il Brigante www.ilbrigante.it
MAGAZINE PER IL SUD DEL TERZO MILLENNIO
ANNO 15 - N. 52 OTTOBRE 2015 € 2,00
ECONOMIA SOMMERSA IL FOCUS
Il Mediterraneo: un mare di fondi per un mare di vittime
LA POLITICA
EFA-APL Un Altro Sud per un’altra Europa
LO SPORT
Gli atleti meridionali cacciatori d’oro dall’America alla Spagna
TULLIO DE PISCOPO
I primi 50 anni di carriera Un racconto che parte da Milano
Economia Sommersa
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C
hi lo ricorda il tormentone pubblicitario inventato per un gestore di telefonia appena qualche anno fa? Una giovanissima adolescente, cornetta all’orecchio e sguardo perso nel vuoto, parlava lungamente al telefono con il fidanzatino, incalzandolo con una serie di domande: "Mi ami? Ma quanto mi ami? E mi pensi? Si, ma quanto mi pensi?". Ad un certo punto, il padre, con un'espressione tra il preoccupato e l'ampiamente seccato, irrompeva nella discussione con un perentorio: "Ma quanto mi pensi?! Ma quanto mi costi!". Quella campagna pubblicitaria potrebbe fotografare la vicenda infinita che vede interpreti (da protagonisti) i migranti e l'Europa. Questa estate, improvvisamente, tutti (media e politici europei) sono sembrati rinvenire da una sorta di incantesimo il quale - da anni - gli impediva di accorgersi dei quotidiani, massicci sbarchi quotidiani di questi disperati sulle “nostre” coste. Nostre nel senso di siciliane, perché il peso dell'accoglienza per lunghi mesi è gravato essenzialmente sui nostri fratelli aldilà del faro che, con generosità ed altruismo, hanno soccorso migliaia e migliaia di uomini, donne e bambini, lavorando senza lamentarsi o chiedere nulla. A partire da Lampedusa che ha visto compromessa la propria immagine ed economia, trasformandosi da centro
l’Editoriale
G INO G IAMMARINO
di accoglienza turistica in campo di concentramento.
Il governo italiano, evidentemente troppo impegnato nelle faide interne alla partitocrazia, per lungo tempo si è disinteressato quasi completamente della situazione ai confini siciliani (e della realtà…), limitandosi a gestire con mez-
zi ordinari una situazione degenerata, dalla primavera araba a ben oltre lo straordinario. Il parlamento di Bruxelles, nel solco della tradizione, non è intervenuto come non intervenne nel lungo conflitto che ha flagellato e diviso l’ex Jugoslavia. Eppure quelle bombe gli fischiavano anche più vicine… Ma ritornando ai nostri giorni, insomma, nessuno si era accorto di niente, né lo Stato italiano, tantomeno quell’Unione Europea dai cui Stati componenti passava - tra le righe - un solo messaggio: “Il problema è vostro, dovete risolverlo voi”. Più concreta l’Inghilterra che successivamente, in tempi più recenti, ha posto la questione su un altro ordine di idee: “Noi vi diamo i soldi per la gestione di questo
problema, non potete e non dovete portarlo in casa nostra”.
Che non sono pochi, questo va detto. Ricordiamo che tra il 2007 ed il 2013 i governi (eletti e non dai cittadini) del “Belpaese” hanno ricevuto 478.754.919 euro, ossia il 13,4% delle risorse totali destinate alla
gestione dell'asilo e dell'immigrazione. Cifra che calerà nel prossimo periodo 2013-2020, attestandosi su 310.355.777 euro. Riportiamo questi dati non per entrare nella stucchevole polemica di quanto ci “costano” al giorno i migranti ospitati, ma per ricordare ai troppi distratti che circolano in Europa come, in ogni caso, “c’è chi paga”. Naturalmente, seguendo delle regole precise (anche queste nella consolidata linea dell’Europa giacobina) nella cui boscaglia, per sintesi, ci limitiamo a segnalare come ogni singolo Stato dell’Unione che voglia ricevere fondi destinati all’accoglienza debba presentare, alla Commissione, un articolato programma annuale.
Insomma, le cose sono
cambiate solo quando si è passati al lato economico del problema. Nel passaggio tra il “…ma quanto mi pensi” ed il “…ma quanto mi costi” si è aperto un delicato spiraglio in virtù del quale sono diventati tutti più “sensibili” alla tematica: il “Ma quanto ci guadagno?”. Niente di originale, direte voi. Ed è vero. Ma consentiteci l’amaro che lasciano in bocca scelte politicofinanziarie improntate a lacrime e sangue per far riemergere le asfittiche economie europee, alle quali si contrappone un modello perverso di “business” che reinveste su dolori e tragedie “sommersi” dalle acque del mare.
Non possiamo chiudere senza l’ultima chicca. Ve la ricordate la Cancelliera tedesca che fa piangere una ragazzina in diretta televisiva negandole la possibilità di ricongiungersi ai familiari? Era il luglio 2015: sono passati solo due mesi. Bene, mentre siamo in chiusura di giornale ci giunge la notizia secondo la quale l’Unhcr, Papa Francesco e proprio Angela Merkel, recentemente convertitasi alla pietà (seppure a corrente alternata), sono i primi tre nomi favoriti tra i 273 candidati al prossimo premio Nobel per la pace. Ora, certamente il perdono ed il pentimento sono veramente cosa giusta. Ma quale riconoscimento spetterebbe, allora, ai fratelli siciliani di Lampedusa?
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Editoriale
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Il focus La difficile gestione del flusso migratorio Il focus Crisi e divario nel mediterraneo L’analisi La vittoria di Tspiras L’incontro Forum dell’Europa dei popoli La politica Le elezioni in Catalogna L’iniziativa Marcia identitaria in nome della Nazione Napolitana L’inaugurazione A Pietrarsa gli stati generali del turismo Le imprese Al sud record di assunzioni Le imprese Speciale Oktoberfest con le nostre birre artigianali L’identità Il massacro di Sand Creek L’istruzione I libri di storia continuarono a raccontare bugie La tradizione Il racconto della nostra emigrazione Lo sport L’estate d’oro degli atleti del Sud Lo sport La scherma medievale rivive in un evento La mostra Storia di un emigrazione al contrario La gastronomia Timballo di melanzane La musica Bennato presenta “Tutti pronti a salpare” Il personaggio I primi 50 anni di carriera di Tullio De Piscopo La lettura Lo scaffale del meridionalista consiglia Dispacci al capobanda La storia Il federalismo nella storia del Mezzogiorno
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DIRETTORE RESPONSABILE GINO GIAMMARINO VICE DIRETTORE SIMONA BUONAURA HANNO COLLABORATO: SILVIA BASSI ALFREDO CALDERALE VITTORIO CROCE ETTORE D’ALESSANDRO GABRIELLA DILIBERTO ANTONIO GENTILE VALENTINA GIUNGATI MAURIZIO MEROLLA GIUSEPPE PACCIONE ROSI PADOVANI LUIGI RUSSO SPENA CARLO ZAZZERA SERGIO ZAZZERA
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MORTE DA OVERDOSE DI BUROCRAZIA
il Focus
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LA DIFFICILE GESTIONE MIGRATORIA IN MARE E IL FALLIMENTO DELL’UE G IUSEPPE PACCIONE
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a pressione immigratoria, oggi, che parte dalle coste libiche e diretta verso quelle italiane, è incrementata, cagionando proteste più disparate, alcune di genere razzista, altre allarmistiche per la paura del diffondersi di malattie come, ad esempio, la scabbia. In questo bara dam, non passano sottobanco le soluzioni presentate, che vanno dal blocco navale sino all’uso della coercizione armata per attuare i respingimenti. Per contrastare lo tsunami migratorio si pone in atto una ripartizione tra gli Stati membri dell’Unione europea (Ue), che viene solitamente respinta, senza curarsi di quanto determinato dalla Commissione Europea, come, ad esempio, la posizione del governo inglese che non è d’accordo per la distribuzione delle quote, minacciando la sospensione del Trattato Schengen. Si propone allora un piano B, non meglio identificato, o si augura l’intervento della
comunitas gentium (comunità internazionale), considerata responsabile dell’intervento in Libia, come se il nostro Paese, pur di malavoglia, non fosse stato in prima linea nella cacciata di Gheddafi. Su questo va fatta chiarezza. In primis, Il blocco navale non ha senso, sebbene sia una misura di guerra e costituisca una vera e propria aggressione, qualora non sia invocabile la legittima difesa. Il che non è fattibile, a meno che non si voglia classificare l’esodo migratorio dalla Libia come una forma di attacco armato. L’unico precedente, immediatamente smontato, fu la massa dei rifugiati provenienti dallo Stato del Bangladesh, invocato dall’India per intervenire in quel territorio, in illo tempore facente parte del Pakistan agli inizi degli anni settanta del secolo scorso. Circa la solidarietà europea, in secundis, il governo italiano farebbe meglio a menzionare agli altri Stati membri dell’UE il regolamento 656/2014, in mate-
ria di gestione delle frontiere marittime, che statuisce in modo netto che le politiche dell’immigrazione e dell’asilo dovrebbero essere governate dal principio di solidarietà e dall’equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri. In tertiis, è d’uopo fare
per paura che la loro vita o libertà siano minacciate a causa della razza, della religione, della nazionalità o appartenenza a un certo gruppo sociale o delle opinioni politiche. Come si vede una condizione sufficientemente limitata, che implica l’effettivo timore di
chiarezza sulla distinzione tra migranti per ragioni economiche e rifugiati, id est di individui che fuggono dallo Stato di residenza
un fumus persecutionis. Il punto di domanda è: possono essere attuate misure di inibizione, cioè di respingimento delle picco-
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le imbarcazioni in acque internazionali? Si pensi all’Australia e agli Stati Uniti, che sono vincolati, come gli Stati membri dell’Ue, dalla Convenzione del 1951 sui rifugiati, che rispondono affermativamente, giacché, secondo il loro punto di vista, tale Convenzione vincola al non respingimento – c.d. principio di non-refoulement – solo se il richiedente asilo si trova nel territorio dello Stato e non in mare aperto o in acque
di una nave da guerra. È vero che si potrebbe impedire alle imbarcazioni gremite di migranti/profughi di proseguire ed obbligarle ad invertire la rotta, senza alcun contatto con la nave da guerra, ma questo modus operandi potrebbe porre in serio pericolo il barcone e cagionare la perdita di vite umane. L’Ue, si rammenti, è vincolata dalle norme sull’asilo sia nel Trattato sul funzionamento dell’Ue (c.d. Trattato di Lisbona) sia nella
internazionali. La Corte Suprema australiana ha riaffermato questo principio nella sentenza del 28 gennaio 2015. Questa interpretazione presta il fianco ad una serie di obiezioni dopo la ben nota sentenza Hirsi del 2012, di cui ho ampiamente trattato in un mio saggio pubblicato da poco sul sito: ww.diritto.it, dove la Corte EDU ha condannato l’Italia per aver ricondotto in Libia un gruppo di profughi somali ed eritrei, dopo aver prestato loro aiuto e fatti salire a bordo
Carta dei diritti fondamentali (c.d. Carta di Nizza), che peraltro non pongono nettamente la loro applicabilità in alto mare. Anche il già citato Regolamento 656/2014 impone il rispetto di tutta una serie di vincoli internazionali tra cui la salvaguardia della vita umana in mare e dello status di rifugiato, incluso il principio di non-refoulement. Tutti queste ragioni sconsigliano la trasformazione della missione Triton da una mera missione di sorveglianza in una missione di interdizione. Per il momento le speranze rimangono appese alla
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il Focus missione EUNAVFORMED, adottata nell’ambito PESC deliberata con Decisione 2015/778 del Consiglio dell’Ue, che dovrebbe comportare una presenza (armata) sulle coste libiche – cfr. GUUE, L. 122/31, DECISIONE (PESC) 2015/778 del Consiglio, 18 maggio 2015, relativa ad un'operazione militare dell'Unione europea nel Mediterraneo centromeridionale (EUNAVFOR MED). Il pensiero va alla Missione Atlanta e dei successi con-
contenuto, sempre che sia effettivamente adottata e che qualche Stato membro permanente (vedi la Russia) non ponga ostacoli, attraverso il diritto di veto. Ma è de iure possibile attuare la missione EUNAVFORMED, senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza?. La risposta non può essere che positiva, se c’è il consenso dell’avente diritto, cioè del Governo di Tobruk, quello riconosciuto dalla comunità internazio-
seguiti nella lotta alla pirateria, ma i nodi da risolvere nel caso libico sono molto più complessi, sebbene non si tratta solo di operare in mare. Per ora è stata disegnata solo la fase A dell’operazione EUNAVFORMED, che stabilisce solamente la pianificazione, ma non le fasi B e C, le più impegnative, che dovrebbero comportare il sequestro dei natanti e lo smantellamento della rete dei trafficanti. Per rendere operativa la missione si aspetta l’imprimatur del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Occorrerà vederne il
nale. Obiettivi molto ambiziosi sono arduamente realizzabili. Ad esempio, per evitare di essere accusati di violare l’obbligo di non-refoulement, bisognerebbe istituire dei centri in Libia, dove fare lo screening dei richiedenti asilo e collocare in appositi campi profughi coloro che hanno diritto allo status di rifugiato, nel caso in cui non si voglia ospitarli negli Stati membri dell’UE. Ma un tale obiettivo diventa ingestibile in una situazione di caos e guerra civile, che rischierebbe di coinvolgere di nuovo gli europei dopo il passo falso del 2011.
MEDITERRANEO 8
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CON LA CRISI IL DIVARIO SI RIDUCE
L
’undicesima edizione del ‘Rapporto sulle economie del Mediterraneo’, curata da Eugenia Ferragina dell’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Issm-Cnr) ed edita dal Mulino, analizza - a vent’anni dalla Conferenza di Barcellona - criticità, differenze e similitudini dei 25 stati appartenenti a una delle aree strategicamente più rilevanti del globo: dalle cause degli attuali flussi migratori all’instabilità politica e istituzionale delle sponde Sud e Sud Est; dalle fluttuazioni della disoccupazione all’erosione della ricchezza della classe media. Il Rapporto 2015 conferma la disuguaglianza nella concentrazione della ricchezza tra la sponda settentrionale e quella nordafricana, mediorientale e balcanica, già emersa dalle precedenti edizioni, anche se rileva una “relativa convergenza tra le economie della riva Nord e quelle della riva Sud del
Bacino, in parte attribuibile al rallentamento dei processi di crescita che gli stati europei hanno subito in conseguenza della crisi del 2008”, come spiega Ferragina. “Se si confrontano i dati relativi al Prodotto interno lordo pro capite in base ai dati aggiornati al 2013 – afferma Alessandro Romagnoli dell’Università di Bologna risulta che il Pil pro-capite delle economie dell’area, in percentuale di quello italiano, si colloca per i Paesi mediterranei aderenti all’euro e Israele fra il 122 per cento della Francia e il 62 per cento del Portogallo e della Grecia, l’intervallo all’interno del quale si situano le economie balcanico anatoliche varia invece fra il 38 per cento della Croazia e il 10 per cento della Bosnia-Erzegovina, e su percentuali anche inferiori si attestano i Paesi arabi della riva Sud (Tunisia con il 13 per cento, Algeria con l’11 per cento, Giordania con il 10 per cento, Marocco con 9), ed Egitto, il cui Pil pro-capite è il 5 per cento di quello dell’Italia”.
La distanza economica tra Nord e Sud rimane quindi un fattore caratterizzante del Bacino nonostante le prestazioni positive di cui le economie sud-orientali della zona sono state protagoniste ancora di recente. “L’Egitto ha visto aumentare il reddito nazionale lordo pro-capite dai 2.510 dollari del 2010 ai 3.140 del 2013, il Marocco da 2.870 dollari a 3.020, la Tunisia da 4.160 dollari a 4.200”, ricorda Marco Zupi del Centro studi di politica internazionale (Cespi), e guardando i dati relativi alla povertà estrema tra le diverse aree del pianeta, “Nord Africa e Medio Oriente risultano in tutto il
periodo considerato dagli obiettivi di sviluppo del millennio (cioè dal 1990 a oggi), la regione con la minor gravità dal problema, ma anche con meno miglioramenti”. La popolazione che vive con meno di 1,25 dollari al giorno (valori 2005) nella sponda meridionale del Mediterraneo è nel 2012 del 43%, mentre negli altri Paesi in via di sviluppo è del 62%. L’aumento del Pil nelle aree sud e sud-est del Bacino, però, “non è sufficiente a proteggere dal rischio di povertà e al contempo non esiste un sistema di welfare e di protezioni che rappresenti un’ancora di salvezza”.
