale, Graziano Pellé, centravanti vecchio stampo che qualche anno fa è stato anche vicino al Napoli. Sogno proibito degli azzurri anche Matteo Darmian, che ha poi trovato sistemazione al Manchester United. Al West Ham è finito Angelo Ogbonna, vittima peraltro di un grave infortunio, mentre nel Watford dei Pozzo si disimpegna Alessandro Diamanti. A Londra, da qualche settimana, c’è anche Marco Amelia, che ha raggiunto il Chelsea dopo aver intrapreso la carriera dirigenziale alla Lupa Castelli, con tanto di invito a raggiungerlo al suo amico Mario Balotelli. Più a nord, a Sunderland, giocano invece il portiere Vito Mannone e l’attaccante Fabio Borini. In seconda divisione, nel combattutissimo Championship, giostrano invece Federico Macheda (a Cardiff) e Gabriele Angella (al QPR).
Lezioni di inglese
Parigi, si sa, è meta prediletta degli italiani, soprattutto di quelli che giocano a calcio. Nel Paris Saint-Germain gli azzurri sono addirittura tre: Salvatore
Nutrito anche il contingente italiano in Premier League. Al Southampton se-
La “douce France”
ITALIANI ALL’ESTERO Sirigu e Marco Verratti fanno parte in pianta stabile della Nazionale, da cui invece è ormai fuori il vecchio Thiago Motta, italiano d’importazione. Al Monaco sta cercando la sua consacrazione Stephan El Shaarawy, compagno di squadra del difensore Andrea Raggi, mentre si è ritrovato al Marsiglia dopo un tourbillon di mercato il laterale Paolo De Ceglie, che qualche stagione fa ha detto di no al Napoli. A proposito degli azzurri, al Bordeaux c’è il terzino scuola Bayern Diego Contento, tifosissimo partenopeo, mentre al Tours (Ligue 2) segna gol a grappoli Luca Miracoli, ex Varese. I tedeschi e i portoghesi Nella ricca Bundesliga gli italiani sono quattro. Il più quotato è Giulio Donati, stellina del Bayer Leverkusen, ma ci sono anche Luca Caldirola, difensore del Darmstadt (è compagno di squadra dell’ex azzurro Giury Garics), il portiere del Mainz Gianluca Curci e l’attaccante altoatesino dell’Augsburg Max Reinthaler, classe 1995. Pochi ma buoni i connazionali in Portogallo, equamente suddivisi tra le tre big del calcio lusitano: Osvaldo al Porto, Alberto Aquilani allo Sporting, Bryan Cristante al Benfica, chissà ancora per quanto: è nel mirino del Napoli. Nell’altra Europa
Nella pagina a fianco, da sinistra, Pellè, Immobile e Sirigu. Sopra, Aquilani, Verratti, Okaka e Giovinco
In Belgio, nell’Anderlecht, sta trovando continuità d’impiego e verve realizzativa Stefano Okaka, altra promessa mai del tutto sbocciata del calcio italiano. Al Cercle Burges, invece, gioca il portiere scuola Juve Alberto Gallinetta. In Scozia al Celtic studia da grande il portierino Leonardo Fasan, mentre nel Ross County fa bella figura l’ala Raffaele De Vita. Nella vicina Svizzera sono tanti gli italiani, a cominciare dalla colonia di carneadi portata da Zdenek Zeman al Lugano: i portieri Alex Valentini e Francesco Russo, il difensore Orlando Urbano, i centrocampisti Mario Piccinocchi e Alessandro Mastalli. Al Lucerna ecco il portiere Lorenzo Bucchi mentre al Chiasso, in seconda divisione, è finito l’ex azzurro Andrea Dossena. In Romania altri quattro ita-
