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Canto di Natale

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rmai il Natale era vicino, non mancava che qualche giorno. E ciò aumentava l’irritazione del signor Scrooge, rigoroso funzionario della Banca Centrale Europea il quale odiava tanto la festività quanto il clima proprio come il personaggio di Dickens, suo omonimo. Più si avvicinava la fatidica data, meno la gente che lo circondava pensava ai debiti ed al quotidiano affanno della vita: ecco, il pensiero che ci fossero ancora altri giorni per aumentare la distrazione della plebe dal PIL, gli creava un sordido fastidio che lo spingeva a chiudersi in sé stesso.

Detto per inciso, Scrooge detestava anche il presepe, l’albero e finanche il Crocefisso. Non si era sposato e non aveva figli: giudicando l’amore un sentimento ipocrita, non conosceva, anzi non aveva voluto conoscere gli affetti. Costretto ad uscire per alcune commissioni, eccezionalmente non bancarie, cercò di evitare accuratamente il contatto ed il saluto delle persone che incrociava, nelle quali egli vedeva soltanto le posizioni debitorie di chi le aveva. “Ridete pure - pensava tra sé con un ghigno soddisfatto - poi vedremo dove andrete a finire”. Ma tutto quell’inutile andirivieni lo aveva infastidito già oltre la soglia della sua sopportazione. Decise di rientrare a casa. Entrò, si mise a suo agio accendendo la TV per conoscere l’andamento della Borsa. L’emittente stava per man-

G INO G IAMMARINO

dare in onda il film “Canto di Natale” e Scrooge pensò di restare ancora collegato per qualche minuto per rivedere quel personaggio sul quale più volte lo avevano preso in giro. Fu allora che accadde il fatto.

Il fantasma della pellicola uscì dal video e gli si materializzò davanti: Scrooge sobbalzò dalla poltrona mentre il cuore sembrò fermarsi per alcuni interminabili secondi. L’entità, dopo alcuni minacciosi rimproveri sul suo stile di vita, tese la mano e gli intimò, con pacifica fermezza, un

perentorio: “Vieni!”. Trascinato dallo Spirito del Natale del Passato, Scrooge sorvolò i tetti di una Francoforte candidamente innevata, cercando di capire il suo destino e di parlare con il fantasma, ma questi non lo degnava della minima risposta, finchè non arrivarono alla finestra di una modesta casa di legno, piena di bambini che correvano e si agitavano tra l’albero e il caminetto, ansiosi di aprire i regali. Scrooge era sul punto di chiedere nuovamente spiegazioni, quando riconobbe la sua famiglia e sé stesso in quella che era stata la sua casa da piccolo. Rimase di stucco: ebbe un brivido per quel moto di emozione, stato d’animo a

lui sconosciuto, e restò a guardare. L’albero scintillante di luci e di addobbi, il presepe con le sue statuine, i colorati pacchi chiusi da fiocchi giganteschi, la tavola imbandita di prodotti genuini, con pietanze realizzate senza polveri e frutti senza limiti di centimetri come da normativa europea… Incredibilmente, cominciò a ricordarsi di essere stato diverso. Lo Spirito del Natale della tradizione stava aprendo una crepa nel bilancio delle sue certezze. Quale fu il suo stupore nel

ritrovarsi, improvvisamene e da solo, nello studiolo della sua ricca ed elegante casa! Neanche il tempo di tirare un sospiro di sollievo, che gli si parò davanti lo Spirito del Natale del Presente il quale, senza dire una parola, aprì il nero mantello che lo avvolgeva, scoprendo un video touchscreen sul quale lampeggiava la scritta “Clicca Qui”. Scrooge eseguì il comando non senza esitare, e si ritrovò nel soggiorno della casa di suo nipote, freddamente arredato da IKEA, dove la nonna guardava un film alla televisione, mentre papà, mamma e i due bambini erano immersi nei loro telefonini. Non una parola, niente

l’Editoriale

presepe, né albero, solo opere stilizzate, vagamente ispirate alla tematica natalizia. Immerso in una scena più familiare, Scrooge chiese allo Spirito come mai quella famiglia non li vedesse. La risposta arrivò sul video del fantasma, consultando Wikipedia: non si vedevano neanche tra loro, immersi com’erano nella tecnologia. Al più, si scambiavano SMS, gli rispose lo Spirito su Whatsapp.

Non fece in tempo a replicare. Si ritrovò in una landa buia, fredda e arida. Nero, più spettrale degli altri, e ripiegato su sé stesso, al suo fianco il Fantasma del Futuro, entrambi seguivano un corteo funebre. Scrooge immaginò che fosse il suo ed ebbe un nuovo brivido, ma si sbagliava. Il nipote, in coda davanti a lui, gli disse triste: “E’ il funerale della speranza, signore”.

Qualcosa sembrò improvvisamente rimescolarglisi dentro, avvertì che la vita vissuta fino ad allora non aveva senso. Solo allora sembrò realizzare che senza speranza non ci sarebbe stato neanche futuro. Nella confusione del momento, ricordò vagamente che qualcuno gli aveva parlato di una terra a Sud dell’Europa, a Sud dell’Italia, che si diceva possedesse il millenario segreto della vita, della gioia e della tradizione. Si ricordò, inoltre, di averle negato i fondi per lo sviluppo e, come in un moto di rivalsa, diede le dimissioni e chiamò l’agenzia di viaggi. Si ritrovò, dopo tanti anni, a sorridere di nuovo alle persone che incrociava tra i pastori e l’allegro caos di San Gregorio Armeno.


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In questo numero...


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dicembre 2015 DIRETTORE RESPONSABILE

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Editoriale

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Il focus Attacco alla tradizione gastronomica Il focus Albano Carrisi ed il suo canto per gli ulivi Il bilancio Expo, proviamo a fare il punto La ricerca Obesità infantile: il triste primato del Sud La politica Alle radici dell’odio La politica Tempi difficili tra attentati e mediazioni Il seminario Il Movimento 5 Stelle in redazione L’ impresa New d-economy ambasciatori del made in Sud Le imprese Speciale Natale: consigli per acquisti responsabili Il misfatto Balvano 8017: il treno della morte Il ricordo In casa Cupiello non si farà il presepe Il convegno Malasanità e Malagiustizia a Bari La tradizione Mito e realtà dell’olio La Gastronomia La minestra, una liturgia di pace La mostra Il viaggio di Ulisse...tra i presepi Il cinema Il nuovo film di Maurizio Casagrande La lettura Novità editoriale: Oltre la ringhiera Dispacci al capobanda La storia La tragedia della I Guerra Mondiale vista da Sud

GINO GIAMMARINO

VICE DIRETTORE

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SIMONA BUONAURA

HANNO COLLABORATO: SILVIA BASSI ALFREDO CALDERALE VITTORIO CROCE ETTORE D’ALESSANDRO GABRIELLA DILIBERTO ANTONIO GENTILE VALENTINA GIUNGATI ROSI PADOVANI RAFFAELE SANTILLO CARLA SCHIAVO SERGIO ZAZZERA

Piazza Stazione Centrale Piazza Garibaldi, 136 - 80142 Napoli www. il br igan te.it info@ ilb rig ant e.com Tel. 081 5542252

PROGETTO GRAFICO FRANCESCO CARDAMONE

FOTOGRAFO CIRO ANDREOTTI

STAMPA ARTI GRAFICHE NAPOLITANO NOLA (NA)

La rivista è stata chiusa il giorno 7 Dicembre alle ore 14:00 Autorizzazione Tribunale Napoli n. 5159 decreto 22/11/2000 ANN O 15 - N UMER O 54


TRADIZIONE GASTRONOMICA È ATTACCO SU TUTTI I FRONTI 6

il Focus

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carne, lio, latte: tre prodotti alimentari che fanno parte della dieta base dell’essere umano da sempre. Purtroppo, nell’ultimo periodo, per motivi più o meno rilevanti, sono finiti nell’occhio del ciclone, tanto da farne crollare il mercato.

OLIO, TRA XYLELLA E CONTRAFFAZIONE È tra i prodotti maggiormente pregiati che si possono trovare nelle cucine di tutto il mondo. Quello italiano, soprattutto quello del Mezzogiorno, è il migliore di tutto il pianeta. Quello pugliese è conosciuto in tutti gli angoli della Terra per le sue caratteristiche uniche e inimitabili. Parliamo dell’olio di oliva, che sta vivendo l’anno più nero della sua gloriosa esistenza. Tutto è partito proprio dal Salento, quando è scoppiato il caso ‘Xylella fastidiosa’, un batterio in grado di indurre pesantissime alterazioni alla pianta

Giorgio Apostoli

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RAFFAELE SANTILLO

ospite, spesso letali. Ebbene, questo sgradito visitatore ha colpito gli appezzamenti olivicoli della splendida regione del Sud, determinando l’abbattimento di numerosissimi alberi in tutta la zona. Oltre a questo dramma, nelle ultime settimane, è scoppiato il caos sulle presunte pratiche commerciali scorrette. Ecco quello che è successo. È partita un’indagine per frode in commercio sui manager di sette aziende produttrici di olio d’oliva. Secondo quanto segnalato, a seguito di test condotti dal laboratorio chimico dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli le caratteristiche organolettiche e chimiche dei campioni di olii sottoposti a verifica sono risultate inferiori ai valori previsti per qualificare l’olio come extravergine di oliva. Se fosse confermato, le condotte delle aziende, come detto, sarebbero qualificabili come pratiche commerciali scorrette. Dopo la diffusione della

Nicola Di Noia

notizia, l’Antitrust ha avviato sette istruttorie: sotto la lente dell’autorità garante della concorrenza e del mercato ci sono tre marchi del gruppo Carapelli (‘Carapelli Il frantoio’, ‘Bertolli Gentile’ e ‘Sasso Classico’), ‘Carrefour Classico’, ‘Cirio 100% italiano’, ‘De Cecco Classico’, ‘Prima donna Lidl’, ‘Pietro Coricelli Selezione’ e ‘Santa Sabina’. È nostro dovere far sapere ai lettori la residenza delle suddette aziende delle quali, guarda caso, nessuna è del SUD… Carapelli - fondata a Montevarchi il 23 settembre 1893 con sede a Tavarnelle Val di Pesa (FIRENZE) Carrefour Classico - azienda francesce Cirio 100% italiano - Fa parte del gruppo Conserve Italia che ha sede a San Lazzaro di Savena in Emilia-Romagna. Giusto per ricordare proprio qualche tempo fa l’azienda ci teneva a sottolineare che i suoi prodotti non provenivano

dal SUD! De Cecco Classico - Fondata nel 1886 a Fara San Martino (provincia di Chieti), ha la sua sede amministrativa a Pescara ed impianti produttivi dislocati a Fara San Martino (Chieti) e Ortona. Prima donna Lidl - azienda tedesca Pietro Coricelli Selezione azienda umbra

Santa Sabina - fabbricato da Colavita s.p.a., con sede a Pomezia (Roma) L’iniziativa è stata avviata sulla base delle segnalazioni arrivate da un’associazione di consumatori.

Per saperne di più, abbiamo contattato Nicola Di Noia, direttore CAA (Centro assistenza agricola), nonché responsabile nazionale del settore olio della Coldiretti. Direttore, cosa ci può dire a proposito dell’in-


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chiesta sulle pratiche commerciali scorrette che vede coinvolte sette marchi? «Siamo ancora in una fase d’indagine. Riteniamo che l’Antitust debba aiutare a fare chiarezza sulla destinazione finale dell’importazioni da record con l’arrivo dall’esterno nel 2014 di ben 666mila tonnellate di olio di oliva e sansa, con un aumento del 38% rispetto all’anno precedente. Sicuramente, con il prosieguo delle indagini si capiranno molte più cose». Cosa si sente di consigliare al consumatore? «Innanzitutto, voglio ricordare che dietro a molti marchi che sembrano italiani, ci sono prodot-

Ulivi infetti tagliati

ti di altre origini. Ad esempio la Bertolli e la Carapelli sono state acquisite da aziende spagnole. Proprio la Spagna è diventato il primo produttore al mondo

di olio. Al di là di questo, consiglio al consumatore di seguire dei corsi per approcciarsi al prodotto, un po’ come capita con il vino. Attraverso i sensi si può capire se un prodotto è buono o meno e se può portare dei benefici alla salute. Il consumatore scelga l’olio in base alla sua qualità».

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il Focus si trovano in una zona a rischio. Si tratta del primo caso di Xylella fastidiosa in Italia e del primo caso al mondo sugli ulivi, quindi non ci sono delle soluzioni completamente risolutive».

le per contenere la fobia. Occorre continuare a comprare l’ottimo olio pugliese perché, ripeto, la Xylella fastidiosa attacca l’albero che a questo punto non produce più olive e quindi

Cambiamo argomento e parliamo della terribile Xylella fastidiosa. Il fantastico olivo pugliese è veramente a rischio? «Occorre subito chiarire un aspetto. La Xylella attacca gli alberi; le piante contagiate non producono olive e quindi olio. Inevitabilmente, c’è stata una sostanziale diminuzione di prodotto, visto che sono

Cosa si sta facendo e si può fare per cercare di ridurre il fenomeno? «Con l’isolamento delle zona a rischio si può ridurre di molto il fenomeno, come del resto sta succedendo. Come Coldiretti ci siamo impegnati affinché l’Unione europea mettesse in campo interventi a favore degli agricoltori, che purtroppo non potranno più coltivare ulivi nei terreni considerati a rischio». Ed il fruitore di fronte a questo dramma come dovrebbe comportarsi?

LATTE E FORMAGGIO TRA PREZZI E TUTELA Altro argomento di continua attualità è quello riguardante il prezzo del latte. Anche in questo caso, faremo riferimento ad un’Europa che vuole distruggere le tradizione e adesso si capirà il perché. Per capire cosa accade in questo settore, abbiamo sentito Giorgio Apostoli, responsabile zootecnia della Coldiretti.

tantissimi gli ulivi infetti. Purtroppo, per il timore della diffusione di una epidemia irreversibile, sono state e saranno abbattuti anche alberi sani, ma che

«La parola dramma, purtroppo, è quella più adeguata in questo caso. Ritengo che, in questa fase, si debba mettere in campo una pratica cultura-

no in Italia? «Innanzitutto, occorre parlare della differenza di prezzi che c’è già all’interno del nostro Paese. Ad esempio, il latte campano

Qual è la situazione legata ai prezzi del latte bovi-


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rubrica illa Focus costa di più rispetto a quello nel prodotto lodigiano, che a sua volta costa di più rispetto a quello irlandese e della Bavaria».

Perché succede questo? «Ci sono molteplici motivi. Da quelli burocratici, al prezzo della manodopera fino ad arrivare a quelli legati ai trasporti che al Sud d’Italia sono maggiori rispetto a quelli del Nord.

Nell’ultimo periodo circolano voci circa la produzione di formaggi senza latte imposta dall’Unione europea. Quanto c’è di vero? «Le cose stanno effettivamente così. In Italia, c’è una norma vecchia di trent’anni che vieta l’utilizzo di latte in polvere per produrre formaggi. Noi della Coldiretti, con l’appoggio del ministero dell’Agricoltura, ci stiamo battendo affinché venga rispettate

di perdere questo primato».».

Protesta degli allevatori

Al di là di tutto, però, i prodotti caseari italiani sono unici, soprattutto perché accompagnati da processi di trasformazione unici al mondo».

Nelle ultime settimane ci sono state numerose proteste. A cosa hanno portato? «La manifestazione dinanzi alla sede di ‘Lactalis’ (azienda di proprietà francese che contiene i maggiori marchi italiani) ha portato sicuramente ad un risultato più che soddisfacente. Per i prossimi tre mesi, infatti, la ‘Lactalis’ alzerà i prezzi di acquisto del latte. Alla fine di questo periodo, occorrerà ritrattare l’accordo, per evitare la chiusura delle poche aziende rimaste in Italia».