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Uno dei fenomeni che colpisce in modo trasversale tutta l’area è quello della disoccupazione. “Certamente l’area che risente maggiormente del problema è quella balcanica. La fascia che raggruppa invece il maggior numero di Paesi è quella in cui il tasso è compreso tra il 13,3 per cento (Tunisia) e il 9,2 per cento (Marocco). Dentro tale fascia troviamo Paesi diversi tra loro ma accomunati da una disoccupazione simile: Egitto, Giordania, Italia, Francia, Slovenia, Turchia, Algeria”, conclude Zupi. Ad aggravare il divario è invece il minor afflusso degli investimenti diretti esteri (Ide) nelle aree politicamente instabili. “I Paesi con le perdite più serie – nota Anna Ferragina dell’Università di Salerno - sia in termini di stabilità politica che di flussi di Ide sono stati la Siria, la Libia, l’Egitto, l’Algeria e la Giordania. Gli Ide in Egitto, dopo il picco di 11,6 miliardi di dollari e il successivo collasso
a 6,7 nel 2009, tre anni dopo non avevano ancora recuperato a causa della situazione politica critica e della scarsa sicurezza. In Israele, dopo la cifra record di 20 miliardi di dollari nel 2006, gli Ide sono caduti a meno di 8 miliardi nel 2009, recuperando solo in parte con 13 miliardi nel 2012”.
Un indice delle potenzialità dell’area è l’incremento dello scambio marittimo. “Nell’arco degli ultimi 20 anni il Mediterraneo ha riacquistato una nuova centralità nell’interscambio mondiale di merci, che si accompagna ad una crescita della quota di traffico merci che transita nei porti della riva Sud del Bacino”, dicono Alessandro Panaro e Luca Forte del Centro studi e ricerche per il Mezzogiorno (Srm). Per quanto riguarda la movimentazione container, però, “l’Italia è passata dal 46 per cento del totale del 2008 al 43 per cento del 2013, mentre Marocco,
il Focus
Egitto e i Paesi del Medio Oriente sono cresciuti, nello stesso periodo, dal 35 al 39 per cento”.
Per quanto riguarda le demografie e i flussi migratori, senz’altro il fenomeno di maggior rilevanza dell’area nel periodo recente, secondo il Rapporto nel quinquennio 2010-2015 il maggiore tasso immigratorio è quello del Libano (21 per mille), seguito da Giordania e Cipro (rispettivamente 11 e 6): valori notevolmente superiori a quelli registrati da Italia, Grecia, Spagna e Francia (al massimo del 3 per mille). “Considerata la situazione precedente al 2010, però, Italia, Spagna, Grecia e Francia contano una quota di immigrati di origine terzomondiale vicina alla soglia del 10 per cento, unifor-
mandosi ai livelli che caratterizzano da decenni altri Paesi dell’Unione come Germania, Belgio e Olanda”, osserva Eugenia Ferragina. Il fenomeno nell’arco degli ultimi cinquant’anni, osservano Luigi di Comite e Stefania Girone dell’Università di Bari, assume “un’entità significativamente notevole solo in presenza di particolari episodi come calamità naturali, grandi crisi politiche ed eventi bellici ed un’entità più esigua allorché siano dovuti essenzialmente a motivi economici”.
Non a caso, in Siria e Libia i tassi di emigrazione nel 2010-15 hanno raggiunto rispettivamente il 14 e l’8 per mille, mentre in precedenza i due Paesi erano moderatamente o per nulla interessati da emigrazione: quote paragonabili a quelle raggiunte da Bosnia Erzegovina, Croazia e Albania nel 1990-95, durante la guerra dei Balcani e la caduta dei regimi nell’area (rispettivamente 51, 4 e 23 per mille). Nei prossimi anni, l’incremento della popolazione straniera “potrebbe cominciare a interessare anche qualche Paese mediterraneo non europeo, come a esempio la Tunisia”.
LA VITTORIA DI TSIPRAS? 10
l’Analisi
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RIDUCE L’AUTONOMIA, AUMENTA L’INDEBITAMENTO
ll’indomani del voto del 20 settembre il commento più appropriato alla nuova vittoria elettorale di Syriza e di Tsipras è
ALFREDO CALDERALE
essersi la delegazione ellenica presentata al tavolo dei negoziato priva di un’alternativa politica praticabile) il dato di fatto è che, avendo accettato la politica recessiva del
to ha disertato le urne, praticamente dimezzando la portata della vittoria di Syriza. In questo scenario paradossale, il successo del premier greco ha diverse
lo nei limiti del possibile. A sostenerlo, e questo è probabilmente il secondo fattore del suo successo, sono stati i settori della società più spaventati dalla prospettiva dell’uscita
Gianīs Varoufakis
spiegazioni.
Tsipras durante un comizio
stato quello di un esponente di Nea Demokratia, il partito di destra sconfitto: << A gennaio il 36,3% dei greci ha votato Tsipras perché prometteva di mandare in pensione l’austerity, ora la stessa percentuale (in realtà, Il 33,5%) l’appoggia per rifilarne al paese un’altra overdose>>. In effetti il paradosso politico è reale.
Quali che ne siano state le cause (in parte oggettive, come il mancato appoggio della tremante <<sinistra>> europea alla posizione greca contraria all’austerità durante le trattative di questa estate; in parte soggettive, ossia
memorandum del 12 agosto, sia pure per sottrarsi al Grexit minacciato dalla Germania, Tsipras ha formalmente misconosciuto la volontà espressa dal popolo greco nel referendum del 5 luglio da lui stesso indetto.
Con ciò è apparso chiaro a tutti, in Grecia e nel resto d’Europa, che i meccanismi democratici sono diventati irrilevanti rispetto ai poteri decisionali esercitati da strutture tecniche non elettive, come, tra le altre, l’Eurogruppo. Anche di questa consapevolezza può essere considerata conseguenza il dato che quasi la metà dell’elettora-
Una può essere che nell’epoca del declino dei partiti tradizionali, spesso invischiati in una lunga e fallimentare occupazione del potere, e della perdita di centralità dei meccanismi democratici, è decisivo il carisma personale del leader destinato a prevalere anche sulla sua incoerenza politica. Nonostante le sue contraddizioni, Tsipras è stato percepito come sincero, leale, disinteressato, insomma diverso dalla impresentabile e incartapecorita nomenklatura che ha molto contribuito a precipitare il Paese nella crisi. In più, egli è visto come colui che si è battuto irriducibilmente contro gli inflessibili campioni dell’austerità europea, e che, come ha promesso in campagna elettorale, continuerà a far-
dell’euro invocata a suo tempo da Scheuble ed auspicata dai dissidenti di Syriza. Questi ultimi, presentatisi alle elezioni sotto le insegna di un nuovo partito, Unità popolare, guidato dall’ex ministro Lafazanis, non sono riusciti a rientrare in parlamento.
Anche essi sono rimasti vittime di un paradosso, cioè che l’uscita dall’euro, presentata come necessaria al recupero della dignità nazionale umiliata dai creditori e al rilancio dell’economia liberata dai debiti, avrebbe ulteriormente arricchito gli oligarchi rivalutando automaticamente i capitali esportati all’estero spesso illegalmente in questi lunghi anni di predominio politico, mentre sarebbe probabilmente stata di dubbio aiuto anche a quei settori economici
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che avrebbero potuto vendere meglio agli stranieri i propri prodotti svalutati, come per esempio gli operatori turistici e pochissimi operatori del settore industriale. In effetti, l’abbandono dell’euro, imposto o volontario, avrebbe un effetto economicamente e socialmente devastante perché una dracma svalutata di
11 l’esportazione dei cereali. Per questo, la grandissima parte del popolo greco ha sempre espresso la volontà di rimanere nell’eurozona e l’ha concretamente dimostrata, anche al prezzo di contraddire il voto del ritirando referendum, costantemente i propri depositi dalle banche e costringendo il governo a porre limiti, tutt’ora in vigo-
l’Analisi
sono assai stretti: oltre alle misure già prese tra le quali spiccano il taglio delle pensioni minime da 486 a 392,7 euro; lo sblocco delle privatizzazioni previste dal precedente memorandum con la concessione di 14 aeroporti regionali alla compagnia pubblica tedesca Fraport; il taglio delle agevolazioni sul gasolio, un provvedimento
del debito puntando sul dato che lo stesso Fondo monetario Internazionale, in tempi recenti, ne ha dichiarato l’insostenibilità. In altri termini, si spera di ottenere che il totale dello stesso debito e gli obblighi annuali di restituzione non siano di ostacolo ad ogni iniziativa che miri allo sviluppo. Sarebbe un modo di rilanciare la domanda
Alexis Tsipras
quasi il 50% rispetto all’euro, causando il rincaro dei molti beni importati e la caduta degli investimenti, provocherebbe un’altissima inflazione insopportabile per vasti strati di popolazione dal reddito fisso ed essa non verrebbe compensata dal rilancio delle esportazioni. Consapevole di questa realtà, il partito comunista greco propone l’uscita dall’euro nel quadro di una massiccia nazionalizzazione dell’economia che, mettendo la ricchezza nazionale nelle mani della collettività, ne giustificherebbe gli inevitabili, pesanti sacrifici. Infatti, la Grecia non dispone in misura significativa di commodities richieste dal mercato mondiale come, per esempio, l’Argentina, che dopo il default del 2002 , si era ripresa con
re, ai prelievi e al movimento dei capitali.
Ora, Tsipras ha una solida maggioranza per governare per tutta la legislatura. Ai suoi fedeli 145 parlamentari se ne aggiungono i 10 del partito di destra Anel, già suo alleato nella precedente esperienza di governo, sicché l’esecutivo dispone di 155 voti su 300. Il suo compito non sarà facile. Mentre i mercati <<finanziari>> festeggiavano, i creditori, pronti a congratularsi con Tsipras tramite il presidente del consiglio europeo Donald Tusk, gli hanno ricordato l’urgenza di attuare completamente il memorandum sottoscritto ad agosto. I margini del governo, impegnato a onorare le nuove promesse elettorali,
che ha colpito soprattutto gli agricoltori, sono attese già ad ottobre la riforma delle pensioni, minacciate di ulteriori tagli, e il pagamento della nuova tassa sulle case, misure necessarie per ricevere altre rate del terzo prestito centellinate dai creditori.
In questo quadro drammaticamente recessivo il governo punta a distribuire equamente i sacrifici chiamando a sostenerli in maggior misura i gruppi sociali fino ad oggi scandalosamente privilegiati; a indirizzare verso attività, settori, classi e gruppi già colpiti dall’austerità i programmi per lo sviluppo finanziabili con i futuri investimenti previsti dallo stesso memorandum, ma, soprattutto, a riproporre la questione della riduzione
interna, una politica utile anche al resto dell’eurozona specialmente dopo che la prevedibile contrazione della domanda cinese di beni e servizi avrà dimostrato, una volta di più, la miopia della scelta di puntare tutto sulle esportazioni per rilanciare l’economia. Tsipras spera di trovare alleati europei disposti a combattere la sua stessa battaglia politica e quindi guarda con interesse, in primo luogo. alle elezioni che si terranno prossimamente in Spagna e Portogallo. Infine, su molte reazioni del mondo politico italiano alla vittoria di Tsipras è assai meglio stendere un velo pietoso nonostante la certezza che, se conosciute, metterebbero di buon umore persino lo sconsolato Varoufakis.
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l’Incontro
resso la Villa Porro Pirelli di Induno Olona, una piccola cittadina vicino Varese, si è tenuto dal 16 al 18 settembre il Forum dell’Europa dei Popoli, organizzato dall’APL, il gruppo italiano dell’European Free Alliance. Numerose adesioni sia straniere, le Fiandre rappresentate dal Direttore dell’EFA Günther Fritz Dauwen e la giovane Elisabet Nebreda, catalana di Esquerra Republicana e Junts Pel Sì, sia di gruppi indipendentisti italiani, tra cui Sardi, Valdostani, Sudtirolesi e ovviamente i Lombardi che giocavano in casa. Ma la novità principale di questa riunione dell’APL è stata la partecipazione per la
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questa prima delegazione meridionale ad un raduno di così vasta portata. “Noi
ad altri partiti come quello Catalano, Scozzese, Basco, Fiammingo… e
A Induno Olona...
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Nord e sulla possibilità che questa venga considerata come un valido interlocutore politico da parte dell’EFA: “La Lega Nord negli anni ’80 faceva effettivamente parte dell’EFA, ma quando ha iniziato ha intraprendere una linea populista, radicale e xenofoba è stata espulsa. Dal momento dell’espulsione ad oggi la Lega ha addirittura reso più radicali le sue posizioni cosicché ad oggi non vi è alcuna possibilità per una nuova relazione con la Lega Nord”. E ha poi aggiunto: “La cooperazione con il Mezzogiorno è importante, mentre la Lega si concentra esclusivamente su un unico aspetto dell’autonomia, ossia quello che riguarda il settentrione d’Italia e noi al
IL FORUM DELL’EUROPA DEI POPOLI
...nel segno dell’identità MAURIZIO MEROLLA
siamo nati – esordisce Gentile – come un movimento territoriale che opera nel Sud Italia, ma ben presto abbiamo capito che non potevamo chiuderci in un ghetto come quello dei nostri territori e delle nostre regioni, ma biso-
abbiamo ridato quindi al Mezzogiorno la sua visibilità e la sua dignità”.
In molti hanno commentato con gioia la notizia della nuova delegazione, anche la rappresentante di Esquerra Republicana Eli-
i nostri inviati con il Direttore di EFA Günther Fritz Dauwen
prima volta nella sua storia della delegazione “Due Sicilie”, rappresentata da L’Altro Sud.
Di questo importante risultato abbiamo parlato con Antonio Gentile, rappresentante de L’Altro Sud, che ci ha spiegato innanzitutto il perché dell’adesione ad un movimento europeo come l’EFA e ha poi commentato l’evento di
gnava portare il discorso meridionalista in Europa e far sentire la nostra voce. Noi siamo stati un grande popolo, siamo stati una nazione per otto secoli e avevamo ogni diritto a recuperare la nostra identità. Abbiamo allora lavorato per anni per entrare nell’EFA ed oggi nell’APL che è il suo raggruppamento italiano. Quindi noi oggi sediamo insieme accanto
sabet Nebreda che si è detta molto contenta di avere adesso un alleato in più all’interno dell’EFA.
Anche il Direttore della European Free Alliance Günther Fritz Dauwen si è detto soddisfatto dell’entrata nell’EFA della delegazione delle Due Sicilie, asserendo che l’EFA da sempre cerca di far aderire nuovi partiti e dargli qualora la possibilità di farli crescere e renderli più forti. Fritz Dauwen si è soffermato anche sulla Lega
contrario ci battiamo per un mondo di solidarietà”.
Della Lega si è molto parlato anche con gli indipendentisti lombardi, dato che in molti spesso fanno confusione tra la Lega e le tante realtà indipendentiste del Nord Italia e visti anche i rapporti che alcuni di questi ancora intrattengono col partito di Salvini. “Abbiamo brutti rapporti con la Lega – dichiara Giovanni Roversi, presidente di pro Lombardia Indipendenza – che ormai punta
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solo su tematiche nazionaliste italiane e non i temi dell’autonomismo-indipendentismo lombardo che invece noi ci sentiamo di rappresentare. La Lega ha lasciato perdere questi argomenti preferendogli i cosiddetti “argomenti di pancia”, che magari possono dare risultati nell’immediato, ma che sono totalmente privati di una proposta politica che abbia al centro le regioni Lombardia, Veneto etc”. Tra i membri di APL era una delegazione del Movimento ALPE, rappresentato da Chantal Certan, per l’autonomia della Val D’Aosta che si è detta sollevata della nuova adesione del Mezzogiorno, visto che in Italia erano presenti quasi esclusivamente partiti radicati nelle regioni del Nord ed auspica al contrario un maggiore raccordo tra tutti i partiti autonomisti, dato
zione. Non è una questione di autonomia perché questa ha sì portato qualche vantaggio ma non è questo che può preservare la nostra identità e, cosa più importante, mantenere i tirolesi in terra tirolese”.
Ha poi aggiunto, in merito ad un’eventuale ipotesi di annessione all’Austria: “È proprio questo il principio dell’autodeterminazione ed è il popolo sudtirolese che dovrà scegliere tra quelli che sono sostanzialmente tre modelli, ossia la permanenza all’interno dello stato italiano, la riannessione all’Austria o la creazione di uno stato sudtirolese”. Uno stato tirolese fuori dall’Italia, ma comunque in Europa: “Essere membri della Comunità Europea per il popolo tirolese è importantissimo. Speriamo anzi che questa possa diventare finalmente una comunità di popoli e
Elisabet Nebreda di Esquerra Republicana con Giovanni Roversi di Pro Lombardia Indipendenza
che in Italia c’è la tendenza ad essere disuniti. Tra i movimenti autonomistiindipendentisti del Nord Italia vi era anche la delegazione sudtirolese per i Diritti Umani del Sudtirolo. In rappresentanza del movimento sudtirolese era presente Eva Klotz, storica attivista che ha così riassunto le battaglie del popolo tirolese: “Il Sud Tirolo è un vero e proprio esempio per il conseguimento dell’autodetermina-
non di stati.