liani: Davide Petrucci ed Anthony Partipilo nel Cluj, Alessandro Caparco e Gianmarco Piccioni nello Iasi. Nella vicina Ungheria, tra le fila di una nobile decaduta, il Tatabanya, e sotto l’egida del grande Bruno Giordano, gioca invece il sempreverde Tommaso Rocchi, mentre un altro vecchietto terribile, Fabrizio Miccoli, si è ritrovato nel campionato maltese, al Birkirkara, con cui ha segnato anche nei preliminari di Europa League, al pari del presidente dell’Assocalciatori Damiano Tommasi, che si è divertito a reindossare le scarpette a luglio con i sammarinesi del La Fiorita. In Estonia, nel Sillamae Kalev, gioca poi il calabrese Giorgio Russo, ex enfant prodige del Modena. Hanno trovato l’America Per molti la MLS è il futuro del calcio mondiale. Cimitero di elefanti, certo, gente come Gerrard, Drogba, Lampard e Villa, ma anche terra promessa per chi da quelle parti ha ritrovato addirittura la Nazionale. Sebastian Giovinco era stato salutato con tanto snobismo quando è partito per Toronto, attratto dai tanti dollari del suo principesco ingaggio. Poi, però, ha convinto Conte a suon di gol e di belle prestazioni. Colonna del New York City è un altro perno dell’Italia, Andrea Pirlo, mentre il faro dei Montreal Impact è colui che non t’aspetteresti mai: Marco Donadel, proprio quello che a Fuorigrotta qualcuno ancora maledice. E c’è chi fa l’indiano… Un giramondo è sempre stato Federico Piovaccari, che dopo aver conquistato e giocato la Champions con la Steaua Bucarest ha fatto le valigie ed è partito per l’Australia, sulle orme di Alex Del Piero: per lui avventura al Western Sidney Wanderers. E proprio come Del Piero c’è anche chi fa…l’indiano: Manuele Blasi, vecchia conoscenza del San Paolo, insieme ad Alessandro Potenza è uno dei volti nuovi del Chennaiyin di Marco Materazzi, ambizioso team della Indian Super League. ©Riproduzione riservata
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INIZIATIVE
VOTATEL’ATLETACAMPANO DELL’ANNO2015 T
orna il premio “Atleta campano dell’anno”, indetto da È Azzurro. Lo scorso anno i nostri lettori hanno incoronato vincitore Lorenzo Insigne, nonostante l’infortunio che lo aveva colpito in autunno. Una fiducia ripagata dal talento partenopeo con uno splendido 2015, che lo ha portato a diventare il trascinatore del Napoli. Quest’anno il concorso riparte a caccia del suo erede: sono tanti gli atleti campani che nel corso dell’anno si sono distinti con vittorie in campo nazionale e internazionale. Aspet-
tiamo le segnalazioni dei lettori e vi aggiorneremo, sui prossimi numeri, sui nomi che entreranno in classifica. A gennaio vi comunicheremo il vincitore, al quale sarà consegnato il premio nelle settimane successive. Per votare potete scrivere una mail (info@eazzurro.it) o contattarci sulla nostra pagina Facebook (www.facebook.com/eAzzurro). Tra i votanti saranno sorteggiati tre nominativi che vinceranno un abbonamento di un anno alla rivista. ©Riproduzione riservata
PROSEGUELARACCOLTA DELLECARTOLINE DEIGOLDELNAPOLI S 9
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econda uscita delle cartoline dei gol del Napoli del campionato 2015-16. Questo mese potrete trovare altri otto scatti, realizzati da Pietro Mosca, che immortalano otto reti messe a segno dagli azzurri nella prima parte di stagione. Si completa la serie di gol del 5-0 contro la Lazio, con il quarto di Higuain e il quinto di Gabbiadini, per proseguire con quelli di Insigne e ancora Higuain nel 2-1 contro la Juventus, per finire con le quattro reti messe a segno a San Siro contro il Milan: una di Allan, due di Insigne e l’autogol di Ely. In ogni numero ne trovate una, per richiedere le cartoline mancanti al costo di 0,50€ l’una, potete contattare la redazione via mail (info@eazzurro.it) o telefonicamente (0815542252). ©Riproduzione riservata
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PREVENIREPERVINCERE A