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questa legge. Il ministero ha già inviato una lettera alla commissione europea competente, attraverso la quale sono state spiegate le ragioni del rifiuto da parte dell’Italia. Innanzitutto, puntiamo a non importare formaggi con latte in polvere di pessima qualità. Il settore lattiero-caseario del nostro paese è il migliore al mondo; non abbiamo alcuna intenzione

L’OMS E LA CROCIATA CONTRO LA CARNE

Una mazzata letale alla produzione di carne bovina e di maiale è arrivata dall’Oms che, alcune settimane fa, ha lanciato il seguente allarme: salsicce, prosciutto e carni rosse trattate possono causare il cancro. Ad illustrarci lo stato delle cose, è sempre Apostoli della Coldiretti: «Le affer-

Ulivo

mazioni dei rappresentanti Oms sono a dir poche ridicole. Gli stessi scienziati le hanno definite eccessive. Sembra che siamo tornati indietro di un decennio, quando scoppiò il caso aviaria. L’Oms diffuse dei numeri assurdi, si parlò di oltre 100 milioni di morti causati da questo virus. Ebbene, per fortuna, non è successo nulla di tutto questo, ma i danni per il mercato dei polli sono stati irrimediabili. Stessa cosa è accaduta adesso. Il settore, soprattutto quello della carne bovina, ha subito una mazzata tremenda con una perdita immediata delle vendite del 15%.

Adesso, ci vorranno degli anni per recuperare. Il mercato delle carni rosse e dei suini ha subito un grosso contraccolpo che definire devastante potrebbe sembrare un eufemismo». Ascoltando il parere di esperti del settore, dunque, c’è la netta impressione che molti allarmi nascono e muoiono nel giro di poche settimane, giusto il tempo per distruggere interi settori, in questo caso alimentari. Anche in questo caso, dobbiamo aspettarci la solita bolla di sapone, lanciata nel mucchio da qualche ‘potente’ per distruggere le nostre tradizioni?


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il Canto

“IL PIANTO DEGLI ULIVI” SIMONA BUONAURA

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ono tanti i personaggi popolari della televisione, del cinema, dello sport e del mondo della musica che non hanno voluto far mancare la loro voce a sostegno degli ulivi secolari pugliesi protestando con fermezza contro le eradicazioni degli stessi voluti dall’Unione Europea. Tra questi partendo dai pugliesi Giuliano Sangiorgi, voce dei Negramaro, Emma Marrone, Federico Zampaglione, passando poi per Samuele Bersani, Nadia Toffa, Claudia Gerini, Marco Materazzi, Sabina Guzzanti e tanti altri. Il simbolo di questa battaglia, però, non può che essere Albano Carrisi che da sempre ha voluto farsi definire il cantante contadino non solo per le sue ori-

gini ma soprattutto per l’amore che nutre per la sua terra e per la natura. Ma c’è un altro elemento che lo connota una volta in più a questo fenomeno : nel 1975 Albano cantava “Il pianto degli ulivi” un brano in cui parlava di quelle belle atmosfere del Sud, della campagna, della famiglia vista con malinconia da chi è dovuto partire sullo sfondo del pianto notturno degli ulivi. Forse una predizione su quanto poi 40 anni dopo sarebbe accaduto nella sua terra! In merito specifico alla questione il cantante, nel corso di quest’anno, ha avuto modo di dire la sua ed in particolare ha affermato: «Estirpare gli ulivi infettati dalla Xylella non serve, rischiamo di distruggere la nostra terra inutilmente – augurandosi poi

che la ricerca facesse il suo per risolvere la questione - È la ricerca che deve scendere in campo. Immaginare il Salento senza ulivi sarebbe come immaginare il Vaticano senza la Cappella Sistina, senza i santi, senza Dio». La protesta, tra polemiche e sodalizi è continuata, sino ad arrivare in segno di disapprovazione a Novembre a mettere un cartello su uno degli ulivi all’ingresso delle sue tenute con la scritta “Zona avvelenata” . Il cantante in ogni sua intervista non ha mai mancato di parlare con amore dei suoi ulivi anche in tempi non sospetti del problema Xylella. In occasione dell’uscita del suo cd “I capolavori di papà Al Bano“ Albano in un’intervista rilasciata a Roberto Allegri, al patto che la

facessero tra gli ulivi : “Vuoi che parliamo del nuovo cd? Allora facciamolo mentre passeggiamo tra gli ulivi. Andiamo a respirare il profumo della terra”, dichiarava: “Gli ulivi sono i nonni del mondo vegetale, nella mia tenuta ne ho 3500 e alcuni hanno quasi 2000 anni. È incredibile pensare a quante cose un albero così vecchio abbia potuto “vedere – poi alla domanda del giornalista che gli chiedeva se a Cellino ci fossero luoghi dove traeva ispirazione rispondeva - Ce ne sono diversi. Ad esempio la “collina delle mimose” che ho costruito nel mio bosco. È una collina tappezzata di mimose e erbe aromatiche. Ci si arriva salendo una scala di pietra bianca e, in cima, si è oltre la volta degli alberi. Sopra di te, hai solo il cielo. C’è un silenzio perfetto, c’è la carezza del vento, l’oceano di profumi che ti assale. C’è una grandissima pace e tutto lì si trasforma in musica. Poi, sempre nel bosco, c’è un laghetto dove spesso arrivano a pescare gli aironi. Lì accanto ho edificato una piccola torre di pietra leccese. Mi capita di rifugiarmi lì dentro al mattino presto. È un posto di grande suggestione e il canto degli uccelli suggerisce note struggenti”.


EXPO: FACCIAMO IL PUNTO il Bilancio

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ono i numeri a testimoniare il reale successo dell’Expo 2015, ospitata da Milano: 184 giorni di esposizione, una superficie espositiva di 1,1 milioni di metri quadri, 140organizzazioni internazionali coinvolte, oltre 20 milioni di visitatori presenti. Sei mesi in cui l’Italia ha accolto il più grande evento mai realizzato su tutto ciò che gravita attorno al mondo dell’eu-nutrizionismo. Mangiare sano è ormai diventato un must dell’epoca del consumismo e l’Expo, con i suoi stand, ha voluto mostrare al mondo che si possono rispettare i canoni del sistema Terra e quelli di salvaguardia degli equilibri. La grandezza degli spazi espositivi non ha però potuto nascondere il mare magnum di polemiche e critiche che necessariamente la manifestazione ha portato con sé. Si è partiti con gli strascichi giudiziari legati agli appalti per la costruzione delle strutture, passando per le critiche riguardanti il numero reale dei visitatori, per sfociare poi nel complicato sistema del postExpo che rischia di trasformare l’area dell’Esposizione in un’enorme cattedrale nel deserto. Quel che è certo è che mai prima d’ora l’Expo aveva attirato un numero così consistente di polemiche. Palcoscenico fin dagli albori londinesi del 1851 delle ambizioni del genere umano e

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CARLA SCHIAVO

degli avanguardistici sviluppi artistici, architettonici e culinari, l’Expo ha lasciato in eredità all’intera popolazione mondiale icone post-moderne come la Tour Eiffel. Ma se i francesi nel corso degli anni hanno saputo rendere la Torre un simbolo intramontabile, altrettanto non si può dire per l’Albero della vita, metaforica creazione in legno e acciaio – dal dubbio gusto estetico – che rappresenterebbe l’evoluzione umana e tutti gli aspetti dell’esistenza nel suo continuo e utopico obiettivo di ridurre le distanze dalle nuvole e dallo spazio e tanti ancora si chiedono se l’Albero della vita sia realmente la massima esposizione del “genio italico”. Ritornando sulla terra e rimarcando gli aspetti economici inevitabilmente legati all’Expo è mancata

sicuramente la trasparenza: resta avvolto da una coltre di mistero il reale incasso della società che ha emesso i biglietti: l’Expo spa, gestita per il 40% dal Governo per mezzo del ministero dell’economia, non ha reso note le cifre. Anche perché non è stato ancora possibile quantificare l’esatto numero di sconti e ingressi omaggio emessi. E poi ancora polemiche sulle file, chilometriche, tutte “italian style”: per visitare lo stand in Giappone in alcune giornate d’esposizione erano necessarie anche 10 ore di attesa. Con due ore in più, da Milano – e probabilmente con molto meno stress – si sarebbe potuto raggiungere Tokyo. Il paradosso dei paradossi è poi legato ai costi a cui erano sottoposti i visitatori una volta entrati negli stand: alcune esposizioni permet-

tevano di degustare gratuitamente prodotti tipici delle nazioni di riferimento. Chi ha visitato le esposizioni di Brasile e Kazakhistan è rimasto piacevolmente colpito, ma fanno da contraltare i tanti “fortunati” che hanno visitato gli stand più gettonati ma hanno dovuto sborsare un patrimonio per provare l’emozione del cibo sano proveniente dalla nazione di riferimento. E se Manzoni scriveva “fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza”, il bilancio che lo stesso Manzoni avrebbe tracciato dell’Expo sarebbe sicuramente stato deficitario. Ci doveva essere un bagno di folla, i numeri dovevano supportare il notevole esborso degli enti ma il risultato è apparso deludente. L’Expo 2015 ha quindi 2,3 miliardi di motivi per essere giudicata un flop.


OBESITÀ INFANTILE

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la Ricerca

IL TRISTE PRIMATO DEL SUD

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all’indagine “ L’ o b e s i t à infantile: un problema rilevante e di sanità pubblica” (2015), a cura dell’Osservatorio e Metodi per la Salute del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’università “Milano Bicocca”, diretto dalla prof. ssa Mara Tognetti, che raccoglie le principali ricerche nazionali ed internazionali in materia di alimentazione, emerge che l’Italia è uno dei Paesi europei più colpiti dal fenomeno dell’obesità infantile: nel nostro paese la prevalenza di sovrappeso in età pediatrica supera di circa 3 punti percentuali la media Europea, con un tasso di crescita/annua dello 0,5-1%, pari a quello degli Stati Uniti. Le indicazioni emerse dalla prima rilevazione del WHO COSI Program evidenziano che i bambini italiani più soggetti a disturbi alimentari hanno tra gli 8 e 9 anni: a quest’età, 1 bam-

bino su 4 è obeso e 1 su 2 sovrappeso; tra le bambine le percentuali scendono rispettivamente al 16% e al 41%. Diverse ricerche, riferite al contesto italiano, mostrano che, estendendo il campione tra i 6 e gli 11 anni, è sovrappeso 1 bambino su 4 (23,1%) mentre 1 su 10 (9,8%) è addirittura obeso. In ambito continentale obesità e sovrappeso prevalgono tra i minori dei paesi mediterranei (con percentuali che oscillano tra il 20 e il 36%), piuttosto che in quelli del nord Europa (tra il 10 e il 20%). Anche in Italia il fenomeno ricalca le stesse differenze geografiche, con percentuali che vanno dall’8,2% al Nord, al 9,3% del Centro fino al 15,2% del Sud. La regione più colpita dal fenomeno è la Campania, dove 1 bambino di terza elementare su 2 è obeso o in sovrappeso; seguono Puglia,Molise, Abruzzo e Basilicata, che evidenziano percentuali superiori al

40%. Gli adolescenti italiani in sovrappeso tendono a diminuire con l’aumentare dell’età, confermando la maggiore esposizione delle generazioni più giovani: a 11 anni ne soffre 1 ragazzo su 3 e 1 ragazza su 4; un dato che, raffrontato alle rilevazioni sui quindicenni, decresce, per ambo i sessi, di circa 10 punti percentuali. I fattori che determinano l’obesità, oltre a quelli di natura genetica, sono principalmente legati al contesto socio-economico, familiare e agli stili di vita. Diverse indagini concordano nell’attribuire maggiore predisposizione a diventare obesi a soggetti che vivono in condizioni “disagiate”. Il dato più preoccupante riguarda però l’impatto dei genitori sull’alimentazione dei minori. Solo il 44,7% di loro conosce le regole della sana alimentazione (Censi). I dati dell’indagine “OKkio alla Salute” confermano una disinformazione diffusa da parte degli adulti in materia di dieta alimentare. Il 37% delle madri di figli in sovrappeso non ritiene “eccessiva” la quantità di cibo che i mangiano i bambini, mentre solo il 29% di esse afferma il contrario. Inoltre solo 4 mamme su 10 reputano insufficiente l’attività motoria svolta dal figlio. Sul versante delle abitudini alimentari è altrettanto importante la percentuale di coloro che adottano comportamenti scorretti: 1

bambino su 10 salta la prima colazione, mentre 3 su 10 la fanno in maniera sbilanciata (troppi carboidrati o proteine); 2 bambini su 3 fanno una merenda abbondante a metà mattina. I genitori dichiarano che 4 bambini su 10 consumano quotidianamente bevande zuccherate e/o gassate e il 22% non mangia tutti i giorni frutta e verdura. Dall’indagine Zoom8 emerge inoltre che 1 intervistato su 2 non mangia “mai o quasi mai” legumi e solo 1 su 5 lo fa 2-3 volte a settimana, come raccomandato. 1 su 7 si alimenta con insaccati una o più volte al giorno. Il consumo giornaliero di cibi ipercalorici è un fenomeno largamente diffuso: 1 bambino su 3 mangia quotidianamente snack e 1 su 4 consuma bibite zuccherate. In alcune circostanze anche più volte al giorno (nel 3,5% dei casi per i primi, 17% per le seconde). Anche uno stile di vita sedentario concorre all’obesità in età pediatrica, poiché strettamente correlato al consumo di questi cibi. 1 bambino su 6 dichiara di non aver fatto attività fisica nel giorno precedente all’indagine, o di fare sport un’ora alla settimana; 4 su 10 confessano di avere la tv in camera; 1 su 3 di restare incollato al televisore o ai videogames per più di 2 ore al giorno, mentre solo 1 su 4 dichiara di andare a scuola a piedi o in bicicletta.


la Politica

C’era una volta nel deserto un cucciolo di leone che era cresciuto tra le pecore e il cucciolo pensava di essere una pecora anche lui, e belava e scappava di fronte ai cani. Poi, un giorno, un leone passò di lì e gli mostrò il riflesso in una pozza d’acqua e scoprì ciò che era davvero. Cominciò a ruggire. I cani fuggirono. Ecco: noi siamo musulmani, non pecore, non dimenticarlo più. Ci avete sfruttato per secoli. Ora è finita.” In questa storia citata da Domenico Quirico si può intravvedere, in breve, il manifesto politico dell’Isis che, servendosi dell’estremismo religioso, ha dichiarato una guerra non convenzionale all’odiato Occidente. Una guerra feroce, che alimenta una mattanza di civili indifesi, di riti barbarici praticati oltre i limiti dell’immaginabile. Una lunga scia di sangue ha attraversato Parigi, Madrid, Londra, Tunisi, Baghdad, Ankara, il Cairo, la Somalia, il Pakistan, il Kenya, il Sudan, Beirut, la Nigeria, fino al Mali. Questo fondamentalismo religioso esalta la potenzialità totalizzante dell’Islam, in quanto sistema globale non solo religioso, ma anche politico, giuridico e sociale. E questo fondamentalismo ha una sua storia e ha i

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ALLE RADICI DELL’ODIO ANTONIO GENTILE

suoi “padri fondatori”: si tratta di Hassan al-Banna, ideatore nel 1928 dei Fratelli Mulsumani in Egitto, e di Abul al-A’la al-Maududi,

dei vari regimi. Partito dalla rivoluzione khomeinista del ‘78-’79, il “risveglio” dell’Islam assume un valore unificante per la tenden-

fondatore nel 1941 della Jamaat-e-Islami nel subcontinente indiano. Per loro, le società musulmane contemporanee non avevano più nulla di islamico, in quanto i relativi stati avevano abbandonato i principi originari e introdussero un Islam militante più affine all’ideologia politica. La soluzione, quindi, era il ritorno alle origini, ai fondamenti individuati nel modello autentico creato da Maometto in Arabia. Negli anni Settanta, poi, i movimenti fondamentalisti divennero la principale forza di contestazione nel Medio Oriente, approfittando del crollo delle ideologie nazionali o socialiste

za a riproporre un modello di fusione tra religione (Din) e Stato (Dawala), quale reazione al fallimento dell’ideologia panaraba nazionalista nel promuovere un reale processo di sviluppo nell’area musulmana. La capillare diffusione della visione radicale islamica è certamente riconducibile al bisogno di offrire soluzioni pratiche a problemi contingenti della società islamica privata di una vera identità politica. Con un processo di “restaurazione ideale” dei valori originari dell’Islam, una nuova classe politica cerca di trasformare le condizioni

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sociali ed economiche di un popolo umiliato ed estromesso dal modello di vita dell’Occidente capitalistico.