Infine abbiamo ascoltato due membri del Partito Sardo d’Azione, Lidia Fancello e Flavio Cabizza. Delegata di APL ed EFA, Lidia Fancello che sottolinea innanzitutto l’importanza di un’attività di raccordo come l’EFA per evitare gli isolamenti, invocando poi il rispetto dello stato italiano: “L’Italia dovrebbe dimostrare maggiore attenzione per le
varie identità, per le varie autonomie locali, non solo per quelle regioni che hanno uno statuto speciale che in qualche modo riescono a farsi rispettare, ma anche per tutte quelle ‘diversità’ che comunque esistono anche se c’è poi una tendenza all’omologazione”.
Per quanto riguarda invece la prima delegazione delle Due Sicilie in APL Lidia Fancello commenta così: “Il Regno delle Due Sicilie, contrariamente a quanto ci fanno studiare nei libri di storia era uno stato molto potente e possedeva ricchezze maggiori a tutti gli altri stati che oggi fanno parte dell’Italia. L’entrata di questo nuovo movimento in APL non può che renderci felici ed orgogliosi perché noi siamo consapevoli che quest’Italia, così come è fatta adesso, fondata sull’omologa-
l’Incontro
riconoscimento giuridico del sardo e la tutela della lingua sarda: “Io sono inoltre il Presidente per la Tutela dei Sardi, un ente giuridico costituitosi due anni fa. Noi abbiamo in Italia, un’ottima legge che è la 482/99 dove vengono riconosciute dodici minoranze linguistiche. Ciononostante a causa di classi dirigenti che non fanno il proprio lavoro noi non possiamo usufruire di un diritto che lo Stato per una volta ci ha dato. Quindi come
Un momento della conferenza
zione culturale, non può funzionare”. Ha concluso poi il suo conterraneo Flavio Cabizza, che ha ricordato il congresso ormai alle porte in cui il Partito Sardo d’Azione effettuerà un cambio netto all’interno delle proprie strategie, ha ricordato che addirittura il 28% del popolo sardo ha votato per partiti indipendentisti colpevoli però di un’eccessiva frammentazione, e ha infine fatto una chiosa sul
Associazione abbiamo impugnato questo diritto e per la prima volta in Sardegna un documento presentato al tribunale italiano è stato firmato da tutti i quattordici movimenti indipendentisti. Quello che faremo insieme alle altre minoranze linguistiche è fare ricorso all’Italicum che premia soltanto tre minoranze linguistiche”.
ADIOS 14
SENZA RANCORE
la Politica
C
on un sol grido ”Indipendencia”, il popolo catalano è sceso in piazza per lo storico risultato elettorale conseguito , in un tripudio di bandiere rosse, gialle e blu. Le recenti elezioni regionali in Catalunya hanno decretato lo storico successo dei partiti indipen-
ANTONIO GENTILE
alleanza, dovrà governare la regione di Barcellona posta nel nordest del paese spagnolo e abitata da circa 7,5 milioni di persone. Inevitabile, poi, il tracollo dello schieramento governativo contrario all’opzione indipendentista, così sentita nei territori catalani. Per capire il vero significato di queste elezioni e il
Le Due Sicilie e l'Europa dei Popoli
dentisti che hanno ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi, circa 72 su 135 totali, anche se con una percentuale di voti inferiore al 50%. La gran parte di quest’ultimi sono andati a “Junts Pel Si”, guidata dal presidente uscente Artur Mas, che ha raccolto 62 seggi e al partito di estrema sinistra indipendentista “Candidatura d’Unitat Popular” con i suoi 10 seggi. Ora, questa anomala
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forte sentimento separatista che anima queste terre, bisognerebbe partire dal paesino catalano di Gallifa, appena 215 abitanti, che nel 2012, senza timore alcuno, con una storica seduta dell’Ajuntament, decretò la propria sovranità fiscale, rifiutandosi di pagare i suoi 1600 euro di servizi ogni tre mesi allo stato spagnolo e di girarli invece all’Agenzia catalana delle imposte.
Uno strappo durato tre anni e che rende evidente, in queste zone il senso di autonomia e il desiderio di despagnolizzarsi. Il risultato elettorale catalano, con il 77% di affluenza, ci dice che quasi la metà degli elettori si è schierata nettamente per l’indipendenza, ed è un risultato che il governo di Madrid, ma anche l’Europa, non potrà certo ignorare. Né serviranno le minacce del capo di governo spagnolo Rajoy di mandare i carri armati in Catalunya o l’incriminazione di Artur Mas e di 2 milioni di catalani, a fermare questo processo di autonomia , ormai, irreversibile. Certo, è difficile fare una previsione sugli sviluppi del processo secessionista, anche se l’ex governatore catalano ha promesso l’indipendenza entro il 2017. Ci sono diversi fattori che remano
Direttore EFA
contro questo obiettivo, a partire dal fronte anti-catalano dei partiti della Castiglia, dall’ostilità della parte centrale dei territori che ruotano intorno Madrid, ma, soprattutto, dalla stessa Costituzione spagnola del ‘78, sostanzialmente unitaria, nata all’indomani della caduta del franchismo. L’elemento che appare più interessante prodotto da questi eventi, e che ci permette di fare un’analisi complessiva dei processi di ricomposizione territoriale, è che l’omogeneizzazione forzata delle culture, e più in generale delle identità territoriali, si sta sostanzialmente sgretolando sotto i colpi delle rivendicazioni delle Regioni d’Europa. Non esistono culture politiche omogenee negli stati europei dove, attraverso i secoli, stabili insediamenti umani,
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vicende politico-istituzionali complesse e molteplicità di lingue e di costumi, hanno diviso e suddiviso i territori. Passaggi storici importanti ed esperienze collettive, confessioni religiose e
15 sola accezione, sono state considerate per tutto il secolo XIX e fin quasi alla fine del XX, come un’ideologia regressiva che si ostinava a riproporre un mondo che non si decideva a sparire sotto i colpi
insieme di valori, autorità politiche e principi organizzativi, strutture economiche e sistemi differenti di
della modernizzazione. Oggi, invece, con la relativizzazione degli statinazione, con la riafferma-
riproduzione sociale, forme di vita quotidiana comunitaria, hanno marcato profondamente le terre d’Europa, prima e dopo la formazione degli statinazione. Le rivendicazioni territoriali, che noi per semplicità definiamo del Regionalismo con una
zione delle proprie radici e del diritto all’autodeterminazione, le varie comunità europee guardano all’Europa dei Popoli come alternativa alla repressione identitaria che ha dominato finora il Vecchio Continente. Esemplificativo di questa nuova visione della
la Politica
storia dei popoli, è certamente l’attivismo delle organizzazioni politico-culturali come l’European Free Alliance (EFA), che concentra la sua attività sul diritto all’autodeterminazione, sulla devoluzione
Mas Artur
dei poteri, sulle diversità linguistiche, sui diritti civili e politici delle nazionalità storiche.
Ma l’evento rivendicativo più eclatante, legato a questa ondata di fermenti geopolitici, è senza dubbio la discesa in campo delle Due Sicilie (Sud Italia) che recuperano clamorosamente un silenzio e un vuoto storico durato oltre un secolo e mezzo. Centinaia di organizzazioni a carattere culturale, politico, identitario, sparse per tutta la penisola, a partire dagli anni ’90, hanno dato luogo ad una vera rivoluzione territoriale dagli esiti ancora imprevedibili. I Meridionali vogliono mantenere la loro diversità e intendono essere come sono e non come altri vorrebbero. Scegliere da soli la propria condotta individuale come reattivo alla mondializzazione, alla negazione della propria autonomia, al fallimento dello statalismo economico e giuridico, alla nazionalizzazione culturale. Insomma, un popolo orgoglioso della sua storia e dei suoi modelli esistenziali, protagonista ritrovato in Italia e in Europa di quella grande famiglia delle Comunità storiche. Sardi, Valdostani, Sudtirolesi, Veneti, Lombardi, Duosiciliani, trovano ora, in Italia, elementi comuni per costituire un fronte unitario identitario, che attraverso strumenti organizzativi come l’APL e l’EFA, costituiranno la nuova opzione geopolitica del Paese.
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UN SOLO GRIDO DALLA MARCIA DI NAZIONE NAPOLITANA
l’Iniziativa
“VIA CAVOUR E GARIBALDI DALLE NOSTRE STRADE!”
L
o scorso 12 settembre, a Napoli, si è svolta una ‘Marcia identitaria’, alla quale hanno partecipato tanti ‘briganti-patrioti’, provenienti da numerose regioni meridionali. Tra le finalità dell’iniziativa c’è sicuramente la voglia di lanciare un messaggio: qualcosa sta cambiando a tutti i livelli nella macro regione del Mezzogiorno. Tante le persone che sono scese in strada. Tra i protagonisti della marcia, Ciro Borrelli della Nazione Napolitana indipendente, il quale ha affermato: «Siamo qui per manifestare a favore dell’identità della Nazione Napolitana. Parliamo di un popolo ormai represso, discriminato, che in passato era culla di civiltà, cultura, progresso, tolleranza ed ospitalità, conosciuto e rinomato in tutto il mondo. Adesso, siamo colonia di una nazione di secondo ordine; siamo diventati di fatto lo zerbino d’Europa. Vogliamo riportare in alto il nome di Napoli Capitale». In occasione dell’iniziativa,
è giunto nella città partenopea anche un folto gruppo del Movimento liberatore del popolo siciliano, capeggiato da Salvo Sparatore. «Il nostro gruppo – ha dichiarato Sparatore – è solidale con il Regno delle Due Sicilie. La manifestazione di oggi è una tappa fondamentale per il raggiungimento del nostro obiettivo comune: dichiarare, nel più breve tempo possibile, l’autodeterminazione dei popoli, così come previsto dalla ‘Convenzione di Ginevra’, convertita in legge nel 1977 dallo Stato Italiano. La Convenzione prevede che ogni popolo è libero di autodeterminarsi e scegliere chi lo deve governare. Sia i cittadini del Regno delle Due Sicilie che quelli siciliani sono da anni oppressi dal governo italiano, che non ha dato nessuna libertà né di scelta né di operatività. Insieme vogliamo iniziare un percorso comune, affinché si arrivi a chiedere ai cittadini, autonomamente, democraticamente e senza nessun ricatto, di sce-
non mi riconosco». Sono arrivati nella città partenopea anche alcuni ‘briganti pugliesi’ che hanno riferito: «Ci siamo uniti a questa manifestazione nella speranza che si diffondano i nostri ideali. Quando abbiamo letto i libri di storia a scuola, ci siamo sentiti tutti un po’ inferiori ed abbiamo pensato: meno male che sono arrivati i piemontesi. Solo successivamente siamo venuti a conoscenza delle disgrazie che abbiamo subito. La nostra speranza è che
gliere il proprio futuro». Presente anche l’imprenditore ed ideatore di ‘NapoliMania’ Enrico Durazzo, il quale ha affermato: «La ‘Marcia identitaria’ è utile specialmente per i miei figli, affinché sappino la verità storica e tutte le bugie che ci hanno raccontato. Altro obiettivo è quello di riacquistare la lingua napoletana e il nostro territorio, che i Briganti hanno cercato di difendere invano, finendo per essere additati come dei delinquenti. Abbiamo il dovere e il diritto di conoscere e di far conoscere la vera storia del Regno delle Due Sicilie e cosa era Napoli prima che venisse annessa all’Italia, stato nel quale
questa consapevolezza si diffonda e che tutti prendano coscienza. Ci dobbiamo battere affinché i nostri figli conoscano la verità storica. Basta enfatizzare Giuseppe Garibaldi e Cavour: almeno noi meridionali, li dovremmo innanzitutto cancellare dalle nostre strade e piazze. Speriamo che, tra qualche anno, questo avvenga e ci sia una nuova consapevolezza». Uno dei protagonisti della manifestazione dello scorso 12 settembre è stato il ‘cavallo napolitano di colore nero’. In piazza, infatti, c’era un fantastico destriero simbolo della ‘Napoli-Nazione’.
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STATI GENERALI DEL TURISMO: DA PIETRARSA UN PROGETTO DI CONSUMO RESPONSABILE
un viaggio su un treno storico da Napoli Centrale a Pietrarsa ad inaugurare gli Stati Generali del Turismo Sostenibile e il rinnovato Museo Ferroviario di Piterarsa. L’accordo tra il Ministro dei
GABRIELLA DILIBERTO
Nicola Marrone, sindaco di Portici ed il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, per avviare una riflessione programmatica sul settore del turismo. «L’opera di restyling realizzata a Pietrarsa è un esempio di come vada conservato il patrimonio,
Arrivo del Ministro in bici
Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini, e Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, ha riaperto le porte non solo del museo, ma anche di una speranza in più per la regione Campania, la più fertile al mondo per risorse. Il 3 ottobre a sigillare l’accordo, una firma che ha concluso tre giornate di lavoro in cui si è discusso di sei temi: i beni culturali come fattore dello sviluppo sostenibile del turismo (rispettoso dell’ambiente, della sua popolazione e cultura); sostenibilità delle destinazioni; New travel economy – come cambia la proposta; promozione e territorio; mobilità e intermodalità; Smart Innovation, le nuove professioni. Insieme ad esperti, associazioni di categoria e mondo no profit è intervenuto anche
rimodernandolo, attualizzandolo e rendendolo fruibile» ha spiegato il presidente De Luca. Sul tavolo di lavoro metodologie diverse sono state messe a confronto con la conseguente nascita di nuove figure professionali. Ripartire dalla periferia è stato ancora più significativo, soprattutto nel caso di Pietrarsa, luogo simbolo della storia delle Ferrovie dello Stato Italiane. In origine, infatti, era la sede delle antiche officine borboniche nate nel 1840 per volere di Ferdinando II di Borbone, in un’area prima chiamata “Pietra Bianca” e in seguito “Pietrarsa” dopo un’eruzione del Vesuvio che aveva portato la lava fino a quel punto della costa. Il Museo di Pietrarsa, inoltre, è uno dei più importanti centri di archeologia industriale del nostro
Paese e polo nazionale di cultura ferroviaria. «In genere il futuro viene paragonato metaforicamente ad un’autostrada, nel nostro caso abbiamo davanti un lungo binario» ha simpaticamente sottolineato Franceschini, che ha fatto il suo ingresso su un treno-bicicletta, di quelle utilizzate per controllare i bulloni dei binari prima del passaggio dei treni. «La Campania è unica al mondo per potenzialità e ricchezze di ogni tipo: storico-artistiche, monumentali, archeologiche, paesaggistiche, agroalimentari – ha continuato il ministro –. La bellezza in tutte le sue forme fa parte del DNA di questa regione che è poi la forza del suo passato e la soluzione per il futuro. Bisogna solo saper sfruttare al meglio ciò che fa, in particolare, del Sud e, più in generale, dell’Italia un “incrocio magico” di risorse». I sei rapporti finali redatti nel corso della tre giorni saranno, quindi, la base della Carta di Pietrarsa sul Turismo Sostenibile. Solo a pochi metri dal museo, però, il lato oscuro di Pietrarsa. È un cancello a dividere la speranza dalla frustrazione, come a ricordare che il percorso del nostro treno non sarà poi così scorrevole. L’evento conclusivo della tre giorni dedicata al turismo, al patrimonio storico e alle promesse sul futuro è coinciso, infatti, con la protesta di diciassette dipendenti della Fondazione Ferrovie dello Stato, sospesi da un giorno all’altro per ragioni di sicurezza, in realtà poco chiare.
l’Inaugurazione
I manifestanti hanno approfittato dell’attenzione mediatica e della presenza delle Istituzioni sul luogo, in occasione di questo importante avvenimento,
Vincenzo De Luca Pres. Regione Campania
Il treno arrivato a Pietrarsa
Striscione di protesta
Manifestanti
per cercare di ottenere quelle risposte che, purtroppo, dal 25 settembre tardano ad arrivare.