vere a cuore la salute dei propri giovani è un obiettivo di primaria importanza in un paese civile e non solo per la valenza sociale. Gettare le basi per un miglioramento della popolazione significa anche ridurre i costi della Sanità Pubblica. Un adolescente ben curato potrebbe avere una minore incidenza di patologie in età adulta ed invecchiare meglio. Ruolo fondamentale nell’ambito di un corretto sviluppo, lo riveste l’odontoiatra. Personalmente sono oltre venti anni che curo sportivi, in particolare calciatori, e sono tra l’altro un socio SIOS (Società Italiana di Odontostomatologia dello Sport) società composta da eccellenti colleghi in tutta Italia, con i quali ci si confronta mettendo a disposizione di tutti la propria esperienza. Ed è un work in progress costante, perché lo sport sta cambiando rapidamente. Per capire quanto è giusto analizzare dei dati riguardanti il calcio: i tesserati in Italia sono circa 1.200.000, i professionisti sono l’1,5%. Il 98% è rappresentato dal Settore Giovanile Scolastico e dalla Lega Nazionale Dilettanti; ci sono 71.689 società sportive (dati 2011), di cui 470 professionistiche, 17.020 dilettantistiche e 54.189 settori giovanili. Il dato più eclatante, in questa migrazione epocale, è che in Italia esistono tesserati provenienti da oltre 100 nazioni con biotipo, abitudini alimentari e cure odontoiatriche diverse. Il totale di chi fa sport supera i 17.000.000, per un giro di affari di oltre 3.000.000.000 di euro. Nel calcio professionistico negli ultimi 30 anni abbiamo assistito alle variazioni più significative: da 40 partite l’anno si è passati alle attuali 70, da 350 azioni a match ad oltre 600, da un contrasto ogni 5 azioni ad 1 su 2, da 5 allenamenti a partita a 3,5, non c’è neanche il tempo di impostare un programma di allenamento. È aumentata la velocità ed anche il chilometraggio e di conseguenza è maggiore il rischio di scontri fisici e di in-
fortuni. Noi odontoiatri abbiamo il compito di intercettare, in età sempre più precoce, eventuali malocclusioni che potrebbero interferire con la vita sportiva del paziente, ma anche e soprattutto per migliorarne la salute. Bisogna prevenire e curare le carie, le parodontopatie, prevedere ed eventualmente intervenire per evitare disodontiasi, proteggere con paradenti-bite il giovane atleta ma, soprattutto, magari coordinati dal medico sociale, interagire con gli altri specialisti al fine di svolgere un’azione sinergica e non settoriale sulla salute dell’atleta. Ciò consente di avere meno infortuni e quindi mettere a disposizione dello staff tecnico atleti più sani sui quali lavorare per migliorare le performances. Con l’Università di Chieti e con la SIOS stiamo effettuando degli studi sui settori giovanili, esaminando i calciatori nelle diverse fasce d’età, valutandoli odontoiatricamente, a livello occluso-posturale, sull’igiene orale ed anche analizzando la saliva (metodica in grande sviluppo) nelle fasi pre e post allenamento e pre e post partita. Oltre alla ovvia semplicità del prelievo, l’esame salivare ci fornisce una serie di dati interessantissimi sulla salute muscolare de paziente e sulla flora microbica presente nella bocca. Coordinati dal professor Tripodi, con la preziosa esperienza della professoressa D’Ercole, con il valido supporto della dottoressa Paola Di Stasio e del dottor Dario Di Stasio, nonché di tutto lo staff della Gabriele D’Annunzio di Chieti, stiamo interfacciando i dati ottenuti con il professor Alessandro Nanussi di Milano, con il professor Fontanella, primario dell’ospedale di Bolzano, in Toscana, con il professor Nannelli e la dottoressa Del Grosso, specializzati in sport acquatici. I dati che stanno emergendo sono molto interessanti e verranno resi noti a breve. Insomma, c’è un grande fermento ed è l’unico modo per stare dietro ai cambiamenti rapidissimi del nostro movimento sportivo. Migliorano le performance degli atleti e di pari passo devono migliorare le prestazioni professionali di tutti noi addetti alla salute.