Naturalmente, la sola analisi storica, non ci fa comprendere quali sono le reali cause di questa violenza politico-religiosa che spinge migliaia di giovani musulmani a trasformarsi in “Shaid” - martiri in termine coranico -, disposti a sacrificare la propria vita, magari nella prospettiva di raggiungere subito il Paradiso portando strage tra i “nemici”. Ci sono certamente due elementi di fondo che alimentano l’esplosione di questo estremismo. Il primo elemento, come abbiamo già sottolineato sinora, parte da una motivazione politico-religiosa secondo la quale la decadenza araba e musulmana è dovuta all’abbandono della tradizione coranica. Solo il ritorno all’applicazione della tradizione integrale della legge coranica (Sharia), può far rinascere la gloriosa civiltà islamica e riproporre i mitici tempi del Califfato e degli Abbasidi. E in questa ottica bisogna rigettare la modernizzazione occidentale, quella degli “infedeli”, che va possibilmente distrutta. Nei cosiddetti “versetti della spada” della Sura IX del Corano, cosiddetta della conversione, è scritto:


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“Quando poi saran trascorsi i mesi sacri, uccidete gli idolatri dovunque li troviate, prendeteli, circondateli, appostateli, ovunque in imboscate. Se poi si con-

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que, un odio teologico contro l’Occidente diffuso dalle scuole coraniche. In realtà, questo terrorismo è meno irrazionale di quanto si pensi e ha trova-

la Politica

zione nella quale vivono migliaia di immigrati prigionieri nelle periferie delle nostre metropoli, nelle Banlieue parigine, nelle malfamate enclave etniche

simile a quello che genera e alimenta la ricca e musulmana Arabia Saudita. Lo stesso Sud Italia, forse la macroregione più umiliata, sfruttata e marginalizzata d’Europa, con oltre venti milioni di abitanti, almeno sinora, non ha percorso, dopo il periodo del Brigantaggio, la strada dell’insurrezione armata, anche se, per alcuni, le organizzazioni mafiose oltre ad una valenza criminale, hanno evidenziato anche espliciti aspetti di ribellismo armato.. Oriana Fallaci, nel 2005,

londinesi, nei quartieri pericolosi di Bruxelles come Molenbeek, Anderlecht e Botanique, allora la miscela è bella e pronta. Ed è proprio da questi “ripudiati” gettati nel niente sociale, da questi “scarti umani” che possono solo inventarsi codici fuori linea, codici ribelli, che nasce l’odio, il delirio assassino, l’esca della fuga nel trascendente. Ovviamente, tutto questo non può nascondere che il terrorismo è una malattia interna al mondo musulmano, che colpisce non solo l’Occidente, ma anche buddisti, indù e gli stessi gruppi sunniti e sciiti. Né può valere solo la motivazione sociale del terrorismo. Il sud America cristiano, pur travolto da mille problemi, non ha mai prodotto un fenomeno

scriveva: ”ho il diritto di odiare l’Islam”, denunciando il processo di islamizzazione dell’Europa (Eurabia) e l’inerzia dei nostri governanti.

Musulmani a Milano

Oriana Fallaci

vertono e compiono la Preghiera e pagano la Dècima, lasciateli andare, poiché Dio è indulgente, clemente”. Da questo versetto si può comprendere come l’interpretazione del Corano, in più parti non è univoca e, secondo alcuni, può essere la giustificazione per l’uccisione di massa degli “infedeli”.

Il secondo elemento parte sostanzialmente da una errata interpretazione della cultura politica occidentale, secondo la quale il terrorismo che nasce nel mondo islamico (e non solo) ha l’obiettivo unico di annientare la civiltà occidentale insieme ai suoi valori di democrazia, libertà, Stato di diritto (Rechtsstaat), economia di mercato. Ci sarebbe , dun-

to impulso nella guerra del Golfo del’91 che ha colpito il mondo islamico nei suoi luoghi sacri, nella sua civiltà, nella sua religione.

La guerra voluta da George Bush ha provocato la morte di 300.000 persone, non solo iracheni, ma anche palestinesi, sudanesi, giordani ed egiziani. È stata la dimostrazione della invincibilità degli Stati Uniti e dell’Occidente che, ancora una volta, hanno umiliato i paesi islamici attraverso un controllo militare, attuato con il fine di consolidare e difendere politiche neocoloniali legate in gran parte allo sfruttamento e alla gestione delle risorse petrolifere. Se a questo aggiungiamo la condizione di emargina-

Noi pensiamo invece che l’odio non possa essere la soluzione di questa tragedia globale. Anche se non c’è giustificazione a questa “macelleria” che fanatici estremisti chiamano “guerra santa” e che richiede decisionismo e mano dura per contrastarla, preferiamo concludere riprendendo le parole di Antoine Leiris, cui i terroristi, al Bataclan, hanno ucciso la moglie: “non avrete il mio odio, non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte“.


TEMPI DIFFICILI

la Politica

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ueste ultime settimane sono state drammatiche. Dei mostruosi attentati di Parigi del 13 novembre si parla in questo stesso numero e quindi qui si può brevemente riflettere su alcune conseguenze di quegli atti sciagurati: il senso generale di paura che attanaglia molte persone riluttanti a riprendere il ritmo normale della vita e il restringimento delle libertà individuali e collettive sacrificate dai governi all’esigenza della sicurezza. Così mentre i bombardieri francesi e russi sganciavano grappoli di bombe sullo Stato islamico, il governo di Parigi ha notificato al Consiglio d’Europa che

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ALFREDO CALDERALE

non rispetterà alcuni dei diritti previsti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo a causa dell’applicazione di una specie di Patriot Act che sta per essere approvato rendendo definitive e magari aggravando le misure urgenti già in vigore. Inoltre nella domenica del 29 novembre, giornata di apertura della XXI conferenza dell’ONU sui cambiamenti climatici, sono state fermate 200 persone che erano tra le migliaia di manifestanti che, individuando nel forsennato sfruttamento delle risorse naturali a fine di profitto la causa del riscaldamento del pianeta, come Papa Francesco ha insegnato nell’enciclica Laudato si’, si erano ostinati a dar vita a una manifestazione

“anticapitalista”, vietata per motivi di sicurezza e che si è sovrapposta a un’altra manifestazione di silenziosa protesta.

In Grecia, il governo Tsipras, impegnatosi a contrastare le ricette recessive imposte dai creditori, ne ha invece fatto approvare alcune. Quella più odiosa consente alle banche di mettere all’asta le case dei debitori insolventi sicché sembra che, a conti fatti, risulterà protetta solo il 25% delle persone a rischio di perdere la propria abitazione. Questi provvedimenti hanno permesso di sbloccare un’altra tranche di aiuti di 2 miliardi di euro che si aggiungono ai 10 miliardi destinati alla ricapitalizzazione delle banche. Tsi-

pras ha perso 3 parlamentari dissenzienti e la sua maggioranza, già esigua, è stata erosa, situazione non gradevole in vista della discussione sulla riforma delle pensioni che, in concreto, significherà altri tagli da cui il governo si propone di escludere gli assegni il cui ammontare è inferiore ai 1.000 euro. Tsipras spera che, fatti diligentemente i famosi “compiti a casa”, potrà negoziare la ristrutturazione del debito. Mentre queste cose accadevano ad Atene, alla frontiera con la Macedonia 2000 migranti , abbandonati a se stessi, premevano per entrare in Grecia. In Portogallo il socialista Costa è finalmente riuscito a fare il governo frutto


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dell’alleanza dei partiti della sinistra e adesso sta preparando la legge finanziaria da sottoporre all’ap-

provazione di Bruxelles, alquanto sospettosa verso coloro che si sono impegnati a voler almeno atte-

nuare l’austerità che ha distrutto socialmente il Paese. Coloro che fuggono dal

la Politica delle frontiere. Si calcola, infatti, che 1.500.000 clandestini siano giunti in Europa attraverso la Turchia

Rifugiati siriani

Costa primo Ministro Portogallo

Tsipras, discorso all’Europarlamento di Strasburgo

Medio Oriente e dalle altre zone di guerra e di fame dell’Africa subiscono i danni collaterali degli attentati di Parigi. Già sottoposti a controlli più drastici perché si dice che tra di loro si nascondano terroristi dell’ISIS sono stati oggetto di un accordo tra UE e Turchia stipulato, il 29 novembre.

Così la Turchia, partner difficile perché considerato da molti una “democrazia” dedita alla violazione dei diritti umani e politici, alla repressione feroce della minoranza curda (il 28 novembre è stato assassinato l’avvocato filo curdo Tahir Elci) è stato elevato per l’occasione elevato al rango di key strategic partner anche perché si vuole impegnarlo più a fondo nella c.d. coalizione determinata a combattere l’ISIS possibilmente senza abbattere altri aerei degli alleati, com’è successo al caccia russo. L’accordo prevede la dazione di 3 miliardi di euro da destinare ai controlli (pardon, all’assistenza) dei rifugiati siriani e a una più efficace vigilanza

negli ultimi anni.

Lega questi diversi avvenimenti un filo sottile. Le politiche di austerità, impoverendo vaste fasce di popolazione in Europa, rendono moltissimi più refrattari alla solidarietà verso i dannati della terra considerati come coloro che sottraggono loro le poche briciole dell’assistenza sociale e indicati indistintamente come clandestini e terroristi da una classe politica che. interessata a distogliere l’attenzione dalle politiche di austerità, indica in essi veri nemici e finge di dimenticare, anche in relazione ai miserabili attentati di Parigi, le responsabilità storiche, passate e recenti, dell’Occidente che, impoverendo con la complicità dei governi locali, sterminate masse di persone, le ha spinte ad abbracciare condotte disperate ed assassine, che, prevedibilmente continueranno se non si cambia radicalmente il modello di sviluppo di quelle aree del mondo.


IL MOVIMENTO 5 STELLE AL BRIGANTE PER UN GIORNO

il Seminario

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a redazione de Il Brigante ha ospitato un “Seminario sul Mezzogiorno” organizzato da alcuni parlamentari del Movimento 5 Stelle per confrontarsi con professionisti, economisti e professori sulle linee di sviluppo possibili per il nostro Sud. Nel neonato “Spazio&idee” della Giammarino Editore, un’intensa giornata di lavori (iniziata alle 10:00 del mattino di giovedì 3 Dicembre e conclusasi alle 19:00 senza distrazioni se non per una pausa di mezzora per pranzo) ha fotografato la missione di laboratorio aperto sulla questione meridionale che la nostra testata vuole perseguire.

Sotto la lente di ingrandimento sonopassati il ruolo e i meccanismi distorti del sistema bancario, il danno apportato alla nostra economia da una burocrazia

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bizantina e tasse medioevali, la difesa, ma soprattutto la prevenzione dell’ambiente inteso come materia prima per il turismo, l’eterno gap con il Nord di infrastrutture, collegamenti e trasporti.

Per il Movimento erano presenti deputati, senatori e consiglieri di enti locali meridionali, ad ascoltare in religioso silenzio e senza interruzioni o protagonismi- il nutrito susseguirsi degli interventi da parte di Luigi Scipione, Canio Trione, Antongiulio De Robertis, Umberto Triulzi, Emiliano Brancaccio, Andrea Lupi, Dario Carrera, Antonino Galloni, Pierluigi Coppola, Marco Spinedi, Federico Pica, Antonio Lopes e Achille Flora. Un gruppo di professori provenienti da tutto il Sud per dare il proprio contributo ai lavori. Nel parterre del Movimento, tra gli altri, il Vice-presidente della Camera Luigi

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Lugi Di Maio

Di Maio, Sergio Puglia, Girolamo Pisano, Francesco Cariello, Luigi Gallo, Antonella Laricchia, Paola Nugnes, Nunzia Catalfo, Nicola Morra, Carla Ruocco.

Alla fine dei lavori abbiamo chiesto impressioni a caldo ad alcuni esponenti del M5S ed all’economista pugliese Canio Trione.

LUIGI DI MAIO Vice Pres. della Camera I governi degli ultimi vent’anni hanno trattato sempre la Questione Meridionale in maniera superficiale, interessandosi prevalentemente ad accaparrarsi i fondi europei. Io penso che non ci sarà una ripresa in Italia se non si risolverà prima il problema dell’emancipazione dei cittadini del Sud. Abbiamo


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bisogna lavorare di più in Parlamento perché le forze di maggioranza agevolano troppo le banche e trascurano le imprese.

Sergio Puglia

ascoltato degli esperti proprio per lavorare a delle riforme che tutelino gli interessi del Mezzogiorno. SERGIO PUGLIA Senatore L’Italia oggi è diventata il Meridione d’Europa e il Sud, con l’esperienza vissuta sulla sua pelle e che viene da lontano, può fare da modello per una risposta alla crisi che parta proprio da qui. Ecco perché siamo venuti ad ascoltare delle relazioni: per strutturare una proposta economica alternativa per lo sviluppo del Sud ma anche di tutta l’Italia. NICOLA MORRA Senatore Ci hanno fatto credere per lungo tempo che il Sud fosse fatto essenzialmente

di negatività e arretratezza. Oggi si sta scoprendo che non era vero in passato, tantomeno lo è oggi, come dimostrano le tante iniziative del territorio meridionale capaci di svilupparsi anche in un periodo così economicamente delicato. LUIGI GALLO Parlamentare La Questione Meridionale sta diventando la Questione Italiana in un’Europa che rivolge le sue politiche a favore dei Paesi del suo Nord. Stiamo cercando di lavorare anche per avere una scuola migliore, alla ricerca dei livelli minimi di prestazione nel campo dell’istruzione (asili nido, orari tempo pieno, ristorazione, e così via) e redistribuzione delle risorse in base alle necessità economiche delle famiglie.

CARLA RUOCCO Parlamentare Le Piccole e Medie Imprese sono il punto nodale dello sviluppo. Basano il loro sviluppo sulla creatività, materia prima che al Sud abbiamo in abbondanza. Noi del 5 stelle restituiamo i nostri stipendi mettendoli in un fondo grazie al quale ad oggi sono nate oltre cinquecento imprese. Ma

ANTONELLA LARICCHIA Cons. Regionale Puglia La moneta unica, come è stata pensata, sta distruggendo le nostre piccole e medie imprese. Ci sono tante realtà di monetazione parallela, spesso introdotte dai Comuni, che andrebbero approfondite. Le imprese devono ascoltare le vocazioni del territorio. Il sud ha una vocazione per artigianato, turismo, agricoltura, non le industrie pesanti che poi arricchiscono poche famiglie e neanche di meridionali. Dobbiamo essere noi stessi. NUNZIA CATALFO Senatrice Affinché torni il lavoro al Sud ci sarebbe bisogno di un importante piano di investimenti dettagliato, con un particolare indirizzo a quelle che sono le peculiarità del territorio. Se non si programma l’ultilizzo dei fondi europei in modo corretto non ci sarà mai uno sviluppo. Oltre che ad investire nelle aziende, si dovrà investire meglio anche nella preparazione al lavoro.

Canio Trione

il Seminario CANIO TRIONE Economista Il sud è la catena tornasole d’Italia e d’Europa, si gioca qui la partita contro un sistema che genera ricchezza dove già c’è, e povertà dove la povertà è già presente. Le questioni amministrative e burocratiche devono essere funzionali alla creazione dello sviluppo. Lo sviluppo può avvenire solo se all’interno delle piccolo imprese si acquisiscono i costi pari a quello dei nostri competitor d’Europa. Attualmente è in atto, invece, il processo di desertificazione delle imprese, ovvero la chiusura di quelle già presenti senza che ne nascano di nuove. Le banche collaborino con le piccole imprese, altrimenti perderanno anche loro la possibilità di esistere.