START UP & INNOVAZIONE le Imprese
A
l Sud record di assunzioni under 35 Il tasso di maggiore crescita nelle assunzioni per l’anno 2015 è nell’agricoltura del Mezzogiorno. Un aumento dell’11% dei lavoratori con un incremento del 31% considerando solo il settore rosa. I dati sono estrapolati da un’analisi condotta dalla Coldiretti su dati dell’Istat relativi al secondo trimestre dell’anno. Gli occupati dipendenti aumentano del 5% rispetto allo stesso periodo del 2014 e rappresentano il quintuplo della media italiana. Aumentano le lavoratrici nei campi con il 10% rispetto ad una crescita del 3% nel settore maschile. L’indagine rileva che un’azienda su tre è a conduzione femminile, il boom è per i giovani sotto i 35 anni, con un incremento del 21% considerando solo i giovani del Sud. Il frutto sicuramente del rinnovamento dell’agricoltura dove negli ultimi anni sono nate nuove imprese, dando vita ad un esplosione di aziende agricole che dedicano attenzione anche ad elementi del tutto innovativi che hanno portato alla nascita di nuovi mestieri dell’agricoltura come gli artistilisti, l’agriwedding, i tutor dell’orto con aziende multifunzionali. APPLIX, LA STARTUP CHE SI SPOSTA AL SUD Nel mercato italiano le startup di maggior successo sono al Sud, soprattutto se si considera oltre al fat-
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DALLA NOSTRA INDAGINE EMERGE CHE É QUESTO IL CARBURANTE PER LO SVILUPPO DELLA NOSTRA ECONOMIA A CURA DI VALENTINA G IUNCATI
turato la creazione di posti di lavoro. Applix è una di queste realtà creata nel 2010 da Claudio Somazzi e Marco Cirilli. Come racconta Somazzi “All’inizio del 2010 abbiamo costituito Applix, vincendo un bando della Regione Lombardia per le nuove iniziative in ambito tecnologico. Dopo soli due mesi è seguito un primo round finanziario da 750mila euro: un gruppo di imprenditori bresciani che ha creduto nel nostro progetto e ha deciso di sostenerci nel lancio internazionale di AppDoit”. L’azienda (oggi con sedi operative dislocate nel mondo) a fine 2011 viene spostata a Cagliari dove inizia la collaborazione con l’Università e l’acquisizione di uno spin-off dell’ateneo, Xorovo. La scelta della Sardegna come sede principale non è un caso, i creatori infatti cercano giovani talenti perché credono in un consolidato lavoro di squadra e sanno che il territorio è molto fertile. Lo sviluppo avviene a partire dal 2008 quando il mercato delle App era ancora nascente, Applix è specializzata nella creazione di nuovi media concept sulle piattaforme mobili grazie ad applicazioni per tablet e smartphone. Uno dei primi progetti è stata la digitalizzazione delle riviste Mondadori, nel 2011 Steve Jobs sceglie l’applicazione Roma Virtual History di loro produzione per il lancio del nuovo iPad 2. In pochi mesi l’azienda passa da 4 a 20 dipendenti, molti
dei quali giovanissimi. Nel secondo anno di vita raggiunge i 2 milioni di fatturato, la prima società italiana a ricevere un fundraising di
un totale di 1.300 pubblicazioni digitali. Dando vita poi ad Applix Digital Publishing. Oggi fattura oltre 3 milioni di euro, è tra le pri-
Claudio Somazzi Ceo Applix
Marco Cirilli Ceo Applix
Nicola Taranto Ceo di Enjore
3 milioni di euro. Dal 2011 grazie al fondo Principia 2 e con l’aiuto di soci privati Applix ha aperto al mercato internazionale. Nell’ultimo anno ha sviluppato soluzioni per oltre 60 testate e 20 delle maggiori case editrici, conquistando il 48% del mercato italiano dei magazine digitali per
me aziende in Italia nella digitalizzazione editoriale con oltre 65 dipendenti. ENJORE, UN GOL VINCENTE Nicola Taranto ha 29 anni, di Bari e ha fondato Enjore una piattaforma che consente di creare e gestire eventi sportivi. Laureato in ingegneria ha iniziato con una web agency e poi ha
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creato tre anni fa la sua azienda. Inizialmente impiega 10 persone, poi esporta la sua idea nel mondo e ottiene un finanziamento di 500 mila euro. Risultati eccellenti ci sono stati sin da subito con oltre 400mila visitatori al mese, 100mila utenti registrati e 1.600 partite organizzate al giorno. Poi è nata la col-
mente dai campi da gioco.
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All’attuale versione gratuita di Enjore – prosegue affiancheremo un pacchetto di servizi premium per gli organizzatori più esigenti e di dimensioni medio-grandi” Oltre al Ceo Nicola Taranto c’è Luca Carollo (co-fondatore). Advisor è Luca Colombo, country mana-
mento a fini militari, aeronautici, ferroviari sviluppando accordi commerciali con partner in tutto il mondo. Nel 2011 l’International Packaging ha aumentato la propria capienza con uno stabilimento nuovo e totalmente innovativo per un totale di circa 8.000 mq. Il suo fondatore in pochi anni ha condotto una gran-
Stabilimento International Packaging
Test terapeutici di Vera Salus
Il Miglio Sacro
laborazione con la Gazzetta dello Sport. Grazie all’investimento di Business Angel l’azienda potrà sviluppare la parte mobile della piattaforma, “Muoveremo i prossimi passi per migliorare prima di tutto la user experience da parte degli utenti su tablet e smartphone - dice Nicola Taranto, Ceo di Enjore - e per aggiungere una serie di funzionalità per gli organizzatori che avranno modo di gestire intere competizioni diretta-
ger di Facebook Italia.
INTERNATIONAL PACKAGING, DA POMIGLIANO D’ARCO IMBALLAGGI NEL MONDO
L’azienda costituita nel 2001 da Emilio Pisanelli opera nell’area di Pomigliano D’Arco e si occupa di imballaggio. Nel 2005 con la nascita della divisione esterna l’azienda si è specializzata nella progettazione, produzione e commercializzazione di materiali e box di conteni-
de opera di ampliamento e un grande perfezionamento qualitativo che la rendono ad oggi una delle più importanti aziende del settore con una rete capillare di accordi commerciali con le principali aziende italiane come Alenia Aermacchi, Salver, Seles Ex. Nonostante l’elevato successo anche sul mercato estero, l’International mantiene la sua sede operativa a Pomigliano D’Arco. Una testimonianza di chi crede nel nostro territorio e ne fa un vanto su scala internazionale offrendo grandi opportunità lavorative.
VERA SALUS, L’INNOVAZIONE SCIENTIFICA PARTE DA CATANIA Lo scopo di Vera Salus è promuovere la ricerca al Sud. Nasce a Catania,
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Viagrande, circa un anno fa come startup promossa dal direttore scientifico Giovanni Pitari ricercatore presso la Thomas Jefferson University di Philadelphia. Lo studioso si occupa del campo oncologico ha creato tre prodotti tecnologici del tutto innovativi. La società vuole svolgere attività di ricerca finalizzata allo sviluppo di prodotti
diagnostici in campo oncologico, in particolare sui marcatori tumorali in relazione ad un target che si riferisce a tumori di origine epiteliale (gastrointestinale, genito-urinario, polmone). Il team si compone di 5 persone, oltre ai tre fratelli Pitari c’è Claudia Leotta, 29 anni di Catania, ricercatrice junior che si occupa del settore neuroscienze e genetica e Paolo Correale, 30 anni di Bari, scientific manager dedito allo sviluppo manageriale dei prodotti brevettati.
L’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa (Invitalia), incaricata dal Ministero per lo Sviluppo Economico, ha fatto sapere che tra i beneficiari dei finanziamenti Smart&Start (nuovi incentivi alle startup innovative del Mezzogiorno) rientra anche Vera Salus che ha ricevuto 137.438 euro in quanto il suo scopo prioritario è migliorare l’innovazione in campo oncologico con particolare attenzione al Sud.
le Imprese
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SOUTH OKTOBERFEST
VIVA LA BIRRA ARTIGIANALE ttobre è il mese della birra in questo numero dedichiamo uno spazio dedicato alle imprese del nostro sud che producono birra artigianale. Il Birrificio di Cagliari
Nato nel 2008 grazie a Marco Secchi e Gaetano Giudici a Cagliari dopo un’esperienza di sei anni, è un Brewpub ovvero una birreria che produce e serve direttamente al cliente la propria birra. Gli impianti sono a vista e comporta un lavoro estremamente impegnativo.
L’idea è quella di accompagnare alla degustazione anche piatti che si basano principalmente sulla birra e ne esaltano il sapore. È in assoluto il primo brewpub della Sardegna che produce una birra rigorosamente artigianale filtrata e non pastorizzata. Il must è certamente la Figu Blanche una birra stagionale aromatizzata al fico d’india. Come lo stesso Marco Secchi ha sottolineato “L'obiettivo era quello di creare un prodotto di qualità che rappresentasse al meglio la Sardegna” e ci sono voluti molti esperimenti prima di creare questa ricetta vittoriosa che coniuga lo stile tradiziona-
le belga della blanche con un prodotto tipico della terra sarda: il fico d’india. Una birra di 5.2 gradi in cui viene aggiunto quello che in dialetto si chiama Figu Morisca, dopo averlo pulito il succo viene unito direttamente alla fermentazione che ovviamente risente chiaramente della qualità e dello stato di maturazione del prodotto. La birra è paglierino opaco con una schiuma persistente, fresca e floreale. Per questo i proprietari l’anno scorso sono stati eletti secondi classificati nel concorso di Rimini che premia le migliori birre artigianali del territorio italiano. Il Birrificio artigianale Saint John’s Bier
Due giovani fratelli di origini britanniche, Gianni e Mario Di Lunardo, nel 1999 hanno realizzato a Faicchio in provincia di Benevento un birrificio artigianale dove si producono birre non pastorizzate né filtrate che subiscono una terza rifermentazione in bottiglia, con un processo altamente innovativo dove si utilizzano esclusivamente materie selezionate. Il birrificio sannita da anni scrupolosamente perfeziona i prodotti ed è per questo che riesce a coniugare tecnologie moderne di pro-
duzione per stabilizzare al meglio la birra con tecniche tradizionali dei mastri birrai. La linea di birre artigianali è denominata “LA”, sono tutte birre naturali, dal brasaggio alla degustazione, le varianti sono la Weiss dolce, Kolsch morbida e leggera, Marzen fruttata, Tripel, Dark Ale la bruna amara. “La nostra passione per la birra è nata un po’ per gioco e un po’ per il fatto che con gli amici abbiamo sempre apprezzato questo prodotto per noi così delicato e piacevole e poi perché abbiamo sempre pensato che questa professione è legata alla natura e all'osservazione dei suoi processi. E così inizia il nostro cammino verso
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questo mondo così vasto, in quanto spazia dalla tecnologia alla biochimica, alla biologia, alla meccanica, alla botanica e all'elettronica.” Birranova Birrificio
Donato Di Palma, appassionato di birra, dopo anni
di sperimentazioni da homebrewer e con un’esperienza accanto a storici birrai italiani e tedeschi fonda il suo birrificio nel 2007 a Conversano nella piccola frazione di Triggianello a 40 Km da Bari. Birranova racchiude lo spirito della terra pugliese poiché utilizza materie prime tipiche del territorio che vengono valorizzate attraverso una produzione attenta e meticolosa. La moglie di Donato gestisce il pub “La cantina della birra” che affianca il birrificio e che nei primi due anni ne ha assorbito tutta la produzione. Le birre sono principalmente sei
ma la produzione è molto vasta e va dalle classici ad alcune complesse e stagionali. Il mercato di riferimento è soprattutto centromeridionale, le birre di tendenza sono quasi esclusivamente le chiare con una vendita del 70%.
Birrificio Timilia
L’impresa di famiglia nasce nel 2013 dalla passione dei fratelli Tony e Dino che si divertono a studiare la birra e la storia della loro terra. Essendo un progetto a carattere familiare sono state da subito coinvolte “le ragazze” per dar vita ad una produzione che si basa su ingredienti figli del territorio siciliano. La famiglia Fiorenza ha studiato attentamente il grano ed esalta ogni giorno la birra con una tipologia particolare che ha più di 2500 anni di storia: Timilia. Questo grano ha proprietà
straordinarie, usato dai Romani e ancora prima dai Sumeri portatore dell’appellativo di “grano salva vita”. Questa varietà di grano infatti è tardiva, si può piantare anche a marzo ed essere pronto per la raccolta a giugno. Ha una straordinaria capacità di
adattamento a qualsiasi
le Imprese condizione ambientale e climatica, il che lo rende molto diffuso in Sicilia e nel Mediterraneo. L’impianto dove si produce è il più grande della Sicilia, i Fiorenza sono partiti con 20 litri da homebrewer. Le birre principali sono la
Timilì Sicilian Blond Ale, la Timilì Sicilian Red Ale (con arancia rossa di Sicilia) e la Timilì Sicilian Strong Ale (con miele di api nere di Sicilia). (v.g.)
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l’Identità
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MASSACRO DI SAND CREEK:
CLASS ACTION CONTRO IL GOVERNO AMERICANO
T
Nel 1864 gli yankees trucidarono 200 cheyenne. Più della metà erano anziani, donne e bambini
anti sono i film che hanno descritto la lotta senza quartiere mossa dalle giubbe blu agli indiani. Una guerra che si concluse con lo sterminio quasi totale dei nativi i cui superstiti si ritrovarono rinchiusi in fazzoletti di terra, le cosiddette “riserve”, sempre più aridi ed angusti, condannati ad una morte lenta ma inesorabile per gente abituata ai largi spazi ed alle immense praterie del selvaggio West. In tutti quei film, salvo rarissime eccezioni, viene rappre-
VITTORIO CROCE
realtà storica, però, disegna uno scenario completamente diverso con i ruoli che, spesso e volentieri, si capovolgono.
Anche se la vulgata dominante, scritta dai vincitori, fa molta fatica ad accettare la verità. Intorno al 1850 nel Colorado era iniziata la “febbre dell'oro”: minatori, coloni in cerca di nuove terre, contadini e avventurieri di ogni risma, si erano riversati in quella landa sconfinata attratti dal miraggio delle pepite. C'era un piccolo dettaglio
massacro di sand creek
sentato un conflitto che vede agire su fronti contrapposti da un lato “i buoni” (i bianchi) e dall'altro “i cattivi” (gli indiani). Un copione immutabile che contempla pochissime variazioni sul tema. La
però: quelle terre appartenevano da sempre agli indiani e, in particolar modo, alle tribù Cheyenne e Arapaho, che non vedevano di buon occhio quella invasione. Ben presto la tensione salì alle stelle e
allora si pensò di scendere a patti con la popolazione locale. Il governatore del Kansas, John Evans, propose ai capi tribù Cheyenne ed Arapaho di acquistare le terre dove si sarebbero insediati i coloni bianchi, mentre i nativi si sarebbero trasferiti in apposite “riserve”.
Proposta che venne sdegnosamente respinta anche perché in quelle terre gli indiani andavano a caccia, procurandosi il sostentamento quotidiano. Fallita la trattativa e pressato da quel flusso colonizzatore che cresceva sempre di più, il governatore si convinse ad usare le maniere forti. Iniziò così la “guerra del Colorado” che andò avanti per tutto il biennio 1864-1865.
Le truppe furono affidate al colonnello John Chivington, militare che odiava profondamente gli indiani. In un convegno tenutosi a Denver, non a caso, aveva dichiarato pubblicamente “che bisognava uccidere e fare lo scalpo a tutti gli Indiani perché le uova di pidocchio fanno i pidocchi”. La campagna bellica, però, si rivelò assai difficile ed impegnativa anche perché le tribù Cheyenne ed Arapaho, avevano ottenuto l'appoggio di Sioux, Comanche e Kiowa. Allora si pensò bene, da parte bianca, di rinforzare i quadri della
milizia formando uno squadrone volontario di cavalleria del Colorado. Ciò malgrado la situazione restava stazionaria così come incerto l'esito delle ostilità. Il 28 settembre del 1864, a Camp Weld, nei pressi di Denver, bianchi ed indiani si incontrarono per raggiungere un accordo. Il summit non portò ad alcun risultato ma i bianchi furono molto abili nel far credere agli indiani che la pace era vicina.
Tanto che Black Kettle, uno dei capi Cheyenne, decise di trasferire il suo numeroso gruppo (più di 600 persone) in un accampamento sulle rive del fiume Sand Creek. E dello spostamento informò il comando americano. Ma questo gli fu fatale. Il 29 novembre Chevington condusse la sua truppa, forte di 700 soldati e 4 cannoni, ad attaccare l'accampamento cheyenne. Alla vista degli yankees Black Kettle innalzò sulla sua tenda una bandiera a stelle e strisce ed una bianca. Antilope Bianca, invece, si incamminò verso le truppe americane con le braccia conserte e il sorriso sulle labbra.