Franco Di Stasio Specialista in Chirurgia Maxillo Facciale Docente presso la Cattedra di Ortodonzia dell’Università di Foggia ©Riproduzione riservata
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CURIOSITÀ1 ESCLUSIVA
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A sinistra Pasquale Rotello con il figlio Francesco, a destra il piccolo Emanuele Rotello. Tutti tifosissimi del Napoli
L’edicolante Edicola internazionale via Mariano Semmola Napoli
Lafrase
Nella mitologia greca Apollo era la razionalità e Dioniso era l’emozione. Ora, chi ha conosciuto Maradona sa che era la schifezza di Apollo e il massimo di Dioniso [Luciano De Crescenzo]
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CURIOSITĂ€1 ESCLUSIVA
NevEdremodellEbelle
Mario Suarez, centrocampista della Fiorentina, non vive un momento felice. Diversi problemi fisici lo hanno portato a perdere il posto da titolare. Siamo sicuri, però, che la sua compagna, la modella Malena Costa, abbia saputo rendere meno amari i suoi primi mesi in Italia
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PUGILATO
«sonoNATOINBRASILE MAVADOario DANAPOLETANO» VALENTINO MANFREDONIA PRIMO PUGILE ITALIANO QUALIFICATO PER I PROSSIMI GIOCHI OLIMPICI di Luigi Russo Spena
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miltà, tenacia, determinazione. Sono queste le caratteristiche che, insieme a una buona dose di preparazione fisica e tecnica, vengono in mente parlando di Valentino Manfredonia. Già l’anno scorso sognava di qualificarsi per le Olimpiadi di Rio e alla fine ce l’ha fatta. È riuscito non solo a centrare questo obiettivo, ma è stato il primo pugile italiano a farlo, nonché il primo atleta napoletano. Nato in Brasile il 29 settembre del 1989, è stato adottato da una famiglia napoletana e dai dieci anni in poi si è dedicato al pugilato, allenandosi nella palestra del maestro Guido De Novellis. Per anni ha combattuto, sul ring e anche fuori dal ring, quando a causa di un infortunio è stato sul punto di mollare tutto. Oggi Manfredonia è una delle grandi promesse sportive napoletane, con un curriculum da invidiare: due titoli italiani (nel 2006 e nel 2007), due medaglie di bronzo ai tornei internazionali disputati in Lituania e in Croazia, un titolo assoluto nel 2013 e un argento ai Giochi Europei di Baku quest’estate. Ed è stata proprio quest’ultima medaglia a regalargli la qualificazione per i Giochi a cinque cerchi.
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Inizialmente lei non era incluso nel gruppo ufficiale dei possibili olimpionici. Com’è riuscito ad arrivare alla qualificazione? «La mia esclusione dal gruppo non è stata una colpa della federazione, ma una conseguenza di un brutto infortunio alla spalla. Ho dovuto affrontare un intervento che mi ha tenuto fermo per molto tempo. Ho fatto ciò che uno sportivo non dovrebbe mai essere costretto a fare, ovvero fermarmi completamente per quasi tre anni. Ero considerato un ex pugile, ormai ritirato e completamente fuori forma. Un mio grande rimpianto è di non aver potuto disputare i Mondiali. Sono convinto che se avessi partecipato avrei conquistato una medaglia». Questo però non le ha impedito di qualificarsi ugualmente per le Olimpiadi. «No, infatti dopo questo lungo stop ho ricominciato ad allenarmi. È stata dura, ma gradualmente ho ripreso combattere sul ring e a vincere, fino a quando nel 2013 ho conquistato un altro titolo italiano e da quel momento in poi è stato un crescendo di vittorie.
L’ultima medaglia importante è stato l’argento ai Giochi Europei di Baku, grazie al quale sono stato il primo pugile italiano a qualificarsi per i prossimi Giochi Olimpici». Lei è di origini brasiliane. Com’è arrivato a Napoli? «Sono stato adottato da genitori napoletani quando ero piccolissimo. Venni portato a Napoli quando avevo ancora pochi giorni, per questo mi sento napoletano al 100%».