Carla Ruocco


MADE IN SUD

AMBASCIATORI DELLE AZIENDE

l’ Impresa

L

a realtà aziendale napoletana è in continua crescita, esistono oltre 600 start up con una presenza solida sul territorio, segno di una città all’avanguardia in materia, nuovi progetti e finanziamenti. Le stime dimostrano costantemente come la Campania sia incubatore di nuove realtà professionali e soprattutto punto di sviluppo di idee innovative che vengono esportate in tutta Italia. Un Sud vincente, in continuo fermento al punto da essere stato definito più volte la Silicon Valley nostrana, dove sono soprattutto i giovani tra i 30 e i 40 anni a creare nuove realtà imprenditoriali. Tra le aziende innovative di punta sul nostro territorio c’è la New D-Economy che si occupa di servizi fiscali e gestionali, offrendo un pacchetto consulenza che va da servizi telematici alla consulenza di tipo fiscale. L’azienda nasce nel 2013 grazie ad Alberto Falcone che ha maturato una lunga esperienza consolidata nelle attività di sviluppo e gestione aziendale, il progetto vuole rispondere alle esigenze sul territorio per servizi e consulenze professionali, ecco perché la rete è divenuta addirittura un franchising con presenza su tutto il territorio italiano. Un format innovativo che si occupa a 360° del mon-

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A CURA DI VALENTINA G IUNGATI

do fiscale e gestionale facendo così da supporto reale al cliente che può contare su una rete di validi professionisti. Abbiamo intervistato Alberto Falcone ideatore della nuova realtà franchising che ci ha spiegato il progetto nel dettaglio e cosa vuol dire avviare una nuova azienda al Sud..

Come è nata e si è sviluppata negli anni l’azienda? «Il Concept NEW D-ECONOMY nasce nel 2013 da un’idea del sottoscritto, oramai impegnato da più di un decennio nelle attività di sviluppo e gestione aziendale, coadiuvato oggi da uno staff nutrito di professionisti specializzati nei vari settori, soprattutto di taglio fiscale ed amministrativo. A seguito delle numerose richieste sul territorio nazionale di servizi e consulenze in grado di avvalersi del supporto della nostra professionalità ed esperienza, si è reso necessario creare un sistema in franchising che rendesse disponibili ed operativi i nostri servizi in tutte le regioni d’Italia, a partire dal nostro Mezzogiorno. Attualmente, infatti, oltre al nostro centro servizi pilota in Napoli, e ad altri centri in diversi Comuni Campani, siamo presenti anche in Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia, Lazio, Abruzzo, Molise, Umbria, Marche,

Il Fondatore Alberto Falcone

Ufficio sede principale

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Lombardia e Veneto».

In cosa consiste l’attività principale della New DEconomy? E quali sono i progetti futuri? «Il “core business” della NEW D-ECONOMY si incentra su specifiche aree quali la consulenza contabile e fiscale, la consulenza societaria, la consulenza finanziaria, la consulen-

competizione tra loro) NEW D-ECONOMY si propone di divulgare un’unica “Forma Mentis” e un unico “Modus Operandi” per rendere sempre più omogenee le notevoli incongruenze presenti nel mondo delle professioni. Attraverso la creazione del network si crea sistematicamente il “valore”, elemento fondamentale per la

Com’è la realtà imprenditoriale in Campania? «Devo dire che negli ultimi tempi si sono registrati segnali interessanti in merito allo sviluppo di “start up” imprenditoriali altamente innovative nei settori dell’agroalimentare, del turismo, dell’enogastronomia, della cultura e delle energie rinnovabili. Oggi in Italia, e nella

za del lavoro, la consulenza Marketing e l’Internazionalizzazione delle PMI. Ma sicuramente il punto forte della nostra attività consiste nella formazione ad un nuovo modo di fare consulenza, da trasferire

divulgazione della cultura d’impresa ed il miglioramento del tessuto sociale ed economico. Accanto al nostro processo di espansione nazionale, desideriamo, a breve termine, affiancarne un

nostra Campania in particolare, c’è urgenza di ambiziosi “cervelli” che riescano ad offrire appetibili innovazioni di prodotto e di processi, con uno sguardo attento alla sostenibilità economica ed ambientale.

soprattutto ai più giovani. La “Mission” è essenzialmente sociale: per evitare inutili dispersioni di energie, di tempi e di risorse legate ad un’eccessiva frammentazione degli enti di consulenza professionale (molto spesso in forte

altro a carattere internazionale, dato un sempre più spiccato interesse di soggetti esteri al nostro progetto “meridionale” di fare consulenza a privati, aziende, professionisti ed enti pubblici».

Presentazione del franchising

Anche l’idea d’impresa più semplice può essere foriera di un’elevata redditività ed economicità!».

Cosa significa lavorare al Sud, quali sono le reali difficoltà che si incontrano e quali invece i van-

l’ Impresa

taggi? «La “questione meridionale” sorta negli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia resta ancora di grande attualità. Di certo non possiamo trascurare elementi avversi allo sviluppo del nostro Mezzogiorno quali il peso della burocrazia, l’inefficienza istituzionale, la corruzione, la lentezza giudiziaria, l’economia sommersa, la disincentivante politica fiscale, la difficoltà di accesso al credito, ma accanto a questi, il male peggiore, a mio avviso, è rappresentato dal “vittimismo” e dall’incapacità o mancanza di volontà ad una reazione costruttiva. La bellezza dei nostri territori, le radici storiche e culturali, la fantasia e la creatività, invece, dovrebbero rappresentare i veri punti di forza per uno sviluppo economico e sociale!».

Sono molte le aziende che rappresentano un Sud vincente ed esportano modelli professionali, su cosa bisogna puntare per dare voce al meridione? «Nonostante le difficoltà tangibili del nostro territorio, aggravate da un contesto di crisi globale e tensioni internazionali, possediamo comunque i requisiti idonei ad una crescita sostenibile, partendo dalla valorizzazione delle nostre risorse naturali, storiche, culturali, da una maggiore divulgazione dei nostri prodotti tipici, da una concreta rivalutazione delle attività artigianali e manifatturiere, ed infine, da un rinvigorimento di ciò che effettivamente ci contraddistingue da tutti gli altri popoli della terra, ossia la nostra enorme carica di energia e di solarità».


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le Imprese

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REGALI DI NATALE?

PREFERIBILMENTE DAL SUD

e luci sono accese, le città si sono riempite di colori e addobbi natalizi e l’aria natalizia è viva come sempre. Natale è ormai alle porte, i negozi sono affollatissimi e la corsa per il regalo perfetto è iniziata. Con le feste i consumi aumentano e dopo una lunghissima crisi economica si intravede qualche segnale di ripresa con un aumento del 5% rispetto al 2014 per le spese sui regali. Un chiaro segnale di ripresa che lascia ovviamente ben sperare, potrebbe essere finalmente il primo Natale con segno positivo. Cresciuto il potere d’acquisto delle

Giampiero Castaldo

famiglie e la spesa per i consumi secondo i dati dell’Istat. Le famiglie investiranno di più anche sui prodotti per il Cenone, soprattutto al Sud dove si stima una spesa di circa 118 euro contro gli 83 euro del Nord. Complessivamente le specialità alimentari saranno al primo posto tra i regali (77%) seguite da libri (55%), capi d'abbigliamen-

to (52%), giocattoli (46%), profumi e cosmetici (40%), prodotti tecnologici a partire da smartphone e tablet (30%), elettrodomestici e mobili (15%), viaggi (15%), buoni d'acquisto (11%), gioielli (10%), cofanettivacanze (9%), auto, moto e scooter (5%). Come ogni anno il nostro consiglio principale è quello di investire in aziende del Sud, scegliendo prodotti realizzati nella nostra terra. A tal proposito abbiamo selezionato qualche idea accattivante per rendere questo Natale veramente interessante..

PASTICCERIA CHARLOT Antonio Castaldo dirige una delle pasticcerie più rinomate di Cardito (Napoli) dove ogni anno nel periodo natalizio vengono creati veri capolavori per il palato come il fantastico panettone con diverse varianti come ci ha spiegato lui stesso.. «Il panettone lo realizziamo nella variante con albicocche del Vesuvio, ai fichi e noci utilizzando solo prodotti campani. Questo è un prodotto che fa tendenza. Poi ovviamente ci sono tutti i dolci natalizi, roccocò, mostaccioli, cassate nelle varianti morbide che sono molto richieste. Quindi alcuni prodotti tradizionali sono un po’ cambiati ma non ci sono grossi cambiamenti perché al di là dell’innovazione e di qualche variante particolare noi spostiamo sempre la vendita sui prodotti tipici, anche se realizziamo creazioni moderne come quelle americane. Queste però

sono più per i giovani, la pubblicità compromette la nostra tradizione, noi non è che siamo contro ma ci teniamo ai nostri prodotti e vogliamo restare tradizionali con i prodotti della nostra terra».

PROFUMI DEI BORBONE

Un regalo per veri briganti.. Profumi dei Borbone propone tre varianti: Acqua della Regina, Acqua del Re e Acqua dei Borbone. I prodotti sono ordinabili


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direttamente dal sito e sono disponibili anche presso alcuni rivenditori sul territorio. La novità assoluta è la vendita itinerante.

LA SCARABATTOLA ARTE PRESEPIALE I fratelli Scuotto sono titolari della bottega d’arte presepiale presso Via Tribunali e hanno saputo magistralmente unire arte e tradizione diventando in pochi anni tra i maggiori rappresentanti della nostra tradizione in tutto il mondo… «Stiamo per inaugurare un presepe monumentale a New York presso la cattedrale di San Patrizio a Little Italy, l’anno scorso abbiamo realizzato un presepe in Terra Santa a Gerusalemme.. non abbiamo il personaggio famoso sul presepe perché non è nella nostra filosofia. Siamo attenti ad intervenire sul presepe tradizionale in chiave moderna ma nel modo giusto ci sono quindi il femminiello, i guappi, la donna nuda che si lava all’interno della propria abitazione, gli schiavi neri. Personaggi che come forza simbolica sono paragonabili a quelli del settecento, per questa ricerca attenta ci siamo accompagnati con Roberto De Simone». Donare un pastore è regalare arte, acquistare un pezzo fondamentale di tradizione che ogni giorno abilissimi scultori modellano coraggiosamente. CAFFÈ ARTIGIANALE PASSALACQUA Il caffè non è solo un rito ma una vera religione e Passalacqua è tra i migliori produttori in merito. Un’azienda napoletana

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per eccellenza che realizza bellissimi pacchetti e confezioni regalo composti da lattine di caffè torrefatto, tazzine e caffettiera napoletana. Un’idea originale, con raffigurazioni tipiche e varianti antiche e moderne. Immancabile come dono la versione con Eduardo De Filippo.

SUDBAZAR.IT Per chi non ha tempo di andare per negozi o per chi è lontano e vuole rimanere legato alla sua tradizione, il negozio online presenta esclusivamente prodotti del Sud Italia, le ordinazioni arrivano in tutto il mondo e i prodotti sono veramente moltissimi dai frutti di mare, alla pasta, alle bevande. Ci sono anche cibi senza glutine e senza lattosio.

IL PULCICORNO DI COSMOS Cosmos si trova a San Gregorio Armeno (Na) e realizza prodotti tipici napoletani, soprattutto corni portafortuna. La lavorazione è totalmente artigianale e principal-

mente in terracotta, vengono anche creati corni personalizzati su richiesta. I disegni sono estremamente ricercati e ideali anche

come elementi d’arredo. Il corno classico parte da un minimo di tre euro, pre-

le Imprese standosi dunque a tutte le tasche. È possibile anche fare ordini online al sito www.pulcicorno.com dove sono presenti molti prodotti e anche la loro storia. Un regalo sicuramente di interesse per i più scaramantici.. come si dice: non è vero ma ci credo.

QUID SPUMANTE FALANGHINA La linea Janare è il marchio d’eccellenza dell’azienda La Guardiense di Guardia Sanframondi (Bn) e lo spumente Quid brut rappresenta l’alternativa del Sud Italia al Prosecco. Uno spumante falangina prodotto sulle colline bene-

ventane, da veri intenditori. La cooperativa agricola è una delle più grandi in Italia fondata nel 1960 da ben 33 soci, oggi è simbolo di progresso tecnologico pur coniugando l’antica esperienza con moderne tecniche, opera sul mercato internazionale. La linea Janare nello specifico si compone di vini dagli aromi unici grazie al lavoro dell’enologo Riccardo Cotarella che ha saputo dargli vita. Quid ne fa orgogliosamente parte, prodotto in pianura a una prima fascia collinare dai 100/200 m slm. Un’idea regalo davvero preziosa per brindare con tutta la famiglia. (v.g.)


il Misfatto

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8017: IL TRENO DELLA MORTE

arzo 1944: gelida primavera di guerra, di distruzione e di morte. La Penisola è spaccata in due. Al sud stazionano gli anglo-americani e la cricca badogliana. Il centro-nord, invece, è ancora controllato dai tedeschi e dai reparti italiani che hanno deciso di seguire il Duce. A Napoli è impossibile trovare pane, olio, farina, sale, uova, frutta, carne, ortaggi. Troppo vicino il fronte con i rimbombi delle cannona-

te che si avvertono nitidi fin sotto il Vesuvio. Bisogna cercare altrove, magari nelle campagne lucane o pugliesi. Un bel cammino ma foriero di rosee prospettive. Iniziano, così, i “viaggi della fame”. Frotte di disperati si aggirano nei pressi

VITTORIO CROCE

della stazione sperando di salire su un treno diretto a sud. Operazione improba: solo due i convogli passeggeri che, in una settimana, collegano Napoli a Bari. Dunque si sale da clandestini sui vagoni merci profittando dei controlli non troppo rigidi. E poi tali convogli viaggiano quasi tutti i giorni.

deciso di fare il viaggio da “portoghesi”. Nel corso delle varie fermate il convoglio si riempie di clandestini. Il servizio d’ordine, affidato ad un drappello di militari italiani, è ben

Anche il 2 marzo del 1944 un treno merci, l’8017, parte da Napoli con destinazione Potenza. 47 vagoni, una ventina dei Il treno quali scoperti, trainati da

disposto a chiudere un occhio, anzi tutti e due, di fronte all’assalto di quei disperati. Fatto sta che sul treno trovano posto 600 passeggeri o giù di lì. Quasi tutti di Napoli e dei paesi limitrofi che si recano in “missione alimentare” nel potentino: la giornata è inclemente con freddo, pioggia e qualche fiocco di neve. Ciò malgrado il viaggio fila liscio almeno fino alla stazione di Balvano, piccolo comune a 400 metri di altezza, a soli 32 chilometri da Potenza.

due locomotive per superare le notevoli pendenze della linea. I carri sono quasi tutti vuoti: deve essere caricato, infatti, un ingente quantitativo di legname per la ricostruzione dei ponti distrutti dalle bombe. Un’occasione irripetibile per quanti hanno

Qui il treno si arresta: sulla linea a binario unico, poco più avanti, viaggia un altro convoglio che ha avuto un guasto alla locomotiva ed è stato costretto a fermarsi. La sosta si protrae per una quarantina di minuti. Poi l’8017 riprende la sua corsa. Una corsa di breve durata perché, improvvisamente, all’interno della “galleria delle Armi”, lunga 1.692 metri, si blocca. Le ruote scivolano sui binari

viscidi e il treno non riesce a proseguire il cammino. Anche perché ci si trova in un tratto con una pendenza del 13 per mille. Malgrado gli sforzi dei macchinisti che gettano palate

di carbone nella caldaia e sabbia sulle rotaie, non c’è verso di andare avanti. Ad un certo punto, anzi, il convoglio, che pesa oltre 500 tonnellate, inizia a retrocedere. I ferrovieri, allora, si vedono costretti ad azionare i freni e così il treno resta bloccato. È più o meno l’una del 3 marzo 1944. La tragedia si sta consumando silenziosa ma inesorabile. L’ossido sprigionato dalla combustione del carbone (il minerale di provenienza iugoslava, fornito dagli alleati, è di pessima qualità, con un’elevata percentuale di scorie, zolfo e ceneri) si diffonde velocemente nella galleria trasformandosi in una letale nube tossica. Tantissimi restano soffocati passando, senza accorgersene, dal sonno alla morte. Riescono a salvarsi soltanto quelli che, al momento dell’arresto del treno, sono rimasti fuori dal tunnel.

Soltanto dopo due ore i ferrovieri di Bella-Muro si


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non ci si preoccupa neanche di procedere al riconoscimento.