Per tutto risposta Chevington ordinò la carica. Fu un orribile massacro. Alla fine restarono sul terreno quasi 200 indiani e più della metà erano anziani, donne e bambini. Non
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solo: i corpi vennero orrendamente mutilati dai soldati yankees molti dei quali erano andati all'assalto completamente ubriachi. Tra i morti anche i capi cheyenne Antilope Bianca, Occhio Solo e Copricapo di Guerra mentre si salvò grazie alla fuga Black Kettle. Tra i soldati statunitensi, invece, ci furono 8 vittime e pochi feriti. Il massacro di Sand Creek provocò la ripresa delle ostilità che si fecero sempre più intense (qualche tempo dopo, per rappresaglia, gli indiani uccisero più di 200 civili nella Platte Valley) e che soltanto alla fine del secolo si conclusero con l'inevitabile sconfitta degli indiani. Il sanguinoso conflitto, che infuriò nel continente americano già a partire dalla fine del XVIII secolo, costò la vita ad almeno 45.000 nativi e a 19.000 bianchi. Tornando all'eccidio di Sand Creek, al quale Fabrizio De André, nel 1981, dedicò una toccante canzone (prima ancora, nel 1970, c'era stato il bel film “Soldato blu” del regista Ralph Nelson) c'è da dire che all'inizio si tentò di farlo passare come una
(Chevington, nda) ha sorpreso e assassinato, a sangue freddo, uomini, donne e bambini, i quali avevano tutte le ragioni per credere di essere sotto la protezione delle autorità statunitensi, e poi ritornando a Denver si è vantato
brillante vittoria dei bianchi sugli indiani. Poi, però, la verità venne a galla grazie anche alle testimonianze del capitano Soule e dei tenenti Connor e Cramer, i soli che tentarono, invano, di opporsi a quel folle attacco. Per cui il colonnello Chevington fu denuncia-
dell'azione coraggiosa che lui e gli uomini sotto il suo comando hanno eseguito. Questo comitato è dell'opinione che al fine di vendicare la causa di giustizia e mantenere l'onore della nazione, pronte e rigorose misure debbano essere adottate per rimuovere
to e sottoposto ad una inchiesta da parte del “Comitato di condotta di guerra” che alla fine così sancì: “La verità è che
Campo degli Cheyenne
l’Identità
chiunque avesse così vilipeso il governo presso cui sono impiegati, e di punire, adeguatamente al crimine commesso, coloro che
sa: perché da noi i discendenti di tutte quelle persone massacrate dai soldati piemontesi a Pontelandolfo, Casalduni, Scurcola
sono colpevoli di questi atti brutali e codardi”. Chevington dovette rassegnare le dimissioni ma i responsabili del massacro la fecero franca. E così ingiustizia fu fatta. Sono passati più di 150 anni da quel 28 settembre 1864 e i discendenti dei pellerossa che subirono il massacro non hanno dimenticato. Anzi hanno intentato un'azione contro Washington per ottenere un risarcimento dal governo federale visto che in quel drammatico giorno fu consumato un vero e proprio genocidio contro una popolazione indifesa. Quel risarcimento più volte promesso (a partire dal 1866) ma mai versato. La “class action” è stata avviata non molto tempo fa presso la corte distrettuale di Denver, in Colorado. A prescindere da come la vicenda andrà a finire, una sintetica chio-
Marsicana, Auletta e tanti altri paesi del meridione bruciati e messi a ferro e a fuoco durante il drammatico decennio postunitario, non fanno altrettanto? Il gesto assumerebbe un grandissimo valore simbolico. Proprio come quello
dei nativi americani che, dopo un secolo e mezzo, hanno deciso di dissotterare l'ascia di guerra.
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l’Istruzione
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ALTRO CHE “BUONA SCUOLA” NEI LIBRI DI TESTO ANCORA UN SUD ARRETRATO E IGNORANTE
l suono della campanella richiama all’ordine e all’attenzione. Ci ricorda che l’estate è finita e la scuola appena iniziata. Che si torna sui banchi perché al dovere non si scappa e che sui quei banchi si legge il passato per scrivere il futuro. Dunque, ci siamo ma, ogni anno, aprendo i testi scolastici incaricati di informare gli studenti, dovremmo piuttosto esclamare: ci risiamo!
«L’Historia si può veramente definire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendoli di mano gl’anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaveri, li richiama in vita, li passa in ras-
GABRIELLA DILIBERTO
in degrado da tutti i punti vista al momento dell’unificazione, sorvolando sui numerosi primati di Napoli e del Regno delle Due Sicilie che era di fatto lo stato preunitario più industrializzato in assoluto. Grandi traguardi erano stati raggiunti dai Borbone anche nel settore marittimo, giudiziario e civile, per non parlare delle università, biblioteche, accademie culturali presenti sul territorio e dei libri pubblicati da case editrici napoletane. A livello sociale e culturale molto fu fatto come il primo Albergo dei poveri e il Real Teatro di San Carlo, il più antico teatro d’opera ancora attivo in Europa, che furono costruiti per volontà di Carlo di Bor-
Storia dell'arte copertina
segna, e li schiera di nuovo in battaglia»: scriveva così Alessandro Manzoni nella sua introduzione a “I promessi sposi”. Ma la storia inesatta racchiusa nei libri ha ben poco d’illustre e, piuttosto che riportare in vita il tempo, lo seppellisce più affondo destinando alle cartelle il peso delle menzogne.
Sfogliando le pagine che raccontano ciò che ha preceduto e seguìto l’unità d’Italia, il Sud si trova di fronte ad uno specchio deformante come ad esempio risulta essere il manuale “La storia in tasca”, scritto da Silvio Paolucci e Giuseppina Signorini ed edito dalla casa editrice Zanichelli. Quello dei Borbone viene definito un malgoverno e si racconta di un Sud
importante per “ lo stivale” e l’accentramento del potere a Torino, con conseguente “piemontesizzazione” dell’intero paese, non viene raccontato dal testo di Paolucci e Signorini come una chiara strategia di annientamento delle forze meridionali.
Passano gli anni ma, a parte poche eccezioni, vengono commessi e “stampati” sempre gli stessi errori. Nonostante questo, stupisce il senso critico di alcuni giovani che, anche senza la guida di professori adeguati, s’interrogano sull’autenticità delle fonti e prendono le distanze da quelle non attendibili. Il manuale edito dalla Zanichelli ci è stato segnalato
Malgoverno
bone.
Oltre a non soffermarsi su questi e altri dati, “La storia in tasca” (forse intitolata così perché alleggerita di parecchi dettagli) generalizza e semplifica il fenomeno del brigantaggio così come l’origine della mafia in Sicilia e nelle altre regioni del Sud. La figura di Garibaldi viene ancora associata a quella di un eroe impegnato a combattere per la libertà e l’indipendenza dei popoli e ogni rivolta o forma di protesta viene descritta come pericolosa ed inevitabilmente da soffocare. Senza i prestiti dei banchieri inglesi e francesi, e in special modo senza le ricchezze del Sud, il Piemonte non sarebbe diventato un punto di riferimento così
La storia in tasca
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dalla studentessa diciottenne Laura Noviello che sul suo profilo Facebook si definisce figlia del Vesuvio e sente così forte l’appartenenza alla sua terra da averne chiara l’identità e da combattere ogni giorno per rivendicarla. Non sono solo alcuni fatti storici ad essere distorti o trascurati, ma anche i libri di storia dell’arte presentano numerose lacune come nel caso di “Itinerario nell’arte”, edito sempre dalla Zanichelli e scritto da Giorgio Cricco e Francesco Paolo di Teodoro. Solo gli
artisti e le opere più note vengono citate e descritte, ma certo non viene dato il giusto spazio ai veri e propri tesori artistici che rendono grande la città di Napoli e il resto del Meridione. Molti autori di testi scolastici giustificano le loro imprecisioni con la difficoltà di racchiudere secoli di storia in poche pagine e, quindi, con la necessità di sacrificare taluni approfondimenti. Vero è anche che il lavoro di sintesi andrebbe curato maggiormente in modo da non omettere particolari importanti e da non alterare i contenuti.
La formazione dei ragazzi inizia molto presto ed è bene stimolare la loro curiosità quando sono ancora piccoli. Ci sono casi, purtroppo ancora troppo pochi, in cui è proprio la scuola nella persona del preside o del maestro a sostenere i giovani, conducendoli per mano nella corsa ad ostacoli della loro crescita. La scuola media “Alfonso Gatto” di Battipaglia, di cui l’anno scorso abbiamo seguito le gesta, ne è stato un chiaro esempio. Gli studenti dell’ “ex” III C, infatti, con il sup-
Storia dell'arte copertinaFoto postata da Laura Noviello
porto del professor Gerardo Granito e del dirigente dell’istituto Fortunato Ricco hanno realizzato un interessante lavoro di ricerca storica per smentire e correggere i contenuti del testo di Amerini e Roveda “Chiedi alla storia” da loro utilizzato. Dunque, la passione per le proprie origini e per la verità risponde alla superficialità e rimonta la partita ribaltando il risultato.
l’Istruzione
Non sono pochi anche casi di vero e proprio razzismo nei confronti del Sud e del suo popolo. Basti ricordare, a tal proposito, due recenti denunce che hanno visto nel mirino la casa editrice “La scuola” e “Mondadori” per i contenuti palesemente offensivi dei libri “Terra dei popoli” e “Spazio Storia”. È molto importante verificare la preparazione dei docenti, investiti del compito di insegnare ai giovani negli anni più delicati della loro formazione, ma non si può minimamente sorvolare Garibaldi raccontato come un eroe sull’inadeguatezza di alcune case editrici, in partico- evitare di mettere in comlar modo del Nord, che non mercio testi scolastici non solo dovrebbero porgere le degni di tale nome. loro scuse, come a volte è stato fatto, ma soprattutto
la Tradizione
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PARTONO ‘E BASTIMENTE…
S
i può affermare, ben a ragione, che l’emigrazione sia nata con l’uomo: il primo episodio storicamente attestato è quello degl’Israeliti che, sotto la guida di Mosè, riuscirono a sottrarsi alla persecuzione del Faraone, che li teneva schiavi, attraversando il Mar Rosso, le cui acque si aprirono al loro passaggio, richiudendosi appena l’esercito egiziano vi fu giunto, al punto che tutti i soldati annegarono.
Ho appena parlato di episodio storicamente attestato e ribadisco l’affermazione, dal momento che a renderlo attendibile è il fatto che se ne legga non soltanto nella Bibbia (Esodo, 13.17-14.29), ma anche nel Corano (Sura 26, 6067), vale a dire, in testi sacri di diversa estrazione religiosa. In realtà, anche il nomadi-
SERG IO ZAZZERA
smo, al pari dell’emigrazione, è fenomeno antico quanto il mondo, ma la differenza è insita nel fatto che esso costituisce una libera scelta di vita, mentre chi emigra lo fa costretto da esigenze ben precise. In particolare, oggi si tende a distinguere quelle politiche, molto simili a quelle degl’Israeliti, da quelle economiche, che inducono masse d’individui a trasferirsi in terra straniera, in cerca di condizioni di vita migliori di quelle che la sorte ha loro riservato, fino a quel momento e senza prospettive di miglioramento. Ciò detto, vi fu un tempo in cui dalla vecchia Stazione marittima dell’Immacolatella di Napoli “partirono i bastimenti”: così, almeno, cantò E.A. Mario, in “Santa Lucia luntana” (1919), ma il fenomeno era cominciato un bel po’ prima. L’unifica-
zione/colonizzazione attuata dall’ex-Regno di Sardegna, infatti, aveva causato al Sud d’Italia un vero e proprio salasso economico, che aveva reso lo “stivale” un po’ troppo stretto per le classi meno abbienti delle regioni meridionali. Fu così che si affacciò alla vista della popolazione dell’ex-Regno delle Due Sicilie il fenomeno, assolutamente nuovo, dell’emigrazione verso gli U.S.A., ma in parte anche verso l’Argentina. Basti
Ellis Island
Partenza di emigranti
dire che, già all’indomani dell’Unità d’Italia, nel 1876, a Napoli furono registrate all’incirca 3.000 partenze, che giusto un quarto di secolo dopo erano diventate 76.000, e cinque anni dopo, ancora, press’a poco 90.000. A tutti costoro, poi, va aggiunto il numero, altrettanto sterminato, di emigranti provenienti dal resto del meridione d’Italia, la cui permanenza in quelle “terre assai luntane” trovò, a sua volta, i propri cantori in Libero
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Bovio e Francesco Buongiovanni, autori di “Lacreme napulitane” (1925).
Peraltro, anche fenomeni di emigrazione interna si verificarono in Italia: tra i più significativi, quelli delle due comunità di pescatori procidani, insediatesi rispettivamente a Trieste e a Porto Santo Stefano, tuttora attive e perfettamente integrate nell’ambiente locale. Antonio Ghirelli ha ritenuto d’individuare nel fenome-
manifestare la criminalità organizzata, sia italiana, che statunitense, imposero nel 1901 l’approvazione di una normativa posta a tutela dell’emigrante, che faceva carico all’armatore o al noleggiatore della nave di una serie di garanzie in favore dei trasportati. Conseguenze negative sull’economia del meridione d’Italia produssero dapprima la cosiddetta “legge Johnson”, che alla fine degli anni venti del secolo scorso bloccò il flusso migratorio verso gli U.S.A.,
Luca Giordano, Il passaggio del Mar Rosso
no migratorio e nel mancato sviluppo industriale dell’Italia meridionale le concause della contrazione demografica della città; forse, però, sarà più corretto ravvisare nel secondo di tali fattori addirittura un antecedente causale del primo. Soltanto così, infatti, ci si potrà spiegare perché un numero tanto elevato di napoletani si sobbarcasse un viaggio verso l’ignoto, che allora richiedeva addirittura settimane di navigazione su vecchie “carrette del mare”: sicuramente essi si sarebbero sottratti di buon grado a un’esperienza del genere, se un lavoro stabile e remunerato in maniera dignitosa fosse stato offerto loro in patria.
L’esplosione del fenomeno, poi, e l’interesse che verso di esso non tardò a
sentiva loro di accedere alla registrazione (che comprendeva nome, luogo di nascita, stato civile, luogo di destinazione, disponibilità di danaro, professione e precedenti penali). Infine, era loro rilasciato il permesso di sbarco ed erano accompagnati al traghetto che li avrebbe condotti a Manhattan. Viceversa, l’esito negativo determinava l’immediata espulsione, col reimbarco sulla stessa nave di arrivo. In realtà, il fenomeno del-
la Tradizione marittima di Napoli, capace di accogliere i transatlantici – il “Conte Grande”, il “Conte Verde”, il “Conte Biancamano”, il “Vulcania”, il “Saturnia” – armati dalla società “Italia”, compagnia di navigazione di bandiera.
A conclusione del discorso, ritengo necessario ritornare sulla distinzione tra esigenze politiche ed esigenze economiche dell’emigrazione, cui ho fatto cenno più sopra, per rilevare come, a ben guardare, e alla luce dell’espe-
Nuova Stazione marittima di Napoli
e poi la sospensione dell’emigrazione, conseguente allo scoppio del secondo conflitto mondiale.