PUGILATO
MI CONSIDERAVANO UN PUGILE FINITO DOPO TRE ANNI SONO TORNATO E HO CORONATO UN SOGNO Come si è avvicinato al pugilato? «Ricordo che non fui subito entusiasta di questo sport. A dieci anni andai alla palestra di Guido De Novellis per dimagrire, perché ero molto sovrappeso. All’inizio mi misero nel gruppo delle ragazze, perché non volevo seguire la preparazione degli altri atleti. Poi gradualmente cominciai ad appassionarmi e ad allenarmi, fino al mio debutto, a quattordici anni, che fu anche la mia prima vittoria». Ricorda ancora il suo primo incontro? «Certo, era a febbraio del 2004, lo ricordo benissimo. Ho ancora il video del match, ogni tanto lo guardo. Proprio qualche giorno fa l’ho rivisto, è stato curioso notare tutti i miei cambiamenti». Qualificarsi alle Olimpiadi è già di per sé una grandissima emozione. Che effetto le fa andare a gareggiare proprio a Rio, nella sua nazione d’origine? «In verità, data la tenera età del mio
trasferimento a Napoli, non ho ricordi che mi leghino particolarmente al Brasile. Recentemente ci sono anche andato per uno stage di quindici giorni, ma non ho avuto nessuna sensazione particolare. Certo, le Olimpiadi sono un’altra cosa, vedremo allora che effetto mi farà». C’è un pugile che l’ha ispirata durante la sua carriera? «Sì, il mio idolo è Muhammad Alì. Un atleta formidabile, elegante e veloce» ©Riproduzione riservata
BERGAMASCO: «VALENTINOPUòESSERE LASORPRESADIRIO»
«L
a Campania è la fucina di talenti del movimento pugilistico italiano». Non ha dubbi il responsabile tecnico della nazionale di pugilato, Raffaele Bergamasco, che è stato a Napoli in occasione dei Campionati Italiani Juniores organizzati dalla Napoliboxe a fine ottobre. «È stato un anno difficile per noi perchè abbiamo avuto troppo impegni ravvicinati, ma tutti i nostri pugili possono andare alle Olimpiadi per essere protagonisti. Clemente Russo è una certezza da anni, Valentino Manfredonia può essere senza dubbio la sorpresa. Abbiamo già iniziato la preparazione in vista della prossima stagione, sono molto fiducioso». ©Riproduzione riservata
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MOTORI
DOV’ÈLACADY? ECCOLA:ÈLACTS-V di Giovanni Marino
«C
he è questa?» - chiede nervosamente Jake Blues al fratellino minore Elwood, all’uscita del carcere dove ha appena finito di scontare la sua pena, presentatosi con una sgangherata Dodge usata. Elwood cerca di svicolare: «Questa che...?!», risponde fintamente distratto.
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«Quest’auto: che cavolo significa?», incalza Jake, accendendosi una sigaretta e, rafforzando il concetto mentre getta via dal finestrino l’accendino: «Dov’è la Cadillac? La Cady, dov’è la Cady? La Cadillac che avevamo prima...la Bluesmobile?». La citazione è integralmente tratta dal
mitico film “Blues Brothers” (ogni occasione è buona per rivederlo), ed è d’obbligo visto che in questo numero vi presentiamo proprio una Cady: la nuova CTS-V, che arriverà sul nostro mercato agli inizi del 2016. Con i 649 cavalli che la portano da 0 a 100 km/h in 3,7 secondi e ad una ve-
MOTORI
locità massima di 320 km/h, la CTS-V è la Cadillac più potente mai costruita dalla casa di Detroit nei suoi 112 anni di storia. Il merito va al nuovo propulsore 6200 cc con 8 cilindri a V e turbo da 1.7 accoppiato al nuovo cambio automatico 8L90 da otto rapporti (corti e ben scalati) e comandi al volante. Sportiva “pronto gare”, ma anche raffinata berlina: la CTS-V racchiude due anime in sé, entrambe trattate ai mas-
simi livelli. A un design perfetto per la pista si aggiungono telaio e sospensioni che completano il gruppo motore sovralimentato, portando così le qualità, le performance e il controllo a livelli altissimi e a un possibile utilizzo in pista senza bisogno di modifiche e di procedure speciali. Da segnalare il Performance Data Recorder che consente di registrare video ad alta definizione delle esperienze di
guida in pista o su strada, con dati in sovraimpressione che potranno poi essere condivisi sui social abilitati. La nuova CTS-V sarà disponibile dal 2016 con una vasta gamma di dotazioni di serie a un prezzo di € 102,519. Compreso l’accendino. E per il pagamento, non dovrebbe essere un problema se trovate Ray Charles in concessionaria disposto «...ad accettare il solito cambialone». ©Riproduzione riservata
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TURISMO
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di Vera De Luca
L