Ambrosino Antonio Vittima

accorgono che il treno 8017 non è transitato e decidono di andare ad ispezionare la linea: eppure tra le due stazioni vi sono soltanto 8 km. Nel frattempo a Balvano giungono trafelati e sconvolti due frenatori del treno maledetto che, scampati alle esalazioni, si sono incamminati al buio lungo la tratta in cerca di aiuto. Solo allora si mettono in moto i soccorsi. Giunti nella galleria si trovano davanti ad una scena apocalittica: centinaia e centinaia di morti. Parecchi stesi inanimati in mezzo alle rotaie. Intorno alle 5 il treno, rimorchiato, viene portato a Balvano con il suo triste carico di morte. Alle prime luci dell’alba un funereo rintocco di campane induce i balvanesi, con in testa il parroco, a scendere alla stazione. Sono loro che estraggono i corpi dal convoglio e li mettono in fila sul marciapiede. Accorre anche il medico condotto che si affanna nel tentativo di portare aiuto ai poveretti ancora in vita. Poi, però, da Potenza, arrivano gli americani e la stazione diventa off-limits. Nessuno può più avvicinarsi, neanche il sindaco, il medico, il sacerdote o il procuratore del Re. I cadaveri vengono tumulati in tutta fretta, senza alcuna cerimonia funebre, in tre fosse comuni, due per gli uomini e una per le donne, all’interno del cimitero cittadino. Così in fretta che

Quante furono le vittime? Difficile dirlo. Una lapide apposta qualche tempo dopo nel cimitero di Balvano parla di 509 morti, 408 uomini e 101 donne. Tra le vittime anche otto militari e sette ferrovieri: di questi si salvarono solo i tre frenatori di coda e il fuochista di una locomotiva che, svenuto, cadde sulle rotaie. Riuscì a farla franca un centinaio di passeggeri anche se essi, subito dopo la tragedia, non si fecero vivi temendo di essere puniti per il loro status di clandestini. Il comando alleato, e questa è la cosa più sgradevole, fece del tutto per nascondere o, quanto meno, per minimizzare l’evento che resta, invece, il più grande disastro ferroviario d’Europa. “Il Risorgimento”, giornale stampato a Napoli, l’unico autorizzato dagli alleati, il 7 marzo diffuse una notizia che parlava di alcuni morti

zo anche il governo Badoglio, da Salerno, si pronunciava sul disastro: “La sciagura deve attribuirsi alla pessima qualità del carbone fornito dal comando militare alleato perché già si era verificato, sulla stessa tratta, un caso di morte per asfissia del personale di macchina di un treno dell’autorità alleata”. Una commissione parlamentare d’inchiesta, dopo un excursus rapido e lacunoso, si affrettò a considerare la sciagura dovuta a cause di forza maggiore non imputabili ad alcuno. Al contrario una relazione stilata nel 1952 dal Ministero dei Trasporti concluse che il treno 8017 si fermò nella galleria perché il macchinista fu ucciso dalle esalazioni tossiche prodotte dalla combustione del carbone. Carbone che era stato imposto dal comando alleato e che non era adatto ad essere bruciato nelle locomotive in esercizio a quel tempo. Passato lo sgomento alcuni parenti delle vittime iniziarono un iter giudiziario presso il tri-

Le vittime del disastro

per asfissia in una località dell’Italia meridionale. Notizia che fu costretto a dare, sia pure in forma vaga, perché il giorno precedente, da Lisbona, era rimbalzato in Italia un comunicato dell’agenzia Reuters sulla tragedia di Balvano, subito ripreso dai giornali nazionali. Il 9 mar-

bunale di Napoli allo scopo di ottenere un risarcimento.

Il processo, lungo e tortuoso, si concluse nel 1959 quando gli uffici del Tesoro concessero 320 mila lire ai familiari. La sentenza inserì la vicenda del treno 8017 tra gli eventi bellici per i

il Misfatto

quali “viene concessa un’indennità per danni immediati e diretti causati da atti non di combattimento, dolosi o colposi, delle forze armate alleate”. Riconobbe, in parole povere, la responsabilità degli alleati. I quali, dal canto loro, more solito, non stettero troppo a preoccuparsene. Dopo aver tentato in tutti i modi di insabbiare l’accadimento (al sindaco di Balvano fu proibito di indagare, mentre nel 1946 l’inchiesta del Tribunale di Potenza venne archiviata non essendosi individuati gli estremi del reato), per salvare la faccia davanti all’opinione pubblica, aprirono un’inchiesta i cui risultati non sono mai stati resi noti.

Nel 1951 il “Time” scrisse che il governo alleato aveva fatto del tutto per occultare la tragedia soprattutto per evitare un effetto deprimente sul morale degli italiani, già molto scosso dalle vicende belliche. E mentre si giocava a nascondino, da Napoli e dintorni i parenti delle vittime di quel lugubre viaggio, iniziavano il mesto pellegrinaggio nel piccolo cimitero di Balvano. Molti non avevano neanche una tomba sulla quale piangere o pregare. Una madre, intervistata da un giornalista inglese nel 1962, così disse: “Non so di preciso dove è sepolto mio figlio, ma so che è vicino ai miei fiori”. Sono ormai passati più di settant'anni da quella terribile tragedia. Si ricordano tanti eventi ma non quel maledetto treno 8017. Forse perché il dramma vide protagonista gente affamata e poveri straccioni in cerca di un tozzo di pane. Una triste storia di miseria e di disperazione che non vale la pena di raccontare.


I

il Ricordo

l Natale è alle porte e, forse, all’indimenticabile “nennillo” di “Natale in casa Cupiello”, oggi il presepe sarebbe piaciuto. Probabile sia stata soltanto una coincidenza se ha deciso di lasciarci proprio ora ma quello che molti definiscono “caso” ha sempre per i napoletani il dolce e più intenso sapore della trascendenza e suona, quindi, quasi come un messaggio, un messaggio rivolto ai ragazzi più sfortunati di Napoli che lui tanto amava. Luca De Filippo

Eduardo e Luca De Filippo

infatti, non era soltanto un attore che amava il suo lavoro e lo affrontava senza curvarsi sotto il peso di un confronto fin troppo difficile con il padre Eduardo, gigantesco monumento della tradizione napoletana, ma era un uomo che aveva posto il teatro e il sociale come gli obiettivi principali della sua vita. Solo un mese fa, poco prima che fosse stroncato all’età di 67 anni da un tumore aggressivo al cervello, l’attore e regista era ancora lì, sulla scena della vita ad interpretare il ruolo più difficile in questa città:

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NIENTE PRESEPE IN CASA CUPIELLO GABRIELLA DILIBERTO

la speranza. Lo faceva dando un contributo concreto alla realizzazione dei sogni di molti perché in fondo il passo che dalla realtà conduce ai sogni non è che una mano forte, aperta e tesa verso il futuro, proprio come la sua. Solo un mese fa, dunque, nel convegno internazionale organizzato dalla Fondazione Eduardo De Filippo sul tema dei ragazzi a rischio, Luca proseguiva instancabile la sua opera lasciando ancora un’orma di sé sul percorso già tracciato dal padre. «A

trent’anni dalla scomparsa di Eduardo abbiamo pensato come Fondazione di riproporre questo argomento assolutamente attuale – spiegava l’attore in quell’occasione, rammaricandosi del prezioso tempo perso dalle istituzioni -. Penso fermamente che, se all’epoca della sua emanazione fosse stata data maggiore attenzione alla legge 41/87, nota come legge Eduardo, oggi probabilmente a Napoli le cose sarebbero migliori». In quei due giorni di confronto tra le nazioni e le loro rispettive proposte,

Luca metteva in guardia nitiva nella Sala Gemito e sull’importanza della pre- faremo di tutto affinché venzione da fare sui giova- quell’impegno venga manni, gli stessi che incontrava tenuto– ha assicurato al penitenziario minorile di Luca De Fusco, direttore Nisida e alla Scuola di tea- del Teatro Nazionale, decitro dello Stabile, della quale era direttore. I venticinque allievi che Luca De Filippo aveva scelto per formarli al teatro erano già per lui “giovani colleghi”, così come li ha definiti un una toccante lettera di inizio In scena con il padre in “Natale in casa Cupiello” anno in cui gli

La maschera di Luca

augurava buon lavoro e, anche se sapeva che non avrebbe potuto seguirli assiduamente da vicino, aveva stabilito per loro le materie di insegnamento e nominato i docenti. «Per ora le lezioni si tengono tra il Mercadante, il San Ferdinando e l’Accademia di Belle Arti, ma il Comune per la Scuola aveva prospettato a De Filippo una sistemazione defi-


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so a mantenere anche le promesse fatte sul teatro San Ferdinando destinato, com’era nei desideri dei De Filippo, a diventare la casa del teatro in lingua napoletana». Ancora aperte, inoltre, le sorti dell’ex Istituto Filangieri, acquisito di recente al patrimonio culturale e altro contenitore di speranze riposte dall’attore ora

sessore alla cultura, Nino Daniele, secondo il quale non sono poi così ingenti le spese di ristrutturazione degli spazi ora inagibili. Dopo la scomparsa di Luca, moltissime le lacrime e i ricordi di amici e colleghi che lo hanno raccontato in questi giorni. La voce di Sophia Loren arriva dalla Svizzera, spezzata dal dolore: «Con Luca

scomparso. L’enorme mole di lavoro necessaria per rimettere in sesto una struttura abbandonata ormai da anni, fa temere il peggio, ovvero l’arenarsi del progetto. È, però, ottimista sull’argomento l’as-

ho fatto il film “Sabato, domenica e lunedì”, tratto dalla commedia di Eduardo e diretto da Lina Wertmuller. Straordinario sul palcoscenico e nella vita, sapeva sempre, in entrambi i contesti, quando era il

momento di scherzare e quando, invece, quello di fare sul serio». Una tournée e tanti impegni erano segnati nel taccuino dell’amatissimo attore che non aveva alcuna intenzione di risparmiarsi o darla vinta alla malattia. I passi di Luca, purtroppo, si improvvisamente sono interrotti, ma non la voglia di continuare a crederci nel suo nome seguendo la luminosa scia dell’esempio, esattamente come avrebbe voluto. La sua uscita di scena, contemporanea ai tragici e recenti avvenimenti, ci lascia smarriti ma il piglio caparbio e al tempo stesso umile con cui Luca De Filippo

il Ricordo

tentava di realizzare i suoi progetti e la voglia di riscattare la città e i suoi giovani, spesso abbandonati a loro stessi e facili prede di cattivi maestri, devono armarci di ottimismo. Ci piace pensare che nelle stradine di San Gregorio Armeno, sugli scaffali delle botteghe e nei presepi, “nennillo” ci guardi sorridendo e ci rincuori, raccontandoci, come in una favola, che non ci ha lasciato. E la verità è in fondo questa. Personaggi come Eduardo e come Luca hanno il dono dell’immortalità.

Con Aurelio De Laurentiis e Luigi De Magistris


il Convegno

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MALASANITÀ E MALAG IUSTIZIA

UN CONVEG NO SI INTERROGA SUL DA FARSI

uello della Sanità in Italia è un problema che sino ad ora è stato affrontato ma non del tutto. Ci si lamentava della mancanza di posti letto. Delle lunghe attese etc. Ma quello che purtroppo negli ultimi tempi sta venendo fuori buttando un alone molto più grave di quello già paventato è il fenomeno della Malasanità. O per lo meno, è sempre esistito ma ora i casi in cui si ipotizza un errore medico e paramedico sono sempre più. Tanti poi sono gli utenti che non si sentono rispettati nella dignità dal personale e che hanno ravvisato la mancanza di passione e il buon senso che serve nei confronti di un paziente. Uno di questi casi è quello della giovane Valeria Lepore agente di polizia penitenziaria di Toritto, morta a 27 anni dopo un ricovero per un calcolo renale e un calvario tra gli ospedali delle province di Taranto e Bari. La giovane, ricoverata all’ospedale di Manduria per alcuni dolori alla zona renale nella notte tra il 12 e il 13 luglio del 2014, è morta 4 giorni dopo nel reparto di Rianimazione del Policlinico di Bari, dopo essere passata anche dall’ospedale di Taranto. Da subito i genitori hanno parlato di una caso di Malasanità ed hanno chiesto come fosse possibile che una ragazza sana sia entrata in pronto soccorso per un controllo e ne sia uscita morta.

SILVIA BASSI

Alla ricerca di verità e giustizia i genitori di Valeria Giuseppe Lepore e Mariella D’Urso hanno fondato una associazione di volontariato a lei dedicata e il 23 Novembre in collaborazione con altre associazioni hanno organizzato il con-

Tavolo dei relatori

vegno dal titolo ‘Malasanità e Malagiustizia’ presso l’aula magna dell’università ‘Aldo Moro’ di Bari. Il dibattito moderato dal nostro vicedirettore Simona Buonaura e dalla giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno Lia Mintrone ha visto la presenza di esperti del settore, rappresentati delle istituzioni, giornalisti e avvocati. Tra questi citiamo il consigliere regionale della Puglia Mario Conca, il sovrintendete di polizia e segretario generale provinciale Cosap Uccio Persia, il segretario nazionale Cosap Mimmo Mastrulli, l’ispettore di polizia e segretario provinciale Cosap Vito Ferrara, il

segretario nazionale CseFlp-Sanità Vito Dalano, il giornalista Giuseppe Maniaci, che ha chiesto coraggio come quello che sta mettendo lui nella battaglia con Telejato, che grazie alla sua tenacia non ha chiuso, e che continua

conto, in seguito alla tragedia che ha colpito questa ragazza delle tante lacune che la sanità italiana mostra e come cittadini e come persone che pagano le tasse e vogliono uno Stato che funzioni, perché non ci dimentichiamo che

nonostante le minacce a denunciare tutte le anomalie del sistema in Sicilia riuscendo a far emergere scomode verità che hanno coinvolto anche magistrati ed esponenti delle istituzioni. Abbiamo ascoltato alcuni degli intervenuti alla giornata di studio di seguito le loro dichiarazioni:

la sanità è un servizio al 90% pubblico e deve essere reso con tutti i clismi della correttezza e della efficienza che il cittadino richiede, ci siamo resi conto che questa sanità ha una serie di buchi… sia a livello organizzativo che a livello di efficienza, anche come preparazione del personale».

Avvocato Michele Mongelli Presidente ass. di volontariato Valeria Lepore «La nostra associazione nasce in seguito ad un caso di malasanità, ovviamente per cautela dovremmo ancora definirlo presunto poiché c’è in corso un’inchiesta ma ha tutti i caratteri di malasanità conclamata. Ci siamo resi

Uccio Persia Segretario generale provinciale CONSAP sindacato polizia di Stato «Tutto quello che è accaduto è assurdo. Proprio per questo bisogna fare chiarezza su quanto accaduto perché sicuramente è uno dei tanti casi di malasanità. Non riusciamo a


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comprendere come mai questo meccanismo della malagiustizia non porti avanti a chiarire quali sono le responsabilità e di chi sono le responsabilità. Probabilmente in questo caso la malasanità ha creato un danno e la mala giustizia non riesce ad accertare chi sono i responsabili di questa situazione e noi come poliziotti non vogliamo essere più in seconda linea ma abbiamo deciso di rappresentare con proteste forti il nostro dissenso per questa politica che oramai ci considera una spesa e non un investimento».

27 maggiormente gli operatori sanitari, i medici, i pazienti stessi, le associazioni dei pazienti perché conoscono a fondo le problematiche. I politici si occupano di tutto sostanzialmente non si occupano di nulla».