Quale trattamento fosse riservato agli emigranti italiani, al loro arrivo negli Stati Uniti, è presto detto. Innanzitutto, essi erano sottoposti all’identificazione, all’esibizione dei documenti di viaggio (i clandestini sarebbero stati espulsi) e ai controlli sanitari. Tali operazioni avvenivano, in un primo tempo, nel “Castle Garden Immigration Depot” di Manhattan e, poi, dal 1892, nell’antico arsenale militare di Ellis Island, alla foce del fiume Hudson nella baia di New York, nel quale oggi ha sede l’“Ellis Island Immigration Museum”, gestito da un’apposita fondazione. L’esito positivo di tutti questi accertamenti con-
Castle Garden Immigration Depot
l’emigrazione produsse anche un ritorno economico per i luoghi dai quali gli emigranti erano partiti, nel senso che, nell’intervallo tra le due guerre, gl’industriali datori di lavoro dei meridionali emigrati all’estero, attratti anch’essi dalle descrizioni che costoro facevano della loro terra, decisero di visitarla. Ciò rese necessaria, nel 1933, la costruzione, su progetto elaborato dall’architetto Cesare Bazzani, della nuova Stazione
rienza del Sud d’Italia, essa non ha alcun senso. Anche a ridosso dell’emigrazione dettata da ragioni economiche, infatti, vi sono sempre motivazioni politiche: basti pensare al fatto che l’impoverimento dell’ex-Regno delle Due Sicilie – evento economico – era stato determinato dalla sua annessione/colonizzazione da parte dell’ex-Regno di Sardegna – evento politico –, e tutto dovrebb’essere chiaro.
lo Sport
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L’ESTATE D’ORO DEGLI ATLETI DEL
SUD A
l Sud mancano le strutture sportive. Le strutture sono indispensabili per far crescere i campioni. Secondo Aristotele la conseguenza dovrebbe essere una mancanza di campioni meridionali. La storia, però, ha spesso smentito quest’idea e quello che è accaduto in quest’estate caldissima ha confermato che dal Mezzogiorno arrivano spesso i grandi talenti dello sport
CARLO ZAZZERA
italiano. Il momento più alto è stato vissuto agli Open degli Stati Uniti di tennis, dove per la prima volta la finale era tutta tricolore: Flavia Pennetta contro Roberta Vinci. Eppure, più che tricolore, quella finale aveva il sapore del Salento, perché le due campionesse sono nate a pochi chilometri di distanza, nel profondo Sud. La Pennetta, che ha nettamente e meritatamente vinto quella finale, è nata a Brindisi, mentre la
sua avversaria a Taranto. Due mari diversi, Adriatico e Ionio, ma la stessa terra, quasi sempre rossa, come quella dei campi sui quali sono cresciute, spesso insieme, da compagne e da avversarie, fino alla storica finale di New York. Da compagne hanno ottenuto ben quattro successi in Federation Cup, portando l’Italia sul tetto del mondo e ottenendo la massima onorificenza sportiva tricolore, il collare d’oro. Anche in quelle occasioni il meri-
dione si è confermato la colonna portante di una nazione che si fa ricca sfruttando i talenti provenienti dal Sud. Talenti che nascono anche sulle isole. Soprattutto, negli ultimi anni, quelli che vivono in sella a una bicicletta. Vincenzo Nibali da Messina è il grande campione che l’Italia aspettava dai tempi di Marco Pantani, con caratteristiche più simili, però, a Gianni Bugno, uno dei grandissimi del ciclismo italiano
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degli anni ‘90. Il siciliano, tra l’altro, è uno dei sei ciclisti della storia, e unico italiano dopo Felice Gimondi, ad aver vinto almeno una volta i tre grandi giri (Italia, Francia e Spagna). Proprio lui, negli ultimi anni, sta vedendo crescere in squadra il suo maggior rivale, che in questa calda estate italiana si è rivelato definitivamente con il successo alla Vuelta di Spagna. Parliamo di
Fabio Aru, orgoglio sardo e classe cristallina, che a soli 25 anni ha già all’attivo, oltre al successo in terra iberica, anche due podi al Giro d’Italia, un terzo e un secondo posto, che fanno sognare un 2016 tinto di rosa, magari in una corsa che torni ad attraversare le strade del meridione e non sia solo un giro di mezza Italia. Il canottaggio, invece, si conferma da oltre trent’an-
ni uno dei fiori all’occhiello dello sport in Campania. Il golfo di Napoli resta una delle fucine di medaglie più ricche d’Italia, nonostante siano i laghi i luoghi più adatti a far crescere gli atleti. Dopo la dinastia degli Abbagnale, che ha vinto tutto e che potrebbe proseguire con i successi di Vincenzo, figlio di Giuseppe e grande talento emergente del panorama internazionale, l’estate
lo Sport d’oro del meridione ha visto il titolo iridato di Marco Di Costanzo, Matteo Castaldo e Giuseppe Vicino, che insieme al compagno di squadra Matteo Lodo, di Terracina, nel quattro senza assoluto si sono imposti ad Aiguebelette, in Francia, conquistando il pass per le Olimpiadi di Rio, insieme ad altri quattro campani, Livio La Padula, Eleonora De Paolis, Tommaso Schettino e l’eterno Peppiniello Di Capua, questi ultimi tre nelle categorie paralimpiche. Per non far mancare nulla, anche la vela ha regalato un successo iridato ad agosto, con i siciliani Francesco Bruni e Filippo La Mantia e il napoletano Pierluigi De Felice che hanno conquistato il gradino più alto del podio al Melges 32 World Championship. Medaglie in mare che vanno ad arricchire quel mare di medaglie che la calda estate italiana ha regalato al Sud, territorio in cui mancano le strutture, ma non i campioni.
La grande scherma nell’antico teatro di Taormina
Storia, arte e sport uniti per una sera. L’antico teatro di Taormina ha accolto con tutto il suo fascino l’incontro di scherma Italia-Resto del Mondo, nell’ambito delle iniziative a sostegno dell’Expo 2015, volute dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal CONI. Il Dream Team di fioretto femminile, con Valentina Vezzali, Arianna Errigo, Elisa Di Francisca e Martina Batini, si è cimentato in un incontro vero contro le campionesse del Resto del Mondo capitanate dalla
tedesca Carolin Golubytskyi, e con la francese Ysaora Thibus, la statunitense Nzingha Prescod, e la tunisina Ines Boubakri.
Ugualmente equilibrata anche la competizione di spada maschile. Enrico Garozzo, Marco Fichera, Andrea Santarelli, Gabriele Cimini si sono confrontati con il venezuelano Ruben Limardo, l’unghrese Geza Imre, lo spagnolo Josè Luis Abajo e il senegalese Alexandre Bouzaid. Una serata in cui una delle
meraviglie del meridione ha ospitato alcuni tra gli atleti più rappresentativi
d’Italia, per uno spettacolo che solo le immagini possono descrivere.
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lo Sport
L
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L’ARTE DELLA DIFESA IN SALSA MEDIEVALE
a scherma che conosciamo oggi, fatta di agili figure biancovestite che combat-
LUIG I RUSSO SPENA
che per difendersi da colpi di daga mentre si è seduti in taverna. Un sistema di combattimento, dunque, che nasce da esigenze che un tempo erano quotidiane, e che come tale comprende non solo la spada, ma moltissime armi. Si passa da quelle più conosciute, come la daga, la spada a Rievocazione due mani e la lantono su una pedana cer- cia, fino ad arrivare a quelcando di far breccia l’uno le meno note, come l’azza, nella guardia dell’altro, è un’arma concepita per apprezzata e seguita da avere un doppio utilizzo, migliaia di persone. è la composta da un’asta con scherma dei grandi all’estremità una punta di Occhiuzzi e Curatoli, che lancia, e appena sotto un hanno portato negli anni la corpo metallico che prebandiera italiana (e cam- senta una parte contunpana) sui podi di tutto il dente, simile a un martello, mondo, Olimpiadi compre- per colpire e stordire il se. Ciò che molti non san- nemico, e l’altra perforanno, però, è che questo te, simile a un piccone, per sport deriva da un antena- penetrare le corazze. to antico e per lungo tem- Armi di ogni genere che po dimenticato, che negli venivano utilizzate anticaultimi anni sta tornando in mente in battaglia, ma delauge: la scherma medie- le quali, con l’avvento delle vale. armi da fuoco e l’avanzare Attraverso un attento stu- della tecnologia bellica, sì dio dei trattati, alcuni è via via accantonato l’uso. appassionati hanno ricostruito le tecniche descritte Questo ha creato un’interdai maestri d’arme del ruzione dell’utilizzo di quemedioevo, riportandone in ste armi, a favore princivita i sistemi di combatti- palmente della scherma mento. Ciò che comune- “di punta”, che si è poi evomente si indica con il ter- luta sportivamente fino a mine “scherma” altro non è diventare quella che conoche l’arte della difesa, uti- sciamo oggi. Ma la scherlizzata anticamente non ma medievale è una discisolo dai soldati, ma anche plina tutt’altro che morta. dai civili, per difendersi da Si è anzi diffusa fino ad eventuali aggressioni. acquisire anch’essa una Basti pensare che in alcuni dignità sportiva a sé stantrattati compaiono tecni- te, grazie a persone che la
insegnano con grande passione e dedizione. Persone come Marco De Filippo, napoletano, classe '81, dottore di ricerca in storia medievale. Appassionato di armi e profondo conoscitore dell’arte bellica antica, si occupa di scherma medievale già da undici anni. «Come storico ho curato, oltre a un manuale per i corsi di formazione di spada e brocchiere, anche la prima opera sull’arte delle armi conosciuta del Sud Italia. Si tratta di un libro scritto nel 1553 da Marcantonio Pagano dal titolo “Le tre giornate di Marcantonio Pagano, gentil’huomo napoletano”. Come insegnante non posso che trasmettere questa mia passione.
Ci tengo a sottolineare che in Europa, e in particolare in Italia, possiamo vantarci di avere un patrimonio marziale vastissimo e completo, che affonda le sue radici nel medioevo. La nostra disciplina – continua Marco - offre storia, cultura, arte marziale, sport e socializzazione. Chi viene ad allenarsi sviluppa un grande senso di appartenenza alla nostra scuola». La scuola a cui si riferisce è “La Compagnia della Rosa e della Spada”, nata undici anni fa dall’idea di un gruppo di appassionati, per essere formalizzata nel 2006. Ha avuto un forte sviluppo in corso d’opera con un’espansione in tutto il panorama campano,
comprendendo anche le zone di Caserta e Salerno. Questa associazione si occupa, oltre che della disciplina sportiva, anche della scherma storica. «Possiamo dire con orgoglio – conclude De Filippo
– che la nostra associazione, in collaborazione con altre realtà, organizza il più grande evento di scherma storica del Mezzogiorno, che si chiama “Dimicatores Austri Partes” (“Combattenti delle regioni dell’Austro”, ossia il Sud)». Una realtà diffusa e complessa, quella della scherma medievale, destinata a crescere ancora, per dar voce a una cultura ricca e affascinante che rischiava di cadere nell’oblio.
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la Mostra
L’EMIGRAZIONE AL CONTRARIO
NEW YORK – NAPOLI SOLO ANDATA PER WILLIAM PAPALEO
uello dell’immigrazione è un tema spinoso che si trova ormai al centro del dibattito culturale e politico di questo paese. Questo, per via delle tante problematiche e dei tanti aspetti in cui esso
MAURIZIO MEROLLA
troppo strumentalizzato). In pochi però hanno approfondito l’aspetto umano ed emozionale di tale vicenda, che riguarda non soltanto i rifugiati del Medio Oriente o gli immigrati africani, ma anche i tanti meridionali che hanno dovuto abbandonare la propria terra in cerca di un posto migliore.
Dopo Lavoro
Tre Operai a San Martino
Spetta all’arte dunque il compito di approfondire ed esplorare tali aspetti ed è con questo obiettivo che William Papaleo, pittore italoamericano, ha voluto rappresentare tutto ciò e presentare le proprie opere in una mostra sulla città di Napoli il cui tema è per l’appunto quello dell’immigrazione. “Making Naples – Napoli vista da un immigrato newyorkese” è il titolo dell’esposizione, Napoli e il suo affollato centro storico, Salerno, i
Two Lemon Workers
va a collocarsi, da quello politico a quello economico, da quello umanitario a quello della sicurezza (fin
panorami della Costiera Amalfitana e il dramma umano dell’emigrazione sono gli scenari dipinti da
Papaleo. Il tutto rappresentato con uno stile affascinante e assolutamente peculiare. La Sala degli Angeli del Maschio Angioino invece è la suggestiva cornice che ospiterà la mostra fino al 24 ottobre.
Lo stesso William Papaleo è un emigrante, ma non uno qualsiasi. La particolarità del suo caso sta nel fatto che Papaleo è nato negli Stati Uniti e, tornando a Napoli, ha fatto il percorso inverso dei tanti italiani e meridionali che da due secoli a questa parte hanno affollato i bastimenti cercando negli States nuove opportunità. L’artista ha così commentato questa singolarità presentando una concezione assolutamente originale e innovativa dell’emigrazione, non più intesa come come un fenomeno legato ad esigenze lavorative ed economiche, bensì culturali: “Questi dipinti sono ispirati alla mia vita a Napoli e in Campania, dove risiedo da molti anni. Come nuovo immigrato amero-italiano, trasferitosi per motivi culturali, più che economici, ho sempre pensato che questa regione sia fonte costante di idee nuove pur conservando radici antiche. Provando un senso sia di familiarità che di estraneità, spero che il mio punto di vista abbia una originalità di visione e un'universalità tali da creare una reazione lirica alle molteplici verità sfaccettate, proprie di questa area piena di vita”.
L’artista americano ha sempre dimostrato una forte attenzione nel tema dell’immigrazione e nel 2011 infatti, con il patrocinio del Comune di Salerno e in collaborazione con l’Università HDM di Stuttgart ha realizzato in Germania il progetto interculturale di immigrazione e integrazione “Asylum Seekers”. Ed inoltre nel marzo 2015 ha esposto le sue opere al Westchester Italian Cultural Center di New York nella mostra “Identity Horizons & Colors: Campania and the Amalfi Coast”. “Making Naples – Napoli vista da un immigrato newyorkese” è quindi un evento di notevole importanza, sia per la portata internazionale di un artista che ha esposto le sue opere in tutto il mondo che per i temi che egli affronta nei suoi dipinti. Ma la storia di William Papaleo dimostra anche come Napoli e il Sud possano nuovamente ambire ad essere terra d’accoglienza e non solo un posto dal quale fuggire e questo è un ottimo auspicio.
L'Attesa
la Gastronomia
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PENNETTE E NON SOLO
O
Quando il Sud ha l’oro in bocca!
ro, oro, oro, per averti che darei… Un altro straordinario meridionale cantava, lasciandoci nella memoria quella voce dal timbro così particolare e melodioso che non si può dimenticare. Si sveglia Matteo, e crede di aver sognato quanto con i compagni del “4 senza” ha davvero vissuto, forse sognando, per realizzare “il suo Sogno”: l’oro mondiale, dai banchi di scuola di una vita napoletana, di tutti i pomeriggi dedicati, sole o pioggia che fosse, non importa,
ROSI PADOVANI
l’allenamento è lì che aspetta e non si può far attendere, nemmeno se c’è la partita di calcetto con gli amici, o per andare a ballare la sera. Si sveglia Flavia, e quel sogno è ancora lì, pieno, lucente e concreto, come tutti i sacrifici veri e reali, le rinunce, gli sforzi immani e qualche delusione cocente, la tenacia e la caparbietà siciliana di chi sa che può farcela. Quel sudore che giorno dopo giorno, mese dopo mese ed anno dopo anno, si rispecchia nella coppa scintillante dell’US OPEN, forse abbagliante, così bella da sembrare ancora un magico
meraviglioso sogno. E il Sud vince ancora scommesse per tanti ritenute improbabili, vince l’abbraccio sincero e solidale di due siciliane che il caso ha voluto l’una contro l’altra in una finale alla quale sono arrivate insieme, scalando vette di avversarie internazionali, dividendo stanza e sacrifici. Vince uno sport vero, la faccia bella e pulita nella smorfia di sforzo di quattro ragazzi agli ultimi colpi di remo sulla linea di arrivo. E l’oro è loro! E a quest’oro vorrei dedicare, orgogliosa, un trionfo tutto meridionale, “Pennette” sì, e con le melanzane
siciliane, accese da dolci pomodorini sugosi, profumate di basilico mediterraneo e finocchietto selvatico, odore di iodio sospinto dal vento, morbide polpettine, cosparse di nuvole di fior di latte, nascoste nella crosta di un timballo sontuoso, pronte a riscattarsi con tutta la loro bollente energia vincente, quella che il caldo sole del Sud riesce a regalare, talvolta a dispetto di chi non ci crede e spavaldo, incosciente, si butta all’assaggio, bontà divina, scottandosi la lingua!
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la Gastronomia
IMPARARE A NUTRIRSI CORRETTAMENTE A SCUOLA
Timballo di melanzane Melanzane tonde siciliane 1,5 kl Melanzane lunghe 1.5 kl Pasta tipo pennette 1kl Olio per friggere qb Olio EVO una tazzina (Extra Vergine Oliva) Pomodorini 1,5 kl Fior di latte 500 gr Basilico …tanto! Aglio 1 spicchio Finocchietto q.b. Polpettine di carne fritte 500 gr Ricotta infornata grattugiata 250 gr. Sale q.b Un cucchiaio di zucchero Preparate le polpettine piccole come un’unghia e mettete da parte. Intanto tagliate a listelli le melanzane tonde e a fette lunghe le altre, e lasciate riposare in un colapasta cosparse con un po’ di sale grosso per una mezz’oretta, per perdere l’acqua di troppo. Trascorso il tempo strizzatele e friggetele dorate tenendo separati i ue tipi. Intanto tagliate a “pacchette” i pomodorini, togliete i semini e fate perdere l’acqua. Poi rosolate l’aglio con l’olio EVO in una padella e versate tre quarti dei pomodorini che fate appassire rapidamente a fuoco vivace, salando a piacere. Spegnete, agggiungete gli altri freschi, il basilico spezzettato a mano, il finocchietto e un cucchiaio di zucchero e mescolate tutto. Lessate la pasta molto al dente, condite con il sugo, le melanzane a listelli, il fior di latte a pezzetti, la ricotta grattugiata, e mescolate tutto. Foderate uno stampo per timballi con carta argentata, e rivestite tutto con le melanzane a fettine. Riempite con la pasta, comprimete un po’, mettete al forno e fate cuocere 40 minuti. Fate riposare bene prima di sformarlo su piatto di portata, togliete lacarta argentata e guarnite con tanto basilico!