a Polonia e l’Italia sono unite da antichi legami e valga per tutti il successo riscosso dal Padiglione Polonia all’Expo di Milano, che ha confermato l’interesse turistico per questa importante nazione. Non a caso il 72% dei visitatori di casa nostra viaggia nel paese in maniera autonoma. Guardiana del passato, ma con uno sguardo vivace sull’oggi è la regione Malopolska, che vanta un affascinante mix di storia, cultura, tradizioni e natura con ben otto patrimoni Unesco, sei parchi nazionali e numerosi parchi paesaggistici, aree protette e riserve naturali, che offrono tanto verde da rendere suggestivo l’ ambiente ricco di catene montuose, laghi, fiumi e foreste, che invitano a praticare sport attivo sia d’estate che d’inverno. Tra le attrazioni la miniera di sale di Wieliczka e il suggestivo Percorso dell’Architettura in Legno di oltre 1500 chilometri che comprende 250 edifici storici. In particolare è il centro storico
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rinascimentale del capoluogo, Cracovia, dichiarato patrimonio mondiale dell’umanità, il luogo ideale per chi desidera conoscere le bellezze architettoniche della nazione e ripercorrere i luoghi del Santo Papa Giovanni Paolo II. A Cracovia le piste ciclabili conducono per le viuzze del centro, lungo la Vistola e attraverso le aree verdi. In montagna la rete di sentieri ben tenuti aspetta chi desiderasse praticare il cicloturismo, quello equestre o quello sciistico. Dopo le giornate all’aria aperta ci si può rilassare in uno dei 9 centri benessere o nelle località termali. Il folklore sempre vivo e ricco di tradizioni, feste e sagre organizzate in tutte le stagioni dell’anno con la squisita cucina regionale sono ulteriori motivi per passare la vacanza nella regione, definita anche la Piccola Polonia. Cracovia, città a misura d’uomo con le sue atmosfere mitteleuropee, regala l’esperienza più sincera a chi vi si
avvicina per la prima volta. Sulla collina del Wawel sorge il castello, antica residenza dei re polacchi, oggi meta obbligata di chiunque visiti la città. Nel raggio di poco più di un chilometro sorge la Piazza del Mercato (Rynek Glówny) vero e proprio centro storico, meta di passeggiate e del turismo più tradizionale con i suoi monumenti come la cattedrale gotica di Santa Maria e il Fondaco dei Tessuti, che domina la piazza. Nei momenti di relax ci si può sedere a bere un caffè o un bicchiere di vino magari ascoltando musica dal vivo. Nel quartiere ebraico di Kazimierz vi sono innumerevoli piccoli locali, alcuni dei quali organizzano spesso serate a tema, altri sono luoghi di ritrovo e fanno della zona la meta più classica della vita notturna in città. Al di là di questo suo nuovo aspetto, negli ultimi anni il luogo ha riscoperto la sua identità ebraica e difatti, nei pressi della storica Sinagoga, oggi ci sono diversi ristoranti kosher, locali,
TURISMO
a Nowa Huta vengono organizzati “communist tours” con gite in Trabant, l’automobile che CARATTERIZZAVA i Paesi dell’Est
caffè e librerie “a tema”. Inoltre a Kazimierz si tiene ogni anno il Festival della cultura ebraica più radicato e riconosciuto d’Europa. A pochi passi dalla Piazza del Mercato si snoda il “quartiere universitario”, il cui ateneo risale nel 1364, ospitato nel maestoso palazzo neo-gotico del Collegium Novum, che raccoglie quasi tutti i suoi maggiori edifici storici e dove si respira l’aria tipica delle zone universitarie. Tra le stradine, i caffè e le trattorie dai prezzi decisamente abbordabili è quasi impossibile non incontrare studenti di varie nazionalità. C’è poi una Cracovia meno tradizionale. È il caso di Zablocie, storico polo produttivo e oggi panorama post-industriale nella sua massima espressione, con fabbriche dismesse trasformate in discoteche, scuole d’arte, spazi teatrali. Il simbolo più evidente della vivacità espressiva di Zablocie è il Mocak, il
museo di arte contemporanea collocato negli storici edifici delle fabbriche di Schindler, rese famose dal film di Spielberg, in cui vengono esposte le opere moderne più significative. Un’altra zona che sta conoscendo nuova vita è l’ex-area metallurgica e quartiere operaio di Nowa Huta. Ideato di sana pianta dal 1949 su suggerimento personale di Stalin, il quartiere avrebbe dovuto rappresentare il prototipo di città socialista, progetto che si scontrò con la volontà dei cittadini che nel 1969 ottennero persino il permesso per la costruzione di una chiesa, caldeggiati dall’allora arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla. Negli anni immediatamente successivi alla caduta del socialismo, Nowa Huta ha conosciuto un periodo di degrado sociale a seguito di una forte disoccupazione, dovuto alla chiusura delle fabbriche, ma oggi con spirito originale e brillante