Mario Conca Consigliere Regionale Movimento Cinque Stelle Puglia «Noi abbiamo presentato un’interrogazione parlamentare tramite il nostro deputato Cariello tempo fa, ma abbiamo ripresentato l’interrogazione regionale questa volta considerato che la competenza della sanità è regionale, chiedendo ad Emiliano sulla scorta di quelle che sono le vicissitudini che hanno portato alla morte di Valeria Lepore la rimozione in auto tutela dei Da sin. Pino Maniaci, Giuseppe Lepore, medici e la Simona Buonaura e Mariella D’Urso richiesta di valuPietro Venezia tare eventuali danni erariaChirurgo del Policlinico di Bari li che si sono consumati in «Il problema della malasa- quanto molti interventi nità affligge il mondo inte- come la craniectomia finaro, la stessa responsabile le al Policlinico non erano del progetto sanitario del- più necessari e quindi hanl’organizzazione mondiale no comportato un esborso della sanità ha sottolineato alle casse regionali che che le infezioni che si con- evidentemente a qualcuno traggono in ambiente facevano comodo, ma non ospedaliero nel 50% dei certo alla povera Valeria». casi potrebbero essere evitate solo lavandosi le mani con acqua e sapone da parte dei medici, degli infermieri. Dall’altro canto c’è da sottolineare che spesso le strutture non rispondono a quegli standard necessari a tutelare il cittadino “paziente” a fronte di una spesa sanitaria nel mondo davvero elevata. Io personalmente credo che il settore sanità dovrebbe coinvolgere

Maurizio Vitiello Sociologo «La malasanità e la malagiustizia purtroppo pervade il nostro sistema sociale. Dovremmo avere medici all’altezza della situazione ma questo dipende anche dall’università che prepara i futuri medici, dovremmo avere la facoltà di giurisprudenza che dovrebbe preparare ottimi avvocati e ottimi giudici. Quindi le radici di questi due mali purtroppo sono anche in sede universitaria, purtroppo la scuola, la formazione, le università sono importantissime per il congresso sociale e l’Italia può solo misurarsi a livello europeo con università all’altezza della situazione. Il Premier Renzi punta tutto sulla scuola, sulla formazione, sull’università è quindi tempo di cambiare le aule, i docenti, la mentalità perché il peso della giustizia e della sanità confluisce nelle radici del sociale». Giuseppe Lepore Padre di Valeria Lepore «Questo non è uno dei tanti casi, questo è stato il caso emblematico. Io mi sento in dovere di rivoluzionare questo sistema che c’è perché ormai è malato alla radice, il cancro dell’Italia che ferma l’economia e ferma anche

il Convegno

Pino Maniaci

un paese si chiama Associazione Nazionale Magistrati Italiani; poi abbiamo dei medici con poca formazione che fanno anche uso di sostanze stupefacenti all’interno delle sale operatorie. Ci vogliono maggiori controlli,lo abbiamo proposto ai politici per i politici, si deve proporre anche per i medici che hanno a che fare con la vita umana. Penso che questo sia solo l’inizio, ormai non sono più solo, ci sono altre persone di buon senso che vogliono affrontare questo grande problema, di carenze che abbiamo all’interno della sanità e della magistratura e lottare insieme per una migliore sanità e una migliore giustizia. Noi non ce l’abbiamo con le categorie ma con quella parte di medici o magistrati che sono legati ad un sistema e danneggiano la parte buona».


la Tradizione

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MITO E REALTÀ DELL’OLIO

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rodotto dall’olivo, pianta sacra ad Atena, figurarsi se l’olio non doveva assumere – proprio come nei fatti è avvenuto, in tutti i tempi – un ruolo di primo piano, in numerosi aspetti della realtà. Né alla propria realtà Napoli se lo è fatto mancare; e, quando dico Napoli, intendo dire l’intero suo regno: ancor oggi, è sufficiente organizzarsi un

Uliveto

tour della penisola sorrentina, o del Cilento, o del Sannio, o del Salento, o di tutta una fascia della Calabria, per imbattersi in piantagioni di olivo, non di rado enormemente estese. Parimenti, in queste stesse aree vi è tutta una fioritura di frantoi, che producono un olio, che non ha nulla da invidiare ai suoi cugini greci, spagnoli o tunisini. Il mio amico Paolo, che in terra sannita produce un ottimo olio, m’istruisce sulle diverse qualità di olive, ch’è necessario miscelare, per ottenere un prodotto di buon livello qualitativo. In primo luogo, la “racioppella”, che ne costituisce la base; la sua facile ossidabilità, però, impone che si aggiungano a tale oliva

SERG IO ZAZZERA

altre due varietà, vale a dire, l’“ortice” e l’“ortolana” (o “melélla”). Dalla prima, infatti, si estrae un olio dal colore verde abbastanza intenso, di gusto fra l’amaro e il piccante; l’olio estratto dalla seconda, viceversa, è di un colore verde più chiaro e di gusto dolce. La connotazione sacra dell’olio non ha avuto difficoltà a trasmettersi dalla figura pagana di Atena – della quale dicevo poc’anzi e che appariva perfino sulle vecchie monete da cento lire – alle altre religioni: l’Antico Testamento documenta il suo impiego nel rito di unzione dei re e dei sacerdoti, durante la cerimonia d’investitura, e, del resto, lo stesso nome “Cristo” ha il significato di

“unto” (del Signore, s’intende, dal greco “chrìo”). Passato, dunque, a esprimere il carattere sacro del Figlio dell’Uomo, l’olio è divenuto, a sua volta, simbolo di numerosi atti di culto del Cristianesimo: consacrato dal vescovo nel giorno del Giovedì santo, esso è impiegato nella celebrazione dei riti sacramentali del Battesimo, della Cresima, dell’Ordine e, soprattutto, dell’Unzione degl’infermi. In proposito, i napoletani parlano di “uóglio santo” e, anzi, per la Campania circola l’aneddoto dell’ammalato che, sottoposto dal sacerdote al rito dell’ultimo dei suddetti Sacramenti, domandò quale ne fosse il costo; quindi, rassicurato circa la sua gratuità, escla-


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mò: «E allora serùgneme â cap’ô père». Un altro “olio santo”, però, è presente sulle mense del popolo del Sud, ed è quello che la macerazione di una dose abbondante di peperoncino rende straordinariamente piccante. Molti mestieri ruotarono in passato intorno all’olio, come quello dell’“ugliararo”, che ne curava la vendita “in esclusiva”, a differenza del “casadduóglio”, che lo vendeva insieme col formaggio (“’o ccaso”, donde il nome). Così, come

Padre Gregorio Rocco

tanti oggetti della vita quotidiana erano legati al suo uso, prima fra tutti quella “’gliara” (forma apocopata di “ugliara”) – contenitore di rame e stagno dal becco lungo e stretto –, adoperata dai pizzaioli per irrorare la pizza, prima d’infornarla. Proverbi e modi di dire, dei quali l’olio sia protagonista, se ne incontrano in abbondanza. Così, di un

29 soggetto dai capelli impomatati si dice che “s’ha fatto ‘a capa âgli’e uóglio” (formula talvolta italianizzata – per così dire – in “alio e olio”), quando addirittura non lo si definisca “’o sorice ‘nfuso ‘a ll’uóglio”. A proposito del topo, anzi, ghiotto del prezioso liquido, secondo l’interpretazione più attendibile, l’imprecazione “mannaggi’ô suricillo e pezzanfósa” deriverebbe dalla tecnica dell’animale di sottrarre dagli orci l’olio, immergendovi la coda e facendo

la Tradizione

guente acetificazione: si mette, cioè, “ll’uóglio ‘a copp’ô peretto”, proprio come fa chi rincara la dose d’ingiurie, o magari di percosse, nei confronti di un malcapitato. Non sempre la produzione dell’olio dà risultati positivi, sul piano dell’impiego per finalità alimentari; viceversa, talvolta esso è adoperabile soltanto con funzione lampante: tuttora i comuni della Campania si alternano nell’offerta di

Unzione di Saul (miniatura)

esso alla Cappella del Tesoro di san Gennaro, per l’accensione della lampada perpetua. Anche con riguardo al passato, però, sarà il caso di ricordare come tale sua utilizzazione ebbe un picco elevato durante la monarchia borbonica, quando il domenicano padre Gregorio Rocco risolse il problema dell’illuminazione pubbliVincent Van Gogh, “Uliveto” ca, a quel tempo oltremodo carente, invitando coloro che ascoltacosì scivolare al loro inter- vano le sue prediche a no il panno che li ricopre. donare olio per accendere Se nella parabola del buon lumi innanzi alle edicole Samaritano l’olio è acco- devozionali. Per tal modo, stato al vino, come rimedio egli colse i proverbiali due contro le lesioni inferte al piccioni con una fava, poibrav’uomo dai briganti, ché, da una parte, il culto viceversa, dalle nostre per le immagini sacre, disparti esso è versato nella seminate per le strade citparte terminale del collo tadine, risultò intensificato dei contenitori del nettare e, dall’altra, quelle stesse d’uva, per impedirne il con- vie non rimasero più al tatto con l’aria e la conse- buio, per la disperazione

dei malavitosi, i quali non poterono più “accrastare” chi vi si fosse avventurato in ora notturna. E anche questa volta dalla pratica in questione è nato un modo di dire, poiché di chi, pur in età avanzata, possieda ancora una ragguardevole carica di energia, si dice che “tène ancora uógli’â lampa”. È normale che un alimento di pregio, qual è l’olio, abbia anche un costo alquanto elevato, dal che, poi, credo che abbia tratto origine la superstizione che minaccia sette anni di sventure a chi lo faccia riversare, per sbadataggine. L’olio nuovo, infine, raggiunge la sua maturazione proprio nel mese di dicembre e impone la propria presenza nella cucina natalizia, benché il suo caro prezzo, cui più sopra si faceva cenno, determini non pochi problemi economici. Ce lo ricorda la filastrocca popolare, secondo la quale: «Mo’ vène Natale, ‘e renza ‘e renza, / e ‘o putecaro ‘nce fa ‘a credenza; / ‘o canteniéro ‘nce mette ‘o vino / e facimmo Natale ‘ngrazi’’e Ddio. / L’ugliararo ‘nce mette l’uóglio / e tanno vide ca vene ‘o mbruóglio».


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la Gastronomia

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UNA LITURGIA DI PACE “Minestra che scalda l’anima” ROSI PADOVANI

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a freddo, stanotte. Questa notte di Natale fa ancora più freddo di ieri. La brina delle tenebre si condensa pesante sulle dita, il respiro punge, solido di ghiaccio, le nocche sono pietre addolorate, e il ricordo dei polpastrelli si confonde nella mente offuscata dalla stanchezza con quello caldo di casa, di un albero scintillante di luci, profumo di minestra bollente… Lunghe ora di attesa, le dita ormai immobilizzate dal gelo, avvinghiate dalla paura al grilletto di questo maledetto fucile, compagno nel silenzio assordan-

te di queste alture immobili, che ci guardano testimoni incredule all’eresia di tanto odio e violenza. Questa Madre che assiste distante, Natura, nel cui disegno non sono contemplati errori e gli orrori di questa guerra incredibile non la riguardano. Il sole infoca la sabbia dietro le dune, ma la notte… la notte il gelo è un macigno pesante, e non solo sui nostri corpi stanchi e infreddoliti. L’anima ormai non sente più niente. È un sogno, oppure un miraggio, o forse sono già morto, ed è per questo che vedo centinaia di luci che si accendono nella trincea di fronte… sono

bombe, dico a me stesso, stiamo per saltare tutti in aria, così finisce questo terrificante stillicidio… Non credo ai miei occhi, guardando la sagoma infagottata che mi viene incontro, e poi altre ancora si avvicinano, a centinaia, non hanno fucili, ma scodelle fumanti nella notte, magiche stelle comete, schiera di angeli le cui ali consolatrici si schiudono in abbracci fraterni con i nostri compagni, trombe celesti, tante lingue e nomi diversi, ma tutti figli di un unico Dio, quello dell’Amore. Insieme cantano inni al Natale, non si comprendono ma sono fratelli nella misericordia,

per fuggire dall’orrore della guerra nel desiderio di pace offrono il loro modesto cibo, condividendo quella zuppa che per quell’unica notte è calda… Ha un delicato sapore di sale ma è dolce, la lacrima timida che scivolando pian piano mi solca il volto gelido, si fa strada nel freddo dell’odio scegliendo l’ardore dell’amore, decisa si tuffa nel cucchiaio mescolandosi al caldo della zuppa, benedice questa liturgia insolita. In questa comunione non ho più freddo, la speranza di pace riscalda…


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Minestra maritata lucana Ingredienti: 1 kg di scarole verze finocchi e cardi selvatici sedano 100 gr di cotenne 1 piedino 200 gr di costato osso della spalla o di prosciutto 1 pezzo di salsiccia o di pezzenta sale Preparazione: Mettete le cotenne e il piedino ben puliti in una pentola, insieme col costato e l'osso. Coprite d'acqua, salate, portate a ebollizione e fate cuocere per un'ora e mezzo circa. Mondate e lavate accuratamente le verdure, versatele nella pentola, aggiungete la salsiccia o la pezzenta e ultimate la cottura. Servite caldissimo.

la Gastronomia

INDUSTRIA: A NATALE IN CONTROTENDENZA CRESCE ALIMENTARE In controtendenza all’andamento generale aumenta il fatturato dell’industria alimentare e delle bevande dello 0,6% con una tendenza che fa ben sperare per le festività di Natale quando le spese a tavola rappresentano una componente importante del budget delle famiglie. È quanto afferma la Coldiretti nel commentare i dati Istat sul fatturato e ordinativi industria a ottobre 2015. A sostenere la crescita è infatti l’andamento della domanda sia in Italia che all’estero dove per le esportazioni alimentari Made in Italy si raggiungerà nel 2015 il valore record di 36 miliardi di euro. Anche sul piano nazionale siamo di fronte ad un significativo cambio di direzione dei consumi alimentari e si prevede a fine anno secondo la Coldiretti uno 0,3% di crescita cumulata nei dodici mesi. Il recupero è ancora del tutto marginale rispetto al crollo che si è verificato negli anni della crisi ma è un importante segnale positivo della ripresa. La spesa alimentare è uno speciale indicatore dello stato dell’economia nazionale poiché si tratta della principale voce del budget delle famiglie dopo l’abitazione con un importo complessivo di 215 miliardi. Il cambiamento deve ora trasferirsi alle imprese agricole con una adeguata remunerazione dei prodotti che in molti casi s trovano tuttora al di sotto dei costi di produzione. Si registra però un taglio netto del 10 per cento nelle spese per divertimenti in compagnia che scendono complessivamente a 1,5 miliardi, mentre tengono sostanzialmente quelle per i regali. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dell'indagine di fine anno 2015 di Deloitte, dalla quale si evidenzia che gli italiani quest’anno preferiscono scambiarsi i regali ed avere una buona cena a casa piuttosto che uscire al ristorante, al cinema, a teatro, nei concerti o nelle discoteche, dopo i recenti fatti di cronaca. Una situazione nettamente più positiva si registra per la spesa in regali, nella scelta del regalo ai più piccoli la tendenza per gli italiani è quella di privilegiare nel 48 per cento dei casi i contenuti educativi mentre il 20 per cento preferiscono oggetti tradizionali, il 17 per cento scelgono l’innovazione, il 12 per cento la sostenibilità ambientale e solo il 2 per cento dice di orientarsi secondo la moda del momento. Tra le tendenze che si affermano a Natale quest’anno ci sono anche la e ricerca di sconti facendo raffronti tra i vari esercizi commerciali, ma anche il ricorso ad internet per suggerimenti ed acquisti on line. Accanto ai tradizionali luoghi di consumo, un successo viene registrato per i mercatini che nei fine settimana durante le festività si moltiplicano nelle città e nei luoghi di villeggiatura e che garantiscono spesso la possibilità di trovare regali ad "originalità garantita" al giusto prezzo.


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‘IL VIAGGIO DI ULISSE’ TOCCA ANC

la Mostra

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ontrariamente a quanto avviene negli altri centri di antica produzione ceramica italiani, Grottaglie vanta il più vasto ed importante “Quartiere delle Ceramiche” in ambiente rupestre ancora in attività. Antica ed ancora oggi fiorente è la produzione di ceramica in Puglia, anche grazie alle ricche cave di argilla rossa presenti sul territorio. Il principale centro di

produzione ceramica è Grottaglie, in provincia di Taranto. Nel cuore di questa caratteristica cittadina, lungo la gravina San Giorgio, si è formato nei secoli un intero quartiere di esperti ceramisti i quali, ricavando laboratori e forni di cottura nella roccia di ambienti ipogei utilizzati in passato anche come frantoi, hanno saputo sviluppare una fiorente attività artigianale oggi riconosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. Ed è

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proprio a Grottaglie che si svolgeranno “Le tappe del viaggio di Ulisse” dialogo tra il ceramista e scultore Domenico Pinto e il grande viandante. Un racconto con 18 statue di cavalli, tra battibecchi, ironia, fantasia e storia. ‘Il viaggio di Ulisse, Io mi chiamo nessuno” è l’originale mostra gratuita aperta al pubblico da sabato 5 dicembre 2015 a domenica 31 gennaio 2016 (ore 9-12, 15-20) nella bizzarra grotta ipogea

scavata a mano del 1200, cuore dell’antico quartiere delle ceramiche di Grottaglie (Taranto). Ben 18 cavalli realizzati in terracotta ingobbiata e invetriata con lustri e oro zecchino di diverse misure (50x50 – 58x55) rappresentano il viaggio di Ulisse.