Imparare a nutrirsi in modo corretto sin da piccoli e sui banchi di scuola si può. È l’obiettivo dell’Associazione Pandolea – Donne dell’olio, che riunisce produttrici di olio extra vergine d’oliva e donne legate al mondo dell’olio e che a Expo Milano nella Lounge Mipaaf ha presentato Bruschetta o Merendina? progetto didattico-educativo sulla sana alimentazione e la cultura dell’olio di oliva rivolto agli studenti delle ultime tre classi della scuola primaria. Si tratta di un progetto di apprendimento interattivo articolato in tre moduli con temi e destinatari differenti: il primo è “L’olio d’oliva a 360°” rivolto all’approfondimento formativo degli insegnanti che partecipano al progetto; il secondo è “La nutrizione si impara a scuola” destinato a momenti da svolgere in aula con il coordinamento degli insegnanti ed è corredato da test singoli e collettivi di verifica dell’apprendimento; il terzo è “La merendina più buona: pane ed olio” narrato da una giovane lettrice di 7 anni, guida momenti di studio individuale con un format ludico-formativo da svolgere in classe e in famiglia. “Iniziative come quella di Bruschetta o Merendina? raccolgono la sfida lanciata dal Parlamento europeo che da sempre considera prioritaria la sana e corretta educazione alimentare da apprendere sui banchi di scuola” ricorda Paolo De Castro, coordinatore per il Gruppo dei Socialisti e Democratici della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale dell’Europarlamento intervenuto alla presentazione. A tale riguardo, lo scorso maggio ci siamo espressi positivamente sul dossier Frutta e latte nelle scuole e adesso siamo in attesa di conoscere la posizione del Consiglio Ue per avviare i triloghi interistituzionali. Il nostro obiettivo è quello di destinare maggiori risorse ai programmi di distribuzione e far sì che gli Stati membri investano sempre più in attività didattiche volte alla promozione di abitudini alimentari sane e sostenibili”.
Ogni primo giovedì del mese presso la Luetec alle ore 18.00 "Incontri in cucina", appuntamenti con Rosi Padovani che vi accompagnerà nel mondo delle ricette gastronomiche
EDOARDO BENNATO AVVERTE: 34
la Musica
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TUTTI QUANTI SIANO “PRONTI A SALPARE” SILVIA BASSI
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Bennato e Sgarbi alla presentazione della sua mostra personale
opo cinque anni di attesa Edoardo Bennato ha pubblicato il singolo «Io vorrei che per te», primo estratto del suo nuovo progetto discografico dal titolo «Pronti a salpare», in uscita venerdì 23 ottobre per la Universal Music. Si tratta del 19° album di Bennato in studio, 43 anni dopo il suo pri-
mo Lp «Non farti cadere le braccia». Il nuovo album, prodotto da Brando, composto da quattordici brani si propone come un grillo parlante che riprende i fili di discorsi iniziati in Lp precedenti «Viviamo un’era di grandi trasformazioni, di spostamenti biblici – afferma il cantante - Decine di migliaia, centinaia di migliaia di disperati cerca-
no vie di scampo alle guerre, alla fame, alla miseria e si dirigono verso il conclamato benessere del mondo cosiddetto occidentale. Sono disposti a tutto, sono disperati, sono pronti a salpare. Ma tutti quanti noi dovremmo essere pronti a salpare». Proprio su questo tema l’artista ha inoltre presentato lo scorso 22 settembre, la sua mostra personale presso il Padiglione Eataly, in un’area della mostra “Il Tesoro d’Italia” con lui Vittorio Sgarbi, curatore della mostra, e Oscar Farinetti, patron di Eataly. “Ho scelto il tema dei venditori ambulanti sulle spiagge, i cosiddetti “vu’ cumprà”, che sono personaggi in cammino – ha
spiegato Bennato – perché entrambi consentono di puntare l’attenzione su alcuni aspetti sociali. Con loro ho voluto rappresentare con un linguaggio iperrealista un cammino che in realtà dura da migliaia di anni, cercando di evidenziarne la dignità rispetto ai privilegiati bagnanti. Questi quadri vogliono provocare, innescare un meccanismo di confronto. Il Pianeta è in continua evoluzione, e il mondo sta cambiando più velocemente. Per questo il mio ultimo singolo è intitolato “Pronti a salpare”: dobbiamo essere pronti a cambiare con i tempi, tenendo conto che l’Italia, per quanti problemi abbia, è una parte del Pianeta privilegiata”.
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il Personaggio
“NON HO MAI NASCOSTO IL MIO ACCENTO, ANZI...” TULLIO DE PISCOPO, 50 ANNI DI MUSICA E PASSIONE
n occasione del concerto che Tullio De Piscopo ha tenuto presso la Rotonda Diaz per festeggiare i suoi 50 anni di attività artistica gli abbiamo teso un’imboscata per carpire del musicista i suoi lati meno conosciuti:
Cinquant’anni di ritmo, musica e carriera. Come si racconta mezzo seco-
lo in due ore di concerto?
«Ne abbiamo fatto di tutti i colori in 50 anni. Tanti ricordi, cose tristi, cose belle e per fortuna sono stati più gli avvenimenti piacevoli. Non bisogna vergognarsi quando, come in questi casi, ti scende una lacrima; vuol dire maturità. Stasera ero vera-
G INO G IAMMARINO
mente emozionato, anche perché è tanto tempo che non suonavo qui a Napoli, l’ultima volta l’ho fatto con Pino Daniele. Ho ritrovato una città straordinaria, una Napoli che ha aperto gli occhi, con una mentalità che sta cambiando verso il turismo, con i negozi tutti aperti come succede in tutto il mondo. Viva Napoli, andiamo avanti così».
Cinquant’anni di musica con tante collaborazioni, ma la tua meridionalità e napoletanità è stata sempre preservata. Nella musica come si porta il ritmo?
«Uno pensa Napoli come chitarra, mandolino, spaghetti e a pizza, invece a Napoli c’è il ritmo anche nel dialogare, gesticolare, la pausa dei napoletani è ritmo. Tutti i partenopei sono grandi attori, cantanti e registi. Tutto nasce dalla strada di Napoli. Da bambino osservavo tutto e già negli anni ‘50 facevo i rap, fino ad arrivare al primo rap italiano, che
poi era in dialetto, che fu ‘Primavera – Stop Bajon’, scritta insieme a Pino Daniele. Nel triplo cd che uscirà per i miei 50 anni di carriera ci sono tutte le collaborazioni, anche con Mina, Pino, Piazzolla, Billy Cobham, Franco Battiato, Fabrizio de Andrè e tanti altri musicisti con cui ho collaborato, dando quel groove napoletano, di Porta Capuana, portandolo, attraverso questi artisti, in tutto il mondo. Non a caso, Libertango di Astor Piazzolla è ancora il brano più suonato al mondo».
Nel Tullio De Piscopo uomo quanto ha pesato il napoletano? Noi ci battiamo affinché il dialetto napoletano diventi una lingua, perché eravamo Regno delle Due Sicilie, uno Stato indipendente, e il napoletano ha una sua cultura, una sua identità di nazione. Che ne pensi? «Le difficoltà maggiori che ho incontrato nella mia carriera erano dovute proprio al fatto che ero un napoletano. Ho combattuto questo divario tra il Nord
e il Sud, perché qualsiasi cosa che succedeva al nord di Napoli o al sud di Napoli, si diceva: è stato un napoletano. Magari questo era di Barletta o di Orte. Io ho combattuto. Non ho mai cambiato il mio accento, anzi l’ho anche accentuato per far capire ‘song e Napul’».
Una tua canzone dice ‘quann ascimm for sarà primavera’, che cosa ci vuole a Napoli e ai napoletani perché venga la ‘primavera di Napoli’?
«Bisogna continuare lungo la strada che si sta percorrendo in questi giorni. Ho visto finalmente una Napoli con la primavera, con tutti i commercianti sorridenti, tutti i negozi aperti, mai successo in agosto. Questa è la mentalità giusta, c’è tempo per andare in vacanza, se bisogna andare in vacanza. Costruiamo il turismo, mettiamo ordine, che non succedano scippi, violenze contro i turisti che arrivano nella nostra città, perché la nostra è la città più bella del mondo».
la Lettura
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Lo scaffale del meridionalista consiglia: Briganti laziali
a cura di Renato Mammucari e Vincenzo De Caprio
Il brigantaggio, quale fenomeno sociale, politico e criminale, viene esaminato per la prima volta oltre che nel dipanarsi di quel lungo periodo storico nel quale è sorto ed è proliferato, anche nell'arte, nella letteratura e nell'immaginario, aprendo così una "finestra" su un mondo di emarginazione, di povertà, di prevaricazioni e, spesso e volentieri, soprattutto di iniquità dei governi, a cominciare da quello pontificio, di cui la storia, perlomeno quella che si rifà ai grandi
Il più e il meno Erri De Luca
De Luca ripercorre la giovinezza napoletana, il gusto impareggiabile della parmigiana di melanzane della madre e il pranzo di Natale con il capitone, la libertà selvaggia e solitaria di Ischia, dove lo sguardo e il corpo potevano infine dimenticare i vicoli della città per aprirsi al cielo e al
L'Insurrezione di Dublino James Stephens
Versione italiana di The Insurrection in Dublin a cura di Riccardo Michelucci e tradotto da Enrico Terrinoni La Easter Rising, la rivolta irlandese della Pasqua 1916, non fu soltanto l’atto di nascita della moderna Repubblica d’Irlanda e il colpo di grazia al decaden-
eventi ed ai loro protagonisti, non sempre ha lasciato adeguata memoria. L'umile esistenza di quei popolani che per loro, o ancora più spesso altrui scelta, erano stati costretti a prendere la via della "macchia" abbandonando casa, beni, affetti, rivive come d'incanto nelle opere di quei numerosi pittori che li hanno "immortalati" in oli, acquerelli e soprattutto incisioni, quadri che riescono così non tanto e non solo a restituirci, quasi in un flash-back dell'anima, quel loro mondo di sofferenze ed efferatezze, quanto ad aprire una "breccia" nella nostra coscienza. L'aspetto lette-
rario, quasi didascalia di un filmato a cui manca il sonoro, è l'elemento specifico di queste incisioni in cui ogni dettaglio della stampa, ogni gesto e ogni espressione dei personaggi ha come fine ultimo quello di illustrare un episodio ed i titoli di tali acqueforti tradiscono proprio un "linguaggio" più letterario che pittorico, quasi calligrafico. Un'arte che nasce, più che dall'intuizione, proprio e solo dall'intelletto, una "pittura di idee" che ha come "consumatori" immediati i borghesi di quella nuova classe emergente intellettualmente cresciuta troppo in fretta e che, di conseguenza, si
mare. E poi, naturalmente, lo studio delle scritture sacre e la confidenza con la montagna. Non mancano anche frammenti più intimi, a partire dal primo bacio dato a fior di labbra "perfetto traguardo" - fino alla visita sulla tomba del padre, e così pure non manca l'abbandono di una donna che andandosene gli lascia un enigma da decifrare. Intrecciato ai propri ricordi, trova sempre
spazio il racconto degli altri: siano essi un poeta di Sarajevo, un giovane afghano in fuga dalla guerra o san Francesco dal "coraggio infiammabile", ciascuno amici, incontri di un momento, personaggi biblici - ci parla attraverso la pagina con l'esemplarità della parabola e insieme la vivida umanità del quotidiano.
te Impero britannico, ma rappresenta ancora oggi – a cento anni di distanza – uno straordinario atto di martirio per la libertà, uno dei momenti più alti di resistenza contro il potere coloniale. Un grande scrittore, testimone in prima persona della rivolta, assiste attonito ai fatti di Dublino e racconta sotto forma di diario i sette giorni di combattimenti che sconvolgono la sua città. Pubblicato per la prima volta
poche settimane dopo la conclusione della rivolta, L’Insurrezione di Dublino descrive con efficace immediatezza la paura e lo smarrimento della popolazione, la tensione e l’attesa di una città che diventa teatro di una rivolta improvvisa e memorabile. Una cronaca dei fatti che, anche un secolo dopo, mantiene intatta la sua freschezza e racconta una Dublino inedita, dal fascino straordinario.
accostava all'arte con occhi non ancora abituati a comprenderla, ma si sentiva paga e soddisfatta nella mera "lettura" del soggetto così come avrebbe fatto con un romanzo o un racconto.
Edizione LuoghInteriori, pagine 96 €15,30
Edizioni Feltrinelli, pagine 144 €13
Edizioni Menthalia pagine 125 €12
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la Lettura
Novità editoriale di“Sipario” monografico di foto “Eduardo… senza Eduardo” Segnaliamo infine un’interessante iniziativa a cura della redazione del mensile Sipario dedicato al mai dimenticato Edoardo De Filippo. È infatti uscito il numero monografico di “Eduardo…senza foto
Eduardo”. Con la realizzazione di questo monografico Sipario concretizza un progetto che a suo tempo aveva proposto ad Eduardo De Filippo, che avrebbe lui stesso curato, ma che non giunse mai a termine a
causa della scomparsa di Eduardo. Il “monografico di foto” di Tommaso Le Pera, fotografo professionista di provata esperienza si presenta come un viaggio cronologico sugli allestimenti teatrali che in Ita-
lia sono stati realizzati dai più importanti registi sui testi di Eduardo. Oltre 40 distribuiti allestimenti, equamente su 96 pagine.
Nasce Giammarino Spazio&Idee, luogo fisico per il laboratorio aperto sulla questione meridionale, ma anche luogo dove le idee possono convergere e confrontarsi in uno spazio accogliente quanto modernamente attrezzato per la comunicazione multimediale.
Ad inaugurare questo nuova saletta, che si pone al servizio del Mezzogiorno, Lunedì 19 Ottobre 2015 alle ore 18:30, sarà la presentazione del libro “Viaggio a Napoli di Charles Boudelaire”, della poetessa e scrittrice campana ma toscana d’adozione, Maria Rosaria Perilli per Nardini
Editore. Un libro ambientato nei giorni del Settembre 1860 e che avrebbe potuto essere stampato oltre 150 anni fa, se fosse stato scritto effettivamente da Charles Baudelaire e se lui avesse realmente visto Napoli. Dopo il saluto di benvenuto dell’editore Gino Giammarino, ne
discuteranno con l’autrice: Berardino Impegno, Ernesto Paolozzi, Luca Cedrola e Vincenzo Martongelli.
Scugnizzo d’oro anno 2015 e della targa particolare. In questa occasione sarà premiato anche il nostro direttore Gino
Giammarino al quale sarà conferito l’Oscar Scugnizzo d’Oro anno 2015, per il settore editoria.
Giammarino Spazio&Idee si apre presentando “Baudelaire a Napoli”
Scugnizzo d’oro 2015 Il prossimo 24 Ottobre alle ore 16, nella sala Congressi dell’hotel Naples c.so Umberto I- 55 Napoli, avrà luogo la cerimonia del cin-
quantenario di fondazione dell’Edizioni 2000, organo ufficiale dell’Accademia di Alta Cultura “Europa 2000” ed il conferimento dello
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quotidiano ON LINE Dacci oggi il nostro Sud...