mette in evidenza la sua forte identità di quartiere socialista per attirare i visitatori curiosi di vedere quella Polonia scomparsa. Come accade da tempo nelle città della ex-Germania orientale, a Nowa Huta vengono organizzati veri e propri “communist tours” con tanto di gite in Trabant, la vettura che più di ogni altra caratterizzava i Paesi dell’Est, cene negli autentici bar mleczne (piccoli ristoranti dai prezzi politici e dall’aspetto modesto, ma inconfondibile), serate anni ’80 e proiezioni di vecchi film di propaganda accompagnati da degustazioni di vodka, che sembra essere nata proprio qui. È a base di cereali (frumento e segale) oppure di patate. Molto popolare è la Zubròwka dove in ogni bottiglia viene immerso uno stelo di erba del bisonte (gliceria), che dona alla vodka un aroma particolare. ©Riproduzione riservata
A sinistra il Castello di Wavel, a Cracovia, a destra il Palazzo della Cultura e della Scienza di Varsavia
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EVENTI 1 ESCLUSIVA
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di Laura Caico
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n arrivederci ma non un addio. la Maison Cilento ha abbandonato la storica sede di via Medina, all’interno del palazzo D’Aquino di Caramanico: dopo duecento anni di successi che hanno reso il negozio un faro dell’eleganza partenopea in una zona altrimenti commercialmente anonima, la famiglia Cilento ha scelto di dare una svolta a una situazione ormai in-
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sostenibile da molti punti di vista per trasferirsi alla Riviera di Chiaia 203204, nelle adiacenze di Villa Pignatelli. Il luogo, molto spazioso, ospita anche il famoso Salotto Cilento, tempio dei bon vivant internazionali, dove sono passate celebri firme della sartorialità e del jet set: dislocati fra gli scaffali che ospitano cravatte e accessori, spuntano oggetti d’antiquariato provenienti
dalle collezioni private della famiglia Cilento, come le lampade Lalique e gli specchi Liberty che fanno brillare gli ottoni lavorati degli stand su cui riposano pullover di cachemire o le vetrine da cui occhieggiano profumi inglesi da uomo e linee di creme naturali per la bellezza del gentil sesso, a cui Ugo Cilento dedica anche un nutrito assortimento di foulard in seta e borse di
EVENTI 1 ESCLUSIVA
morbidissima nappa. Un piccolo gioiello museale con raccolte di repertori tecnici, libri e registri di cassa, lettere di personalità straniere, manichini dell’’800, strumenti di sartoria, si disvela man mano che ci si addentra nei 300mq della nuova sede, prossimamente aperta a eventi culturali e artistici: e la cosa non è sfuggita
alle sovrintendenze, che hanno dichiarato il negozio di Cilento “di interesse storico particolarmente importante e sottoposto alle disposizioni di tutela secondo la legge 42/2004”, come recita la targa apposta all’ingresso. Un nuovo appuntamento, dunque, attende gli amanti del bien vivre alla Riviera di Chiaia, per selezionare
nuove aggiunte al proprio guardaroba con l’ardua scelta fra circa quattromila cravatte, un migliaio di calzature di marchi britannici, rigorosamente fatte a mano, centinaia di pregiati tagli di alpaca, guanacina, vigogna per giacche e completi, oltre a cappelli, sciarpe e accessori in pelle. ©Riproduzione riservata
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EVENTI 1 ESCLUSIVA
èunnapolida10elode?
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rande successo per l’evento “È un Napoli da dieci e lode?” svoltosi a Villa Savonarola di Portici, nell’ambito della rassegna “Ti presento un libro”, lo scorso 3 novembre. Insieme ad alcuni autori del volume della Giammarino Editore “2004-2014 Napoli 10 e lode”, sono intervenuti Nicola Lombardo, capo dell’area comunicazione del Calcio Napoli, Luciano Tarallo, preparatore dei portieri del Napoli, e l’assessore alla cultura del Comune di Por-
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tici, Raffaele Cuorvo. «Questo libro racconta 10 anni straordinari della storia azzurra, il periodo in cui il Napoli ha colto i maggiori successi, se si eccettua il periodo d’oro di Maradona - ha spiegato Lombrardo -. Speriamo presto, nei suoi aggiornamenti, possa raccontare di vittorie ancor più importanti».
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