Un percorso onirico, un dialogo tra Pinto e il viandante fatto di competizioni di intelligenza, di dispute e di "saggezza (in greco phronesis)"


CHE I PRESEPI dicembre 2015

che rimane la prerogativa di Ulisse. Vicissitudini che esprimono la voglia di evadere, di conoscere, di sfidare quell'ignoto, quel qualcosa vicino o lontano che ci attrae verso la nostra Itaca, la nostra meta, il nostro desiderio. E Pinto rappresenta questo ideale con una nuvola appoggiata su Itaca, come una forte aspirazione e ambizione umana. Un viaggio suggestivo e originale rappresentato da grandi opere visitabili nella nicchia rurale ai piedi delle mura del Castello Episcopio di Grottaglie. Domenico Pinto è riuscito a trasformare una probabile via di fuga ai tempi della guerra in un sala espositiva di via Crispi, discesa storica che racchiude le

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tante botteghe della ceramica grottagliese.

“Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga fertile in avventure e in esperienze” (Constantinus Kavafis)

Esposti nella grotta anche i presepi, sempre realizzati con la tecnica della maiolica lustrata e decorata con oro zecchino. Le statue, figure lunghe e visi affusolatati, sono di diverse grandezze e arrivano fino a 80X25. Pinto con questa esposizione vuole rendere omaggio alla tradizione

la Mostra

ceramica e presepiale di Grottaglie. Una sezione sarà, infatti, dedicata a tutte le rappresentazioni della Natività.

‘Il viaggio di Ulisse, Io mi chiamo nessuno’ vuole rappresentare il cammino che non sappiamo nemmeno di intraprendere e che ci porta all'esperienza della realtà ma soprattutto alla conoscenza di noi stessi. Il viaggio serve a crearci un mondo per avventurarci, migliorare e sfidare ciò che non c’è. Qualcosa che ci porta a non approdare mai, che ci pone sempre davanti ad una sfida, a una voglia di ribellarci, di provare, di proseguire anche con la forte nostalgia di quelle poche sicurezze che

lasciamo. E dopo le mille avventure del nostro viaggio torniamo a Itaca più forti di prima, con un grande bagaglio conquistato dalle nostre esperienze di vita. Particolarmente sensibile ai problemi della ceramica e della cultura grottagliese tradizionale, Domenico Pinto compie enormi sforzi per il rinnovo e la rivisitazione delle forme e dei decori popolari, attingendo non solo alle sue tecniche, ai suoi valori e alla sua simbologia, sintetizzando e armonizzando la tradizione locale con la ricerca e l’innovazione.


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il Cinema

N

Maurizio Casagrande e Annalisa Sciarrone

on solo una favola ma anche l’augurio più bello che si possa fare al Sud dell’Italia e del mondo. “Babbo Natale non viene da Nord” è il titolo del film diretto e interpretato da Maurizio Casagrande nonché quello che da sempre avremmo voluto credere. In occasione della presentazione al cinema Modernissimo di Napoli abbiamo incontrato l’attore che, alla sua seconda prova da regista, ci ha raccontato curiosità e retroscena di una commedia ricca di luci, risate e sentimenti, un perfetto mix per una festa speciale degna di tale aggettivo.

Come nasce l’idea di questo film? «Una sera, attraversando la villa comunale di Salerno, sono tornato improvvisamente bambino. Lontano da folla e rumori ma circondato di splendide luci

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BABBO NATALE? VIENE DAL SUD! Parola di Maurizio Casagrande GABRIELLA DILIBERTO

tipiche dell’atmosfera natalizia, ho riscoperto il sentimento della meraviglia, quell’emozione che crescendo si rischia di perdere. Il mio film racconta di un padre e di una figlia che per ragioni diverse hanno perso di vista la bellezza della vita. Tutti noi abbiamo momenti in cui dobbiamo fermarci e ritrovarla: è il regalo più bello da trovare sotto l’albero».

Non possiamo ignorare la violenza dei giorni che stiamo vivendo, purtroppo in antitesi con qualunque fiaba. «Mai come ora c’è più voglia di distrarsi, ridere e assistere a un lieto fine. È la risposta dei buoni sentimenti all’atrocità che ci circonda e va al di là di ogni significato religioso». Il film è ambientato a Salerno… «Poiché a Napoli è stato già girato tanto mi piaceva l’idea di dare risalto a que-

sta cittadina ordinata e piena di luci, fonte della mia ispirazione. Gli abitanti sono stati così socievoli da fare le comparse gratuitamente. Poi posso raccontare un aneddoto simpatico… In molti mi dissero che a Salerno avrei trovato sempre il sole e invece, proprio durante le riprese, ci ha travolti una tormenta di neve. Sulle prime ci ha spiazzati, poi ne abbiamo approfittato. L’aspetto più interessante di quando si gira è l’imponderabile che, se colto al volo, apparterrà solo ed unicamente a quella pellicola».

Com’è stato lavorare con i bambini? «Molto stimolante ma anche complicato. Alcuni erano entusiasti all’inizio delle riprese e poi, strada facendo, hanno cominciato a stufarsi e viceversa. I piccoli sono esigenti ed empatici, vivono tutto intensamente nel bene e nel male. Loro ti insegnano

a non smettere mai di giocare e a questo film hanno dato un valore aggiunto». Nel cast, tra i tanti nomi di spicco, Nino Frassica, Maria Grazia Cucinotta e suo padre Antonio Casagrande… «Un onore per me. Molti si sono prestati per amicizia e addirittura si sono proposti. Con mio padre ho un rapporto splendido e il dono più grande che potesse farmi è la sua stima. Si fida di me come artista e quando giriamo si affida completamente. Non ho bisogno di altri riconoscimenti se non del pubblico sempre affettuoso che spero apprezzi anche questo lavoro».

La musica è il perno della trama. Nel film tua figlia India, interpretata da Annalisa Scarrone, sogna di fare la cantante. Come mai proprio Annalisa? «Da giovane suonavo la batteria e la musica ha


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sempre fatto parte della mia vita. È come un virus contro il quale non esiste vaccino. Annalisa l’ho scelta perché non è solo una bravissima cantante ma anche una ragazza fresca, semplice, professionale e

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da Nord. La soluzione è tornare a credere che Babbo Natale esista e che sia delle nostre parti».

Annalisa Scarrone invece, alla sua prima esperienza da attrice, interpreta India,

damentale invece trovare la propria strada per dare il meglio di sé».

Quant’è difficile vivere la notorietà? «La notorietà è una cosa bella finché le si dà il giusto peso. Io non volevo diventare famosa ma poter fare musica nella vita. La testa ti aiuta a mantenere i piedi per terra e a capire che il successo è il frutto del tuo lavoro. Quello che conta è lavorare bene».

Giampaolo Morelli veste questa volta gli abiti di padre Tommaso senza perdere l’ironia, ormai suo tratto distintivo, e ci ha raccontato la bellezza di questo personaggio.

somiglia molto a mia sorella… Potendo scegliere una figlia, mi piaceva fosse così».

Tornando al titolo del film, prodotto e distribuito da Draka Production, siamo proprio sicuri che Babbo Natale venga da Sud? «La verità è che ce lo auguriamo. Sappiamo bene quanto il Sud abbia bisogno di doni dopo essere stato scandalosamente boicottato perché derubato prima della sua storia, delle sue ricchezze e adesso della fiducia e dei mezzi. È anche vero che le cose non cadono dal cielo e che qualunque popolo colonizzato può ritrovare la libertà solo ribellandosi al conquistatore. I regali dobbiamo farceli da soli senza aspettare che una slitta venga

la sosia di se stessa che, a causa di questa fortissima somiglianza, teme di non poter realizzare il suo sogno: diventare una cantante affermata.

In questo caso l’occasione fa l’attore prete… com’è stato? «Un ruolo insolito per me e anche un prete insolito. Padre Tommaso è molto umano e non si nasconde dietro la preghiera. È un prete che viene dalla strada e per questo ospita orfanelli di cui conosce

il Cinema

bene le problematiche. È stato nuovo e stimolante per me vestire la tonaca e lavorare con i bambini e la loro autenticità».

Quanto c’è di Morelli nei vari personaggi interpretati? «C’è sempre qualcosa di me come capita ad ogni attore. Nel mio caso non riesco a prescindere quasi mai dall’ironia e dall’autoironia anche perché diventa un’arma preziosa nei momenti difficili. Sono così nella vita, fa parte di me e amo trasferirlo nei personaggi. Anche con padre Tommaso c’è da ridere». Possiamo dare un appuntamento sul piccolo schermo ai numerosi, impazienti fans de “L’ispettore Coliandro”? «Da gennaio su Rai 2 partirà un nuovo ciclo di sei episodi de “L’ispettore Coliandro”, sempre con la regia dei Manetti Bros e la firma di Carlo Lucarelli. Un prodotto a cui sono ovviamente molto legato».

Annalisa, come ha affrontato questo ruolo? «Quando ho ricevuto la telefonata di Maurizio Casagrande non ho avuto dubbi e ho accettato subito. Mi divertiva l’idea di Maurizio Casagrande con Mariagrazia Cucinotta e Annalisa questo film e di questo ruolo mettendomi alla prova in un’esperienza nuova. Interpretare la sosia di me stessa, tra l’altro una mia “nemica”, mi ha aiutato a non prendermi sul serio e a sfoderare tutta l’ironia possibile, cose che ovviamente non posso esprimere quando canto. È stato molto divertente e formati- Maurizio Casagrande con Giampaolo Morelli vo. Il film insegna che è facile perdersi e che è fon-



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la Lettura

LO SCAFFALE DEL MERIDIONALISTA Incriminazioni politiche a Napoli e Avellino dopo l’unità d’Italia Edoardo Spagnuolo (pp 170 - € 15,00)

In questo numero vi segnaliamo due pubblicazioni dell’editore d’Amico. Partiamo da “Incriminazioni politiche a Napoli e Avellino dopo l’unità d’Italia a firma dell’ottimo prof. Edoardo Spagnuolo di Avellino. Si tratta di un saggio molto utile ed approfondito nel quale si ritrovano le imputazioni di sicura natura politica e i nominativi degli incriminati che è possibile rilevare dalle sentenze emanate dalla Gran Corte Criminale di Napoli

fra il 7 settembre 1860 ed il 30 aprile 1862. Anche ad Avellino l’opposizione al governo sabaudo dovette essere alquanto estesa perché riuscì a conservarsi attiva per anni. Questa diffusa ostilità provocò una durissima repressione, che condusse nel circondario all’incriminazione e quasi sempre all’arresto, con l’accusa di sostenere il passato governo, di 246 individui finora accertati . A questa prima stima vanno aggiunti sette avellinesi

(compreso il vescovo Gallo di Torre Annunziata) arrestati lontano dalla città. Il vescovo Gallo, durante il trapasso dal governo delle due Sicilie al governo sabaudo, dovette subire una dura persecuzione da parte delle nuove autorità, che lo costrinsero a risiedere in domicilio coatto a Torino dal marzo 1861 al novembre 1866. Pubblichiamo la sua epistola episcopale, che fu censurata dalla polizia.

Nerone in Napoli Francesco Mastriani (pp 169 - € 12,00) La seconda proposta è nel solco del lavoro di ricerca e ristampa di antichi testi che caratterizza la casa editrice di Nocera Superiore. La segnalazione è per Nerone in

Napoli di Francesco Mastriani, stampato originariamente nel 1875, che racconta la Napoli ellenica e mistica in attesa della visita dell’imperatore Nerone sullo sfondo di una contrastata storia d’amore e della dichiara-

zione della propria appartenenza alla fede cattolica da parte di un giovane centurione che cambia il destino dei protagonisti.

Oltre la ringhiera, il racconto di Nika Del Barone Anticipazione dello scrittore Nika del Barone che, nell’ambito degli “Incontri di lettura…a voce alta”, ha presentato alcuni passi tratti dal proprio racconto “Oltre la ringhiera”, una bellissima e particolare storia che si lascia leggere avidamente tutta d’un fiato e diventerà libro nel prossimo gennaio 2016 per la

Giammarino Editore. Al centro dell’opera si ritrova, reso con tratti decisi ma accattivanti, il sentimento dell’inquietudine, che è stato anche tema della nona edizione degli incontri: non è un caso che l’organizzazione, venutane a conoscenza, abbia voluto a tutti i costi inserire in cartellone un testo non

ancora dato alle stampe nella sua forma definitiva. “Il titolo lascia intendere la presenza di un bivio, quello di fronte al quale si trova la protagonista. All’inquietudine si può reagire in modi diversi e opposti; si può scegliere se saltare o meno, di morire o tornare a vivere”.


S

IL RITORNO DELLA CONTROINFORMAZIONE GIACOBINA 38

Dispacci al capobanda

alve, sono uno studente in psicologia alla Sapienza. Volevo sottoporvi quello che chiameremo "Lo strano caso di Civita Castellana", che è il seguente: avete presente i profili gmail/google+ grazie ai quali è possibile commentare i video di Youtube? Beh, esiste un profilo chiamato "libero pensier", gestito da un collettivo con a capo quasi sicuramente quello sporco individuo chiamato Alessandro Barbero. Questo profilo di "libero pensier" non fa altro che commentare e denigrare in tutti i modi possibili e immaginabili qualunque video di revisionismo storico presente su Youtube. In pratica loro non fanno altro che citare fonti storiche post-unitarie, oppure citano fonti pre-unitarie di nemici giurati della monarchia borbonica, come i giacobini o i liberali in genere, facendoli passare per fonti attendibili e neutrali, e io ho passato intere settimane a rispondere a tono a praticamente tutti i loro commenti. Sono riuscito ad umiliarli in diverse occasioni, soprattutto quando gli ho fatto

notare le loro assurde incoerenze per quanto riguarda l'emigrazione dei meridionali dal 1860 in poi: prima scrissero che l'emigrazione fu dovuta al miglioramento delle condizioni igieniche apportato dai Savoia, che fece aumentare la popolazione in maniera esponenziale costringendo tutti alla fuga. Successivamente scrissero che in realtà non c'era mai stata nessuna emigrazione, perché nel 1870 la popolazione era aumentata in maniera considerevole; poi hanno pure scritto che in precedenza nessuno aveva mai emigrato perché i Borbone impedivano a chiunque di scappare, pena la morte! Comunque, dopo questa e tante altre cazzate, se ne sono usciti con la faccenda in questione, cioè la battaglia di Civita Castellana, affermando in pratica che nel 1798, a Civita Castellana, 8000 francesi riuscirono a sconfiggere 40000 soldati borbonici. La cosa mi incuriosì, così cercai sia notizie in rete, sia su libri di cronologie storiche, ma soltanto in pochissimi casi questa battaglia era citata, e comunque le cifre sopra riportate non esistevano

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da nessuna parte. Senonchè, all'improvviso, compare una pagina Wikipedia da un momento all'altro (o almeno io sono sicuro che fino al giorno prima non esistesse) chiamata "Battaglia di Civita Castellana", che riporta i suddetti fatti citando come fonte "attendibile" Il Monitore Napoletano, che tutti sappiamo essere una rivista giacobina antiborbonica pubblicata durante i 6 mesi dell'occupazione francese. Il problema è il seguente: ho provato diverse decine di volte a mettere una nota di avvertenza all'inizio di questa pagina, come si usa fare su Wikipedia quando le fonti non sono attendibili, e con mia enorme sorpresa puntualmente scoprivo dopo poche ore

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IL CINEMA

Nord” non viene da “Babbo Natale un o Casagrande Nel film di Maurizi nale Santa Claus meridio

che tutto ciò che avevo scritto veniva cancellato. Addirittura hanno pubblicato su questa pagina ridicola la foto di un quadro che mostra i francesi che occupano Napoli, e questo quadro viene descritto come "I francesi, vittoriosi a Civita Castellana, entrano festosi a Napoli". Comunque, dopo decine di tentativi, mi hanno bloccato l'accesso a questa pagina, con la motivazione "atti di vandalismo". Voi che ne dite? il buon Alessandro Barbero continua a metterci lo zampino? Vi pregherei di rispondermi, giusto per darmi una conferma di lettura. Grazie. Aniello Balestrieri

Per ricevere Il Brigante puntualmente a casa senza perdere neanche un numero è possibile abbonarsi inviando una Email a info@giammarinoeditore.it indicando il proprio indirizzo, il tipo di abbonamento ed il telefono [meglio se cellulare] ove mai il corriere trovasse difficoltà nella consegna. Il pagamento avverrà in contrassegno al ricevimento della prima copia del giornale e sarà valido per un anno [12 numeri].