LA NUOVA DIVISA BORBONICA DEL NAPOLI (E DELLA DISCORDIA)
L
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Dispacci al capobanda
a recentissima presentazione della maglia da passeggio del Calcio Napoli, realizzata dall'azienda torinese Robe di Kappa elaborando lo stemma della Real Casa di Borbone, ha suscitato una serie di reazioni contrastanti, come ci hanno testimoniato le numerosissime segnalazioni giunte alla nostra redazione, via mail e via social (Facebook). Due le posizioni che qui di seguito riassumiamo: da una parte ci sono il Movimento Neoborbonico e tutta quella linea di pensiero che comunque riconosce nel vessillo gigliato il simbolo dell'identità e dell'autonomia di quella che fu la Nazione Napolitana. Dall'altra, invece, c'è chi lamenta il fatto che una simile operazione sia stata affidata proprio ad un'azienda piemontese e non ad una realtà imprenditoriale del nostro Sud. Provo a fare un po’ di chiarezza, ragionandoci insieme… Partiamo dalla questione economica che riguarda
l’affidamento da parte della S.S.C.Napoli alla Robe di Kappa, questione che tocca molto da vicino la nostra testata, quotidianamente impegnata - con il progetto AS.CO.MER. - a favorire il rapporto diretto tra aziende e consumatori meridionali. E’ naturale per noi pensare che una simile commessa, affidata ad un’azienda del nostro Sud, avrebbe avuto maggiore valenza, tanto per l’identità meridionale che quel simbolo richiama, tanto per la ricaduta positiva in termini di sviluppo ed immagine per una eventuale azienda, con sede legale e lavoratori appartenenti alla Macroregione Duosiciliana, ove mai chiamata a realizzare il capo in questione. Va però considerato, tuttavia, che la Robe di Kappa è in possesso di un regolare contratto firmato dalla società guidata da Aurelio De Laurentiis: dunque l’azienda piemontese non è stata scelta per realizzare la singola maglia in questione, ma contrattualizzata per produrre tutta la
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linea-abbigliamento del Napoli. Alla luce di queste riflessioni, la discussione non trova nessun valido appiglio per essere portata avanti in maniera credibile, correndo addirittura il rischio-boomerang di essere bollata come la solita lamentela sterile di noi terroni. Diverso il giudizio sulla positività della valenza “borbonica” della vicenda, che testimonia gli enormi passi avanti che sta facendo il recupero della nostra
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IL FOCUS
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PO LLIO DE PISCO
TU di carriera I primi 50 anni ionali Gli atleti merid Un racconto cacciatori d’oro parte da Milano Spagna che dall’America alla
LO SPORT
memoria storica nell’immaginario collettivo, anche da parte di chi non appartiene ai “Neoborbonici”, associazione che – è bene ricordarlo – per prima ha portato quel vessillo nelle curve dello Stadio San Paolo in tempi meno sospetti e assai più difficili di quelli attuali. Comunque la si voglia giudicare, l’operazione evidenzia un ulteriore atto di coraggio da parte del presidente Aurelio De Laurentiis ed una presa di coscienza sempre più ampia da parte del popolo napolitano, che oggi riporta in Europa un vessillo che vi arrivò e ci stette molto tempo prima dell’italietta flicfloc. Con buona pace di chi, non riuscendo a cogliere la grande modernità e necessità di un’Europa dei popoli, si limita ad archiviare la nostra bandiera come un nostalgico retaggio da “parrucconi”. So che queste persone sbagliano in buona fede, dunque, le aspetto “Vent’anni dopo”, rubando il titolo di un libro del quale non cito l’autore per ovvi motivi “spionistici”. Intanto…Forza Napoli!
Per ricevere Il Brigante puntualmente a casa senza perdere neanche un numero è possibile abbonarsi inviando una Email a info@giammarinoeditore.it indicando il proprio indirizzo, il tipo di abbonamento ed il telefono [meglio se cellulare] ove mai il corriere trovasse difficoltà nella consegna. Il pagamento avverrà in contrassegno al ricevimento della prima copia del giornale e sarà valido per un anno [12 numeri].
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TOPONOMASTICA, OK PER DANIELE E CACCAVALE. MA PERCHÈ LA CITTÀ DIMENTICA ACHILLE LAURO?
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A
pochi mesi dal- almeno fino ad ora ad la morte, Pino oltre 30 anni dalla sua Daniele ha una morte. strada che lo (Achille della Ragione) ricorda, e già si parla di dedicare piazzetta Augu- Caro Achille, steo a Caccavale, patròn dell'omonimo teatro. Ma quanto dovrà ancora Per scrivere al direttore aspettare Achille Lauro, sui fatti del nostro Sud ail prima che il Comune inviare una m decida di dedicargli una a info@ilbrigante.com piazza? Se il sindaco non lo conoscesse ci permettiamo di ricordargli che conosco bene il tuo impeparliamo del più grande gno per il recupero della armatore del mondo di memoria del “Comandantutti i tempi, del sindaco te” testimoniato da numeplebiscitario, del presi- rosissime pubblicazioni di dente a vita del Napoli e articoli, libri ed incontri potremmo continuare a pubblici, e dettato dalla lungo, ma è tutto inutile, passione civile. Credo che
Dispacci al capobanda
la figura di Achille Lauro continui a scontare l’esser stato bollato per un modo di fare politica, al suo tempo d’uso generale, ma a lui mai perdonato probabilmente in quanto napoletano: qualcosa di non troppo dissimile da quanto avvenne per il Presidente Giovanni Leone il quale fu addirittura costretto a dare le dimissioni per una serie di attacchi ed insinuazioni successivamente dimostratisi falsi. Al punto tale che furono proprio Marco Pannella ed Emma Bonino, capofila nell’attaccarlo a testa bassa, a riconoscere il proprio errore ed rivalutarne pubblicamente la figura. Il riconoscimento radicale avvenne nel 1978, esattamente vent’anni dopo le storiche dimissioni presentate da Leone il 16 giugno del 1978. Per Achille Lauro sono passati dieci anni in più: giriamo queste valutazioni alla ben riconosciuta sensibilità del Sindaco Luigi De Magistris e dell’Assessore alla Cultura
Nino Daniele. In più, ci permettiamo un suggerimento alla commissione per la Toponomastica: ma non vi sembrano eccessive le presenze di nomi legati all’invasione piemontese sulle vie di quella che fu la Capitale del Sud? E se ci dessimo una bella sfoltita? Magari con un bel taglio
all’Umberto, giusto per rispettare un minimo di “par condicio”.
CAMPAGNA ABBONAMENTI 2015 QUESTI I TRE LIVELLI DI ABBONAMENTO
1) “BRIGANTE” Costo € 24,00
2) “LUOGOTENENTE” Costo € 50,00 (OMAGGIO SPILLINO IL BRIGANTE)
3) “CAPOBANDA” Costo € 100,00
(OMAGGIO MAGLIA IL BRIGANTE)
IL RUOLO DEL FEDERALISMO NEL CAMMINO DEL MEZZOGIORNO
la Storia
È
ben nota l’origine del termine “federale” dal latino foedus=alleanza,c
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ETTORE D’ALESSANDRO
luppo dell’ideologia federale nel mezzogiorno si fa risalire alla fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX con l’avvento delle moder-
Appartennero, inoltre, a questa fase storica postnapoleonica quegli studiosi meridionali dell’area cattolico-moderata, che si
Libro di Insogna, 1897
onvenzione,patto, da cui la formula cum foedero=unire con patto di reciproca fiducia (fides) usata talvolta nei rapporti politici tra quelle popolazioni italiche e non aggregatesi all’impero romano (un esempio nel Sud fu quello delle tribù s a n n i t i c h e ) . S e pensiamo,poi, alle colonie greche della nostra Magna Grecia è possibile ipotizzare la presenza di un’organizzazione politica di tipo “confederale”,basata su patto di alleanza governativa tra dette comunità sovrane, già da quei tempi lontani. Di fatto,la nascita e lo svi-
ne teorie rivoluzionarie giacobine. In particolare, si possono distinguere due fasi di diffusione del pensiero meridionalista sul federalismo: quella preunitaria ed altra post-unitaria.
Un modello federale, ipotizzato sotto i Borbone, prospettava la nascita dello Stato italiano nel rispetto delle autonomie degli esistenti regni preunitari: un regno del Nord, lo stato Pontificio ed il regno delle Due Sicilie (idea sostenuta da Michele Calmieri, dal calabrese F.S.Salvi, dal siciliano Di Micciché).
ispirarono al pensiero del Giorberti nel sostenere il principio federalista di autogoverno, rispettoso delle antiche tradizioni etico-culturali del regno di Napoli (sostennero il federalismo giobertiano: Massari, Cenni, Manna). L’ideologia federalista trapelò anche tra i repubblicani mazziniani (favorevoli ad una Repubblica unitaria accentrata) o quelli filoCattaneo (favorevoli ad una federazioni di repubbliche), che sostennero l’azione rivoluzionaria nel Mezzogiorno con i moti del ’20 e ’48(Ferrari,Pisacane). Infine, si ricordano
Luigi Angeloni (Dell’Italia, 1818), che fu favorevole ad un modello americanosvizzero, ed il padre Gioacchino Ventura (Discorso funebre pei morti di Vienna,1848 ) per il loro approccio all’idea federale. Tutti questi pensatori, spesso in lotta con il governo borbonico, della prima fase pre-unitaria finirono però con l’accettare il principio accentratore su cui si formò il nuovo regno d’Italia, all’indomani dell’unificazione per annessione al regno di Sardegna. Furono, così, sacrificati i principi di autonomia e indipendenza per l’idea della patria italiana retta da una classe politica piemontese,con rispettiva dinastia. Tali rivendicazioni libertarie divennero, invece, materia di lotta politica per le “fronde” legittimiste, legate alla corona borbonica spodestata.
Questo “regionalismo sanfedista” della fase postunitaria, favorevole ad un’Italia unita da stati autonomi ed indipendenti con rispettivi governanti alleati alla corona sabauda, trapelò già nel proclama del 15 luglio 1860 di re Francesco II ai Regi stati Continentali. Nel documento si prospettò di realizzare un “Alleanza Italiana”, formata tra gli stati settentrionali, retti dal regno di Sardegna con suo sovrano Vittorio Emanuele di Savoia, e quelli del mezzogiorno,
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sotto il regno delle Due Sicilie con suo re Francesco di Borbone. Simile progetto si confermò nell’ordine di servizio all’esercito, a firma dell’allora ministro della guerra Pianell, in occasione del proclama di formazione del “re Costituzionale, Alleanza Italiana,
Autonomia propria, Bandiera Italiana” per le province meridionali. Con detti atti governativi, si ribadì il rispetto dell’autonomia territoriale per tutte le popolazioni delle province del regno Due Sicilie, come già avvenuto per la Sicilia (le cui istituzioni governative furono riconosciute con l’Atto Sovrano del 25 giugno 1860, per il quale fu prevista la carica di “vicere” coperta da un principe
41 di Casa Borbone, nonché con il Proclama Reale dell’8 dicembre 1860, con il quale si garantì all’isola un parlamento separato e “la sua indipendenza amministrativa ed economica”). Il filo conduttore del federalismo borbonico fu, comunque, il rispetto dell’indipendenza ed autonomia della patria dall’apparato governativo piemontese, onde garantire dignità, pari opportunità di crescita e l’identità dei popoli meridionali.
Nel Proclama del 31 dicembre 1862 lo stesso re Francesco di Borbone, ormai in esilio in Roma, rivolgendosi ai suoi sudditi ribadì la lotta “reazionaria” per il diritto del popolo
Regina Maria Sofia 1860
la Storia meridionale alla “libertà e indipendenza”, onde poter riacquistare “la nostra autonomia”. Nella fase post-unitaria, quindi, si identificarono gli autonomisti del Sud Italia con le frange della reazione del partito borbonico, che fino al 1870 alimentarono insurrezioni e rivolte contro gli occupanti accentratori sabaudi. A conferma di tale etichetta, diffusa tra gli accademici filo-risorgimentali, il poemetto satira di Luigi Galli dal titolo “Le code aristocratico-autonomiste” (1861) evidenza una significativa descrizione di tali personaggi: “imbacuccandosi la brutta coda in un vocabolo d’ultima moda, da Sanfedisti fradici, tristi escono in maschera d’Autonomisti”.
Avvenne, pertanto, un capovolgimento delle posizioni di pensiero in tale periodo post-unitario: i liberali figli-rivoluzionari della repubblica franconapoleonica, contestatori del governo borbonico, passarono all’idea centralista ed accentratrice sabauda (diffidente della classe politica municipale del meridione, antropoligicamente -a detta del torinese Lombroso ed anche del siciliano Alfredo Niceforo- estranea ed inatta ai processi di modernità per il suo carattere violento e ribelle), mentre i legittimisti sostennero ardentemente l’idea federale della libertà ed indipendenza con programmi, scritti e giornali. Infatti, nelle pagine del giornale napoletano “Conciliatore”, redatto da Giovanni Gervasi (il questore Scoppa lo ritenne “uno dei più sfegatati borbonici”), numerosi furono gli appelli alla patria autonoma, subito dopo l’Unità. Successi-
Re Franc II 1870
vamente una forte campagna per gli ideali federalisti di indipendenza ed autonomia fu lanciata anche attraverso il giornale borbonico “Vero Guelfo”(poi “Nuovo Guelfo”), diretto da Luigi Gaeta(aiutante di campo del maresciallo Fergola nella difesa di Messina) sul finire del XIX secolo, nonché da Angelo Insogna su “La Discussione” oltre a Pietro Ulloa con i suoi “comitati legittimisti” e varie pubblicazioni.
La questione federalista nel Mezzogiorno si affiancò poi con la questione Meridionale e quella sociale, tanto che le “code sanfediste” si trovarono a cospirare a fianco degli anarco-socialisti, influenzati dalle idee del Proudhon e Bakunin, quali gli esponenti dell’organizzazione napoletana Libertà e Giustizia, il cui programma del 1867 inneggiava alle lotte libertarie per l’autonomia ed il socialismo del Meridione .
l’Agenda
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Appuntamenti del meridionalista
V CONGRESSO NAZIONALE DEI “COMITATI DUE SICILIE” Caserta - 10/11 Ottobre Sabato 10 ottobre 2015, presso l’hotel City in Viale Carlo III a Caserta, si aprirà il V Congresso Nazionale dei CDS - Comitati Due Sicilie. L’accoglienza inizierà dalle 14:00 mentre alle 18:00 si terranno una visita guidata a San Leucio e la presentazione del libro di Nadia Verdile “Carissima compagna mia…“ Domenica 11 si riapre alle 09:00 presso il Real Convitto Borbonico in San Nicola La Strada (Ce). Nel Pomeriggio la proclamazione dei nuovi eletti alla dirigenza nazionale. Il Brigante seguirà i lavori in una postazione dove le telecamere del Brigantiggì registreranno interviste e commenti e sarà possibile acquistare la maglia realizzata da Napolimania per i 15 anni della testata ed abbonarsi alla rivista ad un prezzo speciale per l’occasione.
SALON MADE IN NAPLES Beaucaire (Francia) - 9/11 Ottobre Evento realizzato dall’associazione “Notre Napule ’a Visionaire”, in collaborazione con la Confartigianato Napoli e con il patrocinio della Città Metropolitana e Comune di Napoli. L’appuntamento celebra le eccellenze napoletane in Provenza e rientra nel più ampio progetto dell’associazione “Notre Napule ‘a Visionaire”, presieduta da Massimiliano Verde, di internazionalizzazione della lingua cultura, storia e promozione di Napoli. Le nostre telecamere seguiranno l’evento CELEBRAZIONE DELLA BATTAGLIA SUL VOLTURNO Capua - Sabato 17 Ottobre Ritorna anche quest’anno, organizzata dall’Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie in collaborazione con la nostra testata, la rituale giornata commemorativa della Battaglia sul Volturno, che ha lasciato sul terreno molti valorosi ufficiali e combattenti, Caduti che qui si vogliono ricordare e celebrare. Il programma prevede nella prima parte mattutina una visita alle tombe degli ufficiali colà sepolti e la deposizione di una corona in memoria dei Caduti. Nel pomeriggio si svolgerà un convegno per chiarire perché si celebri una sconfitta. Ai saluti istituzionali di Giovanni Salemi dell’Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie e del Sindaco di Capua Carmine Antropoli, interverranno, tra gli altri, l’AD della Banca del Sud Aldo Pace, Maurizio Di Giovine, Fernando Riccardi e il nostro direttore Gino Giammarino che ricorderà i 15 anni della testata con un breve video.
IDENTITÀ IN MOVIMENTO Gaeta (LT) - 16/17/18 Ottobre Parte venerdì 16 Ottobre alle 16:00, presso la Sala Verde dell’Hotel Serapo, la consolidata tre giorni di incontri organizzato dalla Rete Tradizionalista delle Due Sicilie. Interventi e relazioni da una “Comunità di emozioni” per focalizzare idee e progetti condivisi per un Sud in movimento.
V CONGRESSO NAZIONALE DEL “PARTITO DEL SUD” Napoli - Sabato 24 Ottobre I lavori all’Hotel Alabardieri saranno aperti in mattinata dal Vice Presidente Nazionale Andrea Balia, cui faranno seguito gli interventi del Presidente Nazionale Natale Cuccurese che traccerà i passaggi politici vissuti dal Partito durante la sua ultima presidenza, gli obiettivi raggiunti i futuri scenari. Nel pomeriggio assemblea degli iscritti al movimento per presentare il programma politico, le modifiche statutarie di solo carattere amministrativo e le mozioni congressuali. In serata si svolgerà la votazione della Segreteria Nazionale e del Consiglio Direttivo Nazionale e la successiva proclamazione.
ottobre 2015