G

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entile sig. Balestrieri, la Sua lettera è molto interessante e

stia di carnefici nel sud Italia” con l’intento di annunciare l’uscita di un nuovo libro della storica Antonella Orefice (“I giustiziati di

L’assessore Nino Daniele e l’Avvovato Gerardo Marotta

giunge in un momento in Napoli dal 1556 al 1862 cui le legioni giacobine, nella documentazione dei annichilite nelle proprie Bianchi della Giustizia”), certezze da quando la luogotenente dell’avv. “vera” storia del Sud e del Marotta e direttrice Risorgimento è venuta alla responsabile del Nuovo luce divenendo di dominio Monitore Napoletano. pubblico, stanno provando Se ci aggiungiamo anche a passare al contrattacco le sue segnalazioni, che su vari fronti. ad una attenta analisi paioPersonalmente, lascerei no provenire più da stare la figura di Barbero ambienti vicini a Palazzo che mi sembra ingiusta- Serra di Cassano che non mente chiamato in causa in questa faccenda, e metterei insieme un po’ di fatti. direttore Per scrivere al Si è cominciato quest’estastro Sud sui fatti del no ail te a Napoli, in data 20 agoinviare una m sto, quando l’avv. Marotta nte.com a info@ilbriga si è reso protagonista dell’affissione di una targa alla memoria di Elenora dal Pimentel Fonseca in quel Barbero, il tentativo di una di Piazza Mercato, inaugu- manovra di restaurazione rando la prima edizione di culturale in atto appare fin un concorso giornalistico troppo chiaro. dedicato alle donne. Confermando, ancora una Poi, il lancio di una pagina volta, la giustezza delle Facebook intitolata: “Bor- intuizioni del Principe di bone , la sanguinaria dina- Canosa sui settari.

Dispacci al capobanda Bandiere delle Due Sicilie allo Stadio

Devo essere onesto: se non l'avessi visto con i miei occhi, non ci avrei mai creduto. Dopo aver esposto le bandiere delle Due Sicilie al San Paolo in occasione della partita di coppa, dopo aver suscitato l'interesse e la curiosità degli altri spettatori, e soprattutto degli ultras dei distinti, sopraggiungono gli stewart del Napoli, e ci invitano ripetutamente a chiudere le bandiere. Lo fanno più volte e, di fronte al rifiuto energico di alcuni irriducibili dei nostri amici, degni del miglior libro cuore (il nostro), l'assalto si è fatto energico e minaccioso. Si sono infatti presentati in stuolo, agenti in borghese. Ho visto un po' da lontano la scena, ma ho capito che era meglio non andare al muro contro muro. Mi sono alzato, ed ho parlato a tu per tu con lo stewart: “Ma qual è il problema?” risposta: “Non potete esporre questa bandiera: è un simbolo socio politico!” – “Chi lo ha detto questo ?” Lui ha risposto: “La società calcio Napoli”. “Si?” Ho detto io. “E come mai il calcio Napoli e Kappa stampano il vessillo duosiciliano su giubbotti, felpe e magliette? Io li ho addosso tutti e tre ! Che fate mi denudate e mi cacciate?” “No - ha risposto - vale solo per le bandiere!”. Vedevo timore ed agitazione sul suo volto. “Te lo dico per l'ultima volta: prenditi la bandiera. Rischi un DASPO!”. Non sapevo se ridere o piangere. Non credevo ai miei occhi. Siccome avevo mio figlio li, mi sono fatto da parte, ed abbiamo visto la partita. Altre cose sono successe, e gravi, ma le racconteranno gli altri che erano sul campo. Una cosa ho capito: questa bandiera fa paura ! Quello che mi domando è perché. Ma non siamo nostalgici, borbonici, anacronistici ? Eppure questi 4 nostalgici e la loro bandiera fanno paura. Figuriamoci se fossimo un partito, o un movimento da centinaia di migliaia di voti. Carmine Di Somma

Quando si andò allo Stadio con la nostra bandiera per la prima volta (derby Napoli – Catania) capitò anche a me di essere fermato da due poliziotti che volevano sequestrarmela. Anche in quel caso, la discussione andò un po’ oltre il limite, sebbene impostata da me in maniera civile e diplomatica (agitarsi non paga mai e fa il gioco di chi, nel dubbio, voglia sequestrare). All’improvviso, sbucò un signore che rivolgendosi all’uomo in borghese gli disse: “Collega, lascialo passare: quella è la nostra bandiera!”. In conclusione, molto sta alla cultura ed alla preparazione di chi ci si trova di fronte.

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LA PRIMA GUERRA MONDIALE VISTA DAL SUD

la Storia

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ETTORE D’ALESSANDRO

L

a recente triste vicenda delle vitt i m e parigine,africane e del medioriente, uccise per la folle ideologia-religiosa dei terroristi islamici dell’Isis non ha sospeso né ridotto il programma celebrativo di governo sul centenario dell’inizio della prima guerra mondiale. Le retoriche commemorazioni patriottiche relative all’intervento dell’Italia nella Grande guerra (23 maggio 2015) tendono ancora a giustificare una tale decisione politica, quale atto conclusivo del processo Unitario ed identitario della nazione. Indirettamente si commemora l’orribile massacro di circa 650 mila italiani (quasi la metà del Sud) ed oltre 500 mila feriti gravi, causato dal conflitto contro l’impero austroungarico con sue conseguenze economiche (indebitamento statale estintosi solo negli anni ’80) e sociali. L’adesione alla

guerra del ’15-18 fu voluta da una frangia politica “interventista” (partito nazionale,liberali di destra,interventisti democratici), sostenuta da una minoranza sociale (una borghesia capitalistaimprenditoriale, collocata in prevalenza al Nord, una classe militare formatasi nelle accademie del Regio esercito con suoi esponenti a capo quale il generale Cadorna autore degli ordini più efferati ed avallati del re “soldato” Vittorio Emanuele, un gruppo d’intellettuali di estrazione “risorgimentale”) così come accadde per le guerre d’indipendenza di metà ‘800 (tra l’altro l’impresa garibaldina dei 1000 fu festeggiata dal Dannunzio il 5 maggio, quasi all’indomani della dichiarazione di guerra).Il condiviso militarismo di Casa Savoia, grazie al quale furono annessi i vari stati preunitari, portò all’arruolamento già nel 1861 di ben 285 mila uomini, nel 1866 di circa 550

Ricordi Prima Guerra Mondiale

mila soldati per “liberare”il Veneto (costo bellico: 800 milioni di lire),nonché di 350 mila militari nel 1870 per la presa di Roma. Il regno d’Italia, avido di conquiste guerrafondaie, sacrificò 8 mila soldati caduti nell’impresa di Etiopia del 1887-96 (costo bellico: 500 milioni di lire), altrettanti italiani perirono nella guerra di Eritrea del 1894-96 ed arrivò ad inviare oltre 500 mila coloniali in Libia nel 1911 contro i turchi.

La “mattanza” d’italiani proseguì nel corso del ‘900 con i successivi conflitti mondiali. In queste battaglie di “liberazione” dei territori italici,occupati dagli stranieri (tra cui il nord-est italiano al tempo della prima guerra mondiale),così come in quelle per la nascita dell’impero fu grande il contributo di esseri umani e di sofferenze economiche (per il conseguente aggravio erariale sulla produttività agricolo-

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artigianale) del Mezzogiorno d’Italia. Difatti, la coscrizione obbligatoria, preparatoria all’entrata in guerra, sottrasse preziose braccia all’agricoltura meridionale, in fase di sviluppo ad inizio secolo, anche perché incentivò l’emigrazione, preferita al rischio di morire in trincea.

Fu così mossa una grande macchina propagandistica interventista,che appellandosi al glorioso patriottismo dell’Unità ed Indivisibilità della nazione, cercò di “accendere gli animi” contro il dispotismo degli Imperi centrali (come avvenne per le “annessioni” preunitarie, in special modo nel regno delle Due Sicilie),quali occupanti illegittimi di territori italiani. La stampa interventista, quindi, cominciò dal 1914 a propagandare massicciamente le ragioni contro la neutralità. Il “Secolo XIX” di Genova, ad esempio,si schierò per la guerra, essendo favorevole la sua proprietà, cioè l’istituto bancario Bis-Ansaldo, nato dalla fusione della banca di credito prov. di Busto Arsizio (ampiamente esposta nei finanziamenti verso il gruppo siderurgico dell’Ansaldo dei fratelli Perrone che investirono sulle acciaierie di Cornigliano per incrementare la produzione di artiglierie e munizioni) a maggioranza azionaria francese (Credit francais, Banque Dreyfus) e la Società bancaria italiana. Inoltre, l’Ansaldo e l’Il-


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va, schierati per il conflitto, finanziarono il quotidiano “Popolo d’Italia” di Mussolini. Quest’ultimo gruppo industriale, tra l’altro, controllò

Il tenente D. Ettore d'Alessandro

“La Nazione”, “il Telegrafo” e la “Gazzetta livornese”, testate filo-interventiste. La stessa Fiat-San Giorgio di Dante Ferraris (con investimenti nella produzione delle armi, munizioni e veicoli militari ad opera del Credito Italiano) sostenne il partito nazionalista e la sua propaganda probellica. Infine, anche il “Corriere della Sera” si schierò per l’intervento a fianco all’Intesa (Francia, Inghilterra, Russia), con la quale il governo SalandraSonnino patteggiò (Londra 26 aprile 1915) l’annessione dei territori di Trento, Trieste, Bolzano e IstriaDalmazia senza tener conto della maggioranza par-

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lamentare (Giolitti in testa) neutralista e favorevole alle proposte austro-ungariche di cessione dei territori italiani richiesti. La “passeggiata militare”, slogan sventolato dall’On.Salandra e dal suo re all’indomani della dichiarazione di guerra all’AustriaUngheria, si trasformò in poco tempo in una logorante e sanguinosa guerra di posizione, condotta con un esercito mal organizzato ed armato, nonostante l’ingente spesa militare di 148 miliardi di lire. Il re V. Emanuele II ne fu consapevole (così annotò: “il peggior soldato del 13° Ussari si presenta meglio del miglior soldato italiano”).

Gli incrementi della suddetta voce di spesa (per più fucili, artiglieria leggera/pesante, corrazzate),la coscrizione obbligatoria e la riorganizzazione dell’esercito (come quella del gen.Ricotti del 1870) non garantirono, comunque, la facile e veloce vittoria in quanto si aggiunsero colossali truffe ed una diffusa corruzione sulle commesse di fornitura da guerra (merce fatturata e non consegnata,altra avariata o scadente, altra super pagata).Un sistema di connivenza si sviluppò tra grandi gruppi industriali (l’Ansaldo/Ilva specularono sulle commesse di

armi;la frode dell’Ansaldo sui cannoni pagati due volte;la vendita di aerei difettosi della FiatSia; la truffa sul vestiario militare e le scarpe di cartone), alti ufficiali e funzionari/dirigenti ministeriali (le tangenti sulla commessa di cavalli ed asini, non adatti alla guerra importati dagli USA).

Nel corso degli anni di guerra, a questi gruppi sociali, avidi di facili guadagni, si contrappose la sfortunata moltitudine di giovani,rapiti dalle loro famiglie nel fiore degli anni più belli, per essere scaraventati in condizioni precarie tra le torbide trincee cinte di filospinato,sotto il fuoco dirompente dei mitragliatoti (500 colpi al minuto) con pallottole ad e s p a n s i o n e spappolanti(dum-dum) o dell’artiglieria con proiettili a schegge devastanti o degli accecanti gas lacrimogeni,oltre ai lanciafiamme, alle mazze ferrate,causa delle incredibili atrocità e mutilazioni sapientemente occultate per la difesa della Patria,il Tricolore sabaudo,l’onore italiano. Infine, accadde che la responsabilità sulle sconfitte subite, come la capitolazione di Caporetto,ricadde spesso sulla resa delle truppe,animate da scarso spirito combattivo tanto da indurre il gen.Cadorna a ricorrere all’inasprimento delle leggi sulla disciplina militare con la “strategia del terrore”(tribunali spe-

la Storia

ciali coercitivi ad esecuzione immediata,esemplari fucilazioni sommarie di disertori ed agitatori su ispirazione del codice penale sardo del 1859).

Le diverse centinaia di fucilazioni dei “vigliacchi”(il povero Adalberto Bonomo di Napoli fu fucilato a Magrè perché non salutò secondo il codice di disciplina il gen.Graziani),così come le 330 mila denunce per reati militari,i 100 mila prigionieri morti oltre ai circa 40 mila “scemi di guerra” per danni psichiatrici subiti completano quel tetro scenario bellico con i tanti sacrari militari (dal sacrario di Redipuglia per i 30 mila martiri all’Altare della patria in Roma per il Milite ignoto), orrore fortemente scongiurato da papa Benedetto XV.


l’Agenda

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dicembre 2015

Appuntamenti del meridionalista

IN MINIERA TRA I PRESEPI Carbonia centro (CA) - Dal 5 dicembre 2015 al 6 gennaio 2016 La mostra, visitabile gratuitamente, accoglie presepi realizzati da associazioni, scuole e appassionati. La fantasia degli autori darà vita ad installazioni completamente differenti tra loro, dalla più classica alla più originale, dalla più essenziale alla più elaborata. ANNIVERSARIO DE “LA RIVOLUZIONE MERIDIONALE” DI GUIDO DORSO Oratorio SS Annunziata di Via Duomo - Avellino 3/ 10/17 Dicembre “La Rivoluzione Meridionale” di Guido Dorso, opera ancora attuale, rivive grazie alle conferenze organizzate dal Centro Dorso guidato da Sabino Cassese e Giuliana Freda per celebrare i novant’anni dell’opera. Il ciclo di incontri dal titolo “I protagonisti della politica meridionalistica tra 1800 e 1900” si svolgeranno preso l’Oratorio SS Annunziata di Via Duomo ad Avellino, dando voce agli studiosi più autorevoli e agli autori fondamentali circa il pensiero meridionalista. FESTIVAL DEL CINEMA INVISIBILE Lecce – Dal 21 al 23 Dicembre Riparte per l’ottavo anno consecutivo il “Festival del Cinema Invisibile” di Lecce, il concorso dedicato ai film indipendenti che animerà il capoluogo salentino durante le prossime vacanze natalizie. L’evento metterà a confronto il meglio del cinema italiano: cortometraggi, lungometraggi, fiction e documentari senza limiti di tema, genere e durata. LA NOTTE DEI CUCIBOCCA Montescaglioso (MT) – 5 Gennaio 2016 La notte dei Cucibocca è una notte speciale: si crede che le anime del Purgatorio passeggino per le strade delle città alla ricerca di una chiesa, che abbia le porte aperte, per poter seguire la celebrazione liturgica; in cui gli animali possono parlare, mentre gli uomini devono mantenere l’assoluto silenzio; è la notte in cui, nella tradizione ortodossa, gli uomini non devono assolutamente mangiare la carne; è anche il giorno in cui ricorre, sempre nel calendario ortodosso, S. Simeone lo Stilita il Vecchio, il quale per trattenersi dalle tentazioni, si fece legare con i

2016 - Anno Carolino, Anno dei Borbone e delle Due Sicilie 300 anni dalla nascita di Carlo di Borbone 200 anni dalla nascita del Regno delle Due Sicilie A cura di Movimento Neoborbonico, Fondazione Il Giglio, Comitati Due Sicilie, Passato e Futuro Onlus, Antares, Rete di Informazione delle Due Sicilie, Ilnuovosud.it, Daunia Due Sicilie, Fondazione Francesco II di Borbone, Rivista Il Brigante, Associazione Due Sicilie Gioiosa Jonica, Il Giornale delle Due Sicilie, Parlamentoduesicilie.it, Civica Fanfara Borbonica dei Vigili del Fuoco, Imago Historiae. Gli eventi del dicembre 2015

27 dicembre: ore 18, Napoli, Chiesa di San Ferdinando di Palazzo, Santa Messa per Francesco II e i Re Borbone: apertura delle celebrazioni dell’Anno Carolino.

30 dicembre: Tradizioni Borboniche, concerto di musica sacra e visita presso il Crocifisso Miracoloso nella Basilica del Carmine a Napoli (a cura di Associazione I Sedili di Napoli)



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